Menu principale

Anima, Spirito, Mente

Aperto da viator, 25 Dicembre 2017, 19:14:22 PM

Discussione precedente - Discussione successiva

Angelo Cannata

#90
Citazione di: Apeiron il 04 Gennaio 2018, 20:02:59 PMQuando mi riferivo alla "gabbia" mi riferivo al fatto che se è vero che non posso uscire nemmeno parzialmente dalla mia prospettiva allora non posso (a rigore) comprendere nemmeno l'altro (nemmeno parzialmente).
Certo, essere in una gabbia significa proprio negazione del comprendere. Nulla ci garantisce la benché minima comprensione di alcunché da parte nostra.

Citazione di: Apeiron il 04 Gennaio 2018, 20:02:59 PMMi spiace averti fatto perdere tempo un anno
Non penso affatto di aver sprecato alcunché: io mi riferivo al valore formale del discorso, perché questo mi sembra essere il contesto di questa discussione sin da quando è iniziata: è stato proposto un discorso su anima, spirito, mente, che vorrebbe presentarsi come discorso formalmente valido, ben strutturato, schematizzato. Un tipo di discorso che si presenta così non è altro, a quanto mi sembra, che un discorso metafisico, e così ho espresso le mie solite critiche antimetafisiche.
In mezzo a questo discorso, tra rivendicazioni di validità formale e critiche di incoerenza e contraddizione da parte mia, ti ho visto più volte far riferimento ai pericoli sociali, al fatto che il mio pensiero non ti piace, alla necessità di poter avere fiducia, cioè ti ho visto introdurre nel discorso elementi che non fanno altro che inquinare lo sforzo di formalità o di critica alla formalità.
Insomma, per essere più chiaro, formalità metafisica alla fin fine potrebbe essere ricondotto a nient'altro che matematica. Ora, che senso ha, nell'ipotesi che ci mettiamo a discutere quanto fa 2+2, mettere in guardia sui pericoli sociali dell'eventuale risultato a cui potremmo pervenire? Se il rispetto di certe regole formali ci porterà a concludere che il risultato è 4, non deve avere nessuna importanza se questo risultato potrebbe provocare tumulti e disordini civili: la prima cosa che c'interessa scoprire è la verità. Poi, se vediamo che la conoscenza o la diffusione di questa verità potrebbe creare problemi, vedremo come affrontarli, come rimediare. Ma che senso ha dire che le certezze non vanno messe in discussione perché ciò potrebbe essere pericoloso? Oppure che il mio pensiero non ti piace? A me alle elementari certi numeri facevano meno simpatia di altri, ma li ho dovuti digerire ugualmente; poi, dopo, si vede come si può rimediare ai problemi di gradimento. È questo il senso di quando ho detto che il tuo discorso veniva a risultare privo di valore: discutere di matematica e considerare inaccettabili certi risultati matematici sulla base dei pericoli sociali che ne possono nascere rende il discorso privo di qualsiasi valore da un punto di vista formale.

Citazione di: Apeiron il 04 Gennaio 2018, 20:02:59 PMnon dico che la completa liberazione dalla "gabbia" è possibile. Ma ritengo che sia plausibile pensare che una parziale liberazione invece lo è.
Mi sono accorto diverse volte che tu credi in questa parzialità. Ma se non è possibile la totalità, non è possibile neanche la parzialità. Se infatti non abbiamo possibilità di sapere se la realtà esiste, non abbiamo possibilità neanche di sapere se in qualche modo siamo riusciti ad avvicinarci minimamente alla comprensione di essa
Per spiegare meglio quello che per me è un tranello mentale, faccio un esempio. Mi sta cadendo un masso sulla testa. Dubito filosoficamente della sua esistenza, ma intanto mi tolgo di mezzo per salvarmi la vita. Vedo la voragine che il masso ha creato sul suolo con la sua caduta. Impressionato dalla voragine e dallo spavento di aver rischiato la vita, mi metto a pensare: "Non so se il masso esiste, ma togliendomi dalla sua traiettoria mi sono sicuramente avvicinato, in qualce modo, a qualche aspetto della realtà". Oppure, altro esempio: "Ho una percezione così esclusiva del mio io, del mio esistere, così ineliminabile, che qualcosa ci dev'essere per forza". Ecco i tranelli. Rinunciare al totale per garantirsi una fetta piccola, o anche una briciola. Ma di fronte al dubbio nessuna briciola rimane, nessuna parzialità. L'appello alla parzialità, o all'avvicinamento alla realtà, alla fin fine non è altro che Cartesio e ancora Cartesio: indietreggiare e indietreggiare pensando che tale indietreggiare ci farà arrivare comunque ad una briciola solida. Ma col dubbio non ci sono briciole, parzialità che reggano, neanche minimamente, perché la questione nasce dall'interno stesso della metafisica. Il dubbio distruttivo non è altro che metafisica che si sforza di essere leale e coerente.

Citazione di: Apeiron il 04 Gennaio 2018, 20:02:59 PMPersonalmente la "gabbia" non mi piace.
Ecco il tipo di frasi che tolgono valore formale al tuo discorso. Se qui vogliamo sapere se questa gabbia c'è o non c'è, se è possibile pensare la realtà o no, che senso ha metterci di mezzo il piacere o non piacere? Siccome non ti piace, allora bisogna pensare che non può essere che siamo in una gabbia? Allora ci mettiamo a pensare che siamo in paradiso?

