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Amor fati

Aperto da doxa, 23 Novembre 2019, 21:22:00 PM

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doxa

Nel topic riguardante "La morte",  Ipazia nella settima pagina, terzo post, ha citato l'amor fati, che considera "il punto più alto della riflessione nicciana".

Vi va di approfondire l'argomento ? Questo topic va bene fra le tematiche filosofiche o in quelle spirituali ? 

E' conciliabile l'amor fati, l'amore per il fato con la religione cristiana ? Mi sembra di si. L'amor fati cristiano è in un verso del "Pater noster": "Fiat voluntas tua" (sia fatta la tua volontà). Il fato è la volontà di Dio declinata in modo impersonale.


Fato o provvidenza divina ? Nell'amor fati collimano la libertà e il libero arbitrio, la vita individuale con i propri limiti e le proprie responsabilità, senza struggersi per essere altro e altrove, è amore metafisico per la realtà, è la serenità per gli inquieti, ... o no ?

La locuzione latina "Amor fati" deriva dall'antica filosofia stoica, e questa, se ho capito bene,  considera l'individuo come parte del logos divino e ciò che gli accade dipende dal fato, dal destino, che gli è stato assegnato fin dalla nascita, perciò lo deve accettare con amore e non con rassegnazione.

Il destino spesso è incomprensibile, a volte disumano, sembra l'opposto di quel che si vuole, invece è proprio quello che deve essere.

Per il filosofo tedesco Friedrich Nietzsche, sempre se ho capito bene, ebbe verso l'amor fati un atteggiamento di accettazione attiva del proprio destino. 

Secondo Nietzsche l'individuo che riesce ad elevarsi ad "Oltreuomo", fa coincidere la propria volontà con il corso degli eventi come essi si presentano.

Ilsolitariosocievole

Il problema eterno del destino, qualunque sia la definizione che se ne dia, è questo: se esiste il destino, non può esistere la libertà. A meno che non mi si spieghi come queste due realtà così incompatibili possano coesistere. 

Ampliamo il discorso: destino significa, ridotto all'osso, che "quel che succede, deve succedere". Punto. Non c'è spazio per l'alternativa, la probabilità, la possibilità: doveva andare così e così è andata, e inoltre così andrà, qualunque sia l'evento o la situazione del futuro. 

Dal punto di vista cristiano, questo è inaccettabile: se Dio è destino, allora anche Auschwitz era destino. A meno che non si sia calvinisti e si creda nella, appunto, predestinazione, che è la versione cristiana della sottomissione musulmana ad Allah. Già qui c'è una contraddizione insanabile: esiste Dio e la sua volontà è il destino, ma poi nella vita pratica esiste il libero arbitrio... Ma allora nessuno è veramente colpevole...  :-X

Dal punto di vista stoico, l'accettazione del destino è già più sensata: esiste una Volontà cosmica, questa Volontà tende al Bene, il saggio si consacra e adegua a tale Volontà, per quanti ostacoli e accidenti possa trovare sul proprio cammino. È una presa di posizione già più condivisibile, perché non prevede una frattura tra ciò che il Cielo vuole e ciò che l'uomo vuole: l'uomo fa parte dell'universo e questo è soggetto alla Volontà di cui sopra, tutto qui. Il problema allora è capire se esiste o no, questa Volontà... 

Nietzsche fa effettivamente coincidere la volontà del superuomo col destino, e questa è la sua definizione di amor fati. Non ricordo esattamente la citazione in proposito, ma suonava più o meno così: "Non così andarono le cose , ma così VOLLI CHE ANDASSERO." Il problema di questa sua concezione è nel vedere gli eventi esterni come puro caos, cui solo il volere del superuomo può imporre un ordine. Il caos esiste, certo, ma anche l'ordine: se tutto è caos, perché allora gli alberi là fuori non si sgretolano in mille pezzi ogni secondo? Perché il moto delle onde non si arresta all'improvviso? E potremmo seguitare... Esiste anche un ordine, per quanto fragile e di vetro esso sia: né la mia volontà né quella del superuomo lo cambierà mai. 

Veniamo al nostro secolo: le scienze hanno evidenziato come la nostra specie sia effettivamente meno libera di quanto credesse... Ho forse scelto io i miei geni? Ho scelto io di avere questo cervello e quindi questo carattere? Ho scelto io il clima e la zona geografica dove sono nato, i quali mi hanno influenzato fin dalla nascita? 
Sembrerebbe quindi che il determinismo sottostante queste verità ci privi della libertà e quindi ci costringa a una sorta di scientifico amor fati, per così dire. 
Personalmente, la ritenga una soluzione che gronda ipocrisia : se la materia è destino, allora amiamo il cancro, amiamo l'Alzheimer, amiamo la sclerosi laterale amiotrofica e via dicendo... Tanto, tutto è materia, non c'è libertà, perché dovremmo lamentarcene? 

