Alla ricerca del principio

Aperto da Stefano Magrini Alunno, 24 Maggio 2016, 00:45:55 AM

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Stefano Magrini Alunno

Premetto che sto iniziando da poco a studiare filosofia, ma comunque mi è sempre piaciuto riflettere... Forse sapreste illuminarmi.

Da quello che ho capito il principio è dove tutto parte.
Quindi è la risposta della risposta della risposta della risposta.... del perché.
Per cui mi è venuta in mente quest' immagine:
l'evento A causa l'evento B; poiché vi è sempre una e una sola ragione, B causa A.
Per esempio:
Io ho sete allora bevo....se bevo allora ho sete.
i due eventi sono inseparabili, la causa e l'effetto "cambia verso" a seconda di come li vediamo, ma comunque rimangono inseparabili.

Visto dal verso temporale normale (io ho sete allora bevo) il principio è posto all'inizio di ogni cosa
Visto dal verso opposto (se io bevo allora ho sete) il principio è posto alla fine di ogni cosa

Quindi la fine è principio il quale è inizio, quindi fine è inizio.

-------------------------------------
Finisce così la prima opinione, poi...
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se A causa B e B causa C, mantenendo lo stesso verso temporale, A è la causa e B e C sono i suoi effetti, quindi il principio è l'unica causa, tutto il resto è effetto.
se A causa B e, come prima mostrato, B causa A allora i due eventi sono solo cause... tutto allora è causa.
Tutto c'ho che è contenuto nel tempo e in tutte le dimensioni, il corpo tra il capo (inizio) e la coda (fine) è principio

precisazioni:
La mia affermazione non dice che io sono il principio come tutti gli altri, ma che io ne faccio parte come ogni altra cosa che vedo e penso.
Sono essenziale e libero (nessuno mi obbliga di seguire delle regole morali), l'esistenza (spero d'aver usato il termine giusto) è il principio.

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Commenti su ciò che ho scritto? e magari qualcuno più sapiente di me che sa dirmi il punto di vista dei grandi filosofi.

acquario69

trovo acute le tue osservazioni e in effetti credo anch'io che vi e' un principio imprescindibile a tutte le cose da cui queste provengono.
proverò a dirti qualcosa e che tendo a precisare che non e' farina del mio sacco ma che credo possa tornarti utile per una maggior comprensione e da stimolo alla tua ricerca

anziché usare le lettere,trasferiamo allo stesso senso i numeri.

cominciamo col numero 1 (il principio) dopo l'uno vengono tutti i restanti numeri 2,3,4,5...
dunque l'uno e' l'unita e cio che viene dopo e' la molteplicità dei numeri a seguire.
analogamente come (usando un altra immagine) un punto centrale di un cerchio (1) dove partono tutti i raggi fino alla sua circonferenza periferica (2,3,4,5...) 
ma ce anche lo zero da considerare che viene prima del numero uno e che in realtà contiene in potenza lo stesso numero 1 iniziale.
infatti lo zero non e' da considerarsi un nulla perché se questo lo mettiamo a seguire (es 1 -10-100-1000-10000....) si può capire che non e' affatto così..


ad ogni modo io ho molto semplificato e se ti interessa ti lascio un paio di link (tramite messaggio privato) dove se vuoi potrai approfondire meglio quello che avrei appena accennato

HollyFabius

Citazione di: Stefano Magrini Alunno il 24 Maggio 2016, 00:45:55 AM
Premetto che sto iniziando da poco a studiare filosofia, ma comunque mi è sempre piaciuto riflettere... Forse sapreste illuminarmi.

Da quello che ho capito il principio è dove tutto parte.
Quindi è la risposta della risposta della risposta della risposta.... del perché.
Per cui mi è venuta in mente quest' immagine:
l'evento A causa l'evento B; poiché vi è sempre una e una sola ragione, B causa A.
Per esempio:
Io ho sete allora bevo....se bevo allora ho sete.
i due eventi sono inseparabili, la causa e l'effetto "cambia verso" a seconda di come li vediamo, ma comunque rimangono inseparabili.

