Ambiguità di fondo di tutti i paradossi del mentitore.

Aperto da Eutidemo, 11 Novembre 2016, 14:31:35 PM

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sgiombo

Citazione di: maral il 13 Novembre 2016, 19:47:32 PM
Citazione"Questa affermazione é falsa"
equivale a dire (esplicitando il soggetto della frase) =
"L'affermazione <<Questa affermazione é falsa>>...è falsa."
Esatto, ma di conseguenza <<Questa affermazione è falsa>> dice di sé "oggettivamente" il vero, quindi se dice di sé il vero è oggettivamente vera proprio e solo in quanto è certamente falsa.

CitazioneAppunto!

Apeiron

#16
Concordo che sul senso di quelle frasi non si discute, non lo hanno :)

Però ad esempio dire "questo punto è il centro di una circonferenza a raggio infinito" è sia vera che falsa se vogliamo perchè il centro della circonferenza è ovunque e da nessuna parte 8)

Secondo me c'è della verità nelle logiche paraconsistenti. (...E non c'è  ;D, scherzo )

P.S. Non so quasi nulla di logica formale però in teoria non dovrei aver scritto assurdità
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

maral

In realtà il senso c'è ed è fondamentale, consiste nel fatto che il paradosso logicamente irrisolvibile mostra l'impossibilità della logica formale di fondare la totalità delle sue affermazioni per dire se esse siano vere, false o anche indecidibili (come il teorema di Godel mostra per quella faccenda logica che è l'aritmetica). In un certo senso è vero che le logiche paraconsistenti tentano di risolvere questa incresciosa situazione indebolendo il principio del terzo escluso (diminuendo la forza di alcuni connettivi logici), ma finché si mantengono nei termini del formalismo logico, quanto più lo indeboliscono, tanto più aumentano la "trivialità" logica delle loro proposizioni. A questo proposito ho trovato molto utile il libro di Berto "Teorie dell'assurdo" che ne tratta.

Eutidemo

Citazione di: maral il 13 Novembre 2016, 22:25:33 PM
In realtà il senso c'è ed è fondamentale, consiste nel fatto che il paradosso logicamente irrisolvibile mostra l'impossibilità della logica formale di fondare la totalità delle sue affermazioni per dire se esse siano vere, false o anche indecidibili (come il teorema di Godel mostra per quella faccenda logica che è l'aritmetica). In un certo senso è vero che le logiche paraconsistenti tentano di risolvere questa incresciosa situazione indebolendo il principio del terzo escluso (diminuendo la forza di alcuni connettivi logici), ma finché si mantengono nei termini del formalismo logico, quanto più lo indeboliscono, tanto più aumentano la "trivialità" logica delle loro proposizioni. A questo proposito ho trovato molto utile il libro di Berto "Teorie dell'assurdo" che ne tratta.

Il libro di Berto "Teorie dell'assurdo"  è veramente interessante.
Suggerisco a tutti di scaricarlo (gratuitamente) da qui; portare il puntatore in alto a destra, appare una freccia verso il basso, per scaricare cliccarci sopra.
https://www.uploady.com/#!/download/eAF~YsyW4Wa/E3YXNns_J~P_Cr_1

Apeiron

Vi ringrazio della segnalazione, se avrò tempo darò una letta.
Comunque credo che un po' di verità ci sia visto che:
Dio viene descritto come "ineffabile", il Nirvana anche, il Tao anche, Brahman anche, "il fatto che esista qualcosa" idem, il divenire lo stesso....ecc

E d'altronde lo stessa frase "X è ineffabile" è se vogliamo una contraddizione.  ::) 

Probabilmente ha ragione Wittgenstein : every honest philosophy must be self-destructive (non trovo la fonte di questa citazione ma conoscendolo mi sembra autentica)
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

epicurus

Citazione di: Eutidemo il 11 Novembre 2016, 14:31:35 PM
Stavo riflettendo sul fatto che tutte le "aporie del mentitore", in qualunque forma vengano espresse, sono viziate da un equivoco di fondo.
Ed infatti, secondo me, sarebbe sempre necessario distinguere (sia in astratto che in concreto), tra:
a) L'essere sinceri o bugiardi.
b) Dire cose vere o non vere.

Hai ragione nel dire che "mentire" è diverso da "dire il falso", ma sbagli nel ritenere che questo sia il problema di tutte le versioni del Paradosso del Mentitore (PM). Il PM, infatti, è ormai canonicamente rappresentato dalla frase "Questa proposizione è falsa", che non poggia sulla confusione tra dire il falso e mentire.
 
Citazione di: Phil il 12 Novembre 2016, 17:50:55 PM
Secondo me (e concordo con Apeiron, se ho ben inteso il suo discorso) si tratta di un falso problema, o meglio, di un gioco linguistico fine a se stesso: sia l'affermare che il negare, sia l'essere vero o falso, devono logicamente rimandare ad altro da sè, poichè sono affermazioni di secondo livello che presuppongono un referente di primo livello a cui riferirsi. In assenza di tale primo livello, non c'è autentico senso che venga comunicato...
 
Se dicessi "questa verità è falsa" non direi nulla di contraddittorio o paradossale, ma enuncerei semplicemente una proposizione insensata, perchè "questa verità" non si riferisce ad altro da sè, per cui non è nè vera nè falsa, ma semplicemente "vuota di senso" (cosa intendo con l'espressione "questa verità"? Nulla; manca il primo livello...).
Il PM  non è fine a se stesso, infatti la sua soluzione ha prodotto e ispirato importanti risultati in Logica.
 
