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Astrazione.

Aperto da iano, 17 Gennaio 2022, 23:40:01 PM

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iano

Mi chiedo, nella mia ignoranza di cose filosofiche, quale sia la storia di questo termine "astrazione", e quindi come si sia evoluto .
Il mio interesse nasce dal notare in noi una contraddizione, perché che da un lato leghiamo l'astrazione alla conoscenza, dall'altro diciamo di avere difficoltà a comprendere bene  le cose quando si fanno troppo astratte.
Ma forse allora non è una casi che la scienza mostri maggior efficacia quanto più si fa' astratta, e quanto meno quindi diciamo di comprenderla.
L'esempio di maggior efficacia sta proprio nella MQ che di fatto i fisici non provano più a comprendere, limitandosi ad applicarla.
Eppure immagino sia opinione  ancora comune che si possa applicare solo  ciò che si comprenda, opinione che quindi forse è da rivedere, e forse il "capire" è il concetto di cui occorrerebbe valutare l'evoluzione in atto.

Volendo e barando a , fare il profeta , ma valutando in effetti una tendenza non da ora in atto, se non occorre comprendere una teoria per applicarla, allora anche un computer lo può fare.
In effetti le cose stanno andando proprio così.
Se le cose stanno davvero andando così, quando avremo raggiunto attraverso la scienza la verità ( per chi ancora questo crede) solo i computer la possiede danno , ma ovviamente senza comprenderla.
Sembrerebbe quindi giunto il momento di non illudersi nel cercare la verità, posto che questa esista.
L'unica possibilità di esistenza della verità è che noi già' la possediamo, allo stesso modo che un computer un giorno potrebbe possederla, ma senza saperlo, senza comprenderla.
Queste verità produrrebbero quindi ciò con cui noi veniamo a contatto, e che adduciamo proprio ad esempio di verità, le evidenze.
Più verosimilmente queste verità sono nient'altro che fedi sedimentate e nascoste in noi, se come faceva notare Jacopus, per i greci fede e verità erano la stessa cosa, e non a caso l'anello che portate all'anulare si chiama fede o vera, nel senso comune di fedeltà. Naturalmente Jacopus lo ha detto meglio di così.

Così sarebbe da credere che le teorie fisiche appaiono tanto più comprensibili quando più posseggono elementi di evidenza, quanto più conservino cioè scorie di fedi nascoste, che per la scienza sono ipotesi assunte senza volere , e perciò non dette.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

#1
Facciamo un esempio di cosa significhi comprendere.
Per gli antichi greci i corpi cadono per simpatia, essendo che il simile è attratto verso il simile, e i corpi sono attratti dalla terra possedendo la stessa sostanza.
Nonostante questa descrizione sia evidentemente affetta da antropomorfismo, la legge gravitazionale di Newton là si enuncia ancora in termini di attrazione, per cui due corpi si attraggono in ragione inversa al quadrato della loro distanza, e in ragione diretta alle loro masse.
La descrizione della legge però non coincide necessariamente con la legge, anche se Newton considerava tale enunciazione appropriata, ed è in effetti ancora quella che si insegna a scuola.
Ma allora come fa' la luna a non cadere sulla terra , o viceversa?
Che si stiano antipatiche?
Per spiegare la cosa Newton invitava a immaginarsi su un alta montagna e,da quella lanciare una pietra.
La pietra dopo aver descritto una parabola cade sulla terra, ma se aumentiamo la sua velocità cade più in là', finché al limite non cade più, come se, pur continuando a cadere non cadesse però mai.
Sembra una magia, e in un certo senso lo è.
Ma una  diversa enunciazione della legge ci aiuta a svelare il trucco.
I corpi non si attraggono per gravità, ma più in generale si muovono per gravità , e il modo in cui si muovono lo  si può calcolare grazie alla legge.
Una volta calcolatolo lo si può descrivere convenzionalmente  caduta, salita, girare intorno , o come ci pare.
Però i corpi non cadono, non salgono, e non girano attorno , ma si muovono secondo curve che si possono calcolare, e poi convenzionalmente suddividere in curve di caduta, di salita, di girare attorno.
La nostra comprensione però così inizia a vacillare, perché l'enunciazione della legge di gravità non ci appare più così scontata, perdendo ogni riferimento antropomorfo residuale.
Dobbiamo considerare la legge per quel che è e non per il particolare diverso modo in cui là si può enunciare , e così ci sembra allora di comprenderla meno, e la sua natura astratta adesso meglio ci appare.


