Ambiguità di fondo di tutti i paradossi del mentitore.

Aperto da Eutidemo, 11 Novembre 2016, 14:31:35 PM

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Apeiron

sgiombo concordo con te (per ora e se ti ho capito bene  ;D ) sul discorso delle tautologie.

Non concordo con te sulla questione del divenire. Cosa è rimasto uguale a te da quando eri bambino? Risposta mia: una continuità, il processo. Non qualcosa di materiale, non è che possiamo indicare qualcosa nel tuo o nel mio corpo e dire: "questo sono io, questo non è cambiato e costituisce la mia identità". C'è solo un processo, una "vita" - questo non è cambiato. Ma ovviamente il processo cambia rimandendo se stesso.

Eraclito: "a coloro che scendono negli stessi fiumi diverse e ancora diverse acque affluiscono"  8) : le acque cambiano ma è proprio questo cambiamento delle acque che costituisce "l'identità" del fiume.
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

maral

#76
Citazione di: sgiombo il 16 Luglio 2017, 15:13:29 PM
Per tutti i parlanti la lingua italiana "divenire" significa "cambiare, trasformarsi, passare da uno stato all'altro; il fluire della vita, della storia, l' acquistare nuova forma, qualità o stato; il farsi diverso".

Ovvero essere a un certo tempo relativamente, parzialmente, limitatamente (per certi aspetti) la stessa cosa, e limitatamente parzialmente, limitatamente (per certi altri aspetti) un' altra, diversa cosa" che a un certo altro tempo.
E' questa la frase che non ha senso logico. Se diciamo che da bambino Sgiombo era con i capelli biondi e ora gli sono diventati bianchi (a parte che non c'è una sola cellula o altro che sia rimasto lo stesso e non solo i capelli), come puoi dire che si tratta sempre dello stesso Sgiombo? O Sgiombo include i capelli biondi per essere Sgiombo, o non li include, o include le sue cellule o non le include, o è quello o è altro, non diventa da questo altro restando lo stesso. Quello "stesso Sgiombo" è solo un'immagine senza immagine che vive della presente memoria dello Sgiombo attuale ed è in questa memoria attuale che lo Sgiombo attuale trova ora dei resti di significato che egli interpreta come tracce di un percorso di cambiamento e in questo percorso sogna di riconoscersi.
Se i due Sgiombi sono diversi non c'è modo di dire che sono lo stesso, come esige l'idea di un ente (Sgiombo) che diventa altro rimanendo pur sempre lo stesso.

CitazioneL' "ente" e l' "essente" non so che cosa siano (conosco l' italiano, ma non il "severinese").
Ma è puro italiano: ente è inteso filosoficamente (fin dai tempi dei Greci) abbreviazione di essente ed essente è semplicemente qualsiasi cosa che è, participio presente del verbo essere.

CitazioneMa so bene che gli enti reali (che sono ciò che mi interessa considerare), prima non c' erano, per un determinato lasso di tempo ci sono, dopo nuovamente non ci saranno, senza alcuna contraddizione o "duplicità ontologica" autocontraddittoria o altro genere di preteso "impasse".
E questo è come il mondo appare, non come è, è il mondo nella sua fenomenologia.
CitazioneInoltre rilevo che muta tutto nella realtà, non solo i significati di simboli, come ad esempio le parole (che peraltro in linea di principio sarebbe meglio non mutassero onde intendersi; e per questo ogni eventuale loro deprecabile mutamento, se ritenuto inevitabile o preferibile al non mutamento per fini pratici, deve comunque essere arbitrariamente convenuto, sancito per convenzione), anche quello che non ha alcun significato (ossia tutto ciò che non è simbolo, che costituisce gran parte della realtà).
Muta nel diverso alludere dei significati e delle parole, nei diversi modi in cui vengono a trovarsi reciprocamente parole (segni allusivi) e cose e non può che essere così, proprio perché cose e parole sono enti sempre diversi, a distanza tra loro, ma tra loro sempre in relazione, poiché ogni cosa reclama il suo nome e ogni nome reclama la cosa senza che possa mai esservi aderenza perfetta ed è proprio solo in virtù di questo scarto che continuamente si ripete in ogni discorso che il mondo appare e appare mutando continuamente, perché il gioco non termina mai a dispetto di tutti quelli che vorrebbero fosse terminato da inalterabili definizioni.
Il mondo è nell'eterno gioco degli eterni, perché eterna è la cosa come il suo significato, mentre sempre diverso è il modo in cui si collocano le une rispetto alle altre, il modo con cui continuano a richiamarsi, a disporsi, a intrecciarsi, ma sempre mantenendosi a distanza.
Non ci sono in questo discorso sensi oscuri, prendilo alla lettera.
Quando dico che un altro significato viene ad apparire sostituendo il precedente, non dico che un significato viene ad essere dal nulla, mentre l'altro diventa nulla, non dico nemmeno che un significato diventa altro significato restando lo stesso, come Sgiombo che da bambino diventa adulto restando, non si sa rispetto a che o a chi, lo stesso Sgiombo, dico solo che significati e cose vengono via via a richiamarsi in un diverso rapporto reciproco che si presenta diversamente in ogni istante, come il sole e la terra. E il sole può benissimo cessare fenomenologicamente di apparire dal nostro orizzonte terrestre lasciando apparire la luna senza per questo cessare ontologicamente (e logicamente) di essere e senza che la luna venga a essere dal nulla o dal sole stesso diventato luna.

sgiombo

#77
Citazione di: Apeiron il 16 Luglio 2017, 19:24:17 PM
sgiombo concordo con te (per ora e se ti ho capito bene  ;D ) sul discorso delle tautologie.