Inoltre, tu proponi la soluzione tarskiana del paradosso, ricorrendo alla teoria gerarchica dei metalinguaggi, ma questa strada ha un grandissimo problema, la consistenza interna. Infatti, la teoria stessa fa affermazioni che devono essere fuori dall'intera gerarchia. La sola assunzione che tale gerarchia esiste è una di tale proposizioni! Quindi tale strada non è praticabile.
 
Citazione di: sgiombo il 13 Novembre 2016, 11:07:19 AM
E dunque dire "io mento" é come dire "ciò che sto dicendo é vero e contemporaneamente ciò che sto dicendo é falso"; dire "questa affermazione é falsa" é come dire "questa affermazione, che é vera, é anche contemporaneamente falsa": patenti contraddizioni!

No, dire "Questa frase è falsa" è equivalente a dire "E' vero che questa frase è falsa" (che è ben diverso da "Questa frase è vera e falsa").
 
Il PM è così problematico perché non è una semplice contraddizione. La proposizione "E' vero A ed è vero non-A" è una contraddizione e non ha grandi problemi. Una contraddizione è una proposizione che non può essere vera (falsa in ogni mondo possibile, o falsa in ogni circostanza possibile). Se il PM fosse una contraddizione, allora sarebbe vero che tale proposizione è falsa, quindi non sarebbe una contraddizione ma una verità! Appunto, la problematicità del PM sta proprio nella sua natura sfuggente.
 
Citazione di: Apeiron il 11 Novembre 2016, 17:44:09 PM
Chiaramente qui siamo andati fuori dai limiti della logica aristotelica. Ma allora la frase "la frase precedente se assume il valore T allora è F e quindi T=F" assume il valore "T". Per quanto paradossale può sembrare non vedo contraddizioni. Il punto è che la logica matematica ha come caso particolare la logica aristotelica, la quale perciò ha i suoi limiti di validità. [...]
Esempio: "Domani pioverà" può essere T (se si ha la certezza), F (se si ha l'impossibilità) e né T né F (se si ha l'incertezza). Chiaramente una logica a tre valori viola il principio del terzo escluso in cui è vero che una cosa non è né vera né falsa.

Qui stai proponendo di risolvere il PM utilizzando la logica a due (o più) valori? Se è così, allora tale proposta non ha successo. Consideriamo infatti il Paradosso del Mentitore Rafforzato:
 
PMR: Questa proposizione è non vera.
 
In questo caso il paradosso rimane tale anche se si adottano più valori di verità.

Qualcuno ha anche ritenuto il PM insensato per la presenza dell'autoreferenzialità. Anche questa strada, però, non porta ad alcuna soluzione. Infatti, com'è già stato affermato da Apeiron, il Paradosso della Carta non è autoreferente ma è comunque paradossale:
 
(1) La proposizione (2) è vera.
(2) La proposizione (1) è falsa.
 
Tale paradosso non è autoreferente, ma presenta una riferimento circolare. Vi è persino il Paradosso di Yablo che non è né autoreferente né ha un riferimento circolare.

Ma la questione è che, in ogni caso, non può essere una soluzione bandire l'autoriferimento dal linguaggio. Vi sono infinite proposizione sensate (e dotate di valore di verità) che sono autoreferenti: "Questa frase ha 24 caratteri", "Questa frase è una frase in italiano", ecc...Se solo alcune di queste sono paradossali, allora il problema non è l'autoriferimento in sé. Inoltre, il concetto di autoreferenzialità, chiamato anche ricorsione, è molto importante in matematica, informatica e perfino nell'utilizzo del linguaggio naturale.

Phil

Citazione di: epicurus il 19 Giugno 2017, 14:21:49 PM
tu proponi la soluzione tarskiana del paradosso, ricorrendo alla teoria gerarchica dei metalinguaggi
Mi lusinghi, poiché non conosco la teoria di Tarski (lo conosco praticamente solo di nome).

Citazione di: epicurus il 19 Giugno 2017, 14:21:49 PM
ma questa strada ha un grandissimo problema, la consistenza interna. Infatti, la teoria stessa fa affermazioni che devono essere fuori dall'intera gerarchia. La sola assunzione che tale gerarchia esiste è una di tale proposizioni! Quindi tale strada non è praticabile.
Non capisco bene perché l'affermazione di una gerarchia (meta)linguistica dovrebbe essere fuori dalla gerarchia stessa (salvo sia stato il suddetto Tarski a porre tale dovere, ma direi che possiamo ragionare anche senza di lui ;D ).
Sostenere "ci sono livelli semantici nel linguaggio" (abbandoniamo dunque il vocabolario tarskiano a cui alludevi e che non conosco!), osservando che il paradosso del mentitore è un sofisma giocoso che in fondo non significa nulla, perché manca un referente adeguato (ovvero di livello inferiore: è come voler costruire un palazzo partendo dal "primo piano", senza avere un "piano terra" ;) ), non mi pare presentare problemi di consistenza interna: la frase ha per oggetto il linguaggio e ne predica una caratteristica strutturale dall'interno (come quando entrando in un palazzo troviamo la mappa con le uscite antincendio che raffigura il piano in cui siamo, compresa la parete in cui c'è la mappa e la famigerata scritta "tu sei qui").
La constatazione "ci sono livelli semantici nel linguaggio" è semplicemente una frase di "secondo livello", come quando diciamo "nel linguaggio si usano nomi e verbi" formulando una frase che usa essa stessa nomi e verbi...



epicurus

Citazione di: Phil il 20 Giugno 2017, 19:08:04 PM
Mi lusinghi, poiché non conosco la teoria di Tarski (lo conosco praticamente solo di nome).

