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Anima, Spirito, Mente

Aperto da viator, 25 Dicembre 2017, 19:14:22 PM

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viator

Salve. Per Angelo : Le tue osservazioni sui vizi congeniti della speculazione metafisica mi trovano d'accordo. Io, che sono piuttosto laconico, mi limito ad osservare che è naturale sia cosi: Anche se la metafisica avrebbe la pretesa di porsi "oltre" il fisicismo, essa in realtà non ne può fare a meno essendo semplicente anch'essa uno degli infiniti frutti dell'esistenza fisica del mondo (la quale ha generato e contiene, al di là dei suoi ingredienti ""inanimati"", la vita, la specie umana, la mente umana, le scienze, il tentativo di andare oltre od altrove rispetto alle scienze, cioè appunto anche la metafisica).

Per Apeiron. Tutti questi quesiti sono stati da me affrontati in ordine sparso all'interno di miei precedenti interventi in altri temi. Qui io non ho identificato lo spirito umano con la mente. Ho sostenuto che lo spirito umano consiste in un'anima dotata di una mente, non che consista in- o che sia ospitato dalla mente.

Giuste le tue osservazioni circa la mutevole evanescenza del concetto di "io" (identità). Chi so no io ??? Io sono ciò che resterà di me dopo che mi sia separato da tutto ciò che è separabile da me. Io sono - appunto e semplicemente - la mia FORMA (intrinseca, interiore, strutturale ed in sé unica, personale, irripetibile, individuale). E così, naturalmente, è per ciascuno di noi.
Tu certo sai quanta gente pensi di possedere un'anima immortale, vero ?? Si tratta dell'universale e fondamentale desiderio umano di sfuggire alla morte, desiderio che non verrà mai cancellato poiché :

    E' l'incarnazione dell'istinto biologico di sopravvivenza e - ancor più ed ancor prima - della tendenza dell'intero mondo alla propria persistenza.
      E' l'espressione della nostra incapacità di concepire la nostra inesistenza. Sì...è proprio così : nessuno è in fondo in grado di concepire l'esistenza di un mondo privo di sé !!.
        E' l'unica speranza positiva per gli eserciti di sofferenti o di coloro che pensano di aver diritto ad "un'altra possibilità" o ad una "rivincita" o "risarcimento" o narcisistico "premio".
          E' l'unica speranza che la realtà da un lato non potrà mai confermare ma - aspetto assai più soddisfacente - nemmeno mai deludere.
            E'una speranza strombazzata da migliaia di anni anche da molti considerati autorevoli, fa parte di moltissime culture e di antichissime tradizioni quindi....se se ne parla così tanto, qualcosa di vero ci sarà pure !!

            Ora dimmi tu se è il caso di cercare di smontare una simile convinzione. Se anche ci si riuscisse, si farebbe forse più male che bene svuotando miliardi di esistenze di una tale consolatoria prospettiva.

            Credere nelL'immortalità di un'anima (FORMA) collegata alla mortalità di un corpo (SOSTANZA) rappresenta uno dei numerosissimi casi di capovolgimento psicoculturale della sequenza logica e naturale tra cause ed effetti.

            Alla morte l'anima (FORMA) si dissolve. Non va da nessuna parte poiché essa - essendo immateriale - non ha ingredienti. Cessa di essere come è per la STRUTTURA-FORMA di una qualsiasi costruzione che, demolita, non può più venir riconosciuta e definita come tale.
            Il corpo invece, pur vedendo dissolta la propria integrità e la propria STRUTTURA EVIDENTE, ESTERIORE, VISIBILE, come ente SOSTANZIALE vede "sopravvivere" tutti i propri ingredienti, destinati semplicemente a disperdersi nel mondo atomo per atomo, per perché ESSI VERRANNO UTILIZZATI PER LA COMPOSIZIONE DI NUOVI CORPI, ALCUNI DEI QUALI AVRANNO UNA STRUTTURA TALMENTE COMPLESSA DA POTER VENIR RICONOSCIUTI COME PERSONE DOTATE DI UN'ANIMA. Quindi....l'anima individuale svanisce, il corpo individuale si decompone senza svanire !! Salutoni.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

sgiombo

Citazione di: Angelo Cannata il 26 Dicembre 2017, 15:09:24 PM
Citazione di: sgiombo il 26 Dicembre 2017, 14:48:24 PMMa dove "starebbe mai scritto" (se non in un antifilosofico -e direi: veteropositivistico"- pregiudizio ideologico dogmatico) che enti ed eventi metafisici teoreticamente trattati dai filosofi debbano sempre, in ogni caso, necessariamente essere per forza dogmaticamente postulati e non possano invece, per esempio, essere razionalmente proposti e criticamente considerati come ipotesi onde spiegare la realtà immediatamente percepita empiricamente? (La quale comprende anche il pensiero , la "res cogitans", e non solo la materia -postulabile ma non dimostrabile essere- intersoggettiva oggetto di possibile conoscenza scientifica).
Il problema che io vedo nella metafisica non sta nel suo essere fatta di postulati oppure nel suo essere più o meno razionale. Il problema sta nel suo presentare definizioni indicate come definizioni ultime. In questo senso, è il linguaggio usato a condurre a ciò, a dispetto delle intenzioni più o meno modeste di chi lo usa.
CitazioneMa che significa mai "definizione ultima"?

La filosofia, metafisica o meno, non smette mai di criticare, autocriticarsi, ragionare.

Le definizioni dei concetti, in tutti i contesti più o meno razionali di pensiero linguistico (nelle scienze naturali e matematiche non meno che nella filosofia) vengono stabilite arbitrariamente per convenzione e fin che non sono eventualmente modificate o corrette (per fortuna molto raramente, in caso di necessità, allo scopo di evitare ambiguità, confusioni, malintesi nei discorsi circa la realtà) sono da considerarsi "fisse", non mutabili ad libitum, "ultime" ("penultime" rivelandosi a posteriori solo in quei pochi casi che eccezionalmente necessitassero di revisione, da stabilirsi comunque per convenzione arbitraria e auspicabilmente in via definitiva o "ultima").



Ne approfitto per precisare che, ad esempio, un elemento micidiale del linguaggio metafisico è l'uso indiscriminato dell'articolo determinativo. Ovviamente si tratta di uno strumento di cui è impossibile fare a meno, però è possibile cercare di farne uso con consapevolezza critica. Se, ad esempio, intediamo dire che cos'è l'anima, l'articolo determinativo induce la nostra mente a costruire la pretesa di stabilire la natura di tutte le anime; in altre parole, l'articolo determinativo orienta la nostra mente a pensare per idee universali, dimenticando le irriducibilità degli enti particolari, che continueranno a porre problemi. Questo si collega al parlare di definizioni ultime, che ho detto prima: equivale a definizioni universali.
CitazioneMi sembra più che legittima e corretta la "pretesa" di cercare di conoscere la realtà in generale e in particolare di stabilire i caratteri generali astratti, universali di enti ed eventi (là dove realmente se ne trovano); il che non significa di certo confonderli con i casi particolari concreti dai quali vengono per l' appunto astratti (e non: con i quali vengono identificati)!

Se le anime particolari concrete esistessero sarebbe più che legittimo e corretto stabilirne i caratteri generali astratti propri, cioè i caratteri propri del concetto generale astratto di "anima", esattamente come si stabiliscono i caratteri generali astratti delle varie specie (o di qualsiasi altra classe tassonomica) di animali o delle stelle, pianeti, continenti, catene montuose, vulcani, ecc., ecc., ecc.

Chi deliberatamente si nega la possibilità di perseguire la conoscenza di ciò che é universale, generale, astratto si autocondanna a una ben miserabile (a mio modesto parere ovviamente) ignoranza e limitatezza mentale, interiore, a interessarsi unicamente dei banali dettagli particolari concreti del mondo reale (se stesso compreso).