Ma qui sta il punto: NOI CE NE LAMENTIAMO. E GIUSTAMENTE LO FACCIAMO. Noi non accettiamo, e non dobbiamo accettare, il destino della natura (malattia, carattere, ecc.), proprio perché questo destino è inaccettabile. Chi vuol tenersi il cancro? Chi vuole morire col cervello intaccato dalle placche della beta amiloide? Nessuno che sia sano di mente. Ed ecco allora che scatta la reazione: si cercano le cure, si mette in atto la prevenzione. E lo stesso discorso vale per tutti gli altri mali, morali, etici e via dicendo, da cui è afflitto l'essere umano. 
REAGIRE: ECCO IL NOSTRO SCHIAFFO IN FACCIA AL DESTINO. ECCO LA NOSTRA LIBERTÀ.  8)

Jacopus

Riprendendo il discorso di solitariosocieviole (che già dal nick sento intellettualmente vicino), non esiste alcun destino già scritto, né alcun libero arbitrio assoluto. Le nostre scelte influenzano la nostra vita e il mondo circostante e viceversa (la nostra vita e il mondo circostanza influenzano le nostre scelte).
Pensare ad un destino già scritto e definito una volta per tutte, da un lato è autoassolutorio ( "non potevo farci niente"), dall'altro ipostatizza i rapporti di potere, cioè la realtà come oggettivamente ed hegelianamente razionale, rendendo appunto razionali e legittimi l'olocausto, i totalitarismi, le brigate rosse, jack lo squartatore, e giú giú fino alle violenze domestiche, gli atti di bullismo e i piedi sul sedile dell'autobus.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

bobmax

Secondo me, per avere un'idea dell'amor fati è necessario essere stati colti, almeno una volta, dalla compassione. Compassione per tutto il mondo e compassione... per noi stessi.
Questa è, ne sono convinto, la massima manifestazione possibile dell'Amore nel nostro esserci mondano.
 
Perché ciò che siamo soliti chiamare amore, in realtà non è mai "puro" amore, vi è sempre un'ombra, un'ambiguità sotterranea, un interesse magari inconsapevole. Un'imperfezione che sovente nulla toglie alla sostanziale nobiltà del sentimento, ma che non permette, pena la nostra ipocrisia, di dichiararlo "vero" amore.
 
Viceversa la compassione può essere totalizzante. Senza ombre.
 
E' come se fossimo l'origine di tutte le cose.
E tutte le avvolge la nostra sconfinata compassione.
 
L'amor fati è perciò questa stessa compassione.
E non consiste tanto in "amore per il destino", ma amore per ciò che c'è, c'era e ci sarà. Amore per ciò che è avvenuto, avviene e avverrà. E ciò a prescindere dal "destino".
Perché l'amore è slegato da qualsiasi altra considerazione.
 
Sono parimenti convinto che il Padre nostro esprima questo stesso amore.
La differenza è solo nella forma, in quanto qui è usata la seconda persona, ma la sostanza è la medesima.
 
Negli stoici, così come in Plotino, l'Assoluto è impersonale perché prevale la componente intellettuale, mentre in Gesù è la passione a imporsi. Ma all'origine di entrambe le modalità vi è la Compassione.
 
 In entrambe, infatti, è come se l'io si sublimasse, annullandosi.
 
"Sia fatta la tua volontà" non è a ben guardare neppure una invocazione, ma una constatazione, che dobbiamo fare proprio a noi stessi.
Si usa il tu, come a chi è "altro" da noi stessi, ma in realtà quel "tu" serve solo per annullare il nostro io.
 
L'io scompare, per fare posto a Dio.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

viator

Salve ilsolitariosocievole. (mi sa che replicheranno in pochi a chi come nickname ha scelto una espressione lunga come una mezza risposta). Citandoti : "Dal punto di vista cristiano, questo è inaccettabile: se Dio è destino, allora anche Auschwitz era destino".
E perchè cristianamente la cosa dovrebbe risultare inaccettabile ? Lo sarà semmai dal punto di vista logico-filosofico.

Se il cristiano crede in un Dio che tra i suoi dogmatici attributi include sia l'imfinita incondizionata onnipotenza che l'infinita indiscutibile bontà, allora vuol dire che Auschwitz (che cinicamente noto fu evento nuocente agli ebrei e non ai cristiani) è stata anch'essa frutto della volontà e della benevolenza divina.

Che poi dal punto di vista umano si trovi in ciò una contraddizione, dipende solo dal fatto che i concetti divinamente intesi ed applicati (esempio : il bene) evidentemente non coincidono sempre con il nostro raziocinio, la nostra etica, la nostra sensibilità, la nostra utilità, il nostro egoismo.

