Aristotile e il populismo.

Aperto da Eutidemo, 20 Marzo 2017, 13:05:11 PM

Discussione precedente - Discussione successiva

Eutidemo

Come è noto, Aristotile individuava tre forme di governo, per così dire,  'sane':
- la monarchia;
- l'aristocrazia
- la  "politeia" (πολιτεία)
Mentre il primi due concetti sono abbastanza chiari ed univoci, quest'ultimo, invece, è stato interpretato in vari modi:  Isocrate, per esempio, la definì come "anima della città" (psychè poleos) che ha nei confronti dei cittadini "la stessa forza che ha l'intelletto sul corpo".
Sulla TRECCANI, si trova la seguente definizione: "POLITEIA: Nel linguaggio storico-politico, grecismo talvolta usato come equivalente del latino "res publica", per indicare l'organizzazione come bene comune di tutti i cittadini e, quindi, la costituzione politica ottimale, con particolare riferimento al mondo classico".
Torneremo su questo punto.
Comunque, secondo Aristotile, le tre forme di cui sopra (nelle quali i governanti mirano al bene comune) possono degenerare in tre forme 'deviate' (dove chi è al governo mira solamente al proprio vantaggio): 
- la tirannide, in cui un singolo esercita il potere a proprio esclusivo vantaggio, senza alcun limite costituzionale a tutela dei diritti di tutti gli altri cittadini;
- l'oligarchia, in cui un minoranza (determinata dal sangue, dal denaro o dall'etnia) esercita il potere a proprio esclusivo vantaggio, senza alcun limite costituzionale a tutela dei diritti della maggioranza gli altri cittadini;
- la "democrazia", che, per come la intende Aristotele,  si caratterizza come il governo delle "masse", esercitato, per il proprio interesse, dalla maggioranza dei cittadini, a proprio esclusivo vantaggio, senza alcun limite costituzionale a tutela dei diritti delle minoranze.
A ben vedere, in effetti, secondo la maggioranza degli studiosi, Aristotele usa in greco i termini "politeia" per indicare la democrazia e "democrazia" per indicare la "demagogia"; per cui  la "politeia" non è altro che una "democrazia" -governo della maggioranza dei cittadini-, ma "costituzionale" -cioè, che opera in ben definiti limiti costituzionali-.
Come pure esistono "monarchie costituzionali", ed "aristocrazie costituzionali", che operano in ben definiti limiti costituzionali.
***
Beninteso, l'illustrazione di cui sopra è del tutto PARADIGMATICA, perchè, nella realtà, i regimi politici sono SEMPRE "misti"; cioè, con la prevalenza di alcuni aspetti su altri (cosa che, peraltro, lo stesso Aristotile riconosce).
Peraltro, con riguardo alla "politeia", che, come sopra esposto, si può considerare un "sano" governo democratico-costituzionale, Aristotele nota come si possa sostenere che la sovranità della "massa" sia giustificata dal fatto che i molti, anche se non eccellenti singolarmente, presi nella loro totalità divengono come un uomo solo 'con molte eccellenti doti di carattere e d'intelligenza' (III 11, 1281b); con ragionamento analogo si può replicare ai critici che non è il singolo giudice o magistrato a prendere una decisione ma l'istituzione (l'assemblea, il tribunale, il consiglio) nel suo complesso e quindi è evidente che nella realtà la massa è a buon diritto sovrana degli affari più importanti (ibidem)
Per cui Aristotele riconosce l'esistenza di un governo della massa "non deviato", che definisce come una commistione di "democrazia" e "oligarchia".
In effetti, può apparire strano che l'unione di due forme degenerate costituisca un buon regime; ma Aristotele ritiene che la "politeia" prenda il meglio di queste due costituzioni degenerate, ricorrendo alle cariche elettive (indipendenti dal censo e dal sangue) per creare una oligarchia, che, però, è espressa col voto dalla maggioranza dei cittadini (IV 9, 1294b).
Il che rassomiglia molto alle attuali "democrazie liberali" dell'Occidente (per quanto esse siano MOLTO imperfettamente realizzate).
***
Premesso quanto sopra, secondo me, sia pure nelle forme moderne in cui adesso si prospetta, il cosidetto POPULISMO, non è altro che il nuovo "nome" della DEMAGOGIA aristotelica.
So benissimo, che, storicamente, il POPULISMO fu un movimento politico-culturale russo, che si sviluppò tra la fine del sec. XIX e l'inizio del XX, aspirante a una sorta di socialismo rurale, in opposizione al burocratismo zarista e all'industrialismo occidentale; ma, nell'accezione attuale, c'è ben poco del "populismo russo", se non qualche aspetto collaterale (come, in certo senso, l'avversione verso l'automazione, e l'ipotesi della "decrescita felice").
Più che altro, oggi come oggi, il "populismo" si manifesta come reazione spontaneista ad una degenerazione dei regimi democratico-liberali, in cui si sta verificando uno sbilanciamento sempre più accentuato tra la componente "democratica" e quella "oligarchica" del sistema, a seguito di un inquinamento "metapolitico" (cioè finanziario ed economico) delle istituzioni politiche.
Il pericolo delle reazioni e ribellioni spontaneiste, però, è, come sempre è stato, che esse possono essere manipolate in qualunque direzione (destra, sinistra, sopra, sotto), dall'abile e spregiudicato DEMAGOGO di turno; nel quale, come la storia ci insegna, c'è quasi sempre in incubazione un TIRANNO, il quale abbatterà, sì, le aristocrazie e le oligarchie che gli fanno ombra, ma solo per acquisire un potere personale assoluto.
ATTENZIONE, CITTADINI!!! ;)
***

