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Al di là dell'aldilà

Aperto da Jean, 05 Maggio 2016, 20:15:28 PM

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Jean

Nell'estate del 1967 un uomo, seduto su una panchina di fronte ad uno dei panorami montani tra i più belli al mondo, attraversò un momento particolare, a seguito del quale (disse che) l'usuale modo d'esperire il flusso della vita collassò del tutto.

In numerosi libri, scritti, video ed interviste viene riportata la descrizione di quanto gli accadde, per chi sia interessato a confrontare la propria conoscenza al riguardo (e financo la propria esperienza) con la sua.


Letto (e limitandosi a) quello che fu il suo primo intervento pubblico dopo l'evento (ho messo il link alla fine) è indubbio (per me) il collegamento col tema della presente discussione.


L'oratore descrive (pur evidenziandone i limiti invalicabili) uno stato/condizione/situazione al di là dell'ordinario e/o dei suoi (supposti) confini e sarebbe interessante svilupparne il tema, tra i più affascinanti riguardo l'uomo e la conoscenza, che oltre ad aver prodotto immense biblioteche di scritti ha lasciato una traccia indelebile – tra le più forti se non la più forte – nella coscienza umana.


Ma considerata l'attuale partecipazione degli utenti probabilmente si arenerebbe dopo poche battute e ritenendo non lo meriti mi astengo dal proporla, salvo, mai dire mai, ricredermi SE qualche nuovo utente (non i soliti commentatori, me compreso) intervenisse.


Così pongo il limite, l'al di qua del mio post, nella coincidenza tra i due momenti proposti, entrambi accaduti nell'estate (luglio) del 1967, eventi significativi nella misura in cui evidenziano, potendo scorgerlo, il luccichio del sottile filo d'oro che intesse le nostre vite.


Naturalmente, per vederlo, deve pur venir illuminato dalla luce... e la luce provenire da qualche sorgente, quale una "macchina" come il sole...



Cordialement
Jean

https://people.well.com/user/jct/ITALIAN/unidia.html

Ipazia

Vince facile U.G. quando contrappone la sua personale illuminazione al vuoto stormire di formule liturgiche in cui si tenta infantilmente di racchiudere l'infinito nei più disparati logos, verbo, mantra. Ma quando deve lui riempire di significato la sua illuminifica catarsi non sa andare oltre la derisione dell'altrui banalità.

Altra ispirazione trovo invece nella concisione, umiltà e bellezza della narrazione che prediligo: https://www.youtube.com/watch?v=SgA4ctqcq8g
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Jean

Era una bella sera d'inizio agosto (1), ieri sera, e ho potuto rivedere il film "Il nome della rosa", rimanendo nuovamente impressionato dal meccanismo narrativo perfettamente trasposto nella versione cinematografica che scivola via senza mai incepparsi, conducendo infine lo spettatore, a quel punto abbastanza immedesimato nel personaggio di Adso da Melk, ad interrogarsi sulle scelte (fondamentali) della propria vita e sul loro significato.

Un finale che in parte richiama quello tra Narciso e Boccadoro, con quest'ultimo che compì una differente scelta da quella di Adso (e Narciso), senza mai pentirsene né aver dubbi, poiché da quella ottenne il significato del suo vivere e l'accettazione della inevitabile conclusione (non poca cosa).

Ma qual che siano le nostre direzioni potremmo concordare con quanto Umberto Eco afferma (2): 

In ogni epoca si giunge a momenti in cui ci si accorge che "il passato ci condiziona, ci sta addosso, ci ricatta".

Non solo nelle espressioni esterne, artistiche o meno, ma (a maggior ragione) in quelle interiori, psicologiche.
Salvo la morte, tutto si può cambiare o almeno modificare significativamente ma il punto di partenza, l'adesso che si mette all'opera per farlo, origina sempre dal passato e, disponendo di una luce adeguata, se ne può evidenziare l'ombra.

Di fatto "siamo" il passato che, salvo un inevitabile tempo di latenza, agisce nel presente.

