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𝜋

Aperto da Eutidemo, 07 Luglio 2024, 14:25:05 PM

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Eutidemo

A scuola ci hanno insegnato che l'area di un cerchio si ottiene moltiplicando 𝜋 (pi greco) per il raggio al quadrato (A = π r²); il quale 𝜋, per approssimazione a soli due decimali, si considera 𝜋 ≃ 3,14.
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Quindi, alla lavagna, partendo da un raggio lungo  2 metri, io calcolavo che il cerchio aveva un'area pari a 12,560 metri: ed infatti, visto che il quadrato di 2 è pari 4, moltiplicata tale potenza per 3,14, il risultato è uguale, appunto, a  12,560 metri.
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Mio figlio, invece, che è ingegnere, secondo una consolidata tecnica ingegneristica, assume il 𝜋 per approssimazione a cinque decimali, cioè 𝜋 ≃ 3,14159.
Per cui, al computer, partendo anche lui da un raggio lungo  2 metri, mio figlio calcola che lo stesso cerchio ha un'area pari a 12,566 metri: ed infatti, visto che il quadrato di 2 è pari 4, moltiplicata tale potenza per 3,14159, il risultato è uguale, appunto, 12,566 metri.
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Però aggiungendo più decimali, si ottengono cerchi di area approssimata sempre diversi l'uno dall'altro: sebbene la differenza tra gli uni e gli altri divenga progressivamente minore.
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Cioè, "sfalsati" a tre dimensioni, tali cerchi costituirebbero una specie di "imbuto"; sebbene dal foro gigantesco.
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La conclusione, per me sconcertante, è che, a fronte di uno stesso "raggio" (al quadrato), a seconda dei decimali del moltiplicatore (𝜋) da noi prescelto, esiste un "numero infinito di cerchi tutti diversi gli uni dagli altri"; e, sebbene si tratti di cerchi con circonferenze estremamente contigue, ciò non toglie che si tratti di entità geometriche dalle dimensioni tra di loro non congruenti.
Cioè, di "entità diverse"!
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Ora:
- che questo accada nel "mondo fisico", lo considero naturale ed inevitabile;
- ma che questo accada anche nel "mondo geometrico-matematico", lo considero davvero sconcertante.
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Ciò premesso, sotto il "profilo filosofico", mi chiedo se possa teoricamente ed astrattamente esistere un cerchio che abbia un'area esattamente corrispondente ad un determinato raggio; al riguardo, "concettualmente",  direi di sì, perchè mi sembra contraddittorio che esistano "entità approssimate" sempre più infinitesimamente ad una "entità esatta", ma che questa, però, non possa essere teoricamente concepibile.
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Tuttavia, sinceramente, non sono affatto sicuro di quanto ho scritto! ::)
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Voi cosa ne pensate?
*** 

iano

#1
Penso che il tuo sconcerto non sia nulla di nuovo, trattandosi dello stesso sconcerto provato da Pitagora nello scoprire l'incommensurabilità della diagonale del quadrato rispetto al suo lato, o, il che è lo stesso, l'incommensurabilità del lato del quadrato rispetto alla sua  diagonale.
Per raggio e circonferenza del cerchio il discorso è uguale.
Detto in altre parole, se il lato di un quadrato ''misura un numero intero'' ( o frazionario, perchè concettualmente non c'è differenza fra i numeri interi e i numeri frazionari) allora si può dimostrare che la diagonale del quadrato non ha misura.
Viceversa se la diagonale del quadrato ha misura allora il suo lato non ce l'ha.

Pitagora però sosteneva insieme agli uomini del suo tempo, e di qualcuno del nostro tempo ancora, come Eutidemo, che il possedere una misura fosse nella natura di ogni segmento di retta.
Pitagora al momento risolse la questione mettendo la sua scoperta sotto al tappeto, arrivando perfino ad uccidere chi quel tappeto cercò di sollevare, secondo la leggenda.