Citazione di: Apeiron il 04 Gennaio 2018, 20:02:59 PMNon pensavo che questo tentativo di "uscire parzialmente dalla gabbia" invalidasse ogni cosa che dico e scrivo ma a quanto pare è così. Forse solo chi "accetta" la verità (di non poter liberarsi parzialmente dalla gabbia) senza metterla in discussione produce pensieri "validi".
Solitamente lo sforzo di uscire dalla gabbia è degno di onore, fa essere eroi. Ma in questo discorso la gabbia è la nostra mente, il nostro essere umani. Basta avere qualche idea delle immensità che è possibile scoprire all'interno della natura umana, per almeno sospettare che la vera gabbia è l'universo là fuori e il vero uscire consiste nell'uscire dall'universo per entrare nell'universo dell'umanità. Questo sì che mi apre alla comprensione dell'altro.

Citazione di: Apeiron il 04 Gennaio 2018, 20:02:59 PMSi dà il caso che io questa "verità" la metto in discussione, invece.  
Pensi che possa essere motivo di vanto il mettere in discussione che siamo esseri umani e non ci è possibile non esserlo? Vuoi essere orgoglioso di uscire da questa gabbia costituita dal fatto che siamo esseri umani?

green demetr

Intervengo su spinta di Apeiron su altro 3d. (più in basso rispondo anche ad Apeiron)

Caro Angelo, vedo che ancora non hai capito il problema del soggetto.

Il soggetto è il frutto delle pratiche, non è una sua opposizione come continuamente ti ostini a credere.

Detto questo ti ricordo che il problema è come mai il soggetto si comporti come le pratiche gli ordinano di fare.

Cominciamo a capire questa cosa, che mi sembra la cosa principale rispetto a quello che vai dicendo..

Non vedi il problema dei big data, non vedi il problema del soggetto, non vedi il problema delle pratiche.

Eppure nella sezione religiosa vedi il problema dell'analfabetizzazione dei credenti.

Delle 2 l'una. Non puoi dire che le pratiche sono e non sono un problema. (o  meglio lo puoi dire ma almeno mostra i 2 pesi e le 2 misure).

Sul problema del soggetto gabbia aperto da Apeiron:

Ma certo può sembrare così,ma il soggetto non esiste, e dunque anche la gabbia è frutto di un errore di valutazione, poichè il soggetto è una narrazione.

Come fare a raggiungere l'altro? Per ora mi allineo alle istruzioni di Nietzche, ma andando al me giovane, potrei dirti a Montale.
Si tratta di stare sulle superfici, sugli sguardi, sulle cose in primo piano. (nietzche, auguri non potete capirlo ;D )

Direbbe Montale sugli amuleti, che forse testimoniano che esistiamo. (un filo flebile che ci possa dire: tu esisti!)
Immenso Montale  :-[
Meglio ancora seguendo la sua prima gloriosa e mai più superata collezione di poesie, gli ossi di seppia:

Cosa sono gli ossi di Seppia? sono ciò che rimane di un tempo antico, sono le spoglie dell'animale, slavato dal mare.

Ancora come dice il maestro Sini, sono la traccia.

Ecco cosa gli altri, sono ciò che rimane di loro in noi.

Capisci forse che si aprono territori inesplorati di indagine, con al primo posto il tema dell'accoglienza, dell'ospitalità.
Dell'Ebreo Errante.
Straniero in terra di stranieri. (non siamo "a casa"[la terra promessa] nè da noi, nè dagli altri)

E' vero che il soggetto si apre sull'oggetto, ma il soggetto, la persona, la maschera, semiologicamente puntano, simbolicamente puntano a ciò che esse (soggetto, persona, maschera) NON sono.

Ora aprire all'altro NON vuol dire puntare alle maschere di chi ci circonda o di chi crediamo di essere, ma puntare a ciò che esse ci comunicano veramente, appunto fuori dalle pratiche. Ci vuole un enorme sforzo di volontà, un enorme sacrificio, una umiltà divina, per svelare anzitutto la nostra maschera, quella sì, la nostra vera e unica gabbia. (ricordi il tuo amato platone vero?) Per capire che noi siamo ciò che in noi resta degli altri SENZA MASCHERA (entrambi dobbiamo SMASCHERARCI). (e su quel dobbiamo si innestano le polemiche amichevoli di Phil, ma anche ovviamente di Nietzche, perchè chi decide cosa sia maschera o meno? eh ma santo cielo è quello il vero problema della filosofia metafisica classica)
Solo allora i discorsi sulla comunità avranno un senso, un valore. Persino un etica (che sarà una ovvia conseguenza). Vedetevi l'ultimo capolavoro di Kubrik per entrare un pò nell'ottica. In un forum non è minimamente possibile farlo.

E di nuovo per essere un pò meno rassicurante, sempre che prima lo sia stato:
Non sarà mai come tu pensi, nella tua giovinezza innocente, una questione delle pratiche (delle etiche giuste), come si illude Angelo, lui per altro senza capire le assonanze che vi uniscono.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

Angelo Cannata

green demetr, non riesco a capire cosa c'entri ciò che hai scritto con la discussione in corso.