cvc

Secondo me il populismo è un fenomeno trasversale sia di destra che di sinistra che tendenzialmente annulla le ideologie di destra e di sinistra. Perché il populista non propone un'ideologia, propone delle riforme in vista dell'accoglienza che egli prevede che riceveranno. Il populista è un artista del consenso, non nel senso che lo attrae su di se, ma nel senso che egli legge l'umore delle masse e vi ci si adatta. Così la politica diventa una scatola vuota, perché non crea consenso con le proprie idee, ma si limita a rincorrerlo e a cavalcarlo
Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.

Duc in altum!

Quindi di chi sarebbe la colpa del populismo?
Del tiranno incubato, del popolo che reagisce spontaneamente ad una degenerazione, o di chi dovrebbe essere la giusta alternativa ma invece è un inganno?
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

Eutidemo

Citazione di: cvc il 20 Marzo 2017, 13:24:30 PM
Secondo me il populismo è un fenomeno trasversale sia di destra che di sinistra che tendenzialmente annulla le ideologie di destra e di sinistra. Perché il populista non propone un'ideologia, propone delle riforme in vista dell'accoglienza che egli prevede che riceveranno. Il populista è un artista del consenso, non nel senso che lo attrae su di se, ma nel senso che egli legge l'umore delle masse e vi ci si adatta. Così la politica diventa una scatola vuota, perché non crea consenso con le proprie idee, ma si limita a rincorrerlo e a cavalcarlo

Condivido ;)

Eutidemo

Citazione di: Duc in altum! il 20 Marzo 2017, 13:55:43 PM
Quindi di chi sarebbe la colpa del populismo?
Del tiranno incubato, del popolo che reagisce spontaneamente ad una degenerazione, o di chi dovrebbe essere la giusta alternativa ma invece è un inganno?


Diciamo che "chi dovrebbe essere la giusta alternativa ma invece è un inganno", è la causa della reazione "febbrile" del popolo che -giustamente- reagisce spontaneamente ad una degenerazione del sistema; mentre la demagogia-populistica (incubatrice dei tiranni) è solo la falsa panacea della detta "febbre", che, invece di curare il male, lo aggrava. ;)

sgiombo

Per me la questione fondamentale sta sempre nel senso del limite (in generale; e in particolare nella consapevolezza dell' imperfezione umana).

Per dirlo volgarmente (populisticamente? Forse!) non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca.

La società perfetta non esisterà mai (con Domenico Losurdo colgo nella concezione del "comunismo pienamente realizzato" di  Marx ed Engels un "residuato -loro malgrado- di utopismo anarchicheggiante"). Può essere vagheggiata, predicata, sperata, auspicata, ma non sarà mai reale.

Inoltre per quel che mi riguarda ritengo (esattamente al contrario di Enrico Berlinguer; nel cui partito peraltro militavo allorchè proclamò che non può darsi socialismo senza democrazia) che non possa darsi democrazia senza socialismo (=abolizione della proprietà privata dei mezzi di produzione), in quanto stante la proprietà privata dei mezzi di produzione stessa e la divisione della società in classi (per vari motivi che non sto a illustrare) non é possibile libera espressione della volontà popolare.