Quindi, se noi questa strage non vogliamo perpetuare, allora delle due una.
O la natura del segmento di retta non è quella di avere una misura in modo necessario, oppure è la natura stessa della misura a dover essere rivista.
Si è scelta nel tempo questa seconda opzione.
Quindi pur di mantenere l'assunto che ogni segmento di retta abbia una misura, di questa misura si è dovuta cambiare la natura.
Per farlo si è ammesso quindi che esistessero altri numeri oltre a quelli frazionari/interi, per quanto a prima vista tale operazione potesse apparire irrazionale, e non a caso irrazionali sono stati chiamati i nuovi numeri, di cui pigreco è un esempio.
Si può ancora oggi non condividere questa soluzione, ma i motivi che hanno portato ad adottarla dovrebbero essere adesso chiari.
Nessuno vieta di adottare comunque soluzioni alternative.
Quale soluzione alternativa proporresti tu Eutidemo?

La soluzione ufficialmente adottata in sostanza è stata quella di generalizzare il concetto di numero, portandolo oltre le nostre capacità intuitive, di modo che ogni segmento di retta potesse avere la sua misura, senza fare figli e figliastri fra i segmenti.
Diversamente l'alternativa è ammettere che, sebbene alcuni segmenti abbiano misura, l'avere una misura non è ciò che li caratterizzi in modo esclusivo.

Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

Citazione di: iano il 07 Luglio 2024, 15:02:20 PMDiversamente l'alternativa è ammettere che, sebbene alcuni segmenti abbiano misura, l'avere una misura non è ciò che li caratterizzi in modo esclusivo.
Ciò comporterà che il ''possedere una misura'' non potrà entrare  a far parte della definizione del segmento di retta.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

#3
Vorrei aggiungere ai miei precedenti post una considerazione che ritengo IMPORTANTE, sopratutto alla luce di un generale rigetto che viene espresso verso la matematica, e la scienza in generale.
Tutte le questioni cui matematici fisici e scienziati in genere ci danno come risolte, rimangono potenzialmente problemi ancora aperti ad ogni soluzione.
Ripercorrere le loro soluzioni e tentarne di nostre è un modo di farci sentire partecipi al processo scientifico, e al processo della conoscenza in generale, sentendolo come nostro, e non qualcosa che ci venga imposta dall'alto.
Qualcuno potrebbe ritenere oneroso questo percorso, fidandosi di ciò che gli scienziati ci dicono, cosa che non ritengo una cattiva idea, ma esistono alternative a ciò, come il nostro Eutidemo ci esemplifica di fatto.
Perchè anche se ripercorrere l'intera storia della conoscenza umana è di fatto impossibile, ripercorrerne in modo vivo almeno una sua parte, può darci ulteriori buoni motivi per porre fiducia nella scienza, seppur non la percorreremo tutta per intero un altra volta, perchè non abbiamo il tempo per farlo.
Io posso anche fidarmi del fatto che la scienza proceda in modo rigoroso, ma se posseggo almeno uno di questi esempi,  potrò meglio intendere cosa la scienza intenda per rigore.
Non c'è miglior modo di comprendere le cose che riuscire a ripercorrerle in modo autonomo, ma questo purtroppo è possibile farlo solo in parte.
Ma nella misura in cui riusciamo a farlo non vi dovremmo rinunciare.
Consiglio dunque a tutti di seguire l'esempio che Eutidemo ci dà.
Che poi è l'esempio di chi della sua curiosità, nei limiti del possibile, non fà lettera morta.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
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bobmax

L'entità è approssimata perché il punto non è un infinitesimo.

Ovvero l'infinitesimo non può essere ridotto a un punto.
Per la semplice ragione che l'infinitesimo ha una dimensione, il punto no.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Eutidemo