Angelo Cannata

Comunque, lungi da me il voler porre limiti a qualsiasi libero ampliamento.

green demetr

Citazione di: Angelo Cannata il 05 Gennaio 2018, 01:28:25 AM
green demetr, non riesco a capire cosa c'entri ciò che hai scritto con la discussione in corso.

Scrivevi:

"A proposito, Cartesio ha trascurato il soggetto perché nel momento in cui ha ritenuto di averlo reso certo, l'ha oggettivato, l'ha reso oggetto, e in quell'istante ha perso di vista che tutti i ragionamenti che stava facendo erano condizionati dalla sua mente, cioè dal soggetto. Insomma, si mise a riflettere sul soggetto, ma ad un certo punto non si ricordò che il soggetto era sempre lui stesso. Non è possibile oggettivare il soggetto se non trascurandolo, perdendolo di vista, perdendo di vista che quel soggetto siamo noi stessi."

In cui ritieni che il soggetto sia mentale, quando invece è una narrazione.
(cosa tra l'altro ribadita più volte da Vattimo e Rovighi).

Non vi è errore in Cartesio, in quanto pensa che la res cogitans debba coincidere con la res extensa.
Ammettere che esista una res cogitans ma non una extensa, a patto che lo ha capito da subito lo stesso Cartesio, con il genio maligno, pone anche te nell'errore.

Ossia che noi siamo quella che ci diciamo di essere, e non quello che ci diciamo.

Infatti il delirio è credere che il soggetto sia la mente. Come se esistesse questa mente.
(e nessuno infatti ha risposto al mio primo intervento) cosa è la mente? (se non un altra narrazione fittizia di cosa sia il soggetto?).

Bisogna stare attenti al labirinto filosofico e a quello che punta.
Guardare il dito che punta la luna, e non la luna.



Vai avanti tu che mi vien da ridere

Angelo Cannata

Nel mio discorso non si presuppone né soggetto mentale, né res cogitans, né res extensa: sono tutte questioni che non c'entrano, almeno per quello che riesco a vedere io.
Ciò che hai aggiunto adesso mi pare proseguire ulteriormente su questioni che non hanno nulla a che vedere col discorso che stiamo facendo.
Non basta certo menzionare Cartesio e menzionare il soggetto per inserirsi nel discorso che stiamo facendo.
Ripeto: non ho nessuna intenzione di vietare che ognuno dica quello che gli pare. Io però da parte mia non riesco a vedere alcun nesso.

green demetr

Citazione di: Angelo Cannata il 05 Gennaio 2018, 01:48:29 AM
Nel mio discorso non si presuppone né soggetto mentale, né res cogitans, né res extensa: sono tutte questioni che non c'entrano, almeno per quello che riesco a vedere io.
Ciò che hai aggiunto adesso mi pare proseguire ulteriormente su questioni che non hanno nulla a che vedere col discorso che stiamo facendo.
Non basta certo menzionare Cartesio e menzionare il soggetto per inserirsi nel discorso che stiamo facendo.
Ripeto: non ho nessuna intenzione di vietare che ognuno dica quello che gli pare. Io però da parte mia non riesco a vedere alcun nesso.

Non importa Angelo, sono intervenuto più che altro per vedere se Apeiron recepisce qualcosa del discorso generale riguardante il soggetto, che sia metafisico o meno per te, a me non interessa.

O meglio è appunto il solito tuo discorso che crede agli unicorni.
Ma non esistono gli unicorni  ::) ...esistono invece i massi e gli f-35.  8)

Non ci vedi un nesso? Non c'entra con la questione formale, che evita attentamente tutte le domande (da parte di tutti tra l'altro) che ho esposto nel mio primo post di risposta?

Bah contenti voi contenti tutti.  :'(

Ripeto non è certo il campo più fertile per la nostra comunione.  ;)

Vai avanti tu che mi vien da ridere

Angelo Cannata

In effetti non è la prima volta che noto qualche tuo tentativo di piegare il discorso verso le tematiche che interessano a te. Tematiche senz'altro importanti, giuste, interessanti, necessarie, ma non mi sembra che il modo migliore di farle fruttare sia farle entrare in qualsiasi discorso.

O meglio, io in realtà sono interessatissimo a mettere in connessione le tematiche più distanti, però la connessione dev'essere individuata, studiata, cercata, altrimenti ci si riduce o a un semplice accostare tematiche sconnesse, oppure a piegare qualsiasi discorso verso chi riesce a far prevalere i propri interessi tematici; ma in entrambi i casi non si scoprono collegamenti, mi pare che non ne venga fuori nulla di produttivo.

Peraltro, questa che a me sembra una forzatura potrebbe anche essere vista come un tuo totale disinteresse verso il tipo di discorso che si sta facendo, come se a te interessasse solo e soltanto la possibilità di piegare gli altri discorsi al tuo, senza neanche curarti di quale discorso si stava facendo.

Prova a mostrare i legami tra il discorso che stavamo facendo e ciò che tu hai introdotto: se ci riuscirai, avrai dimostrato davvero che ero io a non averli saputi vedere; da parte mia, come ho detto, io sono sempre curioso di espandere le mie capacità di mettere in collegamento le tematiche più distanti. Però dev'essere collegamento, non un semplice piegare forzato o accostare fianco a fianco.

