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Anima, Spirito, Mente

Aperto da viator, 25 Dicembre 2017, 19:14:22 PM

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Angelo Cannata

Citazione di: Sariputra il 31 Dicembre 2017, 16:39:26 PMNon ci sono altri modi di procedere col pensiero, se non usando il pensiero. Se invece intendi altri modi che riguardano, per esempio, il sentimento, l'emozione, la meditazione, ecc. allora si può senz'altro affermare che l'uomo ha molti mezzi che ( meglio se combinati abilmente)  influiscono e determinano il suo 'procedere'. Ma allora usciamo dal contesto strettamente filosofico ed entriamo in altri ambiti.
Sì che ci sono: per il semplice fatto che qualsiasi cosa di cui parliamo è sempre contaminata da qualcos'altro, che costringe a considerarne sfumati i confini. In questo senso, il pensiero allo stato puro non esiste: esiste solo in persone che, in quanto tali, sono influenzate anche da un mare di altri fattori. Questi fattori arrivano a confondersi col pensiero stesso, cosicché non è possibile stabilire confini netti tra ciò che è pensiero puro e ciò che non lo è. Questo non significa uscire dalla filosofia, poiché ciò che ho detto del pensiero può essere fatto valere anche per la filosofia.

Ad ogni modo, non ci sarebbe neanche stato bisogno di spiegare questo, per il solito criterio che ho detto in precedenza, cioè che non ha senso stabilire che ciò di cui non conosciamo l'esistenza non esiste. Che senso ha voler limitare la realtà a ciò che noi siamo in grado di immaginarne o comprenderne? In questo senso mi sembra che tu stesso cadi nell'errore da cui hai messo in guardia:
Citazione di: Sariputra il 31 Dicembre 2017, 16:39:26 PM...ritenendo a priori che sia impossibile andare oltre i confini che noi stessi ci siamo dati ( anche perché giova ricordare che il concetto di limite è sempre determinato dal pensiero stesso...).
Ritenere che si possa procedere col pensiero solo usando il pensiero non è forse un confine, un limite, che senza motivo imponi a te stesso?

Citazione di: Sariputra il 31 Dicembre 2017, 16:39:26 PMSe metto degli occhiali scuri per poter guardare il sole, sono consapevole di molte cose ( che c'è un sole , che non lo posso guardare direttamente, che ho bisogno di qualcosa, che sono consapevole del tutto...e questa non è conoscenza 'reale'?
È proprio ciò che avviene con gli occhiali scuri a suggerirmi un dubbio: chissà quanti occhiali scuri creano alla mia mente impedimenti di cui non mi accorgo. Anzi, un vetro scuro è proprio la mente stessa, la quale, per comprendere le cose, non può fare a meno di convertirle in linguaggi per essa significativi, esattamente come per far comprendere certe informazioni ad un computer le devi prima necessariamente convertire in bit, in numeri e cifre, in sequenze di 0 e 1, e a quel punto siamo già ben lontani dal poter dire che abbiamo fatto entrare nel computer la realtà tale e quale.
Ora, una volta che la mente stessa può essere sospettata di costituire un vetro scuro (ho detto sospetto, inevitabile sospetto, non certezza), ne consegue che non ho alcuna possibilità di sapere con certezza se la realtà esiste, se è illusione, se esisto io. Niente di niente. Il che non è affatto una certezza, è solo un trovarmi ricondotto al sospetto proprio dopo essere partito da una fiduciosa ricerca della verità.
Come ho detto altrove, ciò non c'impedisce affatto di parlare di qualsiasi cosa; basta semplicemente farlo senza pretese di aver raggiunto verità indiscutibili, certezze sulla realtà.

Sariputra

#46
cit.A.Cannata
non ha senso stabilire che ciò di cui non conosciamo l'esistenza non esiste

Quindi anche un'eventuale 'verità'? Non ne conosciamo l'esistenza ma non possiamo dire che non esiste, giusto? Il fatto poi che tu non la conosci non implica necessariamente che un altro non possa conoscerla, oppure che , se non la conosco oggi, potrei però ben conoscerla domani o dopodomani...o averla conosciuta e poi dimenticata...

Che senso ha voler limitare la realtà a ciò che noi siamo in grado di immaginarne o comprenderne?