Ciao Bobmax. :)
Veramente io qui stavo parlando del "cerchio", e non del "punto"!
***
Comunque, se vogliamo proprio "anapoditticamente" contendere O.T., per contrapposti "assiomi", per quanto riguarda il "punto":
- se tu scrivi: "L'infinitesimo non può essere ridotto a un punto, per la semplice ragione che l'infinitesimo ha una dimensione, il punto no."
- allora io posso legittimamente limitarmi a replicare, in modo altrettanto assiomatico: "L'infinitesimo corrisponde a un punto, per la semplice ragione che entrambi devono avere una infinitesima dimensione."
Un assioma vale l'altro!
***
Se invece vogliamo contendere per contrapposti "ragionamenti", il mio "sillogismo" (forse sbagliato) in base al quale io sono pervenuto alla conclusione -in contrasto con l'aprioristico assioma di Euclide- che il "punto" ha una sua dimensione, ancorchè "infinitesimale" è il seguente:
.
PREMESSA MAGGIORE
Un segmento di retta, secondo tutti i libri di geometria, è una parte di retta delimitata da due "punti", detti "estremi"; e se i due "estremi" vengono definiti "punti" (anche da Euclide), non vedo perchè mai non definire "punti" anche gli elementi di quel segmento di retta delimitato dai due "punti estremi".
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PREMESSA MINORE
Ne consegue che non mi pare che ci siano convincenti argomenti per negare che un "segmento di retta" sia costituito da un "insieme di punti messi in fila", i quali costituiscono i suoi "elementi costitutivi".
.
CONCLUSIONE
E poichè un insieme di elementi privi di dimensione non può dar luogo ad un insieme che possieda tale requisito, considerando che, invece, un segmento di retta, che è costituita da un insieme di infiniti punti messi in fila, possiede la dimensione della lunghezza, allora vuol dire che ognuno dei punti che la compongono, per quanto piccolo e "incommensurabile" esso sia, ha anch'esso una sua infinitesimale dimensione.
***
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***
Come ho detto, il mio "sillogismo" forse è sbagliato; ma, finchè non mi si dimostra in qual  modo, io non posso che pervenire sempre alla stessa identica e testarda conclusione! ::)
***
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Un cordiale saluto! :)
***

Eutidemo

Ciao Iano. :)
Ti ringrazio poichè, pur non essendo tu affatto d'accordo con quello che io scrivo, tuttavia consigli a tutti di seguire il mio esempio; però, se qualcuno dovesse affrontare un esame di matematica o di geometria, io lo sconsiglirei vivamente dal seguire il mio esempio (se non vuole essere bocciato). :'(
***
Ed invero, da profano, io ero e sono tutt'ora convinto che il possedere una "misura" sia nella "natura" di ogni "segmento di retta"; ed infatti, visto che ogni "segmento di retta" ha necessariamente una sua determinata "lunghezza", mi sembra implicito che essa debba anche essere necessariamente "misurabile"! ::)
Altrimenti:
- o si tratta di una retta infinitamente lunga;
- oppure si tratta di una retta infinitamente piccola (cioè, secondo me, un "punto").
Nei quali casi, effettivamente, nessuna "misura" è possibile!
***
Quanto alla "scienza", alla "matematica" e alla "geometria", ritengo che si tratti di ambiti diversi gli uni dagli altri, ma che siano tutti strettamente interconnessi; e, pur essendo ignorante i tutte e tre le materie, ne sono un indubbio (anche se indegno) fautore e sostenitore!
***
Un cordiale saluto! :)
***

iano

#7
Citazione di: Eutidemo il 08 Luglio 2024, 11:41:56 AM
Ed invero, da profano, io ero e sono tutt'ora convinto che il possedere una "misura" sia nella "natura" di ogni "segmento di retta"; ed infatti, visto che ogni "segmento di retta" ha necessariamente una sua determinata "lunghezza", mi sembra implicito che essa debba anche essere necessariamente "misurabile"! ::)
Altrimenti:
- o si tratta di una retta infinitamente lunga;
- oppure si tratta di una retta infinitamente piccola (cioè, secondo me, un "punto").

Oppure si tratta di un numero irrazionale.
Se qualcosa ha una lunghezza non è implicito che sia misurabile, finché non specifichiamo in cosa consista l'operazione di misura.
La misura della lunghezza cioè non è assoluta, ma relativa a un sistema di misurazione che va specificato.
La misura è implicita nella lunghezza solo se confondiamo la lunghezza con la sua misura.

Passato qualche migliaio di anni da Pitagora non è che la incommensurabilità sia divenuta cosa più digeribile.
Rimane cosa indigeribile, e l'accettiamo solo perchè ne esiste una dimostrazione.

Da un punto di vista filosofico è interessante capire da dove si origina questa indigeribilità.
Evidentemente partiamo da un pregiudizio sulla realtà a noi tutti comuni, che ci rende difficile accettare la incommensurabilità.
Qual'è questo pregiudizio ''nascosto''?



Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Eutidemo

Ciao Iano. :)
Se un segmento di retta ha una lunghezza limitata è ovvio :
- che essa debba risultare, per sua natura, misurabile;
- che, però, per poterla misurare si debba previamente scegliere  una unità di misura.
***
Ciò premesso, affermare che, "se un segmento di retta ha una lunghezza limitata è ovvio che essa debba risultare, per sua natura, misurabile, ma che, però, per poterla misurare si debba previamente scegliere  una unità di misura", non significa affatto, come tu scrivi, "confondere la lunghezza con la sua misura".
***
Se, invece, una retta è "incommensurabile", ciò vuol dire che è:
- o "smisuratamente lunga";
- o "smisuratamente corta".
Per cui, come si evince dall'avverbio, essa non può essere "misurata".
***
Un cordiale saluto! :)
***

iano

Se, invece, una retta è "incommensurabile", ciò vuol dire che è:
- o "smisuratamente lunga";
- o "smisuratamente corta".
- o esiste una dimostrazione della sua incommensurabilità.


Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Eutidemo

Ciao Iano :)
La dimostrazione che una retta è "commensurabile", è data dal fatto che, una volta scelta una qualsiasi unità di misura, è possibile "misurarla" senza alcun problema.
La dimostrazione, invece, che una retta è "incommensurabile", è data, "a contrario", dal fatto che, una volta scelta una qualsiasi unità di misura, non è però possibile "misurarla" in alcun modo.
Un cordiale saluto! :)

iano

#11
Citazione di: Eutidemo il 09 Luglio 2024, 10:16:31 AM
Ciao Iano :)
La dimostrazione che una retta è "commensurabile", è data dal fatto che, una volta scelta una qualsiasi unità di misura, è possibile "misurarla" senza alcun problema.
La dimostrazione, invece, che una retta è "incommensurabile", è data, "a contrario", dal fatto che, una volta scelta una qualsiasi unità di misura, non è però possibile "misurarla" in alcun modo.
Un cordiale saluto! :)

Devo dedurne che ignori tutte le dimostrazioni di incommensurabilità che puoi trovare sui libri di matematica, come in rete?
Oppure che, conoscendole, non vi attribuisci alcun valore?
Io lo vedo bene che il tuo è un percorso autonomo di comprensione della matematica, che più volte ho lodato.
Ma finché non ti vai a leggere almeno una di queste dimostrazioni che ti appariranno se digiti sul motore di ricerca ''dimostrazioni di incommensurabilità'', dicendoci poi cosa ne pensi, la discussione per me rimane sospesa.

Per dimostrazione ovviamente qui si intende quello che intendono i matematici, cioè una serie di passaggi logici che in modo rigoroso giungono a delle conclusioni a partire da delle premesse.
Forse tu ti sei già imbattuto in questo tipo di dimostrazioni, e forse appunto non gli dai valore, dando solo valore ai tuoi ragionamenti intuitivi ( che sono interessanti per me) ma che non possono chiudere la questione della incommensurabilità, perchè la questione della incommensurabilità inizia proprio con Pitagora che suo malgrado ne dà una dimostrazione, e potrebbe continuare con Eutidemo che con altrettanto malgrado se la vada a leggere.


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iano

#12
Caro Eutidemo, leggere e capire la dimostrazione di cui dico non dico che sia facile, ma non è neanche una grande impresa, ed è comunque un impresa che vale davvero la pena di affrontare secondo me, perchè  essa è esemplare di cosa significhi fare scienza, e secondo me significa usare un metodo che riesca a farci superare i limiti della nostra intuizione, metodo che nel nostro caso specifico si sustanzia in una dimostrazione matematica.
Ovviamente però non è obbligatorio andare oltre questi limiti.
Non è obbligatorio andare con metodo oltre il nostro intuito.
Solo vorrei capire se tu, pur legittimamente, vuoi restare invischiato nel tuo intuito, con tutti i suoi pro e accettando i suoi contro, o se ambisci a fare il grande salto, andando oltre.

