[GDL]Fenomenologia dello Spirito di Hegel

Aperto da green demetr, 30 Novembre 2021, 11:26:27 AM

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paul11

Ciao Green,


Premetto che Hegel ha scritto dei testi sulla logica che spiega la sua posizone dialettica e non analitica.
Aristototele scrisse un corpus di logica formidabile,appunto l'Organon che ho letto tutto, soprattutto se si pensa che sia stato scritto più di duemila anni fa, tanto da essere considerato, insieme a Godel, il più grande logico.
L'analitica di Aristotele è fondata soprattutto sul sillogisma e l'autore fa numerosi esempi di come venga costruita la predicazione del sillogisma, con premesse, medi e conclusione.


Hegel fa una battuta a mio parere perspicace: Aristotele per poter esprimere il suo pensiero filosofico non ha avuto bisogno di sillogismi e ha ragione. Nessun filosofo ragiona solo per logica, spesso lo fa con dialettica e soprattutto retorica. La maieutica socratica e il pensiero di Platone vengono espressi con dialoghi dove i partecipanti esprimono idee contrastanti, la dialettica è appunto lo scontro fra tesi e antitesi che porta ad una sintesi, ad un livello maggiore all'originario in termine di verità e daccapo riapre un processo di tesi ,antitesi, sintesi eccetera ,sempre ad un livello maggiore,
Hegel quindi crede ad un processo storico di crescita culturale.


Le categorie aristoteliche sono importanti per la costruzione della logica, per la sua applicazione.  In fondo anche Kant utilizza delle sue categorie soprattutto per analizzare il processo del pensiero. Hegel non utilizza affatto la logica analitica, utilizza la logica dialettica .


Logos è un termine ambiguo, può significare e indicare alcune cose diverse fra loro.
Se a logos dessimo il significato di ragionamento, la relazione della ragione con il pensiero fondativo di un filosofo, lo può portare a pensare sul mondo, sull'universo.
Hegel dà una importanza fondamentale alla ragione, essendo l'universo tutto "creato" da questa ragione; per cui il procedimento dialettico della ragione, dei ragionamenti ,cerca di arrivare alla "ragione" originaria che in fondo è lo spirito. Il movimento della ragione dentro la dialettica è la fenomenologia hegeliana.




Sono d'accordo che anche la dialettica di Hegel , ma direi la dialettica in generale non garantisce che il procedimento tesi-antitesi porti ad una sintesi con una verità superiore ,dipende dalla qualità delle proposizioni e chi garantisce la qualità dei ragionamenti se non lo stesso filosofo, cioè in fondo l'uomo? Non si sa perché una persona è "più" intelligente di un'altra, "più" perspicace. Penso che alla fine decida la retorica ,più che l'analitica, più che la dialettica e infatti la pratica politica è retorica è uso di immagini retoriche nei media. Cosa fa convincere(la retorica è persuasione, la dialettica è contendere) un ragionamento piuttosto di un altro? Questo vale molto di più del meccanismo logico analitico o dialettico. Allora quel "logos" come e cosa colpisce nelle conversazioni?


Green, sono d'accordo con te che alla fine c'è relazione fra logos e la morale e oserei dire che sono anche qui le qualità fra logos e morale, il contrasto che nasce che mette in gioco la cultura e alla fin fine quindi la politica.
Penso che il giudizio storico sia proprio relazionato con l'esistenza. L'essere che esiste, cioè l'essente è dentro la storia e se vuol cercare significazioni, ritengo che lo scontro fra morale e mondo esistente, inteso come enti, come essere, come "cose" esistenti tutte, sia di primaria importanza e lo diventerà sempre più con l'avanzare del mondo tecnico.
Penso di esser d'accordo con te quindi nella relazione/scontro fra morale ed esistenza.
Arrivo a pensare che forse è necessario questo contrasto, è nella regola dell'universo (semmai non so il perché, ma è così).

daniele22

#76
Citazione di: green demetr il 24 Aprile 2022, 16:02:45 PMFaccio una considerazione a latere della tua domanda a Paul: come credo ci siamo capiti, la differenza tra te e Hegel non è tanto la questione del partire a valle, quanto il fatto che entrambi partite dalla foce, ma poi tu prosegui analiticamente (come fa aristotele negli analitica e poi in quel marasma di pensiero che è il suo Organon, ossia costruendo un edificio di logica) mentre Hegel si interroga proprio sulla categoria di tempo e dunque costruisce una dialettica.