Quindi anche tu affermi che c'è una realtà che trascende l'uomo e la sua capacità di comprenderla ( con il pensiero sottolineo io...). Ok, dirai che non ne sei certo, ma vivi come se lo fossi, no? Altrimenti ti sarebbe indifferente una cosa rispetto ad un'altra.

È proprio ciò che avviene con gli occhiali scuri a suggerirmi un dubbio: chissà quanti occhiali scuri creano alla mia mente impedimenti di cui non mi accorgo. Anzi, un vetro scuro è proprio la mente stessa, la quale, per comprendere le cose, non può fare a meno di convertirle in linguaggi per essa significativi,

Allora iniziamo a toglierci tutti questi occhiali scuri e proviamo a vedere se si vede meglio... :) ma una visione deve essere funzionale a quel che si deve vedere, non è importante sia perfetta...bisogna iniziare con il togliersi l'occhiale scuro della pretesa di perfezione, direi.

Come ho detto altrove, ciò non c'impedisce affatto di parlare di qualsiasi cosa; basta semplicemente farlo senza pretese di aver raggiunto verità indiscutibili, certezze sulla realtà.

Basta lasciare quelli che hanno simili pretese alle loro certezze, ma avere pure l'umiltà di non considerarsi troppo superiori a questo e magari investigare quali certezze animano anche noi...magari tutti noi, se siamo sufficientemente onesti con noi stessi, ne troviamo qualcuna che teniamo ben nascosta... io ne ho diverse di poco pubblicizzabili, per esempio.. :)

P.S. Non sarebbe più semplice dire che dubiti di tutto compreso il fatto di dubitare ? ( infatti, a rigor di logica, non puoi dire di avere alcuna certezza di dubitare.  Poi, come tutti quanti , anche tu penso sarai costretto dalla necessità a non dubitare di molte cose pratiche... :-\ ).
Ri-Buon Anno
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Angelo Cannata

È proprio ciò che ho fatto:
Citazione di: Angelo Cannata il 31 Dicembre 2017, 13:07:55 PM...il relativista è critico anche verso sé stesso...
...il ricercare critica anche sé stesso...
Cosa significa questo se non che io dubito anche del mio dubitare?
Ma forse non tutti si rendono conto che dubitare del dubitare non conduce ad alcuna certezza: si rimane pur sempre nel dubitare. Io non escludo che possano esistere certezze, ma questo non mi  dà alcuna garanzia che almeno una sola certezza esista davvero.

La mia impressione è che tu mescoli il parlare che si basa sulle esigenze umane più pratiche con il parlare filosofico, il quale invece si sforza di essere radicale.

Anch'io non ho problemi a parlare di certezze e di verità, ma quando lo faccio mi pongo nel contesto dei miei bisogni umani: se vedo che una pietra mi sta cadendo sulla testa, non ho problemi a dire che sono certo che se non mi tolgo mi mezzo mi ucciderà. Si tratta però di una certezza pratica, oppure scientifica. Da un punto di vista filosofico le cose cambiano: chi mi dice che non sia tutto un incubo? Mi sembra che invece tu confonda questi due piani.

Riguardo agli occhiali scuri da togliersi, una cosa che possiamo fare è senza dubbio ciò che hai detto, ma se ne può fare anche un'altra: ammettere i nostri condizionamenti, riconoscere che, a quanto oggi mi sembra, non abbiamo alcuna possibilità di raggiungere non solo la perfezione, come hai detto, ma neanche la parzialità. Questo è quello che un po' più sopra ha cercato di sostenere Apeiron: magari non arriviamo a tutta la verità, ma almeno ad una parte. A questo ho già obiettato sopra.