Non c'è dubbio che tutto ciò sia razionale; neanche sarebbe un problema se si trattasse di postulato indimostrato. Il problema è che trascura il condizionamento da parte del soggetto. Se si vuole parlare di tutte le anime (= l'anima), o di tutte le menti (= cos'è la mente), il problema è che si dimentica che il parlante fa sempre parte del discorso che sta facendo. Per dirla con una metafora, siamo tutti pesci che parlano del mare dentro cui nuotano e di conseguenza non possono avanzare la pretesa che le loro affermazioni non siano tipiche di ciò che il cervello di un pesce è in grado di pensare. Noi invece esseri umani metafisici continuiamo ad avanzare la pretesa di non avere niente a che vedere con le nostre affermazioni sulla natura delle cose, come se tali affermazioni sussistessero per conto proprio e noi non c'entriamo niente.
CitazioneNessuno che non sia affetto da manie di onnipotenza (anzi, più precisamente di onniscienza) pretende di parlare di tutte le anime (ammesso che esistano) o di tutte le menti nei loro aspetti particolari concreti, ma casomai degli aspetti universali generali astratti propri a tutte le anime (ammesso che esistano) o di tutte le menti.

E non vedo come questo implichi la dimenticanza della propria stessa mente da parte di chi ne parla.

Ma quale mai filosofo, quale mai metafisico ha mai preteso l' onniscienza?

Perché mai la filosofia dovrebbe essere la pretesa di parlare in maniera non corrispondente a (ma non affatto identificantesi con!) ciò che accade nei nostri cervelli, con tutti i limiti che lo caratterizzano, allorché pensiamo?

Ma quale mai filosofo avrebbe mai preteso di non avere niente a che vedere con le sue proprie affermazioni sulla natura delle cose come se tali affermazioni sussistessero per conto proprio (dove, se non sulla sua bocca e nei suoi scritti?) e lui non c' entrasse per niente?????????
Questo lo fanno casomai i profeti delle religioni "rivelate"!

sgiombo

Citazione di: Apeiron il 26 Dicembre 2017, 21:37:25 PM
Tornando a Platone... personalmente sono convinto che le "forme matematiche" (ma anche le "idee etiche") abbiano una esistenza ontologica. In fin dei conti la regolarità della natura esiste anche se noi non ci siamo e inoltre nella metematica succede anche questo:
y = x2 + 1 (una parabola in un piano cartesiano) e la coppia di funzioni (x = (y - 1)1/2, x= - (y - 1)1/2) sono rispettivamente una parabola e le sue due funzioni inverse. Se le disegnate in un grafico (e nel caso delle inverse dovete disegnarle entrambe) ottenete lo stesso risultato.
Cosa vorrò mai dire con questo esempio? Che l'equivalenza tra la prima curva e la seconda coppia di curve "esiste" anche prima che io faccia l'operazione di inversione nel senso che in fin dei conti anche questo oggetto matematico può essere descritto in DUE modi diversi. Eppure è lo stesso oggetto. Ma allo stesso tempo si possono considerare come due "cose" (anzi tre) distinte. "Peculiarità" come queste unite alle regolarità della Natura mi fanno pensare che matematica abbia valore ontologico. Tuttavia è anche necessario dire (come si può dedurre dall'esempio stesso) che il modo con cui "scriviamo" queste realtà "sulla carta" è in realtà accidentale: siamo noi a scegliere di usare un modello o un altro per spiegare un fenomeno, per esempio. Quindi anche se il platonismo di Platone è in effetti un po' troppo "ingenuo" ritengo che sinceramente ci abbia preso giusto visto che in fin dei conti le "verità matematiche" esistono indipendentemente da me e idem per le leggi della fisica

Pur apprezzando l' uso prudenziale delle virgolette, dissento circa l' esistenza reale delle entità, formule, concetti, rapporti matematici, nonché delle dee etiche.
 
Se qualcosa fosse stato diverso sulla terra (per esempio la sua massa, distanza dal sole, composizione chimica), allora l' umanità non sarebbe amai esistita, nessuno avrebbe pensato formule matematiche né (pensato e osservato oppure trasgredito) idee etiche; ergo formule matematiche e idee etiche non sarebbero state reali (esistite realmente).
 
C' è oggi un' infinità di potenziali sviluppi delle matematiche, così come prima di Euclide c' era la potenziale esistenza (dei pensieri da qualcuno pensati, detti o scritti) dei concetti e dei teoremi della geometria euclidea.
Ma queste sono mere potenzialità, ovvero ciò significa unicamente che nulla di reale identificabile con i futuri sviluppi delle matematiche esiste (ora) così come nulla di reale esisteva prima di Euclide identificabile con la geometria euclidea.

Esiste (esisteva) solo "nulla di reale" che sia (fosse) identificabile con gli sviluppi futuri delle matematiche (la geometria euclidea)..
Nulla di reale che può (sarebbe potuto) diventare "qualcosa di reale" eventualmente in futuro e solo nel caso si dessero (si fossero date) determinate circostanze condizionanti, le quali potrebbero (sarebbero potute) benissimo anche non darsi, col che si rimarrebbe (si sarebbe rimasti) al "nulla di reale"; il quale é (era) comunque nulla di reale per lo meno al tempo presente (ora od allora).
E anzi, poiché i potenziali sviluppi delle matematiche (come in generale della conoscenza umana) sono* infiniti ma la durata dell' umanità é sicuramente finita, un' infinità di potenziali sviluppi della matematica e delle altre scienze resterà di sicuro per sempre "nulla di reale" (mere potenzialità, le condizioni per l' attuazione delle quali non si daranno mai, e che dunque resteranno per sempre "nulla di reale").
 
Per parte mia ritengo quindi sinceramente che Platone non ci abbia preso per niente giusto, visto che in fin dei conti le "verità matematiche" non esistono indipendentemente da me e le leggi della fisica sono reali indipendentemente da chichessia, ma invece la loro conoscenza non esiste (non é reale) indipendentemente dalla realtà di chi le pensi.
 
(Approvo convintamente il gran parte del resto delle tue ottime argomentazioni contro le tesi antifilosofiche di Angelo Cannata).
 
________________
* Qui il verbo "essere" é usato nel senso (copulativo, non esistenziale) in cui si può anche dire per esempio che un ippogrifo é un cavallo alato.

sgiombo

Citazione di: Angelo Cannata il 26 Dicembre 2017, 22:04:38 PM
Mi sembra che ci sia un fraintendimento sulla scienza. La scienza, per poter indagare com'è fatta una pietra oppure quanto fa 2+2, non ha alcun bisogno di negare la dipendenza dei propri concetti dal soggetto. Semplicemente non se ne occupa, non è il suo campo d'interesse, allo stesso modo in cui uno storico non si occupa di come vada fatta un'operazione chirurgica. Allo stesso modo, la scienza non si occupa di negare l'esistenza di Dio; piuttosto non se ne occupa, non si pronuncia, non è suo campo di interesse.
Invece la metafisica, nel momento in cui avanza la pretesa di definire la natura dell'essere, avanza la pretesa di poter pervenire a enunciati del tutto indipendenti dal soggetto.
Citazione"enunciati del tutto indipendenti dal soggetto"  =/= "enunciati la cui verità é del tutto indipendente da ciò che ne pensa o meno il soggetto".

Quello di "enunciati del tutto indipendenti dal loro soggetto" é uno pseudoconcetto autocontraddittorio, senza senso (che nessuno filosofo mi risulta abbia mai preteso di affermare).

Ed enunciati la cui verità é del tutto indipendente da ciò che ne pensa o meno il soggetto sono (pretendono di essere) quelli delle scienze non meno che quelli delle filosofie.
La metafisica, a proposito della dipendenza dal soggetto, non dice "Non è il mio campo, non me ne occupo", ma dice "È il mio campo, me ne occupo, e posso affermare che l'esistenza dell'essere, o della verità, o della realtà, è del tutto indipendente da me soggetto che ne sto parlando".
CitazioneEsattamente come le scienze naturali (o credi che Newton o Einstein pensassero che la gravitaizione universale fosse dipendente da loro che se ne occupavano?).



A questo punto si pone il problema, cioè io dico alla metafisica: "Ma se stai parlando dell'essere, e tu sei anche essere, ne segue che, applicando questa tua logica, stai parlando anche di te stessa; continuando ad applicare la tua logica, non potrai negare, quindi, che questo tuo parlare dell'essere non può non essere condizionato da te che ne stai parlando; quindi come fai a dire che ciò di cui stai parlando è indipendente da te?".
CitazioneA parte il fatto che anche Newton ed Einstein avevano una massa e incurvavano lo spaziotempo, e dunque parlando della gravità parlavano del tutto tranquillamente anche di se stessi, non vedo perché mai in generale non si dovrebbe essere autocoscienti e ragionare e cercare di conoscere (anche) circa noi stessi.

