[GDL]Fenomenologia dello Spirito di Hegel

Aperto da green demetr, 30 Novembre 2021, 11:26:27 AM

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green demetr

Citazione di: daniele22 il 10 Maggio 2022, 09:22:54 AM
Ciao Green, partiamo dai fondamentali, dato che i linguaggi tecnici hanno generato molta confusione. Io parlo come mangio, linguaggio del popolo. La nascita di un bambino è un evento e la sensazione è un evento. Hai in un certo senso ragione ... la sensazione non la vede nessuno se non chi la prova. Perché dunque io la considero un evento? Essenzialmente perché la considero qualcosa (fenomeno? evento? fatto? manifestazione interiore? non sento la necessità di ingabbiare) che incide sul divenire del mondo. A mio giudizio sarebbe addirittura fondante rispetto al mondo in divenire, ma questa cosa non viene evidentemente accettata, detenendo a tutt'oggi la ragione tale primato. Resta pertanto la mia nulla più che una doxa che si oppone ad una certa visione.
I dati sensibili. Se fosse vero che il tempo tuo personale è determinato dagli ordini di attenzione che tu tieni a mente fin che ti muovi nel tuo quotidiano vivere, è altrettanto vero che tali ordini di attenzione non sono tutti permanenti ... esempio: "Non uccidere" è un ordine di attenzione permanente stabilito da una determinata norma giuridica ... a te è dato di assecondarla oppure no. "Lavarsi i denti" può costituire un altro ordine di attenzione ... permanente o effimero? Pure a questo ti è dato di seguirlo oppure no. Un discorso sarebbe pure lui un ordine di attenzione ... effimero o permanente?, e pure in relazione a questo ti è data la possibilità di assecondarlo oppure no. Ma il discorso rientra senz'altro nei campi di ciò che è percepibile dai sensi e non vedo come si possa mettere in dubbio questa cosa.
Non vedo pertanto alcun motivo legittimo per cui si debba escludere l'esternazione linguistica dai campi della ricerca filosofica escludendola dal fenomeno ... se vuoi pure dall'evento ...  "momento in cui si manifesta pubblicamente". Scrivendo questo post sto compiendo di fatto tale "momento" ponendoti un ordine di attenzione ... e nel frattempo ti chiedo: si tratta di dialettica o di fuffa?
Ho visto che citi Sini. Per quel che mi riguarda Sini è un ottimo pensatore, ma si è fermato ad un certo punto. E lo dice pure. E mette in evidenza questo fatto ... Nelle sue lezioni reperibili su you tube, ora non ricordo se fosse quella su Derrida oppure quella sulla Lebenswelt egli dice che la filosofia ha in un certo senso risolto la sua domanda, ma al tempo stesso mette in evidenza che una domanda sia rimasta comunque in sospeso, sottolineando pure che sarebbe la più importante. A tal proposito si scusa dicendo ... "Cos'è che ci è sfuggito?". La domanda riguarda naturalmente il linguaggio e Sini offre pure un'ipotetica via per risolvere tale domanda ... che sarebbe secondo lui da ricercarsi nei meandri della psicologia. Non posso altro che confermare che la sua "sensazione" fosse corretta, ma attendo ora una risposta da te ... non preoccuparti che rivarem a baita. L'hai letto "l'amante dell'orsa maggiore"? Quella di arrivare a baita era una delle preoccupazioni particolari di uno tra i personaggi delle avventure di una banda di contrabbandieri


"Nei meandri della psicologia"...è vero piuttosto il contrario, chi non ragiona sulla psicologia cade nei meandri del linguaggio.

Ma un passo per volta, in Hegel il dato sensibile non è "relativo", una mela è sempre una mela, non diventa una pera, ma lo è rispetto ad un soggetto.

Tu menzioni l'attenzione, ma questa attenzione avviene detro un tempo, e il tempo da husserl in poi è psicologia dell'oggetto.

Ovvero un ulteriore approfondimento rispetto ad Hegel che invece lascia cadere questo assunto.

Ma sul fatto che sia il tempo a determinare le visioni del tempo non vi è dubbio (non è su questo che dissentiamo).

Dunque la polemica (mia ed hegeliana come ci siamo trovati a rimanere bloccati rispetto alla introduzione hegeliana) è piuttosto sulla correlazione.

La mela è sempre dentro una relazione con te che la vedi e la riconosci come tale.
Dunque nel concetto di mela ci DEVE essere anche il concetto dell'osservatore e del conoscitore.
Lasciare andare uno dei due capi, significa avere una visione del mondo diversa da Hegel.
Ma come dicevo a Niko, una visione che conteggi solo la mela, non conteggia il fatto che il linguaggio della mela è di tipo universale, atemporale, e dunque facilmente catturabile dalla menzogna della politica.
Ragionare sul tempo catturato dalla menzogna della politica, diventa un esercizio, a mio avviso sterile, non mi è mai interessato a livello filosofico, ma solo politico (ovviamente in polemica con esso) ma appunto questo discussione è filosofica.

Questa è la risposta personale. 8)

Apro qui sotto una considerazione generale che stia sul pezzo coi tempi, non necessariamente riferita a te


Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Per quanto riguarda Sini, noto ancora una volta che pur parlando come mangia, Daniel22 avuto una incredibile intuizione, riguardo al fatto che Sini, pur sembrando uno degli amici della metafisica hegeliana, è invece un nemico.
Il suo fermarsi politico, che egli si illude da attribuire al linguaggio, è invece proprio legato al sui fermarsi psicologico, pur continuando a sostenere che sia il nostro massimo filosofo (per via dei suoi contributi alle premesse della semiotica, che per me rimangono semiotica), ho notato con grande sofferenza che la sua prosa è piena di paura, di mancamenti di passaggi a vuoto, di inciampi.
Cosa che in un periodo oscuro come il nostro lo ha decisamente relegato in una posizione del tutto marginale.
Oggi Sini vale solo come un antico tempio di pensiero in attesa di essere arso con tutto il resto.