Citazione di: epicurus il 19 Giugno 2017, 14:21:49 PM
ma questa strada ha un grandissimo problema, la consistenza interna. Infatti, la teoria stessa fa affermazioni che devono essere fuori dall'intera gerarchia. La sola assunzione che tale gerarchia esiste è una di tale proposizioni! Quindi tale strada non è praticabile.
Non capisco bene perché l'affermazione di una gerarchia (meta)linguistica dovrebbe essere fuori dalla gerarchia stessa (salvo sia stato il suddetto Tarski a porre tale dovere, ma direi che possiamo ragionare anche senza di lui ;D ).
Sostenere "ci sono livelli semantici nel linguaggio" (abbandoniamo dunque il vocabolario tarskiano a cui alludevi e che non conosco!), osservando che il paradosso del mentitore è un sofisma giocoso che in fondo non significa nulla, perché manca un referente adeguato (ovvero di livello inferiore: è come voler costruire un palazzo partendo dal "primo piano", senza avere un "piano terra" ;) ), non mi pare presentare problemi di consistenza interna: la frase ha per oggetto il linguaggio e ne predica una caratteristica strutturale dall'interno (come quando entrando in un palazzo troviamo la mappa con le uscite antincendio che raffigura il piano in cui siamo, compresa la parete in cui c'è la mappa e la famigerata scritta "tu sei qui").
La constatazione "ci sono livelli semantici nel linguaggio" è semplicemente una frase di "secondo livello", come quando diciamo "nel linguaggio si usano nomi e verbi" formulando una frase che usa essa stessa nomi e verbi...
Innanzitutto, complimenti allora per l'intuizione riguardo la gerarchia di meta-linguaggi.  ;)
Se riesci a leggere in inglese ci sono svariati siti dove, volendo, potresti approfondire tale teoria.

Nel linguaggio naturale, noi diciamo sensatamente "nel linguaggio si usano nomi e verbi" proprio perché il linguaggio naturale non utilizza la gerarchia di livelli semantici (o metalinguaggi) che proponi tu (e Tarski). Ed infatti tu hai proposto questa soluzione proprio perché nel linguaggio naturale insorge il PM. (Tu, ad esempio, potresti dire "Nel livello 0 si usano nomi e verbi", dicendolo al livello 1.)

1. Consideriamo la proposizione "Ogni livello semantico ha almeno una proposizione vera". A che livello esattamente appartiene tale proposizione? A nessuno, perché ogni livello semantico può riferirsi solo al livello sottostante, ma tale proposizione vuole proprio parlare di ogni livello semantico. Se tale affermazione fosse di secondo livello (come mi pare tu suggerisca), allora un linguaggio di secondo livello potrebbe parlare sia di se stesso che di livelli superiori, e questo è vietato, altrimenti si ricade nel PM.

Questo mi pare il più grave problema della proposta a livelli semantici, che minaccia la coerenza dell'intero progetto. Ci sono altri problemi però oltre a questo:

2. Alice dice: "Ogni cosa che Bob dice è vera". Quindi Alice deve affermare questo a un livello superiore di tutti i livelli utilizzati da Bob. Però Bob dice: "Ogni cosa che Alice dice è vera". Ma anche qui Bob deve pronunciarsi ad un livello superiore a tutti quelli usati da Alice. Ciò ovviamente è assurdo. Questo genere di scenari, che solo in alcuni e ristretti casi portano al paradosso, non dovrebbero essere vietati a priori. Mentre la tua proposta li bandirebbe.

3. Consideriamo questa versione gerarchica di PM, chiamiamola PMG: "Questa proposizione non è vera in nessun livello della gerarchia". E siamo ritornati con il paradosso del mentitore!

4. Consideriamo una versione contingente del paradosso, chiamiamola PMC: "Ora sta piovendo e questa proposizione è falsa". Bene, tale proposizione è paradossale se ora sta piovendo, ma se non sta piovendo allora tale proposizione non è più paradossale, è semplicemente falsa (informo, per i più curiosi, che tale proposizione è falsa, visto che dove sono io ora non sta piovendo  ;D ). Allora la tua proposta non riesce a discriminare tra circostanze nelle quali una proposizione conduce ad un paradosso e altre circostanze in cui la proposizione non è paradossale. (Considera anche il caso in cui si metta in AND il paradosso del mentitore con una contraddizione.)

Phil

Citazione di: epicurus il 21 Giugno 2017, 11:55:56 AM
Nel linguaggio naturale, noi diciamo sensatamente "nel linguaggio si usano nomi e verbi" proprio perché il linguaggio naturale non utilizza la gerarchia di livelli semantici (o metalinguaggi) che proponi tu
Secondo me tale gerarchizzazione viene usata piuttosto diffusamente (anche se magari non tutti usano la metafora dei livelli): nel momento in cui elaboro un'affermazione che ha per oggetto una lingua in particolare (quella che usa "nomi e verbi"), o anche solo un'altra frase ("è vero che oggi è mercoledì"), il discorso sale ad un secondo livello semantico, e ciò è spontaneamente riconosciuto e implicato anche dall'uso quotidiano del linguaggio. Ad esempio, se io esclamassi "certo, è vero!", probabilmente chiunque mi chiederebbe "è vero cosa?", ovvero cercherebbe di individuare un livello inferiore a cui si riferisce la mia affermazione, che essendo sulla verità di qualcosa, presuppone tale qualcosa come fondamento logico implicito (ovvero livello inferiore, o, per rifare la metafora del palazzo, "a piano terra" ;) ). Nel caso del PM, come accennato sopra, c'è solo il secondo livello (dissimulatamente autoreferenziale), quindi manca il primo, dunque manca un senso di riferimento fondante (sarebbe come affermare "la frase che sto scrivendo è falsa": manca il "livello base" di cui si predica la falsità, quindi la frase, pur sintatticamente corretta, è logicamente insensata...)