sintesi: tu sei un analitico ed hegel un dialettico, tu accetti la nozione di tempo (strumentale se ho ben capito), hegel no.
Ho preso l'ultimo tuo post Green ... dopo aver letto le tue risposte mi sembra che vi sia tra me e te una certa incomprensione. Mi spiego, almeno in parte, citando un mio post al quale nel giro di un mese mi offri due risposte che non riesco ad interpretare:
Autocitazione:
"Cosa significa fenomeno? Secondo me il fenomeno deve riferirsi all'estensione spazio temporale di un evento. L'evento può essere un discorso, oppure qualcosa che si manifesta nella cosiddetta realtà. A parte che la realtà è in ogni caso comprensiva dei discorsi che in essa si producono, resta da chiedersi cosa produce spazialmente e temporalmente l'evento sensazione. A Hegel sembra non interessare da quel che dici. Ma per me il fenomeno "sensazione" rappresenta solo l'eventuale ricerca che il soggetto che percepisce la sensazione mette in campo per derivarne la causa. E lo fa tramite i sensi."

Tua risposta del 30 marzo:
"Sì è così come dici. Ad Hegel non interessa il ruolo della sensazione come questione, che per esempio dà vita al dibattito contemporaneo sul fatto se le sensazioni siano vere o false, di primo o secondo tipo. Per Hegel la sensazione è reale, e dunque taglia i ponti con tutti i formalismi che dibattono appunto se la realtà sia tale o meno.
E dunque dici molto bene quando parli del fenomeno come relazione tra soggetto-sensazione.
Siamo anche d'accordo sulla prima parte delle tue considerazioni, l'evento e il discorso sono in uno spazio tempo.
Il fenomeno (ciò che appare, ciò che emerge) è dunque categoricamente qualcosa legato alla storia."
Tua risposta del 25 aprile:
"E' il contrario, ad Hegel interessa l'evento del fenomeno, non la sua genesi sensibile come pare piace a te (e per cui la società n..ista contemporanea ti trascinerebbe verso il transumano, con buona pace della fede). "

Tralascio quindi tutte le altre risposte successive essendomi poco chiaro il tutto fin qui. Dico solo che a me interessa il fenomeno e l'esistenza di una possibile risposta a questo, ma non la sua genesi sensibile sebbene questa possa essere da me espressa in formula di pura doxa.
Ho come l'idea, anche se non riesco ad inquadrarla bene, che vi sia una incomprensione tra me e te per quel che attiene al fenomeno "sensazione" e pure, leggendo gli altri post successivi, sul metodo di indagine sulla o su una benedetta realtà. Tralasciando quest'ultima, ritorno pertanto al fenomeno "sensazione". Puntualizzo quindi che per me non esistono sensazioni di primo tipo e secondo tipo che avevi menzionato successivamente,  o meglio, non trovo corretto che sussista tale distinzione nella critica di quel che si considera come essere di pertinenza del reale. La sensazione è per me di un solo tipo (comprensiva di tutti i sottotipi che vuoi, se vuoi ne parliamo), ed è per me fondamentale (la pietra angolare) nella costituzione di una particolarità della realtà del momento che sta vivendo l'individuo. Tale sensazione particolare del momento, valutatane la più probabile causa qualora ci si riesca, si integra naturalmente in un meno effimero modello di realtà presente sempre nell'individuo, e tale sensazione lo farà agire da ultimo in un certo modo. Detto in altri termini, la sensazione è veicolata dai sensi, oppure dal pensiero stesso, ma non sono i sensi a produrla, bensì il corpo/mente per differenziazione (tramite la memoria probabilmente) ... nel senso cioè che il corpo/mente ha la possibilità/capacità di farmi percepire la presenza di una sensazione perturbante partendo da un istante (o un periodo) anteriore in cui non c'era o era già presente sotto altra forma. In successione, il corpo/mente mi farà compiere un gesto razionale più o meno calcolato/spontaneo che pretende di allontanare o di abbracciare la sensazione perturbante. Non sempre c'azzecca però ... il corpo/mente