No chance, direbbe U.G. , non se ne viene fuori... l'immaginario personaggio che ripercorre (o percorre, che è uguale) la sua parte nella narrazione che lo riguarda non potrà mai venir fuori da quella.

Così il sommo Leopardi nell'Infinito (la mia poesia preferita) riassume tutta la condizione umana giungendo a toccarne il limite... io nel pensier mi fingo... l'io-illusione (finzione) creata dal pensiero.

Da quel punto la poesia scorre su due piani paralleli, su due tempi differenti, quello umano ordinario dell' io spaurito e nostalgico e quello (Aion) che lo contiene (insieme a tutte le cose, passate, presenti e future), con cui si confronta, ricevendone gocce di linfa eterna... che lo "annegano"...

Tale annegamento è il denominatore delle due esperienze presentate, la prima di O.R., relativamente frequente e la seconda, per le modalità "fisiche" che ha richiesto per prodursi, alquanto rara... pochi casi su cui investigare, cara Ipazia-Adso...


Un cordiale saluto e grazie (di esserci, eh...)
Jean


(1) Umberto Eco ha dichiarato che l'incipit del primo capitolo «Era una bella mattina di fine novembre» è un riferimento al Era una notte buia e tempestosa, usato da Snoopy per l'inizio di ciascuno dei suoi romanzi, e ideato da Edward Bulwer-Lytton nel1830.

(2) Postille. Nel 1983 Umberto Eco pubblicò, attraverso la rivista Alfabeta, le Postille al Nome della rosa, un saggio col quale l'autore spiega il percorso letterario che l'aveva portato alla stesura del romanzo, fornendo chiarimenti su alcuni aspetti concettuali dell'opera. Le Postille al Nome della rosa sono state poi allegate a tutte le ristampe italiane del romanzo successive al 1983[8].
Nel paragrafo intitolato "Il Postmoderno, l'ironia, il piacevole", Eco afferma che il "post-moderno è un termine buono à tout faire". Inoltre, secondo l'autore, il postmoderno è sempre più retrodatato: mentre prima questo termine si riferiva solamente al contesto culturale degli ultimi vent'anni, oggi viene impiegato anche per periodi precedenti. Tuttavia per Eco il post-moderno non è "una tendenza circoscrivibile cronologicamente, ma una categoria spirituale, un Kunstwollen, un modo di operare". "Potremmo dire che ogni epoca ha il proprio post-moderno, così come ogni epoca avrebbe il proprio manierismo".
In ogni epoca si giunge a momenti in cui ci si accorge che "il passato ci condiziona, ci sta addosso, ci ricatta". All'inizio del Novecento, per questi motivi, l'avanguardia storica cerca di opporsi al condizionamento del passato, distruggendolo e sfigurandolo. Ma l'avanguardia non si ferma qui, procede fino all'annullamento dell'opera stessa (il silenzio nella musica, la cornice vuota in pittura, le pagine bianche in letteratura etc). Dopo ciò "l'avanguardia (il moderno) non può più andare oltre". Dunque siamo costretti a riconoscere il passato e a prenderlo con ironia, ma senza ingenuità. "La risposta post-moderna al moderno consiste nel riconoscere che il passato, visto che non può essere distrutto, perché la sua distruzione porta al silenzio, deve essere rivisitato: con ironia, in modo non innocente". (Wiki).

Ipazia

Se il passato ci sta addosso bisogna prefigurarsi (finzione creativa) nel presente il proprio futuro in modo che quando esso sarà presente in qualche modo ce lo saremo prodotto da noi e lo riconosceremo annegandoci felicemente dentro. E se qualcosa andrà per un verso a noi ignoto od ostile ce ne faremo una ragione e riprenderemo a fingere il nostro futuro.