Citazione di: epicurus il 21 Giugno 2017, 11:55:56 AM
1. Consideriamo la proposizione "Ogni livello semantico ha almeno una proposizione vera". A che livello esattamente appartiene tale proposizione? A nessuno, perché ogni livello semantico può riferirsi solo al livello sottostante, ma tale proposizione vuole proprio parlare di ogni livello semantico. Se tale affermazione fosse di secondo livello (come mi pare tu suggerisca), allora un linguaggio di secondo livello potrebbe parlare sia di se stesso che di livelli superiori, e questo è vietato, altrimenti si ricade nel PM.
Non ne sono totalmente convinto: parlare di "ogni livello semantico" significa in fondo parlare di un assioma, non di una semplice proposizione apofantica (come "questa frase" o "la frase che sto scrivendo", etc.), e gli assiomi (come le tautologie) direi che sono l'ultimo livello (ovvero il terzo, se "rasoiamo" forme ridondanti e inutilizzate come "è vero che è vero che il mio pc è lento"), ovvero il livello in cui si predica del linguaggio (logico) nella sua totalità.
Quindi riassumerei il tutto in: primo livello (quello che descrive gli stati di cose, gli eventi, etc. ma non il linguaggio), secondo livello (quello che parla di "valori" semantici, logici o grammaticali del linguaggio e quindi ha per oggetto altre proposizioni: essere vero o falso, corretto o sgrammaticato, etc.), terzo livello (quello che prova a parlare del linguaggio nella sua totalità).

Di conseguenza, se
Citazione di: epicurus il 21 Giugno 2017, 11:55:56 AM
2. Alice dice: "Ogni cosa che Bob dice è vera". [...] Però Bob dice: "Ogni cosa che Alice dice è vera"
si tratta semplicemente di due affermazioni di secondo livello (poichè si riferiscono a gruppi di proposizioni), che hanno per primo livello due insiemi differenti: "tutto ciò che Bob dice" e "tutto ciò che Alice dice" (il fatto che un insieme possa contenere o intersecarsi con l'altro non è semanticamente paradossale).

Invece affermare che 
Citazione di: epicurus il 21 Giugno 2017, 11:55:56 AM
3. [...]"Questa proposizione non è vera in nessun livello della gerarchia"
è come affermare "non è vero!", a cui segue la legittima domanda "cosa non è vero?", che ci rivela che non c'è un primo livello e quindi l'affermazione è insensata (non ha senso dire che è vera o falsa una proposizione che afferma o nega la sua verità senza riferirsi ad altro da sè...).

Infine, affermare
Citazione di: epicurus il 21 Giugno 2017, 11:55:56 AM
4. [...]"Ora sta piovendo e questa proposizione è falsa"
non è affatto "paradossale"(cit.), ma soltanto ambiguo: bisogna capire bene cosa si intende con "questa proposizione": se si riferisce a quella precedente (a "ora sta piovendo"), sarà vera se non piove e falsa se sta piovendo... se invece si riferisce a se stessa, manca ancora una volta il "primo livello" di riferimento e quindi è insensata (e l'essere connesa con un "and" ad un'altra proposizione per niente pertinente, la rende ancora più insensata semanticamente...).

Apeiron

#24
Il problema che vedo io è che "mentire" ha senso solo come semplice negazione di qualcosa di determinato. Voglio dire "ieri ho mentito a riguardo di questo...". Il punto è che prima di dire qualcosa bisogna fare una convenzione sul significato delle parole che si usano. "Io mento su tutto" non ha significato perchè il mentire è sempre riferito a qualcosa di particolare.

Il caso diverso e più interessante è se la logica si applica al divenire. Io sono e non sono lo stesso di cinque anni fa (e quindi entrano i catuskoti: ossia si deve ammettere che "io sono e non sono quello di cinque anni fa" e "io non sono né non sono quello di cinque annifa" sono due frasi di senso compiuto). Oppure se non si accetta questo paradosso allora "io" non esisto come realtà (anatta....).

Concordo con Phil su quanto ha obbiettato a epicurus. Il problema è che questi "paradossi" sono semplici insensatezze, come affermare che "nei numeri reali è vero che "2+2=4" e che "2+2=5"". Il più delle volte o sono paradossi inesistenti come quello che ho appena detto oppure è perchè si pretende di usare regole e/o parole in contesti dove non si applicano (dire "il vero è più esteso del vento" non significa nulla anche se le parole singolarmente vogliono dire qualcosa).

Comunque sono abbastanza ignorante di teorie come quelle di Tarski, quindi quello che dico prendetelo con le pinze.