Non concordo con te sulla questione del divenire. Cosa è rimasto uguale a te da quando eri bambino? Risposta mia: una continuità, il processo. Non qualcosa di materiale, non è che possiamo indicare qualcosa nel tuo o nel mio corpo e dire: "questo sono io, questo non è cambiato e costituisce la mia identità". C'è solo un processo, una "vita" - questo non è cambiato. Ma ovviamente il processo cambia rimandendo se stesso.

Eraclito: "a coloro che scendono negli stessi fiumi diverse e ancora diverse acque affluiscono"  8) : le acque cambiano ma è proprio questo cambiamento delle acque che costituisce "l'identità" del fiume.
CitazioneA parte il fatto che io non credo di essere unicamente costituito dal mio corpo ma invece anche dal mio pensiero, fra le altre cose che non sono mutate in me ci sono alcuni tratti somatici (persistono sulla pelle della mia gamba sinistra cicatrici e nella mia clavicola destra un callo di frattura, procuratimi con cadute in bicicletta nei miei primi anni di vita), il DNA di per lo meno quasi tutte le cellule che costituiscono il mio corpo e soprattutto taluni fatti o "contenuti" fenomenici della mia esperienza cosciente, la quale -attraverso periodi di assenza, interruzioni: per esempio di sonno senza sogni- continua, sviluppandosi, a comprendere molteplici ricordi delle esperienze passate, anche di quando ero un bambino.

sgiombo

Citazione di: maral il 16 Luglio 2017, 20:00:22 PM
Citazione di: sgiombo il 16 Luglio 2017, 15:13:29 PM
Per tutti i parlanti la lingua italiana "divenire" significa "cambiare, trasformarsi, passare da uno stato all'altro; il fluire della vita, della storia, l' acquistare nuova forma, qualità o stato; il farsi diverso".

Ovvero essere a un certo tempo relativamente, parzialmente, limitatamente (per certi aspetti) la stessa cosa, e limitatamente parzialmente, limitatamente (per certi altri aspetti) un' altra, diversa cosa" che a un certo altro tempo.
E' questa la frase che non ha senso logico. Se diciamo che da bambino Sgiombo era con i capelli biondi e ora gli sono diventati bianchi (a parte che non c'è una sola cellula o altro che sia rimasto lo stesso e non solo i capelli), come puoi dire che si tratta sempre dello stesso Sgiombo? O Sgiombo include i capelli biondi per essere Sgiombo, o non li include, o include le sue cellule o non le include, o è quello o è altro, non diventa da questo altro restando lo stesso. Quello "stesso Sgiombo" è solo un'immagine senza immagine che vive della presente memoria dello Sgiombo attuale ed è in questa memoria attuale che lo Sgiombo attuale trova ora dei resti di significato che egli interpreta come tracce di un percorso di cambiamento e in questo percorso sogna di riconoscersi.
Se i due Sgiombi sono diversi non c'è modo di dire che sono lo stesso, come esige l'idea di un ente (Sgiombo) che diventa altro rimanendo pur sempre lo stesso.
CitazionePerché, nel continuo ricambio degli atomi che le costituiscono, le strutture anatomiche di Sgiombo presentano una relativa continuità e persistenza, nel loro relativo e parziale mutare, da allora (un po' come la famosa nave di Teseo).

Sgiombo, che finora ha vissuto per quasi 65 anni (e spera di non morire troppo presto, ben sapendo che ciò potrebbe comunque accadere e sarebbe preferibile accettarlo serenamente) include i capelli biondi che aveva da bambino, quelli castani che ha avuto dalla pubertà ai 50 anni circa, quelli bianchi che ha adesso, senza alcuna contraddizione (che é invece ben presente, platealmente evidente nell' assurda pretesa severiniana che siano reali tutti per sempre, e quindi non in tempi diversi gli uni dagli altri, i suoi capelli biondi da bambino, quelli castani da adulto, quelli bianchi da vecchio, e perfino quelli del tutto inesistenti dopo la sua -si spera non prossima- cremazione).

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CitazioneL' "ente" e l' "essente" non so che cosa siano (conosco l' italiano, ma non il "severinese").
Ma è puro italiano: ente è inteso filosoficamente (fin dai tempi dei Greci) abbreviazione di essente ed essente è semplicemente qualsiasi cosa che è, participio presente del verbo essere.
CitazioneAllora vedi sotto:

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CitazioneMa so bene che gli enti reali (che sono ciò che mi interessa considerare), prima non c' erano, per un determinato lasso di tempo ci sono, dopo nuovamente non ci saranno, senza alcuna contraddizione o "duplicità ontologica" autocontraddittoria o altro genere di preteso "impasse".
E questo è come il mondo appare, non come è, è il mondo nella sua fenomenologia.
CitazioneQuesto vale sia per i fenomeni (ciò che appare) che -se ci sono, come credo pur essendo indimostrabile né tantomeno, per definizione, empiricamente mostrabile- per le cose (che sono) in sé o noumeno.