E che il nostro parlare (anche) di noi stessi (non meno proprio agli scienziati che ai filosofi) non possa non essere condizionato (anche, non solo!) da noi stessi che lo stiamo facendo e quindi non sia indipendente da noi stessi (cosa che non mi risulta alcun filosofo abbia mai assurdamente preteso) mi sembra tanto ovvio quanto banale e del tutto irrilevante ai fini della sua verità: perché mai pensando a me stesso dovrei essere ineluttabilmente condannato a pensare il falso?

Ulteriore precisazione: la scienza non ha alcuna pretesa di individuare leggi universali: la scienza si occupa semplicemente di definire, attraverso concetti che non ha alcuna difficoltà ad ammettere che sono umani, condizionati dalla mente umana, funzionamenti applicabili al mondo conosciuto. Leggi universali significherebbe pretesa di individuare leggi a cui in qualsiasi futuro non si potrà sottrarre alcun tipo di realtà conoscibile: è questa la pretesa della metafisica, che la scienza non si sogna di avanzare, perché la scienza non è filosofia, non è filosofia della natura.
CitazioneUniversale =/= umano (e dunque fallibile).

La scienza pretende -eccome!- giustamente di individuare le leggi universali (e oggettive) del divenire naturale.

E come gli scienziati che non siano affetti da delirio di onnipotenza, così, esattamente allo stesso modo, né più né meno, anche i filosofi che non siano affetti da delirio di onnipotenza sanno benissimo che possono -umanamente, disponendo di capacità mentali limitate- cadere in errore.



E smettila di deformare caricaturalmente e letteralmente calunniare  la filosofia (fra l' altro in un forum di filosofia, offendendo chi si sente filosofo) ! ! !

Se proprio ci tieni a buttare escrementi sulla filosofia, vai almeno a farlo su un forum di positivisti o scientisti!

Apeiron

@sgiombo, ovviamente non volevo affermare che la mia è la sola metafisica. Quanto invece che la mia metafisica (per esempio) non si basa su dogmi "calati dall'alto" ma si basa sullo studio, sul dialogo e sulla tendenza umana a fare ipotesi (userei il verbo inglese "wondering about...") anche su cose che non sono empiricamente osservabili, cosa che per quanto ne sappiamo, per esempio, ci distingue da tutti gli animali. Riguardo alle tue obiezioni ovviamente in parte concordo visto che ho detto che c'è una componente "accidentale" della matematica (siamo dopotutto noi a scrivere le equazioni) ma ciò è lungi da concludere che la matematica dipenda da noi. Comunque - secondo me - stai un po' esagerando (mi riferisco al tuo ultimo post, se scrivi espressioni colorite (magari anche scherzose) non dimenticarti di aggiungere una "emoticon" ossia una "faccina", preferibilmente questa " ;D ".). Comunque devo precisarti che Newton non aveva una nozione di "spazio curvo" bensì riteneva che la gravità faceva un'azione a distanza.

@Angelo, le tue obiezioni sono deboli. Il fatto che la conoscenza della realtà dipenda dal soggetto non implica che non sia possibile per il soggetto fare affermazioni circa proprietà indipendenti dalla propria prospettiva della realtà. Come ben sai non ho mai affermato che ciò sia vero, tuttavia la scienza mi pare piuttosto una prova convincente del fatto che possiamo "squarciare il velo di Maya", nel senso che possiamo avere una comprensione parziale della realtà indipendente da noi per quanto tale comprensione sia confusa. Riguardo all'universalità concordo con @sgiombo negare che la tendenza a comprendere l'universale dietro al particolare è logicamente erroneo quanto non comprendere il particolare nell'universale e anzi secondo me è anche peggio. Questo lo dico grazie ai miei studi in vari campi del sapere "umano". Ad ogni modo tu distingui tra "fisica" e "meta-fisica" però devo richiamare il fatto che la distinzione non è mai stata netta: per esempio in fisica parliamo di "campo", di "particella", di "realtà indipendente dall'osservatore" ecc concetti che rasentano la meta-fisica. Posso citarti, per esempio, la moltitudine di interpretazioni della meccanica quantistica che descrivono tra di loro un'ontologia incompatibile tra di loro (dunque non possono essere tutte "vere") e molti fisici, quelli più orientati al "pragmatismo", considerano esse come "meta-fisica", per esempio. Comunque nella fisica - più di ogni altra scienza - c'è la manifesta tendenza all'universale e a ricercare l'oggettività (o quantomeno l'universalità, i.e. trovare "verità" che siano condivise da tutti). Ho usato l'esempio di Newton. Ma potrei usare l'esempio di Maxwell, Einstein, della QED, e della contemporanea teoria delle stringhe che cerca di unificare tutta la fisica oggi conosciuta (e altro ancora da osservare) con un unico gruppo di leggi. Quindi no, la pratica scientifica smentisce l'idea per la quale la scienza non è né interessata all'universalità delle sue verità né tantomeno alla tendenza a trovare l'uno dietro ai "molti", che in origine era puramente una speculazione metafisica. Ma non è solo la fisica... la biologia ci dice per esempio che siamo mammiferi, ovvero che sia possibile pensare ad un set di caratteristiche che si trovano in molti animali anche nell'uomo ecc. Come dicevo però se ci basassimo solo sulla conoscenza "scientifica" non potremo nemmeno avere il concetto di "umanità" con grossi problemi all'etica. Ergo la metafisica ha anche un'utilità pratica.

Ad ogni modo il tuo continuo rifarti al soggetto mi rende piuttosto perplesso. In altri topics hai parlato di condizionamento da "DNA, cultura, cervello ecc" sostenendo che a causa di questi condizionamenti non sia possibile avere una conoscenza che vada oltre ciò che è condizionato dalla nostra individualità. L'argomento però mi pare piuttosto debole: se la conoscenza di qualcosa indipendentemente da come siamo fatti noi fosse impossibile allora secondo me si cade facilmente nel solipsismo a meno che non si creda che la stessa nostra individualità possa mutare nel tempo. Se ciò è possibile però siamo costretti a definire il cambiamento della nostra individualità rispetto ad un "qualcosa", così come si misura la velocità di un oggetto in un sistema di riferimento. Ergo la banale ammissione che la nostra individualità possa cambiare necessita l'esistenza di una realtà esterna a noi che ci può condizionare. Quindi sinceramente gli argomenti che porti mi paiono estremamente deboli. E anzi mi pare che se, per così dire, non si pone un freno alla tendenza a mettere in risalto il soggettivo a dispetto dell'oggettivo si cade irrimediabilmente nel solipsismo "di fatto", ovvero nella posizione di Protagora. Le tue obiezioni sono ben lungi dall'essere definitive. Riguardo poi alla scienza c'è da chiedersi se la scienza è veramente "immune" dalla tanto bistrattata "meta-fisica". Secondo me no visto che senza non ha fondamento (ergo c'è la "filosofia della scienza"). E ad ogni modo la tendenza all'universale c'è anche in quegli scienziati che detestano - spesso in modo incoerente - la metafisica (tipo Hawking, Krauss, Dawkins ecc). Per esempio la "Teoria del Tutto" è nata tra i fisici. E se a molti scienziati parli di "aldilà", realtà inacessibili alla scienza ecc questi ti prendono per "eretico"... quindi no, nella pratica la maggioranza degli scienziati non contempla alcun modo di conoscere le cose che non sia quello scientifico, per esempio e talvolta vedendo, per esempio, antivax e terrapiattisti non puoi dire che abbiano torto a farlo (e qui però si torna al problema delle gerarchie su cui abbiamo dissentito). Viceversa quando vedo un Hawking dire che ha dimostrato che Dio non è necessario per spiegare l'origine dell'universo o un biologo evoluzionista affermare che l'etica si spiega usando la sola teoria dell'evoluzione sinceramente rimango molto perplesso. Così come rimango molto perplesso sull'impossibilità di uscire (in parte!!!) da noi stessi.