No! direi che il filosofico che sa di non poter che esser politico oggi trae la sua essenza dal politico.
Pensatori come Hegel e Heidegger, rimangono gli unici in grado di fornire un decisa contrapposizione all'ordine vigente della menzogna.

Devo ancora leggere gli ultimi due libri di Agamben (soprattutto) e di Esposito, che insieme all'ultima lectio magistralis di Cacciari alla Accademia Filosofica di Napoli, forniscono nella ontologia politica, il nuovo nucleo centrale di questa riflessione politica (che attinge dal filosofico), non a caso i massimi pensatori convergono sulle tematiche calde del nostro tempo. 
Sinceramente a naso, mi pare una resa delle armi rispetto appunto a quello che stiamo dicendo di Hegel.
Se infatti il politico si illude di essere un ontologico, allora i ministeri della verità si espanderanno in tutto l'occidente, portando nel baratro l'ultimo avamposto del pensiero critico (che è appunto la germania e l'italia e per certi versi la stessa america che sembra nel suo dissenso interno la più battagliera, sono ancora scettico sui contributi francesi, le altre nazioni non sono sufficientemente sponsorizzate dall'industria culturale, che sia chiaro è però il problema dentro il problema).
Naturalmente non avendoli letti i libri, e dovendo finire di ascoltare la lectio di Cacciari, forse si tratta di una preoccupazione senza fondamento vedremo (di certo Sini non conta più, lo dico con rammarico).

Come dire che la lettura di Hegel, per quanto possa sembrare remota, è invece attualissima, perchè ci dà l'humus da cui poi partire col pensiero dissenziente ossia semplicemente critico (anche se giammai dissidente, per quello servono grandi cambiamenti sociali, e quelli in atto sono nella direzione opposta, capisco dunque che nessuno vuole raggiungere certi punti di vista opposti e forse pericolosamente opposti, capisco ma non approvo, anzi mi incazzo proprio ;) ).
Vai avanti tu che mi vien da ridere

daniele22

Citazione di: green demetr il 12 Giugno 2022, 13:50:17 PM"Nei meandri della psicologia"...è vero piuttosto il contrario, chi non ragiona sulla psicologia cade nei meandri del linguaggio.
Ma un passo per volta, in Hegel il dato sensibile non è "relativo", una mela è sempre una mela, non diventa una pera, ma lo è rispetto ad un soggetto.
Tu menzioni l'attenzione, ma questa attenzione avviene detro un tempo, e il tempo da husserl in poi è psicologia dell'oggetto.
Ovvero un ulteriore approfondimento rispetto ad Hegel che invece lascia cadere questo assunto.
Ma sul fatto che sia il tempo a determinare le visioni del tempo non vi è dubbio (non è su questo che dissentiamo).
Dunque la polemica (mia ed hegeliana come ci siamo trovati a rimanere bloccati rispetto alla introduzione hegeliana) è piuttosto sulla correlazione.
La mela è sempre dentro una relazione con te che la vedi e la riconosci come tale.
Dunque nel concetto di mela ci DEVE essere anche il concetto dell'osservatore e del conoscitore.
Lasciare andare uno dei due capi, significa avere una visione del mondo diversa da Hegel.
Ma come dicevo a Niko, una visione che conteggi solo la mela, non conteggia il fatto che il linguaggio della mela è di tipo universale, atemporale, e dunque facilmente catturabile dalla menzogna della politica.
Ragionare sul tempo catturato dalla menzogna della politica, diventa un esercizio, a mio avviso sterile, non mi è mai interessato a livello filosofico, ma solo politico (ovviamente in polemica con esso) ma appunto questo discussione è filosofica.
Questa è la risposta personale. 8)
Apro qui sotto una considerazione generale che stia sul pezzo coi tempi, non necessariamente riferita a te
Ciao Green, lasciamo il professor Sini al suo corso, forse hai toccato un tasto particolare, quindi dovrei chiederti che tipo di distinzione attui tra osservatore e conoscitore. Per come la penso, non vi sarebbe alcuna distinzione tra questi soggetti. Nel senso che tu non potresti realizzare qualcosa fintanto che questo qualcosa non venga armonizzato nel divenire. Per essere realizzato (ovvero armonizzato) questo qualcosa dovrebbe compiere almeno qualcosa nel tempo (o nello spazio, che è lo stesso). Dato questo principio, nel momento in cui tu realizzi sei osservatore e conoscitore, poiché conosci quel che fa il qualcosa. Al contrario tu non potresti realizzare qualcosa partendo da una semplice immagine immota. In sintesi, il processo della conoscenza non è posto in atto prima da un osservare e poi da un conoscere. Osservazione e conoscenza partono dal medesimo punto temporale che si dà nel notare ... notare quel che fa una cosa a prescindere che quel che si nota sia l'informazione più adeguata o condivisa per quella cosa. Tu citi la mela, è pur vero che una mela è sempre una mela, ma nella realtà diveniente un conto è una mela che stai per addentare, altro è una mela che ti sta giungendo nel muso scagliata da qualcuno. Una mela per un operaio, o un dirigente della Melinda non è la mela per uno che vive a cento km da un albero di mele e magari se ne va a spasso tutto il giorno col suo gregge. Nel mondo del divenire il concetto diviene molto fluido, sicuramente storico, ma sempre effimero nel suo presentarsi ad un dato istante al cospetto del tuo presente