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CitazioneInoltre rilevo che muta tutto nella realtà, non solo i significati di simboli, come ad esempio le parole (che peraltro in linea di principio sarebbe meglio non mutassero onde intendersi; e per questo ogni eventuale loro deprecabile mutamento, se ritenuto inevitabile o preferibile al non mutamento per fini pratici, deve comunque essere arbitrariamente convenuto, sancito per convenzione), anche quello che non ha alcun significato (ossia tutto ciò che non è simbolo, che costituisce gran parte della realtà).
Muta nel diverso alludere dei significati e delle parole, nei diversi modi in cui vengono a trovarsi reciprocamente parole (segni allusivi) e cose e non può che essere così, proprio perché cose e parole sono enti sempre diversi, a distanza tra loro, ma tra loro sempre in relazione, poiché ogni cosa reclama il suo nome e ogni nome reclama la cosa senza che possa mai esservi aderenza perfetta ed è proprio solo in virtù di questo scarto che continuamente si ripete in ogni discorso che il mondo appare e appare mutando continuamente, perché il gioco non termina mai a dispetto di tutti quelli che vorrebbero fosse terminato da inalterabili definizioni.
Il mondo è nell'eterno gioco degli eterni, perché eterna è la cosa come il suo significato, mentre sempre diverso è il modo in cui si collocano le une rispetto alle altre, il modo con cui continuano a richiamarsi, a disporsi, a intrecciarsi, ma sempre mantenendosi a distanza.
Non ci sono in questo discorso sensi oscuri, prendilo alla lettera.
Quando dico che un altro significato viene ad apparire sostituendo il precedente, non dico che un significato viene ad essere dal nulla, mentre l'altro diventa nulla, non dico nemmeno che un significato diventa altro significato restando lo stesso, come Sgiombo che da bambino diventa adulto restando, non si sa rispetto a che o a chi, lo stesso Sgiombo, dico solo che significati e cose vengono via via a richiamarsi in un diverso rapporto reciproco che si presenta diversamente in ogni istante, come il sole e la terra. E il sole può benissimo cessare fenomenologicamente di apparire dal nostro orizzonte terrestre lasciando apparire la luna senza per questo cessare ontologicamente (e logicamente) di essere e senza che la luna venga a essere dal nulla o dal sole stesso diventato luna.
CitazionePossono mutare (anche se sarebbe preferibile che non lo facessero; e comunque ogni eventuale mutamento sarebbe da stabilire per convenzione arbitraria) i significati di quelle peculiari "cose" (dette "simboli") che ne sono dotate, e non di tutte le altre che non ne sono dotate.

Non ho mai visto né sentito cose come pietre, montagne, biciclette, moto, fiumi, laghi, mari, ecc. "reclamare il proprio nome"; e moltissime di esse nell' universo non avranno mai un nome perché non verranno nemmeno prese in considerazione da soggetti di esperienza e pensiero.

Se "il mondo appare e appare mutando continuamente, perché il gioco non termina mai a dispetto di tutti quelli che vorrebbero fosse terminato da inalterabili definizioni" non é un' espressione contraddittoria, allora certamente non la é nemmeno quella che il mondo reale (apparente ed eventualmente noumenico) muta continuamente; se la fosse (ammesso e non concesso!) questa, allora certamente la sarebbe anche quella.

Idem per quanto riguarda "
Il mondo è nell'eterno gioco degli eterni, perché eterna è la cosa come il suo significato, mentre sempre diverso è il modo in cui si collocano le une rispetto alle altre, il modo con cui continuano a richiamarsi, a disporsi, a intrecciarsi, ma sempre mantenendosi a distanza",

e pure "
significati e cose vengono via via a richiamarsi in un diverso rapporto reciproco che si presenta diversamente in ogni istante, come il sole e la terra". "significati e cose vengono via via a richiamarsi in un diverso rapporto reciproco che si presenta diversamente in ogni istante, come il sole e la terra" mi sembra severinese stretto.

Io conosco l' italiano, e so solo (che ne sia o meno la traduzione più o meno fedele) che tutte le cose divengono ma non tutte le cose hanno significati.

Il sole (come la luna) é un mero insieme di fenomeni ("esse est percipi", Berkeley), e dunque non può realmente cessare fenomenologicamente di apparire (= essere fenomeni) senza cessare di essere/accadere (ovvero esistere) realmente tout court.
Ciò che invece può continuare indefinitamente ad esistere, anche dopo la fine dell' esistenza di quella cosa reale che é il sole, é casomai quella ben diversa cosa che é costituita dal concetto di (simboleggiato dal vocabolo) "sole" che lo denota, una volta che sia stato stabilito (e purché ci sia chi lo pensi).

paul11

#79
propendo invece che l'unica tautologia sarebbe  l'archè e che tutto il resto, tutto l'universo, sarebbe deducibile e inducibile attraverso il sillogismo, da cui le inferenze e implicazioni,
Una premessa è sempre parte di una predicazione o proposizione, in cui quella che ora è premessa sarebbe stata una conclusione.