P.S Sono ritornato, anche se il forum lo frequenterò poco :)
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

epicurus

Citazione di: Phil il 21 Giugno 2017, 16:17:57 PM
Citazione di: epicurus il 21 Giugno 2017, 11:55:56 AM
Nel linguaggio naturale, noi diciamo sensatamente "nel linguaggio si usano nomi e verbi" proprio perché il linguaggio naturale non utilizza la gerarchia di livelli semantici (o metalinguaggi) che proponi tu
Secondo me tale gerarchizzazione viene usata piuttosto diffusamente (anche se magari non tutti usano la metafora dei livelli): nel momento in cui elaboro un'affermazione che ha per oggetto una lingua in particolare (quella che usa "nomi e verbi"), o anche solo un'altra frase ("è vero che oggi è mercoledì"), il discorso sale ad un secondo livello semantico, e ciò è spontaneamente riconosciuto e implicato anche dall'uso quotidiano del linguaggio. Ad esempio, se io esclamassi "certo, è vero!", probabilmente chiunque mi chiederebbe "è vero cosa?", ovvero cercherebbe di individuare un livello inferiore a cui si riferisce la mia affermazione, che essendo sulla verità di qualcosa, presuppone tale qualcosa come fondamento logico implicito (ovvero livello inferiore, o, per rifare la metafora del palazzo, "a piano terra" ;) ). Nel caso del PM, come accennato sopra, c'è solo il secondo livello (dissimulatamente autoreferenziale), quindi manca il primo, dunque manca un senso di riferimento fondante (sarebbe come affermare "la frase che sto scrivendo è falsa": manca il "livello base" di cui si predica la falsità, quindi la frase, pur sintatticamente corretta, è logicamente insensata...)
E' naturale che dire "E' vero" è una proposizione ambigua e che poi ci si dovrebbe chiedere "Ma cosa è vero?". Anche in logica è così. Ma non è che si sta cercando il livello inferiore, semplicemente la proposizione era ambigua. Come quando si dice "Lui è in ritardo", senza che il contesto ci aiuti a capire cosa si intende per "lui". L'esempio di "E' vero che oggi è mercoledì" è più rilevante, ma il fatto è che qui tu stai proponendo una riforma dell'italiano. Cioè l'italiano non ha livelli semantici, tali livelli non sono presenti nei testi di grammatica italiana. Ma non solo non sono presenti, ma i parlanti non utilizzano tali regole e non sono vincolate ad essere. Infatti il linguaggio naturale si dice "semanticamente chiuso" perché tale linguaggio ha le risorse per parlare di fatti concernenti la propria semantica.
 
La questione davvero interessante è capire esattamente cosa nel linguaggio naturale fa sorgere il paradosso e come riformare il linguaggio per evitare i paradossi.
 
Citazione di: Phil il 21 Giugno 2017, 16:17:57 PM
 
Citazione di: epicurus il 21 Giugno 2017, 11:55:56 AM
1. Consideriamo la proposizione "Ogni livello semantico ha almeno una proposizione vera". A che livello esattamente appartiene tale proposizione? A nessuno, perché ogni livello semantico può riferirsi solo al livello sottostante, ma tale proposizione vuole proprio parlare di ogni livello semantico. Se tale affermazione fosse di secondo livello (come mi pare tu suggerisca), allora un linguaggio di secondo livello potrebbe parlare sia di se stesso che di livelli superiori, e questo è vietato, altrimenti si ricade nel PM.
Non ne sono totalmente convinto: parlare di "ogni livello semantico" significa in fondo parlare di un assioma, non di una semplice proposizione apofantica (come "questa frase" o "la frase che sto scrivendo", etc.), e gli assiomi (come le tautologie) direi che sono l'ultimo livello (ovvero il terzo, se "rasoiamo" forme ridondanti e inutilizzate come "è vero che è vero che il mio pc è lento"), ovvero il livello in cui si predica del linguaggio (logico) nella sua totalità.
Quindi riassumerei il tutto in: primo livello (quello che descrive gli stati di cose, gli eventi, etc. ma non il linguaggio), secondo livello (quello che parla di "valori" semantici, logici o grammaticali del linguaggio e quindi ha per oggetto altre proposizioni: essere vero o falso, corretto o sgrammaticato, etc.), terzo livello (quello che prova a parlare del linguaggio nella sua totalità).
Questo punto è fondamentale. Cioè per capire se la tua proposta funziona o meno per eliminare il PM, è di centrale importanza chiarire ed esplicitare il più possibile la tua teoria. Dimmi se sbaglio:
Primo livello: 2+2=4
Secondo livello: "2+2=4" è vera
Terzo livello: Si può predicare l'essere vero solo al secondo livello.
 
Sono corretti questi esempi di proposizione e il livello ad essi attribuiti?
Ma quindi non si può parlare di verità o falsità delle proposizioni del terzo livello? E si può parlare di verità o falsità delle proposizioni del secondo? (La teoria di Tarski, per esempio, dispone di una gerarchia di linguaggi con infiniti livelli. Inoltre, ogni livello ha gli stessi termini del livello sottostante e in più i termini per descrivere il linguaggio sottostante.)
 
Citazione di: Phil il 21 Giugno 2017, 16:17:57 PM
 
Citazione di: epicurus il 21 Giugno 2017, 11:55:56 AM
2. Alice dice: "Ogni cosa che Bob dice è vera". [...] Però Bob dice: "Ogni cosa che Alice dice è vera"
si tratta semplicemente di due affermazioni di secondo livello (poichè si riferiscono a gruppi di proposizioni), che hanno per primo livello due insiemi differenti: "tutto ciò che Bob dice" e "tutto ciò che Alice dice" (il fatto che un insieme possa contenere o intersecarsi con l'altro non è semanticamente paradossale).

Ma se questo scenario non è problematico, perché se Bob invece dicesse "Ogni cosa che Alice dice è falsa" si genererebbe un paradosso?
 