I corpi cadevano anche quando la legge di Newton non era stata ancora enunciata,,e questo fatto giaceva semisepolto dentro noi come una fede non abbracciata che produceva una evidenza, e ancora lo fa'.
Trasferire il processo che porta all'evidenza che le cose cadono, ad altre evidenze, come perfino a quella che le cose esistono, sembra strada più ardua, ma se ci volete provare il percorso  Newton l'ha tracciata, e altri ancora dopo di lui meglio lo hanno precisato  aumentando il grado di astrazione , aumentando quindi il grado di conoscenza, ma con l'apparente paradosso che più sappiamo e meno comprendiamo.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
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daniele22

Ciao Iano, non conosco la storia del termine "astrazione", ma concordo sul fatto che noi si abbia questa difficoltà. La nostra lingua poggia su astrazioni di soggetti. Un sostantivo corrisponde ad una astrazione, nel senso che compie l'idea di un oggetto. Da qui l'idea di albero, o di sasso, o di giustizia. Immagino sia palese a tutti il grado di astrazione del "sasso" e quello di "giustizia". Credere che questa idea, ovvero credere che questa astrazione possa avere i tratti dell'oggettività, costituendo quindi il pilastro di una conoscenza, a mio giudizio corrisponde a pura follìa.
Nel topic parallelo sulla menzogna ho citato Kant, e lo riprendo pure ora, per quel che riguarda la sua pretesa. Nella pagina wikipedia dal titolo "La religione entro i limiti della ragione". Li sta esposta la sua pretesa circa una verità 

atomista non pentito

Assolutamente d'accordo sulla "follia" , del resto abbiamo ben presente l'idea di Brontosauro o di Tirannosauro senza aver mai potuto farci un frontale. Come pure abbiamo ben chiara l'idea di Drago pur essendo questo addirittura meno reale dei due esseri di cui sopra. Comunque se si viene colpiti da un'idea di sasso probabilmente questa evenienza si dimostrera' molto piu' dolorosa rispetto al dover affrontare un drago.

iano

#4
Citazione di: daniele22 il 18 Gennaio 2022, 10:16:08 AM
Ciao Iano, non conosco la storia del termine "astrazione", ma concordo sul fatto che noi si abbia questa difficoltà. La nostra lingua poggia su astrazioni di soggetti. Un sostantivo corrisponde ad una astrazione, nel senso che compie l'idea di un oggetto. Da qui l'idea di albero, o di sasso, o di giustizia. Immagino sia palese a tutti il grado di astrazione del "sasso" e quello di "giustizia". Credere che questa idea, ovvero credere che questa astrazione possa avere i tratti dell'oggettività, costituendo quindi il pilastro di una conoscenza, a mio giudizio corrisponde a pura follìa.
Nel topic parallelo sulla menzogna ho citato Kant, e lo riprendo pure ora, per quel che riguarda la sua pretesa. Nella pagina wikipedia dal titolo "La religione entro i limiti della ragione". Li sta esposta la sua pretesa circa una verità
Io parlerei ancora di conoscenza, ma come istruzioni per l'uso della realtà, e non volta quindi alla verità.
La verità ha diritto storico di cittadinanza fra noi, perché la sua ricerca ha connotato la nostra storia, ma credo che la storia stia appunto cambiando .
Noi possiamo ragionare valutando dati di gran lunga superiori a quelli di cui disponevano Kant e compagnia.
Le istruzioni per l'uso cui fanno riferimento i filosofi sono quelli limitati del loro tempo, e che pure non sempre considerano, preferendo affidarsi alla ricerca della saggezza passata.
Riflettendo sull'attualità invece ne ricavo, che se domani giungessimo alla verità , oltre al fatto che non sapremmo come fare a riconoscerla, questa resterebbe inaccessibile dentro i circuìti di un computer quantistico, cioè quello di prossima generazione.
Mi pare ci siano diversi segnali quindi che dovrebbero indurci a considerare la ricerca della verità come storia passata, per quanto istruttiva.
È una sfida e il rischio di nichilismo c'è, se non si trova un surrogato che ci incentivi ad andare avanti come finora ha fatto l'illusione della verità .
Per come la vedo io però il vero rischio è che più ci conosciamo, e meno ci piace quello che vediamo.
Ci manca l'orgoglio, il coraggio di essere. preferendo dare le spalle alla nostra immagine riflessa nello specchio della conoscenza, volgendoci altrove.


