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Anima, Spirito, Mente

Aperto da viator, 25 Dicembre 2017, 19:14:22 PM

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Angelo Cannata

Citazione di: Apeiron il 05 Gennaio 2018, 13:08:46 PMRiguardo ad @Angelo sono stato troppo precipitativo e me ne scuso. Ma la prossima volta cerca di esprimerti meglio. Sinceramente sentirsi dire una frase simile non è molto "bello".
Hai ragione, mi sono espresso in maniera alquanto aggressiva, a volte mi accade.

Angelo Cannata

Citazione di: Phil il 05 Gennaio 2018, 17:45:34 PMSpero che le mie domande di (auto)riflessione sul (meta)criterio della tua proposta spirituale, ti siano state minimamente utili

Immagino che ti riferisca a quanto hai detto qui:

Citazione di: Phil il 04 Gennaio 2018, 17:01:41 PM..."fare la propria parte", in pratica, non significa forse compiere scelte in base a delle supposte certezze (per quanto fluide e momentanee)?
Non si sceglie forse di usare il criterio che proponi grazie ad un (meta)criterio di scelta (con cui lo scegliamo)?

Si tratta di gestire i termini, perché il loro uso, anche se riveduto e corretto, ci condiziona comunque. Ho detto che nel pratico non mi faccio problema di usare termini come certezza, verità, realtà. Tuttavia tendo a farlo più che altro quando non trovo alternative. Quando ho la possibilità di riflettere con più comodo, cerco di essere attento ai termini di cui mi servo. In questo senso, quando possibile, preferisco evitare i termini metafisici, perché non mi favorirebbero certo la ricerca su come sia meglio far funzionare le relazioni. Ritengo quindi che l'uso del termine "certezza", anche quando si tratta di certezze solo provvisorie, sia controproducente.
Quando dico che le scelte vanno compiute raccogliendo la storia, non penso che sia utile considerare ciò un essere pervenuti a qualche certezza provvisoria per poterla sfruttare al fine di compiere delle scelte. Quando possibile, io di certezze non voglio averne neanche di provvisorie. Non mi sembra che quello delle certezze come base, anche più o meno provvisoria, sia uno schema imprescindibile. Può essere una prospettiva, un'ermeneutica, ma non mi sembra una prospettiva utile, produttiva, fruttuosa.
Ci sono tante alternative che trovo migliori. Per esempio "bilancio": faccio un bilancio di tutti i pro e i contro e scelgo di conseguenza. A che mi servirebbe chiamare certezza provvisoria il bilancio che mi porta alla scelta? Su cosa mi illuminerebbe? Non sono affatto certo, neanche provvisoriamente, del valore di quel bilancio. L'ho fatto, l'ho calcolato, provo ad adottarlo. Ecco un altro termine alternativo: "prova" e ancora più fruttuoso e significativo trovo che sia "tentativo". Non disdegnerei "costrizione", anche se è chiaramente forte come intenzione di denuncia contro la pesantezza della realtà. Ma usare "scelta" mi sembra ancora una tentazione cartesiana, la tentazione di pensare che in fondo in fondo..., in fin dei conti..., alla fin fine..., si abbia pur sempre vissuto di certezza. No, non ritengo affatto che sia indispensabile, né tanto meno spiritualmente utile, fruttuoso, ispirarsi al criterio della certezza, anche quando sia provvisoria. A che servirebbe, oltre che come sintomo di residui metafisici che continuano a condizionare le nostre menti?

green demetr

Citazione di: Angelo Cannata il 05 Gennaio 2018, 02:21:17 AM
In effetti non è la prima volta che noto qualche tuo tentativo di piegare il discorso verso le tematiche che interessano a te. Tematiche senz'altro importanti, giuste, interessanti, necessarie, ma non mi sembra che il modo migliore di farle fruttare sia farle entrare in qualsiasi discorso.

O meglio, io in realtà sono interessatissimo a mettere in connessione le tematiche più distanti, però la connessione dev'essere individuata, studiata, cercata, altrimenti ci si riduce o a un semplice accostare tematiche sconnesse, oppure a piegare qualsiasi discorso verso chi riesce a far prevalere i propri interessi tematici; ma in entrambi i casi non si scoprono collegamenti, mi pare che non ne venga fuori nulla di produttivo.

Peraltro, questa che a me sembra una forzatura potrebbe anche essere vista come un tuo totale disinteresse verso il tipo di discorso che si sta facendo, come se a te interessasse solo e soltanto la possibilità di piegare gli altri discorsi al tuo, senza neanche curarti di quale discorso si stava facendo.

Prova a mostrare i legami tra il discorso che stavamo facendo e ciò che tu hai introdotto: se ci riuscirai, avrai dimostrato davvero che ero io a non averli saputi vedere; da parte mia, come ho detto, io sono sempre curioso di espandere le mie capacità di mettere in collegamento le tematiche più distanti. Però dev'essere collegamento, non un semplice piegare forzato o accostare fianco a fianco.