Personalmente ritengo che tu (spero che non trovi questa mia affermazione offensiva...) vedendo la "libertà" offerta dal relativismo ti sei lasciato un po' "trascinare" da esso "dimenticandoti" che tale prospettiva è un estremo da evitare (se lo si perseguisse con tutta la coerenza necessaria). Ma nella pratica non lo sei nemmeno tu anche se continui a dire di esserlo e a criticare la meta-fisica come se fosse una disciplina monolitica (l'argomento contro il "fantoccio" di cui dicevo nel mio messaggio precedente...). I tuoi argomenti si applicano a quel fantoccio visto che la meta-fisica di per sé riconosce che il suo argomento è molto difficile (almeno quella greca, quella cristiana è un po' diverso ma nel medioevo c'era l'ossessione con le "eresie" che oggi non c'è più e non c'era nemmeno ai tempi di Platone &co) ecc. Ripeto i tuoi argomenti sono giusti per un certo tipo di metafisica, quella che non ammette i suoi limiti, quella che dice di essere "razionale" quando è al massimo "ragionevole" ecc. Ma fare di tutta l'erba un fascio, affermare che il fatto (innegabile) che siamo condizionati non ci permetta di "uscire" da noi stessi (in parte!!!) è un'argomentazione che non è convincente, per niente.  

Ad ogni modo, per curiosità ti chiedo se l'affermazione "un cane non è un gatto" è vera solo per il soggetto che la dice? è universale? è oggettiva? ovvero per favore specifica cosa intendi per "meta-fisica" e "relativismo", altrimenti queste discussioni sono completamente inutili.

@viator, non volevo dire che tu identificavi la mente con lo spirito (forma) (ti ringrazio della precisazione). Lasciami però dirti una obiezione. La Forma può sopravvivere senza "sostanza" così come un software può esistere senza essere "inciso" su un particolare disco. Ovvero posso pensare che la mia forma possa "vivere" anche in un altro corpo, per esempio. O magari posso pensare che "ciò che rende me, me" non possa essere identificato né con la mente né col corpo ma che sfugga alla conoscenza scientifica. Nell'induismo* ad esempio si parla spesso (ma non sempre) di un "atman" che passa che da un corpo all'altro (reincarnazione).

*Se ti può interessare il buddhismo ritiene che non si possa stabilire l'esistenza di nulla che può essere inteso come forma** (ovvero che ci sia "qualcosa che rende me, me") però allo stesso tempo non nega la possibilità della vita dopo la morte. Ma anche in questo caso si ha la "credenza" che "qualcosa" in effetti passi da un corpo all'altro.

** ovviamente ciò è un po' diverso da dire che "nega l'esistenza della forma" (una sottile ma interessante differenza)
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

viator

Salve. Per Apeiron : un software (un progetto, un codice, un algoritmo, una sequenza di nessi logici) non può esistere in astratto. Dovrà risultare scritto da qualche parte o memorizzato dal cervello di qualcuno. Ed anche il cervello è un supporto fisico di memoria. Infatti i processori e l'intero hardware dell'informatica non sono altro che il tentativo umano di costruire un cervello "ausiliario" al di fuori di un qualsiasi corpo umano. Prendi un qualsiasi concetto immateriale ospitato da una mente e prova ad "estrarlo" per farlo esistere isolatamente, senza scriverlo, senza parlarne, senza un disegno od una descrizione gestuale.
Oppure, supponendo (secondo me assurdamente) che tale concetto immateriale ed unicamente formale già esista in solitaria libertà fuori dalle nostre teste e dai nostri "supporti esterni", dimmi come farai a portarlo dentro le nostre teste in mancanza di veicoli materiali che ce lo trasportino !!
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Apeiron

Non posso "dirti" come farò a portare la mente da un cervello all'altro (o qualche altro supporto simile...) semplicemente perchè ritengo che:
1) non abbiamo la conoscenza scientifica;
2) perchè anche se ci riuscissimo... resteremo sempre noi stessi o diventiamo altro (vedi il topic sulla "nave di Teseo" e sul "principio di arbitrarietà mereologica" di un anno fa)?

Comunque se per esempio ho un programma su un disco e lo rompo nulla mi vieta prendermi un altro disco con lo stesso software installato. Ergo se "noi" siamo la "Forma" nulla mi vieta di pensare che sia possibile passare da un corpo all'altro (in linea di principio - concordo che dal punto di vista pratico è tutt'altro che semplice  ;D ). Poi ovviamente tu (giustamente) mi stai chiedendo una spiegazione empirica, ma volendo il "processo" in questione potrebbe non essere "a noi visibile" (e ti ho citato due "filosofie" secondo cui "qualcosa" passa da un corpo all'altro. Per la cronaca la metempsicosi era "popolare" anche nell'Antica Grecia... ovviamente se hai dubbi che sia possibile, non sei l'unico, ovviamente li ho anche io ma sinceramente sulla questione dell'aldilà preferisco tenere una mentalità aperta...). Comunque questo tipo di discussione è nata anche nel sito "The Philosophy Forum": qui https://thephilosophyforum.com/discussion/2174/is-information-physical/p1 e https://thephilosophyforum.com/discussion/2442/what-does-it-mean-to-say-that-something-is-physical-or-not, https://thephilosophyforum.com/discussion/2558/what-exists-do-concepts-exist... dall'elevato numero di pagine si può vedere che è un argomento molto dibattuto. Comunque secondo me non si può ridurre l'informazione al supporto materiale in cui è contenuta. La questione semmai è: se spariscono tutti i supporti materiali e mentali sparisce anche l'informazione? Solitamente ci sono tre possibilità. La prima è "sì" ("nominalismo") ovvero che l'informazione viene distrutta se si distruggono tutti i possibili supporti (curiosamente secondo me però esiste in questo caso in "potenza" nel senso aristotelico...). La seconda alternativa è il realismo platonico ovvero dire che l'informazione esiste in un reame astratto. Una terza possibilità che può essere vista come un misto delle prime due è che l'informazione esiste sempre perchè esiste una qualche mente o corpo "eterno" che da il supporto (questo è il "concettualismo"). Io personalmente sono indeciso tra la seconda e la terza alternativa.

Sempre da quel sito sul dibattito sul relativismo/universalismo/oggettivismo... morale consiglio https://thephilosophyforum.com/discussion/2547/nothing-is-intrinsically-morally-wrong.

Mi dispiace però causa impegni vari non credo di poter intervenire ancora in questa discussione fino ad almeno dopodomani. Questo non significa che non leggerò  ;)

P.S. Quel forum è in lingua inglese... devo dire che come già faceva notare Angelo tempo fa ne esistono pochi, purtroppo.
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

sgiombo

Citazione di: Apeiron il 27 Dicembre 2017, 13:15:42 PM
@sgiombo, ovviamente non volevo affermare che la mia è la sola metafisica. Quanto invece che la mia metafisica (per esempio) non si basa su dogmi "calati dall'alto" ma si basa sullo studio, sul dialogo e sulla tendenza umana a fare ipotesi (userei il verbo inglese "wondering about...") anche su cose che non sono empiricamente osservabili, cosa che per quanto ne sappiamo, per esempio, ci distingue da tutti gli animali. Riguardo alle tue obiezioni ovviamente in parte concordo visto che ho detto che c'è una componente "accidentale" della matematica (siamo dopotutto noi a scrivere le equazioni) ma ciò è lungi da concludere che la matematica dipenda da noi. Comunque - secondo me - stai un po' esagerando (mi riferisco al tuo ultimo post, se scrivi espressioni colorite (magari anche scherzose) non dimenticarti di aggiungere una "emoticon" ossia una "faccina", preferibilmente questa " ;D ".). Comunque devo precisarti che Newton non aveva una nozione di "spazio curvo" bensì riteneva che la gravità faceva un'azione a distanza.
CitazioneFrancamente non vedo come le prime obiezioni possano essere rivolte a me.
Non mi sembra infatti di averti mai attribuito la pretesa che la tua sia la sola metafisica, né di avere affermato che sia dogmatica  o fondata su pregiudizi "calati dall' alto".
Ho invece criticato il tuo platonismo in quanto affermazione dell' esistenza reale indipendentemente dalla realtà di chi le pensi delle verità matematiche e indipendentemente dalla realtà di chi li osservi oppure li contravvenga degli imperativi etici.

Lungi da me la pretesa di negare la possibilità di fare ipotesi anche su cose che non sono empiricamente osservabili: personalmente ne faccio a iosa, in particolare qui nel forum!
Ma se noi (o altri pensanti) non esistessimo la matematica non esisterebbe (infatti non é esistita fino a qualche decina di secoli fa. E un' inifinità di potenziali verità matematiche non esistono e non esisteranno mai; dunque la matematica dipende da noi o da altri pensanti).