E allora credo che, se si vuole effettivamente, realmente superare il miserabilissimo e in via di continuo ulteriore peggioramento stato di cose presente, la scelta dovrà sempre essere (da parte di tutti noi) quella per il "male minore"; e che dovrà comunque sempre inevitabilmente implicare il fatto di essere disposti a sopportare per tempi non brevi pesanti sacrifici (in termini economici, di benessere materiale disponibile, e in termini di limitazione del rispetto formale della libertà di espressione e della volontà popolare maggioritaria).
Ma ritengo che qualsiasi "salto nel buio" non possa essere peggiore dell' attuale "essere immersi nella merda": mal che vada si ricade nella stessa!

Per me: hic rhodus, hic salta!

doxa

Il 7 novembre dello scorso anno nella sezione "Attualità" cominciai il topic titolato "Populismo – populisti". Nel primo ed unico post, il mio, lo ripropongo in questo topic se può essere utile all'approfondimento. 

Scrissi: "A favore del cosiddetto "populismo" influisce di più la crisi economica, il flusso record di immigrati o la paura del terrorismo ?

Per avere la risposta a queste domande, evitando la lente deformante dell'ideologia, il quotidiano "Il Sole 24 Ore" ha dato incarico alla Fondazione Hume di effettuare una ricerca sull'avanzata dei movimenti anti-sistema in Europa. La conclusione a cui lo studio giunge è che ad incidere è un mix dei fattori sopra elencati, ma in particolare la percezione della difficile realtà socioeconomica (e del rischio terrorismo)  che hanno i cittadini dell'unione europea. 

Per alcuni  studiosi la matrice del populismo sono le politiche di austerità (con conseguente aumento delle diseguaglianze), che le classi dirigenti europee avrebbero imposto ai loro popoli. Per altri, invece, l'elemento cruciale che ha favorito l'ascesa dei movimenti populisti è l'ingresso disordinato e illegale dei migranti in Europa, soprattutto a partire dal 2011, a seguito delle crisi  in Africa e in Medio Oriente. La prima spiegazione è la più congeniale alla sinistra, la seconda alla destra.
Ma cos'è il populismo ? Chi sono i populisti ?
Non è difficile evocare numerosi politici considerati populisti:  la francese Marine Le Pen; l'inglese Nigel Farage, simbolo della Brexit; il tedesco Frauke Petry, artefice della svolta xenofoba in Germania; l'olandese Geert Wilders, leader anti-Islam; Alexis Tsipras in Grecia; il leader di Podemos, Pablo Iglesias, in Spagna. E in Italia ? Beppe Grillo, Salvini ?"  

Duc in altum!

@Eutidemo

Quindi se il populismo è un effetto, perché invece di denunciare sempre e solamente la causa, si cerca di distogliere l'attenzione ponendola sulla probabilità che invece di curare, forse, chissà, esso aggraverà il male? Non sarà che la giusta alternativa non è altro che demagogia travestita, visto che non funziona mai, se non per ottenere gli stessi benefici del populismo?
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

Eutidemo

Caro Sgiombo,
sono perfettamente d'accordo con te: la questione fondamentale sta sempre nel senso del limite, e, in particolare, nella consapevolezza dell' imperfezione umana.
Ed invero, se l'uomo fosse davvero "perfetto", la migliore soluzione politica non sarebbe nè la monarchia, nè l'aristocrazia, nè la democrazia, bensì l'ANARCHIA; per la quale, comunque, confesso di aver sempre nutrito forti simpatie.
Però, purtroppo, come dici tu, in effetti "la  società perfetta non esisterà mai"; il guaio è che ,quando qualcuno tenta di realizzarla, i risultati sono sempre molto deludenti.
Vedi 1984 di Orwell!!!
Anzi, se si parte dal presupposto che l'uomo sia migliore di quello che effettivamente è, di solito si ottiene un tipo di società in cui, anche gli uomini migliori, finiscono per dare il peggio di sè; detto più icasticamente, ogni "utopia" (anche religiosa) porta in sè il seme di una "distopia".
***
Non sono invece del tutto d'accordo nè con te nè con Berlinguer, perchè:
- un sistema "rigorosamente" democratico, presuppone la "libertà", e, in quanto, appunto, "liberale", non può non creare maggiori o minori disparità sociali
- un sistema "rigorosamente" socialista, invece, per perseguire una effettiva "eguaglianza", non solo giuridica, ma anche economica, deve necessariamente comprimere la "libertà" dei cittadini.
Per dirla alla francese, cioè: Liberté, Égalité, Fraternité ...NE vont pas bien ensemble!!!
***
In concreto, come appunto dici tu, si tratta di "misura"; cioè di riuscire a bilanciare nel miglior modo possibile le esigenze di "libertà" (limitando, però, gli eccessi "liberisti" del capitalismo), con le esigenze di "giustizia" (limitando, però, gli eccessi "dirigisti" del comunismo).
Sempre per citare un abusato luogo comune, infatti: "In medio stat Virtus"; ma, purtroppo, il problema sta proprio in quel "medium", perchè ciascuno lo interpeta a modo suo ("ton panton metron antropos estì").
A cominciare dal sottoscritto, ovviamente!
***
In base a tali premesse, quindi, secondo me scegliere tra un "male maggiore" (capitalismo) ed un "male minore" (comunismo), finisce per costuire una opzione "manichea", parimenti fallimentare, come la storia ci ha mostrato...e tutt'ora ci mostra!
Dissento, quindi, dalla tua conclusione, per la quale:  "...qualsiasi "salto nel buio" non possa essere peggiore dell' attuale "essere immersi nella merda": mal che vada si ricade nella stessa!"
Ed infatti, se la merda sta friggendo in una padella, se ne saltiamo fuori, c'è il rischio di finire sicuramente peggio di dove siamo ora! ;D  ;D  ;D
***