La sfasatura va cesellata per quanto è nelle nostre possibilità fino al giorno in cui perderemo l'ultima partita a scacchi. Il pensiero è fatto della stessa sostanza dei sogni ("We are such stuff as dreams are made on and our little life is rounded with a sleep" dice Prospero nella Tempesta di Shakespeare). Il nostro personale sonno-sogno è tutto ciò che realmente possediamo e merita il nostro amore. Perfino un pessimista come Leopardi se ne accorse e lo pose in versi come solo lui sapeva fare.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Jean

Nonostante l'età sempre mi sorprende quanto noi umani siamo diversi, nelle preferenze, abitudini... in mille aspetti e nello specifico riguardo la considerazione, l'importanza che attribuiamo alle informazioni.

Nella discussione in Scienza e tecnologia su Bob e Alice, (quasi) ogni nuovo lettore subitamente espone la propria visione riguardo l'A.I , necessariamente partendo dalle proprie informazioni, per tutti incomplete, parziali e frammentarie, considerata la vastità dell'argomento; talora non ponendo la giusta attenzione a quelli che son i fatti, seppur minori colà riportati, tuttavia reali ed esaustivi nell'ambito d'appartenenza. 

Quel che si direbbe un buon punto di partenza per un'analisi che lasciando da parte le nostre preferenze prospettiche, miri al concreto delle informazioni ricavabili da quei fatti. Detto in altre parole, trattare quei fatti col metodo scientifico, valutando tesi e ipotesi a spiegazione.

In Bob e Alice per la seconda volta a distanza di tempo, ho riportato la storia (1950!) delle Macchine della memoria col riassunto dei tre esperimenti fondamentali.

Poiché non ho trovato (in rete) contestazioni riguardo il metodo seguito dal neurofisiologo inglese Grey Walter, né sui risultati da lui conseguiti, pensavo (erroneamente, per ben due volte) che i lettori, sollecitati dalle straordinarie implicazioni degli stessi, formulassero le loro congetture al riguardo.

Ma come detto nell'incipit, la bellezza degli umani è nella loro diversità... così ho lasciato perdere l'eccitante (per me)  lato scientifico di quella discussione che pare non interessi, per trattarne altri in questa, tuttavia rimarcando che una discussione sull'A.I. ed analogamente su quella umana, non può prescindere dal "meccanismo" della memoria e la sua "dislocazione".

Brevemente: gli scienziati dopo aver compilato gli algoritmi di Bob e Alice li hanno messi all'opera nella simulazione di una contrattazione. Tra la sorpresa dei programmatori, codeste entità virtuali hanno sviluppato una propria semantica incomprensibile ai loro "creatori", ciò che ha fatto interrompere l'esperimento e avviato un nutrito dibattito per spiegare, circoscrivere, analizzare ecc. l'accaduto.

Cos'era accaduto? Quello che il nostro Enrico Fermi ha efficacemente e squisitamente illustrato in un suo famoso aforisma:

«Ci sono soltanto due possibili conclusioni: se il risultato conferma le ipotesi, allora hai appena fatto una misura; se il risultato è contrario alle ipotesi, allora hai fatto una scoperta»

La mia opzione è per la scoperta, qualcosa non è andato come ci si aspettava così da rendere possibile (e certa) la "misura".


Al di là di chi ha imputato al risultato d'esser afflitto da errori di programmazione e quant'altro... non è forse vero che in ambito scientifico gran parte delle scoperte avvengono accidentalmente, per caso, a seguito di errori, dopo un sogno, ecc.?   

Ma le scoperte, per quanto emozionanti, si pongono almeno inizialmente contro il paradigma consolidato... un uccello di ferro non può volare!

Se i tempi non sono maturi accade d'ignorarle per molto tempo se non indefinitamente... come quella delle macchine della memoria di cui mi son preso a cuore... leggete quest'altro frammento al riguardo:


Questo vecchio video è bello, ma non mostra molti degli altri comportamenti delle tartarughe. Hanno trovato la strada verso la luce, ma quando si sono avvicinati troppo e la luce era troppo intensa si sono allontanati. Quando dotati di luci, si "guardavano" allo specchio e "ballavano" tra loro (il dottor Grey Walter pensava che sembrasse una danza di accoppiamento). Un'altra versione del robot potrebbe effettivamente "apprendere" comportamenti, come i cani di Ivan Pavlov. Mi piace pensare che questi robot avessero una mente propria.