P.s. Non mi sento per nulla trascinato nel nichilismo, anzi

daniele22

Citazione di: paul11 il 23 Aprile 2022, 00:58:45 AMLe lingue: italiano e quindi latino, cinese e giapponese, così come pittogrammi, parole con i fonemi, geroglifici, ecc. sono diverse forme di costruzione di lingue . La sintassi dell'inglese è più semplice delle lingue latine. E le parole specifiche differiscono nelle lingue per la loro profondità. Ad esempio vi sono termini in tedesco intraducibili in italiano con una sola parola.
Il linguaggio è qualcosa di più di innatezza e razionalità, è qualcosa di più di un fonema che deriva da un suono, è qualcosa di più di informazione e comunicazione, pur essendo tutto questo, perché è malleabile, nel senso che vi sono neologismi, termini arcaici che non si usano più, sinergie con altre lingue, dialetti, ecc. E in più vi è la gestualità.
Comunque, tutto ciò è complesso e meriterebbe una discussione a parte.
Ritornando ad Hegel ,ritiene quindi l'induzione e la deduzione, come l'analitica aristotelica "vecchia", pensando che la dialettica sia la vera forma e il metodo più razionale.
Il ragionamento sillogistico si origina da una proposizione iniziale che si presume vera, da proposizioni medie che specificano alcune relazioni con il soggetto argomentato nella proposizione iniziale ,per arrivare ad una conclusione. Informaticamente diremmo che il sillogismo si riassume negli istruzioni IF-Then cioè in SE-Allora .C'è una iniziale condizione che apre un ragionamento, altri dati che ne sono attinenti e possono anche essere falsi e infine si deduce una conclusione.
Qual è il problema? Che tutte le leggi, ribadisco tutte, sono tautologie, assiomi, enunciati, postulati che dovrebbero essere in teoria primitivi, cioè non si può argomentare oltre in quanto dovrebbero essere EVIDENZE e in quanto tale riconosciute dalla comunità come assodate, come dimostrate vere dall'esperienza. E questa è la scienza moderna nel dominio del sensibile.
Ma non è altrettanto vero che i primitivi che formano la base della geometria ,della matematica ,della logica sono vere, evidenti, dimostrate. Semplicemente perché sono astrazioni che non sono nel dominio del sensibile. Per essere chiari la costruzione di una figura geometrica e quindi le proporzioni fra angoli e lati, ecc, o i numeri della matematica e le regole della somma e della moltiplicazione, ecc, o le parole e le regole sintassiche , fuoriescono completamente dal dominio naturale e fisico, quindi da quel sensibile che EVIDENZA che DIMOSTRA visivamente con la prova dell'esperimento, ecc.
Questo è l'assurdo. Le forme conoscitive umane non hanno, almeno in apparenza, a che fare direttamente con il dominio naturale e fisico che determina, che evidenza, che prova, che è esperienza. Invece le figure geometriche, i simboli numerici, i segni delle parole, che grazie a loro hanno costruito e costituito la cultura e le pratiche della tecnica, delle invenzioni, delle scoperte scientifiche, da sole non provano ,non evidenziano, non dimostrano.
E' allora in questa differenza che la cultura fa compromessi e scelte irrazionali.
Che senso ha dire che un fenomeno, una meteora, un pianeta, un cometa, è calcolabile nella sua traiettoria e si può desumere il suo peso massa, ecc. ma non posso parlare di Dio perché sarebbe metafisica? Un esopianeta, un pianeta visibile solo da strumentistica astrofisica può dimostrare, ma la parola umana non può parlare di Dio? L'esopianeta è astrofisica e quindi scienza ,mentre Dio è teologia e metafisica?
Mi sovviene allora un dubbio. Non è che perché tutto è calcolabile geometricamente e matematicamente così come l'analitica della parola calcola secondo le tavole della verità di Wittgenstein le proposizioni se sono vere o false, mentre le cose incalcolabili sono metafisica?
Hegel fa un ragionamento simile al mio quando boccia la razionalità costruita sull'analitica.
L'analitica fa calcoli di evidenza ,dimostrazione, di vero o falso, di cose solo calcolabili, riconducibili a quantità. Tutto ciò che è fuori dal calcolo, l'incalcolabile o non esiste per la cultura del calcolo, o non si può parlarne: assurdo.
Una guerra è ponderabile o appartiene all'imponderabile? La meccanica quantistica  ha esaltato il calcolo delle probabilità, come se le cose che accadono, gli eventi, fossero date da un Dio che gioca a dadi (come disse Einstein).
Bisogna riflettere attentamente queste cose se si vuol fare filosofia "vera".
La scienza moderna con il calcolo ha potere poiché dovrebbe predire gli eventi attraverso il calcolo ,non certo attraverso l'arte divinatoria degli antichi indovini.
Ma che cosa predice la scienza? Ciò che è solo evidenza naturale e fisica, anzi sbagliando  e continuamente affinandosi nei calcoli; ma ben poco o nulla nel mondo della cultura umana. Chi sa predire gli andamenti finanziari e borsistici, gli andamenti politici, ecc. Entriamo nel campo dell'imponderabile in cui infatti la scienza, non capendoci molto di scienza umana, definendo l'uomo come irrazionale nel suoi comportamenti ,cerca di giustificare la sua mancanza di poter calcolare e predire un comportamento.
I termini psiche, coscienza, anima che un tempo erano nobili, con la modernità sono diventati uno zerbino per pulirci la lingua.
La tua posizione nei confronti del linguaggio è secondo me obsoleta, ma trattiamola come un'opinione. Una cosa però la posso dire. Che se uno pensa che la parola ce l'abbia data Dio, essendo agnostico mi sono formato un'idea per cui la lingua possieda una natura terrena, e non casuale come certi danno ad intendere. Mi sembra di avere da tempo criticato in modo corretto questa faccenda, ma forse in maniera ancora insufficiente. Per me la questione diventa quindi ciò che dico io, agnostico, e quel che dici tu, credente, e tutto quel che io e te diciamo è subordinato a tale fede. Se non pensi sia così sarebbe opportuno che me lo facessi sapere.