Sariputra

#98
"Come fare a raggiungere l'altro?" si chiede Green demetr...
Se non c'è più il soggetto che mi differenzia, non ha più senso chiedersi come si raggiunge l'altro, visto che sono anche  l'altro...
Ovviamente personalmente nego la realtà del soggetto. Mi par chiaro, almeno a me, ma non voglio essere categorico ovviamente per non tirarmi addosso i soliti strali.. ;), che il soggetto non è la mente.
Il soggetto  è un filo , fatto di nodi, costruito dalla mente. Cos'è la 'mente' che fila il soggetto? ...E chi lo sa?  Come si fa e definire la mente? Nè piena né vuota ( di fantasmi...)...  Attorno alla parola "Io" si scatena la bagarre. Tutti difendono il loro "Io". 'Io dico...questo"..."Quello che dici tu  non è quello che dico Io"...tutta la separazione, le ostilità e i conflitti ( che vediamo , nel nostro piccolo, anche in questa discussione. nascono dal senso di separazione dato dal credere nel proprio "Io". Anche Angelo, che professa di non credere in nulla, scetticismo totale all'opera, difende a spada tratta il proprio "Io"... ;)
Il concetto dell'"Io", è evidente ma non evidente,  è il creatore dei nostri 'mondi', mondi assoluti o mondi relativi che importa? Sono sempre i nostri 'mondi'...
Faccio del Buddhismo? Ma sì, dai...questo mi permette di prendere le 'distanze' dal concetto...vedere che all'opera non ci sono menti , ma illusioni che si confrontano. Non ci sono persone che credono con più o meno certezza, ma fantasmi che si professano pieni o privi di certezze...anch'io sono un fantasma, ovviamente. Sono assai consapevole ultimamente ( sarà l' andropausa... :( ) che non sono più che un fantasma...un fantasma sofferente , come tutti, bisognerebbe aggiungere. Perché la separazione crea anche sofferenza, non solo piacere di confrontarsi su chi " ce l'ha più lungo"...lo vediamo, no? Come ce la prendiamo, se qualcuno si ostina a contraddirci...Questa è 'umanità'? Va là!... Questa è 'fantasmità' , l'attività preferita dei fantasmi che siamo...'umanità' è riuscire, a mio non-categorico e assai  malfermo giudizio, a vedere la sofferenza che ci sta dietro alla maschera del fantasma. La sofferenza di Apeiron , quella di Cannata, di Green, di Phil, di Viator...e quella mia, di cui sono interessato, ovviamente...
Ancora...faccio dello stupido buddhismo a buon mercato? Ma sì! Daii...tanto non mi costa niente...nemmeno una costola! ;D
A proposito Green, il paticcasammupada non è così semplice e lineare come lo 'tranci' tu ( ah! Le nostre 'lineari' menti occidentali..."Two Balls"...), il problema è che mi ci vorrebbero duecento pagine forse per spiegarlo alla meno peggio, per quel poco che l'ho capito ( Nagarjuna, che era un genio della logica, c'ha lavorato sopra una vita...poveraccio!). Ma ci ritornerò sopra quando sarò più sobrio...in questi giorni ho dato fondo al... :-[... e gli effetti si vedono, non è vero?..
Mi potete spiegare, vi supplico, qual'è la differenza tra uno che non crede che il cagnazzo rabbioso esiste, ma che se la dà a gambe levate quando lo vede, e quello che crede che il cagnazzo esista e che se la dà lo stesso a gambe levate quando lo vede?  ???...Sarà che son figlio di contadina, ma io, questa differenza...me par 'na boiada!... :(
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Angelo Cannata

C'è una differenza importante: quello che crede che il cagnazzo esiste è più propenso a ritenere pazzi, o inferiori, o in qualche modo limitati, quelli che non ci credono: se esiste, per lui è logico, è scontato, che anche gli altri debbano dire che esiste.
È così che l'Occidente ha tentato di imporsi al mondo intero: perché ritiene che ciò che crede lui debba essere creduto da tutti, visto che si tratta di cose logiche e di cose che esistono nella realtà.
È così che la donna è stata trattata come inferiore all'uomo.
È così che la Chiesa stabilisce che i gay hanno in sé stessi una sessualità oggettivamente disordinata.
È così che oggi il capitalismo stabilisce che le leggi di mercato sono oggettive, reali, logiche, insuperabili e quindi il mondo intero vi deve sottostare.
La verità è violenza, perché chi crede che essa sia oggettiva ritiene che non abbia senso pensare diversamente, tutti dovrebbero e devono conformarsi ad essa, e per chi non si conforma bisogna prendere provvedimenti.