Se semplici macchine senza dispostivi di archiviazione dimostrano di possedere ed usare una "memoria" ciò dovrebbe suggerire che questa non sia una prerogativa umana, ma in qualche modo insita (interna) alla materia.

Quanto alla dislocazione ritorniamo alle "tracce" prodotte da ogni attività... evidentemente le "macchine della memoria" vi accedono, altrimenti come ricorderebbero?

Spesso sento chiedere: dove sono i fatti? Salvo poi, presentati, venir bellamente ignorati.
Credo ci sia lots of meat on the fire nei fatti presentati che se correttamente seguiti ed interpretati potrebbero condurre ben al di là delle attuali schematizzazioni.

Anche questa volta propongo un aforisma (vagamente quantistico) gettato qui alla bell'è meglio: la misura vi include e la scoperta vi esclude.

Cordialement
Jean

Phil

Citazione di: Jean il 22 Settembre 2020, 22:36:02 PM
Cos'era accaduto? Quello che il nostro Enrico Fermi ha efficacemente e squisitamente illustrato in un suo famoso aforisma:

«Ci sono soltanto due possibili conclusioni: se il risultato conferma le ipotesi, allora hai appena fatto una misura; se il risultato è contrario alle ipotesi, allora hai fatto una scoperta»

La mia opzione è per la scoperta, qualcosa non è andato come ci si aspettava così da rendere possibile (e certa) la "misura".
Il problema nasce quando la scoperta va poi identificata, interpretata e misurata (e «l'uomo è misura di tutte le cose», diceva un tale). Notoriamente, lo scoperto, ciò che emerge da una precedente copertura, non è sempre univocamente identificabile, così come i fatti non hanno sempre un'interpretazione risolutiva e inconfutabile (ancor più ogni evento non ha necessariamente solo un "significato"). Ad esempio, riguardo Walter e le tartarughe, non so se hai già avuto modo di leggere questo testo (in inglese); scorrendolo molto superficialmente (al punto che è come non l'avessi letto) sembra si parli della memoria delle tartarughe come «overinterpretation» (cit.), "sovrainterpretazione", interpretazione eccessiva (forse con riferimento a quello che intendevo con "lettura metaforica"?). Non so se lo troverai interessante, quanto a me, come forse direbbe un millennial, «tl;dr».

viator

Salve Jean. Citandoti ; "Se semplici macchine senza dispostivi di archiviazione dimostrano di possedere ed usare una "memoria" ciò dovrebbe suggerire che questa non sia una prerogativa umana, ma in qualche modo insita (interna) alla materia".
Ma perchè........tu conosci qualche sciocco convinto dell'esclusività mnemonica degli umani ?

Ovviamente, anzi, la memoria è ciò che ci fa propriamente umani permettendoci lo sviluppo (a livello sia ontogenetico che filogenetico) di una coscienza la quale colleghi l'esperienza memorizzata con il mentalismo .Infatti l'essere umano completamente in stato di incoscienza (quindi privato di memoria consapevole) risulterà, nei fatti e nei comportamenti,completamente escluso da ciò che rende appunto umani, cioè appartenenti ad una società (definibile come comunità di consapevoli).

E che forse la memoria non è  comunque l'indispensabile ponte tra il precedente (il passato e le cause sensoriali e psichiche) ed il seguente (il futuro e gli effetti mentali, comportamentali, delle cause sensoriali e psichiche) ?.

Infine, per quanto concerne la genetica, credo proprio superfluo il notare che qualsiasi effetto riproduttivo avrà bisogno di trasmissibilità di dati (quindi di una sua propria specie di memoria) per realizzarsi.