Visto dal verso temporale normale (io ho sete allora bevo) il principio è posto all'inizio di ogni cosa
Visto dal verso opposto (se io bevo allora ho sete) il principio è posto alla fine di ogni cosa

Quindi la fine è principio il quale è inizio, quindi fine è inizio.

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Finisce così la prima opinione, poi...
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se A causa B e B causa C, mantenendo lo stesso verso temporale, A è la causa e B e C sono i suoi effetti, quindi il principio è l'unica causa, tutto il resto è effetto.
se A causa B e, come prima mostrato, B causa A allora i due eventi sono solo cause... tutto allora è causa.
Tutto c'ho che è contenuto nel tempo e in tutte le dimensioni, il corpo tra il capo (inizio) e la coda (fine) è principio

precisazioni:
La mia affermazione non dice che io sono il principio come tutti gli altri, ma che io ne faccio parte come ogni altra cosa che vedo e penso.
Sono essenziale e libero (nessuno mi obbliga di seguire delle regole morali), l'esistenza (spero d'aver usato il termine giusto) è il principio.

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Commenti su ciò che ho scritto? e magari qualcuno più sapiente di me che sa dirmi il punto di vista dei grandi filosofi.


'Se A allora B' e 'se B allora A' implica la identità di A e B.
Ma esiste anche il caso di 'Se A allora B' ma non di 'se B allora A'.

Se poi vogliamo allargare gli orizzonti esistono anche i casi di
'Se A allora B' e 'Se parte di B allora A'
'Se parte di A allora B' e 'Se B allora A'
'Se parte di A allora B' e 'Se parte di B allora A'
In tutti questi casi la ridefinizione dei confini di A e B riconducono al caso sopra, ovvero si stanno logicamente mettendo insieme cose A e cose non A oppure cose B e cose non B o entrambe queste cose.





Sariputra

#3
La causa deve contenere in sè l'effetto. Il seme contiene in sè la pianta che sarà. Ma quando la pianta si sviluppa dov'è il seme? La pianta poi sarà causa di altri semi, invecchierà, cadrà , sarà causa di buon humus. Si può dire che la pianta è il seme? Possiamo considerare l'effetto come auto-espressione della causa, come causato da fattori diversi da se stesso, come entrambi, o come nessuno dei due. L'ultima alternativa comporta l'abbandono della nozione di causazione, perchè significa che le cose sono prodotte attraverso l'azione del semplice caso. La terza alternativa  è in realtà un'amalgama delle prime due. Le prime due sono le alternative principali da prendere in considerazione. Non vi è senso nella semplice auto-duplicazione; produzione deve significare mutamento, l'emergere di un ulteriore fattore utile non ancora presente. Nel processo di auto-duplicazione non c'è inoltre termine; cosa impedisce al seme di duplicarsi in eterno senza produrre il germoglio, le foglie, i fiori, i frutti, ecc., uno dopo l'altro?
Si potrebbe affermare che un'entità è potenziale all'inizio, e poi diviene attuale e che non c'è differenza di stato o di sostanza tra causa ed effetto.Se la causa è interamente attuale non c'è scopo nella sua riproduzione. Inoltre l'entità che viene prodotta, essendo altra , non può essere identica alla causa. Se la causa fosse parzialmente attuale e parzialmente potenziale,la cosa non sarebbe una perchè conterrebbe due nature opposte. Se la causa fosse interamente potenziale non potrebbe manifestarsi, diventare attuale per azione propria; il fattore attraverso cui la materia informe diviene attuale dev'essere diverso da essa. Se invece contenesse dentro di sé la causa efficiente del mutamento, non ci sarebbe alcun stato in cui rimarrebbe puramente potenziale.Avendo infatti in sé tutte le condizioni necessarie e sufficienti per la sua produzione, se cioè la causa fosse auto-contenuta e auto-sufficiente essa continuerebbe a trovarsi nello stato potenziale per un periodo di tempo valutabile e poi non si produrrebbe, oppure dipenderebbe da un fattore esterno. Questo implicherebbe la caduta dell'auto-causazione.
Se la causa e l'effetto fossero identici, in che modo una agisce come causa e l'altro come effetto? Le loro nature sono diverse. Le proposizioni vere per l'una non lo sono per l'altro. la distinzione non può essere compiuta se non in base a nozioni diverse; altrimenti ci sarebbe distinzione senza differenza. Come dice Nagarjuna:"L'identità tra causa ed effetto è del tutto insostenibile; se così fosse, non vi sarebbe differenza tra l'agente e l'azione". In effetti l'accettazione di questa identità condurrebbe logicamente all'abolizione di ogni differenza. L'intero universo cadrebbe in una massa priva di colore e di diversità.
Se prendiamo dell'acqua che scorre e riempiamo un secchio, possiamo pretendere che scorra ancora all'interno del secchio?
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Phil