Hai ragione, non mi interessa il discorso più di tanto, troppo generico.

Avevo provato a fare delle domande molto generiche, ma nessuno mi ha risposto.

Non sono interessato all'aspetto epistemologico come lo sono Phil, Davintro, Sgiombo.

Ovviamente per me il problema del soggetto non è una forzatura ma una componente centrale del discorso, concetti contenitore come Anima, Spirito e Mente, sono indissolubilmente legati ad esso, d'altronde io continuo a professarmi un metafisico, e quindi ho l'orizzonte di Dio "in mente", ma per poter piegare l'intera questione, collegandola come tu chiedi a quanto vado dicendo-forzando io, ossia esclusivamente sul soggetto, con l'intera annosa problematica fra idealismo e realismo, richiederebbe un immissione di sottotematiche, ingestibile per una breve chiaccherata (motivo per cui, lascio stare).

Quando dico che Cartesio è un realista ribaltando la questione che di solito viene posta, ossia che lui fosse un mentalista, intendo dire che egli intendeva il numero come verità che decide del mondo.

Ma lo decide sempre in maniera determinata. E se qualcosa è determinato, al di là dei giochini linguistici di chi crede che gli unicorni esistano ( Phil Sgiombo Cannata), vuol dire che allora (poichè non esistono) che è vero il contrario, e cioè che ogni fondamento crede nella sua determinazione oggettiva reale.

E su uno mi dice che il Mondo, l'Anima sono Mente, e che Dio e lo Spirito sono Falsità, allora io mi permetto di chiamarli cervelli nella vasca, monisti riduzionisti.

Che è poi ESATTAMENTE quello che siete. Al di là dei vostri giochini linguistici e delle vostre illusioni rivoluzionarie.

Phil perchè scusa l'infinito che fondamento ha? e lo Zero? etc...etc...
Vai avanti tu che mi vien da ridere

sgiombo

Citazione di: green demetr il 05 Gennaio 2018, 22:24:36 PM

al di là dei giochini linguistici di chi crede che gli unicorni esistano ( Phil Sgiombo Cannata),


CitazioneSe sbaglio sono pronto a d ammetterlo candidamente, ma credo proprio che sia riuscito nel per me inimmaginabile miracolo di metterci tutti e tre d' accordo che ci stai attribuendo un' opinione falsa (per diversissimi motivi l' uno dall' altro)!


E su uno mi dice che il Mondo, l'Anima sono Mente, e che Dio e lo Spirito sono Falsità, allora io mi permetto di chiamarli cervelli nella vasca, monisti riduzionisti.

Che è poi ESATTAMENTE quello che siete. Al di là dei vostri giochini linguistici e delle vostre illusioni rivoluzionarie.

Phil perchè scusa l'infinito che fondamento ha? e lo Zero? etc...etc...
CitazioneTi puoi ovviamente permettere di avere circa le mie convinzioni (e di quelle degli altri) qualsiasi opinione.
Ma allo stesso modo io mi posso permettere di avere l' opinione che ti stai sbagliando di grosso.

Infatti sono dualista circa i fenomeni e monista (neutro) circa il noumeno.
Riduzionista della vita alla materia non vivente, ma non della coscienza alla materia (vivente e dunque transitivamente non vivente), non affatto della mente al cervello o del pensiero alla materia.

E rivendico con fierezza la consapevolezza che non é dimostrabile che non si é cervelli nella vasca (come pure che non si é vittime di un cartesiano "genio maligno", che é poi la stessa cosa detta in altro modo, consono al XVII secolo anziché al XX, malgrado le illusioni in proposito dello stesso Cartesio).

Angelo Cannata

Citazione di: Sariputra il 05 Gennaio 2018, 13:33:29 PMPerchè, il pensiero 'orientale' non ha creato discriminazioni? E le caste indiane cosa sono? E il rigido confucianesimo? E le ideologie politiche varie ?   Non è necessario credere  a qualcosa di metafisico per discriminare, basta credere nelle proprie opinioni
La metafisica infatti è proprio questo: credere che le proprie opinioni siano la verità. Tu stesso sembri fare proprio questo, visto che parli della verità come di qualcosa di diverso dalla tua opinione:

Citazione di: Sariputra il 05 Gennaio 2018, 13:33:29 PMLa 'verità' non è violenza. Imporre il proprio  'Io' è la vera violenza...

Come sempre mi sembra tu continui a scambiare il pretesto con la causa. La volontà personale di imporsi e dominare l'altro è la causa, che si serve del pretesto delle 'verità' ( a cui di solito non crede nemmeno...).  La 'verità', poveretta, non c'entra una mazza...è già scappata da un pezzo dalla casa dei fantasmi...
Nel momento in cui distingui la tua opinione dalla verità, stai dicendo che esiste qualcosa che non è tua opinione. Ma come puoi parlare di qualcosa che non è tua opinione, visto che non hai alcuna possibilità di parlarne senza essere tu a parlarne, quindi senza poter fare a meno di far dipendere da te ciò che dici?
Ecco la violenza: presentare la propria opinione come se non fosse opinione, quindi come qualcosa che s'impone da sé, per il semplice fatto di essere vera.