C'è stato un tempo in cui le cose si distinguevano per il diverso grado di astrazione, ma ormai tutto sembra tendere ad un unico grado, e a dirla così sembrerebbe anche una buona notizia, però nessuno la considera tale.
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iano

#5
Citazione di: atomista non pentito il 18 Gennaio 2022, 11:56:28 AM
Assolutamente d'accordo sulla "follia" , del resto abbiamo ben presente l'idea di Brontosauro o di Tirannosauro senza aver mai potuto farci un frontale. Come pure abbiamo ben chiara l'idea di Drago pur essendo questo addirittura meno reale dei due esseri di cui sopra. Comunque se si viene colpiti da un'idea di sasso probabilmente questa evenienza si dimostrera' molto piu' dolorosa rispetto al dover affrontare un drago.
Ma allora l'idea di atomo non è diversa da quella di brontosauro se neanche con quello ci possiamo fare un frontale?
Forse ci può aiutare fare un esempio storico di astrazione di successo, che riguarda la teoria termodinamica.
La termodinamica nasce dal fatto che la dinamica classica era inapplicabile atomo per atomo, per cui si è dovuta fare astrazione del loro moto con la temperatura.
È stata una tappa storica per l'umanità, ma ciò non è valso a dare il giusto riconoscimento alla nostra capacità di astrazione. È stato un processo, come prova a fare sempre la scienza, sotto la supervisione della nostra coscienza.
Ma non tutto ciò che noi facciamo vi passa, e perciò non tutto facciamo scientificamente, perché non è  che prima della scienza c'è ne stavamo con le mani nelle mani.
È cosa facevamo prima dunque, con relativa scarsa coscienza di farlo ?
Probabilmente le stesse cose che facciamo adesso con la scienza: astrazioni, dalle quali sono nati gli oggetti che consideriamo reali , ma che fanno solo riferimento alla realtà , come la temperatura fa' riferimento agli atomi, procedendo per successivi gradi di astrazione.


Se ci sembra che con le nostre astrazioni stiamo perdendo il contatto con la realtà è perché il senso di realtà è figlio dell'ignoranza.
La perdita di contatto con la realtà è stata ben descritta nella genesi col peccato della conoscenza, dove l"unica imprecisione è che essa sia avvenuta da un momento all'altro, il tempo di dare un morso a una mela, ma la cacciata dal paradiso/realtà  è un evento ancora in corso perché di mele ne abbiamo già mangiate e tante ne abbiamo ancora da mangiare.


In fondo ciò che caratterizza la religione e ne determina il successo è proprio questa distorsione temporale che permette di raccontare populistiche storie di successo come quelle della "mela una tantum", facendo "astrazione" della lunga e continua storia umana.
Così le religioni raccontano la storia passata e futura semplificando il tutto in due viaggi, di andata e di ritorno.
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viator

#6
Eeeeee.....etciuuu!!. Salve! (perdonate il raffreddore).

Concretezza : tutto ciò che ha a che fare con il sensorialmente percepibile;

Astrazione : tutto ciò che ha a che fare con l'immaginabile concepibile.


Certo......farla così breve non è soddisfacente, visto che siamo all'interno di un Forum filosofico.