Proporrei alcune precisazioni di logica:
Citazione di: Stefano Magrini Alunno il 24 Maggio 2016, 00:45:55 AMpoiché vi è sempre una e una sola ragione 
Non sempre, anzi... concediamo, per semplificare, che solitamente ce ne può essere una principale... 

Citazione di: Stefano Magrini Alunno il 24 Maggio 2016, 00:45:55 AMVisto dal verso temporale normale (io ho sete allora bevo) il principio è posto all'inizio di ogni cosa Visto dal verso opposto (se io bevo allora ho sete) il principio è posto alla fine di ogni cosa Quindi la fine è principio il quale è inizio, quindi fine è inizio 
"Allora" rischia di essere usato in modo pericolosamente ambivalente: l'"allora" come "quindi" (pertinente l'effetto, "allora bevo") e l'"allora" come "perché" (relativo alla causa "allora ho sete").
L'ordine cronologico non è sempre l'ordine logico: la causa resta una, l'effetto l'altro, a prescindere dal mero ordine della sintassi, i due elementi non si confondono: "bevo perché ho sete", ma non "ho sete perché bevo" (la causa è solo la sete, l'effetto solo il bere).

Citazione di: Stefano Magrini Alunno il 24 Maggio 2016, 00:45:55 AMse A causa B e B causa C, mantenendo lo stesso verso temporale, A è la causa e B e C sono i suoi effetti, quindi il principio è l'unica causa, tutto il resto è effetto 
Questa transitività non deve far dimenticare che B è causa diretta di C, mentre A è causa indiretta (se non ci fosse B, A non potrebbe portare, da solo, a C; per questo dicevo che la causa non è sempre "una e una sola"...).

Ecco che questa fallacia
Citazione di: Stefano Magrini Alunno il 24 Maggio 2016, 00:45:55 AMse A causa B e, come prima mostrato, B causa A 
porta a questo apparente paradosso

Citazione di: Stefano Magrini Alunno il 24 Maggio 2016, 00:45:55 AMallora i due eventi sono solo cause... tutto allora è causa 
basato sull'uso ambiguo della parola "allora" (anfibolia, in gergo) e sull'assunzione di alcuni presupposti falsi, come "l'ordine  del linguaggio è l'ordine logico" (post hoc ergo propter hoc) e "un effetto può essere causa della sua stessa causa" (petitio principii).

Spero di esserti stato utile...

Seroquel54

Mi pare pertinente questa mia riflessione:



Riflessione sull'argomento della Causa

Per la comodità del lettore riportiamo l'argomento della Causa come espresso in un noto manuale:
"La seconda via <<Parte dalla nozione delle cause efficienti>>:  ancora muovendo dal principio aristotelico della causalità, Tommaso d' Aquino afferma che se vi sono degli effetti debbono esserci delle cause e nell'ordine  delle cause non si può andare all'infinito (nelle cause essenziali, verticalmente ordinate e fra loro subordinate non si può procedere all'infinito perché il mondo aristotelico è finito);  dunque si deve arrivare a una causa incausata,  e questa è Dio". (F. Adorno. T. Gregory. V. Verra, Manuale di storia della filosofia , Vol. 1 di Francesco Adorno e Tullio Gregory,
Roma-Bari 1996, p. 369)
La citazione precedente è tratta dalla parte scritta da T. Gregory.