Phil

Citazione di: green demetr il 05 Gennaio 2018, 22:24:36 PM
al di là dei giochini linguistici di chi crede che gli unicorni esistano ( Phil Sgiombo Cannata)
L'allusione all'unicorno mi risulta troppo criptica (forse si riferisce ad altri post che non ho letto?), potresti chiarirmela? Altrimenti non posso commentarla  :)

Citazione di: green demetr il 05 Gennaio 2018, 22:24:36 PM
Phil perchè scusa l'infinito che fondamento ha? e lo Zero? etc...etc...
Per me, l'infinito ha il suo fondamento teorico nella negazione logica del finito (è un concetto-limite che delimita il finito, risolvendo sofisticamente il compromettente e minaccioso "regresso all'infinito").
In matematica (per come la vedo da profano), lo zero è parimenti fondato dalla sua funzionalità: se i numeri sono "il pieno", c'è il bisogno logico del "vuoto" per chiudere il discorso.

Sariputra

#111
cit.A.Cannata:
La metafisica infatti è proprio questo: credere che le proprie opinioni siano la verità. Tu stesso sembri fare proprio questo, visto che parli della verità come di qualcosa di diverso dalla tua opinione.

Mi sembra contradditorio. Nella prima parte affermi che la metafisica significa definire come verità le proprie opinioni. Nella seconda mi rimproveri il fatto di distinguere le mie opinioni dalla verità.
Io ho ben chiaro che le mie opinioni sono semplicemente opinioni sulla verità e non sono la 'verità'. Sul fatto che ritengo, come mia opinione, che ci sia una realtà più grande delle mie misere opinioni su di essa, ma anche che le contenga ovviamente, lo ribadisco  e ne sono ragionevolmente convinto e non credo ci sia da 'vergognarsi' di questo..oppure ritieni che dovrei?... :(
Naturalmente la mia opinione nasce solo dal fatto che, come essere umano, ho un linguaggio che la esprime e il cui suono si può ascoltare o rifiutarsi di ascoltare...
Gli uccelli cantano nel bosco , ti fanno violenza forse?...
Io parlo delle mie opinioni, che violenza ti faccio?...Non ti 'impongo' nulla...
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Angelo Cannata

Citazione di: Sariputra il 06 Gennaio 2018, 15:17:03 PMMi sembra contradditorio. Nella prima parte affermi che la metafisica significa definire come verità le proprie opinioni. Nella seconda mi rimproveri il fatto di distinguere le mie opinioni dalla verità.
Sì, in apparenza sarebbe contraddittorio, ma se si guardano le cose più in dettaglio non lo è. Si tratta di approfondire il concetto di relazione, che è in grado di far luce sulla questione mappa-territorio. Lo si può rappresentare graficamente in questo modo:

A          "relazione tra A e B"          B

In questo schema esistono tre cose: esiste A, esiste B, esiste "relazione tra A e B". È importante notare che la "relazione tra A e B" non potrebbe esistere se non esistessero sia A che B. Ciò significa che la "relazione tra A e B" porta con sé l'implicazione dell'esistenza di A e di B. Per avere la certezza assoluta che A e B esistono non ho bisogno di venire in contatto diretto con A o con B, vedere con i miei occhi l'esistenza di A e di B : mi basta entrare in contatto con la "relazione tra A e B". È simile a quando gli astronomi sono riusciti a scoprire l'esistenza di certi corpi celesti a partire da certe deformazioni che vedevano nella traiettoria della luce o di altri corpi: quella deformazione portava con sé l'implicazione dell'esistenza di qualcosa che la causava.
L'implicazione dell'esistenza di una cosa è essa stessa già un fatto oggettivo, cioè non dipende dalla relazione che la veicola. Ciò significa che la relazione porta con sé una verità, è veicolo di una verità, contiene una verità, così come un'automobile contiene il conducente, il quale la porta dove vuole. Se il conducente va da Ancona a Bologna, secondo il nostro schema quest'automobile col suo conducente non potrebbe esistere se Ancona e Bologna non esistessero. Se esiste, tale esistenza è dimostrazione dell'esistenza di Ancona e di Bologna.
Ora, quando una persona pensa al concetto di verità, ritiene che quel concetto, anche se non s'identifica con la verità (il che equivale a dire che la mappa non è il territorio) tuttavia è in relazione con la verità. Pensare che la verità esista significa pensare che quando ospitiamo nella nostra mente il concetto di verità, stiamo ospitando una relazione con la verità.
Così come la "relazione tra A e B" non contiene né A né B, ma la verità della loro esistenza, allo stesso modo il concetto non contiene la verità, ma la verità della verità, cioè la verità del fatto che la verità esiste. La verità della verità non è altro che la relazione.
Da ciò emerge che, se una persona, un soggetto, ritiene che la verità esista, ne consegue che egli ritiene che nella sua mente ci sia la verità di una verità. La mappa non è il territorio, però avanza la pretesa di contenere, sebbene in modi in qualsiasi modo deformati, una verità sul territorio, cioè una verità sulla verità.
Se una persona ritiene che il proprio concetto sia verità di una verità, cioè relazione con la verità, ne consegue che questa persona ritiene che nella propria mente, nel momento in cui pensa al concetto di verità, sta ospitando una verità. Tale verità non coincide con la verità che sta là fuori, cioè non è né A né B, ma è la verità della loro esistenza. Significa che, secondo questa persona, il suo concetto di verità è portatore di una verità, è relazionato con la verità oggettiva, cioè con A e B. Tale relazione, per quanto possa essere deformata dal soggetto, è comunque essa stessa una verità: verità della verità. Secondo questa persona, il suo concetto di verità non potrebbe sussistere se la verità non esistesse davvero. Infatti, ritenere che la verità esista significa ritenere che il proprio concetto di verità sia portatore di una relazione necessaria con la verità esistente là fuori. Il concetto di verità viene considerato un messaggero garantito, quindi un messaggero che è già esso stesso verità: verità di una verità.
Alla fine viene a risultare che questa persona ritiene di essere riuscita ad ospitare nella propria mente qualcosa che non è al cento per cento riducibile alla propria mente; qualcosa che è essa stessa verità: è la verità della verità.
Questa persona ritiene dunque che, tra tutte le proprie opinioni, ce ne sia una che è sua opinione, ma è verità della verità. Significa che questa persona ritiene di avere un'opinione che non è sua opinione, un'opinione che indubbiamente non è interamente riconducibile a creazione del proprio cervello.
Ecco la metafisica: un'opinione ritenuta speciale, in quanto non è opinione come le altre, ma verità della verità.

