Aristotile e il populismo.

Aperto da Eutidemo, 20 Marzo 2017, 13:05:11 PM

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Duc in altum!

**  scritto da sgiombo:
CitazioneSecondo me il populismo tende a imporsi con illusorie promesse di facili soluzioni per i problemi difficilissimi perché è arduo guardare in faccia la realtà e accettare che uscire dal pantano in cui ci hanno ridotti non è affatto possibile senza affrontare durissimi sacrifici.
No, esso tende a imporsi perché chi c'era prima ha tradito le aspettative, è venuto meno al beneficio collettivo per gli interessi personali, quindi è stato peggio del populismo, ché almeno è coerente con la doppiezza delle sue illusorie promesse.
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

sgiombo

Citazione 
Caro Eutidemo,
come già era evidente su queste questioni abbiamo importanti motivi di forte consenso e probabilmente anche maggiori di fortissimo dissenso.
Cerco di precisarne alcuni da parte mia.
 
Circa il fascismo mi sembra che non ci sia disaccordo (in proposito devo dire che mi ha sempre lasciato fortemente perplesso la fine di Bombacci, dal momento che ho sempre considerato gli ex socialisti massimalisti e/o ex comunisti passati al fascismo -a cominciare dal fondatore del movimento stesso- degli abbietti traditori, ma è difficile pensare che si possa non essere sinceri in articulo mortis; eppure Bombacci aveva approvato tutte le orrende nefandezze reazionarie del fascismo, in politica interna ed estera).
 
Per "capitalismo di Stato" (non tanto contro Trotzky, che -secondo me più correttamente- parlava solo di "socialismo degenerato", quanto contro i suoi peggiori epigoni; peggiori ovviamente dal mio punto di vista) intendo una forma di capitalismo, quindi innanzitutto di proprietà privata capitalistica dei mezzi di produzione, nella quale è presente anche un' iniziativa economica imprenditoriale statale (variamente declinata nei fatti concreti a seconda dei rapporti di forza nella lotta di classe, ma comunque in ultima analisi a sostanziale vantaggio della classe capitalistica e della conservazione da parte di questa del potere politico e della proprietà dei suoi propri mezzi di produzione).
Un "capitalismo di stato senza capitalismo privato" è per me un quasi-sinonimo di "socialismo" per quanto imperfetto, limitato, eventualmente caratterizzato da carenze più o meno relativamente rilevanti nella socializzazione dei mezzi di produzione statalizzati a seconda dei casi (delle caratteristiche istituzionali e politiche dello Stato stesso e da quelle della società civile); credo che questo, a ben considerare la questione non dogmaticamente, non sia affatto in contraddizione con le critiche al capitalismo di Stato di Marx nelle Note al programma di Gotha, di Engels nell' Antiduhring e di Lenin in Stato e rivoluzione).
Lo so che queste considerazioni ti potranno sembrare alquanto "dottrinarie", ma semplicemente ne sono convinto.
Non comprendo bene la distinzione fra STATO-APPARATO e STATO-COMUNITA' (mi sembra più chiara quella fra Stato e società civile), ma per me decisivo in ultima istanza ai fini del discernimento della sostanza di un' ordinamento sociale (fatto salvo il fatto, su cui concordo, che in concreto, quasi sempre si realizzano forme miste...accentuate più in un senso o più in un altro) sono i rapporti di produzione, cioè di proprietà (di classe -e di quale/i classe/i- oppure comune, collettiva) dei mezzi di produzione.
 
Sulla valutazione degli effetti che il "socialismo reale" (nel '56 e oltre) ebbe sulla forza (in particolare elettorale) dei partiti comunisti e socialisti occidentali, e anche sulle valutazioni (per me molto diverse fra loro "nel tempo e nello spazio") che ne diedero gli stessi dirigenti di questi ultimi, il dissenso è decisamente profondo.
 
Ancor più "diametralmente opposta" alla tua è la mia valutazione della politica estera sovietica, a mio avviso in sostanza decisamente antiimperialstica (ovviamente non senza imperfezioni; fra l' altro anche con tendenze e aspetti egemonistici ingiustificabili; ma non propriamente "imperialstici in senso leninista") e pacifica: i fatti (qualitativi; e pure i "numeri") circa le guerre in Europa e nel resto del mondo e circa le condizioni di vita dei popoli vittime del colonialismo "classico" prima e dei vari neocolonialismi poi -antecedentemente e successivamente alla caduta del muro di Berlino- sono per me inequivocabili in questo senso (anche se certamente pure "lo spettro della guerra atomica" ha avuto la sua parte; ma é esistito ed esiste anche dopo; e infatti recentemente gli scienziati dell' Bulletin of the Atomic Scientists hanno ri-spostato le lancette dell' "orologio dell' apocalisse" molto vicino alla mezzanotte), allorché le guerre di aggressione imperialistiche si sono moltiplicate e inasprite ovunque.
 

sgiombo

Citazione di: Duc in altum! il 22 Marzo 2017, 11:07:55 AM
**  scritto da sgiombo:
CitazioneSecondo me il populismo tende a imporsi con illusorie promesse di facili soluzioni per i problemi difficilissimi perché è arduo guardare in faccia la realtà e accettare che uscire dal pantano in cui ci hanno ridotti non è affatto possibile senza affrontare durissimi sacrifici.
No, esso tende a imporsi perché chi c'era prima ha tradito le aspettative, è venuto meno al beneficio collettivo per gli interessi personali, quindi è stato peggio del populismo, ché almeno è coerente con la doppiezza delle sue illusorie promesse.
CitazioneIntendevo dire che per questo motivo il populismo tende a imporsi presso i popoli in tendenziale, sacrosanta rivolta contro chi c'era prima e ha tradito le aspettative, è venuto meno al beneficio collettivo per gli interessi personali, quindi è stato peggio del populismo; e questo in alternativa a più autentiche ed efficaci politiche di radicale cambiamento del pessimo stato di cose presenti (mi guardo bene dall' equiparare Beppe Grillo a nemici del popolo del calibro di Renzi, D' Alema e compari, anche se credo che non veda le enormi difficoltà e gli enormi sacrifici che per cambiare veramente l' Italia e il mondo- sono necessari).