A.   Esiste una Causa Prima oppure non esiste
B.   Se una tale Causa non esistesse, la catena causale sarebbe come una linea infinita da tutte e due le parti, percorribile in un tempo infinito.
C.   Il passaggio da una causa all'effetto richiede un intervallo di tempo finito (anche se il momento in cui propriamente avviene il passaggio rimane inattingibile).
D.   Noi siamo degli effetti e esistiamo in un momento definito del tempo.
E.   Se la catena delle cause e degli effetti da cui deriviamo fosse infinita e tale catena fosse costituita da intervalli finiti di tempo (i singoli rapporti di causa-effetto) ne seguirebbe che: 
F.   Per esaurire una distanza infinita, con intervalli finiti, sarebbe necessario un tempo infinito.
G.   Per questa ragione la catena di causa effetto infinita non arriverebbe mai al punto del tempo in cui ci troviamo e in cui siamo stati causati.
H.   Ma noi esistiamo.
I.   Quindi la Causa Prima deve esistere.

Quale che sia il valore di questa mia riflessione, credo che restino in piedi le note argomentazioni kantiane contro le prove dell'esistenza di Dio.



sgiombo

#6
Un conto é la causazione (reale, ontologica) di B da parte di A, un altro conto é la deduzione (logica), o la spiegazione (epistemologica) della realtà di A (causa) a partire dalla constatazione empirica diretta della realtà di B (effetto).


La concatenazione causale degli eventi (se accade realmente; ma Hume ha mostrato che non lo si può dimostrare) significa che accade un divenire ordinato o relativo o parziale, in ottemperanza a regole generali universali e costanti astraibili da parte del pensiero dalle particolarità che differenziano i singoli eventi concreti; una sorta di "sintesi dialettica" fra fissismo "parmenideo" o "severiniano" (tesi) e mutamento caotico, assoluto, integrale da cui non sia astraibile alcunché di universale e costante (antitesi).
In questa concatenazione gli eventi precedenti "collegati" da leggi del divenire agli eventi successivi ne possono essere considerati cause; mentre gli eventi successivi possono essere considerati effetti degli eventi precedenti ad essi analogamente "collegati", il cui essere accaduti se ne può conseguentemente dedurre (logicamente a partire dalla constatazione degli effetti e dalla conoscenza delle leggi del divenire).


Seroquel54 afferma:

"
E.   Se la catena delle cause e degli effetti da cui deriviamo fosse infinita e tale catena fosse costituita da intervalli finiti di tempo (i singoli rapporti di causa-effetto) ne seguirebbe che:  F.   Per esaurire una distanza infinita, con intervalli finiti, sarebbe necessario un tempo infinito. G.   Per questa ragione la catena di causa effetto infinita non arriverebbe mai al punto del tempo in cui ci troviamo e in cui siamo stati causati. H.   Ma noi esistiamo. I.   Quindi la Causa Prima deve esistere".

E' un paralogismo molto simile agli aforismi di Zenone (...a proposito di "fissismo parmenideo"):
Per esaurire un intervallo di tempo infinito sommando intervalli di tempo finiti ne occorre (di questi periodi finiti) un numero infinito.
Per questa ragione, in questo modo la catena di causa effetto infinita potrebbe benissimo arrivare al punto del tempo in cui ci troviamo a partire da una distanza di tempo infinito (ovviamente in un tempo infinito -tautologia!- dato dalla somma di infiniti intervalli di tempo finiti).
Non si può, in modo logicamente corretto, pretendere che un tempo infinito sia raggiunto sommando un numero finito di intervalli di tempo finiti (ma comunque se ne può benissimo sommare un numero infinito).

Seroquel54

Risposta a sgiombo:

Il mio argomento si basa sul fatto che gli elementi della serie causale  possano essere messi in corrispondenza biunivoca coll'insieme dei numeri reali (positivi, negativi e  elemento nullo) il quale  è  rappresentabile con una retta. Perché la tua obiezione sia valida, bisogna ragionare per es. in termini di numeri razionali (esprimibili come frazioni) . In quest'ultimo caso la serie infinita convergerebbe, in alcuni casi, a un limite finito.
E il mio argomento non sarebbe altro che una rimasticatura dell'argomento di Zenone.
Se quanto da me scritto non fosse originale, sarei grato a chi mi segnalasse delle fonti.
Grazie per l'attenzione [mi scuso con i matematici] e cordiali saluti.



