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Al di là dell'aldilà

Aperto da Jean, 05 Maggio 2016, 20:15:28 PM

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Jean

v- ... ascoltate, ho un piano!!

g- ... che vuoi dire... non sappiamo neppure cosa significa..

v- ... l'ho scoperto stamane!
Quando mi son destato è arrivato un pensiero... da solo, senza che mi ci applicassi... e c'erano parole e immagini... e un percorso che le collegava... e alla fine la libertà!

e- ... di grazia, da dove è giunto un tal pensiero..?

v- ... questo non so dirlo, era lì...

g- ... mmh... forse le nostre preghiere son state ascoltate... e dunque, cosa dobbiamo fare?

v- ... Roberta... ci può aiutare...

e-... la segretaria? Quella sarebbe anche peggio di Destino se avesse l'arma!!

v-... infatti!! Bisogna farle avere l'arma!

e- ... ti sei bevuto il microscopico cervello che ti ritrovi, se ci avviciniamo all'arma  verremo distrutti ancora prima!

g- ... un momento, ascoltiamolo... ma anche ammesso che riusciamo a dargliela... potrebbe renderla a Destino che diverrebbe ancor più atroce a causa dello smacco subito...

v- ... è vero... sottrarre l'arma ad un uomo è come privarlo del potere... ma nella visione del piano c'era qualcosa di inaspettato... Roberta non userebbe l'arma contro di noi...

e- ... che dici... qui tutti gli umani ci odiano e Roberta per prima, sempre a mettere trappole adesive ed elettriche, spray tossici, reti finissime... le manca solo l'arma finale...

v- ... "karma"...

g- ... che vuol dire?

v- non lo so, ma in quella parola c'è la salvezza... almeno per una parte di noi. A causa del "karma", Roberta rivolgerà l'arma contro Destino... così ho visto...

e- ... scompenso glicemico... il sudore di Destino, l'unico nostro cibo... ieri era troppo ricco di zuccheri... ecco la spiegazione del tuo farneticare...

g- ... siamo sempre meno e non avremo scampo comunque... forse questo pazzo piano è la nostra ultima possibilità, costi quel che costi io sono pronto... almeno morirò per aver cercato la libertà, in piedi (pardon, in volo...) e non colpito alle spalle, incollato, fulminato o avvelenato... Vladimiro (v), assumi il comando, non attenderemo un minuto di più...

e- ...noo... ascoltate, forse ce la facciamo a passare l'estate, nascondendoci ancor meglio... poi, ricordate, Destino col primo cambio di temperatura si ammala per qualche giorno... e debilitato potrebbe ritardare a chiudere le doppie porte del vestibolo... volando a livello del pavimento forse non ci vedrà e...

g-  vedi, Estragone (e)... è già successo nei tempi prima della tua nascita... Destino chiamò un operaio che sopraggiunse con uno spray tossico nel vestibolo... tutti quelli che avevano provato sono morti...

Vladimiro- ... allora si procede... vorrei salutarvi tutti, adesso... e se qualcuno alla fine si salverà, riuscendo a sfuggire da questo inferno, oltre le sue porte... beh, si ricordi del sacrificio del suo popolo.


Le donne e i bambini da una parte... Godot... tu sei il più anziano, a te il compito di guidarli oltre la soglia... se mai si aprirà... tutti gli altri con me, questo è quello che faremo...    


..................


Destino non si separava  mai dal suo grande elastico giallo, l'arma letale.
Come s'avvedeva di una mosca in un attimo l'estraeva e zac... un colpo, un morto.
Ormai in tal numero da aver modificato con le loro essenze corporee il colore sulla punta dell'elastico, diventato di un bruno terreo.
Venne il giorno, la comunità delle mosche era divisa in due gruppi, quello che avrebbe tentato di sfuggire all'esterno e i guerrieri, pronti a giocarsi la propria vita.

Destino entrò dalla porta principale e dopo averla richiusa cominciò ad aprire con circospezione quella del vestibolo, ché la sua personale guerra al popolo delle mosche iniziava con l'inizio del lavoro.

Tre  guerrieri guidati da Vladimiro entrarono prontamente dalla fessura, volandogli attorno alla testa.
In un attimo Destino armò la mano e l'elastico giallo sfavillò, tragico e micidiale come una spada.
Due guerrieri furono falciati in volo, il terzo vedendo Vladimiro nel mirino di Destino tentò di volargli sugli occhi... una mano e poi la notte delle mosche.
Al ché tutti i guerrieri entrarono e a loro volta puntarono il volto di Destino che istintivamente, lasciato cadere l'elastico si protesse schiacciandone a decine.
Altrettanto istintivamente cacciò un urlo e Roberta, sopraggiunta velocemente, vide mosche dappertutto... ma, stranamente... la sua attenzione fu catturata dall'elastico giallo a terra... l'aveva visto innumerevoli volte all'opera nelle mani di Destino e senza pensarci lo raccolse.

Tutte le mosche guerriere come rispondendo ad un segnale si raccolsero in un angolo in alto...

Destino- ... la porta adesso è chiusa... Roberta, dammi l'elastico...

Roberta- che ci vuoi fare..?

Destino- ... oh bella... far fuori una volta per tutte queste dannate mosche...
 
Roberta- ... scusa... ma mi fa un po' schifo, eh...

Destino-... ma dai... e tutte le tue carte moschicide, trappole elettriche e spray tossici... che c'è di diverso, entrambi le vogliamo morte, no? E poi con l'elastico è istantaneo...

Roberta- ... c'è qualcosa di strano... perché se ne stanno tutte in quell'angolo?

Destino –... han subito delle belle perdite e cercano di stare distanti... ma Roberta non perdona ...

Roberta -... che vuoi dire..? Perché non dovrei perdonare?

Destino- ... ma non te... mi riferivo all'elastico...

Roberta- ...hai dato il mio nome al tuo elastico..?

Destino- ...ma no... non in quel senso, perché tu odi le mosche...

Roberta- ... rispondi bene... hai dato il mio nome al tuo elastico imbrattato di mosche spiaccicate??

Destino- ... e va bene... e allora?

Roberta- ... allora questa cosa non mi piace... potrei non ridartelo...

Destino- è mio, lo rivoglio...

Roberta – le mosche di chi sono, di chi le ammazza?

Destino- le mosche sono mosche, chi se ne importa...

Roberta- ... anche loro provano paura, l'istintiva paura della morte... che le coglie col mio nome... se lo rivolgessi verso di te... e ti colpissi..?

Destino- stai andando un po' troppo oltre, mi pare...

Roberta- adesso ricordo... ti ho già colpito... eravamo a scuola...

Destino- ... quella era un'altra Roberta... ma come fai a saperlo?

Roberta- me l'hai detto tu... l'hai scritto... e tutte queste mosche spiaccicate intenzionalmente han creato karma...

Destino- che ne sai tu del karma..?

Roberta- solo che i conti van pareggiati, le azioni neutralizzate con altre azioni... vuoi l'elastico?

Destino- beh, non è più così importante... che dici... ci sarebbe un altro modo di sbarazzarci di queste mosche, no..?