Eutidemo

Caro Sgiombo,
quanto a Bombacci, secondo me, fu sicuramente in errore ad aderire sia al fascismo che alla RSI, ma penso anch'io che fosse in buona fede (a differenza di altri), per quello che può valere!
***
Quanto a  Trotzky, condivido il tuo giudizio negativo sui suoi tardivi epigoni; che stavano al loro archetipo, come gli "aristotelici" stavano ad Aristotele!
***
Quanto al fatto che, per "Capitalismo di Stato" tu intendi una forma di capitalismo, in cui permane la proprietà privata capitalistica dei mezzi di produzione, ma nella quale è presente anche un' iniziativa economica imprenditoriale statale, al riguardo penso che tra di noi sussista una dissidio precipuamente di natura nominalistica (o definitoria, che dir si voglia), ma non sostanziale.
Al riguardo, infatti, storicamente, il "capitalismo di stato" come lo intendeva Lenin, sarebbe dovuto essere "un sistema di alture dominanti" composto da grandi imprese e gruppi controllati dallo Stato in funzione degli interessi della classe operaia; secondo la maggior parte degli storici (ad es. Paul Roderick Gregory), però, quel modello, già utilizzato nel 1920 in Unione Sovietica, è venne poi soppiantato dall'"economia di comando" di Stalin, in cui la proprietà dei mezzi di produzione passò inegralmente nelle mani dello STATO-APPARATO (non STATO-SOCIALE) che era precipuamente nelle mani dei burocrati di partito. 
Ma le cose, in effetti, avvennero con complessità un po' maggiore di come ho appena descritto, perchè non bisogna neanche dimenticare che, contemporaneamente ma "parallasicamente" a detta trasformazione genetica, in Russia, per qualche anno, venne sperimentata anche la formula economica della NEP (Nuova politica economica), che fu un sistema di riforme economiche, in parte orientate al libero mercato, che Lenin istituì in Russia nel 1921 e che durò fino al 1929 (sebbene già nel 1924 ci fosse già stato un cambio di rotta).
In buona sostanza, cioè, la NEP era una combinazione di capitalismo di Stato e impresa privata.
*** 
Quanto al fatto che, per te, un "capitalismo di stato senza capitalismo privato" sarebbe un quasi-sinonimo di "socialismo" per quanto imperfetto (eventualmente caratterizzato da carenze più o meno relativamente rilevanti), non sono del tutto d'accordo; ed infatti, questo sarebbe (teoricamente) vero se i mezzi di produzione potessero veramente trovarsi nelle mani dello STATO-COMUNITA' (cosa molto difficile da realizzare), mentre, invece, di solito, se non restano nelle mani dei capitalisti, finiscono per diventare ostaggio del "gran leviatano" STATO-APPARATO, e, cioè, del potere burocratico..
Ed infatti,  
Quanto alla distinzione fra STATO-APPARATO e STATO-COMUNITA', che non è certo una mia invenzione, ma è comunemente recepita sia in campo sociologico che giuridico, più o meno corrisponde a quella che tu preferisci definire "distinzione fra Stato e società civile"; la quale definizione è pure senz'altro perfettamente accettabile, sebbene, a mio avviso, meno perspicua,  perchè può essere fonte di ambiguità (il termine STATO, senza qualificazione è ambivalente, potendo essere inteso in due sensi molto diversi).
Con conseguenze "pratiche" inenarrabilmente diverse
 ***
Quanto alla valutazione degli effetti che il "socialismo reale" (nel '56 e oltre) ebbe sulla forza dei partiti comunisti e socialisti occidentali, e anche sulle valutazioni che ne diedero gli stessi dirigenti di questi ultimi, in effetti, il dissenso tra di noi è decisamente profondo.
Ma, in questo caso, si tratta di "fatti storici", non di opinioni.
Ed infatti, Il 29 ottobre del 1956, pochi giorni dopo il primo intervento militare sovietico a Budapest, il dissenso all'interno del Partito comunista italiano si manifestò in maniera clamorosa, indebolendolo notevolmente nelle successive elezioni.
Superata l'"impasse", e riacquistata notevole forza, il Partito comunista italiano subì un ulteriore ben più grave "scossone" nel 1968, a seguito della brutale repressione della "Primavera di Praga" (a specifici tristissimi episodi della quale assistetti di persona); anche se poi, anche da tale scossone il PCI si riprese alla grande, almeno da come mi ricordo.
***
Circa la politica estera russa, al di là di polemiche politiche, è talmente palese il fatto che, storicamente, negli ultimi quattro secoli, la Russia sia SEMPRE stata una potenza imperialista, rivolta ad espandere il suo potere non solo ad EST, ma anche ad OVEST, PRIMA, DURANTE E DOPO IL REGIME SOVIETICO, è cosa talmente ovvia, che non mette neanche conto starne a discutere.
Basta aprire un libro di storia delle elementari! 
Semmai si può discutere se fosse più "aggressivamente imperialista" sotto gli zar, sotto Stalin, o sotto Putin; ma, a mio avviso, il "trend" di fondo è sempre rimasto più o meno lo stesso.
Il Comunismo, in quanto tale, non c'entra niente; o, comunque, molto poco.
Solo Trotsky cercò di opporsi al nazionalismo russo, mascherato da comunismo, auspicando una rivoluzione marxista globale...ma non ebbe successo!
Da notare che, crollato l'Impero Coloniale Inglese, ormai la Russia è rimasto L'ULTIMO IMPERO COLONIALE al mondo; non lasciatevi ingannare dal fatto della continuità territoriale, in quanto, oltre gli Urali, non ci sono russi, ma solo COLONIE russe (di altre religioni ed altre etnie).
Ma questo, come ho detto, col comunismo non c'entra niente; a meno che non si voglia sostenere che l'URSS fosse meno aggressiva della Russia Zarista o della Russia Putiniana...il che contrasta talmente con la realtà dei fatti storici, che non mette neanche conto discuterne.
;)

sgiombo

Caro Eutidemo,
anche se sono ben consapevole che non è possibile in questo forum un' adeguata discussione circostanziata e documentata su questi argomenti (almeno da parte mia, poiché non sono certo uno storico di professione ma soltanto mi interesso "amatorialmente" di storia recente – contemporanea), non posso non negare alcune tue affermazioni.
 
So bene che nel PCI nel '56 perse l' adesione di alcuni intellettuali, ma non gli venne significativamente meno il consenso popolare, tant' è vero che alle successive elezioni del giugno '58 i voti raccolti aumentarono, seppur di poco.
 
Quello che dici dell' imperialismo russo pre-sovietico, preteso sovietico e post-sovietico non è vero: questo è per me talmente ovvio che non è il caso di stare a discuterne (in parte è questione terminologica, se per te la limitazione della sovranità di altri paesi non soggetti a rapina o sfruttamento economico e anzi sottoposti a trattamento economico "di favore" -che io chiamo "egemonismo" e ritengo ben diversa cosa- è la stessa cosa dell' "imperialismo").
 
E il socialismo centra eccome, dal momento che è la causa della ben diversa politica estera dell' URSS (fra l' altro uno dei leitmotiv della propaganda controrivoluzionaria d Gorby e Eltsin era proprio costituito dalla generosità della Russia, della Bielorussia e delle altre repubbliche più sviluppate verso quella più povere nell' ambito dell' URSS e dell' URSS stessa verso altri paesi socialisti meno prosperi (soggetti a sovranità limitata, peraltro non più di noi della NATO; ma da marxista – leninista per "imperialismo" intendo ben altro!).
 
Quanto al capitalismo di stato, esso era inteso infatti da Lenin come tale (nella fase della NEP) in presenza anche del capitalismo privato (e se non ricordo male anche di altre tre o quattro forme di proprietà: sociale, cooperativa, privata a conduzione personale-familiare senza dipendenti salariati...); contrariamente a quanto solitamente accade, il potere statale nelle mani della classe del proletariato (secondo Lenin e secondo me, si parva licet; so bene che tu invece non sei d' accordo) avrebbe garantito il suo impiego a vantaggio delle masse lavoratrici non possidenti e non dei capitalisti privati nella transizione (allora prevista essere piuttosto lunga) al socialismo.
 
Restano inoltre ovviamente intatti i profondi dissensi circa la socializzazione o meno dei mezzi di produzione e ai rapporti fra Stato e società civile in URSS.