green demetr

Citazione di: daniele22 il 15 Giugno 2022, 20:34:21 PM
Ciao Green, lasciamo il professor Sini al suo corso, forse hai toccato un tasto particolare, quindi dovrei chiederti che tipo di distinzione attui tra osservatore e conoscitore. Per come la penso, non vi sarebbe alcuna distinzione tra questi soggetti. Nel senso che tu non potresti realizzare qualcosa fintanto che questo qualcosa non venga armonizzato nel divenire. Per essere realizzato (ovvero armonizzato) questo qualcosa dovrebbe compiere almeno qualcosa nel tempo (o nello spazio, che è lo stesso). Dato questo principio, nel momento in cui tu realizzi sei osservatore e conoscitore, poiché conosci quel che fa il qualcosa. Al contrario tu non potresti realizzare qualcosa partendo da una semplice immagine immota. In sintesi, il processo della conoscenza non è posto in atto prima da un osservare e poi da un conoscere. Osservazione e conoscenza partono dal medesimo punto temporale che si dà nel notare ... notare quel che fa una cosa a prescindere che quel che si nota sia l'informazione più adeguata o condivisa per quella cosa. Tu citi la mela, è pur vero che una mela è sempre una mela, ma nella realtà diveniente un conto è una mela che stai per addentare, altro è una mela che ti sta giungendo nel muso scagliata da qualcuno. Una mela per un operaio, o un dirigente della Melinda non è la mela per uno che vive a cento km da un albero di mele e magari se ne va a spasso tutto il giorno col suo gregge. Nel mondo del divenire il concetto diviene molto fluido, sicuramente storico, ma sempre effimero nel suo presentarsi ad un dato istante al cospetto del tuo presente
Si concordo, come già detto la dimensione armonica eveniente non interessa tanto hegel, quanto quella dei due funtori della correlazione.

Il tempo della conoscenza di questa correlazione è lasciato cadere in una domanda, a cui credo Hegel appunto non può rispondere.

Nel senso che la correlazione è anzitutto istantanea, l'oggetto conosce te, solo quanto tu conosci l'oggetto.

E' proprio per via della impossibilità temporale di conoscere quel quid che permette la correlazione che porta Hegel in direzione spirituale.

La dimensione successiva a quella istantanea diviene così proprio per via del mistero di quel quid qualcosa a cui si dedica la ricerca dialettica ossia storica.

Ossia noi conosciamo solo dopo, perciò tutte le considerazioni che hai fatto sono valide.

Mancherebbe la questione avanzata da Hegel sulla radicalità di quel quid istantaneo.

In questo senso l'oggetto di Hegel diviene l'oggetto conoscitore del dopo, ossia il soggetto.

La filosofia indaga la nascita del soggetto come soggetto del dopo, e infin dei conti come fine della storia. A partire dalla fine della storia.
Ma questo sarà oggetto successivo al nostro dialogo. Ciao!!
Vai avanti tu che mi vien da ridere

daniele22

Citazione di: green demetr il 17 Giugno 2022, 15:06:47 PMSi concordo, come già detto la dimensione armonica eveniente non interessa tanto hegel, quanto quella dei due funtori della correlazione.

Il tempo della conoscenza di questa correlazione è lasciato cadere in una domanda, a cui credo Hegel appunto non può rispondere.

Nel senso che la correlazione è anzitutto istantanea, l'oggetto conosce te, solo quanto tu conosci l'oggetto.

E' proprio per via della impossibilità temporale di conoscere quel quid che permette la correlazione che porta Hegel in direzione spirituale.

La dimensione successiva a quella istantanea diviene così proprio per via del mistero di quel quid qualcosa a cui si dedica la ricerca dialettica ossia storica.

Ossia noi conosciamo solo dopo, perciò tutte le considerazioni che hai fatto sono valide.

Mancherebbe la questione avanzata da Hegel sulla radicalità di quel quid istantaneo.

In questo senso l'oggetto di Hegel diviene l'oggetto conoscitore del dopo, ossia il soggetto.

La filosofia indaga la nascita del soggetto come soggetto del dopo, e infin dei conti come fine della storia. A partire dalla fine della storia.
Ma questo sarà oggetto successivo al nostro dialogo. Ciao!!