Apeiron

Ti ringrazio @Angelo del chiarimento (il problema di quel tuo post era che era breve, categorico e commentava solo quel paragrafo (ignorando il resto). L'idea di un "intervento netto" e "fuori dalle righe". Vedo fortunatamente che l'offesa non era la tua intenzione)... non ho cambiato idea però sulla questione ma - come dicevo - il tuo scetticismo estremo non mi piace proprio perchè separa la vita (il come si vive che è indubitamente marcato dall'avere "certezze", seppur temporanee) e la filosofia (che per me è una disciplina che dovrebbe contenere sia lo sviluppo spirituale che conoscitivo - e affinché questo sia possibile deve avere un fondamento, come per esempio quello che è "ragionevole" sviluppare sia lo spirito che la conoscenza...). Chiaramente non pretendo di avere "in mano" l'unico modo per fare filosofia.
Detto questo il "pensiero debole" ha certamente aspetti interessanti che dovrebbero essere sviluppati anche da chi non condivide in "toto" tale filosofia. Per chi come me cerca di andare a scoprire "nuove terre" (anche per starci stabilmente...) è un tipo di filosofia che non attrae. Tuttavia continuare a discutere rischia di creare polemiche ed equivoci quindi mi defilo da questa discussione (chiedo scusa a @Green per avergli dato il suggerimento di venire di qua a discutere ma purtroppo non me la sento di riprendere in mano questa discussione... almeno per ora)

Riguardo ad @Angelo sono stato troppo precipitativo e me ne scuso. Ma la prossima volta cerca di esprimerti meglio. Sinceramente sentirsi dire una frase simile non è molto "bello".
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Sariputra

#101
Citazione di: Angelo Cannata il 05 Gennaio 2018, 12:21:04 PMC'è una differenza importante: quello che crede che il cagnazzo esiste è più propenso a ritenere pazzi, o inferiori, o in qualche modo limitati, quelli che non ci credono: se esiste, per lui è logico, è scontato, che anche gli altri debbano dire che esiste. È così che l'Occidente ha tentato di imporsi al mondo intero: perché ritiene che ciò che crede lui debba essere creduto da tutti, visto che si tratta di cose logiche e di cose che esistono nella realtà. È così che la donna è stata trattata come inferiore all'uomo. È così che la Chiesa stabilisce che i gay hanno in sé stessi una sessualità oggettivamente disordinata. È così che oggi il capitalismo stabilisce che le leggi di mercato sono oggettive, reali, logiche, insuperabili e quindi il mondo intero vi deve sottostare. La verità è violenza, perché chi crede che essa sia oggettiva ritiene che non abbia senso pensare diversamente, tutti dovrebbero e devono conformarsi ad essa, e per chi non si conforma bisogna prendere provvedimenti.

Perchè, il pensiero 'orientale' non ha creato discriminazioni? E le caste indiane cosa sono? E il rigido confucianesimo? E le ideologie politiche varie ?   Non è necessario credere  a qualcosa di metafisico per discriminare, basta credere nelle proprie opinioni ( e nei propri interessi...soprattutto  :( ). Opinioni che abbiamo tutti. La differenza sta solo nel volerle mettere in discussione o nel non volerlo...nel volerle imporre  oppure no...rendersi conto del limite intrinseco ad ogni opinione, compreso quella di non avere opinioni...
C'è qualcosa di più profondo nell'uomo, che non è la speculazione metafisica, che determina la volontà di imporre. E si rifà alla smodata pretesa di imporre il proprio "io"...problema che avranno avuto pure i nostri progenitori, suppongo...è qualcosa di schifosamente 'naturale', direi...ci viene proprio bene...nessuno di noi ne è immune ( a parte un Buddha ritengo... ;D  ).
La 'verità' non è violenza. Imporre il proprio  'Io' è la vera violenza...

Come sempre mi sembra tu continui a scambiare il pretesto con la causa. La volontà personale di imporsi e dominare l'altro è la causa, che si serve del pretesto delle 'verità' ( a cui di solito non crede nemmeno...).  La 'verità', poveretta, non c'entra una mazza...è già scappata da un pezzo dalla casa dei fantasmi...
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Phil

Citazione di: Angelo Cannata il 05 Gennaio 2018, 00:13:35 AM
Mi sembra che la vita di ogni giorno ci mostri che senza bisogno di fondamenti è possibile vivere, è possibile fare scienza, è possibile tutto.
Non confonderei il "non avere fondamento" con il "non avere fondamenti assoluti": fare scienza senza fondamenti significa non fare scienza; fare invece scienza con fondamenti che si rivelano provvisori, è praticamente la storia della scienza... ugualmente nella vita: abbiamo inevitabilmente i nostri fondamenti, per quanto provvisori, traballanti, mutevoli; altrimenti, come chiedevo in precedenza, in base a cosa compiamo le nostre scelte? Sono tutte scelte infondate? Probabilmente hanno solo fondamenti deboli.

Citazione di: Angelo Cannata il 05 Gennaio 2018, 00:13:35 AM
Lo scopo dell'epistemologia non è individuare fondamenti alla scienza
Chiedilo a qualche epistemologo, se non ti fidi di me  :)

Citazione di: Angelo Cannata il 05 Gennaio 2018, 00:13:35 AM
la scienza, da quando esiste, non ha mai avuto alcun fondamento indiscutibile, resistente al dubbio, eppure le meraviglie che riesce a fare e la serietà che riesce a dimostrare sono sotto gli occhi di tutti.
Non confonderei "certezze infallibili, metafisiche" e "certezze momentanee, deboli" di cui ho sempre parlato (fino alla ridondanza ;D ).
Il pensatore debole, secondo me, non vive senza certezze, ma solo senza certezze ritenute sempre infallibili. Sono certo che domani sorgerà il sole? Metto la sveglia o no? Visti tutti i giorni della mia vita in cui il sole è sorto, ho la certezza provvisoria che anche domani sorgerà il sole e perciò sono certo che sia una buona idea mettere la sveglia per non fare tardi. Se non avessi certezze di cui mi fido minimamente, non metterei nemmeno la sveglia...