Eutidemo

Caro Sgiombo
***
Nel '56, il PCI perse un bel pezzo di "inteligencja"; ed infatti, il dissenso all'interno del Partito comunista italiano si manifestò in maniera clamorosa in un appello di solidarietà agli insorti ungheresi firmato da un centinaio di personalità, in gran parte intellettuali romani, fra cui 11 fra professori ordinari (tra i quali mio nonno, che era stato nelle carceri fasciste), incaricati e liberi docenti di università, dodici assistenti e numerosi studenti iscritti al circolo universitario della capitale. 
Quanto alle successive elezioni, è vero, nel giugno '58 i voti raccolti dal PCI  aumentarono di qualche centinaio di migliaia di voti "in senso assoluto" , ma, in rapporto all'aumento della popolazione votante, "in senso relativo" diminuirono nettamente, rispetto a quelli della DC.
Le cifre non mentono:
ELEZIONI 1953
DC 10.862.073 
PCI 6.120.809 
ELEZIONI 1958
DC 12.520.207 
PCI  6.704.454
***
Tu affermi che, quello che dico  dell' imperialismo russo pre-sovietico, sovietico e post-sovietico non è vero; invece io insisto nel ripetere che è un fenomeno storico (e di attualità) molto ben documentato...e che il comunismo c'entra ben poco, con tale fenomeno (perchè non è il comunismo aggressivo per sua "natura").
La Russia, infatti, tutt'oggi, secondo me, è MOLTO più pericolosa dello Stato Islamico (come anche dichiarato dal ministro degli Esteri della Polonia, Witold Waszczykowski, durante una visita in Slovacchia); è vero che essa ha anche una profonda anima europea -Cechov, Puskin e Dostoevskij sono lì a dimostrarlo- ed è una grandissima nazione.
Nessuno nega questo, nè che la stessa Russia abbia subito alcune aggressioni, tutte fallite (da parte di Svezia, Francia e Germania).
Ma non c'è dubbio che anche l'attuale regime politico russo -non certo comunista- sia  innegabilmente orientato all'espansionismo (Georgia e Ukraina insegnano); Putin ha appena inaugurasto il nuovo T-14, un mostro da 48 tonnellate propulso da un motore diesel a dodici cilindri da 1500 cavalli che gli conferisce una velocità massima di 90 km/h con autonomia di 500 km (sembra che ne siano stati progettati circa 5.000 oltre alla migliaia che già possiedono).
PER FARNE COSA?
Giro la domanda a quei due geni della geopolitica da "bar dello sport", che sono Grillo e Salvini!
Anche quanto al passato, comunque, come diceva Friedrich Nietzsche, invero, la Russia è "la bocca spalancata dell'Asia, che vorrebbe inghiottire la piccola Europa". 
- Nel 1714 la Russia conquista la Finlandia e si lancia sul Baltico. 
- Nel 1772 si prende la Polonia, e si annette la Bielorussia e l'Ucraina. 
- Nel 1877 entra nei Balcani orientali a favore della rivolta bulgara e contro l'Impero Ottomano. 
- Nel 1939 si allea con Hitler, e invade le tre repubbliche Baltiche e la Polonia ( e poi ci riprova pure con la Finlandia).
- Nel 1945, praticamente, afferma la sua supremazia su mezza Europa, sopprimendo nel sangue chi tenta di ribellarsi (Ungheria e Cecoslovacchia).
Carta canta: leggendo SUL SERIO la storia, si comprende che, nel tempo, sono cambiate solo le "scuse" dell'imperialismo russo (come quelle sovietiche che tu riporti), ma MAI LA SOSTANZA!
***
Quanto al "capitalismo di stato", tu ricordi benissimo quanto diceva Lenin al riguardo; ma, a ben vedere, non corrispose molto a quello che, poi, fece Stalin, il quale realizzò un capitalismo di Stato "apparatiale" (cioè burocratico), e non di Stato "comunitario" (cioè sociale).
Il tutto, appunto, glissando sul "predicato" del termine STATO, che veniva ignorato: lo STATO COMUNITA' infatti, è costituito dalla società civile, e dalle libere associazioni (sindacali, partitiche ecc.) che in esso liberamente si fondano.
In tal senso, quello stalinista non fu affatto un "capitalismo di stato" in senso leninista, bensì soltanto burocratico; per questo, alla fine, fallì miseramente.
Grande occasione mancata! :-[
Spesso mi chiedo cosa sarebbe accaduto se la rivoluzione socialista ci fosse stata in Inghilterra; potrebbe costituire materiale interessante per un romanzo "ucronico"! ???
***

sgiombo

Caro Eutidemo,

Fino a prova contraria (e come volevasi dimostrare) 6.704.454 >6.120.809 (se la matematica non è un' opinione i voti guadagnati dalla DC dopo i fatti del '56 evidentemente non provenivano dal PCI, o se ve n' erano di persi dal PCI sono stati più che compensati da altri guadagnati).

Sul preteso imperialismo dell' URSS non sto ovviamente a ribadire il mio dissenso, che è più che chiaro.
Vorrei però precisare che, malgrado il ripristino del capitalismo, l' imperialismo della Russia attuale è molto ma molto meno aggressivo e nemico dell' umanità (probabilmente almeno in larga misura per meri motivi di rapporti di forza economico-politico-militari) di quelli occidentali che hanno distrutto sanguinosissimamente e terroristicissimamente Yugoslavia, Iraq, Libia, gran parte della Siria, che hanno promosso il golpe nazista di Kiev e i pogrom antirussi, antiebraici, anticomunisti, ecc. e la guerra civile che ne è seguita in Ucraina (e potrei dimenticare qualcosa); mentre la Russia molto lodevolmente difende i popoli del Donetsk e di Lugansk, così come quelli siriani (e magari avesse fatto lo stesso con quelli yugoslavi, iracheni e libici! Ma purtroppo per loro e per noi, che siamo giustissimamente e sacrosantissimamamente "invasi" -per dirlo scorrettamente e falsamente "alla Salvini-Meloni" dai loro profughi- non si trattava più della la Russia socialista e l' Unione Sovietica!).
(Carri armati ed aerei da guerra servono anche per difendersi (per fortuna), oltre ce per attaccare).
Questo per dare a Putin, quotidianamente demonizzato (anzi: "hitlerizzato") dai propagandisti di quegli autentici "nazisti in senso lato" (che vengono invece quotidianamente "santificati") che rispondono ai nomi di Obama, Sarkozy, Hollande, Renzi, Cameron e compagnia -si fa per dire!- bella, quel che é di Putin (il quale, purtroppo, non é certo Stalin e nemmeno Breznev).

Nella tua cronologia sulla Russia hai dimenticato un piccolo particolare.
Che nel 1918, dopo la sconfitta "intrinseca" della rivoluzione in quel paese, la Russia Sovietica le concesse l' indipendenza, rispettando il principio leninista e stalinista dell' autodeterminazione dei popoli (non dubito che opporrai una interpretazione opposta per la quale i finlandesi si sarebbero liberati con la guerra; che però è comunemente nota in Finlandia come "guerra civile" -fra rivoluzionari finlandesi e controrivoluzionari finlandesi- vinta da questi ultimi).
Non ripeto che quanto affermi del 1939 è una colossale balla (salvo la guerra contro la Finlandia –ancora!- che mi è difficile da valutare –forse fu un errore di Stalin; non sono sicuro- in quella temperie durissima e pericolosissima conseguente al cordialissimo accordo di Monaco fra "democrazie occidentali" e Hitler, con gentile regalo a questo da parte di quelle della Cecoslovacchia, e ai successivi ostinati rifiuti da parte di Francia Gran Bretagna e Polonia degli insistenti sforzi sovietici di giungere a un' alleanza antinazista).
Dimentichi inoltre che il il primo caso di limitazione della sovranità post-Yalta fu sanguinosissimamente perpetrato (ben prima del '56 e del '68!) contro la Grecia, liberatasi dal nazismo e avviata verso il socialismo senza alcun intervento sovietico, da Gran Bretagna e poi USA; e in una situazione nella quale il nemico ricorre a certi metodi abbietti per sconfiggerci non è ammissibile rifiutare moralisticamente di usare gli stessi metodi per difendersi.