Così si vede la confusione, l'ambiguità presente nella tua affermazione successiva:
Citazione di: Sariputra il 06 Gennaio 2018, 15:17:03 PMIo ho ben chiaro che le mie opinioni sono semplicemente opinioni sulla verità e non sono la 'verità'.
Le tue opinioni sulla verità non sono la verità, ma ce n'è almeno una che avanza la pretesa di essere verità sull'esistenza della verità, verità della verità, relazione con la verità. In quanto tale è pur sempre pretesa di essere verità. Il problema non si vede fin quando non si chiarisce che non esiste solo la verità, ma bisogna far venire alla luce anche il fatto che, senza accorgercene, pensiamo alla verità della verità, la quale ha buon gioco nel presentarsi come non pretesa di essere essa stessa la verità: ci riesce perché si nasconde in ciò che non era stato messo in chiaro come verità della verità, cioè relazione con la verità.
In altre parole, l'indice ha buon gioco nel dire che non ha la pretesa di essere la luna, ma in realtà sta nascondendo, magari a sé stesso, cioè in buona fede, una sua pretesa non indifferente: la pretesa di essere comunque riuscito ad indicare la luna.

Citazione di: Sariputra il 06 Gennaio 2018, 15:17:03 PMSul fatto che ritengo, come mia opinione, che ci sia una realtà più grande delle mie misere opinioni su di essa, ma anche che le contenga ovviamente, lo ribadisco  e ne sono ragionevolmente convinto e non credo ci sia da 'vergognarsi' di questo..oppure ritieni che dovrei?... :(
Ritengo che dovresti vergognarti, non come persona che fa le cose in malafede, ma come persona che non si accorge di ospitare nei propri modi di ragionare una modalità che porta con sé un'induzione alla presunzione.
Quest'umiltà in relazione ad una realtà più grande si può considerare, senza che tu te ne accorga, una falsa umiltà. È la stessa umiltà che la Chiesa Cattolica si attribuisce, ad esempio, quando afferma che le donne non vanno ammesse al sacerdozio, oppure che della sessualità dei gay bisogna dire che si tratta di una sessualità disordinata: la Chiesa dice che non potrebbe dire e fare diversamente, perché ha il dovere di adeguarsi umilmente al dettato di Dio, a questa realtà più grande che è Dio.
Nel momento in cui tu fai riferimento ad una realtà più grande di te, stai escludendo la possibilità di metterla in discussione. Ciò può essere vissuto come umiltà, ma può anche venire a risultare alla fine come una scusa per non mettere in discussione le proprie idee. Ciò può pur sempre verificarsi in buona fede, cioè semplicemente perché non si ha chiara consapevolezza dei punti di vista diversi con cui è possibile considerare i meccanismi dell'umiltà.
Insomma, purtroppo alla fine viene a risultare che anche l'umiltà non è una garanzia dietro cui ripararci, una garanzia di innocenza: siamo condannati a non essere innocenti su nulla, neanche nell'umiltà. È questo il disagio creato dal dubbio, specialmente a chi non si è familiarizzato con esso.