sgiombo

Citazione di: Seroquel54 il 16 Novembre 2016, 14:34:56 PM
Risposta a sgiombo:

Il mio argomento si basa sul fatto che gli elementi della serie causale  possano essere messi in corrispondenza biunivoca coll'insieme dei numeri reali (positivi, negativi e  elemento nullo) il quale  è  rappresentabile con una retta. Perché la tua obiezione sia valida, bisogna ragionare per es. in termini di numeri razionali (esprimibili come frazioni) . In quest'ultimo caso la serie infinita convergerebbe, in alcuni casi, a un limite finito.
E il mio argomento non sarebbe altro che una rimasticatura dell'argomento di Zenone.
Se quanto da me scritto non fosse originale, sarei grato a chi mi segnalasse delle fonti.
Grazie per l'attenzione [mi scuso con i matematici] e cordiali saluti.

CitazioneAppunto, non é che una rimasticatura dei paradossi di Zenone, il quale per pretendere di negare moti a velocità finita considerava infiniti intervalli di spazio percorsi in infiniti lassi di tempo senza ammettere che gli uni e gli altri dovrebbero essere infinitamente piccoli; mentre tu pretendi che un tempo infinito verso il passato sia irraggiungibile -onde arrivare al presente attraverso infiniti eventi di causazione ciascuno dei quali di durata finita- senza ammettere la possibilità-necessità che essi siano in numero infinito: in questo modo, se consideri un' addizione di tempi finiti, non otterrai mai una somma uguale a un tempo infinito, ma solo per il fatto che indebitamente non ammetti la possibilità-necessità di impiegare un numero infinito di addendi (ciascuno finito).
E in questo modo si può benissimo ammettere una concatenazione di cause effetti infinita (perdurante all' infinito sia verso il passato che verso il futuro) senza ricorrere ad alcuna causa prima per arrivare al presente.



Seroquel54

Se ammettessimo la possibilità-necessità che gli intervalli finiti (rapporti di causa effetto) fossero in numero infinito, essi ricoprirebbero l'intera serie temporale. Qualunque momento della serie sarebbe già raggiunto: il tempo come successione non esisterebbe. Avremmo la compresenza di tutti i rapporti di causa-effetto in ogni istante. Possibile, non necessario.
Possiamo ragionare in termini di infinito potenziale o di infinito attuale (dopo Cantor) basta chiarire le premesse...
Quanto a Zenone, in particolare del Paradosso di Achille e della tartaruga, non ho trovato in nessuno dei manuali consultati una trattazione veramente completa, spero di poter mettere insieme una testo soddisfacente e sottoporla ai responsabili del sito, mi ci vuole però un po' di tempo.
Cordiali  saluti.

sgiombo

Citazione di: Seroquel54 il 17 Novembre 2016, 18:35:12 PM
Se ammettessimo la possibilità-necessità che gli intervalli finiti (rapporti di causa effetto) fossero in numero infinito, essi ricoprirebbero l'intera serie temporale. Qualunque momento della serie sarebbe già raggiunto: il tempo come successione non esisterebbe. Avremmo la compresenza di tutti i rapporti di causa-effetto in ogni istante. Possibile, non necessario.
Possiamo ragionare in termini di infinito potenziale o di infinito attuale (dopo Cantor) basta chiarire le premesse...
Quanto a Zenone, in particolare del Paradosso di Achille e della tartaruga, non ho trovato in nessuno dei manuali consultati una trattazione veramente completa, spero di poter mettere insieme una testo soddisfacente e sottoporla ai responsabili del sito, mi ci vuole però un po' di tempo.
Cordiali  saluti.