Sariputra

#48
Citazione di: Angelo Cannata il 31 Dicembre 2017, 18:49:50 PMÈ proprio ciò che ho fatto:
Citazione di: Angelo Cannata il 31 Dicembre 2017, 13:07:55 PM...il relativista è critico anche verso sé stesso... ...il ricercare critica anche sé stesso...
Cosa significa questo se non che io dubito anche del mio dubitare? Ma forse non tutti si rendono conto che dubitare del dubitare non conduce ad alcuna certezza: si rimane pur sempre nel dubitare. Io non escludo che possano esistere certezze, ma questo non mi dà alcuna garanzia che almeno una sola certezza esista davvero. La mia impressione è che tu mescoli il parlare che si basa sulle esigenze umane più pratiche con il parlare filosofico, il quale invece si sforza di essere radicale. Anch'io non ho problemi a parlare di certezze e di verità, ma quando lo faccio mi pongo nel contesto dei miei bisogni umani: se vedo che una pietra mi sta cadendo sulla testa, non ho problemi a dire che sono certo che se non mi tolgo mi mezzo mi ucciderà. Si tratta però di una certezza pratica, oppure scientifica. Da un punto di vista filosofico le cose cambiano: chi mi dice che non sia tutto un incubo? Mi sembra che invece tu confonda questi due piani. Riguardo agli occhiali scuri da togliersi, una cosa che possiamo fare è senza dubbio ciò che hai detto, ma se ne può fare anche un'altra: ammettere i nostri condizionamenti, riconoscere che, a quanto oggi mi sembra, non abbiamo alcuna possibilità di raggiungere non solo la perfezione, come hai detto, ma neanche la parzialità. Questo è quello che un po' più sopra ha cercato di sostenere Apeiron: magari non arriviamo a tutta la verità, ma almeno ad una parte. A questo ho già obiettato sopra.

Penso di aver capito la tua filosofia. Constato che non fa per me, trovandola un pò troppo "disperante" per i  miei gusti ed anche piuttosto 'sterile', a giudizio personale ovviamente.
Ma è perfettamente chiaro che è dura , alla fine, discutere con uno che dubita di tutto  :)  ( però alla fine ognuno ha i suoi amori. Tu ami il dubbio, io le donne, Apeiron il cosmo, Sgiombo invece Stalin, Garbino  e  Green hanno foderato il materasso con i libri di Nietzsche,ecc..)...preferisco qualcosa di più 'costruttivo' e quindi mi incammino ancora , consapevole del mio errare e fiducioso che forse un giorno non errerò più... ;D  e se anche non sarà così, preferisco aver "attaccato" la vetta piuttosto che passeggiato in valle...se sarà stata una semplice illusione, beh... come possiamo dirlo ed esserne certi? Tu stesso hai ammesso che non possiamo esser certi di nulla, né in negativo ma ...nemmeno in positivo, giusto?  :)

P.S. riconoscere che, a quanto oggi mi sembra, non abbiamo alcuna possibilità di raggiungere non solo la perfezione, come hai detto, ma neanche la parzialità.
Ecco, appunto..."Ti sembra"...perché altrimenti si profila un'autentica certezza. A me invece " sembra" che non sia così...chi avrà ragione?  ;D
Non importa chi ha ragione...ti ri-ri-auguro un Buon 2018 pieno di tanti...dubbi! ;D
Scherzo ovviamente, porta pazienza, son fatto male...
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
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Angelo Cannata

Forse può essere utile aggiungere che io non sono fermo a questa filosofia: essa è per me solo un punto di passaggio per qualcosa di ulteriore che si chiama spiritualità.

Ho detto che si possono distinguere due livelli: il pratico, che fa riferimento alla certezza, alla realtà, e il teorico, il filosofico, che è severo, radicale, e giunge al dubbio su tutto, incluso sé stesso, incluso il dubitare stesso.

La spiritualità si può dire che raccoglie entrambe queste prospettive, poiché entrambe convivono nell'essere umano, o in alcuni esseri umani, e cerca di far tesoro di tutta l'esperienza di cui esse sono portatrici: la filosofia induce a vigilare, essere critici, sospettare di tutto, il pratico invece va all'umano, ribatte alla filosofia che, se il dubitare è umano, deve trovare un modo di incontrarsi con la certezza pratica.

La spiritualità fa incontrare queste prospettive mostrando che entrambe fanno parte di un camminare. Il camminare riesce a raccogliere tutto, far tesoro di tutto e mettere in dialogo tutto. In questo senso il camminare mi dice che tutti hanno qualcosa da insegnarmi: l'ateo, il critico, il fanatico, il credente, l'intellettuale, il pratico, tutti.

Questo può farmi collegare al tema di questa discussione.

L'ho criticato perché si presenta come strutturazione, sistematizzazione, ordine statico. Per la spiritualità le strutture sono importanti, ma bisogna apprezzare anche le trasversalità che attraversano qualsiasi tipo di struttura e i movimenti che vibrano nelle strutture, così come gli atomi di un oggetto sono in una struttura, ma in realtà vibrano, si muovono in continuazione.