Citazione di: Phil il 21 Giugno 2017, 16:17:57 PM
 
Citazione di: epicurus il 21 Giugno 2017, 11:55:56 AM
3. [...]"Questa proposizione non è vera in nessun livello della gerarchia"
è come affermare "non è vero!", a cui segue la legittima domanda "cosa non è vero?", che ci rivela che non c'è un primo livello e quindi l'affermazione è insensata (non ha senso dire che è vera o falsa una proposizione che afferma o nega la sua verità senza riferirsi ad altro da sè...).
Ti chiedi cosa non è vero? "Tale affermazione, quella che parla di se stessa" è la risposta. La questione centrale è che sembra che tu voglia semplicemente negare l'autoriferimento, è corretto? Frasi come "Il peso di una matita M è pari a 1 grammo più metà del peso di M" come le vedi? Oppure se uno domandasse "Quanti caratteri ha la risposta a questa stessa domanda?" cosa diresti?
 
Citazione di: Phil il 21 Giugno 2017, 16:17:57 PM
Citazione di: epicurus il 21 Giugno 2017, 11:55:56 AM
4. [...]"Ora sta piovendo e questa proposizione è falsa"
non è affatto "paradossale"(cit.), ma soltanto ambiguo: bisogna capire bene cosa si intende con "questa proposizione": se si riferisce a quella precedente (a "ora sta piovendo"), sarà vera se non piove e falsa se sta piovendo... se invece si riferisce a se stessa, manca ancora una volta il "primo livello" di riferimento e quindi è insensata (e l'essere connesa con un "and" ad un'altra proposizione per niente pertinente, la rende ancora più insensata semanticamente...).
Riformulo per togliere l'ambiguità: "Adesso Trapani è capitale d'Italia e questa intera frase è falsa". La frase è semplicemente falsa, perché Trapani non è capitale d'Italia. Non ci sono problemi a riguardo.
E richiedere una connessione tra due proposizioni in AND non è richiesto da nessuna logica e da nessun linguaggio. E tu non ne hai mai parlato prima. Come si potrebbe specificare formalmente la natura della connessione richiesta? Ma soprattutto, che forza avrebbe una tua proposta normativa per vietare frasi perfettamente sensate come "P(x) AND T(y)"?

epicurus

#26
Citazione di: Apeiron il 21 Giugno 2017, 20:42:05 PM
Il problema che vedo io è che "mentire" ha senso solo come semplice negazione di qualcosa di determinato. Voglio dire "ieri ho mentito a riguardo di questo...". Il punto è che prima di dire qualcosa bisogna fare una convenzione sul significato delle parole che si usano. "Io mento su tutto" non ha significato perchè il mentire è sempre riferito a qualcosa di particolare.

Quindi, come ho chiesto a Phil, tu vieteresti interamente le proposizioni autoreferenti?
E la proposizione "Adesso Trapani è capitale d'Italia e questa intera frase è falsa", che si riferisce a qualcosa di particolare (come richiedi tu), come la vedi? Prova a confrontarla con questa: "Adesso Roma è capitale d'Italia e questa intera frase è vera".

Citazione di: Apeiron il 21 Giugno 2017, 20:42:05 PMConcordo con Phil su quanto ha obbiettato a epicurus. Il problema è che questi "paradossi" sono semplici insensatezze, come affermare che "nei numeri reali è vero che "2+2=4" e che "2+2=5"". Il più delle volte o sono paradossi inesistenti come quello che ho appena detto oppure è perchè si pretende di usare regole e/o parole in contesti dove non si applicano (dire "il vero è più esteso del vento" non significa nulla anche se le parole singolarmente vogliono dire qualcosa).
La cosa assolutamente interessante è cercare di capire dove e come il linguaggio generi queste insensatezze. E la non banalità del problema ci mostra proprio come il PM non sia una semplice insensatezza come dire "2+2=5" (che in realtà è falsa) o "Casa gli sicché democrazia" (questa sì palese insensatezza). Inoltre considera che la logica, per gestire il PM, ha permesso la creazione di cose molto interessanti.

Tra l'altro, considera la versione nonsense del PMN: "Questa proposizione è falsa o è senza significato".  Vedi il fascino del PM rispetto, diciamo, a "Casa gli sicché democrazia"?  ;D

Citazione di: Apeiron il 21 Giugno 2017, 20:42:05 PMP.S Sono ritornato, anche se il forum lo frequenterò poco :)
Anche se stona detto da un utente pseudonuovo come me, bentornato.  :D

Phil

Citazione di: epicurus il 22 Giugno 2017, 10:31:24 AM
il fatto è che qui tu stai proponendo una riforma dell'italiano. Cioè l'italiano non ha livelli semantici, tali livelli non sono presenti nei testi di grammatica italiana. Ma non solo non sono presenti, ma i parlanti non utilizzano tali regole
Siamo sicuri che tali "regole" non siamo implicitamente già in uso? Magari non si ricorre alla metafora dei "livelli", ma, facendo un esperimento sociale, se chiedessi a mille persone "è vero?", quante di loro mi risponderebbero "è vero cosa?!". La maggioranza, direi... certo, possiamo parlare di "primo livello mancante", di "referente assente", di "verità senza oggetto" o altro, ma il meccanismo di domanda (al di là di come lo battezziamo) mi sembra ben radicato nell'uso del linguaggio, senza bisogno di "riforme" (salvo tu abbia un'opinione differente circa l'esito dell'ipotetico esperimento sociale  :) ).

Citazione di: epicurus il 21 Giugno 2017, 11:55:56 AM
Dimmi se sbaglio:
Primo livello: 2+2=4
Secondo livello: "2+2=4" è vera
Terzo livello: Si può predicare l'essere vero solo al secondo livello.