Nell ' ultimo post ho decisamente perso la pazienza (credo giustificatamente) di fronte alle continue ingiustificate accuse di dogmatismo e di infondatezza da parte di Angelo Cannata non a questa o quella filosofia o metafisica ma in generale a (tutta) la filosofia e la metafisica (per giunta su un forum di filosofia praticato da persone che si ritengono "filosofi") a cui contrappone la scienza (le scienze naturali) pretendendo fra l' altro che contrariamente alla filosofia non tratti anche (e anch' essa del tutto legittimamente e per lo più e in generale correttamente, salvo determinati particolari casi) dei soggetti di conoscenza che la studiano e la praticano teoreticamente (e come se questo fosse impossibile o vietato da chissà chi o chissà cosa).

Le "faccine" non le ho mai usate e per una mia idiosincrasia non ho alcuna intenzione di imparare ad usarle (credo ci si spieghi molto meglio linguisticamente, magari con espressioni verbali colorite).

Con la curvatura dello spazio mi riferivo ad Einstein, con la gravità agente a distenza a Newton.

sgiombo

#23
Citazione di: viator il 27 Dicembre 2017, 14:14:13 PM
Salve. Per Apeiron : un software (un progetto, un codice, un algoritmo, una sequenza di nessi logici) non può esistere in astratto. Dovrà risultare scritto da qualche parte o memorizzato dal cervello di qualcuno. Ed anche il cervello è un supporto fisico di memoria. Infatti i processori e l'intero hardware dell'informatica non sono altro che il tentativo umano di costruire un cervello "ausiliario" al di fuori di un qualsiasi corpo umano. Prendi un qualsiasi concetto immateriale ospitato da una mente e prova ad "estrarlo" per farlo esistere isolatamente, senza scriverlo, senza parlarne, senza un disegno od una descrizione gestuale.
Oppure, supponendo (secondo me assurdamente) che tale concetto immateriale ed unicamente formale già esista in solitaria libertà fuori dalle nostre teste e dai nostri "supporti esterni", dimmi come farai a portarlo dentro le nostre teste in mancanza di veicoli materiali che ce lo trasportino !!
CitazioneLa nostra coscienza (tanto i suoi contenuti esteriori - materiali quanto quelli interiori - mentali o "di pensiero") non esistono (non si trovano, non accadono) nei nostri cervelli (ove esistono unicamente cellule, molecole, atomi, particelle-onde subatomiche, campi di forza, ecc.; organizzati e funzionanti in maniera per certi aspetti analoga, anche se in modo estremamente meno semplice, "rozzo", "primitivo", a quella in cui altra simile materia é organizzata e funzionante nei computer; e non invece altri cervelli -sic!-, computer e men che meno -altre e numerose: sic!- esperienze coscienti).
Sono invece i nostri cervelli e i computer (con i loro atomi ecc., e con i loro hardware e software) a esistere (trovarsi, accadere) nell' ambito delle nostre esperienze coscienti (in particolare delle loro componenti esteriori - materiali; per come effettivamente accadono e/o per come possono essere dedotte e calcolate scientificamente accadere dal pensiero, a seconda dei casi).

Angelo Cannata

Citazione di: Apeiron il 27 Dicembre 2017, 13:15:42 PM... la scienza mi pare piuttosto una prova convincente del fatto che possiamo "squarciare il velo di Maya", nel senso che possiamo avere una comprensione parziale della realtà indipendente da noi per quanto tale comprensione sia confusa.

Per poter dire questo immagino che avrai dovuto usare il tuo cervello. Quindi come fai a dire "indipendente da noi", cioè indipendente da cervello umano?

Citazione di: Apeiron il 27 Dicembre 2017, 13:15:42 PMAd ogni modo tu distingui tra "fisica" e "meta-fisica" però devo richiamare il fatto che la distinzione non è mai stata netta: per esempio in fisica parliamo di "campo", di "particella", di "realtà indipendente dall'osservatore" ecc concetti che rasentano la meta-fisica.

La distinzione è netta, si tratta di comprenderla. La metafisica va in cerca dell'assoluto; assoluto significa indipendente da tutto, anche dal tempo; indipendente dal tempo significa che la metafisica va in cerca di definizioni che non si debbano mai più modificare nel futuro. È questo ciò che hanno cercato di ottenere Parmenide, nel momento in cui pensò di aver individuato il principio di non contraddizione, oppure Aristotele, nel momento in cui pensò di aver individuato la sostanza, oppure Platone, quando pensò di aver individuato il mondo delle idee.
La fisica non ha nessuna pretesa di individuare leggi che debbano valere per sempre: nel momento in cui una legge fisica viene smentita da qualche fenomeno, la fisica è ben lieta di continuare il suo mestiere di ricerca per capire come funziona la natura. La metafisica invece non sopporta smentite: se viene smentita di sente fallita, perde l'equilibrio, sta male, soffre; è questa la sensazione espressa da Nietzsche quando dice "In quale direzione ci muoviamo noi? Lontano da tutti i soli? Non precipitiamo noi continuamente? Indietro, da un lato, in avanti, da tutte le parti? C'è ancora un alto e un basso? Non voliamo noi come attraverso un nulla senza fine? Non soffia su di noi lo spazio vuoto?"; la metafisica non sopporta questo e appena lo percepisce cerca in tutti i modi di difendere le certezze raggiunte oppure, se non ci riesce, ne cerca altre, ma sempre con l'intenzione di trovarne che finalmente non richiedano mai più di essere modificate. La fisica non ha invece alcuna pretesa di individuare leggi che non debbano essere mai più modificate.

Citazione di: Apeiron il 27 Dicembre 2017, 13:15:42 PMCome dicevo però se ci basassimo solo sulla conoscenza "scientifica" non potremo nemmeno avere il concetto di "umanità" con grossi problemi all'etica. Ergo la metafisica ha anche un'utilità pratica...
...se la conoscenza di qualcosa indipendentemente da come siamo fatti noi fosse impossibile allora secondo me si cade facilmente nel solipsismo...

La metafisica non è mai stata in grado di fornire alcuna base per alcuna etica in grado di reggere alla critica.
Questo agitare il problema dell'etica o del solipsismo mi somiglia alla barzelletta dei carabinieri che, avendo perso le chiavi della macchina in una via buia, decisero di cercarle in un'altra via, illuminata, visto che in quella buia non ci avrebbero visto abbastanza per poterle trovare. Che senso ha aggrapparsi alla metafisica solo per timore di rimanere senza etica, cioè per timore di portarla avanti con coerenza, fino al suo autocontraddirsi? Cioè, stai dicendo che è meglio aggrapparsi ad una bella menzogna che ad una brutta verità, purché si faccia ordine e ci sia tranquillità.


Citazione di: Apeiron il 27 Dicembre 2017, 13:15:42 PM...la banale ammissione che la nostra individualità possa cambiare necessita l'esistenza di una realtà esterna a noi che ci può condizionare.

Infatti il problema è che è la metafisica a distruggere sé stessa. Tu stesso hai scritto "che ci può condizionare". Se ci condiziona, significa che il nostro affermare tale realtà non potrà mai presumersi oggettivo, perché, una volta che supponiamo di essere condizionati, ne segue che non ci è possibile stabilire né da cosa siamo condizionati, né se siamo condizionati.

Citazione di: Apeiron il 27 Dicembre 2017, 13:15:42 PMPer esempio la "Teoria del Tutto" è nata tra i fisici.
Non possiamo definire cos'è la scienza basandoci sulle sue confusioni storiche, altrimenti si potrebbe anche concludere che la scienza ammette la superstizione, la generazione spontanea, visto che ci sono stati scienziati dell'antichità che vi hanno creduto.


Citazione di: Apeiron il 27 Dicembre 2017, 13:15:42 PME se a molti scienziati parli di "aldilà", realtà inacessibili alla scienza ecc questi ti prendono per "eretico"
Prenderanno per eretico chi pretenda di parlare di queste cose presupponendo che abbiano una base scientifica, una dimostrabilità scientifica. In questo caso avrebbero ragione. Ma se io ne parlo per fede, o per ispirazione artistica, non hanno niente da dirmi, perché alla scienza non interessa la fede, né l'ispirazione artistica.