Vogliamo parlare di anima, spirito, mente? Bene, ma includiamo allora nel discorso anche un'attenzione a cosa fanno, come vibrano, cosa suscitano, quali complicazioni fanno nascere, con quali echi sono stati trattati durante la loro storia. Non possiamo limitarci a vederli come oggetti inerti, strutturati in forma statica, cioè, in fin dei conti, morti. È questo lo sbocco più positivo, di cui il mio criticare, dubitare, è solo un punto di passaggio.

viator

Salve. Auguri a tutti. Una cosa è certa : la certezza c'è e non c'e. Infatti esiste una sola certezza : "NON ESISTE ALCUNA CERTEZZA".

Vedete quindi bene che la certezza è perfettamente facoltativa, no ????
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

acquario69

Dire che non esiste nessuna certezza (oppure che tutto e' relativo) e' anch'essa una certezza..e questo dimostra che per quanti giri di parole si possono formulare l'unica che rimane (che E' e non può perciò essere altrimenti) e' sempre la certezza 

Angelo Cannata

È scorretto concludere che ciò che rimane è la certezza, perché ciò significherebbe fermarsi ad una conclusione che però sappiamo non essere possibile come conclusione: infatti, se tutto è relativo, significa che qualsiasi conclusione certa a cui si giungerà dovrà essere considerata relativa. Ed ecco che siamo punto e a capo.

In realtà si tratta di un "loop infinito", cioè un meccanismo circolare, simile al paradosso del mentitore e tanti altri paradossi.

È più corretto quindi ammettere che non c'è una conclusione, non è possibile giungere ad una conclusione, così come in una circonferenza sarebbe errato pensare di poter stabilire in quale punto comincia e in quale finisce.

Sariputra

Citazione di: Angelo Cannata il 01 Gennaio 2018, 13:30:50 PMÈ scorretto concludere che ciò che rimane è la certezza, perché ciò significherebbe fermarsi ad una conclusione che però sappiamo non essere possibile come conclusione: infatti, se tutto è relativo, significa che qualsiasi conclusione certa a cui si giungerà dovrà essere considerata relativa. Ed ecco che siamo punto e a capo. In realtà si tratta di un "loop infinito", cioè un meccanismo circolare, simile al paradosso del mentitore e tanti altri paradossi. È più corretto quindi ammettere che non c'è una conclusione, non è possibile giungere ad una conclusione, così come in una circonferenza sarebbe errato pensare di poter stabilire in quale punto comincia e in quale finisce.

Mah..a mio parere è più corretto dire che non sappiamo se sia possibile giungere ad una conclusione. Infatti "Non è possibile giungere ad una conclusione" afferma una certezza.
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Angelo Cannata

Anche la frase che hai scritto tu potrebbe essere accusata di contraddire sé stessa: infatti, dire "non sappiamo se sia possibile giungere ad una conclusione" potrebbe essere considerato pretesa di essere pervenuti ad una conclusione certa, la certezza che "non sappiamo", che tu hai espresso. Siamo sicuri che non sappiamo se sia possibile giungere ad una conclusione?

Questi problemi si creano perché il nostro parlare umano è fatto di frasi o discorsi che, per quanto lunghi siano, sono costretti ad avere necessariamente qualche forma di conclusione, per semplice esigenza umana, perché abbiamo necessità di fare anche tante altre cose nella vita. In questo senso già il punto che mettiamo alla fine della frase si potrebbe accusare di contraddittorietà. Ciò significa che nessun discorso umano è in grado di esprimere adeguatamente contenuti che non hanno conclusione: per il fatto stesso di essere umano sarebbe comunque costretto a tradire, smentire, ciò che sta dicendo. È per questo che io apprezzo molto il camminare, il quale, trattandosi di un verbo, mi sembra che riesca ad esprimere meglio ogni altra parola queste questioni e soprattutto è in grado di ospitare anche la negazione di sé stesso, cosa che altri criteri, come per esempio il principio di non contraddizione, non sono in grado di fare.