Tu dici: Qual è il problema? Che tutte le leggi partono da assiomi etc. Giusto. Dici inoltre che dovrebbero essere in teoria primitivi ... cioè non si può argomentare oltre. Giusto. Sostieni pertanto che queste sono mappe, le quali in ragione del metodo scientifico debbono essere potenzialmente falsificabili, ma ogni falsificazione produrrà pur sempre una mappa. Concordo ... Ci troviamo fin qui in un ambito descrittivo della natura.
Aggiungi poi: Ma non è altrettanto vero che i primitivi che formano la base di geometria, matematica e logica siano veri, dimostrati.
Perfetto, hai ragione. Questa pretesa di verità, erronea e forse inconsapevole per come la vedo io, non so per te, ci porta da questo istante in avanti nei territori della prescrizione umana in seno alla natura. Si parla non a caso di essere e dover essere. Pretendere che i fondamenti delle scienze, non solo matematica etc, siano veri corrisponde al "dover essere". Tacere su questa cosa offre pure irragionevoli spazi di mercato delle idee.
Tu dici invece perché non sono nel dominio del sensibile. Non può essere questo il motivo giacché il dominio del sensibile per la nostra mente è divenuto pure ogni parola che ciascuno di noi tramite i sensi trova nel testo dei manuali scientifici e pure dei libri sacri. O almeno, tutta la società umana è regolamentata in questo senso.

Arriviamo quindi al parlare di Dio e della scienza. Questo è il dilemma per te, figurati per me che son pure anarcoide. Dal mio punto di vista queste vie corrisponderebbero a due stili di vita che ci riportano alla faccenda dell'essere rispetto al dover essere. Tutteddue sembrano imporci un "dover essere" corrispondendo, per come la vedo io, a nulla più che un'imposizione su quel che riguarda il mio personale senso della vita. Qualcuno potrà dire che la scienza non impone nulla ... si può parlare anche di questo

paul11

Ciao daniele22,


Francamente non riesco a capire la tua posizione.
Prima asserisci ritenendo ciò che penso del linguaggio come "obsoleto", poi continui a darmi ragione sugli esempi: non mi è chiaro su cosa costruisci il tuo giudizio.
Se non spieghi ciò che pensi è difficile dialogare.
Anche il proseguio mi risulta ermetico.
Spiegati meglio e argomentando la tua posizione e i giudizi.


Non ti è chiaro cosa sia natura e cosa sia cultura: non sono la stessa cosa. L'uomo può benissimo fare contro natura pur essendone parte ,questa è l'arma in dotazione all'uomo: il potere della mente.