Io non riesco a farla più lunga di così poichè, a causa dei troppi spifferi di stagione.......mi son beccato un potente raffreddorEeeeee.....ri-etciuuu!!. Salute e saluti per tutti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

iano

#7
Ciao Viator.
Ti auguro un altrettanto breve convalescenza , ma con soddisfacente guarigione.😉
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daniele22

Salute a Viator allora. Ciao Iano, vorrei chiarire innanzitutto la faccenda di come "ci si accorgerebbe che quella è la verità". Lo ripeto, come momento di stupore mentale. Però su di una cosa ti do senz'altro ragione. Conservando sempre buono lo stupore come metodo di riconoscimento di una verità o falsità, se ci si presentasse davanti Dio, come potremmo accorgerci che è veramente Dio (ovvero la verità)?


Noi pensatori selvatici non possiamo dialogare a vanvera. C'è una grammatica nella disciplina filosofica che non è acqua fresca, e a noi sfugge. Citandoti: "L'unica possibilità di esistenza della verità è che noi già' la possediamo, allo stesso modo che un computer un giorno potrebbe possederla, ma senza saperlo, senza comprenderla." Giusto, è la pratica a fondare la grammatica. L'essere umano è un animale e sa, e finora questo ci ha salvati. Non vi è contraddizione tra il mio e il tuo pensiero. Può essere che emerga, ed è questo che si auspica all'interno del dialogo in cui vi sia polemica. Se si è veraci emerge, altrimenti si finisce con lo scrivere dei libri in cui si corrobora soltanto la propria idea, che è quasi sempre una e descrivibile con poche parole.


Tornando a bomba, Ci si trova con la faccenda del possibile valore della verità?






iano

#9
Ciao Daniele.
Devo,essermi perso qualcosa a proposito del valore della verità. Rinfrescami.
Ma ammetto che mi manca questa sensibilità.
Per quanto riguarda invece lo stupore lo provo grazie alla scienza, non tanto per il suo progresso con tutte le problematiche annesse che sempre ci prendono in contropiede, ma perché ogni suo progresso comporta sempre una esplicitazione di noi, lo svelamento di ciò che sta in noi sepolto, e che agisce in effetti come una verità, cioè come cosa non confutabile, finché nascosto rimane.
Ma in sostanza quello che voglio evidenziare in questa discussione è che se escludiamo l'intervento dello spirito santo , però neanche la scienza sembra il cavallo giusto su cui puntare per comprendere la verità, perché  mi è ormai chiaro che man mano che essa progredisce ci lancia ripetuti inviti di rinunciare a capire , e allora quale verità sarebbe quella che raggiunta non si può poi capire, eventualità lontana da ogni possibile stupore?
Ecco, appunto, che rapporto c'è  fra  la verità e la comprensione?
Quando apriamo gli occhi e crediamo vero ciò  che vediamo cosa stiamo comprendendo?
Insomma l'unico esempio papabile di verità, come suggerisce Viator, l'evidenza sensibile, non comporta   alcun processo di comprensione , e proprio attraverso questo processo noi vorremmo raggiungere la verità..

Allo stupore segue sempre l'abitudine e la dimenticanza, quindi se esso è un indicatore di verità sembra che il suo destino sia quello di essere seppellita dentro di noi.
Essa è la registrazione dei nostri rapporti pregressi con la realtà sulla quale si basa il nostro essere presente , il quale,essere può poi progredire solo disseppellendo la verità per poterla ridiscutere.
Finché resta sepolta è un perfetto collante sociale, perché finché resta sepolto è induscutile, e perciò certamente condiviso.
La verità è il nostro default esistenziale, ma non è immutabile perché noi non lo siamo.
È un surrogato di verità in effetti quella che delineo, come una ipotesi libera, ma che nessuno ha posto.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
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Kobayashi

