Alchimia e Complementarità degli Opposti.

Aperto da Carlo Pierini, 01 Agosto 2018, 12:06:23 PM

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Carlo Pierini

Se osservata dal punto di vista della storia della cultura, l'Alchimia costituisce il passaggio da un estremismo filosofico dominante al suo opposto-antagonista, cioè, dall'assolutismo spiritualista del primo millennio all'assolutismo materialista del secondo millennio (enantiodromia spirituo/materia).
Ed è proprio questa sua funzione di "ponte" tra i valori dell'una e dell'altra sponda, questo suo essere portatrice di entrambi, che fanno della filosofia alchemica quel "Tertium" capace di concepire e di prefigurare simbolicamente la loro unità ultima. Quando la bilancia del tempo passa da uno squilibrio di valori al suo opposto, c'è una breve epoca nella quale i due piatti stanno in perfetto equilibrio; e i simboli (o i miti) che essa genera esprimono il massimo grado di universalità e di verità. Gli aborigeni australiani chiamerebbero questa breve epoca "il Tempo del sogno", mentre i greci davano il nome di "kairoi" a certi momenti del tempo particolarmente favorevoli o propizi all'ispirazione, al sogno, al mito, alla profezia e, quindi, erano visti come germi di un rinnovamento culturale, avvisaglie di una trasformazione spirituale epocale. Ebbene, il sogno Cavalleresco prima (la saga del Graal) e il sogno alchemico dopo (il "Lapis Philosophorum") sono le due principali espressioni del nostro "kairos". La loro presenza, infatti, va dal XII° secolo al XVII°, cioè dallo spiritualismo parossistico dell'Alto Medioevo fino all'avvento della Scienza (Newton fu uno degli ultimi alchimisti). E non è casuale che anche la "santa" Inquisizione copra più o meno lo stesso periodo storico, e che, ai suoi occhi,stregoneria e alchimia fossero una medesima cosa.
Infatti, mentre l'alchimia considera lo Spirito (l'anima) e la Materia come due manifestazioni opposte-complementari dell'Unità Suprema aventi pari dignità e sacralità, lo spiritualismo considerava *dualisticamente*  la Materia come una negazione dello Spirito o come una sua forma depravata.

<<La carne ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne; queste cose si oppongono a vicenda>>. (Galati, 5:17)

<<Quelli che sono di Cristo Gesù hanno crocifisso la carne con le sue passioni e i suoi desideri>>. (Galati, 5:24)

Cosicché, mentre il Messìa degli alchimisti - la Pietra Filosofale - è il frutto di una "coniunctio" tra Materia (Pietra) e Spirito (Filosofale) ed è "Salvator Naturae ET Spiritus", cioè salvatore di entrambi i mondi, il Messìa spiritualista predicava il rifiuto della Natura, il sacrificio del corpo e il ritorno allo spirito Genitore. E non è casuale che i Catari - influenzati dal dualismo cattolico - contemplassero persino il suicidio rituale (morte per inedia) tra le forme di rifiuto della Materia, della quale Satana, non Dio, era considerato il creatore.
In altre parole, l'Alchimia, proprio per la sua centralità filosofica, è paradossalmente invisa SIA alla religione CHE alla scienza: è inaccettabilmente materialista per i preti e inaccettabilmente spiritualista per gli scienziati.
Scrivono Burkhardt e Jung:

"In alchimia, i due principi, attivo e passivo, sono i poli primari che determinano la stessa esistenza. Secondo tale concezione, la materia non è che un aspetto o una funzione di Dio: non una realtà separata dallo spirito, ma il necessario complemento di questo. (...) È stato l'uomo moderno a fare della materia una «cosa», e non più lo specchio passivo dello Spirito. (...) Si è fatta massa inerte e opposta allo spirito libero, pura esteriorità spiritualmente impenetrabile, fatto bruto".    [T. BURCKHARDT: Alchimia - pg.54]

"Il rapporto tra alchimia e cristianesimo è equivalente e quello tra sogno e coscienza; e, come il sogno compensa i conflitti della coscienza, così l'alchimia tende a colmare quelle lacune che la tensione dei contrari presente nel cristianesimo ha lasciato aperte." [JUNG: Psicologia e alchimia - pg.27]

"Nella misura in cui la mentalità occidentale iniziò (nel secolo XIII) a occuparsi della natura, fino a quel momento rimasta sconosciuta, incominciò a prender piede anche la teoria (alchemica) del lumen naturae. Tanto la dottrina della Chiesa quanto la filosofia scolastica si erano rivelate incapaci di gettar luce sulla natura deI mondo fisico. Per cui si fece strada l'ipotesi che, allo stesso modo in cui lo spirito rivelava la sua essenza alla luce della rivelazione divina, così anche la natura possedesse una "certa luminosità" (quaedam luminositas), capace di diventare fonte d'illuminazione. Si può perciò ben comprendere come, nei singoli individui che nutrivano profondo interesse all'esplicazione dei fenomeni naturali, la dogmatica visione del mondo allora dominante perdesse forza persuasiva, nella medesima misura in cui il lumen naturae acquistava forza d'attrazione, anche se il primo non veniva messo in dubbio direttamente. Gli alchimisti seri erano spiriti religiosi che non avevano affatto l'intenzione di criticare le verità rivelate. [...] Gli antichi Maestri non solo non manifestavano un atteggiamento critico nei confronti della dottrina della Chiesa ma, viceversa, erano convinti di contribuire - con le loro scoperte, in parte vere e in parte immaginarie - ad arricchire la dottrina della correspondentia tra le cose celesti e quelle terrene, cercando di dimostrare che i misteri della fede erano riprodotti nei fenomeni della natura (Nota: Per gli alchimisti il mondo era imago et symbolum dei)".  [JUNG: Mysterium coniunctionis - pg.320]

"Le immagini oniriche e, più generalmente, le fantasie spontanee sono simboli, cioè le migliori formulazioni possibili di fatti ancora ignoti o inconsci, che fungono perlopiù da compensazione rispetto al contenuto della coscienza o all'atteggiamento conscio. Se applichiamo questa regola fondamentale all'arcanum alchemico, giungiamo alla conclusione che la sua qualità più rilevante, ossia la sua unità e unicità ("una è la pietra, una la medicina, uno il vaso, uno il procedimento e una la disposizione"), presuppone una coscienza dissociata. Nessuno infatti che sia uno con se stesso necessita dell'unità come rimedio, e neppure - potremmo aggiungere - colui che non è cosciente della sua dissociazione, dato che ci vuole una necessità cosciente perché venga evocato l'archetipo dell'unità. Se ne può dedurre che gli alchimisti che avevano inclinazione per la filosofia non si sentivano a loro agio nella visione del mondo allora prevalente nella fides christiana, sebbene fossero convinti della sua verità".   [JUNG: Mysterium coniunctionis - pp.539-40]

"In generale gli alchimisti si sono sforzati di ottenere (sul piano simbolico) un'unione totale degli opposti e l'hanno ritenuta indispensabile alla guarigione da ogni male. A tale scopo essi non solo provavano l'esigenza di produrre la sostanza nella quale tutti gli opposti si trovano riuniti, ma cercavano anche di trovare le vie e i mezzi concreti per realizzarla. Questa sostanza doveva essere al tempo stesso spirituale e materiale, animata e inanimata, maschile e femminile, vecchia e giovane. Doveva venire creata dall'uomo e al tempo stesso, in quanto increatum, essere la divinità stessa, il Deus terrestris".      [JUNG: Mysterium coniunctionis - pg.475]

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