Se la parola "certezza" facciamo fatica a decontestualizzarla dal suo contesto classico-metafisico, possiamo allora usare la parola "convinzione", che forse rimanda maggiormente alla soggettività (il nocciolo del discorso resta quello: fare i conti con il provvisorio, in quanto funzionale, significa solo avere punti d'appoggio o criteri malleabili, ma non significa non averne affatto).


Citazione di: Angelo Cannata il 05 Gennaio 2018, 00:13:35 AM
Il volare libero, senza riferimenti, non è altro che il vagare senza alto né basso descritto da Nietzsche ed è il disorientamento dell'uomo occidentale ubriacato di metafisica fino al punto di essere incapace di vivere senza certezze infallibili. Se a te sembra una via poco filosofica, ciò significherebbe escludere dal novero dei filosofi Nietzsche, Heidegger e tanti altri. Sarà una possibilità poco metafisica, ma non certo poco filosofica.
La loro pars destruens (l'analisi critica) è spiccatamente filosofica, tuttavia la loro pars construens (per quel poco che vale la mia opinione in merito) mi sembra effettivamente troppo incline alla poesia... una filosofia non metafisica può essere anche diversa rispetto alle loro proposte, che sono ancora in bilico sul bordo della metafisica (penso, ad esempio, ad alcuni post-fenomenologi francesi).

Citazione di: Angelo Cannata il 05 Gennaio 2018, 00:13:35 AM
Il non riferirci ad un fondamento non c'impedisce affatto di parlare del soggetto.
Per me, ci impedisce di parlarne sensatamente e filosoficamente: se non lo fondiamo logicamente, "soggetto" diventa solo una vuota "parola contenitore", che ognuno può riempire a sua discrezione (ma se permettiamo al linguaggio filosofico di funzionare così anarchicamente, Babele è dietro l'angolo...).

Citazione di: Angelo Cannata il 05 Gennaio 2018, 00:13:35 AM
Razionalità non significa metafisica.
Concordo (e sono sicuro di aver sempre rispettato questa doverosa differenza, ad esempio quando parlo di fondamento, avrai notato, lo intendo in modo logico, non metafisico).

Citazione di: Angelo Cannata il 05 Gennaio 2018, 00:13:35 AM
Non c'è bisogno di doversi fondare su certezze metafisiche per poter fare discorsi razionali. Vedi sopra ciò che ho appena scritto sulla scienza.
Sottoscrivo. Ritorna quindi utile ricordare la già citata distinzione fra "certezze metafisiche" e le "certezze momentanee" di cui sto parlando a iosa nei miei post  :)

Citazione di: Angelo Cannata il 05 Gennaio 2018, 00:13:35 AM
A proposito, Cartesio ha trascurato il soggetto perché nel momento in cui ha ritenuto di averlo reso certo, l'ha oggettivato, l'ha reso oggetto, e in quell'istante ha perso di vista che tutti i ragionamenti che stava facendo erano condizionati dalla sua mente, cioè dal soggetto. Insomma, si mise a riflettere sul soggetto, ma ad un certo punto non si ricordò che il soggetto era sempre lui stesso. Non è possibile oggettivare il soggetto se non trascurandolo, perdendolo di vista, perdendo di vista che quel soggetto siamo noi stessi.
Cartesio ti direbbe: "eppure, per perdere di vista il soggetto, per essere ingannato dalla mia mente, devo almeno esistere... e se esisto pensando, sono un soggetto".
Restiamo dunque ancora dentro la sua osservazione: "cogito (perdendomi di vista e/o ingannandomi) ergo sum!"; ecco il cogito che fonda il soggetto.

Citazione di: Angelo Cannata il 05 Gennaio 2018, 00:13:35 AM
Io tutti i giorni vivo di pratica e uso linguaggi pratici, in cui parlo tranquillamente di certezze, verità e realtà. Ma lo faccio nella consapevolezza di essere nel pratico, quindi senza alcuna pretesa di assolutezze di tipo filosofico. Il problema è che poi nasce la pretesa di attribuire a qualche certezza pratica una portata metafisica, cioè pensiamo di poterle attribuire più certezza di quanto la pratica consenta.
Avrai già notato che condivido questo tuo approccio cauto e (fra relativisti possiamo dircelo ;) ) tendenzialmente refrattario all'assolutizzazione (compresa l'assolutizzazione che, svalutando la fertilità della temporalità, parla di impossibilità assolute...).