Quando Aristotele e poi Kant, pongono il problema conoscitivo nel giudizio costruiscono le categorie.
In Kant la predicazione del rapporto soggetto predicato è a priori se la predicazione ricade nel soggetto.
Non direi che i giudizi analitici o sintetici abbiano differenze epistemologiche se, come scrivi, vi fosse  un'accuratezza logica deduttiva/induttiva: tutto scorrerebbe logicamente.

Lo scetticismo ha senso come limite conoscitivo della certezza, ma non come agente conoscitivo.
 
Il problema delle identità è sulle "essenze" e non sugli "accidenti", per dirla in termini aristotelici.
Ricondotto all'uomo non può essere il suo corpo fisico l'essenza , tutto il divenire è accidenti in quanto trasformazione.
L'identità umana  risiede quindi nel SE', coscienza, anima, spirito, mente (ognuno si sceglie quel che vuole.....) non certo nelle cellule o nella biochimica

Apeiron

Sì nemmeno io in verità concordo con la posizione "io=corpo". Ma allo stesso tempo anche i pensieri evolvono e la stessa coscienza è non rimane uguale. Secondo me se non si trova una cosa che davvero non muta allora quella è la nostra "substantia", la nostra "essenza". Altrimenti non c'è niente che rimane uguale.

Siamo processi, non cose...
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

sgiombo

#81
Citazione di: paul11 il 17 Luglio 2017, 14:16:47 PM
propendo invece che l'unica tautologia sarebbe  l'archè e che tutto il resto, tutto l'universo, sarebbe deducibile e inducibile attraverso il sillogismo, da cui le inferenze e implicazioni,
Una premessa è sempre parte di una predicazione o proposizione, in cui quella che ora è premessa sarebbe stata una conclusione.

CitazionePerò non mi risulta che nessuno (nemmeno Spinoza, che nell' Etica pensava di esservi riuscito a partire, come arché, dalla cosiddetta "prova ontologica dell' esistenza di Dio") sia riuscito a costruire un siffatto "sistema logico dell' ontologia"; che, se esistesse, dovrebbe godere di una universale condivisione del tutto simile a quella delle geometrie (le quali infatti, come "sistemi logici delle forme spaziali", possono essere criticate nei loro fondamenti, ma sono universalmente accattate).


Non direi che i giudizi analitici o sintetici abbiano differenze epistemologiche se, come scrivi, vi fosse  un'accuratezza logica deduttiva/induttiva: tutto scorrerebbe logicamente.


CitazioneSecondo me invece c' é una differenza enorme.

I giudizi analitici a priori necessitano solo di correttezza logica, essendo (di per sé; cioé a prescindere dall' eventualità che siano inferiti a partire, come premesse, da conoscenze del reale "procurate" da giudizi sintetici a posteriori) indipendenti dalla realtà quale é/accade indipendentemente dall' eventuale essere anche oggetto di pensiero (fanno parte del "mondo dei pensieri"); come le geometrie.

Invece i giudizi sintetici a posteriori (oltre a dover essere anche logicamente corretti, ovviamente) necessitano, per essere veri, anche di adeguatezza ala realtà "esterna al pensiero", quale si dà indipendentemente dall' eventuale essere anche oggetto di pensiero o meno, nel senso che devono affermare che é/accade realmente ciò di cui predicano che é/accade realmente o che non é/non accade realmente ciò di cui predicano che non é/non accade realmente, a prescindere dall' eventualità che sia anche oggetto di pensiero o meno.


Lo scetticismo ha senso come limite conoscitivo della certezza, ma non come agente conoscitivo.

CitazioneMa infatti lo scetticismo non pretende certo di dare conoscenze.


Però lo scetticismo metodico "cartesiano") é un ottimo criterio di validazione (o meno) delle conoscenze.


Il problema delle identità è sulle "essenze" e non sugli "accidenti", per dirla in termini aristotelici.
Ricondotto all' uomo non può essere il suo corpo fisico l'essenza , tutto il divenire è accidenti in quanto trasformazione.
L'identità umana  risiede quindi nel SE', coscienza, anima, spirito, mente (ognuno si sceglie quel che vuole.....) non certo nelle cellule o nella biochimica

CitazioneCredo che l' uomo non sia solo corpo (in particolare cervello) ma anche coscienza.

Ma anche che di fatto non si dia coscienza senza cervello (vivo e funzionante in determinati modi; non per esempio nel sonno senza sogni).
E che non si dia una certa determinata esperienza cosciente senza un determinato cervello con le sue determinate cellule e la sua determinata biochimica (anche se ad esso e ad esse non é riducibile e da esso e da esse non emerge né sopravviene).


Ma guarda un po' dove ci ha condotti il paradosso del mentitore!

sgiombo

Citazione di: Apeiron il 17 Luglio 2017, 14:51:17 PM
Sì nemmeno io in verità concordo con la posizione "io=corpo".
CitazioneE io pure.


Ma allo stesso tempo anche i pensieri evolvono e la stessa coscienza è non rimane uguale. Secondo me se non si trova una cosa che davvero non muta allora quella è la nostra "substantia", la nostra "essenza". Altrimenti non c'è niente che rimane uguale.

Siamo processi, non cose...
CitazioneSiamo processi e non cose.

