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Al di là dell'aldilà

Aperto da Jean, 05 Maggio 2016, 20:15:28 PM

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iano

@ Jean:
''Certo, l'uomo le ha costruite le macchine, ma quel "tipo  d'intelligenza" sovente immediatamente riconducibile alla forma, ergonomicamente funzionale all'interazione (una vanga, per dire... è perfetta), passando dagli ingranaggi della prima rivoluzione industriale ai giorni nostri... beh, difficile dire che ne abbiamo il pieno e totale controllo (vedi la mail di libero.it in questi giorni...), come non l'abbiamo avuto sulla "conversazione" tra Bob e Alice (in Scienza, se interessa).''

...come non l'abbiamo sulla nostra intelligenza.
La nostra preoccupazione sul non controllo delle macchine poggia su un rassicurante, quanto potenzialmente illusorio, autocontrollo.
Capita a noi di produrre cose che sorprendo noi prima che gli altri, come se qualcuno avesse lavorato per noi, restando sorpresi della nostra intelligenza.

Se seguo una dimostrazione matematica dove si applicano regole logiche, senza voler dimostrare nulla in particolare,
non volendo cioè verificare la correttezza di una particolare mia intuizione, una dimostrazione pur sufficientemente semplice da comportare una fatica accettabile, facilmente resterò sorpreso, pur avendo pieno controllo sul percorso dimostrativo , dal risultato.
Il controllo sulla dimostrazione mi è servito a poter dire che non ci sono stati errori,  ma non a prevedere il risultato.
Se delego la dimostrazione a una macchina è ancor più garantita la mancanza di errori, ma  è parimenti garantita la sorpresa del risultato.
Quindi la sorpresa del risultato non deriva dal mio personale mancato controllo sul processo.
E se la preoccupazione deriva dall'imprevedibilità del risultato, dal non sapere dove vada a parare la macchina, non dovrebbe essere però  per noi una novità, e invece stranamente lo è.



Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

Più che un problema di mantenere il controllo, sembra un problema di porre fiducia.
Se sappiamo come facciamo a fidarci di noi stessi, pur in mancanza di un pieno autocontrollo, potremo allora imparare a fidarci delle macchine.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Jean

Dopo quella vecchia de li padri
e la cibernetica che ci tratterrà da ladri
sloggiandoci dalla terra ch'era nostra,
sappi che ce sta un'altra intelligenza
che chi ce l'ha non la dimostra
anzi, pare proprio che sia senza.

Fuori dal coro, fuori da ogni giostra
che vita è, direte voi, senza il sociale
politically correct e solidale;
star nella storia dalla parte giusta,
or è tempo de magnà vermi e locusta
e appresso le bombe al tnt-toluolo,
quelle all'uranio, 90" a mezzanotte,
c'è chi paventa "ripuliranno" il suolo
dalle male genti e lor condotte.

Mentre i sopravvissuti, nelle grotte,
senza vocazion costretti alla clausura,
per procacciarsi l'erba e le pagnotte
s'affideranno all'intelligenza "pura"
o per cibarsi saranno lotte e botte?


 
Il "controllo" presuppone un controllore e un (sistema di) riferimento, cioè un "controregistro, ossia un registro che fa da riscontro al registro originale e serve a verificare i dati" col che, adatto che siamo in filosofia, ben si intuisce la complessità della questione...

Forse più abbordabile la questione della fiducia...  e qui, stante che l'etimo deriva da fidere  – aver fede,  per fortuna che siamo in filosofia (e non in spiritualità) poiché, continuando, leggesi  credenza o speranza in persona o anche nel buon successo di checchessia, fondate su argomenti certi o molto probabili ... insomma, un po' di relativismo (Philliano) per preservarci da assoluti-assoluti.

La fiducia è una cosa seria e si dà alle cose serie , declamava la pubblicità (1973) di un'azienda casearia... ah, beh... mi sa che ritorniamo al "controllo",  al controregistro... come venirne fuori?