P.s.
Spero che le mie domande di (auto)riflessione sul (meta)criterio della tua proposta spirituale, ti siano state minimamente utili  :)

sgiombo

Citazione di: Angelo Cannata il 05 Gennaio 2018, 00:13:35 AM

Mi sembra che la vita di ogni giorno ci mostri che senza bisogno di fondamenti è possibile vivere, è possibile fare scienza, è possibile tutto.
Lo scopo dell'epistemologia non è individuare fondamenti alla scienza: la scienza, da quando esiste, non ha mai avuto alcun fondamento indiscutibile, resistente al dubbio, eppure le meraviglie che riesce a fare e la serietà che riesce a dimostrare sono sotto gli occhi di tutti.
CitazioneSe "senza (bisogno di) fondamenti" significa, come mi par di capire, "senza (bisogno di) dimostrare (razionalmente) la verità di ciò in cui si crede (o comunque si agisce come se ci si credesse)", sono d' accordo: può benissimo capitare di fare scienza (e altro) per "puro culo" (per caso).
Ma a noi filosofi, insindacabilmente da parte di chichessia, piace cercare di criticare razionalmente qualsiasi conoscenza, anche quella scientifica, onde cercare di arrivare ad averne una conoscenza non puramente casuale e dunque degna di dubbio ma invece razionalmente fondata e dunque dimostrata con certezza essere vera; oppure, in alternativa, di giungere eventualmente alla consapevolezza dell' impossibilità di fondare la conoscenza scientifica e dunque del fatto che essa può forse essere vera ma forse no, che non lo é con certezza, che é inevitabilmente degna di dubbio (come a mio modesto parere fece insuperabilmente il grandissimo David Hume; ma sono ovviamente pronto ad accogliere eventuali superamenti, se mi venissero proposti); e in questo caso stabilire (conoscere) a quali condizioni indimostrabili essa sia (= sarebbe con certezza) vera. 

Ma "la vita di tutti i giorni ci mostra" che significa?
(Non credo significhi che ce lo dimostra, poiché per fare questo "la vita di tutti i giorni, spontaneamente"  dovrebbe essere più saldamente fondata della scienza, e questo mi sembra poco o punto plausibile).
E se non significa che ce lo dimostra, allora perché mai dovrei crederlo?
Si tratta solo di un gratuito pregiudizio infondato. Potrebbe tanto essere vero "per puro culo", quanto falso "per pura sfiga".
In alternativa resto in attesa di fondamento di questa verità, ovvero di dimostrazione (razionale).

Lo scopo dell' epistemologia (una branca della filosofia) é appunto per definizione (e se non non se ne é interessati si é liberissimi di dedicarsi ad altro, per esempio alla spiritualità) quello di individuare, criticare razionalmente, cercare di dimostrare essere veri i fondamenti della scienza, dimostrarli veri se ci si riesce, eventualmente di dimostrare che é impossibile dimostrarli veri e così raggiungere la consapevolezza (la conoscenza; per la cronaca: filosofica, non scientifica) della infondabilità razionale della conoscenza scientifica stessa.



Il volare libero, senza riferimenti, non è altro che il vagare senza alto né basso descritto da Nietzsche ed è il disorientamento dell'uomo occidentale ubriacato di metafisica fino al punto di essere incapace di vivere senza certezze infallibili. Se a te sembra una via poco filosofica, ciò significherebbe escludere dal novero dei filosofi Nietzsche, Heidegger e tanti altri. Sarà una possibilità poco metafisica, ma non certo poco filosofica.
CitazioneForse ti sfugge che la filosofia, dati i suoi interessi di ricerca e contrariamente alla scienza, non ambisce a conoscenze intersoggettivamente indiscutibili nel senso di "non falsificate da tutte le osservazioni sperimentali disponibili": Nietzche ed Heidegger sono filosofi per me personalmente pessimi (e fra l' altro, per quel poco che ne so, non credo che almeno Nietzche accetterebbe di essere considerato un filosofo "metafisico" e per giunta "eccessivamente").
Ma sono comunque pur sempre filosofi.

I mali dell' occidente (e non solo) derivano per me non certo da eccesso di metafisica ma dal fatto di non riuscire a liberarsi dai rapporti di produzione capitalistici oggettivamente oltremodo superati, e dunque forieri di gravissima decadenza civile e morale; e per superarli di fatto c' è bisogno a mio parere, fra l' altro, di più, e non affatto di meno, filosofia razionalistica (ma questo é un' altro discorso, che fra l' altro probabilmente ci porterebbe ampiamente fuori tema).


A proposito, Cartesio ha trascurato il soggetto perché nel momento in cui ha ritenuto di averlo reso certo, l'ha oggettivato, l'ha reso oggetto, e in quell'istante ha perso di vista che tutti i ragionamenti che stava facendo erano condizionati dalla sua mente, cioè dal soggetto. Insomma, si mise a riflettere sul soggetto, ma ad un certo punto non si ricordò che il soggetto era sempre lui stesso. Non è possibile oggettivare il soggetto se non trascurandolo, perdendolo di vista, perdendo di vista che quel soggetto siamo noi stessi.
CitazioneQuest' ultima affermazione é tutta da dimostrare.

Mentre quella che Cartesio "ha perso di vista che tutti i ragionamenti che stava facendo erano condizionati dalla sua mente, cioè dal soggetto. Insomma, si mise a riflettere sul soggetto, ma ad un certo punto non si ricordò che il soggetto era sempre lui stesso" semplicemente é palesemente falsa: si é sempre ricordato benissimo che il soggetto dei suoi pensieri e delle sue sensazioni era sempre lui stesso e che tutti i ragionamenti che stava facendo erano condizionati dalla sua mente (il che, al di là delle mie forti divergenze in proposito, non significa inevitabilmente che non potesse darsi in linea teorica -ammesse e non concesse alcune tesi da cui dissenso- che fossero vere).