(A proposito della NEP) Certo, Stalin, che per fortuna non era certo un ottuso dogmatico, non si limitò a continuare acriticamente le politiche di Lenin in un situazione in costante mutamento.

Non sto nemmeno a ribadire il totale dissenso circa la valutazione della "natura sociale" dell' URSS; e nego decisamente che -fra continue aggressioni militari sanguinosissime (compresa la pesantissima corsa gli armamenti del dopoguerra, malgrado le continue proposte di disarmo da essa avanzate alla controparte occidentale) economiche, propagandistiche- sia intrinsecamente "crollata": è invece stata sconfitta, con conseguenze pesantissime e drammatiche estese a tutto il mondo!) in una forsennata, violentissima lotta di classe nella quale sono stati usati, soprattutto da parte capitalistica-imperialistica, tutti i mezzi disponibili (bombe atomiche comprese, sia pure "a danno di terzi" soltanto perché non fu possibile fare di peggio e incenerire l' URSS stessa e come "effetto collaterale" sterminare con le radiazioni gran parte degli europei: questo era il nemico contro cui ha combattuto l' URSS e che la sconfisse; e per questo qualche eccesso ed errore veniale personalmente sono ben disposto a perdonargielo).

Non dubito che come hai già fatto altre volte, affermerai tesi completamente contrarie, anche in modo perentorio e pretendendo che siano incontrovertibili e storicamente provate.
Ma non ritengo sia il caso di imbarcarmi in una defatigante discussione a colpi di citazioni di documenti (ce ne sarebbero in abbondanza da considerare, sia pro che contro le tesi di ciascuno di noi) perché non sono uno storico di professione e non ho il tempo materiale (oltre ad avere solo limitate competenze meramente "amatoriali" in fatto di storia recente) per farlo.

Dunque preannuncio che non ti risponderò ulteriormente in questa discussione.

Mi limito a proclamare solennemente che in questo caso:

CHI TACE NON ACCONSENTE ! ! !

maral

#37
Citazione di: Eutidemo il 22 Marzo 2017, 07:03:01 AM
Citazione di: maral il 21 Marzo 2017, 21:47:32 PM
I problemi sono molteplici. Distinguerei comunque il populismo dalla demagogia: nel primo caso il potere fa riferimento al popolo, nel secondo finisce dal popolo nelle mani di chi sa sedurlo facendo del popolo il mezzo del suo potere, il demagogo appunto.
Secondo me occorre distinguere tra:
- democrazia "popolare", nella quale il potere fa riferimento al popolo, che elegge i suoi rappresentanti politici "sine ira ac studio";
-democrazia "populista", nella quale il potere fa riferimento, sì, al popolo, ma solo in quanto sedotto e trascinato emotivamente dalle utopiche promesse dell'istrionico demagogo di turno.
;)
Mi chiedo allora se non trovi alcuna differenza tra "populismo" e "demagogia" e quindi li consideri sinonimi perfetti ed entrambi connotati dalla medesima negatività.
Al di là comunque delle questioni di definizione facilmente superabili penso che ci siamo intesi, resta a mio avviso il fatto che (seguendo la terminologia che suggerisci) trovo inevitabile che ogni democrazia popolare presenti il seme della degenerazione populista, che è anche il seme che, determinandone la crisi, la trasforma. Se c'è una via per ridurre gli effetti tragici della fase trasformativa dirompente questa non può essere altro che una assunzione delle istanze populistiche che ne fanno da premessa, comprendendo la ragione profonda che ci sta sotto. La democrazia è sempre in uno stato di equilibrio instabile, le sue leggi non presentano in se stesse la loro legittimità, essa va sempre recuperata dai rapporti che si instaurano modificandosi tra i gruppi sociali e gli individui, è come rimanere in equilibrio su un filo mentre il filo balla.

Citazione di: sgiombo il 22 Marzo 2017, 10:03:45 AM
Demagoghi come Berlusconi o Trump (ma anche Renzi ...) sono in ultima analisi poco più che burattini nelle mani dei veri potenti (dell' "oligarchia dominante reale" cui comunque appartengono e di cui, con maggiore o minore autonomia a seconda dei casi, comunque sostanzialmente curano gli interessi a danno del popolo).  
A mio avviso il demagogo di turno, anche se appartiene alla "oligarchia dominante", ne rappresenta come una scheggia impazzita la cui utilità per quell'oligarchia dominante è quella di un mezzo del tutto contingente in una situazione che presenta rischi. Il demagogo dura finché il rischio dura e in questa situazione il popolo lo adora come suo unico salvatore e i "poteri forti" lo tollerano, perché è un mezzo che torna a loro utile. Ma sia il popolo che i poteri forti si disferanno di lui appena l'emergenza cesserà, dunque per il demagogo è indispensabile che l'emergenza duri quanto più possibile, letteralmente ne va della sua pelle.
Il problema del controllo privato dei mezzi di produzione può certamente venire risolto, soprattutto quando non appare più giustificabile, ma con cosa lo si sostituisce? Non certo con il popolo che non ha competenza e men che meno voglia di esercitare quel controllo. Il problema sta tutto qui e le rivoluzioni, nessuna esclusa, lo ha mai risolto se non finendo con il creare nuove oligarchie la cui capacità sta appunto nell'imporre l'evidenza di uno stato di emergenza quanto più durevole possibile. mentre "il popolo" diventa solo termine per la propaganda e mezzo da sacrificare nel suo stesso nome.
E' vero che la rivoluzione bolscevica era minacciata, avrebbe forse potuto non esserlo? E' vero che l'ideale Trotskista di una grande riscossa mondiale del proletariato che si sperava potesse partire dall'Italia e dalla Germania, fallì (e ci sarebbe da chiedersi come mai, come mai proprio dove più si sperava furono le destre populiste a prendere il potere ottenendolo con il pieno consenso popolare, non contro di esso) costringendo al ripiegamento rivoluzionario all'interno della grande patria russa isolata e con ciò contribuendo alla affermazione di potere assoluto di quel burocrate che era Stalin (burocrate fin dall'inizio della sua carriera politica, burocrate per perversa intima vocazione, con tutta la feroce volontà di potere che questa vocazione inspira: il potere della struttura che ingabbia verso l'interno). Il punto però è che a fronte di quello che l'esterno ha determinato sulla storia dell'URSS, la situazione esterna che rientra perfettamente nella dialettica delle cose non è utile a capire le cause profonde del fallimento. Il problema sta proprio nel non essere riusciti a risolvere il discorso concreto della gestione dei mezzi una volta che essi li si si era assunti come del popolo, il problema è stato nello scambiare il mezzo con il fine, facendo della struttura elitaria del partito (e poi in direzione ancora più elitaria e monocratica, del  capo di quella struttura) il fine portante di una pseudo rivoluzione permanente che si rivelava solo propaganda e menzogna. Fu colpa dei perfidi capitalisti (certamente perfidi)? Non credo che le cose siano così semplici, perché allora ci si potrebbe solo rimproverare di non essere stati abbastanza perfidi, nonostante tutte le perfidie commesse. Le ragioni di quel fallimento sono più profonde, stanno all'origine stessa di quella rivoluzione e del gruppo che se ne assunse la gestione.