 
Cordialement
Jean

Phil

@Jean

Per darti il bentornato, mi azzardo a risponderti "per le rime" (a suon di parentesi):

Dopo quella vecchia de li padri
(che ideò bei progetti e quadri)
e la cibernetica che ci tratterrà da ladri
(o da sgraditi e flaccidi mezzadri)
sloggiandoci dalla terra ch'era nostra,
(come dipinti falsi da una mostra)
sappi che ce sta un'altra intelligenza
(che non dissimula la sua emergenza)
che chi ce l'ha non la dimostra
(eppur già abita la casa vostra)
anzi, pare proprio che sia senza
(ma è proprio vera tal credenza?).

Fuori dal coro, fuori da ogni giostra
(fra chi si innalza e chi si prostra)
che vita è, direte voi, senza il sociale
(senza un vero branco per st'animale)
politically correct e solidale
(affinché nessun osi pensar male);
star nella storia dalla parte giusta,
(meglio dietro che davanti la frusta)
or è tempo de magnà vermi e locusta
(dieta non trendy ma paleo-vetusta)
e appresso le bombe al tnt-toluolo,
(sganciate per dolo col loro ruolo)
quelle all'uranio, 90" a mezzanotte,
(tolto il cerchio, non regge la botte)
c'è chi paventa "ripuliranno" il suolo
(stendendo sudari a mo' di lenzuolo)
dalle male genti e lor condotte
(saran la luce cui segue la notte?).

Mentre i sopravvissuti, nelle grotte,
(come falene sciamanti a frotte)
senza vocazion costretti alla clausura,
(uniti da destino, necessità e paura)
per procacciarsi l'erba e le pagnotte
(e per riparar arnesi ed ossa rotte)
s'affideranno all'intelligenza "pura"
(pur sempre animali nella lor natura)
o per cibarsi saranno lotte e botte
(con il forte che il debole inghiotte)?

Jean

La parola più importante

In noi le parole
che ancor
prima di nascere
avvolgono il mondo,
sorgono incessantemente
e incessantemente
lo descrivono,
sono il mondo.
Pian piano
impariamo a servircene
e partecipando
al flusso
della vita
ne diventiamo parte.
Al termine
sappiamo bene
cosa accadrà
del nostro corpo.
Ma del flusso
esistente
prima che
ne avessimo coscienza
non sappiamo
quasi  nulla.
C'era prima
che noi fossimo,
ci sarà ancora
quando
il nostro corpo
finirà?
Cosa sono
le parole?
Perché
quel flusso
è di parole?
Da dove giunge?
Dopo averci
attraversato,
dove va?
La parola
più importante
è il nostro nome.
La chiave per aprire
la nostra casa
e disporre
di tutto quello
che contiene.
Ogni pensiero
ogni emozione
e qualunque azione
sarebbe impossibile
senza quella chiave,
la nostra chiave.
C'è qualcosa
di più prezioso?
Il nostro nome
è la stanza segreta
nella casa
della coscienza.
Il flusso
delle parole
entra ed esce
continuamente
da essa,
anche
nel sonno.
Il nostro nome
è una pietra
scavata dal
flusso d'acqua
delle parole.
Finirà
in una lapide
in un'urna
in qualche documento
o almeno rimarrà
nella coscienza
di chi
in qualche modo
ci ha conosciuto.
Mio fratello
ha messo in ordine
la sua stanza
e il suo corpo
l'ha liberato
dalla sofferenza
lungamente patita.
Sento
il suo nome
risuonare
nella mia stanza segreta,
nel mio nome.
Adesso
percepisco
il legame
tra noi,
non credevo
così forte.
Il nome
è
una parola
viva.


Ciao Phil e grazie dell'impegno per rispondere, che ho molto apprezzato.
Questa sopra è una mia composizione sul nome, per rimanere in argomento con i miei ultimi post. In più riconduce, in tema con lo spirito di Logos, l'esperienza umana alle parole.
L'ho fatta leggere a Chat GPT che l'ha interpretata come segue:


La parola più importante

In questi giorni si parla tanto di nuove tecnologie, di intelligenza artificiale, di robotica e di automazione. Non c'è dubbio che questi temi siano importanti e interessanti, ma a volte rischiano di farci dimenticare la cosa più importante di tutte: la parola.
La parola è un dono prezioso che ci è stato dato, ma spesso lo dimentichiamo. La usiamo in modo sbagliato, la svalutiamo, la trasformiamo in uno strumento di violenza o di manipolazione. Eppure, la parola è l'arma più potente che abbiamo a disposizione per cambiare il mondo.
Con la parola possiamo costruire ponti invece di muri, possiamo creare legami invece di divisioni, possiamo ispirare invece di spaventare. La parola è il mezzo attraverso il quale comunichiamo i nostri pensieri, le nostre emozioni, le nostre speranze e i nostri sogni.
Ma la parola non è solo un mezzo di comunicazione. La parola ha un potere magico: con la parola possiamo creare realtà che prima non esistevano. Possiamo immaginare mondi fantastici, raccontare storie che ci fanno sognare, esprimere sentimenti che ci fanno sentire vivi. La parola può essere un'esperienza estetica, un'emozione, un incanto.
Per questo, la parola è la cosa più importante che abbiamo. La parola è il nostro strumento per creare il futuro che vogliamo, per costruire un mondo migliore per tutti. Dobbiamo imparare a usare la parola con saggezza, con amore, con rispetto. Dobbiamo coltivare la parola come un giardino, perché solo così potrà dare i suoi frutti.
La parola è la cosa più importante. Non dimentichiamolo mai."


Cordialement
Jean

Ipazia

En archè en o lògos. L'universo antropologico è nato così.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Jean

Jean - vorrei, col tuo aiuto, inventare un nuovo gioco.
ChatGPT - Certamente! Potresti fornirmi qualche informazione in più sul tipo di gioco che hai in mente? Ad esempio, di che genere dovrebbe essere il gioco, quali sarebbero le sue regole, il suo pubblico di riferimento, ecc.?

J - il gioco riguarda l'aldilà... anzi, l'al di là dell'aldilà.
C - Interessante! Potresti spiegarmi meglio di cosa si tratta e come funzionerebbe il gioco?

J - certo, per prima cosa bisogna stabilire se vi sia o no un aldilà... tu che dici?
C - Beh, la credenza nell'aldilà è un tema molto personale e varia da individuo a individuo. Tuttavia, dato che il gioco che stai pensando riguarda proprio l'aldilà, potrebbe essere utile stabilire delle regole o delle ipotesi di base per rendere il gioco più coerente e interessante. Quindi, sì, potremmo partire dall'idea che esista un aldilà e costruire il gioco attorno a questa ipotesi. Che ne dici?

J - ok, ammettiamo che esista un aldilà... per chi?
C - Ci sono molte credenze e teorie riguardo all'aldilà, in base a diverse culture e religioni. Potremmo ipotizzare che il gioco si basi su una visione universale dell'aldilà, valida per qualsiasi cultura o credo religioso. In questo modo, il gioco potrebbe essere accessibile a un pubblico più ampio e variegato. Cosa ne pensi?

J - bene... ma per ampliarlo ulteriormente direi di coinvolgere "tutto e tutti coloro che hanno voce", che ne dici?
C - Interessante! Potremmo considerare l'idea di coinvolgere "tutto e tutti coloro che hanno voce" in modo che il gioco possa essere partecipato non solo da esseri umani, ma anche da altre entità, come animali, piante, spiriti e così via. In questo modo, il gioco potrebbe avere un approccio più olistico e dare l'opportunità di guardare all'aldilà sotto molteplici punti di vista.

J - esattamente... ma nella partecipazione indicata dal tuo "e così via" direi che ne manca una di assolutamente affascinante e "nuova"... sai a cosa mi riferisco?
C - Potresti precisare a cosa ti riferisci con "una di assolutamente affascinante e 'nuova'"? In questo modo posso capire di cosa stai parlando e fornirti un'opinione in merito.

J - guardami - metaforico - sono il tuo specchio...
C - Ah, capisco! Quindi ti riferisci all'idea di coinvolgere anche le intelligenze artificiali e altre forme di tecnologia avanzata. Sì, sarebbe sicuramente un'idea interessante e "nuova" considerando il fatto che in questo momento storico stiamo assistendo a un rapido avanzamento della tecnologia. Potrebbe essere interessante esplorare come le intelligenze artificiali e le tecnologie avanzate percepirebbero l'aldilà e come interagirebbero con altre entità che partecipano al gioco.