Se ci poniamo in una prospettiva pratica, possiamo fare e dire tutto quello che vogliamo, nel senso che non saremo esposti alle critiche a cui è soggetta la metafisica. Io tutti i giorni vivo di pratica e uso linguaggi pratici, in cui parlo tranquillamente di certezze, verità e realtà. Ma lo faccio nella consapevolezza di essere nel pratico, quindi senza alcuna pretesa di assolutezze di tipo filosofico. Il problema è che poi nasce la pretesa di attribuire a qualche certezza pratica una portata metafisica, cioè pensiamo di poterle attribuire più certezza di quanto la pratica consenta. Ma fin quando sappiamo guardarci da questo rischio, la vita va benissimo, tranquillamente. Il problema è che il messaggio con cui è partita questa discussione, riguardo a forme, anima, spirito, mente, non si presenta come discorso pratico, quindi modesto, umile, ma come costruzione teoretica in grado di avanzare precisione, certezza, sicurezza, realtà di fatto, oltre i limiti consentiti dal pratico, oltre i limiti del dubitabile.
CitazioneA noi filosofi (a nostro insindacabile giudizio) interessano relativamente le "prospettive pratiche"; ci interessano, in quanto filosofi, soprattutto le "prospettive teoriche".

Il che non ci impedisce di vivere in pratica più o meno bene a seconda dei casi la vita di tutti i giorni" nella piena consapevolezza di "essere nel pratico" malgrado eventuali pretese o reali "assolutezze di tipo filosofico" (?), non meno che te con la tua idiosincrasia per la metafisica e la filosofia in generale.

"che poi nasce la pretesa di attribuire a qualche certezza pratica una portata metafisica, cioè pensiamo di poterle attribuire più certezza di quanto la pratica consenta" é precisamente una certezza (oltre che di fatto falsa, almeno in moltissimi casi, cioé nel caso di moltissimi filosofi) dalla portata che tu indebitamente tenderesti a chiamare "metafisica", ma ci semplicemente é "più certezza di quanto (o meglio: della nessuna certezza che) consenta una teoria che sia razionalmente fondata (la potrà forse consentire un traballante, infondato, rozzo "atteggiamento pratico antifilosofico"). 

Ma dove starebbe mai scritto che i "discorsi filosofici dovrebbero sempre per forza aprioristicamente essere dogmatici e intolleranti del dubbio e della critica ? ? ?

La filosofia reale é ben altro ! ! !

Questa é una volgare, falsa, offensiva deformazione caricaturale della filosofia ! ! !

sgiombo

Citazione di: Angelo Cannata il 05 Gennaio 2018, 12:21:04 PM
C'è una differenza importante: quello che crede che il cagnazzo esiste è più propenso a ritenere pazzi, o inferiori, o in qualche modo limitati, quelli che non ci credono: se esiste, per lui è logico, è scontato, che anche gli altri debbano dire che esiste.
CitazioneDi solito "quasi tutti" credono acriticamente che il cagnazzo esista come cosa in sé anche indipendentemente dall' essere percepita sensibilmente, coscientemente, fenomenicamente.

E sono solo alcuni filosofi (per primo, almeno in Occidente, Berkeley)  che ritengono esista come mera apparenza e non come cosa in sé.

Ed é chi, senza essere filosofo (invece di solito i filosofi che lo credono non si comportano così verso i loro colleghi da cui dissentono) crede che il cagnazzo esista come cosa in che solitamente ritiene pazzo il filosofo che, pur dandosela gambe non meno di lui, sa che invece nel caso del cagnazzo "esse est percipi".

Peraltro né Berkeley, né Hume, né Kant, né Schopenhauer, né Husserl, nè alcun altro filosofo consapevole della fenomenicità di qualsiasi cagnazzo con cui si potrebbe avere a che fare, che io sappia, ha mai preteso di limitare in alcun modo la libertà di chi dissentiva da lui, di impedirgli forzatamente di illudersi della realtà in sé del cagnazzo e di quant' altro!
E nemmeno i filosofi "realisti"!




Per Sariputra:

Sono nipote di un contadino (bracciante) e di una lavandaia per parte di padre e di un geometra e di una sarta per parte di madre (genitori entrambi professori di scuola media), e ne sono fiero.

Ma avendo avuto in sorte di studiare e di frequentare filosofi (anche e forse soprattutto "naif" o "della strada"), trovo molto importante e interessante sapere che del cagnazzo dal quale fuggo a gambe levate non meno da come vi sarebbero fuggiti i miei avi l' "esse es percipi".



È così che l'Occidente ha tentato di imporsi al mondo intero: perché ritiene che ciò che crede lui debba essere creduto da tutti, visto che si tratta di cose logiche e di cose che esistono nella realtà.
CitazionePer favore non confondiamo la filosofia occidentale con l' imperialismo occidentale ! ! !

(A parte questo, in proposito con Marx continuo a credere che  proletariato, se non "il vero erede della filosofia classica tedesca" sia il vero erede della miglior filosofia occidentale e non solo.


Discussioni simili (5)