Eutidemo

Citazione di: altamarea il 20 Marzo 2017, 19:29:06 PM
Il 7 novembre dello scorso anno nella sezione "Attualità" cominciai il topic titolato "Populismo – populisti". Nel primo ed unico post, il mio, lo ripropongo in questo topic se può essere utile all'approfondimento.

Scrissi: "A favore del cosiddetto "populismo" influisce di più la crisi economica, il flusso record di immigrati o la paura del terrorismo ?

Per avere la risposta a queste domande, evitando la lente deformante dell'ideologia, il quotidiano "Il Sole 24 Ore" ha dato incarico alla Fondazione Hume di effettuare una ricerca sull'avanzata dei movimenti anti-sistema in Europa. La conclusione a cui lo studio giunge è che ad incidere è un mix dei fattori sopra elencati, ma in particolare la percezione della difficile realtà socioeconomica (e del rischio terrorismo)  che hanno i cittadini dell'unione europea.

Per alcuni  studiosi la matrice del populismo sono le politiche di austerità (con conseguente aumento delle diseguaglianze), che le classi dirigenti europee avrebbero imposto ai loro popoli. Per altri, invece, l'elemento cruciale che ha favorito l'ascesa dei movimenti populisti è l'ingresso disordinato e illegale dei migranti in Europa, soprattutto a partire dal 2011, a seguito delle crisi  in Africa e in Medio Oriente. La prima spiegazione è la più congeniale alla sinistra, la seconda alla destra.
Ma cos'è il populismo ? Chi sono i populisti ?
Non è difficile evocare numerosi politici considerati populisti:  la francese Marine Le Pen; l'inglese Nigel Farage, simbolo della Brexit; il tedesco Frauke Petry, artefice della svolta xenofoba in Germania; l'olandese Geert Wilders, leader anti-Islam; Alexis Tsipras in Grecia; il leader di Podemos, Pablo Iglesias, in Spagna. E in Italia ? Beppe Grillo, Salvini ?"  


Secondo me il "populismo" attuale, ha una "eziologia multifattoriale"; cioè, come dici tu, è provocato da una svariata congerie di fattori.
Tra cui sicuramente quelli che dici tu...ma non solo quelli!

Eutidemo

Citazione di: Duc in altum! il 20 Marzo 2017, 19:34:08 PM
@Eutidemo

Quindi se il populismo è un effetto, perché invece di denunciare sempre e solamente la causa, si cerca di distogliere l'attenzione ponendola sulla probabilità che invece di curare, forse, chissà, esso aggraverà il male? Non sarà che la giusta alternativa non è altro che demagogia travestita, visto che non funziona mai, se non per ottenere gli stessi benefici del populismo?

Se ho ben capito quello che intendi, sono d'accordo con te ;)

Garbino

Aristotele e il populismo.