Citazione di: Sariputra il 06 Gennaio 2018, 15:17:03 PMGli uccelli cantano nel bosco , ti fanno violenza forse?...
Io parlo delle mie opinioni, che violenza ti faccio?...Non ti 'impongo' nulla...
Riguardo al canto degli uccelli, mi hai fatto ricordare che sì, si narra che quello delle rondini fu sentito una volta come violenza, proprio da una delle persone più umili mai vissute in questo pianeta, san Francesco, il quale chiese loro di fare silenzio perché lui doveva predicare. Se poi pensiamo che da un punto di vista biologico sia il canto degli uccelli che, ad esempio, la bellezza e il profumo dei fiori, possono essere considerati armi per una durissima lotta quotidiana per farsi impollinare o per affermare il proprio dominio su un territorio, la frittata è fatta.
Siamo condannati alla violenza, ogni nostra cellula fa violenza per poter esistere. Perciò penso che ciò che possiamo fare non è eliminare la violenza, almeno nel presente, ma solo fare dei tentativi che, almeno a nostro modo di vedere, diano l'impressione di ridurla un po'.

Sariputra

cit. A,Cannata
Ritengo che dovresti vergognarti, non come persona che fa le cose in malafede, ma come persona che non si accorge di ospitare nei propri modi di ragionare una modalità che porta con sé un'induzione alla presunzione.

Beh!...Ritengo che dopo una frase così offensiva non ci siano più i presupposti per continuare una discussione serena.
E' inverosimile che , una persona che  accusa tutti gli altri di non essere umili, finisca sempre per offenderli pretendendo che accettino il suo punto di vista... :(

Parli solo di una relazione tra due idee, quella di avere un'opinione limitata sulla realtà e quella che esista questa realtà, che non significa affatto definire cos'è questa 'verità'.
Sorvolo sulle 'rondini che fanno violenza' e amenità varie. Se rileggi con calma il tuo post lo vedrai pieno di affermazioni categoriche sulla realtà tipo: "Siamo condannati alla violenza, ogni nostra cellula fa violenza per poter esistere."

Buona serata e..."Così come a lei bene pare..."  ;D
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Angelo Cannata

Forse è bene precisare che il mio "dovresti vergognarti" non contiene nulla di personale, né di pratico, né di esperienza umana. È solo ed esclusivamente una critica filosofica, così come è una critica filosofica quella che ho fatto nei confronti dell'umiltà.
Per me resti sempre una persona correttissima, rispettabilissima, onesta.
Ma penso che le nostre rispettabilità non debbano significare un divieto di mettere in discussione, da un punto di vista filosofico, concetti come umiltà, vergogna o che altro sia.
È chiaro che siamo esseri umani, ma mi sembra sbagliato che il nostro coinvolgimento umano si venga a tradurre in divieto di mettere in discussione certi concetti.
Quello che ho fatto è un mettere in discussione da un punto di vista esclusivamente filosofico, formale, il nostro non essere soggetti a vergogna. Da questo punto di vista anch'io risulto una persona che dovrebbe vergognarsi, ogni essere umano risulta esserlo, per il fatto che ho detto riguardo all'innocenza: nessuno di noi è mai innocente in questo mondo.

Phil

Citazione di: Angelo Cannata il 05 Gennaio 2018, 21:57:30 PM
Citazione di: Phil il 05 Gennaio 2018, 17:45:34 PMSpero che le mie domande di (auto)riflessione sul (meta)criterio della tua proposta spirituale, ti siano state minimamente utili
Immagino che ti riferisca a quanto hai detto qui:
Citazione di: Phil il 04 Gennaio 2018, 17:01:41 PM..."fare la propria parte", in pratica, non significa forse compiere scelte in base a delle supposte certezze (per quanto fluide e momentanee)?
Non si sceglie forse di usare il criterio che proponi grazie ad un (meta)criterio di scelta (con cui lo scegliamo)?
Si; oltre a queste domande (che, nonostante le tue doverose precisazioni terminologiche, mi pare siano rimaste piuttosto "aperte" ;) ), mi riferivo anche a
Citazione di: Phil il 04 Gennaio 2018, 08:28:47 AM
Se non hai momentanee certezze meritevoli di minima fiducia, come fai a "prendere posizione" (come tu stesso dicevi), ad avere una tua visione del mondo? Pensa di nuovo alla tua proposta "spirituale", non sottende forse certezze da cui parti e di cui ti fidi, almeno per ora? ;)
e
Citazione di: Phil il 04 Gennaio 2018, 17:01:41 PM
il criterio/metodo che hai descritto, non si basa sulla (presunta) certezza della sua stessa funzionalità, adeguatezza, eticità, o altro?
Come accennavo, si tratta di domande di (auto)analisi (quasi maieutiche ;D ), per cui non è tanto importante che tu risponda esplicitamente a me, quanto piuttosto, se vuoi affrontarle, nella tua interiorità...