Roberta- ... infatti... proviamo ad aprire la porta...
 

E in un attimo tutte le mosche sfuggirono dall'inferno.



..............................................


Il raccontino che avete letto (fornitomi da un utente del precedente forum) anche se può essere considerato storia a sé, in realtà è il seguito (e forse... la conclusione) di quello postato in un'altra sede... al di là  di dove ci troviamo.

Chi voglia accedere alla prima parte deve compiere un relativamente piccolo salto nello spazio-tempo, indirizzando la ricerca nel vecchio forum, nel serbatoio delle memorie passate, digitalizzate nel contesto informatico che ci ospita.

Per facilitarvi ecco il riferimento:

Rif. Psicologia – Perché spariscono gli elastici - post 11



Prima di sviluppare quanto intendo proporvi vi anticipo che ci vorrà del tempo, sia per lasciar spazio a chi volesse partecipare, sia a causa dell'autolimitazione che mi impongo per non appesantire troppo la lettura e sia a causa delle mie attuali possibilità.

Così in questo primo post mi limito a porre la questione, evidenziando alcune tracce che seguirò, cominciando con la grafia dei due termini del titolo, come riporta la Treccani:

AL DI LÀ O ALDILÀ?

In casi come questo non esiste una norma generale che regoli la scelta tra la grafia con univerbazione e la grafia separata. Nell'uso, tuttavia, è invalsa una distinzione tra:



– al di là, con grafia separata, si usa con valore di locuzione avverbialeo preposizionale: al di là del confine



– aldilà, con grafia univerbata, si usa in funzione di sostantivo maschile (con il valore di 'oltretomba', 'vita dopo la morte')

L'aldilà resta un mistero per ognuno di noi.

Storia

La locuzione al di là è rifatta sul francese au-delà. La forma italiana tradizionale è di là da, oggi ancora possibile come alternativa più elegante, ma di fatto poco usata, se non nella frase di là da venire.



Ciò  è quanto attesta la grammatica, anche se la distinzione non mi sembra del tutto esaustiva (come del resto per tutte le parole e la loro interpretazione, opinione personale, eventualmente da approfondire): al di là del confine può ben essere inteso riferendosi al confine tra la vita e la morte (in termini religiosi si usa sovente la parola "transito", quasi ad indicare una continuità di qualche tipo tra il percorso aldiquà e quello di là da venire. Viceversa riferendomi al racconto con aldilà intendo il vecchio forum e non l'otretomba umana... che presenta un vantaggio rispetto a quella, potendo darci un'occhiata e ritornar indietro... con delle informazioni.



Da questa semplice riflessione ne discende la collocazione qui in filosofia e non in spiritualità, visto che non tratterò l'argomento dal solo punto di vista della finitezza e speranza/scommessa/disillusione umana.



Per fare un altro esempio, nel racconto la comunità delle mosche anela a sfuggire dall'inferno dell'uomo, mentre per l'uomo son le mosche a ricordargli l'inferno e, vedi te, per risolvere la faccenda la prima opzione è lo sterminio (ricorda qualcosa, accaduta nell'ultima guerra...). Così nello stesso contesto, per caso, fatalità, genetica o scelta, c'è chi vive aldiquà e chi aldilà di un'arbitraria linea di confine, ovviamente tracciata dall'ente con maggior potere.
Raramente accade una soluzione come quella narrativamente prospettata... una soluzione che in qualche modo va oltre il confine, al di là dell'aldilà (perdonate il rincorrersi dei termini).  



Prima di accomiatarmi un'ultima osservazione, la più importante: perché una discussione come la presente?

Beh, intanto perché mancava, data la recente nascita del logos, ma la motivazione principale nasce dalla  riflessione su quale possa essere la domanda fondamentale che una persona curiosa dell'esistenza abbia da porsi.

Credo che sarà difficile metterci d'accordo, abbiamo valori, esperienze, culture e sensibilità diverse e non ultimo anche il fattore età ha la sua importanza.

Tuttavia molti han ritenuto e ritengono che l'essere umano sia chiamato a rispondere (come aveva iniziato a fare l'autore del raccontino) alla triplice questione interconnessa: da dove veniamo, chi siamo, dove andiamo?

Così mi sono chiesto se ve ne sia una ancor prima di questa, che contenga la precedente e tutte le possibili, ed ecco che m'è apparsa la domanda fondamentale: cosa c'è al di là dell'aldilà?, confidando d'essermi spiegato chiaramente: non solo dal punto di vista della morte umana.

Ritengo che sia una questione estremamente complessa, anche semanticamente, avendo implicitamente a che fare con la conoscenza (in tutti gli ambiti, dal filosofico allo scientifico) sin qui accumulata dall'uomo. E con l'idea/ipotesi/sensazione/certezza di significati espressi tramite la conoscenza ma esperiti con altre facoltà, artistiche e trascendenti (per chi ne abbia accesso).


Cordialmente

Jean

Eutidemo

Citazione di: Jean il 05 Maggio 2016, 20:15:28 PM"E in un attimo tutte le mosche sfuggirono dall'inferno."

Un attimo!
Tutte le mosche sfuggirono "all"'inferno...per cui riuscirono a non entrarci proprio?
Oppure tutte le mosche fuggirono "dall"'inferno...per cui ci erano entrate, ma poi riuscirono a venirne fuori?
:D  :D  :D

Eutidemo

Jean si chiede: 
"Ed ecco che m'è apparsa la domanda fondamentale: cosa c'è al di là dell'aldilà?, confidando d'essermi spiegato chiaramente: non solo dal punto di vista della morte umana. "
Al di là di che?
Questo è un punto che andrebbe preliminarmente chiarito molto bene, prima di cercare eventuali risposte.
Dal punto di vista della morte umana, però, per "al di là" si capisce chiaramente che si intende "cosa c'è al di là della vita?".
In questo caso la risposta è molto semplice: NESSUNO LO SA!
Però, alla domanda "cosa NON c'è al di là della vita?", credo che si possa tranquillamente rispondere.
Si badi che si tratta di due questioni COMPLETAMENTE DIVERSE (anche se sembrano identiche), perchè la conoscenza negativa è sempre possibile.
Ad esempio, voi non potete sapere su cosa sono seduto adesso, mentre scrivo (anzi, non potete sapere neanche se sono in piedi); ma, sicuramente potete sapere che non sono seduto sopra una nuvola!
:-)
Pertanto, a mio modesto avviso, cosa NON c'è al di là della vita è abbastanza evidente; non ci sarà più il mio "ego" individuale, rappresentato da memoria, volontà ed intelletto personali.
Questo perchè tali elementi sono intrinsecamente connessi alla mia struttura cerebrale "fisica", per cui, una volta dissolta questa con la morte, si dissolveranno irrimediabilmente anche loro.
Anzi!!!
Purtroppo, memoria, volontà ed intelletto personali, possono svanire anche "prima" della morte, a seguito di una grave lesione cerebrale, overo a causa di malattie degenerative.
:-(
A mio parere, invero, sarebbe alquanto incongruo e contraddittorio, sostenere che, sparendo (sia pur provvisoriamente) il nostro "io" durante un intervento anestetico, esso, invece, dovrebbe essere presente e cosciente dopo il ben più drastico "intervento anestetico" della morte.
"Non sequitur"!
Non è possibile.
Se un disco rigato o incrinato non manda più musica..."a fortiori" non la può mandare uno completamente rotto o bruciato.
Il che, peraltro, non significa che dopo la morte non ci sarà più nulla; secondo me, ci sarà quello che c'era anche prima...il mare al posto delle onde.
Cioè, il mare dell'Essere, in cui vengono riassorbite le onde delle singole personalità individuali.
Ma, mentre, quanto alla "conoscenza negativa" di cui sopra, mi sento abbastanza sicuro, riguardo a tale "conoscenza positiva" lo sono molto meno; e, comunque, si tratta di cose molto difficili da esprimere a parole.
:-)