Ma processi ciascuno con una propria identità (io sono io, tu sei tu, Paul11 é Palu11, ecc.): se c' é un' identità come processo, in divenire, allora non é che non c' é niente che rimane uguale, ma invece qualcosa rimane uguale, qualcos' altro no.


paul11

ciao Sgiombo,
ti rispondo senza citazioni per non creare cortocircuiti visualizzativi.
Le prove ontologiche nate dal medioevo e dall'umanesimo, non mi fanno impazzire.
Preferisco ancora quella empirica di Aristotele, secondo cui la catena di cause effetti deve avere un'origine: il "motore immobile".
Ma direi con parole mie che essendo intelleggibile l'universo e linguisticamente definibile, con tutti i limiti umani, ha in sè un principio ordinativo che ci permette di leggerlo di argomentarlo, di relazionarlo.

Ritengo che la dialettica di Hegel sia superiore al pensiero kantiano.
E' superiore perchè non esiste ontologicamente una realtà in sè e per sè o un pensiero in sè e per sè.:questo è l'errore epistemologico.
C'è sempre un agente conoscitivo e se i giudizi e le categorie nascono proprio per convalidare le conoscenze, non si capisce come si possa sostenre un'ontologia senza un'epistemologia e relativa fenomenologia.
In altri termini, se un fenomeno si dà ai miei sensi e per Kant essendo esperienza è un giudizio sintetico a posteriori, non si capisce cosa il pensiero possa pensare se non dalle proprie esperienze. 
Allora il problema è che i giudizi a priori analitici e a posteriori neì sintetici devono intersecarsi nel concreto della realtà che diventa pensiero astratto. Un' astrazione che non si relaziona ad una realtà può essere una fantasia, così come una realtà che non diventa pensiero è niente se non è portata nel giudizio dell'intelletto.

Una metafora sull'identità.
una casa è un immobile, l'arredamento sono i mobili: la coscienza è il contenitore della conoscenza, dell'esperienza e matura in funzione dei livelli di conoscenza.

Il paradosso del mentitore  nasce dai filosofi ,ma proprio perchè si accorgono che se la conoscenza si esplica linguisticamente il pensiero o si traduce in una contraddizione o il linguaggio non sa esprimere il pensiero. L'esigenza di relazionare il pensiero e il linguaggio costruirà la logica predicativa con le prime regole formali in Aristotele ,così come la logica proposizionale degli stoici.

sgiombo

#84
Citazione di: paul11 il 18 Luglio 2017, 00:03:22 AM
ciao Sgiombo,
ti rispondo senza citazioni per non creare cortocircuiti visualizzativi.
Le prove ontologiche nate dal medioevo e dall'umanesimo, non mi fanno impazzire.
Preferisco ancora quella empirica di Aristotele, secondo cui la catena di cause effetti deve avere un'origine: il "motore immobile".
Ma direi con parole mie che essendo intelleggibile l'universo e linguisticamente definibile, con tutti i limiti umani, ha in sè un principio ordinativo che ci permette di leggerlo di argomentarlo, di relazionarlo.
CitazioneChe dell' universo si possa parlare, e che sia anche in qualche limitata misura conoscibile (a certe condizioni indimostrabili) sono perfettamente d' accordo, sembra del tutto evidente anche a me.

Ma, a parte la questione dell' "arché", concetto col quale non comprendo bene che cosa tu intenda, non mi pare che nessuno sia mai stato in grado di dimostrare "che l'unica tautologia sarebbe l'archè [?] e che tutto il resto, tutto l'universo, sarebbe deducibile e inducibile attraverso il sillogismo, da cui le inferenze e implicazioni".
Nessuno a mio parere è mai riuscito a dedurre l' universo da alcuna premessa, anche se i filosofi della tradizione "razionalistica" come Cartesio, Malebranche e Spinoza (se la loro "prova ontologica" può rientrare nel per me oscuro concetto di "arché") ci hanno in qualche misura, per qualche aspetto provato; le loro filosofie hanno subito molte critiche, di fatto oggi non sono che interessantissimi (e comunque geniali) argomenti di storia della filosofia, e non presentano per nulla quella indiscussa correttezza logica e la conseguente criticamente analizzabile ma non rifiutabile accettazione che tutti riconoscono alle geometrie.



Ritengo che la dialettica di Hegel sia superiore al pensiero kantiano.
E' superiore perchè non esiste ontologicamente una realtà in sè e per sè o un pensiero in sè e per sè.:questo è l'errore epistemologico.
C'è sempre un agente conoscitivo e se i giudizi e le categorie nascono proprio per convalidare le conoscenze, non si capisce come si possa sostenre un'ontologia senza un'epistemologia e relativa fenomenologia.
In altri termini, se un fenomeno si dà ai miei sensi e per Kant essendo esperienza è un giudizio sintetico a posteriori, non si capisce cosa il pensiero possa pensare se non dalle proprie esperienze.
Allora il problema è che i giudizi a priori analitici e a posteriori neì sintetici devono intersecarsi nel concreto della realtà che diventa pensiero astratto. Un' astrazione che non si relaziona ad una realtà può essere una fantasia, così come una realtà che non diventa pensiero è niente se non è portata nel giudizio dell'intelletto.