Sono corretti questi esempi di proposizione e il livello ad essi attribuiti?
Si, dopo la correzione ( ;) ) gli esempi sono impeccabili!

Citazione di: epicurus il 21 Giugno 2017, 11:55:56 AM
Ma quindi non si può parlare di verità o falsità delle proposizioni del terzo livello?
Nel terzo livello si può parlare di verità: gli assiomi sono da ritenere veri altrimenti la struttura logica crolla... ma, a differenza del secondo livello, qui la verità non ha per oggetto un elemento "parziale" ed extra-linguistico (fatto, evento, ente, etc.).

Citazione di: epicurus il 21 Giugno 2017, 11:55:56 AM
E si può parlare di verità o falsità delle proposizioni del secondo?
Volendo, si; tuttavia secondo me, come accennavo, è ridondante e vizioso affermare che "è vero che è vero che 2+2=4". C'è "2+2=4" e c'è la predicazione della sua verità o meno, aggiungere un ulteriore livello è una complicazione inutile: dire "è vero che è vero che 2+2=4" equivale al secondo livello "è vero che 2+2=4", così come affermare che "è falso che è vero che 2+2=4" equivale a "è falso che 2+2=4", etc. si può fare un secondo livello "a matrioska", inserendo proposizioni come scatole cinesi, ma in fondo, pragmaticamente, si tratta pur sempre di stabilire se "2+2=4" è vero o falso...

Citazione di: epicurus il 21 Giugno 2017, 11:55:56 AM
Ma se questo scenario non è problematico, perché se Bob invece dicesse "Ogni cosa che Alice dice è falsa" si genererebbe un paradosso?
Questo paradosso è in realtà un mero sofisma; se non possono essere entrambe vere, possono plausibilmente essere entrambe false: dunque qualche volta Bob dice la verità e qualche volta Alice dice la verità  ;)

Citazione di: epicurus il 21 Giugno 2017, 11:55:56 AM
La questione centrale è che sembra che tu voglia semplicemente negare l'autoriferimento, è corretto? Frasi come "Il peso di una matita M è pari a 1 grammo più metà del peso di M" come le vedi?
Questa è una frase di primo livello: si descrive uno stato di cose, nella fattispecie il peso di M (e resta da verificare se sia un'affermazione vera o falsa, ma ciò spetta al secondo livello...).

Citazione di: epicurus il 21 Giugno 2017, 11:55:56 AM
Oppure se uno domandasse "Quanti caratteri ha la risposta a questa stessa domanda?" cosa diresti?
Questa mi sembra una domanda priva di senso (è come chiedere "qual'è la risposta a questa domanda?", manca il primo livello e quindi il senso): onestamente, non risponderei (comunque, la prima risposta vera che mi viene in mente è "tre", le altre sono false, ma è quasi come chiedere "scegli un numero" ;D ).

Citazione di: epicurus il 21 Giugno 2017, 11:55:56 AM
Riformulo per togliere l'ambiguità: "Adesso Trapani è capitale d'Italia e questa intera frase è falsa". La frase è semplicemente falsa, perché Trapani non è capitale d'Italia. Non ci sono problemi a riguardo.
Esatto, equivale a dire ""Trapani è la capitale d'Italia" = F", affermazione di secondo livello.

Citazione di: epicurus il 21 Giugno 2017, 11:55:56 AM
E richiedere una connessione tra due proposizioni in AND non è richiesto da nessuna logica e da nessun linguaggio
Non esplicitamente, ma se il linguaggio dobbiamo anche usarlo (e non solo formalizzarlo) con una qualunque finalità semantica (non solo logica), usare il connettivo "e" richiede un contesto di senso appropriato: se in una conversazione ti dicessi "Roma è la capitale dell'Italia e io ho un pantalone", tu mi risponderesti serenamente "bravo, questa frase è vera" oppure ti chiederesti cosa intendo semanticamente (non logicamente!) con quel "e" (oltre a domandarmi se il caldo mi stia giocando brutti scherzi  ;D ).

Citazione di: epicurus il 21 Giugno 2017, 11:55:56 AM
Come si potrebbe specificare formalmente la natura della connessione richiesta? Ma soprattutto, che forza avrebbe una tua proposta normativa per vietare frasi perfettamente sensate come "P(x) AND T(y)"?
Lungi da me il "vietare" o il fare "proposte normative" (ci mancherebbe!), ma osserverei che frasi come "P(x) AND T(y)" non sono sempre perfettamente sensate assieme (vedi sopra), anche se hanno certamente un valore di verità complessivo. Si tratta solo di non confondere la logica con la semantica, la compilazione dei valori di verità con la comunicazione...

sgiombo

#28
Citazione di: epicurus il 22 Giugno 2017, 10:31:24 AM

Ti chiedi cosa non è vero? "Tale affermazione, quella che parla di se stessa" è la risposta. La questione centrale è che sembra che tu voglia semplicemente negare l'autoriferimento, è corretto? Frasi come "Il peso di una matita M è pari a 1 grammo più metà del peso di M" come le vedi?

CitazioneNon sono un cultore di logica formale ma semplicemente uno che cerca di ragionare in modo logicamente corretto (e come tutti -chi più chi meno- faccio anche degli errori logici, e in questo caso farmi notare le scorrettezze logiche in cui incappo mi é certamente di giovamento onde correggermi).