Sariputra

In questo terribile rompicapo proposto da Jean mi sembra che tutto ruoti attorno la figura di Roberta. Roberta è il motivo per cui Destino , spietatamente, colpisce  ad una ad una le povere mosche. Infatti ha dato il nome di Roberta all'elastico ormai annerito dal sangue moscoso. Destino odia-ama Roberta ( infatti nonostante sia stata la sua aguzzina adesso lavora con lui...).
Ora ...se il popolo delle mosche è l'umanità e Destino la sua sorte inelluttabile...chi o cos'è Roberta?
Anche Roberta era come Destino ma adesso , per effetto del "karma", interviene a favore delle mosche...
Roberta è una figura cristica ?...Dio causa della sorte orribile (l'inferno vissuto dalle mosche) del suo popolo interviene in suo favore e lo Salva ? L'uscita dall'inferno è la porta dell'aldilà ?
Oppure Roberta è una figura buddhica ? Nella comprensione di essere causa - effetto della sorte del popolo delle mosche e della sua stessa sorte Roberta pone fine con la realizzazione di un operare positivo ( la liberazione delle mosche) che contrasta le cause negative da lei stessa messe in moto?
Attenzione però....Destino non lascia libere le mosche per comprensione del loro dolore. Destino apre la porta sull' al di là per lo stesso motivo per cui, inesorabilmente, le spiaccicava una ad una: per Liberarsene, per non averci più niente a che fare. Non c'è alcun amore per le mosche in Destino. C'è questo amore in Roberta?
Il racconto non sembra rivelarlo. E' il karma stesso che opera in Roberta. Perchè, secondo il mio intendere, come Roberta ha messo in moto la ruota del karma negativo colpendo in gioventù con abilità la schiena del povero e giovane Destino, ha pure messo in moto la ruota del karma positivo. Perchè mi pare evidente che Roberta martirizzava Destino per ...mendicare il suo Amore.
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Duc in altum!

**  scritto da Eutidemo:

CitazionePerò, alla domanda "cosa NON c'è al di là della vita?", credo che si possa tranquillamente rispondere.

Ne sei certo?
Sicuro che la risposta ti lascia tranquillo visto che è figlia della fede e perciò priva di fondamento certo?


CitazionePertanto, a mio modesto avviso, cosa NON c'è al di là della vita è abbastanza evidente; non ci sarà più il mio "ego" individuale, rappresentato da memoria, volontà ed intelletto personali.
Questo perché tali elementi sono intrinsecamente connessi alla mia struttura cerebrale "fisica", per cui, una volta dissolta questa con la morte, si dissolveranno irrimediabilmente anche loro.

Ecco, adesso già si ragiona ...a tuo modesto avviso, tradotto: secondo la tua fede personale irrazionale una volta dissolta la struttura cerebrale, si dissolveranno tali elementi.



CitazioneA mio parere, invero, sarebbe alquanto incongruo e contraddittorio, sostenere che, sparendo (sia pur provvisoriamente) il nostro "io" durante un intervento anestetico, esso, invece, dovrebbe essere presente e cosciente dopo il ben più drastico "intervento anestetico" della morte.
"Non sequitur"!
Non è possibile.

"Non è possibile", visto che siamo nella metafisica, è un'affermazione possibile soltanto se sostenuta da una fede radicale, estremista se mi è concesso ...dunque anche in ciò non c'è prova oggettiva ragionevole.

Inoltre, perché quando dormi, anestesia naturale, il tuo "Io" sparisce?

Eppure è ben cosciente e presente, anche se tu non ne sei al corrente.  :)
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

Sariputra

#5
Duc in altum scrive: 
Inoltre, perché quando dormi, anestesia naturale, il tuo "Io" sparisce? Eppure è ben cosciente e presente, anche se tu non ne sei al corrente. :) [/quote]

Scusa Duc ma...di grazia...come fa ad essere ben cosciente e presente senza esserne al corrente? :o
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Duc in altum!

per  @Sariputra

Se sapessi come fa, non ci sarebbe più il Mistero al quale tutti dobbiamo rispondere. Io ci credo "a fiducia"!! Ma questo non annulla il fatto, enigmatico, che mentre dormo io non sono al corrente di cosa faccia il mio "Io" ...forse dorme, forse prende un altro corpo o un'altra identità in un'altra dimensione, forse confabula con Dio nell'al di là dell'aldilà, ma non sparisce grazie ad un semplice aprir di palpebre.
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

Eutidemo

Duc in Altum sostiene che, alla domanda posta in termini "negativi": "cosa NON c'è al di là della vita?", non si possa rispondere se non per fede; come, in effetti, non è possibile rispondere alla domanda posta in termini "positivi".
Ed io ti chiedo, allora, alla domanda : "Cosa NON c'è sulla mia scrivania in questo momento", tu puoi rispondere o no, con assoluta tranquillità?
Certo che sì.
Ed infatti, tu non puoi positivamente sapere in alcun modo cosa ci sia posato sopra (come non puoi dirmi cosa ci sia dopo la morte), però puoi benissimo dirmi, negativamente, che cosa non c'è: per esempio, puoi asserire in tutta tranquillità che non c'è posato sopra un palazzo di trenta piani.
;)

Così pure, io non ho idea di cosa possa esserci dopo la morte; ma sono sicuro che, una volta morto, dovrò necessariante smettere di fare la mia solita ginnastica mattutina (fisica e mentale), non avendo più nè corpo nè cervello.
Allo stesso modo, quindi, anche tutto ciò che scaturisce dalle mie connessioni cerebrali, dovrà PER FORZA cessare di esiste; non è una questione di fede...è una questione di evidenza!
Tu dici: "...secondo la tua fede personale irrazionale una volta dissolta la struttura cerebrale, si dissolveranno tali elementi...."
Ribadisco che la fede personale (razionale o irrazionale), in questo caso, non c'entra niente; è solo una questione di logica elementare.
Ed infatti, a me sembra del tutto evidente che una volta VERIFICATO PER ESPERIENZA che il nostro "io" durante un intervento anestetico (sia pur provvisoriamente) è del tutto assente,  non sarebbe punto conseguente ipotizzare che esso, invece, dovrebbe essere presente e cosciente dopo il ben più drastico "intervento anestetico" della morte.
Ma Duc in Altum obietta che, anche durante l'anestesia, il nostro "io" : "...è ben cosciente e presente, anche se tu non ne sei al corrente. "
Tale affermazione, a mio parere, risulta del tutto gratuita e anapodittica, fino a che Duc in Altum  non sarà in grado di replicare alle mie considerazioni, pur trovandosi in stato di anestesia totale (che è anche priva di sogni); allora gli darò sicuramente ragione.
Oppure se sarà in grado di replicare dopo morto: il più tardi possibile, gli auguro.
:)
Peraltro, anche sotto il profilo meramente logico, la sua è una proposizione autocontraddittoria, perchè non riesco proprio a comprendere come si possa: "essere coscienti e presenti, senza essere al corrente di essere coscienti e presenti." (come scrive Duc).
E' una palese "contradictio in adjecto".
Sarebbe come dire che è possibile volare nell'acqua, o nuotare nell'aria.