Ciao Green e buon relax, mi riposerò pure io almeno fintanto che non si torni ad un clima accettabile. Speriamo pure che gli eventi bellici giungano a soluzione adesso che Draghi pensa di essere il presidente degli Usa. Purtroppo non conosco il pensiero hegeliano se non per brandelli di ricordi scolastici, pur tuttavia mi son tuffato nel mucchio ben sapendo che alla fine si arriva sempre al nodo irrisolto di chi noi si sia, che è il punto cruciale del mio pensiero. E' per me palese che questo nodo, semmai potesse essere sciolto, giungerà infine ad esprimere una teoria linguistica ecumenica ... perché di fatto tale teoria non c'è. Tralasciando ... Siccome a me interessa l'etica reputerei ozioso parlare del nulla, ma forse tu stai seguendo un percorso di cui non conosco il fine.
Forse io reputo interessante il nodo irrisolto perché a mio giudizio l'avrei risolto, ma purtroppo, e sarebbe bello poterlo ricordare, non ricordo come io pensassi prima di risolverlo. Certo so che ero vicinissimo allo scetticismo, ma non ricordo il nascere di un mio pensiero dell'epoca nel momento in cui esprimevo un'opinione. E questa dimenticanza l'addebito tutta al fatto che uno stato interiore non lo riproduci se non a parole, ma sarebbe proprio quel momento, all'interno di una interiorità più o meno sedimentata, a far emergere il bisogno di esprimere un'opinione ... e sarebbe questo a muovere il mondo. Comunque il vero problema che a me interessava riguardava l'etica e mi ricordo che ero pure giunto alla conclusione che l'unica etica sana doveva non ricorrere al solito ritornello "bisognerebbe agire in questo o quell'altro modo", e giù poi con leggi che fissano paletti. Voglio quindi dire che la soluzione del nodo irrisolto doveva risolvere pure la questione dell'etica, altrimenti il nodo irrisolto avrei potuto gettarlo tranquillamente alle ortiche. E penso ora, col senno di poi, che una teoria del linguaggio ecumenica sia necessaria allo svolgimento di un'etica corretta che dovrebbe autoimporsi a fronte di una nuova consapevolezza generata dalle evidenze di cui già abbiamo notizia in modo un poco distorto.
.
.
.
Per quel che riguarda il tuo intervento riprendo queste due righe:
"Nel senso che la correlazione è anzitutto istantanea, l'oggetto conosce te, solo quanto tu conosci l'oggetto.
E' proprio per via della impossibilità temporale di conoscere quel quid che permette la correlazione che porta Hegel in direzione spirituale."
Non so cosa tu intenda, o cosa Hegel intenda con: "l'oggetto conosce te solo quanto tu conosci l'oggetto". L'oggetto può senz'altro modificarmi, ma per me è difficile pensare che l'oggetto conosca me, essendo per me più spontaneo pensare invece che l'oggetto mi chieda di essere conosciuto. L'atto di conoscenza lo faccio io, mica l'oggetto. Nel senso che tu accetti l'esistere dell'oggetto nel tuo mondo perché hai accettato la sua richiesta. E sono propenso a pensare che il fatto che l'oggetto ti ponga tale richiesta non sia del tutto irrisolvibile, anzi sarebbe vero il contrario
Ciao


green demetr

Citazione di: daniele22 il 29 Giugno 2022, 12:25:31 PM
Ciao Green e buon relax, mi riposerò pure io almeno fintanto che non si torni ad un clima accettabile. Speriamo pure che gli eventi bellici giungano a soluzione adesso che Draghi pensa di essere il presidente degli Usa. Purtroppo non conosco il pensiero hegeliano se non per brandelli di ricordi scolastici, pur tuttavia mi son tuffato nel mucchio ben sapendo che alla fine si arriva sempre al nodo irrisolto di chi noi si sia, che è il punto cruciale del mio pensiero. E' per me palese che questo nodo, semmai potesse essere sciolto, giungerà infine ad esprimere una teoria linguistica ecumenica ... perché di fatto tale teoria non c'è. Tralasciando ... Siccome a me interessa l'etica reputerei ozioso parlare del nulla, ma forse tu stai seguendo un percorso di cui non conosco il fine.
Forse io reputo interessante il nodo irrisolto perché a mio giudizio l'avrei risolto, ma purtroppo, e sarebbe bello poterlo ricordare, non ricordo come io pensassi prima di risolverlo. Certo so che ero vicinissimo allo scetticismo, ma non ricordo il nascere di un mio pensiero dell'epoca nel momento in cui esprimevo un'opinione. E questa dimenticanza l'addebito tutta al fatto che uno stato interiore non lo riproduci se non a parole, ma sarebbe proprio quel momento, all'interno di una interiorità più o meno sedimentata, a far emergere il bisogno di esprimere un'opinione ... e sarebbe questo a muovere il mondo. Comunque il vero problema che a me interessava riguardava l'etica e mi ricordo che ero pure giunto alla conclusione che l'unica etica sana doveva non ricorrere al solito ritornello "bisognerebbe agire in questo o quell'altro modo", e giù poi con leggi che fissano paletti. Voglio quindi dire che la soluzione del nodo irrisolto doveva risolvere pure la questione dell'etica, altrimenti il nodo irrisolto avrei potuto gettarlo tranquillamente alle ortiche. E penso ora, col senno di poi, che una teoria del linguaggio ecumenica sia necessaria allo svolgimento di un'etica corretta che dovrebbe autoimporsi a fronte di una nuova consapevolezza generata dalle evidenze di cui già abbiamo notizia in modo un poco distorto.
.
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Per quel che riguarda il tuo intervento riprendo queste due righe:
"Nel senso che la correlazione è anzitutto istantanea, l'oggetto conosce te, solo quanto tu conosci l'oggetto.
E' proprio per via della impossibilità temporale di conoscere quel quid che permette la correlazione che porta Hegel in direzione spirituale."
Non so cosa tu intenda, o cosa Hegel intenda con: "l'oggetto conosce te solo quanto tu conosci l'oggetto". L'oggetto può senz'altro modificarmi, ma per me è difficile pensare che l'oggetto conosca me, essendo per me più spontaneo pensare invece che l'oggetto mi chieda di essere conosciuto. L'atto di conoscenza lo faccio io, mica l'oggetto. Nel senso che tu accetti l'esistere dell'oggetto nel tuo mondo perché hai accettato la sua richiesta. E sono propenso a pensare che il fatto che l'oggetto ti ponga tale richiesta non sia del tutto irrisolvibile, anzi sarebbe vero il contrario
Ciao


Ma alla fine stai capendo più tu che io il buon Hegel! ;)

Il mio fine è quello di capire fino in fondo la questione del soggetto, ossia in che maniera esso viene a determinarsi rispetto a quello che io chiamo originario e Hegel dovrebbe chiamare Dio. E' pura finzione o possiamo trovare una verità in esso?

Mi piace la tua idea di ecumenismo linguistico, mi pare un progetto che richiede grande serietà.
Non ho però idea di quale sia l'etica di Hegel (fino ad oggi ho sentito solo critiche su di essa  :D), io lo leggo sopratutto per la parte iniziale.
Forse andano avanti troverai degli spunti a te utili.

Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Bentornati,

dopo un paio di settimane per riabituarmi ai miasmi della città milanese, sono tornato al lavoro, più deciso che mai (inutile dire che sento una forte spinta di contranalisi...si stava bene in montagna  ;), se non fosse andato tutto storto..ma questioni personali  ;))

Riprendiamo la lettura aiutati dal dottor Gregory B. Sadler.

Ho deciso di saltare per l'ennesima volta sia prefazione che introduzione, e andare dritti al sodo.

Rimangono i contributi passati, che naturalmente riprenderemo, in altre forme.

Sono una trecentina di contributi ancora in progress...faccio un pò di pressione sulla netiquette, tenderei a fare un post al giorno (se possibile), dimodo che tra un anno e qualcosa possiamo dirci contenti del lavoro fatto.
Purtroppo è un periodo di crisi nerissimo e servono risposte il più veloci possibili, essendo Hegel la pietra d'angolo per ogni futuro contributo che sia psicanalitico (vedi 3d che apro oggi stesso) o che sia marxiano (ancora in attesa di essere aperto).
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Gregory B. Sadler ci aiuta a continuare nella lettura di Hegel.
(le lezioni non sono ancora finite e sono già passati 7 anni...con calma guys!)
Saltiamo la prefazione e l'introduzione (per ora).
E ripartiamo con l'inizio vero e proprio della fenomenologia dello spirito.
I paragrafi che vanno dal 90 al 110 (abbiamo già detto che questi paragrafi sono stati messi per mera esigenza didattica) riguardano il primo capitolo del libro che si concentra sulla certezza sensibile.
90.
Per Hegel è importante porre un inizio che sia il più basico possibile.
Abbiamo imparato che dobbiamo imparare ad usare la fenomenologia come un analisi di come le cose ci si presentano (Prefazione e Introduzione).
E le cose si presentano dunque come un oggetto, di cui la nostra analisi sarebbe il senso, ovvero gli oggetti di senso (percettivo).
La nostra analisi essendo la coscienza del sapere della relazione fra la nostra coscienza e l'oggetto.
Dunque il sapere della relazione tra coscienza e oggetto.
Le cose si presentano nella loro IMMEDIATEZZA e in questa modalità la coscienza le riceve, e le riceve come senso percettivo, ossia tramite un medium. Ma senza medium esse sono quello che sono, ossia mero essere qualcosa, mero oggetto ontologico.
Questa distinzione fra in-medium (in mediatezza) e ontologia, è anche la distinzione con cui la coscienza sà, tramite l'apprendimento e la comprensione rispettivamente, termini chiave nel lessico del nostro tedesco, ossia AUFFASEN e BEGREIFEN.
91.
La certezza della sensorialità è la più ricca e la più vera.
La più ricca perchè essa dermina nel tempo e nello spazio il più gran numero di oggetti che affluiscono alla nostra coscienza.
L'oggetto contiene in sè inoltre la possibilità di incontrare ulteriori oggetti dentro di sè, e la possibilità di utilizzi sempre diversi.
Ma in quanto pura astrazione è anche la più vera perchè contiene in sè spogliato di ogni medium, nient'altro che se stesso, pura essenza.
L'oggetto è tale dunque solo in quanto medium di qualità e quantità, ma in realtà è pura essenza a livello fenomenologico.
Vi sono infinite essenze. A livello fenomenologico dunque ogni ESSENZA è qualcosa, è oggetto.
D'altro canto la coscienza a livello fenomenologico (ossia comprensivo) è soltanto un "puro io", un mero contenitore vuoto, e dunqe spogliato della sua qualità (ossia nel medium quella di ricevere) più correttamente un mero qualcosa, un mero oggetto, di nuovo mera ESSENZA.
Sintetizzando la coscienza sensibile è la forma di conoscenza più basica in quanto la più astratta e vuota di concetti.
92.
La certezza pura è però contraddistinta non tanto dal carattere relazionale di due essenze ma dalla determinazione di un io e un non io (essenza oggetto-io ed essenza oggetto-qualcosa).Questo continua determinazione è ciò che chiamiamo IMMEDIATEZZA.
La certezza sensibile è dunque l'immediatezza della MEDIAZIONE delle essenze.

(nota del redattore):
Potremmo dire che l'auffasen è la certezza sensibile, mentre la begriefen è la mediazione di qualcos'altro, rispetto al qualcosa esperito.
93.
Rispettando quello che abbiamo detto dovremmo capire che dunque l'io si determina da qualcosa che involve qualcos'altro, e di cui noi siamo COINVOLTI.
L'io è perciò inessenziale e si rivela in quanto sapere di qualcosa da parte di qualcuno (in realtà di qualcosa, se abbiamo capito, che poi noi chiamiamo io).
Questo sapere, questa conoscenza è inessenziale esso stesso, al puro e semplice esistere (delle cose, che in realtà sono essenze appunto).
La fenomenologia cioè attesta dell'ESSERE in quanto ESSERE.