Una metafora sull'identità.
una casa è un immobile, l'arredamento sono i mobili: la coscienza è il contenitore della conoscenza, dell'esperienza e matura in funzione dei livelli di conoscenza.

Il paradosso del mentitore  nasce dai filosofi ,ma proprio perchè si accorgono che se la conoscenza si esplica linguisticamente il pensiero o si traduce in una contraddizione o il linguaggio non sa esprimere il pensiero. L'esigenza di relazionare il pensiero e il linguaggio costruirà la logica predicativa con le prime regole formali in Aristotele ,così come la logica proposizionale degli stoici.
CitazioneDissento completamente.

Innanzitutto credo che la conoscenza della realtà sia inevitabilmente limitata (non credo esista un Dio onnisciente); e dunque credo che una (parte della) realtà non pensata possa benissimo esistere e di fatto esiste (ontologicamente).
Casomai non può (per definizione) esistere una realtà (che sia) conosciuta, una conoscenza della realtà (una realtà che "esista gnoseologicamente", se vogliamo).

Inoltre non mi pare proprio che Kant (ma anche altri: e Kant pure più di tanti altri) fondi la sua ontologia senza una preliminare, discutibile ma certamente "robusta", tutt' altro che inconsistente, epistemologia (o critica razionale della conoscenza), né che neghi -anzi!- la realtà fenomenica.

Non vedo inoltre alcun problema nel fatto che i fenomeni si danno ai sensi (cioè sono costituti da sensazioni o apparenze sensibili: mera tautologia) e che inoltre possano essere pensati ed essere oggetto di conoscenza, costituita da giudizi sintetici a posteriori: perché mai tutto ciò non dovrebbe essere possibile o comunque dovrebbe essere in qualche modo problematico?

Che poi di fatto, nella realtà pensiamo sia analiticamente a priori sia sinteticamente a posteriori, ossia integriamo nei nostri ragionamenti più o meno astratti e nella nostra conoscenza i due tipi di giudizi mi sembra pacifico: anche qui non scorgo alcun problema.
Né ne colgo nel fatto che Un' astrazione che non si relaziona ad una realtà può essere una fantasia (e può anche essere una convinta credenza falsa), così come una realtà che non viene colta e sottoposta a predicazione dal pensiero non è conoscenza; che non è conoscenza se non è portata nel giudizio (dell'intelletto?).

paul11

#85
Archè è un termine greco che significa origine, principio.
Ho scelto questo termine agli albori della filosofia per lasciare ad ognuno la propria interpretazione.

Ho già scritto, non più di qualche tempo fa, che la cosmologia e la fisica delle particelle della scienza  contemporanea seguono questo tracciato filosofico, nel processo razionale
Lo scibile universale dei diversi domini sono analogici fra loro, proprio come il nostro cervello lo è con l'universo.
La teoria del big bang cosmologica, ha permesso di rilevare,abbastanza recentemente, l'onda  fossile gravitazionale , attraverso deduzione e induzione.
La teoria delle particelle ha permesso di rilevare il bosone di Higgs al Cern di Ginevra.

Semplicemente perchè le due teorie sono un modello rappresentativo razionale costruito sulle condizioni delle quattro "forze" universali agenti che modellano materia ed energia e la costruzione del modello fisico delle particelle è costruito su equilibri energetici.
Significa che non bisogna scoprire ,ma rilevare, il che comporta  che la prova ontologica(il bosone di Higgs e l'onda fossile gravitazionale), conferma il modello e viceversa.
Qualora si rilevassero delle difformità tali ,con le  scoperte, allora il modello andrebbe rimodificato  rimodulato,rivalutato razionalmente sempre secondo una logica deduttiva induttiva con impiego ovviamente della matematica.

Quindi un processo di conoscenza è l'insieme dei particolari fra loro relazionati che attraverso i procedimenti  di analisi e sintesi permettono la costruzione di un "insieme", di un modello rappresentativo che permette di collegare, relazionare, correlare, fra loro i diversi fenomeni del sensibile con il pensiero astratto attraverso gli strumenti propri linguistici di quel dominio.
Perchè è chiaro che la semantica specialistica del fisico non è propriamente quella del filosofo, ma le analogie sono simili nel tessuto sintattico, ovvero nei principi e regole che governano il mondo fisco e quello del pensiero.La difficoltà è rendere linguisticamente accessibile il pensiero che "aggancia" con la parola, la predicazione e la proposizione il fenomeno, l'ontologico per portarlo alla conoscenza epistemologica attraverso un processo razionale.

Allora l'archè è il principio, l'origine; le  quattro forze sono le regole e le condizioni sintattiche, l'energia e la materia sono le semantiche fenomenologiche plasmate dalle forze, per cui ciò che appare è dentro un dominio fisco .
Ma analogicamente quella sintassi e semantica è deducibile e inducibile dal movimento dialettico del pensiero che relaziona il fenomeno nell'ontologia razionale, ponendosi altre tipologie di domande, in quanto il fenomeno"appare"e "scompare", per cui la filosofia apre ad un altro tipo di dominio che è quello proprio del pensiero astratto ",kantianamente" si passa dal giudizio sintetico a posteriori dell'esperienza, al giudizio analitico a priori del pensiero che si pensa; hegelianamente il processo dialettico correla il dominio del concreto fisico con l'astratto del pensiero attraverso la coscienza che media la conoscenza come agente conoscitivo razionale.