daniele22

Citazione di: paul11 il 26 Aprile 2022, 23:56:05 PMCiao daniele22,
Francamente non riesco a capire la tua posizione.
Prima asserisci ritenendo ciò che penso del linguaggio come "obsoleto", poi continui a darmi ragione sugli esempi: non mi è chiaro su cosa costruisci il tuo giudizio.
Se non spieghi ciò che pensi è difficile dialogare.
Anche il proseguio mi risulta ermetico.
Spiegati meglio e argomentando la tua posizione e i giudizi.
Non ti è chiaro cosa sia natura e cosa sia cultura: non sono la stessa cosa. L'uomo può benissimo fare contro natura pur essendone parte ,questa è l'arma in dotazione all'uomo: il potere della mente.
Ciao Paul11, cercherò di spiegarmi almeno un po' partendo dal finale del tuo intervento citandoti:
"Non ti è chiaro cosa sia natura e cosa sia cultura: non sono la stessa cosa. L'uomo può benissimo fare contro natura pur essendone parte ,questa è l'arma in dotazione all'uomo: il potere della mente".
Prima dell'avvento di Copernico non è che non fossimo in grado di predire l'apparire degli astri nel cielo. Pertanto noi due possiamo avere benissimo un pensiero simile per quel che riguarda molti aspetti della realtà. Premesso quindi che secondo me l'essere umano non potrebbe per forza di cose andare contro natura, nel topic "Decadenza" (tematiche sociali e culturali) evidenziai una certa sinonimia tra economia e sociologia per procedere in modo a mio avviso corretto circa la problematica di cui si discuteva. Altrettanto faccio ora tra natura e cultura. Il fare dighe da parte dei castori è per me natura e cultura, corrispondendo quest'ultima semplicemente ad una abitudine della specie che si prende in esame. Le costruzioni mentali umane invece possono essere diaboliche semplicemente perché a livelli di massimi sistemi ci si ostina a considerare distinti termini della nostra lingua che dovrebbero invece essere equiparati a sinonimi.
Per quel che attiene al linguaggio, affermo allora che se è vero che il nostro comportamento nel mondo produce una logica coerente alla nostra conoscenza, questo stesso comportamento produrrà pure il nostro pensiero esistenziale e la sua espressione verbale. Le costruzioni mentali sarebbero illusioni spessissimo fallaci. Per gli altri animali questa cosa sembra non costituire un problema, ma per noi umani sembra non essere altrettanto. Bisognerebbe pertanto abbandonare Tolomeo ed abbracciare Copernico rinunciando una volta per tutte a presunti epicicli non dimostrati.
Il fatto che io ti dia ragione, fino a un certo punto immagino, deriva forse dal fatto che tu sei un credente onesto. Dal mio punto di vista di agnostico l'idea di Dio può benissimo continuare ad esistere. Mi disturba però l'azione che essa produce in terra, tanto che presso altri cuori si è generato l'ateismo. In sintesi, fintanto che il credente si dà ad opere di bene e condotte rispettose nei confronti della vita del prossimo, eccezion fatta che possa cadere di tanto in tanto in peccato, tutto va bene.
Caricato quindi del senso di responsabilità nei confronti dei comportamenti e rigettando l'idea del concetto di proprietà privata, la mia posizione di onesto anarchico e agnostico (anarchico consapevole del fatto che finché perduri la cultura, l'abitudine del nemico, l'anarchia non può realizzarsi), è simile a quella del credente. Forse i nostri comportamenti sono simili Paul11.
Arriviamo ora al punto in cui tu non puoi certo dire che puoi trovarti d'accordo con me nonostante sembri che io ti dia ragione.
Autocitazione:
"Perfetto, hai ragione. Questa pretesa di verità, erronea e forse inconsapevole per come la vedo io, non so per te, ci porta da questo istante in avanti nei territori della prescrizione umana in seno alla natura. Si parla non a caso di essere e dover essere. Pretendere che i fondamenti delle scienze, non solo matematica etc, siano veri corrisponde al "dover essere". Tacere su questa cosa offre pure irragionevoli spazi di mercato delle idee.
Tu dici invece perché non sono nel dominio del sensibile. Non può essere questo il motivo giacché il dominio del sensibile per la nostra mente è divenuto pure ogni parola che ciascuno di noi tramite i sensi trova nel testo dei manuali scientifici e pure dei libri sacri. O almeno, tutta la società umana è regolamentata in questo senso."
Il disaccordo nasce nel momento in cui contesto la tua motivazione mettendo in evidenza i libri sacri, i quali, per quel che mi riguarda, offrono le stesse lacune messe in luce dalla scienza, ovverosia la verità della conoscenza fondata sulla parola o sui suoi derivati, per la scienza, matematica e logica soprattutto. Sei disposto a rinunciare alla verità dei libri sacri magari allineandoti al Dio di Spinoza oppure no? Immagino che per te possa esser duro tutto questo, ma questa è la via alternativa al disastro nichilista, sempre che non sia una bomba atomica

paul11

ciao daniele22,
La diga dei castori, l'alveare delle api, non sono cultura. Ogni essere umano si potrebbe dire e a sé, cioè è individualizzato. Ognuno di noi costruirebbe la diga e l'alveare almeno un po' diverso .
Questa è la premessa della cultura, ogni umano è diverso per qualcosa e particolare, cosa che non è affatto presente nel resto del regno animale. C'è una innatezza naturale, ma c'è anche una forma di innatezza culturale che non è spiegabile solo naturalisticamente.


Il tuo ragionamento è inverso: le costruzioni mentali non sono da abbandonare per ridiventare animali istintivi naturali. Sono la premessa e se si vuole la contraddizione su cui poggiano le culture diverse che abitano il mondo: dall'eskimese, all' aborigeno australiano, all'occidentale in giacca e cravatta.
Hegel sostiene che proprio perché la natura è intellegibile, allora l'universo è ragione, diversamente la ragione umana non avrebbe mai potuto sviluppare tecnica e cultura, poiché non avrebbe potuto produrre conoscenze.
Per questo per Hegel , le costruzioni mentali, che potrebbero essere paragonate alle idee, sono poggianti sul fondamento della ragione: Hegel assomiglia filosoficamente a Platone.