;)

Eutidemo

Citazione di: Duc in altum! il 06 Maggio 2016, 11:39:17 AM
per  @Sariputra

Se sapessi come fa, non ci sarebbe più il Mistero al quale tutti dobbiamo rispondere. Io ci credo "a fiducia"!! Ma questo non annulla il fatto, enigmatico, che mentre dormo io non sono al corrente di cosa faccia il mio "Io" ...forse dorme, forse prende un altro corpo o un'altra identità in un'altra dimensione, forse confabula con Dio nell'al di là dell'aldilà, ma non sparisce grazie ad un semplice aprir di palpebre.

**************************************************************************************************************************************************
Anche tale ragionamento, con tutto il rispetto, mi sembra alquanto autocontraddittorio; perchè non ha alcun senso affermare, che, durante l'anestesia: "io non sono al corrente di cosa faccia il mio Io". :)
Se il tuo "io" fa qualcosa, "tu" (cioè il tuo "io"), ne devi essere al corrente per forza; altrimenti, chi agisce non è il tuo "io" (cioè "tu"), bensì un'altra entità.
Il che non si può escludere a priori; ma non ti riguarda più, perchè è cosa diversa da te. ;)

paul11

Caro Jean
bel racconto!
Lo interpreto in maniera simile a Sariputra.
Gli inferni,delle mosche e degli umani sono simili, ma sono contrarie le motivazioni(per le mosce gli umani e viceversa)-
Destino è la falce della morte, anzi l'elastico.
Roberta è una giustizia che prima o poi torna: il karma
Una porta separa l'al di quà e l'aldilà.Per le mosche è fuori dall'abitato di Destino, e quest'ultimo...dovrà attendere altre mosche per essere di nuovo...Destino.. Il karma Roberta lega la narrazione di Destino e delle mosche

Sì Roberta è cristica perchè può vincere il Destino della morte rendendo giustizia e salvezza.
Le mosche sono i diversi punti di vista, chi ha fiducia in Roberta e chi invece la identifica insieme a Destino.

Forse Logos è la reincarnazione del vecchio forum, un salto nell'aldilà perchè ogni vita è conoscenza e continuare il viaggio.
Un caffè al Buddha bar?

Jean

Buonasera Eutidemo e grazie della visita,
 
le mosche sfuggono dall'inferno... ma il racconto non val al di là (a ritroso, nel caso) dello spazio temporale in cui accade la loro fuga, non fornendo indicazioni di come sia avvenuto che c'erano entrate. 
Anche per molte persone l'esistenza è un inferno, il regno del dolore, un'illusione e altre definizioni non proprio positive. Il più delle volte, a domandargli come sia successo s'ottiene in risposta che vi ci sono ritrovate, spesso loro malgrado; tuttavia altrettanto frequentemente si riscontra una qualche compartecipazione all'evento. 
Come che sia, per chi ritenga di trovarsi in un inferno la soluzione migliore è, ovviamente, quella di cambiare location...
 
Al di là di che?
Giustamente osservi che sia un punto che dev'essere preliminarmente chiarito molto bene.

Al di là (come afferma l'enciclopedia) presuppone un confine, il limite di quanto si può sperimentare e ho aggiunto: quale che sia, non esclusivamente riferito alla morte fisica.

A ben vedere l'al di là è straordinariamente presente, connaturato all'essere umano, oserei dire che ne sia il motore dello sviluppo (o per altri dell'evoluzione).

qualche esempio:

Al di là delle colonne d'Ercole 

«Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti ma per inseguire virtute e canoscenza».Questi tre endecasillabi, tratti dal XXVI canto dell'Inferno della Commedia di Dante, esprimono in maniera efficace il desiderio, tipico della natura umana, di superare i propri limiti e di ampliare i propri orizzonti conoscitivi. E non casualmente vengono proferiti da Ulisse, l'eroe omerico simbolo dell'intelligenza scaltra e multiforme. È vivo nel sovrano di Itaca quell'anelito alla conquista del sapere e della perfezione che induce a compiere imprese ardite, oltre ogni limite. Imprese che talvolta divengono suscettibili di condanna, in quanto veri e propri atti di hýbris, tracotanza.
 
Immaginando le colonne, come Ercole oseremo compiere imprese eroiche degne di memoria;  come Platone andremo alla ricerca della nostra Atlantide; come Cristoforo Colombo sogneremo di approdare in terre straniere, percorrendo rotte alternative; come Ulisse, infine, progetteremo un "folle" volo alla ricerca della verità. Oltre ogni limite. 



 
... al di là degli attuali limiti fisici, nelle prestazioni sportive soggette a misurazione (tempo, spazio, velocità ecc.).
 
... per tutte le discipline scientifiche l'al di là è l'imperativo assoluto, la loro ragion d'essere, la stessa che abita e sospinge l'uomo che l'ha implementata in quelle precipue strutture conoscitive, amplificandone a dismisura il potere con il progresso della tecnica... con quest'ultima che, purtroppo, ha invaso il campo delle attività artistiche... sì che il confine si sta allontanando sempre più dal senso del bello e dell'armonico... ma se questa è la direzione non rimane che vedere dove conduce.
 
Quindi, riassumendo, l'(anelito all') al di là è una spinta insita e presente nell'essere umano e tutto proviene da essa. Non la identifico nella volontà di potenza di cui tanto s'è discusso nel vecchio forum.
 
Cosa ci sia al di là della vita è una faccenda più complessa... presuppone di conoscere, ammettendo sia possibile, cosa sia la vita... convengo che nessuno ha dimostrato incontrovertibilmente di conoscere la risposta (forse qualcuno lo sa ma non lo dice, o meglio non può provarlo... o forse non vuole, o lo sa ma non può esprimerlo usando il nostro linguaggio, o una volta che lo sappia non possa, per qualche motivo, condividerlo, ecc.) ma rifacendosi all'attuale concezione relativistica dell'universo (forse) lo sa ancora meno chi meno conosca la vita... è un'altra possibilità, che ci sposta in un terreno maggiormente praticabile, potendolo da vivi, appunto.
 