Sariputra

Citazione di: Angelo Cannata il 01 Gennaio 2018, 13:48:04 PMAnche la frase che hai scritto tu potrebbe essere accusata di contraddire sé stessa: infatti, dire "non sappiamo se sia possibile giungere ad una conclusione" potrebbe essere considerato pretesa di essere pervenuti ad una conclusione certa, la certezza che "non sappiamo", che tu hai espresso. Siamo sicuri che non sappiamo se sia possibile giungere ad una conclusione? Questi problemi si creano perché il nostro parlare umano è fatto di frasi o discorsi che, per quanto lunghi siano, sono costretti ad avere necessariamente qualche forma di conclusione, per semplice esigenza umana, perché abbiamo necessità di fare anche tante altre cose nella vita. In questo senso già il punto che mettiamo alla fine della frase si potrebbe accusare di contraddittorietà. Ciò significa che nessun discorso umano è in grado di esprimere adeguatamente contenuti che non hanno conclusione: per il fatto stesso di essere umano sarebbe comunque costretto a tradire, smentire, ciò che sta dicendo. È per questo che io apprezzo molto il camminare, il quale, trattandosi di un verbo, mi sembra che riesca ad esprimere meglio ogni altra parola queste questioni e soprattutto è in grado di ospitare anche la negazione di sé stesso, cosa che altri criteri, come per esempio il principio di non contraddizione, non sono in grado di fare.

dire "non sappiamo se sia possibile giungere ad una conclusione" potrebbe essere considerato pretesa di essere pervenuti ad una conclusione certa, la certezza che "non sappiamo", che tu hai espresso. Siamo sicuri che non sappiamo se sia possibile giungere ad una conclusione?

Ma questa affermazione ha il grande vantaggio di non precludere altre strade, cosa che invece " non è possibile giungere ad una conclusione"  tronca, ci mette una pietra sopra, tronca proprio il 'camminare' di cui parli.
Infatti " non sappiamo se sia possibile" non vieta che "potremmo forse sapere", mentre "non è possibile" è definitivo, calato come un dogma. Uno spinge a cercare ancora, l'altro invita a rinunciare alla ricerca.
Però non puoi estrapolare "non sappiamo" dalla frase che ho scritto, infatti correttamente è "non sappiamo se sia...". E' come dire "Suonano. Non sappiame se aprire". E' presente una certezza "suonano" e contemporaneamente un dubbio. Lo stesso "non sappiamo" afferma la consapevolezza di non sapere, mentre " se sia possibile" il dubbio...
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
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Angelo Cannata

Una strada che preclude c'è e questo basta ad individuare l'affermazione come contraddittoria: la strada preclusa è la possibilità che già nel presente "sappiamo". Infatti tu hai scritto che "forse potremmo sapere": hai ristretto le possibilità al futuro, escludendo il presente, precludendo il presente, quindi dando per certo che nel presente non sappiamo: potremo forse sapere nel futuro, ma non nel presente. Ecco la preclusione.
Per includere il presente si dovrebbe specificare che "non sappiamo neanche se lo sappiamo". In questo modo però ci ritroviamo di nuovo nel loop infinito.

Sariputra

#57
Citazione di: Angelo Cannata il 01 Gennaio 2018, 14:17:03 PMUna strada che preclude c'è e questo basta ad individuare l'affermazione come contraddittoria: la strada preclusa è la possibilità che già nel presente "sappiamo". Infatti tu hai scritto che "forse potremmo sapere": hai ristretto le possibilità al futuro, escludendo il presente, precludendo il presente, quindi dando per certo che nel presente non sappiamo: potremo forse sapere nel futuro, ma non nel presente. Ecco la preclusione. Per includere il presente si dovrebbe specificare che "non sappiamo neanche se lo sappiamo". In questo modo però ci ritroviamo di nuovo nel loop infinito.

Il senso della frase è chiaro. Quella che proponi tu adesso diventa un'altra  frase che introduce un elemento nuovo ( il sapere di non sapere). "Non sappiamo se sia" indica qualcosa in divenire, in movimento. La tua frase "non è possibile" invece è categorica, definitiva, ferma il movimento.  :)


Sono d'accordo che dobbiamo avere consapevolezza dei limiti del linguaggio.
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Angelo Cannata

Non capisco in che modo il presente del verbo sapere possa esprimere qualcosa in divenire, in movimento.

Sariputra

Citazione di: Angelo Cannata il 01 Gennaio 2018, 17:19:20 PMNon capisco in che modo il presente del verbo sapere possa esprimere qualcosa in divenire, in movimento.

Mi riferivo al significato della mia frase " non sappiamo se sia possibile giungere ad una conclusione" contrapposto al tuo " non è possibile giungere ad una conclusione".
Mi sembra del tutto evidente quale dei due sia più categorico. L'uno ammette la possibilità di continuare a cercare, l'altro la esclude.  :)
Sulla strada del bosco
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