P.s.
Mi permetto un suggerimento per (auto)controllare se la (auto)risposta è esaustiva: prova a pensare se, fuori da questo nostro dialogo, qualcuno ti contattasse sul tuo sito e ti chiedesse: "hai la certezza che la tua proposta spirituale abbia una corretta impostazione etica e sia praticabile?". Se rispondi: "preferisco non usare la parola certezza, perché è troppo ancorata alla metafisica", sarai convinto di aver chiarito davvero le sue perplessità? Se rispondi "si, ne sono abbastanza certo" non si tratta forse di una momentanea certezza (qui difficilmente rimpiazzabile con i termini che proponi: bilancio, prova, tentativo, costrizione)?
Mi riferisco a:
Citazione di: Angelo Cannata il 05 Gennaio 2018, 21:57:30 PM
Quando possibile, io di certezze non voglio averne neanche di provvisorie. Non mi sembra che quello delle certezze come base, anche più o meno provvisoria, sia uno schema imprescindibile.
Se invece rispondi: "non lo so, è solo un'ipotesi, ognuno di noi può metterla alla prova in pratica e vedere che succede", non sarà come rispondere "no, non ne ho certezza", svalutando così alla radice le buone intenzioni della tua proposta?

sgiombo

Confondendo "verità" con "realtà" e "fatto" con "relazione tra fatti" si cade in errore.

Peggio ancora, perché tendenzialmente foriero, in pratica, di intolleranza e mancato rispetto delle convinzioni altrui, oltre che del lancio indebito di infamanti e offensive accuse a chi dissente, é (persistere pervicacemente nel) confondere "certezza nelle proprie convinzioni" con "intolleranza delle convinzioni altrui" e "dubbio circa le proprie convinzioni" con "tolleranza delle convinzioni altrui".

La verità (circa la realtà; in toto o in parte; circa enti ed eventi reali o circa relazioni reali fra enti ed eventi reali), pur potendo essere un fatto (una relazione reale fra enti ed eventi reali) reale, cioé pur potendo "darsi realmente", non é la realtà stessa a cui si riferisce, ma invece una relazione fra uno o più predicati o giudizi circa la realtà e la realtà stessa a cui i predicati o giudizi stessi si riferiscono.

La verità é una caratteristica del pensiero condizionata dalla realtà (é una caratteristica -del pensiero- reale o meno dipendentemente da come é la realtà anche indipendentemente dal pensiero stesso, ciò anche nel caso il pensiero non fosse reale).

E credere nella verità dei propri pensieri, predicati, giudizi, convinzioni, opinioni, ecc., esserne sicuri, non comporta affatto necessariamente essere intolleranti verso le opinioni altrui ritenute false (anche se ovviamente, per definizione, si ritiene vi sia differenza o "reciproca specialità" e non "confusa indifferenza" fra le proprie opinioni ritenute vere e le altrui ritenute false).
Così come dubitare della verità dei propri pensieri, predicati, giudizi, convinzioni, opinioni, ecc., non esserne sicuri, non comporta affatto necessariamente essere tolleranti verso le opinioni altrui della cui falsità si dubiti.

Si tratta di fatti e di concetti completamente diversi!

sgiombo

Citazione di: Angelo Cannata il 06 Gennaio 2018, 21:08:55 PM
Forse è bene precisare che il mio "dovresti vergognarti" non contiene nulla di personale, né di pratico, né di esperienza umana. È solo ed esclusivamente una critica filosofica, così come è una critica filosofica quella che ho fatto nei confronti dell'umiltà.
CitazioneSì, certo, in base al tuo personale principio infondato e preteso assoluto e indiscutibile (ma falso) per il quale chi come te nega qualsiasi differenza fra conoscenza vera e opinione falsa  ha sempre ragione, rispetta sempre gli altri, mentre chi dissente da voi ha sempre torto ed é sempre intollerante a priori (indipendentemente da quanto effettivamente si sostiene)!



Per me resti sempre una persona correttissima, rispettabilissima, onesta.
Ma penso che le nostre rispettabilità non debbano significare un divieto di mettere in discussione, da un punto di vista filosofico, concetti come umiltà, vergogna o che altro sia.
CitazioneSi, certo!
...Mentre invece chi dissente da te e sostiene che verità e falsità sono concetti e realtà ben diversi e da non confondere pensa sempre necessariamente che le rispettive rispettabilità debbano significare un divieto di mettere in discussione, da un punto di vista filosofico le proprie opinioni da parte degli altri.