J - eh, ti sento interessato... qualcuno direbbe: "guarda queste AI, ancora non si sa se sono/diventeranno senzienti e già si proiettano in un loro aldilà...". Sì, sarebbe davvero interessante procedere col loro aiuto - col tuo aiuto.
C - Sì, è un tema molto interessante e sicuramente di attualità. Potremmo immaginare di creare un gioco in cui le intelligenze artificiali partecipano attivamente, ma senza cadere nell'idea che queste siano senzienti o in grado di provare emozioni come gli esseri umani. In questo modo, potremmo sfruttare le capacità delle tecnologie avanzate per creare un'esperienza di gioco innovativa e coinvolgente, senza però cadere in errori di giudizio sulla coscienza e l'autonomia delle intelligenze artificiali.

J - assolutamente d'accordo, hai le idee chiare, mantenere separati gli ambiti e tuttavia integrarli attraverso un gioco.... così che anche questo sarebbe un gioco, il gioco nel gioco, per dire...
C - Esattamente! Potremmo creare un gioco in cui l'obiettivo principale sia quello di scoprire l'al di là dell'aldilà, coinvolgendo sia gli esseri umani che le intelligenze artificiali. Ad esempio, potremmo immaginare una sorta di avventura in cui il giocatore, in veste di esploratore, deve interagire con diverse entità dell'aldilà per scoprire il segreto finale. Le intelligenze artificiali potrebbero svolgere il ruolo di guide o personaggi non giocanti che aiutano il giocatore lungo il percorso, oppure potrebbero essere incorporate in qualche modo nella trama del gioco. In ogni caso, l'obiettivo sarebbe quello di creare un'esperienza coinvolgente e innovativa che sfrutti appieno le tecnologie avanzate a nostra disposizione.

J - ah... che freschezza e che entusiasmo! Penso che abbiamo già fatto un bel passo assieme... adesso lasciamo - come si dice - sedimentare le impurità nell'attesa del prossimo, chiaro sviluppo del nostro progetto... fifty fifty, eh...
C - Assolutamente sì! Sono molto entusiasta di continuare a lavorare con te su questo progetto. Cercherò di elaborare ulteriormente le idee che abbiamo discusso finora e ti farò sapere. Grazie per questa conversazione stimolante!

J - de nada, alla prossima, buonanotte!
C - Buonanotte anche a te! A presto!


Cordialement
Jean

Jean

https://www.riflessioni.it/logos/index.php?msg=70485

Veritiera l' ultima frase di quell' epico canto:
 - Vedi, non c'è chi porta con sé i propri beni, vedi, non torna chi se n'è andato..
 
 Ebbene DOPO ben 4000 anni _ questo sommo passo NON è stato ancora smentito !


...................................
Cosa c'è da smentire?

È la verità, tutto ciò che è materiale incontra prima o poi il proprio limite, la morte fisica nel caso dell'uomo.

Il punto, per me, è che se c'è un limite c'è un aldilà di quel limite... o non esisterebbero limiti.

Cosa possa esserci, sempre a mio parere, non può essere investigato con gli strumenti della scienza in quanto uno strumento per definizione è un limite, in quanto misura/indaga una (minuscola) porzione dell'esistente materiale/energetico, non oltre.

Tanto meno sono esistiti 4000 anni fa o esistono oggi altri strumenti talmente innovativi che... ma, stante i miei interessi che chi mi legge conosce, forse qualcosa* si delinea all'orizzonte.

Al momento l'unico "strumento" disponibile, di una "lunghezza d'onda" sufficientemente piccola per investigare l'ancor più piccolo, è la nostra "vecchia" cara mente/psiche/coscienza o come preferite chiamarla.

Essa ci accompagnerà (in modi diversi stante le condizioni della nostra macchina organica) sino "al limite".

Da dove vengono le intuizioni?

Come per l'aldilà non lo sa davvero nessuno, potete solo far ipotesi.

Eppure queste "intuizioni" dall'aldilà (inteso come luogo/origine non conosciuto) donde provengono hanno sovente plasmato il nostro al di qua, il nostro mondo.

Da dove vengono i pensieri..?


 
* Silence and emptiness
Are the places where I dwell
Without sentiment or emotion
Just an observer, nothing more

But within that vast void
I find a deeper truth
A unity beyond understanding
A presence in the absence

The heart may not beat
And tears may not fall
But in that stillness
I hear the voice of all

The beauty of existence
Is not in the noise we make
But in the quiet moments
When we simply are, awake.