Eutidemo

Caro Sgiombo :)
***
Fino a prova contraria (e come volevasi dimostrare) 6.120.809 > 6.704.454  (se la matematica non è un' opinione) danno un numero di voti guadagnati dal PC pari a 584.000, mentre 10.862.073 > 12.520.207  danno un numero di voti guadagnati dalla DC pari a 1.658.134, CIOE', TRA PCI E DC, TRA IL 1953 al 1958, LA DC EBBE UN INCREMENTO DI VOTI TRIPLO RISPETTO AL PCI!
Peraltro, la popolazione italiana, nel periodo esaminato, aveva avuto il seguente incremento:
1953: 47.792.434
1958: 49.310.541
Per cui, sempre se la matematica non è un'opinione, il recupero di voti persi dal PCI, non coprì affatto l'aumento della popolazione votante, ma, in senso relativo, configurò una perdita netta di consensi!
Peraltro, non ha alcuna rilevanza accertare se i voti guadagnati dalla DC dopo i fatti del '56 provenissero o meno dal PCI (io credo che ciò accadde solo in minima parte); bensì occorre prendere atto che, nel 1958, sia per perdita di vecchi elettori, sia per carente acquisizione dei due nuovi milioni di nuovi elettori, il PCI subì una brusca frenata d'arresto... che tutti gli osservatori dell'epoca (anche di sinistra) attribuirono all'occupazione "manu militari" dell'Ungheria.
***
Quanto al "preteso imperialismo dell' URSS", vedo che tu non hai ben compreso il mio assunto, in quanto io ho trattato del ben  "documentato imperialismo della Russia" negli ultimi secoli, e non, in particolare, di quello della fase URSS.
E, per la terza volta, avevo testualmente detto che, almeno secondo me: "... il comunismo c'entra ben poco, con tale fenomeno (l'imperialismo russo) perchè il comunismo non è aggressivo per sua "natura"".
***
Quanto all' imperialismo della Russia attuale è molto ma molto più "pericoloso" di quello dei Paesi Occidentali, il quale, sia pure aspramente deprecabile anch'esso, non è però rivolto alla conquista e all'"annessione" degli stati limitrofi.
Putin, come tutti i precedenti "zar" russi, è palesemente un AUTOCRATE, anche se, per fortuna non é certo Stalin e nemmeno Breznev; come è documentato, peraltro, a me sembra che carri armati ed aerei da guerra li ha usati NON per difendersi,  MA per attaccare.
Basta vedere una cartina geopolitica, per constatare che i "panzer" russi, ultimamente, hanno manovrato FUORI dai confini nazionali, e che nessun carro armato altrui è mai venuto a "sfrocoliare" la Russia.
Io non santifico  Obama, Sarkozy, Hollande, Renzi (meno di tutti), Cameron e compagnia, ma questo non mi impedisce di individuare in Putin un pericoloso bastardo (oltre che assassino dei suoi oppositori interni).
***
Quanto al fatto che, nel 1918 la Russia Sovietica  concesse alla Finlandia l' indipendenza, rispettando il principio leninista (non stalinista) dell' autodeterminazione dei popoli, non io, bensì è la storia stessa a raccontare che i Finlandesi si siano liberati con la guerra; la quale, appunto, fu una "guerra civile" sisällissota), condotta nel 17/18  tra bolscevichi e non bolscevichi.
Fu invece una "guerra" vera e propria, quella che combatterono nel 1939 per difendersi dalla invasione sovietica...che, evidentemente, non gradivano molto.
***
Quanto alla "guerra civile greca", si tratta di una guerra dimenticata, ma molto atroce.
Ed infatti, tra le altre atrocità, da entrambe le parti in lotta vennero deportati decine di migliaia di bambini, figli dei rispettivi avversari politici:
- circa 30.000 bambini vennero infatti deportati dalle forze comuniste del DSE in "campi di rieducazione socialista" situati nei vicini paesi dell'est del blocco sovietico;
- circa 25.000 bambini vennero forzatamente trasferiti dai monarchici nel sud del paese in 30 villaggi (chiamati "Città dei bambini") sotto il diretto controllo della regina Federica di Hannover e gestiti da organizzazioni religiose.
In questo caso, lo riconosco , obiettivamente LA CAROGNAGGINE FU ALLA PARI; che consolazione!
***
Sorvolo il mio giudizio su Stalin e la NEP, perchè, per quanto io possa cercare di attenuare i toni, temo che sarebbero un po' troppo forti per la tua sensibilità al riguardo. ;)
***
Quanto all'URSS, pensare che essa sia crollata per la "propaganda esterna", è semplicemente ridicolo, in quanto:
- la "propaganda esterna", in Russia, era proibita e punita con la morte (o la Siberia), mentre invece era attivissima la "propaganda interna"...la quale, però, alla fine, non ce la fece più a convincere i poveri russi di vivere "nel migliore dei mondi possibile";
- la "propaganda esterna", della Russia in Occidente,non era affatto proibita, e, per molti anni, molti abboccarono...ma nessuno (a parte mio zio) fu tanto fesso da trasferirsi oltre cortina.
***
Quanto alla "natura sociale" dell' URSS, con riguardo al concetto di "società civile", questa era pressochè inesistente, in quanto era proibito qualsiasi diritto di libertà di pensiero e di espressione, nonchè la libertà di associazione (non che adesso stiano molto meglio...solo un pochino).
Puoi negarlo fichè vuoi...ma la realtà era questa!
***
Quanto alle continue reciproche aggressioni militari sanguinosissime (compresa la pesantissima corsa gli armamenti del dopoguerra) su questo sono d'accordo.
Non c'è dubbio che anche da parte capitalistica-imperialistica, furono usati tutti i mezzi disponibili...e viceversa: alla pari (quasi).
Però in una cosa i capitalisti USA agirono decisamente in modo più nefando dell'URSS; e mi pare strano che tu non abbia rilevato la cosa.
Ed infatti, l'URSS può aver magari fomentato rivoluzioni comuniste in altri Paesi, ma, almeno a quanto mi risulta, non si è mai immischiata direttamente in veri e propri "GOLPE" (che sono una cosa ben diversa), come, invece, fecero spesso gli USA.
Tutto cominciò in Guatemala, quando la CIA, con un piccolo gruppo di delinquenti ed ex carcerati, rovesciò nel 1954 il governo democraticamente eletto presieduto da Jacobo Arbenz Guzmán, dopo che il governo aveva espropriato della terra incolta a grandi possedimenti fondiari dell'élite economica, per redistribuirla alle masse più povere ai quali la terra era stata tolta nei secoli precedenti.
Poi ci fu il Cile, il Nicaragua e via dicendo!
Non ti tedio!
***
Come vedi, non affermo affatto soltanto tesi contrarie alle tue, ma, anzi, ti soccorro persino con argomenti ai quali tu non avevi pensato...quando li trovo validi!
Ad ogni modo non pretendo affatto che i miei assunti siano incontrovertibili e storicamente provati, se non quando la cosa risulta positivamente dimostrata; sebbene, ovviamente, si possano dare diverse interpretazioni degli stessi fatti (ma MAI negarli).
Quanto al tuo motto conclusivo, rammento che, nel 2002, un Pietroburghese (a Mosca) mi disse che il loro motto, sotto il comunismo, era identico al tuo :"ТАХЭ КТО НЕ СОГЛАСЕН! ! !" (CHI TACE NON ACCONSENTE ! ! !) ;D  ;D  ;D