Già così come stanno le cose è dannatamente difficile... che complicarsele tentando di rispondere a cosa potrebbe non esserci, ragionando in negativo, non condurrebbe che ad elucubrare sul sesso degli angeli... presumo (ma potrei sbagliarmi) che Eutidemo non l'abbia mai visti ... eppure ci son tanti che ne parlano e che ne hanno parlato dalla notte dei tempi.
Io non ne so niente, ma mi astengo (Renzianamente) dal trivellar un giudizio.

La logica funziona aldiquà di quel confine ed essa è uno dei tanti strumenti disponibili, naturalmente tra i più importanti (la sto usando anch'io) ma non l'unico.
Volendo si può fare un bel mix, ad esempio prendendo con le dovute cautele le conoscenze di altre culture e tempi... per gli antichi egizi non era così evidente la nullità dell' "ego" individuale, rappresentato da memoria, volontà ed intelletto personali a causa della morte, tanto da aver descritto la scomposizione dell'"anima" nei suoi otto "ingredienti". 
Forse anche io considererei superstizioni e folclore tali "credenze" se non mi ponessi la questione: può una civiltà, protrattasi  per millenni,  con tutte le sue conoscenze  e capace d'aver edificato strutture architettoniche impossibili da replicare al giorno d'oggi, aver elaborato un imponente edificio concettual-spirituale al solo scopo di padroneggiare la paura della fine?
Non è che piuttosto non sappiamo interpretare il loro linguaggio e applichiamo il nostro a quanto appena scorgiamo?
 
Per il momento arrivo sin qui, non prima d'aver ringraziato Sariputra per la bella interpretazione del racconto.
 
In questo estratto: ... come Roberta ha messo in moto la ruota del karma negativo colpendo in gioventù con abilità la schiena del povero e giovane Destino, ha pure messo in moto la ruota del karma positivo...
 
mi piace immaginare quella ruota, negativa o positiva (beh, sarebbe meglio) messa in moto da qualcosa, da quell'anelito all'al di là , per spostarsi dalla presente condizione... e dopo un viaggio (in se stessa), trovare il senso del suo agire... nell'amor che move il sole e l'altre stelle...
 
(agli altri interventi rispondo in seguito, mi scuso)
 
Cordialmente

Jean  

Eutidemo

Buongiorno Jean, e grazie della lunga ed articolata risposta.
Quanto alle mosche, mi spiace di dover insistere sul fatto che si sfugge "a", non "da"; il fuggire regge il "da", lo sfuggire l'"a"...e il significato cambia, come ho cercato di spiegare nel mio precedente intervento.

;)

Peraltro, come anche spiega il Tommaseo, fugge chi tenta di sottrarsi, mentre sfugge chi si sottrae veramente (1); sono due cose affini, ma diverse.
Sono invece d'accordo che, per molte persone l'esistenza è un inferno, il regno del dolore, un'illusione e altre definizioni non proprio positive; in effetti, in fondo è così per tutti, solo che qualcuno non se ne accorge.

Beato lui!
Sono anche d'accordo che, per chi ritenga di trovarsi in un inferno, la soluzione migliore sarebbe quella di cambiare "location"; ma non si può sfuggire a se stessi (o fuggire da se stessi, se preferisci).
A meno che non si ricorra all'aiuto dei due cari amici Smith & Wesson.
:-)
Quanto all'"Aldilà", scritto tutto attaccato, si tratta un sostantivo con il significato ben specifico di "ciò che c'è dopo la morte fisica": ovvero, il cosidetto "Oltretomba".
"Al di là", scritto staccato, invece, è una una mera locuzione avverbiale (o anche "preposizionale"), che non significa niente, se non si precisa in riferimento a cosa.
Per cui, come scrivi tu, "Al di là" presuppone un "confine"; per esempio, al di là del confine con la Francia, si può sperimentare che si parla francese, e al di là di quello con l'Austria, il tedesco.
Però, poi dici: "...il limite di quanto si può sperimentare: quale che sia.".
E no!
Se non si precisa la "sperimentazione di cosa", siamo da capo a dodici.
Quanto agli immortali versi di Dante, essi sono tra i miei preferiti: "Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza".
"Virtute", in senso latino, va inteso come "valore", mentre "canoscenza" come ulteriore "conoscenza" di ciò che è sperimentabile; nel senso, quindi, di "scienza".
Ed infatti, nei versi appena precedenti, Dante, rivolto ai compagni, dice: "..d'i nostri <<sensi>> ch'è del rimanente, non vogliate negar l'esperïenza"; cioè, non negate ai nostri "sensi" quello che rimane da vedere, dietro al sole (dietro all'orizzonte), nel mondo disabitato.
Per cui sta parlando solo di ciò che è "sensibile" (non sovrasensibile), al di qua e al di là dei confini geografici allora conosciuti.
A parte questo, condivido in pieno il tuo giudizio su Ulisse (dantesco), in cui era vivo quell'anelito alla conquista del sapere e della perfezione che induce a compiere imprese ardite, oltre ogni limite; imprese che talvolta divengono suscettibili di condanna, in quanto veri e propri atti di ὕβϱις" (superbia di fronte agli dei).
Come, peraltro, nel caso di Icaro "...ceratis ope Daedalea nititur pinnis, vitreo daturus nomina ponto".
Quanto a compiere imprese eroiche e degne di memoria, in effetti Platone non andò mai alla ricerca della sua Atlantide (nè di altro); si limitò soltanto a raccontare una storia, per estrapolarne il valore metaforico.
Colombo, invece, era effettivamente partito con un obiettivo ben preciso, e sulla base di calcoli razionali, nonchè di specifici indizi sperimentali (tronchi alla deriva al largo della Azorre, se non ricordo male); peccato che i suoi calcoli fossero del tutto errati, e, se per "il fattore C", non si fosse trovato sul percorso le Americhe, lui e i suoi compagni sarebbero morti tutti annegati. 
:(
In ogni caso, il suo scopo non era affatto la "canoscenza" dantesca, bensì la scoperta di nuove rotte commerciali per l'Oriente, onde trarne proficui vantaggi economici per sè e per i suoi commitenti (i reali di Spagna); d'altronde, che il suo principale obiettivo fossero, da buon genovese, "i quattrini", lo dimostrò poi ampiamente nel resto della sua vita
;)
Però, a parte casi specifici, sono perfettamente d'accordo che nell'essere umano esiste una spinta innata (spesso fine a sè stessa) a spostare sempre più avanti il campo della conoscenza e della ricerca; e sono anche d'accordo con te che la volontà di potenza, di cui tanto s'è discusso nel vecchio forum, non c'entra molto. 
Forse c'entra, qualche volta, sotto la forma del "narcisismo" di molti ricercatori; ma, per lo più, sembra che si tratti più che altro della sublimazione (ormonale) degli atavici istinti della caccia.
Senza escludere altri fattori (anche razionali), sui quali, per brevità, qui non mi soffermo.
Per passare, poi, dal tema dell'"Al di là" a quello dell'Aldilà", sono anche totalmente d'accordo con te che: "Cosa ci sia al di là della vita è una faccenda più complessa... presuppone di conoscere, ammettendo sia possibile, cosa sia la vita... convengo che nessuno ha dimostrato incontrovertibilmente di conoscere la risposta."
Quello che io sostengo, invece, è che sapere che  "cosa ci sia al di là della vita", e sapere che  "cosa NON ci sia al di là della vita", sono due cose COMPLETAMENTE DIVERSE, come ho (vanamente) cercato di spiegare nei miei precedenti interventi.
Dico "vanamente", perchè, quando scrivi: "...così come stanno le cose è dannatamente difficile... che complicarsele tentando di rispondere a cosa potrebbe non esserci, ragionando in negativo, negativo, non condurrebbe che ad elucubrare sul sesso degli angeli...".
Vedo proprio che, sicuramente per mia insufficienza espositiva, non riesco proprio a spiegarmi; però gradirei che, in ogni caso, si entrasse nel merito dei miei ragionamenti per confutarli, e che non ci si limitasse a negarne anapoditticamente le conclusioni, senza alcuna specifica controargomentazione.
Ed infatti, "elucubrare sul sesso degli angeli" è cercare di sapere (da vivi) cosa c'è dopo la morte; ma prendere atto di cosa "non può esserci", mi sembra, invece, un'operazione molto ovvia e banale.
Cercherò di metterla in altri termini.
Orbene, siamo tutti d'accordo che il nostro "io" è qualcosa di diverso dal nostro cervello; così, come, penso, siamo tutti d'accordo che la musica è una cosa diversa sia dal disco che dal grammofono (per metterla in termini un po' antiquati).
Però, se si rompe il disco o il grammofono, la musica cessa...non c'è niente da fare.
Allo stesso modo, se se si rompe il cervello, l'"io" cessa...non c'è niente da fare.
Non è un'opinione, è un fatto!
La cosa, infatti, è verificabile sperimentalmente, in quanto, anche a seguito di lesioni parziali della materia cerebrale, il soggetto perde funzioni essenziali dell'IO, come la memoria, la volontà, l'intelletto e l'autocoscienza.
Idem dicasi per l'anestesia totale (durante la quale neanche si sogna), anche se in via provvisoria.
Putroppo, l'ho sperimentato più volte direttamente.
:(
Pertanto, mi soprende sempre molto, che la maggior parte delle persone non riesca a fare due più due; cioè, a non capire che se l'IO sparisce per una botta in testa, a maggior ragione sparisce a seguito di una pallottola nel cranio.
La cosa, probabilmente, si spiega per effetto del nostro "sistema limbico", che, anche di fronte alla più palese evidenza, ci impedisce di accettare l'idea che la fine della nostra individualità è un epilogo INEVITABILE.
Inevitabile, peraltro, anche per ragioni logiche: perchè qualunque cosa abbia un inizio, deve PER FORZA finire.
Ritenere il contrario, sarebbe come voler sostenere che un bastone ha una estremità, ma non l'altra.
;)
Tu ti chiedi: "...può una civiltà, protrattasi  per millenni,  con tutte le sue conoscenze  e capace d'aver edificato strutture architettoniche impossibili da replicare al giorno d'oggi, aver elaborato un imponente edificio concettual-spirituale al solo scopo di padroneggiare la paura della fine?"
Certo che sì (sarebbe stato strano il contrario)!
Come ho detto sopra, infatti, è innato in tutti gli uomini un meccanismo naturale che ci impedisce di accettare la fine individuale del nostro piccolo "ego"; per cui, (quasi)tutte le civiltà si sono inventate le architetture culturali, religiose e filosofiche più fantasiose ed articolate, per "autoilludersi" del contrario.
Ad ogni modo, per concludere, vorrei che fosse chiara una cosa: io parlo delle onde, e non del mare, cioè dei nostri ipertrofici "ego" individuali.
Per tornare, infatti, all'esempio della musica e del disco, è OVVIO che, pur essendo musica e disco due cose diverse, se si rompe il secondo, la prima cessa per sempre.
Ma la musica non muore!
;)
Finisce per sempre soltanto "quella" specifica esecuzione, con tutti i fruscii dovuti alle imperfezioni di "quello specifico disco"; che rendevano quella determinata "performance" diversa da quella di tutti gli altri dischi simili.
Ma la musica in sè, non muore...perchè c'era anche da prima!
Chi vuole intendere intenda.
;)
Cordialmente.
                                                         Eutidemo