Attualmente, come afferma giustamente Bookchin Murray in: L' Ecologia della Libertà, si è al cospetto di una forma politica che può essere definita oligarchia dei partiti. Nell' opera infatti egli sostiene che i partiti hanno soppiantato lo stato e troppo spesso il controllato è anche il controllore, da qui il vertiginoso aumento della corruzione che impoverendo ogni strato sociale a livello economico apre la strada ad un populismo molto pericoloso. Infatti non è lontana la possibilità di un restringimento ulteriore della libertà e dei diritti civili, anche se potrebbero essere mascherati in un contesto sociale che figurerebbe comunque come Democrazia.

Sono d' accordo con Eutidemo che la forma di stato migliore sarebbe l' anarchia, e cioè l' assenza completo dello stato. Anche se purtroppo ci vorrebbero altri uomini per poterla costruire. Non bisogna infatti dimenticare che l' attuale forma statale fornisce beni e servizi che una forma anarchica dovrebbe riuscire a fornirsi da sé, con tutti i problemi e difficoltà relativi alla nostra incapacità di essere autosufficienti. Di qualsiasi settore si stia parlando.

Ma al di là di questo, un' analisi più approfondita ci porta, a mio avviso, a renderci conto che il mondo finanziario stringe nelle sue mani i politici e ne fa quello che vuole. Non so se avete mai ascoltato un certo Serra che è legato a filo doppio con Renzi e con la ministra del referendum che avrebbe lasciato in caso di sconfitta ma che come Renzi tutto vuole fare meno che lasciare. Ministra figlia di una delle personalità più autorevoli del mondo finanziario e facente parte sempre della cordata Serra.

Ma torniamo ad Aristotele che è senz' altro meglio. Aristotele in fondo aveva ragione quando indicava che la forma migliore di governo era una democrazia diversa dalla Politeia, perché il rischio non era tanto demagogico, ma quello che la sua stessa determinazione poteva portare al soddisfacimento degli interessi di chi fosse al potere trascurando le esigenze delle minoranze. In pratica auspicava una democrazia dove fossero tutelati tutti gli interessi, compresi quelli delle minoranze.

Il populismo basa tutta la sua capacità di penetrazione sul grado di insoddisfazione e sulla diminuzione della tolleranza nei cittadini. E' soltanto allora infatti che ha sempre più possibilità e probabilità di successo. E se si pone l' accento sul fatto che, a mio avviso, il tessuto sociale nella sua complessità determina il tipo di società e o la forma di governo, ci si trova sempre di fronte ad una situazione storica determinata e che non può essere diversa da come essa è. Sono gli uomini che determinano il tipo di società che si costruisce ed ogni popolo, in fondo, merita il tipo di sistema socio-economico- politico in cui vive.

Grazie per la cortese attenzione.

Garbino Vento di Tempesta.

Sariputra

#12
Citazione di: Eutidemo il 21 Marzo 2017, 07:26:10 AMCaro Sgiombo, sono perfettamente d'accordo con te: la questione fondamentale sta sempre nel senso del limite, e, in particolare, nella consapevolezza dell' imperfezione umana. Ed invero, se l'uomo fosse davvero "perfetto", la migliore soluzione politica non sarebbe nè la monarchia, nè l'aristocrazia, nè la democrazia, bensì l'ANARCHIA; per la quale, comunque, confesso di aver sempre nutrito forti simpatie. Però, purtroppo, come dici tu, in effetti "la società perfetta non esisterà mai"; il guaio è che ,quando qualcuno tenta di realizzarla, i risultati sono sempre molto deludenti. Vedi 1984 di Orwell!!! Anzi, se si parte dal presupposto che l'uomo sia migliore di quello che effettivamente è, di solito si ottiene un tipo di società in cui, anche gli uomini migliori, finiscono per dare il peggio di sè; detto più icasticamente, ogni "utopia" (anche religiosa) porta in sè il seme di una "distopia". *** Non sono invece del tutto d'accordo nè con te nè con Berlinguer, perchè: - un sistema "rigorosamente" democratico, presuppone la "libertà", e, in quanto, appunto, "liberale", non può non creare maggiori o minori disparità sociali; - un sistema "rigorosamente" socialista, invece, per perseguire una effettiva "eguaglianza", non solo giuridica, ma anche economica, deve necessariamente comprimere la "libertà" dei cittadini. Per dirla alla francese, cioè: Liberté, Égalité, Fraternité ...NE vont pas bien ensemble!!! *** In concreto, come appunto dici tu, si tratta di "misura"; cioè di riuscire a bilanciare nel miglior modo possibile le esigenze di "libertà" (limitando, però, gli eccessi "liberisti" del capitalismo), con le esigenze di "giustizia" (limitando, però, gli eccessi "dirigisti" del comunismo). Sempre per citare un abusato luogo comune, infatti: "In medio stat Virtus"; ma, purtroppo, il problema sta proprio in quel "medium", perchè ciascuno lo interpeta a modo suo ("ton panton metron antropos estì"). A cominciare dal sottoscritto, ovviamente! *** In base a tali premesse, quindi, secondo me scegliere tra un "male maggiore" (capitalismo) ed un "male minore" (comunismo), finisce per costuire una opzione "manichea", parimenti fallimentare, come la storia ci ha mostrato...e tutt'ora ci mostra! Dissento, quindi, dalla tua conclusione, per la quale: "...qualsiasi "salto nel buio" non possa essere peggiore dell' attuale "essere immersi nella merda": mal che vada si ricade nella stessa!" Ed infatti, se la merda sta friggendo in una padella, se ne saltiamo fuori, c'è il rischio di finire sicuramente peggio di dove siamo ora! ;D ;D ;D ***