CitazioneNon serve fare l' esegesi degli aforismi di Zenone perché l' errore é del tutto analogo, ma diverso: in entrambi i casi si pretende indebitamente di passare da finito a infinito (Zenone da infinitamente piccolo a finito, tu da finito a infinitamente grande) considerando frazioni infinite moltiplicate finite volte, anziché infinite volte come é necessario fare.
Se gli spazi infinitamente piccoli considerati da Zenone si moltiplicano correttamente per il loro numero infinito i due infiniti si elidono e si ottiene un moto finito in un tempo finito.
E se i tempi finiti degli eventi di causazione da te considerati si moltiplicano correttamente per il loro numero infinito si ottiene il tempo infinito che ha preceduto l' adesso.
Solo pretendendo indebitamente che gli eventi di causazione di durata finita siano in numero finito (ma questo é appunto ciò che andrebbe dimostrato) si é costretti a fermarsi a una causa prima.

Seroquel54

Spero sia chiaro che cerco di rimanere nel'ambito dei numeri reali e dell'infinito potenziale.
Io dico che un intervallo finito, per esempio un segmento (che dovrebbe rimanere costanta man mano che il processo avanza) non può esaurire (ricoprire) una retta (virtuale). Le frazioni (che esprimono numeri razionali) non c'entrano. Zenone, nel paradosso di Achille e della tartaruga, secondo l'interpretazione più comune, riteneva che la somma di infiniti termini  desse un numero infinito (cosa non vera nel caso da lui indagato, anche se non tutte le serie sono convergenti).
Chiedo aiuto ai matematici, ma la somma della serie degli intervalli (puramente virtuale) non è convergente.


Vale, comunque, la pena che io mi occupi di Zenone.

sgiombo

Citazione di: Seroquel54 il 18 Novembre 2016, 13:47:05 PM
Spero sia chiaro che cerco di rimanere nel'ambito dei numeri reali e dell'infinito potenziale.
Io dico che un intervallo finito, per esempio un segmento (che dovrebbe rimanere costanta man mano che il processo avanza) non può esaurire (ricoprire) una retta (virtuale). Le frazioni (che esprimono numeri razionali) non c'entrano. Zenone, nel paradosso di Achille e della tartaruga, secondo l'interpretazione più comune, riteneva che la somma di infiniti termini  desse un numero infinito (cosa non vera nel caso da lui indagato, anche se non tutte le serie sono convergenti).
Chiedo aiuto ai matematici, ma la somma della serie degli intervalli (puramente virtuale) non è convergente.


Vale, comunque, la pena che io mi occupi di Zenone.
CitazioneIo invece dico che un segmento finito (costante man mano che il processo avanza) moltiplicato per un numero infinito di volte (o la somma di un numero infinito di segmenti finiti tutti uguali) dà una retta infinita.

Fuor di metafora geometrica: non c' é nulla di assurdo a considerare un processo di causazione costituito da eventi singolarmente finiti che complessivamente sia infinitamente esteso nel tempo e non c' é alcun motivo che ci costringa a fermarci a una causa prima dopo un numero finito di eventi di causazione ciascuno di durata finita).

Seroquel54

Riflessione sull'argomento dall'ordine del mondo
 
 
 
Questa riflessione rimane a livello puramente ipotetico e si mantiene all'incirca all'interno della filosofia aristotelica,
Se la prova teleologica o fisico-teologica porta a concludere all'esistenza di un ordinatore, proviamo a riflettere su questa entità:
 