NOTE
(1)
https://books.google.it/books?id=8Hfrdu3yYDsC&pg=PA375&dq=sfuggire+da+o+sfuggire+a?&hl=it&sa=X&ved=0ahUKEwjDv5Pk_cbMAhXIShQKHWh1Cq8Q6AEINDAE#v=onepage&q=sfuggire%20da%20o%20sfuggire%20a%3F&f=false

Duc in altum!

**  scritto da Eutidemo:

CitazioneDuc in Altum sostiene che, alla domanda posta in termini "negativi": "cosa NON c'è al di là della vita?", non si possa rispondere se non per fede; come, in effetti, non è possibile rispondere alla domanda posta in termini "positivi".
Ed io ti chiedo, allora, alla domanda : "Cosa NON c'è sulla mia scrivania in questo momento", tu puoi rispondere o no, con assoluta tranquillità?
Certo che sì.


"Certo che sì" lo puoi reggere solo nella tua fede, ma non io che ne ho un'altra.
Anzi, io che ho fede nei miracoli, posso anche "illudermi" che sei seduto su di una nuvola  ...nulla è impossibile a Dio !!


CitazioneEd infatti, tu non puoi positivamente sapere in alcun modo cosa ci sia posato sopra (come non puoi dirmi cosa ci sia dopo la morte), però puoi benissimo dirmi, negativamente, che cosa non c'è: per esempio, puoi asserire in tutta tranquillità che non c'è posato sopra un palazzo di trenta piani.

Concordo sul fatto che potrei anche sforzarmi ed avere fiducia su che non sei seduto su di una nuvola o che sulla tua scrivania non ci sia un palazzo di trenta piani, ma per qualsiasi ipotesi, allusione o illusione, di cosa "non" ci sia dopo la morte, l'unica certezza la può dare solo la fede personale, quindi niente di razionale.



CitazioneCosì pure, io non ho idea di cosa possa esserci dopo la morte; ma sono sicuro che, una volta morto, dovrò necessariante smettere di fare la mia solita ginnastica mattutina (fisica e mentale), non avendo più nè corpo nè cervello.
Allo stesso modo, quindi, anche tutto ciò che scaturisce dalle mie connessioni cerebrali, dovrà PER FORZA cessare di esiste; non è una questione di fede...è una questione di evidenza!

No, il sicuro devi abolirlo se non ammetti che è sostenuto soltanto dalla tua fede. Infatti per la mia non solo avrò sentimenti cerebrali, ma anche un corpo (celeste) per esercitarli maggiormente.

L'evidenza che tu chiami in causa è tangibile solo per fede, visto che non esiste prova empirica oggettiva di cosa "non" ci sarà dopo essere deceduti in questo pianeta.


CitazioneRibadisco che la fede personale (razionale o irrazionale), in questo caso, non c'entra niente; è solo una questione di logica elementare.

Anche questa affermazione è un costrutto della fede, che ci fa apparire per verità oggettivamente certa la nostra fiducia personale in ciò che è ancora nel dubbio ontologico.