Se "In medio stat virtus" allora bisogna tentar di formulare un sistema sociale che vieti l'accumulazione di capitale ( capitalismo) e nello stesso tempo l'eccesso di dirigismo e di appiattimento dei sistemi "comunisti'.
Per questo ho esposto nella discussione "Mondi dell'utopia" la visione di un socialismo dhammico che risulterebbe un sistema , in un certo senso, 'ibrido'. Garantire una parte di proprietà privata, necessaria all'istinto belluino , rancoroso e pieno di desiderio dell'uomo e nello stesso tempo vietarne l'accomulazione, mettendo in comune tutto il resto ( ponendo fine , ovviamente, alla civiltà delle macchine con  ritorno ad una società di 'consapevolezza agricola e ambientale' ). Sicuramente si accorcerebbe la durata media della vita ( ma sarebbe compensata da una migliore qualità e godimento della stessa...)e si dovrebbe  perseguire un controllo delle capacità riproduttive umane ( la terra da coltivare non è illimitata , purtroppo...) mediante una costante opera di valorizzazione dell'autoconsapevolezza. Le uniche macchine da salvare sarebbero quelle necessarie negli ospedali ( ma non per accanirsi sui moribondi... ;) ) e l'utilitaria del Sari, necessaria agli spostamenti tra i suoi sconfinati poderi...e le macchine agricole, ovviamente...dimenticavo le macchine agricole... per alleviare la fatica del lavoro nei campi...
Sul discorso delle deiezioni...senza far della filosofia su di esse...direi che ci sono deiezioni e deiezioni. Per esempio quelle delle vacche sono molto utili ( ancora insuperabili come concime per le coltivazioni...), mentre quelle umane lo sono molto meno. Quindi tra "essere immersi nella merda" umana o viveversa cadere nel letame bovino è sicuramente preferibile la seconda opzione... basti osservare le facce disgustate delle persone, quando schiacciano inavvertitamente una deiezione che qualche umano ha pensato di liberare in luoghi non consoni, e invece l'ilarità della compagnia quando, in un'amena passeggiata tra i pascoli montani, si finisce sopra un segno del passaggio bovino...già questo fa capire molte cose sulla reale natura dell'uomo. Per non parlare poi dell'enorme difficoltà di togliere i resti delle deiezioni umane dalla suola della scarpa, tanto da doverla lasciare all'aria aperta per svariati giorni anche solo per mitigare l'orrendo fetore; mentre di quella bovina ci si libera facilmente strofinando la scarpa tra i cespuglietti di ranuncoli. Dall'odore nauseabondo delle sue deiezioni si capisce quanto sia un essere degenerato quello umano ( mentre dell'odore di quelle bovine si può parlare quasi di 'aroma bucolico' o di 'profumo agreste', tanto che solo gli umani ormai schiavi delle macchine lo trovano fastidioso, mentre gli esseri naturali lo trovano quasi piacevole tanto da portarlo spesso con sé)... ( tra il serio e il faceto, naturalmente... :D )
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