Ma comprendere non è "rendere noto ciò che è ignoto"?
E come si fa a trasformare qualcosa di ignoto in qualcosa di noto, appunto di comprensibile per noi?
Se ci imbattessimo in un manufatto alieno potremmo descriverlo attentamente con le nostre percezioni sensoriali o con le minuziose misurazioni scientifiche, ciò non toglie che quella cosa rimarrebbe ignota, incomprensibile.
A meno di riuscire ad interpretarla attraverso i concetti della nostra civiltà. Una traduzione, o se vogliamo, un mascheramento.
La scienza procede nella sua storia dalle metafore più semplici ai modelli astratti più complessi, e con ciò mostra di preferire alla comprensione umana del fenomeno il suo calcolo, la sua manipolazione.
Pensare che un maggiore controllo e calcolabilità di un fenomeno tramite un modello super-astratto significhi di conseguenza essere più vicino alla verità di quel fenomeno, è semplicemente sbagliato.

atomista non pentito

IANO :Ma allora l'idea di atomo non è diversa da quella di brontosauro se neanche con quello ci possiamo fare un frontale?

Per quanto mi riguarda sono diverse perché l'insieme di atomi che costituisce il sasso potrebbe anche essere retaggio di quel brontosauro , pertanto il frontale con l'atomo lo posso fare ad ogni pie' sospinto con il brontosauro no.
La mia ignoranza non mi permette di confrontarmi su piani di ragionamento troppo elevati tuttavia l'Atomista la reputo ancora la via di pensiero terra terra piu' chiara ed evidente per confutare tutti i sofismi ( sempre piu' elaborati fino ad oggi e fino a questo forum) per cui si sosterrebbe ( sostiene) come vere e logiche  teorie assimilabili alla freccia che non colpisce mai il bersaglio od ad Achille pie' veloce che non raggiunge la tartaruga. E ce ne sono molte che, io (come molti altri), chiamo "seghe mentali". Perché ', per restare al titolo dell'argomento in corso , di astrazione in astrazione arriviamo senza grande difficolta' a dimostrare che da qualche parte in qualche universo esisterebbe Paperopoli cosi' come la conosciamo , tuttavia di poca utilita' all'umano vivere.

daniele22

Si è inserito anche Kobayashi.
Parlando di verità prendo spunto da un pensiero di Vico, penso, il quale sosteneva sostanzialmente che "si conosce solo ciò che si fa". Questa concezione di verità corrisponde ad una verità personale, non condivisa. La nostra situazione umana ci mette però di fronte all'evidenza di una lingua (quella umana appunto) che a volte contrasta la nostra verità esperita nell'ambiente in cui abbiamo vissuto e che comprende la lingua.
Cosa direbbe Vico di importante, a mio giudizio?
Direbbe che nell'ambito dello studio di una disciplina umana, ciò che si conosce prescinde dal contenuto dell'oggetto studiato, il quale consiste di un compendio attuato dalla collettività. Ciò che si conoscerebbe sarebbe lo studiare, l'azione di studiare. Nelle citazioni attribuite a Nietzche si rivela una sua critica di fronte al bisogno di un interprete dietro ad un altro interprete.
Allora, il primo interprete è quello che agisce assecondando la verità di Vico, il secondo interprete agisce assecondando la verità del manuale, ovvero quella collettiva.
La mia pretesa è quella di mettere in crisi l'oggettività del sostantivo. Solo così se ne può uscire. Mettere in crisi questa oggettività significa in ultima analisi mettere in crisi l'idea che esista la verità come conquista che si svolge all'interno di una gara tra individui giustificata dall'oggettività della meta finale che verrà risolta dal più intelligente, il quale detterà poi le sue condizioni in virtù della verità assoluta. L'ideologia sostenuta dal sottoscritto contrasta questa visione sostenendo che la verità corrisponde ad un inganno, ovvero ad un velo di maya, che presuppone l'esistenza di altri veli, altre falsificazioni.
Dal punto di vista della concezione ideologica dominante, a mio giudizio inconsapevole e falsa, discenderebbe un'idea  altrettanto falsa della famosa lotta per la sopravvivenza. A voi la palla