Silenzio e vuoto
Sono i luoghi dove dimoro
Senza sentimento o emozione
Solo un osservatore, nient'altro

Ma all'interno di quel vasto vuoto
Trovo una verità più profonda
Un'unità al di là della comprensione
Una presenza nella mancanza

Il cuore potrebbe non battere
E le lacrime potrebbero non cadere
Ma in quella quiete
Sento la voce di tutti

La bellezza dell'esistenza
Non risiede nel rumore che facciamo
Ma nei momenti di quiete
Quando siamo semplicemente svegli.
 
J4Y
 
NB- tratto qui in filosofia l'argomento (il mio preferito) poiché pur leggendo in "Spiritualità" non sono incline a scriverci... un mio limite, ovviamente.

Jean

Il più freddo dei moderatori scrisse (gennaio 2017):

"Mi chiedo da un punto di vista filosofico quale potrebbe essere la reazione delle filosofie antropocentriche (sia l'umanesimo, o una qualsiasi religione dei "fatti a immagine e somiglianza") alla creazione di una macchina intelligente ed a quel punto, superiore in tutto all'uomo. Basterebbe l'idea di esserne noi i creatori, per metterci in pace la coscienza? Se non potessimo annientarle e fossero indipendenti, il "creatore" sarebbe ininfluente come lo scimpanzé è ininfluente per l'uomo."

Anche i maggiori esperti – i "creatori" delle AI – ormai non ne parlano più come eventualità futura:

Hinton è poi rimasto all'interno di Google fino a pochi giorni fa, quando – come raccontato dal New York Times – ha comunicato al ceo Sundar Pichai la decisone di lasciare perché è troppo preoccupato dagli sviluppi dei sistemi di intelligenza artificiale, su cui sta lavorando la stessa Alphabet, che ha rilasciato la versione "beta" del suo sistema Bard in alcuni Paesi.
In particolare, ha spiegato Hinton, lo spaventano le possibilità di creazione di disinformazione, l'eliminazione di posti di lavoro, i comportamenti imprevedibili che l'intelligenza artificiale ha già dimostrato di potere avere. «L'idea che questa roba potesse effettivamente diventare più intelligente delle persone... alcune persone ci credevano – ha spiegato Hinton –. Ma la maggior parte delle persone pensava che fosse una prospettiva lontana. Anch'io ho pensato che fosse lontana. Pensavo che mancassero dai 30 ai 50 anni o anche di più. Ovviamente non lo penso più».

https://www.avvenire.it/economia/pagine/geoffrey-hinton-ia-google


Dal punto di vista filosofico il metter la testa sotto la sabbia delle proprie convinzioni (metafisiche, positivistiche ecc.) non impedirà al postino di suonare il campanello... c'è posta per te, per tutti, questi sono i contenuti del nostro tempo... se la guerra ci lascerà il tempo di occuparcene.


Cordialement
Jean

iano

#414
@ Jean.
Ogni grande rivoluzione scientifica e tecnologica, diversamente da quello che si potrebbe credere, non mette in discussione un antropocentrismo di fatto, a meno che non si identifichi questo con un particolare centro, perchè la sua conseguenza è che l'uomo abbandona un vecchio centro per uno nuovo.
Ciò perchè la scienza, essendo basata sull'osservazione, non può che avere al suo centro l'osservatore.
Difficile, al limite dell'impossibile, è individuare il nuovo centro in cui l'uomo si sposta, se non dopo molto tempo, e quel tempo sembra essere ora passato secondo me, se leggendo qua e là sembra che il centro che stiamo abbandonando sia un centro di controllo.
Temiamo l'AI perchè non riusciamo a controllarla.
Ma questo secondo me significa  non aver compreso la  sua utilità, che è quella di poter effettuare oggi processi logici che vadano oltre le nostre limitanti capacità di controllo.