Citazione di: Apeiron il 27 Dicembre 2017, 13:15:42 PMquindi no, nella pratica la maggioranza degli scienziati non contempla alcun modo di conoscere le cose che non sia quello scientifico

Questo non è per niente vero. Esiste per esempio un modo di conoscere gli alberi che è il modo dell'artista che li dipinge e gli scienziati non si sognano affatto di mettere in discussione il tipo di conoscenza messa in atto dall'artista, né si sognano di dire che il suo quadro non vale niente per il fatto che non è dettato da conoscenza scientifica. In base a ciò che hai detto, la maggioranza degli scienziati dovrebbe pensare che i quadri di Picasso non hanno alcun valore, visto come sono distorti e vista quindi quanta poca conoscenza scientifica c'è in quel modo di vedere la realtà.


Citazione di: Apeiron il 27 Dicembre 2017, 13:15:42 PMquando vedo un Hawking dire che ha dimostrato che Dio non è necessario per spiegare l'origine dell'universo o un biologo evoluzionista affermare che l'etica si spiega usando la sola teoria dell'evoluzione sinceramente rimango molto perplesso.

Hawking può parlare da scienziato e la scienza non ha bisogno di Dio. Egli però non può in alcun modo sostenere che l'unico modo di pensare corretto in questo mondo sia quello scientifico. Hawking può dire quello che dice perché purtroppo ci sono persone che fanno confusione e ritengono che Dio possa sforare in campo scientifico fino a diventarne base necessaria. In questo Hawking ha buon gioco. Quello che dici sul biologo evoluzionista contiene come errore la particella "sola": ogni esclusività è sempre sbagliata, perché le cose sono sempre più grandi e complesse di come noi le pensiamo.

Citazione di: Apeiron il 27 Dicembre 2017, 13:15:42 PMAd ogni modo, per curiosità ti chiedo se l'affermazione "un cane non è un gatto" è vera solo per il soggetto che la dice? è universale? è oggettiva? ovvero per favore specifica cosa intendi per "meta-fisica" e "relativismo", altrimenti queste discussioni sono completamente inutili.
Ti sfido a dimostrarmi che un cane non è un gatto.

Sariputra

Una delle due cose che l'essere umano ama di più fare è proprio l'ipotizzare.
L'altra naturalmente è quella di spettegolare e sparlare dei vicini...
Si potrebbe quasi dire che si è veramente umani proprio perchè si ipotizza e si sparla continuamente. Infatti, avete mai visto un cane o un gatto fare ipotesi su quel che li circonda o sparlare degli altri cani e gatti?...In fin dei conti , non è proprio la possibilità dataci dall'intelligenza quella che ci permette di fare ipotesi e, di conseguenza, scoperte? Che importanza ha se la chiamiamo fisica o metafisica? L'importante è tirarne fuori delle belle ipotesi, che ci possano svelare qualcosa di nuovo, fino ad allora nascosto o non conosciuto. Allo stesso modo, cosa c'è di male nello spettegolare sui vicini e , sparlandone, fare ipotesi sulla loro vita e sul modo di menarla?...
Ben lo diceva la grande Jane Austin: " Cosa rimarrebbe dei pochi piaceri della vita se ci privassimo pure di quello, del tutto innocente, di spettegolare sui vicini di casa?"... ;D
Spesso, ipotizzare e spettegolare, vanno a braccetto. Per esempio, fresca fresca, giusto pochi giorni prima di Natale il nostro vicino, un umile operaio con moglie e due figli a carico, si è...diciamo così...concesso un regalino, probabilmente per gratificarsi un poco, visto la famiglia che si ritrova...va bé, questo è un altro discorso...ossia è arrivato a casa alla guida di una nuova , fiammante Audi. E allora?...Voi direte, cosa ce ne cale a noi, son affaracci suoi!...Eh no, perché l'evento ha dato la stura per iniziare, tra noi amici, ritrovatoci a dover dar fondo ad una bottiglia di Zibibbo, per formulare una marea di ipotesi sul poveraccio ( rivelatosi sorprendentemente assai meno povero di quello che era il consensus generale...). La questione era chiara, posta da Luigino in modo ben preciso. Si presentava una domanda che richiedeva un'investigazione, tra il fisico e il metafisico: "Come può un operaio, con moglie che non lavora e due figli , acquistare un'auto come quella?". Ecco allora, prima di far scattare le doverose ipotesi, andar tutti ad informarci sul reale valore di quel bene, utilizzando la nota rivista del settore "Al Volante" che ci strappavamo di mano nella consulta frenetica.  All'iperbolica cifra di 52.ooo euri , un silenzio glaciale, inframezzato da un rutto soffocato malamente, è calato tra noi...
Come potete intuire, la gente che frequenta Villa Sariputra brilla per la totale assenza di moneta, sia reale che virtuale, e molti ricoprono incarichi lavorativi più "prestigiosi" del caro vicino...
Ecco allora fiorire le ipotesi fisiche: una vincita, un'eredità, una pila di cambiali fino al 2039, un'ipoteca sul modestissimo appartamento, mah...e poi dalle fisiche alle metafisiche: è giusto che questo pazzo sperperi ben 52.ooo eurozzi per un'auto, quando ha moglie e figli ai quali la durezza della vita potrebbe reclamare senz'altro qualcosa? E' giusto che sperperi 52.ooo eurozzi quando invece poteva acquistare un'utilitaria e devolvere , se proprio voleva disfarsene, il rimanente ai bisognosi lontani e...pure a quelli vicini? L'ingrato a cui spesso, impietosito, facevo recapitare a domicilio, tramite mia figlia, dei bei ovetti freschi di gallina ( che non sono in grado di dimostrare non sia un maiale, ma di sicuro dimostra di saper fare le uova, cosa che quel maledetto del maiale si è sempre rifiutato di farmi...)...
Vedete come, da una banalità, a poco a poco si approfondisce la discussione, soprattutto se allietata da un buon vinello fresco accompagnato da noci e bagigi?  Così, a poco a poco, ci siam ritrovati a sviscerare e ponderare sui massimi sistemi, tirando alla fine persino in ballo "Lui"...il grande presenteassente delle nostre esistenze...Dio stesso, chiamato al convito contadino e alla libagione. Ecco allora che, spettegolando su una bianca, inaspettata Audi station wagon, si è finiti per dichiararci la nostra fede o la sua assenza, le nostre speranze e i nostri più intimi tormenti...Luigino è scoppiato in pianto ricordando il figlio perduto; Marisa, nel tentativo di consolarlo, è finita a tirar fuori tutta la sua sofferenza per esser senza figli e Adino è riuscito finalmente a dire alla moglie...che , porca vacca! Anche lui ha sempre desiderato farsi una bella automobile...ovviamente tra le risate generali... ;D
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

sgiombo

Quando penso non uso il mio cervello (come uno strumento), ma invece, di pari passo al mio pensare accadente nell' ambito della mia esperienza cosciente*, accade che se qualcuno trova il modo di osservare il mio cervello (possibilmente senza ammazzarmi o mandarmi in coma o rendermi invalido, se appena possibile! Per esempio indirettamente per il tramite dell' imaging neurologico), allora, nell' ambito dell'esperienza cosciente** di tale "qualcuno" (e non della mia*), accade che si verifichino certi determinati eventi neurofisiologici (e non affatto i miei pensieri coscienti!) all' interno del mio cervello stesso.

Ma posso benissimo dire che attraverso le scienze (e non solo), se sono vere alcune tesi indimostrabili essere vere né essere false, possiamo avere una comprensione parziale della realtà indipendente da noi per quanto tale comprensione sia confusa per il semplice fatto che (alla conditio sine qua non della verità di tali tesi indimostrabili)  la realtà stessa sarebbe così come é e come la conosciamo* anche se non la conoscessimo (fra l' altro di essa sappiamo che alcune "cose" erano così come sappiamo che fossero anche quando né noi né alcun altro uomo esisteva ancora, e alcune"cose" saranno così come sappiamo che saranno anche quando né noi né alcun altro uomo esisterà più), quindi "indipendentemente da noi" e dalla nostra conoscenza di essa.
_____________________
* Salvo ovviamente il fatto che non la conosceremmo.

sgiombo

#27
Citazione di: Sariputra il 27 Dicembre 2017, 18:46:19 PM
dei bei ovetti freschi di gallina ( che non sono in grado di dimostrare non sia un maiale, ma di sicuro dimostra di saper fare le uova, cosa che quel maledetto del maiale si è sempre rifiutato di farmi...)...