Mettere in dubbio l'operato e gli attributi di Dio - per un credente - non sarebbe altro che una bestemmia. O ai credenti è permesso credere solo agli aspetti divini che fan loro comodo? Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

doxa

Il destino  viene immaginato come una forza sconosciuta incomprensibile, di fronte alla quale l'individuo è impotente.

Se non esiste il destino per volere divino ma dipende dalle nostre scelte, allora ha ragione Carl Gustav Jung con il suo aforisma che afferma: "Rendi conscio l'inconscio, altrimenti sarà l'inconscio a guidare la tua vita e tu lo chiamerai destino" ?

L'idea dell'esistenza di un misterioso legame tra inconscio e destino era presa in  seria considerazione da Jung. Questo psicoanalista ha anche aggiunto: "comunque si voglia designare ciò che sta in fondo alla psiche, certo è che queste energie forgiano il nostro destino".

Alcuni psicologi hanno ipotizzato  che alla base di ciò che  chiamiamo "destino" di un individuo  ci sia la manifestazione di motivazioni inconsce, che tendono ad agire al di fuori della propria  consapevolezza, perciò i loro effetti sembrano estranei alla persona e dipendenti dall'amor fati.  

Ma come si fa a trasferire la "sede" del fato dall'ultramondo all'inconscio e rendere cosciente l'inconscio ?  

L'Io dovrebbe riuscire a comprendere le "voci" enigmatiche dell'inconscio per esprimerlo in modo cosciente e capacità di scelta.

Comunque sia al "destino" non manca il senso dell'ironia nel beffeggiare l'umanità.

Ilsolitariosocievole

A viator:

Con la tua analisi, hai centrato il problema fondamentale di ogni fede: fino a quale punto il credente deve accettare incondizionatamente, o meglio acriticamente, i modi in cui agiscono il suo dio o i suoi dei? La fede, per sua stessa natura, non esige il dubbio, o al massimo lo tollera se può già darvi una risposta basata su un dogma.

Eppure, davanti all'orrore delle camere a gas e dei crematori, quasi nessun cristiano ha, giustamente, il coraggio di dire che tutto questo fu volontà di Dio. Quale Dio avrebbe tollerato tutto questo? Quale Dio non avrebbe reagito? Domande tremende, domande come pugnalate al cuore, perché nessuno l'ha ancora udita, la risposta di Dio... Il silenzio purtroppo perdura... 

Tu hai detto che il solo dubitare della volontà divina, anche in casi estremi come i lager, dovrebbe essere considerata una bestemmia da parte del credente. È un fatto che molti di loro, laici o clericali, rispondono proprio così: come osate dubitare dei piani divini? Anche nella pestilenza, c'è provvidenza, parafrasando Manzoni. 
Follia? Insensibilità? Bigottismo? Dal mio punto di vista, una delle tre, ma, da un punto di vista dogmatico, la coerenza è estrema: Dio c'è, non è lecito dubitarne. 

Altri invece, dopo le tremende domande e i tremendi dubbi, dopo aver insomma commesso l'eresia (secondo quanto detto sopra) del dubbio, vedono questa fede paradossalmente confermata: "Non so il perché di tutto questo, non so perché Dio non abbia fatto nulla, ma alla fine, dopo il Giudizio, ci sarà una risposta". 

Quindi, nel primo caso, il problema del destino viene risolto, perché Dio viene accettato, sempre e comunque; nel secondo invece, viene leggermente aggirato, perché non è affatto chiaro quanta responsabilità e quindi quanta colpa fosse dei nazisti, né quindi quanto sia scusabile l'impassibilità di Dio davanti a quanto succedeva... 

Ribadisco che si tratta di un problema insolubile, se non nel primo caso della accettazione totale della volontà divina. Fiumi di inchiostro vennero e vengono versati su questo rapporto tra Dio e agire umano, ma ogni volta ci si imbatte in dilemmi senza risposta, come quelli evidenziati sopra. Si può perfino arrivare a fare di Dio un feticcio, da usare come scusante assoluta quando più fa comodo, per poi disfarsene nei momenti meno opportuni...

Ad altamarea:

Infatti nell'inconscio hanno sede tutta una serie di condizionamenti, prevalentemente genetici ma anche socioculturale, tali per cui la maggior parte della gente agisce col pilota automatico. Non si pone nemmeno il problema. Non si domanda se ciò che fa è frutto di una sua libera scelta, o se qualcun altro o qualcos'altro lo hanno indotto a fare così. Ecco che allora vive schiava di questi condizionamenti inconsci, purtroppo, e li chiama appunto destino, prigione, carcere. 