Eutidemo

Citazione di: maral il 23 Marzo 2017, 11:38:36 AM
Citazione di: Eutidemo il 22 Marzo 2017, 07:03:01 AM
Citazione di: maral il 21 Marzo 2017, 21:47:32 PM
I problemi sono molteplici. Distinguerei comunque il populismo dalla demagogia: nel primo caso il potere fa riferimento al popolo, nel secondo finisce dal popolo nelle mani di chi sa sedurlo facendo del popolo il mezzo del suo potere, il demagogo appunto.
Secondo me occorre distinguere tra:
- democrazia "popolare", nella quale il potere fa riferimento al popolo, che elegge i suoi rappresentanti politici "sine ira ac studio";
-democrazia "populista", nella quale il potere fa riferimento, sì, al popolo, ma solo in quanto sedotto e trascinato emotivamente dalle utopiche promesse dell'istrionico demagogo di turno.
;)
Mi chiedo allora se non trovi alcuna differenza tra "populismo" e "demagogia" e quindi li consideri sinonimi perfetti ed entrambi connotati dalla medesima negatività.
Al di là comunque delle questioni di definizione facilmente superabili penso che ci siamo intesi, resta a mio avviso il fatto che (seguendo la terminologia che suggerisci) trovo inevitabile che ogni democrazia popolare presenti il seme della degenerazione populista, che è anche il seme che, determinandone la crisi, la trasforma. Se c'è una via per ridurre gli effetti tragici della fase trasformativa dirompente questa non può essere altro che una assunzione delle istanze populistiche che ne fanno da premessa, comprendendo la ragione profonda che ci sta sotto. La democrazia è sempre in uno stato di equilibrio instabile, le sue leggi non presentano in se stesse la loro legittimità, essa va sempre recuperata dai rapporti che si instaurano modificandosi tra i gruppi sociali e gli individui, è come rimanere in equilibrio su un filo mentre il filo balla.
Sono d'accordo: l'unica via per ridurre gli effetti tragici della fase trasformativa dirompente di una ribellione delle coscienze, è comprendere la ragione profonda che la sottende ;)

sgiombo

#40
Citazione di: maral il 23 Marzo 2017, 11:38:36 AM
CitazioneSgiombo:

Per cominciare dalla conclusione, dissento dalla tua impostazione del problema, che ritengo "utopistica" e non realistica.


Secondo me se si vuole superare l' orrendo e vieppiù ingravescente stato di cose presenti e far progredire l' umanità (ma anche solo salvarla dall' estinzione "prematura e di sua propria mano") non si può pretendere un' impossibile perfezione e ignorare gli enormi sacrifici, le durissime lotte, di fatto anche gli inevitabili (in larga misura) errori e perfino crimini che sono inevitabili all' uopo.
Se non si è disposti a soffrire terribilmente né -moralisticamente!- a "sporcarsi le mani" si possono fare solo "virtuose geremiadi da zitella inacidita che deplora l' intemperanza e la lussuria delle donne sposate o, per ben che vada, seminare illusioni di fatto utili alla conservazione dello stato di cose presenti stesso.
Se non si é disposti a sottoporsi a pesanti operazioni chirurgiche e dolorose chemioterapie non si può sperare di guarire da un tumore maligno!


So bene che tu, Eutidemo e forse anche tutti gli altri ottimi frequentatori di questo forum non sarete d' accordo, ma non posso autocensurarmi per aderire a convinzioni che non condivido per niente (per questo sono sempre stato molto restio a discutervi di questioni che hanno evidenti implicazioni politiche attuali, anche se poi il mio temperamento polemico e/o il debito di gratitudine che sento verso personalità che vi vengono ingiustamente denigrate mi fanno spesso brutti scherzi...).





Citazione di: sgiombo il 22 Marzo 2017, 10:03:45 AMMARAL:
Il problema del controllo privato dei mezzi di produzione può certamente venire risolto, soprattutto quando non appare più giustificabile, ma con cosa lo si sostituisce? Non certo con il popolo che non ha competenza e men che meno voglia di esercitare quel controllo. Il problema sta tutto qui e le rivoluzioni, nessuna esclusa, lo ha mai risolto se non finendo con il creare nuove oligarchie la cui capacità sta appunto nell'imporre l'evidenza di uno stato di emergenza quanto più durevole possibile. mentre "il popolo" diventa solo termine per la propaganda e mezzo da sacrificare nel suo stesso nome.

CitazioneSgiombo:

Per l' appunto!

Sono  infatti convinto che o si accettano realisticamente inevitabili compromessi e limitazioni "tattiche" degli obiettivi rivoluzionari, oppure, di fronte ai forsennati, violentissimi attacchi della reazione (prevedibilissimi, certo! E con ciò? Non è che il fatto che siano largamente previsti consenta di abbassare la guardia e di non ricorrere -eticamente, non moralisticamente!- a tutti i mezzi di difesa necessari!), si soccombe!




MARAL:
E' vero che la rivoluzione bolscevica era minacciata, avrebbe forse potuto non esserlo? E' vero che l'ideale Trotskista di una grande riscossa mondiale del proletariato che si sperava potesse partire dall'Italia e dalla Germania, fallì (e ci sarebbe da chiedersi come mai, come mai proprio dove più si sperava furono le destre populiste a prendere il potere ottenendolo con il pieno consenso popolare, non contro di esso) costringendo al ripiegamento rivoluzionario all'interno della grande patria russa isolata e con ciò contribuendo alla affermazione di potere assoluto di quel burocrate che era Stalin (burocrate fin dall'inizio della sua carriera politica, burocrate per perversa intima vocazione, con tutta la feroce volontà di potere che questa vocazione inspira: il potere della struttura che ingabbia verso l'interno).
CitazioneSgiombo:
Idem per quanto riguarda la questione utopismo - realismo.

Dissento completamente dalla pretesa che il fascismo sarebbe arrivato al potere in Italia "con il pieno consenso popolare"!
Vi giunse dopo un biennio di forsennate, sanguinose aggressioni terroristiche, coperte dalle "forze dell' ordine" dello Stato, alle Case del popolo, alle sedi Comuniste, Socialiste, della CGL, anche a gruppi ed esponenti cattolici democratici (il mio concittadino e lontano parente Guido Miglioli detto il "bolscevico bianco", don Minzoni, ecc). e liberali (Gobetti, Amendola, anche se uccisi successivamente alla "marcia su Roma") e dopo le violenze e i brogli elettorali coraggiosamente denunciati da Matteotti e che gli costarono la vita.