(nota del redattore):
La comprensione (begriefen) originaria è quella dell'ESSERE.
L'apprendimento (auffasen) è quello dell'immediatezza, ossia che qualcos'altro che ci coinvolge, ci viene sottratto: è dunque una falsa rappresentazione (o semplicemente una rappresentazione) e dunque PER NULLA ORIGINARIA.
L'io monolitico è una invenzione del pensiero che NON PENSA.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

daniele22

Citazione di: green demetr il 08 Ottobre 2022, 18:22:30 PMMa alla fine stai capendo più tu che io il buon Hegel! ;)
Il mio fine è quello di capire fino in fondo la questione del soggetto, ossia in che maniera esso viene a determinarsi rispetto a quello che io chiamo originario e Hegel dovrebbe chiamare Dio. E' pura finzione o possiamo trovare una verità in esso?
Mi piace la tua idea di ecumenismo linguistico, mi pare un progetto che richiede grande serietà.
Non ho però idea di quale sia l'etica di Hegel (fino ad oggi ho sentito solo critiche su di essa  :D), io lo leggo sopratutto per la parte iniziale.
Forse andano avanti troverai degli spunti a te utili.
Grazie Green per l'apprezzamento, ma soprattutto per sostenere questo dialogo.
Per quel che riguarda l'idea dell'ecumenismo naturalmente mi riferisco ad una teoria del linguaggio, non ad un ecumenismo linguistico. La mia idea, per la quale non trovo alcun riscontro, corrisponde a che il linguaggio sia sostanzialmente un fenomeno di natura emotiva e che sia evoluto attraverso l'ambiente ad una forma che oggi riterremmo razionale (pretenziosamente a mio modo di vedere, o meglio, tale esercizio di razionalità si attuerebbe entro determinati confini) attraverso l'incontro col fuoco. In breve, si tratterebbe di una evoluzione che si attuò per disambiguazione di eventi e non di oggetti. Tali disambiguazioni (producenti gesti e/o fonazioni) si sarebbero attuate attraverso due linee: sia per distinzione che si rivolge ai nuovi eventi entrati nella vita comune, sia per la gestione del tempo dell'evento (l'evento è rivolto a un passato da ripetere, o lo si deve porre in atto). Tanto per dare esempio: si deve prendere la legna oppure bruciarla, oppure, c'è bisogno di un oggetto che era qui da qualche parte, dobbiamo ricostruirne un altro? ... Nuovi eventi e dimensione temporale quindi. La complessità del nostro vivere avrebbe infine stimolato le nostre preoccupazioni dirigendole ad affrontare le problematiche dell'ipotesi.
Per quel che riguarda la domanda che poni mi rivolgo alla proposizione nr. 90 nel tuo ultimo post.
Penso vi sia una necessità che, per i nostri fini, richiede una disambiguazione. Per come la vedo io l'oggetto si presenta alla nostra coscienza come storia e non come oggetto, ed è per tale motivo che la nostra coscienza lo tratterrebbe mentalmente realizzandolo tramite il processo dell'apprendimento che è già comprensione. Questo accadrebbe in armonia con l'atavica evoluzione linguistica, quando cioè era ancora palese che noi si è vincolati nel nostro pensare dall'evento più che all'oggetto protagonista. Il medium affinché questa storia dell'oggetto si produca (per quanto anche fuorviante in principio) sarebbe dato dalla nostra interiorità di natura emotiva. Se quindi tale storia mostra il significato/senso in nuce dell'oggetto, tale significato corrisponderebbe nel suo nascere (essendo legato all'evento che lo accompagna in scena) ad un mi piace o non mi piace con tutti i gradi compresi tra le due polarità.
Pertanto, per quel che riguarda la domanda che poni a me all'inizio potrei rispondere riprendendo questa esternazione di niko estrapolata dal tema "La forza del lavoro per il bene dell'uomo":
Cit. " E il nostro giudizio funziona per le due polarità estreme di piacere e dolore come quello di tutte le altre bestie e così continua a funzionare, non abbiamo il potere di alterare la nostre e altrui natura al punto di alterare anche quello." 
Un saluto

green demetr

Citazione di: daniele22 il 10 Ottobre 2022, 10:59:43 AM
Grazie Green per l'apprezzamento, ma soprattutto per sostenere questo dialogo.
Per quel che riguarda l'idea dell'ecumenismo naturalmente mi riferisco ad una teoria del linguaggio, non ad un ecumenismo linguistico. La mia idea, per la quale non trovo alcun riscontro, corrisponde a che il linguaggio sia sostanzialmente un fenomeno di natura emotiva e che sia evoluto attraverso l'ambiente ad una forma che oggi riterremmo razionale (pretenziosamente a mio modo di vedere, o meglio, tale esercizio di razionalità si attuerebbe entro determinati confini) attraverso l'incontro col fuoco. In breve, si tratterebbe di una evoluzione che si attuò per disambiguazione di eventi e non di oggetti. Tali disambiguazioni (producenti gesti e/o fonazioni) si sarebbero attuate attraverso due linee: sia per distinzione che si rivolge ai nuovi eventi entrati nella vita comune, sia per la gestione del tempo dell'evento (l'evento è rivolto a un passato da ripetere, o lo si deve porre in atto). Tanto per dare esempio: si deve prendere la legna oppure bruciarla, oppure, c'è bisogno di un oggetto che era qui da qualche parte, dobbiamo ricostruirne un altro? ... Nuovi eventi e dimensione temporale quindi. La complessità del nostro vivere avrebbe infine stimolato le nostre preoccupazioni dirigendole ad affrontare le problematiche dell'ipotesi.
Per quel che riguarda la domanda che poni mi rivolgo alla proposizione nr. 90 nel tuo ultimo post.
Penso vi sia una necessità che, per i nostri fini, richiede una disambiguazione. Per come la vedo io l'oggetto si presenta alla nostra coscienza come storia e non come oggetto, ed è per tale motivo che la nostra coscienza lo tratterrebbe mentalmente realizzandolo tramite il processo dell'apprendimento che è già comprensione. Questo accadrebbe in armonia con l'atavica evoluzione linguistica, quando cioè era ancora palese che noi si è vincolati nel nostro pensare dall'evento più che all'oggetto protagonista. Il medium affinché questa storia dell'oggetto si produca (per quanto anche fuorviante in principio) sarebbe dato dalla nostra interiorità di natura emotiva. Se quindi tale storia mostra il significato/senso in nuce dell'oggetto, tale significato corrisponderebbe nel suo nascere (essendo legato all'evento che lo accompagna in scena) ad un mi piace o non mi piace con tutti i gradi compresi tra le due polarità.
Pertanto, per quel che riguarda la domanda che poni a me all'inizio potrei rispondere riprendendo questa esternazione di niko estrapolata dal tema "La forza del lavoro per il bene dell'uomo":
Cit. " E il nostro giudizio funziona per le due polarità estreme di piacere e dolore come quello di tutte le altre bestie e così continua a funzionare, non abbiamo il potere di alterare la nostre e altrui natura al punto di alterare anche quello."
Un saluto

Ah e pensare che credevo parlassi di ecumenismo religioso!
No dissentiamo in tutto, l'uomo non è un animale.