CitazioneEd infatti, a me sembra del tutto evidente che una volta VERIFICATO PER ESPERIENZA che il nostro "io" durante un intervento anestetico (sia pur provvisoriamente) è del tutto assente,  non sarebbe punto conseguente ipotizzare che esso, invece, dovrebbe essere presente e cosciente dopo il ben più drastico "intervento anestetico" della morte.


Io non sto a confutare ciò che per te può essere oppure è "evidente", queste sono tue decisioni e io le rispetto ampliamente, semplicemente alimento la riflessione che quel "sembra" è dovuto alla fede soggettiva e non alla prova evidente, giacché quella prova è solo nella tua esperienza, e non in quella degli altri ...per adesso !!

Se può servirti chi ti sta rispondendo ha vissuto un'esperienza di pre-morte, salvato dai carabinieri e da un'ambulanza che passava di là "per caso": e per i medici io sono stato non cosciente per 3 minuti, mentre l'esperienza che io ho vissuto in quel frangente non solo è durata, secondo i tempi terrestri, ben oltre la mezz'ora, ma  ero talmente cosciente che i ricordi sono tra i più nitidi che riesco a rimembrare dei miei 50 anni d'esistenza.

Perciò, al di là dell'aldilà, secondo me, può esserci tutto ciò che uno vuole e riesce ad immaginarsi, ma è soltanto con le opere di fede nell'amore che poi si incomincia a distinguere l'"evidenza".



Buon fine settimana  8) (gi occhiali sono perché vado in spiaggia !!  ;D )
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

Jean

@Eutidemo,

la tua gradita precisazione mi conferma dell'opinione  che la questione sia estremamente complessa, anche semanticamente, come ho scritto. 
Ma frequentando l'Accademia della Crusca  solo sporadicamente attraverso internet, non ho le competenze necessarie per tener alto in quell'ambito  il livello della discussione, per cui accetto benvolentieri il contributo di chi ne abbia di maggiori (ci vuol poco) delle mie.

Tuttavia leggo nelle prime righe del Tommaseo che mi hai proposto:  si scappa dal male che ci ha colti già, o quasi colti; si fugge il male temuto - rilevando che se il male ci ha quasi colti significa che ancora non l'ha fatto e se in quel mentre ne scappiamo è analogo a dire che  fuggiamo ciò che temiamo, non avendoci ancor colti.

Potrebbe darsi una gradazione che conduce all'evento, la seguente: non colto - quasi colto – colto, e magari ulteriori gradazioni tra queste... faccenda interessante (fuor di grammatica) perché potrebbe esser applicata anche all'aldilà:  aldiquà – non ancora aldilà – aldilà, con tutte le problematiche che sorgono nel definire e caratterizzare la zona intermedia.

Tutti conveniamo e constatiamo la differenza tra l'aldiquà di una persona (in vita) e il suo aldilà (da morta), ma la zona intermedia, per esempio in ambito medico, obbliga a dover definire la vita, separando il corpo dall'io-cervello e affermare che la fine delle funzioni cerebrali coincide con la fine dell'io. 
Quel corpo non ancora colto dall'aldilà ma sulla via d'esserlo, ha un qualche altro valore al di là del poterlo usare come serbatoio di pezzi di ricambio?

Per rispondere adeguatamente servirebbe conoscere cosa sia la vita, la cui definizione muta con i tempi e le conoscenze, ed è diversa per chi supponga (o creda) una qualche trascendenza. 
Da quel che scrive son certo che Duc  si attenda di cambiar location al termine della sua, augurandogli di cuore di trovar quella sulla quale ha scommesso, come dice.
Io penso che ci son molte più possibilità che pari o dispari... 2 è pari, 3 è dispari... e 2,1 o 2,7?      
In quella zona intermedia tra l'esser pari e il divenir dispari, che accade?

Anche la coscienza, per me il senso di presenza, ha la sua zona intermedia nel sonno e in quello nel sogno. 
Ricordo un film, "la zona morta" («Nella sua mente lui ha il potere di vedere il futuro. Nelle sue mani ha il potere di cambiarlo.».) dove a seguito di un coma, al risveglio Smith Johnny (non Smith Wesson) si ritrova in una condizione diversa,

qui la trama: https://it.wikipedia.org/wiki/La_zona_morta_(film)

sembra proprio che il frequentare tali zone sia alquanto "particolare", ho riportato un caso reale  qui http://www.riflessioni.it/logos/percorsi-ed-esperienze/'giochi'-di-luce-ed-ombra-(e-forme-di-comunicazione)/msg937/#msg937.

e colgo l'occasione per chiedere a Duc  se può dire qualcosa sulla sua esperienza.

Paul11, che ringrazio per aver proposto un'altra squisita lettura del racconto, ha ben colto tale zona nel racconto: "Una porta separa l'al di quà e l'aldilà." , la doppia porta di un vestibolo, una piccola stanza di passaggio tra un ambiente e l'altro.
(Chissà, magari un domani quella tra un forum e un bar, dove bere un caffè assieme.)
 
Cit.Eutidemo - Ed infatti, nei versi appena precedenti, Dante, rivolto ai compagni, dice: "..d'i nostri <<sensi>> ch'è del rimanente, non vogliate negar l'esperïenza"; cioè, non negate ai nostri "sensi" quello che rimane da vedere, dietro al sole (dietro all'orizzonte), nel mondo disabitato.
Per cui sta parlando solo di ciò che è "sensibile" (non sovrasensibile), al di qua e al di là dei confini geografici allora conosciuti.


Dante parla dell'ardore per la conoscenza a causa del quale smarrì la diritta via, che poi ritrovò per intervento della grazia, mentre Ulisse rimane confinato nella sfera sensibile, terrena del sapere.  

(Cit. wiki - Un parallelismo a questo punto si può istituire tra Dante e Ulisse: entrambi viaggiano spinti dall'ardore di conoscenza, entrambi si sono perduti (v. 3 del canto I: «ché la diritta via era smarrita»; vv. 83-84 di questo canto: «ma l'un di voi dica / dove per lui perduto a morir gissi»). Ma se Dante ritrova la via e accede a una conoscenza superiore, guidato dalla volontà divina, Ulisse non conosce questa grazia e rimane confinato entro la sfera puramente terrena, sensibile, del sapere: v. 115, «de' nostri sensi», e soprattutto vv. 97-99, «l'ardore / ch'i' ebbi a divenir del mondo esperto / e delli vizi umani e del valore»: non vi è in lui nessuna tensione etica, morale, che rivolga la conoscenza verso un fine giusto (anzi, essa rimane sempre fine a sé stessa), e il suo desiderio diventa perciò negativo, tanto più che egli coinvolge in questo male i suoi compagni. Ed è così che egli supera le Colonne d'Ercole poste «a ciò che l'uom più oltre non si metta», infrange il divieto divino e viene da Dio sconfitto, «com'altrui piacque»).

Qui una domanda, la selva oscura potrebbe intendersi come la zona intermedia, la nostra stanza di passaggio? 
Così che il Poeta, descrivendo il periglioso viaggio di Ulisse al di là dei confini geografici di allora lo contrappone a quello da lui compiuto, quello sì sovrasensibile...
 