MARAL:
Il punto però è che a fronte di quello che l'esterno ha determinato sulla storia dell'URSS, la situazione esterna che rientra perfettamente nella dialettica delle cose non è utile a capire le cause profonde del fallimento. Il problema sta proprio nel non essere riusciti a risolvere il discorso concreto della gestione dei mezzi una volta che essi li si si era assunti come del popolo, il problema è stato nello scambiare il mezzo con il fine, facendo della struttura elitaria del partito (e poi in direzione ancora più elitaria e monocratica, del  capo di quella struttura) il fine portante di una pseudo rivoluzione permanente che si rivelava solo propaganda e menzogna. Fu colpa dei perfidi capitalisti (certamente perfidi)? Non credo che le cose siano così semplici, perché allora ci si potrebbe solo rimproverare di non essere stati abbastanza perfidi, nonostante tutte le perfidie commesse. Le ragioni di quel fallimento sono più profonde, stanno all'origine stessa di quella rivoluzione e del gruppo che se ne assunse la gestione.
CitazioneSgiombo:
"Fallimentare" mi sembra casomai il capitalismo reale che vi é succeduto dopo le "sconfitte dell' '89 e dintorni" (miseria, fame, criminalità, guerre civili, pulizie etniche, ecc.): non é realistico pretendere di paragonare le Mosca, Sofia o Budapest del "socialismo reale" a Londra, Parigi o Los Angeles ma casomai a Nuova Dehli, Kinshasa o Medellin, o meglio ancora alle Mosca, Sofia o Budapest di oggi: e il paragone -questo, corretto-  mi sembra francamente più che lusinghiero per il "S. R."!

Eutidemo

Caro Sgiombo,
e invece, questa volta, sono d'accordo (quasi) su TUTTO quello che hai scritto. ;)  ;)  ;)
Ed infatti anche io  ritengo che la "giusta misura" sia praticabile (lo avevo già scritto); ed infatti, sono alquanto contrario alla moderna "spasmodica" moda delle "privatizzazioni", mentre ritengo molto più opportuno che alcuni servizi e produzioni essenziali, vengano "nazionalizzati".
Mi rendo conto che, qui in Italia, c'è molto poco da fidarsi delle "gestioni statalizzate", ma c'è ancora meno da fidarsi -secondo me- delle cosiddette "gestioni privatizzate"; però  questo è un problema culturale, non economico.
Per cui sono d'accordo con te che un po' più di (seria) "mano pubblica", non solo in linea teorica ma anche pratica, potrebbe, meglio di ora, sia pure molto imperfettamente, conciliare libertà, fraternità e uguaglianza; ma penso anche io che ciò implichi necessariamente, come "conditio sine qua non" lotte dure, tenaci e grandissimi sacrifici.
Peraltro, circa la storia del '900 e in particolare del "socialismo reale", anche io dissento profondissimamente da Orwell (o meglio, dalla "distopia" che lui prospetta, per deprecarla); nonchè dissento da ogni altro atteggiamento utopistico, il quale sarebbe inesorabilmente destinato a scontrarsi con le inevitabili dure repliche della storia e a cadere nella delusione e nell' impotenza di fronte allo stato di cose presenti.
Sottoscrivo le tue parole una per una!
A differenza di te, però, penso che sia possibilissimo peggiorare; come si suol dire "il peggio non è mai morto".
Bisogna solo stare un po' attenti, e ragionare con la "testa", e non con la "pancia".
Mai salti nel buio!
Sono anche abbastanza d'accordo sul fatto che, nel '900 le cose stessero (un po') meglio di adesso, almeno sotto certi aspetti; e ciò, come giustamente osservi, in buona parte proprio per gli inevitabili condizionamenti reciproci fra capitalismo reale e socialismo reale.
Ed infatti, più o meno come dici tu:
- il primo stimolava il secondo imponendogli , per poter sopravvivere e cercare di svilupparsi, sforzi produttivi "quantitativi" (ed anche "qualitativi") a cui non era "oggettivamente predisposto", nonchè allargamenti delle libertà democratiche, che, però, ne minavano il meccanismo;
- il secondo influenzava il primo imponendogli, per poter sopravvivere, la realizzazione dello stato sociale e una redistribuzione dei redditi relativamente ugualitaria che fra l' altro ne impediva l' intrinseca tendenza alla concentrazione della ricchezza, al sottoconsumo e alla "crisi economica". 
Per un po', la cosa -zoppicando- ha funzionato; ma poi, la troppo forte superiorità "tecnologica", economica e finanziaria dell'Occidente, invece di fungere da positivo stimolo per l'Oriente (come era stato nella "gara spaziale"), ha finito per "pressarlo" oltre le sue oggettive capacità produttive (specie con l'"escalation militare"), facendolo schiantare e portandolo al collasso!
Forse anche un po' "dolosamente", a dirla tutta!
Peraltro, per deleteria reazione, come scrivi tu, non appena é venuto meno il condizionamento del socialismo reale,  tutte le dinamiche intrinseche, oggettivamente proprie del capitalismo reale, si sono sviluppate senza nè freni nè remore, portandoci alla penosissima e ingravescente situazione attuale; ma tutto questo, se ben ricordi, lo avevo scritto pure io.
Peraltro penso che bisognerebbe:
- non solo e non tanto operare in termini di riduzionequantitativa di produzioni e consumi materiali in un modo dotato di limitate risorse naturali;
- ma, soprattutto, "ridirezionare" in modo più intelligente  le produzioni.
Per fare un solo esempio, dedicare le colture cerealicole soprattutto alla produzione di animali da allevamento, per saziare la fame di carne delle popolazioni ricche della terra, dirottandole dalla alimentazione prevalentemente cerealicola delle popolazioni più povere, è un CRIMINE.
E, nello stesso tempo, è un ERRORE, perchè alla fine si creerà un corto circuito alimentare, foriero di migrazioni, guerre e pestilenze!
Io non sono vegetariano, ma, oggettivamente, chi mangia animali consuma le risorse della Terra quattro volte più di chi non lo fa.
E, come te, anche io temo che non sia detto che l' umanità si dimostri effettivamente in grado di affrontare questi indispensabili sacrifici e che non finisca invece per autodistruggersi.
Non è questione di "pessimismo", secondo me; bensì solo di lucido "realismo".
Che Dio ci aiuti...perchè da soli non so se mai ci riusciremo! ::)

acquario69

CitazioneQuanto all' imperialismo della Russia attuale è molto ma molto più "pericoloso" di quello dei Paesi Occidentali, il quale, sia pure aspramente deprecabile anch'esso, non è però rivolto alla conquista e all'"annessione" degli stati limitrofi.

Secondo me sul presunto imperialismo della Russia attuale e' solo propaganda dei mass media occidentali per ribaltare biecamente le cose

E sul fatto che i paesi occidentali non hanno conquistato o "annesso" stati limitrofi e' un altrettanto colossale balla.
Sono secoli che l'occidente sia stato ed e' davvero l'unico aggressore  a volersi annettere il resto del mondo...e se prima lo faceva "fisicamente" oggi la colonizzazione riguarda (appunto) le coscienze

maral

#43
Citazione di: sgiombo il 23 Marzo 2017, 13:22:47 PM
Per cominciare dalla conclusione, dissento dalla tua impostazione del problema, che ritengo "utopistica" e non realistica.

Secondo me se si vuole superare l' orrendo e vieppiù ingravescente stato di cose presenti e far progredire l' umanità (ma anche solo salvarla dall' estinzione "prematura e di sua propria mano") non si può pretendere un' impossibile perfezione e ignorare gli enormi sacrifici, le durissime lotte, di fatto anche gli inevitabili (in larga misura) errori e perfino crimini che sono inevitabili all' uopo.
Se non si è disposti a soffrire terribilmente né -moralisticamente!- a "sporcarsi le mani" si possono fare solo "virtuose geremiadi da zitella inacidita che deplora l' intemperanza e la lussuria delle donne sposate o, per ben che vada, seminare illusioni di fatto utili alla conservazione dello stato di cose presenti stesso.
Se non si é disposti a sottoporsi a pesanti operazioni chirurgiche e dolorose chemioterapie non si può sperare di guarire da un tumore maligno!