  • Appare dotata d'intelletto e volontà.
  • Ha il ruolo di trasferire in una realtà preesistente una forma (ordine) delle quale non è il creatore.
  • Implementa tale forma in una materia
  • La materia può essere prima o seconda.
  • La materia non può sussistere senza forma, quindi diremo che è materia seconda.
  • Se fosse prima, dovrebbe essere creata dal nulla, non essendoci altro che la materia, la forma e il sinolo (quest'ultimo presuppone una materia).
  • Per far sussistere, contro ogni logica, una materia prima, il suo conservatore dovrebbe essere dotato di una peculiarissima onnipotenza.
  • Non seguiremo questa strada, non riteniamo che sia il caso di abbandonare il terreno della logica per una troppo facile soluzione.
  • Riterremo, quindi che la materia sia in realtà una materia seconda (diversamente individuata) nella quale siano implementate le forme  più elementari.
  • Prima del demiurgo devono sussistere la materia e la forma e il sinolo.
  • La forma preesistente, in particolare, deve costituire un insieme più vasta e contenere quella implementata dal demiurgo nel mondo.
  • Se non ricavasse dalla forma della quale si avvale da un insieme più vasto, per selezione, la sua esistenza non si giustificherebbe (rasoio di Okham).
  • I sinoli primitivi in cui è implementata la materia posseggono, in potenza, tutte le forme possibili, fino al grado massimo di perfezione.
  • La forma, da cui il demiurgo ha tratto ispirazione, costituisce un ordine di grado più elevato di quello da lui introdotto nel mondo.
  • Se per l'ordine del mondo riteniamo di dover presupporre un ordinatore, a maggior ragione dovremo presupporre un Autore per questo ordine più vasto.
  • Poiché non esiste altro che la materia, la forma, il sinolo (e il loro Autore) questo Autore li ha prodotti dal nulla.
  • Si potrebbe obiettare, poiché gli elementi sono tre, tre devono essere gli autori, ma in quel caso avrebbero bisogno di un ordinatore (che dovrebbe essere, immediatamente o mediatamente, uno solo).
  • Poiché avevamo presupposto per il demiurgo, intelletto e volontà, nonché constatiamo all'interno del cosmo esseri dotati d'intelletto e volontà, dobbiamo presumere anche per l'Autore di tutte le cose le stesse caratteristiche (nessuno può dare ciò che non ha).
  • Sarebbe quindi un  Dio personale.
  • Per economicità di pensiero, l'ipotesi del demiurgo non appare più necessaria.
 

Resta in piedi, credo, l'obiezione kantiana sulla necessità della prova ontologica per dimostrare che tale Entità esiste nella realtà.

paul11

Citazione di: Stefano Magrini Alunno il 24 Maggio 2016, 00:45:55 AMPremetto che sto iniziando da poco a studiare filosofia, ma comunque mi è sempre piaciuto riflettere... Forse sapreste illuminarmi. Da quello che ho capito il principio è dove tutto parte. Quindi è la risposta della risposta della risposta della risposta.... del perché. Per cui mi è venuta in mente quest' immagine: l'evento A causa l'evento B; poiché vi è sempre una e una sola ragione, B causa A. Per esempio: Io ho sete allora bevo....se bevo allora ho sete. i due eventi sono inseparabili, la causa e l'effetto "cambia verso" a seconda di come li vediamo, ma comunque rimangono inseparabili. Visto dal verso temporale normale (io ho sete allora bevo) il principio è posto all'inizio di ogni cosa Visto dal verso opposto (se io bevo allora ho sete) il principio è posto alla fine di ogni cosa Quindi la fine è principio il quale è inizio, quindi fine è inizio. ------------------------------------- Finisce così la prima opinione, poi... ------------------------------------- se A causa B e B causa C, mantenendo lo stesso verso temporale, A è la causa e B e C sono i suoi effetti, quindi il principio è l'unica causa, tutto il resto è effetto. se A causa B e, come prima mostrato, B causa A allora i due eventi sono solo cause... tutto allora è causa. Tutto c'ho che è contenuto nel tempo e in tutte le dimensioni, il corpo tra il capo (inizio) e la coda (fine) è principio precisazioni: La mia affermazione non dice che io sono il principio come tutti gli altri, ma che io ne faccio parte come ogni altra cosa che vedo e penso. Sono essenziale e libero (nessuno mi obbliga di seguire delle regole morali), l'esistenza (spero d'aver usato il termine giusto) è il principio. ----------------------- Commenti su ciò che ho scritto? e magari qualcuno più sapiente di me che sa dirmi il punto di vista dei grandi filosofi.

Penso ad una causa prima e che la fine è il ritorno all'origine.
Comunque esiste il principio di sovrapposizione utilizzato in fisica e matematica, in cui il presupposto causale funziona con andamento lineare e quindi algoritmico. e rappresentabile come vettoriale,laddove un'intero sistema è rappresentabile come la sommatoria delle parti.
Non funziona in sistemi non lineari ed euristici, in quanto più complessi dove la risultante o effetto è l'insieme di più cause che a loro volta singolarmente potrebbe essere un fattore randomizzato casuale in parte.

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