I fondamenti delle scienze, e delle matematiche e geometrie, non sono un "dover essere", un dovere essere poi che cosa? Non sono "veri", sono enunciati, postulati, assiomi. Sono paradigmi di concetti elementari, non appartenenti al regno sensibile: a titolo di esempio  la retta geometrica e la regola dell'addizione non sono ascrivibili, né induttivamente né deduttivamente al dominio naturale del sensibile.


Il dominio del sensibile e lo dice la parola stessa è guidato dai sensi che tutti gli animali hanno, non dalla ragione. Semmai è l'interpretazione umana nella relazione natura-cultura che a sua volta genera contraddizioni culturali. Se un pensatore dicesse che la coscienza non esiste in quanto non è verificabile sensibilmente ,cade lui stesso in una contraddizione: dove poggia il suo giudizio? Non sono gli occhi ,non è l'udito o il tatto ,ecc. a decidere, diversamente anche i vegetali forse e gli animali sicuramente avrebbero una cultura, una ragione, una coscienza, un giudizio.


Chi ritiene che la parola sia nel dominio del sensibile, a parte il fonema, il suono, non è vero.
La parola deriva dal pensiero e daccapo il pensiero non è natura, non è fatto di atomi e molecole.


Non confondiamo la rivelazione religiosa con la ragione razionale filosofica o teologica: sono diverse per costituzione. La rivelazione deriva da Scritti Sacri , da cui si ritiene siano ascrivibili verità. Non è affatto necessario essere credenti a rivelazioni religiose per poter pensare filosoficamente che l'universo poggi sulla ragione, perché il ragionamento filosofico è deduttivo e non una rivelazione da scrittura sacra. Così come l'una non scarta l'altra. Si può essere credenti alla rivelazione e altrettanto pensare filosoficamente deduttivamente se si ritengono coerentemente compatibili i concetti.


Il "dio" di Spinoza è panteista: non c'entra niente e non è un caso che Spinoza è di moda.


Il nichilismo, per me, è la decadenza imposta da falsi paradigmi della cultura moderna, tra cui il materialismo. Sono anarchico, ma non materialista.

daniele22

Ciao Paul11. Allora secondo te un castoro non sarebbe un individuo tra i castori, un gatto un individuo tra i gatti. Non avrebbero personalità? Mi sembra che la tua posizione sia fuori dalla realtà, non solo per quel che attiene al senso comune, ma pure scientifica. Io ben ricordo come si trattavano gli animali cinquant'anni fa. C'è voluta l'etologia per risvegliare l'ottundimento mentale al quale eravamo soggiogati dal Dio giudaico, tanto che ancor oggi certe persone si stupiscono ancora del fatto che anche un animale possa avere dei sentimenti. In pratica tieni in piedi una separazione tra umani e altri senza alcuna autorizzazione che non sia quella di un Dio antropocentrato, oppure di un progetto genetico a cura di marziani, oppure rifugiandoti sul fatto che fino ad oggi l'arcano non è stato svelato. Per forza non è stato svelato, perché non fa comodo a nessuno. Noi agiamo mentalmente attribuendo colpe a qualcuno, pretendendo cioè che se le cose non vanno per il verso che fa comodo a noi è senz'altro colpa di qualcuno. Siamo infine vigliacchi e opportunisti  per non avere il coraggio di stroncare i conflitti sul nascere e abbandonandoli alla loro perpetuazione fino a farne una cultura. L'innatezza culturale di cui parli, che in questo ambito risulta essere un'innatezza al conoscere, o una spontaneità al conoscere, sarebbe pia illusione, una forzatura culturale, spiegabilissima dal mio punto di vista, solo che il mio punto di vista si scontra pure con quello della la scienza ... fatalità. La nostra cultura umana è in realta un culto alla professione terrena alla quale sacrifichiamo volentieri il Dio metafisico. Come vuoi che si pongano le schiere di scienziati, professori, uomini di legge, vescovi e preti, di fronte a certe imbarazzanti idee? Oltre che qui in questo topic mi sembra di avere argomentato abbastanza i passaggi attraverso i quali l'essere umano entra nella cosiddetta cultura dell'autoconsapevolezza. Ripeto: La sensazione scatena potenzialmente la ragione, asservandola e ribadisco asservandola qualora si voglia esercitare tale potenzialità direi quasi istintiva e quindi ineluttabile. Quella è la porta di ingresso che mette eventualmente in moto un processo conoscitivo di tipo razionale. Senza sensazione non può esservi conoscenza, ma se alla sensazione (che si afferma per differenziazione come detto) che viene veicolata dai sensi non si applica una corretta analisi può succedere che la comprensione razionale sia errata. Pertanto cerca di contestare questo che dico con argomenti un poco più fondati, oppure di che parliamo? Di quel che disse uno che è morto? Parliamo con un interprete col quale non si può dialogare? Parla invece con le tue parole, sii tu l'interprete .... L'universo è intelligibile, dice forse questo Hegel? Sì è intelligibile, ma per scelta personale. Si smetta quindi di continuare a dire che le cose esistono anche se non le vedi ... che infruttuosa ovvietà ... le cose esistono solo se le fai esistere nel tuo sistema di vita, e allora sì che esistono anche se non le vedi. E' una scelta dunque, ma una scelta IMPOSTA dalla sensazione (un dover essere spontaneo, innato appunto). E invece qui oggi è un dovere ... già la registrazione all'anagrafe quando nasci è il presupposto del nostro dover essere, l'obbligo scolare la sua continuazione. Se non studi sei un emarginato, almeno a livello di soldi. E' giusto così? Chiaro che tutto può essere giusto, dato che esiste una democrazia. Chiaro che nella comunità si debba decidere e imporre, ma almeno ci si renda conto, questo è quello che chiedo. Si conosca cioè quel che è dentro di noi, piuttosto che quello che è fuori di noi, già che l'abbiamo studiato abbastanza e male evidentemente. Mi verrebbe quasi da dire hypothesis non fingo.
E' infine per tutto questo che vedo Dio come natura e noi come un suo parto ...  per nulla distinti dagli altri se non per la nostra caparbia capraggine ... a ciascuno il suo talento ... Buona giornata e l'importante è la salute