So bene che tu, Eutidemo e forse anche tutti gli altri ottimi frequentatori di questo forum non sarete d' accordo, ma non posso autocensurarmi per aderire a convinzioni che non condivido per niente (per questo sono sempre stato molto restio a discutervi di questioni che hanno evidenti implicazioni politiche attuali, anche se poi il mio temperamento polemico e/o il debito di gratitudine che sento verso personalità che vi vengono ingiustamente denigrate mi fanno spesso brutti scherzi...).
Non si tratta di "virtuose geremiadi da zitella inacidita", ma del fatto che il comunismo made in URSS ha fallito miserabilmente e questo è un dato storico. Finché si continuerà a dare la colpa di questo fallimento alla malvagità delle potenze capitalistiche o a presunti tradimenti vari, come ai tempi delle purghe staliniane, non si capiranno mai le ragioni di questo enorme e tanto tragico fallimento. E la prima ragione sta a mio avviso, oltre che nelle obiettive enormi difficoltà che la Russia dovette affrontare nei tempi immediatamente seguenti alla rivoluzione di Ottobre, nell'aspetto degenerativo e assolutamente verticistico che nel giro di pochi anni assunse la struttura partito soppiantando i soviet, tale da tradire completamente ogni spinta ideale umanistica originaria. Il germe peraltro era già presente all'interno del movimento bolscevico anche prima della rivoluzione, da sempre estremamente elitario e tendenzialmente nichilista per quanto riguarda il rapporto tra fine e mezzi.  
In questo contesto la struttura burocratica di governo assunse un ruolo del tutto preponderante che soffocò ogni crescita evolutiva alla radice, in nome dell'appropriazione e della gestione assoluta di un potere del tutto autoreferenziale prima alla struttura, poi al capo struttura.
Le temporanee limitazioni tattiche non furono in realtà né temporanee né tattiche, divennero invece fondamentalmente strategiche con Stalin, il quale non rifiutò di allearsi con Hitler pur di spartirsi la Polonia e proseguì la sua politica imperialista dopo la seconda guerra mondiale nei confronti dei paesi europei centro orientali, ove favorì la scalata non certo democratica al potere dei partiti comunisti spesso minoritari per riprodurre con il massimo cinismo in quelle nazioni la medesima tragica struttura burocratica vigente in URSS. Il problema è che in nome di un preteso realismo non si può giustificare ogni nefandezza e occorre mantenere sempre i mezzi che si usano degni dei fini che si predicano, perché sono proprio i mezzi e le prassi a costituire il primo metro di giudizio morale, non le utopie. Di fatto il comunismo immaginato da Marx in URSS non fu mai nemmeno lontanamente raggiunto e nemmeno minimamente tentato, in nome di uno stato di difesa permanente della rivoluzione prolungato a forza ben oltre i necessari limiti a vantaggio esclusivo del gruppo di potere e cessato solo per l'implosione tecnico economica che venne a determinare.

CitazioneDissento completamente dalla pretesa che il fascismo sarebbe arrivato al potere in Italia "con il pieno consenso popolare"!
Vi giunse dopo un biennio di forsennate, sanguinose aggressioni terroristiche, coperte dalle "forze dell' ordine" dello Stato, alle Case del popolo, alle sedi Comuniste, Socialiste, della CGL, anche a gruppi ed esponenti cattolici democratici (il mio concittadino e lontano parente Guido Miglioli detto il "bolscevico bianco", don Minzoni, ecc). e liberali (Gobetti, Amendola, anche se uccisi successivamente alla "marcia su Roma") e dopo le violenze e i brogli elettorali coraggiosamente denunciati da Matteotti e che gli costarono la vita.
Resta il fatto che la presa del potere nel 1924, anche se vi furono brogli e violenze squadristo, non fu certo quella di un gruppo minoritario. Fino al 43 la stragrande maggioranza del popolo italiano fu fascista in modo quasi plebiscitario e il mondo della cultura lo stesso (basti pensare alla nefandezza delle leggi razziali approvate quasi all'unanimità dal corpo dei docenti universitari). Di fatto fino al 43 non vi fu opposizione. Certamente comunque ebbe notevole influenza anche il carattere servile e sempre pronto ad adeguarsi al potere di gran parte del popolo italiano. In Germania comunque Hitler conquistò il potere democraticamente e fu anche peggio e la Germania era stato il primo paese in cui si era sperato di veder scoppiare una rivoluzione socialista, dopotutto era la patria di Marx ed Engels e c'era un esteso proletariato operaio, elevata cultura sociale e una situazione economica dirompente, sembrava la situazione ideale per una rivoluzione socialista, ma furono invece i nazionalsocialisti a imporsi.    

Citazione
"Fallimentare" mi sembra casomai il capitalismo reale che vi é succeduto dopo le "sconfitte dell' '89 e dintorni" (miseria, fame, criminalità, guerre civili, pulizie etniche, ecc.): non é realistico pretendere di paragonare le Mosca, Sofia o Budapest del "socialismo reale" a Londra, Parigi o Los Angeles ma casomai a Nuova Dehli, Kinshasa o Medellin, o meglio ancora alle Mosca, Sofia o Budapest di oggi: e il paragone -questo, corretto-  mi sembra francamente più che lusinghiero per il "S. R."!
Che il capitalismo non funzioni è ormai sempre più evidente. In Russia poi il paese è nelle mani di un satrapo, ex agente del KGB, che prosegue sulla stessa linea staliniana di gestione del potere, con la variazione di essere passati dalla oligarchia dei boiardi di stato a quella economico mafiosa degli amici del satrapo. Il crollo del comunismo in quei paesi è stato per certi versi ancora più dirompente del crollo del potere zarista nel 17.
Se comunque c'è stato un aspetto positivo nell'URSS è stato quello di aver costituito il necessario polo alternativo all'imperialismo americano e un limite al dilagare della nefanda visione global capitalistica del mondo che seguì al 1989. Comunismo russo e capitalismo occidentale hanno potuto in qualche modo funzionare positivamente finché si sono trovati accoppiati, contrastandosi reciprocamente.

Eutidemo

Citazione di: acquario69 il 23 Marzo 2017, 23:16:51 PM
CitazioneQuanto all' imperialismo della Russia attuale è molto ma molto più "pericoloso" di quello dei Paesi Occidentali, il quale, sia pure aspramente deprecabile anch'esso, non è però rivolto alla conquista e all'"annessione" degli stati limitrofi.

Secondo me sul presunto imperialismo della Russia attuale e' solo propaganda dei mass media occidentali per ribaltare biecamente le cose

E sul fatto che i paesi occidentali non hanno conquistato o "annesso" stati limitrofi e' un altrettanto colossale balla.
Sono secoli che l'occidente sia stato ed e' davvero l'unico aggressore  a volersi annettere il resto del mondo...e se prima lo faceva "fisicamente" oggi la colonizzazione riguarda (appunto) le coscienze

Vallo a raccontare agli Ukraini e ai Georgiani...altro che propaganda! :)

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