sgiombo

#13
Citazione di: Eutidemo il 21 Marzo 2017, 07:26:10 AM
Caro Sgiombo,
sono perfettamente d'accordo con te: la questione fondamentale sta sempre nel senso del limite, e, in particolare, nella consapevolezza dell' imperfezione umana.
Ed invero, se l'uomo fosse davvero "perfetto", la migliore soluzione politica non sarebbe nè la monarchia, nè l'aristocrazia, nè la democrazia, bensì l'ANARCHIA; per la quale, comunque, confesso di aver sempre nutrito forti simpatie.
Però, purtroppo, come dici tu, in effetti "la  società perfetta non esisterà mai"; il guaio è che ,quando qualcuno tenta di realizzarla, i risultati sono sempre molto deludenti.
Vedi 1984 di Orwell!!!
Anzi, se si parte dal presupposto che l'uomo sia migliore di quello che effettivamente è, di solito si ottiene un tipo di società in cui, anche gli uomini migliori, finiscono per dare il peggio di sè; detto più icasticamente, ogni "utopia" (anche religiosa) porta in sè il seme di una "distopia".
***
Non sono invece del tutto d'accordo nè con te nè con Berlinguer, perchè:
- un sistema "rigorosamente" democratico, presuppone la "libertà", e, in quanto, appunto, "liberale", non può non creare maggiori o minori disparità sociali;
- un sistema "rigorosamente" socialista, invece, per perseguire una effettiva "eguaglianza", non solo giuridica, ma anche economica, deve necessariamente comprimere la "libertà" dei cittadini.
Per dirla alla francese, cioè: Liberté, Égalité, Fraternité ...NE vont pas bien ensemble!!!
***
In concreto, come appunto dici tu, si tratta di "misura"; cioè di riuscire a bilanciare nel miglior modo possibile le esigenze di "libertà" (limitando, però, gli eccessi "liberisti" del capitalismo), con le esigenze di "giustizia" (limitando, però, gli eccessi "dirigisti" del comunismo).
Sempre per citare un abusato luogo comune, infatti: "In medio stat Virtus"; ma, purtroppo, il problema sta proprio in quel "medium", perchè ciascuno lo interpeta a modo suo ("ton panton metron antropos estì").
A cominciare dal sottoscritto, ovviamente!
***
In base a tali premesse, quindi, secondo me scegliere tra un "male maggiore" (capitalismo) ed un "male minore" (comunismo), finisce per costuire una opzione "manichea", parimenti fallimentare, come la storia ci ha mostrato...e tutt'ora ci mostra!
Dissento, quindi, dalla tua conclusione, per la quale:  "...qualsiasi "salto nel buio" non possa essere peggiore dell' attuale "essere immersi nella merda": mal che vada si ricade nella stessa!"
Ed infatti, se la merda sta friggendo in una padella, se ne saltiamo fuori, c'è il rischio di finire sicuramente peggio di dove siamo ora! ;D  ;D  ;D
***
CitazioneIl mio dissenso sta nel fatto che ritengo che la "giusta misura" praticabile, il "male minore realistico", il meglio realizzabile sia la socializzazione dei mezzi di produzione; e che solo essa consenta, contrariamente a qualsiasi alternativa realistica, (per lo meno in linea teorica, di principio, anche se tutt' altro che facilmente in pratica) anche una "sostanziale" o comunque ottimale (ovviamente non perfetta, la perfezione semplicemente non esistendo) conciliazione di libertà, fraternità e uguaglianza.

Ma credo che ciò implichi necessariamente, come conditio sine qua non per giungervi "appresso" lotte dure, implacabili tenaci e grandissimi sacrifici.
E a questo proposto, circa la storia del '900 e in particolare del "socialismo reale", come ho già sostenuto in un' altra discussione nel forum, dissento profondissimamente da Orwell e da ogni atteggiamento utopistico - perfezionistico inesorabilmente destinato a scontrarsi con le inevitabili dure repliche della storia e a cadere nella delusione e nell' impotenza di fronte allo stato di cose presenti.
Rispetto al quale ultimo credo non sia possibile peggiorare: é invece esso stesso, secondo me, che tende inesorabilmente a imputridirsi sempre più (per restare nella brutta metafora, ma adeguata ai fatti reali, da me iniziata e da te sviluppata, la merda in cui siamo é già e sta diventando sempre più anche rovente; e acida; e soffocante, ecc., ecc., ecc.).
Infatti ritengo che se nel '900 le cose stessero meglio fosse solo per gli inevitabili condizionamenti reciproci fra capitalismo reale e socialismo reale: il primo influenzava negativamente il secondo imponendogli , per poter sopravvivere e cercare di svilupparsi, sforzi produttivi "quantitativi" cui non era "oggettivamente predisposto" (in campo civile e soprattutto militare) e restrizioni delle libertà democratiche formali che ne peggioravano le reali condizioni di realizzazione; mentre il secondo influenzava il primo imponendogli, per poter sopravvivere, la realizzazione (o il mantenimento e sviluppo nei rari casi -Germania- in cui i suoi germi erano già stati imposti comunque dalla lotta di classe "intrinseca" dei lavoratori) dello stato sociale e una redistribuzione dei redditi relativamente ugualitaria che fra l' altro ne impediva l' intrinseca tendenza alla concentrazione della ricchezza, al sottoconsumo e alla "crisi economica" (e infatti, nonappena é venuto meno il condizionamento del socialismo reale queste dinamiche intrinseche oggettivamente proprie del capitalismo reale si sono sviluppate senza freni portandoci alla penosissima e ingravescente situazione attuale).