E permettimi una delle mie solite ironie : Per quanto riguarda la materia, la memoria, come si è recentemente scoperto, sembra riguardare pure i materassi ed i cuscini (vedi pubblicità televisive). E che forse un qualsiasi concetto o realtà di forma non ha forse bisogno di una specie di memoria per stabilirsi, persistere, fungere ?

Tutto ciò che è cosciente è basato sulla esistenza (o sulla creazione in "tempo reale") di dati mnemonici i quali consistono nella capacità cerebrale, se adeguatamente stimolata dalla mente, di produrre (nel caso di nuovi dati) o di riprodurre (nel caso di ricordi) CONNESSIONI NEURALI............ LE QUALI - NEL CASO DEI RICORDI - RISULTERANNO DALLA RICOSTRUIBILITA' DI CONNESSIONI GIA' IN PASSATO SPERIMENTATE. Saluti.




Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Ipazia

Citazione di: Jean il 22 Settembre 2020, 22:36:02 PM

Cos'era accaduto? Quello che il nostro Enrico Fermi ha efficacemente e squisitamente illustrato in un suo famoso aforisma:

«Ci sono soltanto due possibili conclusioni: se il risultato conferma le ipotesi, allora hai appena fatto una misura; se il risultato è contrario alle ipotesi, allora hai fatto una scoperta»

La mia opzione è per la scoperta, qualcosa non è andato come ci si aspettava così da rendere possibile (e certa) la "misura".


Al di là di chi ha imputato al risultato d'esser afflitto da errori di programmazione e quant'altro... non è forse vero che in ambito scientifico gran parte delle scoperte avvengono accidentalmente, per caso, a seguito di errori, dopo un sogno, ecc.?   

Ma le scoperte, per quanto emozionanti, si pongono almeno inizialmente contro il paradigma consolidato... un uccello di ferro non può volare!


Gran parte delle scoperte avvengono dopo ripetuti tentativi finchè qualcuno non va a segno. Alcune scoperte sono avvenute casualmente, generalmente cercando altre cose, e poichè si cercavano altre cose subiscono il bias ingannatore delle altre cose che si cercavano. Finchè la matassa non si dipana. Anche i sogni rivelatori non capitano a chiunque, ma a chi sta lavorando ad uno specifico problema (classico il serpente benzenico di Kekulè), il che dimostra che il cervello lavora, talora in maniera più redditizia, anche di notte.

Sto leggendo l'ultimo libro di Carlo Revelli (Helgoland) che spiega come, per tentativi, ipotesi, successi effimeri, e azzardi azzeccati, sia nata la scienza più attuale, la meccanica quantistica. Un unico comune denominatore: tutti coloro che, con diverso successo, ci hanno lavorato, erano del mestiere. Nulla si crea e nulla si distrugge, neppure in fatto di materia grigia.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

paul11

 Caro Jean,
casualmente studiando in questo periodo la "seconda inattuale" di Nietzsche "Sull'utilità e il danno della storia per la vita" e visto che siamo nel forum filosofico, vi trovo delle correlazioni.


Nietzsche pone una differenza fra il pregresso temporale che è storia per l'umanità ed esperienza per la singola persona. Ma vi inserisce il principio astorico, il non-storico come contrapposto.
L'astorico è la discontinuità della storia ed è tipicamente "rivoluzionario" ,in quanto non previsto dall'esperienza, imprevisto dalla storia progressiva.
L'invenzione e la scoperta, come i fatti storici imprevisti, sono discontinuità che aprono a una nuova storia e fanno reinterpretare il pregresso.
Non era prevista la perestrojka, non era previsto l'11 settembre delle torri gemelle, non è stata prevista la pandemia attuale. Molte scoperte astrofisiche, fisiche, biologiche, sono casuali, si stava studiando altro, si osservava altro.


Sono quindi d'accordo con te, la scoperta non è misurabile, non era calcolabile è un "fuori misura".