Eutidemo, come non si può esser d'accordo che l'io, per come lo conosciamo nello stato di veglia (uno degli uno, nessuno o centomila...), a seguito di un accidente o anestesia che danneggi il substrato organico che lo sostiene, non conserverà più le sue potenzialità e specifiche?

È del tutto ovvio: quell'io, nei modi che conosciamo, non comunicherà più alcunché ... ma in altri modi? 

http://www.ilmattino.it/societa/persone/palloncino_funerale_bimbo_mamma_scoppia_pianto_messico_video-1553070.html

Se sei del tutto certo della sua scomparsa, se sei certo di quel meccanismo naturale sul quale nutro dei dubbi (ne riparleremo):  (cit.) - Come ho detto sopra, infatti, è innato in tutti gli uomini un meccanismo naturale che ci impedisce di accettare la fine individuale del nostro piccolo "ego"; per cui, (quasi)tutte le civiltà si sono inventate le architetture culturali, religiose e filosofiche più fantasiose ed articolate, per "autoilludersi" del contrario.

posso comprendere come per te tutta la millenaria tradizione religiosa umana sia un'autoillusione , mentre per me in ogni evento, in ogni circostanza c'è qualcosa che non posso categoricamente definire, con ciò rimanendo aperto ad ogni possibilità.

Altrettanto condivido che:  Cit.- qualunque cosa abbia un inizio, deve PER FORZA finire. ... in quanto corrisponde all'esperienza quotidiana del divenire, ma sempre nel relativistico e scientifico mondo d'oggi è altrettanto e più esaustivo dire che qualunque cosa abbia un inizio si trasforma incessantemente, come l'energia da una forma in un'altra,  tu stesso non sei più formato dagli stessi atomi con cui sei venuto al mondo. 
Certo, poi il programma (vitale, codificato nei telomeri cromosonici, vedi Hayflick) arriva al termine, in modo naturale o accidentale e per i nostri ipertrofici ego individuali  - game over.

Considerandoli (gli ego individuali) anch'essi una forma di energia (cosa, in fondo, non lo è?) o supportati da una qualche forma d'energia, ecco che quella se ne ritorna nel grande mare di cui parli, il divenire ha prodotto quella piccola onda che è stata poi riassorbita... si è persa del tutto o non disponiamo della sensibilità strumentale o d'altro tipo per rilevarne qualche traccia?

Non ho certezze al riguardo, ma citavamo, amandolo entrambi, Dante, e guarda, Egli è qui con noi quando ne parliamo e questo ricorda qualcosa di religioso, la presenza del Maestro, del Cristo, Buddha, Shiva... non si può altrettanto non esser d'accordo che qualcosa, almeno nella coscienza, permane e si possa più o meno facilmente richiamare. 
Con un libro, un dipinto, un suono, il ricordo di qualcun altro... un anelito e per chi ne sia capace, una preghiera.

Non so se la musica c'era da prima, se c'è sempre stata e se noi si sia gli strumenti adeguati a suonarla a modo, la risposta a una tale domanda è troppo al di là delle mie possibilità. 
Però è bello porsela, ci tiene sul pezzo, come dicono i giornalisti... e incidentalmente si incontrano persone gradevoli ed appassionate come te.
 

Cordialmente

Jean

Eutidemo

Caro Jean,
sono molto interessanti le tue considerazioni circa le  le problematiche che sorgono nel definire e caratterizzare la zona intermedia; ci ho pensato spesso anche io.
In effetti, per rispondere adeguatamente, servirebbe di conoscere cosa sia la vita, la cui definizione muta con i tempi e le conoscenze, ed è diversa per chi supponga (o creda) una qualche trascendenza. 
Condivido pienamente anche il tuo confronto tra Dante e Ulisse: Dante parla dell'ardore per la conoscenza a causa del quale smarrì la diritta via, che poi ritrovò per intervento della grazia, mentre Ulisse rimane confinato nella sfera sensibile, terrena del sapere.
Il viaggio di Dante, invece, fu realmente "sovrasensibile"; anche se tradotto in termini di una superlativa concretezza sensibile; i suoi personaggi, infatti, seppur morti, sono più "corposi" e "sanguigni" di quelli ancora vivi.
Quanto alla "selva oscura", secondo l'interpretazione prevalente, si tratta della "selva del peccato".
Tu dici che potrebbe anche intendersi come la zona intermedia, la nostra stanza di passaggio? 
Non saprei; però propenderi per il no, visto che Dante si trovò ad affrontare tale selva nel pieno rigoglio della sua vita ("nel mezzo del cammin di nostra vita")
Quanto alla "non" sopravvivenza del nostro "io" individuale, di questo sono del tutto certo; come lo sono del fatto che, dopo morto, la mattina non potrò più farmi la doccia.
Anche io rimango aperto ad ogni possibilità...ma non alle cose che non hanno palesemente senso.
E' peraltro vero che qualunque cosa abbia un inizio si trasforma incessantemente...ma fino a un certo punto, considerata la seconda legge della termodinamica; che, in pratica, è la legge della "morte finale".
Anche l'Universo, infatti, visto che ha avuto un inizio, avrà pure lui una fine.
Quanto al fatto che io non sono più formato dagli stessi atomi con cui sono venuto al mondo, ti dirò di più; per il fenomeno della "apoptosi" non sono più formato nemmeno dalla stesse cellule. 
Il che suffragherebbe la teoria buddista dell'"impermanenza"!
Quanto agli "ego individuali", da quello che mi risulta, sono fondamentalmente una risultante dei processi "neuronali" del nostro cervello; pur essendo una cosa ben diversa dal cervello.
Circa la parola "energia", invece, è un termine che non mi aggrada molto, perchè, usato in modo improprio, viene spesso usato per "buttare in caciara sciamanica" qualsiasi ragionamento intelligente; l'"energia" è la grandezza fisica che misura la capacità di un corpo o di un sistema fisico di compiere lavoro, a prescindere dal fatto che tale lavoro sia o possa essere effettivamente svolto.
Punto!
Quanto al fatto della sopravvivenza del nostro "Sè", la questione è diversa, perchè si passa dal piano "fenomenico" a quello "noumenico"; ed io, pur non avendo al riguardo certezze alcune, propendo a credere a tale sopravvivenza...o meglio, eternità...perchè penso che ci sia sempre stato.
Ma qui, il discorso, diverebbe molto più complesso, perchè si passerebbe di livello.
Ad ogni modo, non posso che sottoscrivere quello che hai scritto tu: non so se la musica c'era da prima, se c'è sempre stata e se noi si sia gli strumenti adeguati a suonarla a modo, la risposta a una tale domanda è troppo al di là delle mie possibilità. 
Concludendo, ti ringrazio per avermi definito "gradevole"; complimento che ritengo un po' immeritato, perchè, a volte, mi rendo conto di assumere toni un po' troppo polemici...al limite dello sgradevole.
Del che chiedo venia. :)
Cordialmente 
                                                 Eutidemo