La parte in cui dissenti completamente l'hai mal interpretata.
Kant sta ad Aristotele ,come Hegel sta a Platone.
Kant nelle sue opere ,dice espressamente che vorrebbe "scientificizzare "la filosofia e segue quindi il percorso più empirico che è quello aristotelico in cui la conoscenza  è data dal pensiero , per cui il giudizio necessita di categorie.
Kant, a grandi linee, segue lo stesso procedimento e costruisce dodici categorie suddivise in quattro gruppi (se non ricordo male).
Si rende conto con "l'appercezione trascendentale" che entra in gioco  il soggetto conoscitivo quel io penso".
La soggettività, se l'intento era rendere scientifica la filosofia, cozza con l'oggettività di quel tempo culturale.
Hegel, per dirla breve , inserisce  la coscienza individuale nel movimento del pensiero dialettico.

epicurus

#86
Vedo che si sta andando molto offtopic. Riprendo la questione:

Citazione di: Phil il 11 Luglio 2017, 16:04:58 PM
Citazione di: epicurus il 11 Luglio 2017, 09:32:41 AM
Ma cosa succede se cambio di una virgola la situazione e supponiamo, contrariamente a prima, che le affermazioni di Nixon in quel lasso temporale non siano più metà vere e metà false + per il caso speciale, ma siano il 8 vere, 1 falsa + il caso speciale.

Le proposizioni centrali sono le seguenti:

Jones:
(1) La maggior parte delle affermazioni di Nixon del giorno X dalle 12:00 alle 12:10 sono false.

Nixon:
(2) Ogni cosa che Jones ha affermato il giorno Y alle 16:00 è vera.

Quindi (1) è falsa e (2) è falsa. Ma se nel caso precedente dici che rimaniamo sempre al secondo livello, anche qui rimaniamo al secondo livello, giusto?
La frase "speciale" di Nixon è di secondo livello (parla di verità o falsità di altre frasi) e avendo per oggetto un'altra frase di secondo livello (l'unica proferita da Jones), abbiamo una proposizione di secondo livello che parla di un altro secondo livello, quindi la frase "speciale" (2) di Nixon non è falsa, ma insensata (mancando il primo livello fondante).
Capisco. Secondo me la tua proposta di soluzione del PM ci spinge troppo in là. Cioè per risolvere un problema microscopico (come frequenza, intendo), proponi una teoria linguistica che ha dei risultati "brutti". Un primo risultato è l'inutilizzabilità dei connettivi logici, che sostanzialmente ci priva della logica. Il secondo risultato è che ci porta a conseguenze scomode, come il ritenere insensata la proposizone (2) di Nixon. Forse è più comodo, come dicevo in un altro mio post, dire: lasciamo tutto così com'è, e quando troviamo un paradosso linguistico semplicemente ammettiamo la paradossalità di questo e riconosciamo la cosa come anomalia linguistica, una situazione dove il linguaggio fallisce.

Una curiosità. La proposizione "Questa proposizione è dimostrabile" di che livello è? Come la tratti?


Un'ultima domanda. Consideriamo la proposizione: La teoria di Phil è falsa.
E' corretto dire che tale proposizione, in quanto al fatto che si riferisce alla tua teoria nella totalità, appartiene al terzo livello? Se così fosse, non si ripresenterebbe il paradosso?

Phil

Citazione di: epicurus il 18 Luglio 2017, 15:55:27 PM
per risolvere un problema microscopico (come frequenza, intendo), proponi una teoria linguistica che ha dei risultati "brutti".
La tripartizione proposta non è "architettata" ad hoc per il PM; è solo un tentativo strutturato di esplicitazione della differenza fra sensato e insensato, che prova a spiegare in modo vagamente formale cosa c'è "dietro" quando qualcuno (fra cui anche Sgiombo e Apeiron, se non erro) parlano di "proposizione insensata" (senza che io li abbia corrotti per farlo... ;D ). In generale, tale tripartizione mi pare funzionare ancora meglio nei casi non paradossali (mi hai spinto a mettere per iscritto, chiarendomela, una procedura implicita dei miei ragionamenti... grazie!).

Citazione di: epicurus il 18 Luglio 2017, 15:55:27 PMUn primo risultato è l'inutilizzabilità dei connettivi logici, che sostanzialmente ci priva della logica.
Perché i connettivi logici non sono più utilizzabili? Si tratta di restringere la loro applicazione alle proposizioni sensate, di usarli in modo teoreticamente selettivo,  il che, a prima vista, non mi sembra "brutto" ma "saggio" ;)

Citazione di: epicurus il 18 Luglio 2017, 15:55:27 PMIl secondo risultato è che ci porta a conseguenze scomode, come il ritenere insensata la proposizone (2) di Nixon.
Perché "scomoda"? Fare i conti con l'insensatezza, con i falsi problemi, con una sana pars destruens, mi pare funzionale all'esigenza di rigore logico... il campo in cui "tutto va bene" e "ogni frase è sensata" è la poesia  ;D 

Citazione di: epicurus il 18 Luglio 2017, 15:55:27 PM
Forse è più comodo, come dicevo in un altro mio post, dire: lasciamo tutto così com'è, e quando troviamo un paradosso linguistico semplicemente ammettiamo la paradossalità di questo e riconosciamo la cosa come anomalia linguistica, una situazione dove il linguaggio fallisce.
Il linguaggio non deve fallire per forza nel caso del PM, almeno finché resta duttile e produttivo (infatti con la suddetta tripartizione non fallisce  ;) ).