Sempre simpaticissimo, Sari.

Buon anno a te e a tutti quanti!

Ma non maledire il maiale: vuoi mettere salami, prosciutti, cotechini e zamponi, ciccioli, ecc. che ti darà, e che la gallina (anche ammesso e non concesso non sia dimostrabile non essere un maiale e viceversa) non ti darà mai?
Fra l' altro un ottimo prosecco, di cui sei produttore, mi sembra particolarmente adatto da accompagnare ai doni "generosamente" (si fa per dire) elargiti (ma infatti per coercizione estrinseca alla sua intrinseca volontà) dal maiale (anche se quelli che se la tirano probabilmente preferirebbero un rosso fermo).

Apeiron

#28
@Angelo, il fatto che "non ci intendiamo" secondo me è, almeno a volte, proprio dovuto al fatto che noi diamo il significato alle parole in modo diverso  :)



Per esempio per me la meta-fisica è un'attività atta a cercare di comprendere per quanto ci è possibile la "natura delle cose". Questa comprensione, però, può non essere "completa" ma può essere anche parziale. E siccome questi termini solitamente si usano per descrivere la filosofia greca allora uso proprio spesso esempi di quella cultura per farmi capire. La "pretesa" della meta-fisica nasce da un bisogno dell'uomo molto "primario" che è quello di cercare di "capire" le cose e non semplicemente di descriverle. Restando alla filosofia greca sono nati vari sistemi: il "platonismo", l'"aristetelismo", l'epicureismo, il pirronismo, il cratilismo, la filosofia eleatica,l'atomismo ecc. Tutti questi sistemi erano un tentativo di creare una "teoria" che spiegasse i fenomeni. Osserviamo, per esempio, la moltitudine di fenomeni però osserviamo anche l'universale nel particolare (in fin dei conti sia Socrate che Eraclito erano uomini, così come lo sono io adesso...). E nessuna di queste era "scientifica" nel senso che diamo noi al termine oggi in quanto non si basava sull'osservazione e sul "test" sperimentale. Tuttavia l'enorme varietà di idee che era presente in quei secoli, anche nella stessa scuola (ad esempio Speusippo e Platone...), ti fa capire che la meta-fisica, ovvero il tentativo di dare una risposta alle "domande fondamentali", era un'attività libera e anzi "liberante". Poi però l'interazione tra religione e politica ha contrastato questa libertà già nella Grecia stessa, vedasi Socrate accusato di empietà (pur non essendo "non credente"). Nel medioevo poi si è "unificata" la metafisica con la teologia e qui i problemi si sono moltiplicati: le risposte bene o male c'erano già (dottrina x, dottrina y, dottrina z...) e al filosofo non restava che "rifinire" alcune problematiche della teoria esistente (ovvero la "teologia cristiana" del tempo). Ora, sinceramente, non credo che tu abbia problemi con il "tentativo" quanto tu hai invece problemi col fatto che "non è possibile dimostrare" le cose e su queso sono d'accordo ma come sto cercando di dirti questa "fissità" che tu vedi tra i meta-fisici non la vedo, per esempio, nei dialoghi platonici. Se questa "fissità" ci fosse stata (ovvero se allora si pensava che Platone avesse dimostrato tutto) allora i suoi successori nell'Accademia dovrebbero aver vissuto con "l'ipse dixit", cosa che storicamente non è avvenuta. Quindi a meno che tu non abbia problemi con il "wondering" e con l'uso della ragione nel tentativo di spiegare "la natura delle cose" sono d'accordo con te. Come dicevo prima il problema col cristianesimo è che non è più meta-fisica nel senso che le risposte ci sono già (= non c'è più niente da ipotizzare ma solo da interpretare). Lo stesso si può dire, ad esempio, di un buddhista che crea un sistema concettuale (cosa che in fin dei conti sono i "commentari") per interpretare i discorsi. Ma c'è una bella differenza tra questo - che è un lavoro di interpretazione - e la metafisica, che invece è un tentativo di spiegazione delle cose. Se poi per te anche solo credere che abbia senso ipotizzare è un problema è un altro discorso. Sinceramente mi "schiero" in tal caso con i meta-fisici antichi, ovvero Parmenide, Platone, Democrito, Eraclito ecc.


Per quanto riguarda la scienza... Semplicemente io ho osservato quello che: (1) fanno abitualmente gli scienziati (2) quello che gli scienziati affermano riguardo al loro lavoro. Il problema della demarcazione nasce dal fatto che "non è semplice" distinguere meta-fisica e scienza naturale, come ad uno sguardo superficiale accade. Stando a Popper una teoria è scientifica se falsificabile. Molto bene, però anche la teoria della relatività più l'affermazione "domani però i maiali voleranno" è una teoria scientifica. Oppure si può dire, seguendo Kuhn, che quello che conta sono i "paradigmi", però questo ha la debolezza di rendere la scienza un qualcosa che dipende dalla particolare cultura del tempo. SI può andare oltre e fare come Feyerabend e scrivere "contro il metodo". Sinceramente nessuno di questi tentativi mi ha veramente soddisfatto in quanto nessuno di essi riesce a coprire tutto ciò che solitamente viene indicato come scienza. Se poi usassimo la definizione di Galileo, ovvero dessimo una fondamentale importanza alla matematica, allora nemmeno potremo chiamare la medicina "scienza" se volessimo essere davvero coerenti. Einstein ad esempio lavorava con esperimenti mentali, Dirac si concentrava sull'aspetto matematico delle teorie - eppure anche questi lavori che di fatto non partono dall'osservazione sperimentale non sono considerati "non scientifici". Idem per Maxwell che ha unificato l'elettromagnetismo. E oggi si parla di "teoria del tutto", ovvero una teoria che "pretende" di spiegare "ogni fenomeno". Vediamo in tale tendenza la "meta-fisica"? No. Secondo me vediamo sinceramente una tendenza dogmatica "scientista", ovvero a non voler ammettere qualcosa di reale che "va oltre" ciò che può essere scientificamente conosciuto. Inoltre se proprio vogliamo essere pignoli anche questa è in fin dei conti "meta-fisica" in quanto si nega l'esistenza di realtà "ulteriori". Non rimane forse "l'agnosticismo" o la "sospensione del giudizio" eppure come ben hai fatto notare ci sono parti della nostra esperienza - estetica, spiritualità ecc - che ci suggeriscono che non tutto può essere descritto in termini "scientifici". Per quanto riguarda Hawking il suo ragionamento era diverso: siccome l'universo per Hawking si è generato letteralmente "a caso" allora Dio non è necessario. Qui però si vede ancora un ragionamento che inizialmente è scientifico, poi però diventa "meta-scientifico" (i.e. meta-fisico) spacciandosi per scientifico perchè in fin dei conti questo "vuoto" che rimane in realtà ha la "proprietà" di "trasformarsi" in tutto ciò che vediamo oggi. In sostanza rimane ancora da spiegare "l'ontologia" delle regolarità della natura (anzi le regolarità dei fenomeni sono un a-priori della scienza... ovvero "meta-fisica"... pochi lo riconoscono devo dire). Ancora peggio è Krauss secondo cui quel "vuoto" coincide col "nulla". Ti "sfido" dunque io a darmi una definizione completa di scienza.