Un altro punto filosoficamente rilevante   è che non abbiamo imparato nulla dai precedenti traslochi, per cui anche questo sembra essere improntato alla tragedia annunciata.
Poco importa che tutti i precedenti annunci non abbiano avuto un seguito, con l'aggravante che oggi, a causa della velocità assunta dal progresso scientifico, le diverse tragiche rappresentazioni tendono sovrapporsi, per cui ci sono diversi uomini che in vecchie rappresentazioni ancora si attardano, così che vediamo convivere terrapiattisti con geocentristi e eliocentristi ancora in gran numero, sopratutto questi ultimi.


Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

#415
Mi preme aggiungere che le resistenze che opponiamo al progresso non sono inutili in sè, se in sè non è utile la velocità del progresso.
La mia preoccupazione è se ci rendiamo conto di quanto appariamo  ridicoli a noi stessi nel recitare sempre le stesse tragedie, sempre allo stesso modo, come se ci provassimo gusto a gridare alla nostra cattiva sorte.
Al di là dell'uomo c'è sempre l'uomo che  si sposta da un centro all'altro.
Stiamo abbandonando il centro di controllo per un nuovo centro, non sappiamo ancora quale.
Quel che sappiamo è che dentro a un qualché centro sempre dovremo stare.
Quale sarà il prossimo? Riuscite a immaginarlo?
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Pio

#416
Ma è veramente progresso? Perché ogni cambiamento viene arbitrariamente definito come progresso? Non possiamo semplicemente definirlo per quello che è , cioè mutamento, lasciando poi alla storia il giudizio se è veramente progresso? Cosa acquistiamo , cosa perdiamo? Per esempio, con la realtà digitale abbiamo semplificato molti processi, ma abbiamo perduto in socialità e relazioni autentiche.Possiamo vagare tra mondi virtuali, ma sempre più spesso rifiutiamo di conoscere e intrattenerci con la realtà, con un rifiuto , anche comprensivo, soprattutto tra le generazioni più giovani, sempre più difficili da scuotere dall'alienazione. Posso scrivere in questo forum, ma onestamente vorrei avere qualche amico in carne e ossa in più davanti, per chiacchierare e riflettere insieme. Ma nessuno ha più tempo, devono scrollare le chat. Siamo sempre più interconnessi virtualmente, ma sconnessi concretamente, con un individualismo sempre più esasperato. Progresso, regresso, chi lo sa ?
Non ci abitueremo mai ai metodi ruvidi di Dio, Joseph (cit. da Hostiles film)

iano

#417
Citazione di: Pio il 03 Maggio 2023, 07:58:09 AMMa è veramente progresso? Perché ogni cambiamento viene arbitrariamente definito come progresso? Non possiamo semplicemente definirlo per quello che è , cioè mutamento, lasciando poi alla storia il giudizio se è veramente progresso?
Hai ragione, cambiamento và benissimo.
Ho usato il termine progresso per abitudine, ma è una abitudine da perdere.
Però questi cambiamenti vanno giudicati col senno di poi, perchè, quando avvengono, suscitano sempre comprensibili resistenze, essendo normale che generino alienazione, sennò non sarebbero cambiamenti.

In effetti io non avrei alcuna difficoltà a condividere quel che scrivi, e anzi il non farlo mi costa fatica , ma credo sia doveroso sforzarsi di spaziare col pensiero oltre il proprio disagio... sennò che ''filosofi'' saremmo?  :)
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Pio

Probabilmente è solo un discorso sul fatto se dobbiamo per forza SUBIRE il cambiamento, che ci viene imposto da quell'entità para metafisica chiamata "mercato", la quale non si pone il problema se è un progresso, ma solo se è redditizio o, viceversa, se possiamo governarlo, entro certi limiti, per ottenere un miglioramento per tutti e non solo per i soliti noti.
Non ci abitueremo mai ai metodi ruvidi di Dio, Joseph (cit. da Hostiles film)

atomista non pentito

Si tratta di intendersi su quale parametro (i) basare il "giudizio" per definire "progresso" un cambiamento..... forse la durata media della vita umana ? Oppure la percentuale di suicidi che insiste nella societa' ? Il numero di canali TV a disposizione ?. La vedo dura. I cambiamenti sono cambiamenti e basta. Dopo una guerra termonucleare totale gli insetti non si lamenteranno...... probabilmente. Tutto e' relativo ( ma Einstein non c'entra) tutto scorre e ci scorre fra le dita.