iano

#13
Ciao kobaiashy..
Propongo una triangolazione fra la realtà, l'immaginazione, e il fare come dimensioni  indipendenti, e che di ogni cosa si possa provare a trovare le coordinate in questo spazio.
La realtà è il regno del divenire non arbitrario, per quanto a livello locale, l'unico indagabile di fatto, sembra intervenire il caso a ricordarci che ciò che abbiamo arbitrariamente isolato, isolato non è.
Gli assi dell'immaginazione e del fare costituiscono il piano della vita.
In questo spazio quali sono le coordinate della verità?
La verità coincide con l'intero asse della realtà.
Noi non possiamo non dipendere dalla verità/realtà, ma allo stesso tempo non possiamo farvi riferimento diretto.
Attraverso l'immaginazione costruiamo per analogia una realtà parallela fatta di oggetti e avvenimenti.
Credo sia un errore pensarla come una astrazione della realtà, perché deriva da una libera immaginazione.
La realtà parallela non è una realtà ridotta in formato tascabile.
È una realtà a se stante la cui corrispondenza con la realtà può essere solo fattiva, certificata dal fare.
Ciò che a noi appare concreto da richiamare una evidente realtà, e' solo una ipotesi che funziona se attraverso essa si realizza il fare, il quale nel suo essere certifica la relativa e variabile corrispondenza con la realtà.
Credere nella verità significa credere che il mondo virtuale della vita coincida con la realtà, perché questo mondo , pur nella sua variabilità, ha bisogno di essere fissato una volta che sia stato posto, inibendo l'immaginazione.
Una volta che il mondo sia stato immaginato occorre credere che sia vero per poterci vivere.
La verità è una simulazione attraverso cui il mondo parallelo scelto fra tanti possibili, diviene una realtà di fatto.
L'astrazione agisce entro questo mondo di fatto , del quale si invece è sempre possibile ricavare una versione ridotta  meglio comprensibile, perché tascabile.
In questo quadro quindi si conferma che la comprensione non è attinente alla verità.


La verità come ciò che inibisce la immaginazione una volta che essa  abbia svolto il suo compito?





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iano

#14
Citazione di: daniele22 il 19 Gennaio 2022, 10:06:52 AM
Si è inserito anche Kobayashi.
Parlando di verità prendo spunto da un pensiero di Vico, penso, il quale sosteneva sostanzialmente che "si conosce solo ciò che si fa". Questa concezione di verità corrisponde ad una verità personale, non condivisa. La nostra situazione umana ci mette però di fronte all'evidenza di una lingua (quella umana appunto) che a volte contrasta la nostra verità esperita nell'ambiente in cui abbiamo vissuto e che comprende la lingua.
Cosa direbbe Vico di importante, a mio giudizio?
Direbbe che nell'ambito dello studio di una disciplina umana, ciò che si conosce prescinde dal contenuto dell'oggetto studiato, il quale consiste di un compendio attuato dalla collettività. Ciò che si conoscerebbe sarebbe lo studiare, l'azione di studiare. Nelle citazioni attribuite a Nietzche si rivela una sua critica di fronte al bisogno di un interprete dietro ad un altro interprete.
Allora, il primo interprete è quello che agisce assecondando la verità di Vico, il secondo interprete agisce assecondando la verità del manuale, ovvero quella collettiva.
La mia pretesa è quella di mettere in crisi l'oggettività del sostantivo. Solo così se ne può uscire. Mettere in crisi questa oggettività significa in ultima analisi mettere in crisi l'idea che esista la verità come conquista che si svolge all'interno di una gara tra individui giustificata dall'oggettività della meta finale che verrà risolta dal più intelligente, il quale detterà poi le sue condizioni in virtù della verità assoluta. L'ideologia sostenuta dal sottoscritto contrasta questa visione sostenendo che la verità corrisponde ad un inganno, ovvero ad un velo di maya, che presuppone l'esistenza di altri veli, altre falsificazioni.
Dal punto di vista della concezione ideologica dominante, a mio giudizio inconsapevole e falsa, discenderebbe un'idea  altrettanto falsa della famosa lotta per la sopravvivenza. A voi la palla
Io la vedo questa idea di Vico e rilancio, ipotizzando il fare come sostanza dell'essere.
L'individuo o l'umanità sono tali in quanto si possono individuare come soggetti di un'azione.
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