Citazione di: epicurus il 18 Luglio 2017, 15:55:27 PM
Una curiosità. La proposizione "Questa proposizione è dimostrabile" di che livello è? Come la tratti?
Direi che è di secondo livello (predica una "caratteristica" di un'altra proposizione), ma in assenza di un primo livello resta (per adesso) insensata...

Citazione di: epicurus il 18 Luglio 2017, 15:55:27 PM
Un'ultima domanda. Consideriamo la proposizione: La teoria di Phil è falsa.
E' corretto dire che tale proposizione, in quanto al fatto che si riferisce alla tua teoria nella totalità, appartiene al terzo livello?
[A.s. (ante scriptum ;D )
Si può davvero dire di una teoria (parlando con precisione) che sia falsa? Una frase può esserlo, ma una teoria non saprei... per "falsa" intendi che "non funziona internamente" (ovvero è incoerente) oppure che non descrive adeguatamente la realtà (ovvero è un modello inefficace)?]

Quella proposizione si riferisce ad una teoria nella sua totalità, ma non "dall'interno", come fanno gli assiomi (che devono essere in quanto tali sempre veri), bensì "dall'esterno" (la "teoria di Phil" non potrebbe avere come assioma quella proposizione); per cui è una frase di secondo livello (predica la "falsità", anche se resta da chiarire di che tipo di falsità si tratti...) il cui primo livello è "la teoria di Phil" (ciò di cui viene predicato la falsità).

sgiombo

A Paul11

Scusa, ma allora forse ti avevo frainteso.
MI sembrava che sostenessi che da un principio originario si potesse dedurre tutto lo scibile umano, poi confermato di fatto anche dalle osservazioni empiriche (in una sorta di "armonia prestabilita" fra deduzione e induzione).
 
Ora invece mi sembra di capire che tu sostenga che la conoscenza scientifica (che per me non esaurisce tutto lo scibile umano) si fonda sull' induzione da osservazioni empiriche (che credo verace, se correttamente condotta e non falsificata da ulteriori osservazioni empiriche, ma indimostrabile: Hume!), ipotesi teoriche e verifiche empiriche delle loro conseguenze osservabili.
Se è così, allora sono d' accordo.
 
Ma non capisco che cosa sia di fatto l' arché (principio ontologico, come credo, oppure epistemologico: qual' è, in che cosa consiste?) e inoltre in che rapporti stia con la conoscenza scientifica.
Forse l' arché consiste nell' analogia "prestabilita" dei diversi domini dello scibile universale, proprio come il nostro cervello lo sarebbe (ma non vedo proprio come) con l'universo?
Questa mi sembra una pretesa aprioristica non confermata.
Per esempio quali sarebbero le analogie fra cosmologia (fisica), evoluzione biologica (filogenesi), sviluppo epigenetico dei singoli organismi (ontogenesi; e in particolare sviluppo -diverso a seconda delle diverse esperienze individuali- del cervello di quei viventi -una parte relativamente esigua degli animali- che ne sono dotati), al di là di un generico "divenire ordinato secondo regole o leggi universali e costanti" (a mio parere riducibili -tutte- a quelle della fisica – chimica)?
Ma se invece per esso intendi le "quattro "forze" universali agenti che modellano materia ed energia e la costruzione del modello fisico delle particelle è costruito su equilibri energetici", allora questa mi sembra semplicemente una serie di astrazioni a partire dalla conoscenza scientifica empiricamente confermata o non falsificata.
Astrazioni su come é il mondo materiale - naturale conosciuto a posteriori e non dedotto apriori da alcun "principio originario"
 
Non comprendo comunque in che relazioni stiano fra loro la (pretesa) "prova ontologica" (che per me è in realtà una mera tautologia -ciò che è reale è reale- che non dice nulla su come o che cosa sia o non sia ciò che è reale), il bosone di Higgs e l'onda fossile gravitazionale, a conferma del modello (quale? Quale modello -e come?- integrerebbe cose così disparate come la "prova ontologica" e la cosmologia corrente? Che peraltro non è affatto provata al di là di ogni dubbio e personalmente non mi convince per niente) e viceversa.
 

Non riesco nemmeno a comprendere come si possa ("Kantianamente?!?!?!) passare dal giudizio sintetico a posteriori dell'esperienza, al giudizio analitico a priori del pensiero che si pensa; a me sembra che l' uno non derivi dall' altro né viceversa (anche se ovviamente nei ragionamenti essi possono integrarsi, applicandosi in successione, l' un l' altro, e altrettanto ovviamente il pensiero può astrarre dal concreto fisico).

paul11

No Sgiombo,
ora fraintendi altro. 
Ma per rispetto a Epicurus, essendo davvero off topic rispetto all'argomentazione del topic, ,chiudo quì
Quindi ti chiedo scusa, avremo sicuramente modo in altre discussioni di parlarne.
ciao

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