Arrivo a dire che la memoria, l'esperienza può essere un peso, un masso, che costruisce pregiudizi, quindi orienta la misura e il calcolo in una data maniera.
Metaforicamente un vecchio si comporta in maniera diverso da un giovanetto, ha esperienza nella memoria piena, ma ciò condiziona il pensiero; il giovane ha poca esperienza e poca memoria quindi, può essere ingenuo, può essere illuso, ma non ha la disillusione di chi ha perso ormai l'"innocenza", questo lo pone in orizzonte diverso. Ovviamente sia il giovane che il vecchio metaforicamente, hanno entrambi pregi e limiti.


Arrivo a dire che la felicità, è una sospensione temporale, non ha condizioni storiche che pesano, non pensa alla fine di quel tempo sospeso, non ha passato e neppure futuro, è uno stato dell'anima dove si sta benissimo e se pensa al tempo, quella felicità svanisce, perché l'uomo come si temporalizza dentro l'ieri, l'oggi, il futuro, diventa problematico e i problemi l'oscurano, preoccupano, creano ansia, perché non possiamo avere il controllo.
La felicità è una scoperta immemore. I bambini ci arrivano meglio......
Ma l'uomo, per essere uomo, deve avere una intelligenza e una memoria.
Gli animali forse non hanno questo peso, pensano all'attimo, o comunque non hanno sicuramente lo stesso peso umano.
A volte penso che l'intelligenza sia una sofferenza....


Ipazia

Tornando alla citazione di Fermi (e al sottotitolo: misura e scoperta), essa costituisce un ottimo esempio di epistemologia, o gnoseologia se preferite.

Alcune cose di quella citazione vanno però sviluppate per dare a ciascun termine il giusto valore.

Misura: non è la banale e burocratica conferma di una routine scientifica, ma ciò che distingue il metodo scientifico dalla fede. Una ipotesi resta atto immaginifico finchè non viene confermata dalla misura. La relatività del tempo fisico postulata da Einstein rimase una ipotesi sorprendente finchè non si dovette tarare il tempo fisico in percorsi di lunga distanza e condizioni gravitazionali diverse da quelle terrestri. Fu la misura l'experimentum crucis che portò la relatività dalla teoria alla scienza.

Anche la forza di gravità raggiunse la sua maturità scientifica grazie alle misure di Galileo, tassello indispensabile perchè si giungesse alla teoria newtoniana della gravitazione universale che rilanciò la ricerca verso Einstein e ancora non è finita.

Scoperta: L'esempio classico dell'affermazione di Fermi è la scoperta dell'America la quale disattese le attese di misura di Colombo sulla circolarità della terra, ma ci volle Magellano per portare a termine la scoperta dimostrando che l'America non era l'Asia, ma un nuovo continente (scoperta), confermando la sfericità della terra col ritorno a casa e rimappando l'intera episteme terrestre nella sua completezza per la prima volta.

Scoperta, nel senso posto da Fermi, è un incontro con l'ignoto che costringe a rimappare la realtà, ripetendo le misure adattate a nuove teorie posto che le vecchie hanno fallito. Quindi ha ragione Popper nel dire che la scienza si fonda sulla falsificazione e ha ragione Spinoza quando fonda l'epistemologia sulla negazione (Omnis determinatio est negatio). Concetto che affonda le sue radici nella dialettica classica, si svilupperà nella dialettica hegeliana ed anche oggi costituisce un insuperabile argine metafisico ed epistemologico per separare la conoscenza dalla fede.
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Jean

Ciao Phil,

ti ringrazio del testo su Grey Walter e il suo lavoro, ti dimostri ancora una volta un eccellente intecario (bibliotecario di internet J) e non vorrei che il potente Algoracolo avesse già orientato il suo occhio (virtuale) su di te, analogamente a quelli d'un reale bibliotecario riguardo gli assidui frequentatori del suo ambiente, di cui mi son sempre sorpreso per l'imbarazzante accostamento al piccolo roditore, seppur in alcuni templi Indiani sia considerato sacro per la divinità venerata.  (Si scherza, eh, non ti sto dando del mouse, confido sempre nel tuo humor...). 