green demetr

Citazione di: niko il 24 Aprile 2022, 17:23:42 PMNon vedo minimamente l'utilità concettuale di un tutto non indagabile, non supererebbe il rasoio di Occam; ok ci potrebbe anche ben essere un tutto non indagabile, eliminiamo l'ipotesi, e... non cambia niente! Sempre all'interno di un tutto di cui almeno una parte è indagabile, ci ritroviamo.


Come ti ho già detto è parte del problema che riguarda l'incapacità di leggere l'assoluto come negativo.
Per poterlo approfondire dovremmo immergerci in discussioni più profonde di quella attuale.
La riacutizzazione dei miei annosi problemi con la vista, si è di nuovo fatta sentire, sembra come un rintocco di campana a morte.
Sto concentrando tutto me stesso per recuperare quella parte morale che riguarda il dialogo con gli antichi come direbbe il grande Leopardi.
Un discorso tra me e loro (ovvero da solo) che mi ha portato non solo all'acquisto dei quaderni neri heideggeriani post guerra, ma anche a confrontarmi finalmente con il secondo heidegger, quello a me più vicino.
La nostra vicinanza è totale, e sorprendente.
Laddove tu parli di natura, "noi" parliamo di pensiero.
Laddove tu parli di qualcosa del tutto, noi parliamo solo del pensiero.

Il problema greco non era semplicemente l'indagine della "phisis" come se fosse un oggetto (appunto ontologico) quanto e meglio del rapporto tra l'oggetto e l'io.
Dobbiamo aspettare Kant, e poi meglio Hegel, e finalmente Heidegger, per capire che l'io è una finzione.
Ma non devi "raggiungerci", puoi rimanere nell'infanzia della filosofia, e comunque è un pensiero che ti supera mille e cento volte.
Infatti dire che qualcosa è parte del tutto, significa dire semplicemente qualcosa. E dunque essendo "qualcosa", del "tutto" te ne freghi altamente, e sei pronto e impacchettato per l'uso politico che oggi si fa di quel "qualcosa" che tu dici (ossia l'uso scientifico dell'oggetto, infatti la scienza non parla di qualcosa, ma di questo qualcosa preciso, appunto l'oggetto).
E dunque almeno nel tuo caso, possiamo a rebours capire il tuo problema esistenziale: la necessità di poter dire di conoscere qualcosa, ossia "avere" oggetti, questione invero sentimentale, di un sentimento malato, perchè come già diceva ingenuamente ma in fin dei conti di cuore Fromm, è meglio essere che avere.

Ecco a questo punto generalizziamo la cosa e prendiamo la questione di Niko non come un problema personale, ma bensì come una politica, come sempre è, del soggetto.
Naturalmente per chi vi scrive il soggetto non sceglie di essere tale, bensì è oggetto della sua soggettivazione, in parole povere siamo misere marionette, meri pappagalli.
Dunque al di là delle mie considerazioni, il ruolo di chi vuole essere intellettuale (e non un mero argomentatore, un sofista) è quello di capire il problema.
Anzitutto se vi è un problema o meno.

Abbiamo detto che il soggetto che pensa di conoscere un oggetto è il soggetto moderno.
Ma abbiamo detto che il greco pensa diversamente: che l'oggetto è il correlato dell'io.