Andando avanti con la lettura del testo hegeliano hai anche la risposta, è il linguaggio che è universale, che dà conto del particolare, sia esso l'apprendimento del piacere e del dolore.

Ma come tu dici sopra, l'apprendimento è già parte della comprensione.
In effetti Hegel mi aveva teso una trappola, come sarà evidente andando avanti, in effetti all'apparenza il soggetto è inessenziale, ma in realtà è il soggetto che si esplicita come pure pensiero, non come puro sentimento come invece tu asserisci.

Certamente il linguaggio prende forma dal sentire, ma questo sentire è già presente in una forma di pre-comprensione (quindi siamo in accordo ma partendo da prospettive diametralmente opposte, anche se tu non le hai espresse, purtroppo il relegare l'uomo ad animale è il principale SINTOMO nell'insensatezza del vivere moderno).
Approfondendo:
E' il pensiero che pensa il linguaggio, e che dà in apparenza un io monolitico, che la modernità fatta di bio-potere vuole chiamare animalità.
Naturalmente qui apriamo uno squarcio troppo ampio che va fuori tema, e che solo leggendo Agamben possiamo capire (intendo dire che sto leggendo Agamben, in maniera privata, probabilmente aprirò 3d di materiali vari che guardano ad una fratellanza comunitaria, penso che la unirò ai materiali di sinistra, troppi stimoli da raccogliere in maniera sistematica).
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

continuiamo...

94.
Il sensibile è veramente così certo?
95.
Rispetto al qui, se ora è notte, e la verità è che questa è la notte, a mezzogiorno è giorno, e dunque questa verità (della notte) non è più.
E cioè questa verità deve spiegare sempre il dove e quando, per essere tale.
96.
Poichè soltanto l'istanza del qui ed ora è veritiera, dunque ciò che rimane vero non è tanto il questo o quello, ma l'universalità dell'assunto di questo qui ed ora (dell'immediatezza) ossia che può essere sia questo che quello.
97.
In questo risiede la verità del sapere, ossia nell'universalità del linguaggio che viene specificata dalla particolarità del sensibile riguardo qualcosa che noi riconosciamo come l'essere-in-generale.
98.
Il famoso passaggio su cui medito da anni:
Se io vedo un albero, so che quell'albero è lì, ma se io mi giro, l'albero non è più e invece c'è una casa (un non albero).
Cosa mi garantisce che l'albero è sempre lì, nel frattempo?
Infatti noi viviamo sempre nell'immediatezza (ma nell'attesa e nella procrastinazione).
99.
Dot. Sadler ci fa capire che l'essenza della certezza sensibile è un puro essere (qualcosa). E questo qualcosa è sempre frutto di una mediazione linguistica rispetto al negativo di ciò che c'è e non c'è allo stesso tempo.
L'universale è ciò che può essere pensato e detto, ma non sentito e reso particolare.
L'essenza del Essere è dunque l'esatto opposto dell'essenza del sensibile che viene conosciuta sempre come particolare, e si conosce tramite negazione di essa.
Un albero diventa una casa, e viceversa.
L'essenza è una astrazione, e l'essenza del particolare è quell'essenza mediata.
(Nota del redattore)
Capovolgendo l'inferenza del sapere da cui desumo una (essenza) astrazione, è il pensiero che è pura astrazione! Molto più semplicemente!
Probabilmente qui Hegel, volendo costruire una scienza del pensiero, potrebbe essere qui contra-detto da se stesso, perchè questa essenza generale di cui parla, potrebbe benissimo essere altro.
E dunque pensiero reificato. Naturalmente questo errore è tipico della scienze ridicole della neuroscienza, del mentalismo e della psicologia dell'io, compresa la sua forma medica psichiatrica.
(Nota del redattore)
Il pensiero è L'Essere (così pari pari in Heidegger, che però non ragiona sul negativo, ma parte subito dall'essente come mera mediazione).
100.
La trasformazione dialettica prende qui un verso deferente rispetto a quello inferente che abbiamo analizzato sopra.
Infatti a questo punto è chiaro che laddove apparentemente è l'oggetto a far saper (certezza sensibile) al soggetto della sua esistenza, ora possiamo bene dire, che fin dall'inizio è il soggetto (in quanto puro pensiero) che tramite il linguaggio conosce l'oggetto.
Dunque quello che prima sembrava essere inessenziale, ossia il soggetto, è ora invece dalla fenomenologia dialettica completamente capovolto.
(Nota del redattore)
Possiamo tranquillamente vedere qui la teoria del feticcio decostruita, e implentata correttamente vede la soluzione nel rafforzamento del pensiero piuttosto che il depensamento della modernità.
Ossia passare da una teoria dell'io (collezionatore di oggetti, inessenziale) ad una del soggetto, ossia scelta politica del pensare a scapito dell'oggetto (inessenziale) ovvero il "Meinen" (il MIO oggetto) che si proietta nell'Aufgehoben (ossia nella riduzione della realtà, riduzionismo gnoseologico).
Conclude Hegel che la realtà (percezione sensibile) è questo "Meinen".
101.
Dot. Sadler analizza ora l'io (il soggetto) che pre-conizza il qui della certezza sensibile, tramite un attesa, una pre-cognizione, un aspettare che la cosa diventi (quello che il soggetto VUOLE che sia).
Ma non il tempo, l'ora (cosa che appunto mi aveva fermato nel quindicennio precedente).
Per Sadler questo viene spiegato più tardi nel concetto dell'auto-coscienza.
Ossia il riconoscimento dell'Altro (soggetto).
In fatti l'io che vede l'albero, non è lo stesso io (vi sono migliaia di soggetti) che vede invece la casa. Stessa cosa per il giorno e la notte.
In effetti forse bastava andare avanti  :P
Vai avanti tu che mi vien da ridere