Ho iniziato a leggere le 39 pagine (con l'aiuto del traduttore) trovandole interessanti, perché presentano dei fatti, intermezzati qui e là (ma sono ancora alle prime) da osservazioni di merito e leciti interrogativi.
Anche per me sarebbe to long... ma lo leggerò tutto per l'amore che mi lega alle tartarughe che sostengono il mondo (potendo dedicare un modesto tempo alla lettura mi ci vorrà un bel po' prima di finirle e commentarle).

Intanto, per cercare di rispondere almeno a qualcosa del tuo scritto, rilevo che la tua prospettiva riguardo la "scoperta" -  con l'uomo per il momento ancora all'apice del sistema di misura e anzi forse proprio per questo - preveda un certo grado di relativismo, poiché come dici: Il problema nasce quando la scoperta va poi identificata, interpretata e misurata. Che è quanto si propongono i revisori (nel testo citato) dell'opera del Dottor Grey.

La posizione di Ipazia sulla "scoperta" appare meno (o affatto) relativista, ipotizzando (o credendo?) che il metodo scientifico sia in grado di discriminare cosa sia fede e cosa scienza, in virtù della capacità di compiere misure all'interno di un sistema di riferimento univocamente  (ma non universalmente) interpretabile. Volendo  fare un po' d'umorismo... i centimetri son centimetri anche per watussi e pigmei, nonostante il fabbisogno di tessuto per coprirsi sia differente...

Ipazia riporta (C. Revelli) come, per tentativi, ipotesi, successi effimeri, e azzardi azzeccati, sia nata la scienza più attuale, la meccanica quantistica. Un unico comune denominatore: tutti coloro che, con diverso successo, ci hanno lavorato, erano del mestiere.
E uno del "mestiere" era senz'altro il dottor Grey Walter i cui  titoli, competenze e scoperte, indubitabili e documentati, l'hanno posto ai vertici della ricerca in molti campi, evidentemente anch'egli dotato di una buona quantità di materia grigia.



Cit. @Viator : Ma perché........tu conosci qualche sciocco convinto dell'esclusività mnemonica degli umani ?
                     Ovviamente, anzi, la memoria è ciò che ci fa propriamente umani...


Già le prime due locuzioni dell'incipit del tuo intervento mi hanno mandato fuori giri... perché m'appaiono contradditorie e non avendo sufficienti competenze in campo semantico-filologico riguardo il prosieguo del tuo post debbo rinunciare ad ulteriori approfondimenti. Uno dei miei tanti limiti, chiedo venia.


Cordialement
Jean

Jean

Caro paul11,

nel dire:

"... perché l'uomo come si temporalizza dentro l'ieri, l'oggi, il futuro, diventa problematico e i problemi l'oscurano, preoccupano, creano ansia, perché non possiamo avere il controllo."

hai evidenziato il punto focale dell'intera esistenza umana. Dalla fanciullezza in poi aumenta esponenzialmente la consapevolezza che gli eventi e financo le nostre emozioni, pensieri, stati d'animo ecc. accadono seguendo regole per la gran parte ignote. Prosegui scrivendo: 

Non era prevista la perestrojka, non era previsto l'11 settembre delle torri gemelle, non è stata prevista la pandemia attuale. Molte scoperte astrofisiche, fisiche, biologiche, sono casuali, si stava studiando altro, si osservava altro.

Le previsioni son sovente fallaci, come la meteorologia dimostra, eppure nonostante le "bastonature" ritorniamo a quelle ed a ogni sorta di previsione riguardi noi, gli altri o l'universo, a causa dell'insopprimibile bisogno di continuità (del nostro io).

La stessa scienza origina dall'ancestrale necessità di conoscere e mappare i confini dell'esistente/esistenza per trovare terre sicure dove poggiar il passo successivo e continuare... il viaggio.