Non so fino a che punto ti è chiaro questo discorso, ma quello che so, come ho già scritto altrove, è che cercando di spiegare a te queste cose, le capisco io per la prima volta.
Oggi ho capito addirittura quale sia il cuore della scienza.
Non che prima non lo sapessi, ma non l'avevo così chiaro.
La scienza è quella cosa grazie alla quale, seguendo in modo acritico un preciso metodo, si può giungere a conclusioni diverse dalle convinzioni che possediamo, convinzioni anche cosi profonde da non riuscire a cambiarle, anche quando noi stessi abbiamo dimostrato che siano sbagliate.
E' successo a Pitagora, che cercò inutilmente di non rendere pubbliche le conclusioni cui era giunto.
E' successo ad Einstein, che passo il resto della vita a cercare di dimostrare che le conclusioni scientifiche a cui lui stesso era giunto fossero errate, e si spera che succeda ancora, perchè è così che la scienza progredisce. Per digerire certe conclusioni occorre un cambio generazionale, e a volte non basta nemmeno quello.
Quante generazioni sono passate da Pitagora a noi?
Eppure la sorpresa che Pitagora provo dimostrando l'incommensurabilità è viva ancora in noi.
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Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Eutidemo

Citazione di: iano il 09 Luglio 2024, 10:46:20 AMDevo dedurne che ignori tutte le dimostrazioni di incommensurabilità che puoi trovare sui libri di matematica, come in rete?
Oppure che, conoscendole, non vi attribuisci alcun valore?
Io lo vedo bene che il tuo è un percorso autonomo di comprensione della matematica, che più volte ho lodato.
Ma finché non ti vai a leggere almeno una di queste dimostrazioni che ti appariranno se digiti sul motore di ricerca ''dimostrazioni di incommensurabilità'', dicendoci poi cosa ne pensi, la discussione per me rimane sospesa.

Per dimostrazione ovviamente qui si intende quello che intendono i matematici, cioè una serie di passaggi logici che in modo rigoroso giungono a delle conclusioni a partire da delle premesse.
Forse tu ti sei già imbattuto in questo tipo di dimostrazioni, e forse appunto non gli dai valore, dando solo valore ai tuoi ragionamenti intuitivi ( che sono interessanti per me) ma che non possono chiudere la questione della incommensurabilità, perchè la questione della incommensurabilità inizia proprio con Pitagora che suo malgrado ne dà una dimostrazione, e potrebbe continuare con Eutidemo che con altrettanto malgrado se la vada a leggere.



Questa volta hai ragione ;)
Ma temo di non avere le competenze necessarie per comprendere le dimostrazioni di incommensurabilità che potrei trovare sui libri di matematica, così come in rete. :-[
Comunque ci proverò! ::)

pandizucchero

Ciao Eutidemo. Dovresti estendere il ragionamento alla mecc quantistica e supporre che esiste un π ignoto responsabile degli infiniti stati su cui si può trovare una particella.
Quando il quantista misura becca la particella in un determinato stato ma è la misura che sembra determinare lo stato di cui si becca la particella.
Naturalmente la particella non si trova solo su quello stato,viene trovata lì a causa della misura.
Quindi, la misura, in quantistica, sembra   aggirare il π o, meglio, il quid ignoto determinando lo stato su cui trovare la particella. Nel contempo potrebbero esistere infiniti stati e infinite particelle,oppure infiniti stati e una sola particella o ancora un solo stato e infinite particelle oppure un solo stato e una sola particella o,se vogliamo....
Ho fatto questo esempio perchè il π ha sempre incuriosito anche me: è come un virus matematico che dimostra l'inesattezza della matematica stessa.
Di Ostra anche che la misura è precisa ma non è mai esatta e quindi ciò scuote ben bene i cultori delle scienze esatte: NON ESISTE NESSUNA SCIENZA ESATTA tanto meno la matematica.
Infatti basta una sola falsificazione per far crollare una teoria trasformandola in congettura.
Le scienze sono tutte congetture "eleganti" e ben formate(nonchè ben firmate!), sistemi semi aperti e, a volte, chiusi o quasi, di conoscenze e di pratiche.
Con il tuo interessante thread hai dimostrato qualcosa di essenziale,mi congratulo!