viator

Salve. Citando qualcuno : " Il famoso passaggio su cui medito da anni:
Se io vedo un albero, so che quell'albero è lì, ma se io mi giro, l'albero non è più e invece c'è una casa (un non albero).
Cosa mi garantisce che l'albero è sempre lì, nel frattempo?
Infatti noi viviamo sempre nell'immediatezza (ma nell'attesa e nella procrastinazione)".

Chi medita da anni chi non riesce a snidare il significato e la definizione del verbo "essere".

L'albero "è" (esiste) soggettivamente in quanto e sinchè la sua esistenza è causa dell' effetto di impressionare la retina oculare di chi lo osservi (o di produrre altri fenomeni che coinvolgano chi lo osserva).


Girandovi la spalle, l'albero cessa di esistere soggettivamente (per noi soggetti valutanti la sua esistenza) ma magari continua ad esistere per altri sguardi (anch'essi però soggettivi) che lo osservino.

In mancanza di osservatori, nulla esiste oggettivamente.

L'ESSERE E' IL FRUTTO DELLE CAUSE CHE LO GENERANO ED IL SEME DEGLI EFFETTI CHE L'ESSERE STESSO GENERERA'.

Nessun osservatore, dicevo,.............nessuna causa osservabile e nessun effetto osservabile.Saluti.

 
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

atomista non pentito

Viator ,molto bella l'analisi pero'..... immagina che quello stesso albero sia l'unica forma di vita rimasta sulla terra dopo la guerra termonucleare totale che sarah connor non e' riuscita ad evitare , nessuno per anni se lo potra' rappresentare , quindi secondo la tua ( non originale ) teoria in sé l'albero non esiste ( non e' ),  poniamo pero' che una missione aliena decida di dare un'occhiata alle condizioni del ns pianeta compatibilmente con le loro tecnologie e che trovino quell'unico albero ancora in vita e quindi rappresentandoselo e , magari toccandolo o tamponandolo con l'astronave............ nel periodo "buio" evidentemente l'albero e' comunque esistito ... o no ?
Grazie per chiarire

viator

Salve atomista. Vedi, dovrei spiegare che il verbo "essere" è termine il cui significato è significato ineludibile sia che si affrontino temi fisicistici sia si voglia parlare di metafisica.

La sua presenza mostra come tale termine sia la "cerniera" che collega appunto l'ambito fisico a quello metafisico. Il suo significato - appunto -include tali due ambiti mostrando che essi sono i due aspetti confinanti e nient'affatto contradditori - bensì compensativi - dell'"esistente".

L'esistente è quindi la monade, l'unicità consistente nel tutto, che noi umani (ma anche eventuali alieni - hai mai riflettuto sul fatto che Dio - se esistente - è anch'esso definibile come Entità aliena al genere umano ??).

Gli umani sono costretti a vivere confrontandosi solamente con il relativo, il soggettivo, mentre sono costretti - nel confrontarsi con "l'esterno non soggettivo" - a trattare separatamente delle due "metà" del Tutto-Assoluto.

Chiamano "mondo fisico" l'insieme di tutto ciò che riescono a percepire come proveniente dall'esterno del proprio cervello (quindi appunto la fisica del proprio corpo e del Mondo) mentre sono sempre costretti a chiamare "metafisico" (oltre la fisica) ciò che a loro sembra provenire dal mondo del "sentire interiore", cioè da ciò che sembra proprio venga generato dal proprio sè (quindi dalla propria coscienza, identità, anima, spirito, intelletto, capacità di astrazione......o come preferiscono chiamarlo).

Fisica e metafisica solo solamente le due metà della mela. La FISICA E' IL NOTO convenzionale, mentre la METAFISICA E' L'IGNOTO che forse in futuro diventerà noto o che magari è destinato a restare ignoto (il noto avrà sempre dei limiti, l'ignoto non ne avrà mai).

Dal punto di vista umano quindi "esiste fisicamente" solo ciò che noi possiamo percepire attraverso i sensi, mentre ciò che possiamo solamente "sentire interiormente" esiste anch'esso ma solo in via immateriale, non fisico (appunto, metafisico, ideale, concettuale, emozionale, sentimentale, spirituale etc. etc.).

Purtroppo tali distinzioni non verranno capite (ed il capirle,comunque, non significa certo doverle condividere) a causa della estrema imprecisione e confusione culturale regnante circa i termini che ho qui sopra chiamato in causa. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

atomista non pentito

Gli esperimenti sulla deprivazione sensoriale hanno confermato che LA MENTE umana senza stimoli esterni e' prossima all'implosione in tempi molto brevi ( e la totale assenza di stimolo e' impossibile quindi sarebbe ancora piu' evidente il risultato) tuttavia questo non significa che "fuori" non continuasse ad esistere UNA realta' fisica che e'........ in quanto esiste...... in quanto "dasein". Il resto mi pare un seppur utile sofisma.

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