Angelo Cannata

Citazione di: Phil il 07 Gennaio 2018, 11:38:58 AM
Mi permetto un suggerimento per (auto)controllare se la (auto)risposta è esaustiva: prova a pensare se, fuori da questo nostro dialogo, qualcuno ti contattasse sul tuo sito e ti chiedesse: "hai la certezza che la tua proposta spirituale abbia una corretta impostazione etica e sia praticabile?". Se rispondi: "preferisco non usare la parola certezza, perché è troppo ancorata alla metafisica", sarai convinto di aver chiarito davvero le sue perplessità? Se rispondi "si, ne sono abbastanza certo" non si tratta forse di una momentanea certezza (qui difficilmente rimpiazzabile con i termini che proponi: bilancio, prova, tentativo, costrizione)?
Mi riferisco a:
Citazione di: Angelo Cannata il 05 Gennaio 2018, 21:57:30 PM
Quando possibile, io di certezze non voglio averne neanche di provvisorie. Non mi sembra che quello delle certezze come base, anche più o meno provvisoria, sia uno schema imprescindibile.
Se invece rispondi: "non lo so, è solo un'ipotesi, ognuno di noi può metterla alla prova in pratica e vedere che succede", non sarà come rispondere "no, non ne ho certezza", svalutando così alla radice le buone intenzioni della tua proposta?
Sì, in questi casi c'è un problema di comunicazione non facile da superare.
Mi sembra che la sua radice consista nel fatto che, tutte le volte che viene posta una domanda, la domanda stessa crea sempre un contesto, introduce un linguaggio, presenta delle coordinate entro cui chi la pone si sta muovendo e vorrebbe continuare a muoversi.
Questa situazione viene a scontrarsi col fatto che il relativismo è critica dei contesti, dei linguaggi, delle coordinate.
La difficoltà non è teorica, perché a livello teorico i linguaggi possono sempre confrontarsi, dialogare. Ad esempio, la matematica di per sé è perfettamente in grado di dialogare con l'arte e viceversa: entrambe sono in grado di criticare sé stesse, mettersi in questione, sperimentare parametri inesplorati, innovativi, destabilizzanti.
Io vedo il problema oggi piuttosto da un punto di vista pratico, sociale. Qualche giorno fa vedevo una trasmissione in cui si faceva osservare che la massa di oggi viene sempre di più abituata a confrontarsi con ciò che essa si aspetta. Google, facebook, le banche, il mercato, raccolgono dati sugli interessi della massa in maniera che la massa, quando ad esempio cerca una parola su Google, trovi ciò che si aspetta di trovare. In questo modo ognuno viene sempre più chiuso nella propria gabbia mentale e sempre più disabituato alla diversità, all'inaspettato, a ciò che fa parte di coordinate diverse, a ciò che per essere compreso richiederebbe l'adozione di schemi diversi da quelli abituali.
Lo sforzo mentale, le acrobazie concettuali, ciò che mette in crisi l'orientamento, diventano tutte cose bandite. Ciò che conta è il comfort. Si può osservare come tutte le volte che si parla di marziani, UFO, fantasmi, esoterismi, se ne parla in un modo tale che in realtà non hanno proprio niente di radicalmente diverso da noi e dal nostro mondo abituale, dalle coordinate tradizionali in cui intendiamo muoverci: riflettono proprio la nostra sempre maggiore incapacità mentale di immaginare cose che siano davvero diverse.
In queste condizioni non c'è spazio per il relativismo, perché esso non è rassicurante, non offre coordinate di riferimento confortevoli a cui appoggiarsi, a cui prestare fiducia.
Il grosso del grido "crocifiggilo" riguardo a Gesù non veniva dai Romani, né dai sacerdoti del tempio, ma dalle masse da loro manovrate. In quest'analogia i Romani e i sacerdoti del tempio sono Google, facebook, il mercato, cioè i burattinai, i manovratori.
Perciò sono consapevole che oggi, come d'altra parte i fatti mostrano, non c'è spazio per la spiritualità intesa in modo serio, critico, ben studiato. L'esigenza di spiritualità c'è, il desiderio, l'aspettativa, ci sono, ma si tratta di aspettative che, senza accorgersene, intendono anche dettare le coordinate. Il che non sarebbe neanche vietato, non sarebbe proprio un male, se non fosse che queste coordinate che vengono dettate consistono proprio nella richiesta di non essere messe in discussione.
Di conseguenza, di fronte alla domanda che hai proposto "hai la certezza che la tua proposta spirituale abbia una corretta impostazione etica e sia praticabile?", risponderei nella maniera più vera, più vicina alla radice della spiritualità, a rischio di essere frainteso: non ho la certezza, non ne ho la minima certezza, per me la certezza è il diavolo. Anche Gesù in diverse occasioni si espresse in maniere del cui sicuro fraintendimento non poteva non essere consapevole: disse di strapparsi e gettare via l'occhio che fa peccare; a Nicodemo disse che bisognava rinascere e difatti Nicodemo gli chiese come poteva essere possibile entrare di nuovo nell'utero; nei Giudei suscitò la curiosità di come avrebbe potuto dar loro la sua carne da mangiare.
Il relativismo è provocatorio, per sua natura, ma proprio questo me lo fa percepire irresistibilmente affascinante, poiché non si tratta di assurdità casuali di poco conto; si tratta di cose che toccano l'intimo di ciò che è umano.

green demetr

Ascolta Sgiombo il monismo neutro riguardo il noumeno è il tuo unicorno.
Infatti non riesci a dimostrarlo. Lo assumi senza nessun tipo di ragione.
(ed è il problema aperto, su questo posso convenire, lasciato da Kant).