Il problema é secondo me che cambiare é difficilissimo e richiede sacrifici inauditi; fra l' altro anche (ma non solo!) in termini di riduzione quantitativa di produzioni e consumi materiali in un modo dotato di limitate risorse naturali realisticamente -e non: fantascientificamente- disponibili la quale é indispensabile alla salvaguardia dell' umanità dall' estinzione "prematura e di sua propria mano"; cosa possibile (non necessariamente certa) unicamente alla condizione della socializzazione dei mezzi di produzione e della complessiva pianificazione oculata e prudente di produzioni e consumi stessi che il capitalismo oggettivamente non può consentire.
E non é detto (sono in proposito assai "pessimista della ragione") che l' umanità si dimostri effettivamente in grado di affrontare questi indispensabili sacrifici e che non finisca invece per autodistruggersi.

Certamente su molto di queste considerazioni non sarai d' accordo (immagino riterrai che ne verga confermata la tua orwelliana convinzione, derivante anche dal tuo ben diverso bilancio della storia del '900, che cercare di praticare l' utopia porti inevitabilmente a rimedi peggiori dei mali: le famose vie dell' inferno lastricate di buone intenzioni).
Per parte mia credo invece che, purtroppo, (per l' umanità intera):
Hic Rhodus, hic salta!


paul11

.

Il populismo è sopratutto insito nella democrazia e se il suffragio è universale significa "una testa un voto" e questo determina la relazione fra potere e popolo.
La maggioranza del popolo è sempre povera, rispetto ad una media di ricchezza : questo determina la condizione del rapporto comunicativo fra potere e popolo.
Significa che potenzialmente la maggioranza del popolo è rivoluzionaria rispetto a qualunque forma di potere istituito.
Perchè il fondamento prima ancora della politica è il rapporto fra bene comune  e bene privato

Ma perchè il popolo non ribalta quasi mai il potere costituito e le forme? Un motivo è proprio il populismo, assecondare la "pancia" popolare che potenzialmente per condizione  economica è rivoluzionaria, ma per costruzione mentale è conformista come lo è la "massa", come lo è "la folla".

nei periodi di crisi si tende ad andare a destra, nei periodi floridi si tende ad andare a sinistra, la stessa cosa avviene sindacalmente e quest'ultimi sono "cinghie di trasmissione" del rapporto politico -sociale, come lo sono le miriadi di associazioni, club, rotary, ecc.

Alla massa alla folla, si comunica  alla  psiche, con formulazioni da messaggio pubblicitario: questo è il marketing politico ,la nuova forma di populismo.
Si assecondano le paure e i timori, si assecondano spinte corporative, si promette, insomma si fa populismo.

Forse mi sbaglio, ma se il populismo è la forma di comunicazione psichica, significa che la scelta è verso le spinte irrazionalistiche della pancia popolare.Il potere , i partiti promettono sapendo di mentire razionalmente.

Volete inchiodarli alle loro responsabilità? Allora ogni partito prima delle elezioni deve sancire per iscritto una promessa con il popolo, il loro manifesto elettorale
Dopo un certo periodo di tempo chi ha vinto le elezioni viene sottoposto dal popolo ad una verifica elettorale sui punti del patto con il popolo del manifesto politico elettorale, . Se non passa la verifica cade il Governo .

Allora signiifica che non sono più i poteri dei partiti, che giustamente ha indicato Garbino, a determinare le oligarchie nelle liste elettorali precostituite dalle segreterie attraverso un regime di cooptazione. L'atto d s fiducia lo da il popolo togliendo potere alle mafie partitiche  e ai populismi pre elettorali.

Discussioni simili (1)

991

Risposte: 10
Visite: 2035