Sarà per questo, ma a me il paradosso del mentitore non fa l' impressione di essere un' importante questione filosofica, ma semplicemente una (pretesa) frase senza senso; e dunque a maggior ragione tale da non poter decidere se sia vera o meno.
Un po' come se mi dicessero: "c' é un teorema rosso freddissimo sul davanzale della coscienza olistica inesistente ubicata fra Roma e l' Atlantide successivamente alla seconda guerra mondiale e prima della scoperta dell' America".

Comunque se Il peso di una matita M è pari a 1 grammo più metà del peso di M ne deduco che la matita M pesa 2 grammi.
CitazioneP.S Sono ritornato, anche se il forum lo frequenterò poco 

Anche se stona detto da un utente pseudonuovo come me, bentornato.


CitazionePiù che una stonatura mi sembra ...un paradosso!

Apeiron

#29
Citazione di: epicurus il 22 Giugno 2017, 11:07:31 AM
Citazione di: Apeiron il 21 Giugno 2017, 20:42:05 PMIl problema che vedo io è che "mentire" ha senso solo come semplice negazione di qualcosa di determinato. Voglio dire "ieri ho mentito a riguardo di questo...". Il punto è che prima di dire qualcosa bisogna fare una convenzione sul significato delle parole che si usano. "Io mento su tutto" non ha significato perchè il mentire è sempre riferito a qualcosa di particolare.
Quindi, come ho chiesto a Phil, tu vieteresti interamente le proposizioni autoreferenti? E la proposizione "Adesso Trapani è capitale d'Italia e questa intera frase è falsa", che si riferisce a qualcosa di particolare (come richiedi tu), come la vedi? Prova a confrontarla con questa: "Adesso Roma è capitale d'Italia e questa intera frase è vera".
Citazione di: Apeiron il 21 Giugno 2017, 20:42:05 PMConcordo con Phil su quanto ha obbiettato a epicurus. Il problema è che questi "paradossi" sono semplici insensatezze, come affermare che "nei numeri reali è vero che "2+2=4" e che "2+2=5"". Il più delle volte o sono paradossi inesistenti come quello che ho appena detto oppure è perchè si pretende di usare regole e/o parole in contesti dove non si applicano (dire "il vero è più esteso del vento" non significa nulla anche se le parole singolarmente vogliono dire qualcosa).
La cosa assolutamente interessante è cercare di capire dove e come il linguaggio generi queste insensatezze. E la non banalità del problema ci mostra proprio come il PM non sia una semplice insensatezza come dire "2+2=5" (che in realtà è falsa) o "Casa gli sicché democrazia" (questa sì palese insensatezza). Inoltre considera che la logica, per gestire il PM, ha permesso la creazione di cose molto interessanti. Tra l'altro, considera la versione nonsense del PMN: "Questa proposizione è falsa o è senza significato". Vedi il fascino del PM rispetto, diciamo, a "Casa gli sicché democrazia"? ;D
Citazione di: Apeiron il 21 Giugno 2017, 20:42:05 PMP.S Sono ritornato, anche se il forum lo frequenterò poco :)
Anche se stona detto da un utente pseudonuovo come me, bentornato. :D


Hai ragione, ho fatto confusione tra falsità e insensatezza (ossia ho creato un po' di confusione linguistica). Provo a chiarire le cose cercando di eliminare la confusione.
Verità/Falsità: è un valore logico, ossia è un valore che si può applicare ad una proposizione "valida" (ad esempio "oggi piove" può essere o vera o falsa).
Invalidità/validità: una proposizione si dice valida se la sua forma è "permessa" dalle regole/assiomi da cui si parte. "Io essere Apeiron" è, in italiano, una frase grammaticamente errata e quindi invalida.
Sensatezza/insensatezza: una proposizione è sensata se porta un significato. Può essere vera o falsa.
Il problema è distinguere tra queste tre categorie. "Il buono è più bello del vento" è "valida" perchè ha una struttura grammaticale corretta. Tuttavia è chiaro che non porta significato, i.e. è insensata. Tuttavia se includiamo le regole semantiche (che pure fanno parte di un linguaggio) nei criteri per stabilire la "validità" di una proposizione allora la frase "il buono è..." è invalida. Il PM a mio giudizio ha proprio il problema di non rispettare le regole semantiche, ossia di usare le parole fuori dal contesto in cui esse hanno significato. Per questo a mio giudizio "io mento" (ossia "io mento su tutto") è insensata. "2+2=5" invece a mio giudizio è invalida (oppure falsa se ritieni che gli enti matematici siano reali, ossia se appoggi una forma di realismo matematico...). Il linguaggio genera paradossi perchè come ogni altra nostra facoltà è limitata e imperfetta e quindi spesso per esprimerci siamo costretti a usare parole senza alcun senso, perchè decontestualizzate. In sostanza se vuoi proprio qui nel linguaggio vedi l'anelito (infinito e quindi mai soddisfatto) dell'uomo di trascendere i suoi limiti. Prova ad esempio a "immaginarti" un atomo. Quella che ti crei è un'immagine formata da concetti che valgono nel mondo macroscopico e che non posso essere estesi al mondo microscopico. Quella che ti crei è un'immagine "senza senso" perchè usi concetti dove non possono essere utilizzati. Idem per la poesia, per la metafisica, per la religione ecc.  

In genere la mia visione del linguaggio è mutuata dal secondo Wittgenstein, ossia come una sorta di "cassetta degli attrezzi" che modifichiamo a seconda dell'uso che vogliamo farne. A volte però ci mettiamo a usare un cacciavite anziché una chiave per aprire una porta XD

P.S. Grazie della (ri)accoglienza
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

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