Per quanto riguarda il dualismo dei fenomeni invece sono d'accordo con te.
(ma nel senso che là dove per te non si può dimostrare il trascendente (Ockam, Hume etc) , la res cogitans per me invece "esiste" solo in quanto coscienza, in termini trascendenti REALI, in quanto la conosco come reale: ossia appunto trascendente e non mentale.
A margine non rivolto a Sgiombo.
Il mentalista (duale o monista che sia) che invece presupponesse un trascendente "successivo" (al mentale) a mio avviso complica inutilmente le cose. Perchè è come se si cercasse quella forma materica (del mentale) su cui Dio incide, il che equivarrebbe allo step successivo (delirante) di trovare il Dio materico.


Phil ognuno ha il suo unicorno, non è solo di questo forum ahimè.
A mio avviso si crea un unicorno per via del fatto che Dio è morto, e la Tecnica inaridisce sempre di più il percetto, gli oggetti reali.
L'oggetto che non è più sacro, diviene oggetto reale: la mia previsione è che si va verso una scienza, e quindi una umanità il cui pensiero sarà monista.
E' per questo che negando gli unicorni delle persone, li vedo per quel che sono: gretti materialisti.(vabbè mi son fatto prendere dalla foga, ho messo tutti voi nel calderone, scusate) : O si torna al trascendente o si cade nel materialismo.
(necessità della metafisica).



Il tuo unicorno ovviamente è il fondamento, visto che hai detto che per te è molto importante, e fine della filosofia.
Il che mi ha lasciato piuttosto perplesso, perchè mi stavo convincendo che tu usassi la critica linguistica per indicare in complesso il problema dell'agire del soggetto, dell'agire cioè, e non  del soggetto (o oggetto) in sè.

Ma chi è che indica il fondamento (o il suo problema)? Non è forse il soggetto?
E' vero che rimane a tutt'oggi aperto lo "statuto" sull'oggetto, osso su cui gli analitici competono per chi lo azzannna meglio: non ha soluzione, come lo stesso Kant ha ampiamente dimostrato.
Rimane perciò l'unico fondamento nel soggetto, che però appunto non esiste in quanto tale. Il soggetto è la narrazione (e qui rientrano le tue critiche competenti) di ciò che si forma dal rapporto dualistico con gli oggetti (semiotizzati, nominati) in virtù di un punto di vista.
Che è poi il suono stesso, la parola stessa.
Infatti in neonato entra nel mondo semiotico nominato, sia come corpo che come fonte sonora. Ossia sia come sensibilità che come (più propriamente) linguaggio.
In particolare il MIO, il nostro linguaggio. Ossia quello del suono.
Il soggetto si evolve tramite questa "selva di segni".
Allora, e cioè moooolto dopo, arriva la domanda stessa del fondamento, che è dell'oggetto, per via del fatto che la nostra tradizione ahimè si domanda degli oggetti, ma originariamente è assai più remota, e più propriamente il fondamento è nel soggetto e in Dio.
Dallo sguardo della madre, allo sguardo di Dio, dalla presa della mano, al dolore del corpo.
Ma come si fa ad appiattire il tutto ad una mera considerazione linguistica???
Capisci quanto sono rimasto sorpreso e infastidito dalla tua domanda?
Capisci come mi pare un unicorno il cercare il fondamento dell'oggetto, come se non esistesse tutto quello detto prima.
Ma non è permettimi, che siccome il mondo è diventato un piatto freddo servito di utensili e balocchi, si cerchi in questa domanda qualcosa che si eviti di prendersi il piatto freddo, così com'è, e ci si aggiunga un pò di fantasticheria: ma sempre nei paraggi del piatto freddo siamo.

Per quanto riguarda la tua spiegazione riguardo i fondamenti dello zero, e dell'infinito, ne hai dato delle definizioni relazionali.

Ma la relazione non è il fondamento come Angelo ha ben spiegato.

Infinito è Dio (i greci avevano terrore dell'infinito).
Ossia l'infinito è il terrore stesso.
Zero è Dio, è l'originario, è ciò che viene prima di qualsiasi ordine di discorso (alchimia araba).



Ascolta Angelo, la presunzione che esista una relazione con la verità, è l'esistenza stessa del soggetto.
Non assumere come fai tu che esista, tale relazione, indica che tu elimini il soggetto dalla tua analisi, il che poi ti fa finire inevitabilmente in affermazioni assolutamente non logiche, sul fondamento degli oggetti in quanto tali.
Ma chi è che gli dà fondamento? O anche nella tua prospettiva, che nega infatti ogni fondamento, chi ha deciso che esiste una relazione linguistica, semiotica,che indica quel fantomatico (in quanto per te mai raggiungibile veramente) oggetto?

La tua mi sembra la ricerca di quell'oggetto, che hai da sempre davanti a te, ossia appunto te stesso.

La filosofia fondamentale, ossia quella metafisica, cerca l'originario come trascendenza. Capisco che la morte di Dio, abbia originato in te una forte spinta di senso, ma filosoficamente parlando i tuoi spunti sono errati.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

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