Ipazia

#7
L'amor fati di Nietzsche c'entra nulla con l'inconscio e i fantasmi dell'irrazionale. Il suo referente è il mondo così com'è, depurato dalle fantasmatiche che definì "mondo dietro il mondo". E' a questo mondo reale che va riferito l'amor fati nicciano.

Neppure il fato è un fantasma ma sta inciso nel nostro genoma che a sua volta è inscritto nel mondo. DNA e mondo sono necessità, Dike, legge invalicabile di cui conviene farsi ragione per potere, con la ragione, spuntare un trattamento di favore (l'amor fati fatalista del cancro e di Auschwitz non è quello dell'oltreuomo). Imparando ad amarla.

E' dalla presa d'atto del mondo e delle sue leggi naturali che è possibile fondare e rifondare costantemente la legge umana che non ha alcun dio al di fuori della sua base naturale. Natura che ha prodotto un soggetto capace di servirsi di essa, non di subirne passivamente gli effetti. Entro i limiti tra nascita e morte - di individui e speci - che si possono spostare, ma non annullare. E tantomeno fantasmaticamente falsificare .
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

baylham

Non credo affatto al destino, alla necessità. 
Penso di essere una parte, sono partecipe di tutto ciò che accade, per cui la mia volontà, il mio potere, la mia libertà sono relativi, limitati, come quelli di chiunque altro.
Perciò ciò che accade oltrepassa ogni mia volontà, mio potere, mia libertà.
Perciò non capisco perché mai dovrei, potrei amare tutto ciò che accade.

Ipazia

#9
Citazione di: baylham il 24 Novembre 2019, 20:48:11 PM
Non credo affatto al destino, alla necessità.
Penso di essere una parte, sono partecipe di tutto ciò che accade, per cui la mia volontà, il mio potere, la mia libertà sono relativi, limitati, come quelli di chiunque altro.
Perciò ciò che accade oltrepassa ogni mia volontà, mio potere, mia libertà.
Perciò non capisco perché mai dovrei, potrei amare tutto ciò che accade.

Tutto esatto. Ma per giudicare il significato dell'enunciato nicciano bisogna fare uno sforzo interpretativo che vada oltre la banalizzazione. Comincerei con l'analizzare singolarmente le componenti del sintagma amor fati:

Amore, da un punto di vista naturalistico fenomenologico, si presenta come un avvinghiarsi di corpi che non veicola morte e sofferenza, ma vita e piacere. Dato reale che dà origine al più potente farmaco antinichilista che la natura abbia prodotto. Fato naturale benefico che non si può non amare già per sè, e che rimanda ad un fato più esteso nella sua pertinenza psicologica e senso metafisico.

Il Fato è un messaggero, è l'Hermes che rimanda a Zeus, che è il vero predicato del nostro amore.

Dio, fino alla sua morte, ha rappresentato tutto ciò che si poteva temere e si doveva amare. Dio era l'archè metafisico della nostra socialità razionalizzata. La nostra persuadente, perennemente rinnovabile, ri-legatura (religio) sociale. Venendo meno Dio, FN ha trasposto nella Natura la relazione amorosa, individuando in essa e nella sua evoluzione il nostro fato. E fin qui non dovrebbero esserci  problemi per chi si colloca oltre la morte di Dio.

Ma perchè amare la Natura ? Per lo stesso motivo per cui si amava Dio. Perchè l'amore è il motore più potente per la re-ligio sociale e per la interiorizzazione del senso. Comprendere il nostro fato è il modo migliore per sottrarsi ai suoi strali terrificanti e goderne gli aspetti benigni. Quindi anche un amore "utilitarista". Che si fa scudo della necessità per combattere i fantasmi della paura, tra cui la morte che ne è generatrice instancabile.

E' lo stesso amor fati di Epicuro, che personalmente ritengo meno ridondante di aspetti ideologici di quello nicciano, appesantito da uno spirito di gravità che da un critico del moralismo (e dello spirito di gravità) come lui non ci si aspetterebbe. Tutta la pippa della morale degli schiavi e dei signori viene attaccata con lo sputo alla giusta critica del "mondo dietro il mondo", rivelando la natura troppo umana, ovvero pesantemente ideologica, pure del suo pensiero.

Depurato da quella scoria, che confonde la legge naturale con la legge umana (appiattita sociodarwinisticamente), l'amor fati si assesta nella presa d'atto senza infingimenti (lo scudo della necessità) del nostro destino evolutivo, del nostro essere coscienza del mondo che paga a Dike/necessità il filo di questo contratto attraverso la dolorosa consapevolezza del proprio essere finito, mortale. Ma, come ammette bobmax, è un prezzo che si doveva pagare, che è bello pagare. E che vale la pena di amare. Godendone lo spettacolo nel frammento di autocoscienza che ci è data nell'eterno divenire in cui - totalmente - (ci) siamo.
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pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

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