Sin al momento che si giungerà all'ultimo confine sul cui al di là si possono solo far congetture. Ci siano o meno (hic sunt) leones, nulla o differenti realtà potrebbe rimanere un mistero... per il semplice motivo che il "gioco universale" par proprio strutturato per esser come ci si presenta, coinvolge e infine annienta.

Eppure, come scrivevo tempo addietro... c'è un gioco che non dà alcuna possibilità al giocatore? Almeno una chances... almeno un contentino?   

Così la scienza, analogamente alla filosofia, religione, arte, non sono che forme diverse della ricerca di quella possibilità che, sin quando (se mai) si realizzerà, provveda nel frattempo a dar chances (o almeno parvenze) di qualche tipo di controllo.
Il tutto rapportato alle nostre effettive "dimensioni"...

"Tutta la filosofia, le religioni e la scienza, tutta l'umanità passata presente e futura, sono una microscopicamente inconcepibile tonalità più bianca in quel punto d'un pallido blu..." (dal post n. 325 di questa discussione)

Tuttavia nel nostro tempo qualcosa di assolutamente nuovo ( A.I.) sta progredendo velocemente e dopo aver avuto accesso a tutte le "tracce" "registrate" sui diversi supporti, arriverà un momento nel quale "incidentalmente o per comando" si rivolgerà a quelle "senza supporto fisico".

L'accresciuta potenza (quantistica?) prima o poi troverà il modo di "aprirne" una...

Anche questa è una previsione... ma cosa non lo è? 


Cordialement
Jean

viator

Salve Jean. CitandoMI : (Cit. @Viator) : "Ma perché........tu conosci qualche sciocco convinto dell'esclusività mnemonica degli umani ?
                     Ovviamente, anzi, la memoria è ciò che ci fa propriamente umani..."


Poi tu prosegui con "Già le prime due locuzioni dell'incipit del tuo intervento mi hanno mandato fuori giri... perché m'appaiono contradditorie............":

Perdonami. Non sono stato chiaro. Premesso che il possedere una memoria di un qualche genere rappresenta una dotazione abbastanza comume per gli organismi appena "evoluti" (e quindi per nulla una specificità umana), tale aspetto non risulta per nulla in contraddizione con il fatto che, per gli umani (e per nessuna altra specie) la funzione della memoria rappresenti la base, la "conditio sine qua non" che permette agli umani stessi di poggiare, fondare su di essa tutte le ulteriori e superiori funzioni e facoltà (coscienza, mentalismo, raziocinio etc.) che le altre specie (anche se magari dotate di memoria) non possiedono poichè evidentemte giacenti (secondo almeno il nostro bieco punto di vista) in stadi evolutivi precedenti il nostro. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Ipazia

#388
Citazione di: Jean il 24 Settembre 2020, 23:13:17 PM
La posizione di Ipazia sulla "scoperta" appare meno (o affatto) relativista, ipotizzando (o credendo?) che il metodo scientifico sia in grado di discriminare cosa sia fede e cosa scienza, in virtù della capacità di compiere misure all'interno di un sistema di riferimento univocamente  (ma non universalmente) interpretabile.

Il metodo scientifico viene dopo. Dopo avere logicamente discriminato le "verità di fede" dalle verità, dimostrabili e falsificabili, che chiamiamo scienza. Il metodo scientifico semmai scava il solco tra le due verità e di fronte al reale costringe a scegliere or l'una or l'altra. Mettendoci la scommessa nella zona grigia scavata.

CitazioneVolendo  fare un po' d'umorismo... i centimetri son centimetri anche per watussi e pigmei, nonostante il fabbisogno di tessuto per coprirsi sia differente...

Se sbagli metro puoi fare tutto l'umorismo che vuoi ma sempre nell'errore rimani: aver confuso il campione di Sèvres con la mappa genetica.
.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

viator

Salve. Scusatemi. Ma..................e se per caso "l'al di là dell'al di là" confinasse (per via di una certa circolarità dell'esistente).............o - udite, udite !!........... addirittura consistesse nell "al di qua dell'al di qua".....?? Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.