Riguardo al soggetto ....Dici che io uso il cervello e sono d'accordo con te. Ma io riconosco che il mio cervello, così come il tuo, è inserito in un contesto "esterno" con cui interagisce. Ora a meno che non ci divertiamo a rinchiuderci nel solipsismo dobbiamo ammettere che tra di noi ci siano delle verità "condivise", per esempio che sia io che te stiamo leggendo sul Forum di Riflessioni. E qui non capisco la tua continua negazione della possibilità che ci siano verità universali che sono valide per tutti i soggetti (i quali mi par di capire che per te sono "reali"...). Nel contempo però affermi che nessun soggetto può conoscere qualcosa che non dipende da lui, quindi fai una affermazione di verità universale [universale non significa assoluta o indipendente ma condivisa da tutti]. Con questa espressione intendo dire che ad esempio io posso parlare sensatamente delle proprietà del tavolo anche se il tavolo non è "me" e posso anche affermare che il tavolo possiede proprietà che continuano ad esistere anche se io non lo percepisco più (di nuovo non è nient'altro che un'ipotesi). Riguardo all'umanità... siccome appunto non si può dimostrare che un cane è diverso da un gatto, però è empiricamente evidente che lo è [se per te "è troppo" prendere ciò come verità condivisa è un altro discorso] allo stesso modo ritengo che è "empiricamente evidente" che tra gli esseri umani ci sono caratteristiche comuni (condividiamo perciò qualcosa che ci rende umani, ovvero "la forma") allora "mi sento in diritto" di credere che studiano ad esempio me stesso ("conosci te stesso..." - Oracolo di Delfi) posso fare affermazioni che anche sono vere anche per te, anche se logicamente non posso provarlo [ma se stessimo a ciò che razionalmente si può provare non potrei nemmeno vivere, visto che in fin dei conti tra qualche minuto potrei, per cause sconosciute, morire... ma in genere vivo senza pormi questo dubbio]. Dunque se è possibile affermare che tra noi esseri umani c'è qualcosa di comune allora, secondo me, anche il concetto di "dignità umana" è ragionevole pur non essendo, strettamente parlando, "razionale". E se leggi i dialoghi platonici (per esempio) vedi che i personaggi spesso fanno ipotesi, arrivano ad una conclusione e poi  vedono se "nella realtà" può aver senso. Inoltre vivendo noi un tempo limitato ("pensa come un mortale" - Oracolo di Delfi) dobbiamo per forza fare alcuni "atti di fede" e rinunciare a dimostrare che, per esempio, domani il Sole sorgerà. Il problema che tu vedi non è nella filosofia bensì quando questa viene unita alla religione, dove appunto si sceglie di "affidarsi completamente" ad un sistema di dottrine. Personalmente quando vedo che un principio come "trattare gli altri con rispetto è meglio che trattare gli altri senza rispetto" e lo vedo sostenuto da molti filosofi e tradizioni spirituali non posso non credere che sia ragionevole che esso sia "vero". In fin dei conti anzi un po' di "fede" è necessaria anche per la ricerca filosofica, visto che ci si affida al fatto che lo studio dei filosofi del passato e le discussioni che stiamo facendo possano farci progredire nella ricerca.


Riguardo al cane e al gatto non posso dimostrarti che sono diversi. Se fossi un greco antico tenterei di dare una spiegazione dicendo chefatto che uno possiede che le caratteristiche (i.e. forma) che lo rendono cane e l'altro invece quelle che lo rendono gatto. Oggi abbiamo la scienza che ci dice che quell'intuizione della "forma" non è poi così un'assurdità come il pensiero "post-moderno" ci vuole far pensare (anzi oggi si può quasi dire che la "forma" del cane o del gatto è contenuta nel "codice genetico". Platone e Aristotele ritenevano che l'informazione fosse "reale" e che un gatto avesse in lui un "codice" che lo rendeva gatto - intuizione che non mi pare poi così sbagliata). Sinceramente chiedermi se queste "forme" abbiano uno status ontologico indipendente da me non mi sembra una domanda senza senso. Se per te anche la domanda lo è, è un altro paio  di maniche. Posso ammettere che la risposta non abbia senso... ma la domanda  ::)  ::) anzi e prendere una posizione in merito (ovvero affermare che abbiano uno status ontologico "indipendente" o negarlo mi pare del tutto legittimo. Se per te non lo è, buon per te ;) )

Comunque ritengo molto interessante che in molte teorie "meta-fisiche" (ovvero ripeto, teorie fatte dove la falsificazione/verificazione empirica non è possibile...) spesso gli stessi filosofi che le espongono sono i primi ad arrivare ad un qualcosa di "ineffabile". Vedo ciò come un riconoscimento che ad un certo punto il limite intrinseco della nostra ragione si manifesta nella sua inabilità a comprendere totalmente la realtà. E sinceramente se non fosse per Platone &co e dessi retta allo "scientismo" invece non potrei nemmeno affermare che la ragione non può comprendere tutta la realtà...

@sgiombo parte della mia risposta al tuo intervento era in effetti "fuori tema". Mi ero confuso.

@Sari sempre simpatico ;) appunto togliersi il "diritto" di speculare (fare pettegolezzi) secondo me è un "reato" contro noi stessi ;)

Colgo l'occasione di augurare Buon Anno :)
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Angelo Cannata

Visto che il mondo non è riuscito finora ad accordarsi su definizioni di scienza e di metafisica abbastanza soddisfacenti, non tautologiche, ci provo io.

Ecco la mia definizione di scienza, fresca fresca, inventata un minuto fa:

scienza è un insieme di regole che cercano di spiegare, e di conseguenza prevedere, il maggior numero possibile di eventi.

In questo senso, ad esempio, anche il gioco del calcio è una scienza, perché spiega, attraverso certe regole, il comportamento dei calciatori che vogliano giocare; il problema è che tali regole spiegano solo quel gioco e non spiegano, ad esempio, come nasce una farfalla. Fisica, chimica, matematica, sono regole come quelle del calcio, con la differenza che riescono a spiegare un maggior numero di eventi, incluso ciò che avviene quando alcuni giocatori giocano a calcio. Perciò le regole del gioco del calcio sono scienza, ma fisica, chimica, matematica, sono scienza a maggior titolo, perché spiegano un maggior numero di eventi.
In questo senso anche le teorie sulla generazione spontanea erano scienza, ma poi è sopravvenuta la scoperta di altre regole che riuscivano a spiegare un maggior numero di eventi; così, con lo scorrere dei secoli, avviene che nuove scienze ne sostituiscano in continuazione altre più vecchie, perché riescono a spiegare più cose.
Anche lo spiritismo è una scienza, ma quella che noi oggi chiamiamo scienza riesce a prevedere un numero di eventi molto maggiore di quanti riesca a prevederne lo spiritismo, perciò lo spiritismo risulta essere una scienza molto inferiore rispetto a ciò che oggi chiamiamo scienza, talmente inferiore da non meritare neanche di essere chiamato propriamente "scienza".
Ho scritto nella definizione "il maggior numero possibile": la scienza non ha alcuna pretesa di riuscire a spiegare tutto; piuttosto, considera sé stessa in continua crescita, continua evoluzione, sempre pronta ad abbandonare o modificare regole e leggi, in vista di altre che spieghino più eventi. La scienza sa benissimo di non riuscire a spiegare tutto, ma proprio questo consente di chiamarla scienza: essa non intende spiegare tutto, ma solo il maggior numero possibile di eventi.

La metafisica intende invece spiegare tutto. Per poter essere spiegazione di tutto essa è costretta a prescindere, almeno in parte, dall'esperienza, poiché non è possibile avere esperienza di tutto. Non potendo basarsi totalmente sull'esperienza, essa si basa sull'astrazione, cioè l'induzione, il passaggio dal particolare all'universale. Dall'osservazione di quel poco di esperienza che la nostra natura umana ci consente, la metafisica decide di poter ricavare regole talmente vaste da poter abbracciare tutto. Essa compie questo salto verso il tutto ritenendo che i princìpi che è riuscita ad ottenere si possano già oggi estendere a tutto. Il principio base della metafisica è il principio di non contraddizione.

In questo senso sia la scienza che la metafisica si servono del principio di non contraddizione, con una differenza: la scienza se ne serve perché vede che esso riesce a spiegare un numero di eventi che nessun altro principio riesce a spiegare. La scienza sa che possono esistere eventi che il principio di non contraddizione non riesce a spiegare, ma non se ne fa problema, perché alla scienza non interessa spiegare tutto; le interessa solo servirsi di quei principi che oggi offrono il massimo. Non tutto, ma il massimo. La metafisica invece non ammette che possano esistere eventi che il principio di non contraddizione non riesca a spiegare. In questo senso la metafisica si pone come un sapere già arrivato al massimo, perché arrivato al totale. La scienza invece non vede affatto sé stessa come arrivata ad alcunché.

Mi fermo qui per non essere troppo lungo: da ciò che ho scritto puoi ricavare da te ciò che si accorda oppure contrasta con ciò che hai scritto tu.

Come vedi queste mie definizioni di scienza e di metafisica?

Buon anno a tutti anche da parte mia.

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