Dire che un io possiede (conosce) un oggetto, e dire che l'io indaga la relazione di un oggetto (senza poterla mai conoscere), si rivelano due affermazioni non solo diverse, ma anche abissalmente diverse.
Eppure entrambe sono la presentazione al qualsiasi discorso (politica) successivo.

Il problema se esiste è di natura dunque radicale.

Ma un problema non è mai dell'oggetto, è sempre dell'io che lo ricerca, o pretendendo di poterlo conoscere, o pretendelo di non poterlo conoscere.

Il problema sostanzialmente se esiste, è sempre all'interno dell'io.

Dunque il problema è all'interno della modernità.

Nell'antichità, la frase io posso conoscere qualcosa, non aveva alcun senso.

Nella modernità la frase se io posso conoscere, non solo è un problema in sè, ma se confrontato è un problema drammatico rispetto all'incapacità di pensarsi diversamente da un io omni-conoscente.
Il problema è di ordine psicologico non solo politico.
Compito della sociologia e del giuridico è quello di vietare di pensarlo.
Da lì la sua gravità e drammaticità.

Ed è il primo passo verso una complessità ancora da venire per chi si accinge a fare il primo passo verso essa.
(come già detto dopo l'antichità viene kant e subito dopo hegel, e si chiude con heidegger, il resto è fuffa).



Citazione di: niko il 24 Aprile 2022, 17:23:42 PMQuando parlavo di corrispondenza tra interpersonale ed intrapsichico, intendevo che faccio mia la tendenza, che già fu  platonica, a politicizzare l'anima, e, per opposto complementare, a psicologizzare la città.

Le componenti animiche di un dialogo o di un conflitto intrapsichico sono anche politiche, sono anche componenti politiche, e le componenti sociali di una città sono anche animiche.

Al posto della città, potrei intendere anche la natura, che dall'uomo è tendenzialmente vissuta come una "prima", primaria e primeva città da abitare, e non come un assolutamente altro.


In questo senso l'errore nel porsi il problema è quello di voler sostituire città con natura.
La città è una questione umana e la natura è l'assolutamente altro.
Far passare la città come se fosse una seconda natura, si indebita di quello che vuole violentare, ovvero far passare la natura come se fosse una città.
Naturalmente queste poche righe, esigono di nuovo una critica feroce, infatti la città moderna è come la città antica?
Tra l'altro questa critica ci porterebbe ampiamente fuori tema, infatti il tema della città non è nemmeno lontanamente assimilabile alla questione della scienza.
Come Pensava Leibniz la città è la proiezione dei sogni e dei desideri di una comunità e per metafora dell'intera umanità.
La scienza ne riveste un ruolo meramente strumentale.
Cambiare lo strumento con il fine è infine come diceva già Kant il prodromo di future catastrofi : e il progetto delle smart-cities, con la loro violenta giurisprundenza, non è appunto il folle progetto di menti dissenate che voglio far coincidere la natura con la città? In qualche modo lo stringante e asfitico pensare di Niko, non è esattamente l'opposto di quello che si dice essere importante nella prima parte? appunto lo scontro inevitabile tra psichico individuale e sociale? che richiede ben altri strumenti e indirizzi culturali.
Il depensamento porta alla implosione del mondo, inevitabile e razionalmente perseguito (se non che perseguitato, come meglio sarebbe dire).
Poche righe aprono orizzonti di problema assai più ampi.

Ed è proprio oltre questi orizzonti ampi, che la negatività hegeliana si costituisce e si proietta come "problema del soggetto".
Il soggetto che è avulso dalle problematicità storiche, politiche e sociali, non sarà mai in grado neppure di vedere questo pensiero superiore.


Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Citazione di: daniele22 il 25 Aprile 2022, 21:33:30 PMHo preso l'ultimo tuo post Green ... dopo aver letto le tue risposte mi sembra che vi sia tra me e te una certa incomprensione. Mi spiego, almeno in parte, citando un mio post al quale nel giro di un mese mi offri due risposte che non riesco ad interpretare:
Autocitazione:
"Cosa significa fenomeno? Secondo me il fenomeno deve riferirsi all'estensione spazio temporale di un evento. L'evento può essere un discorso, oppure qualcosa che si manifesta nella cosiddetta realtà. A parte che la realtà è in ogni caso comprensiva dei discorsi che in essa si producono, resta da chiedersi cosa produce spazialmente e temporalmente l'evento sensazione. A Hegel sembra non interessare da quel che dici. Ma per me il fenomeno "sensazione" rappresenta solo l'eventuale ricerca che il soggetto che percepisce la sensazione mette in campo per derivarne la causa. E lo fa tramite i sensi."
Tua risposta del 30 marzo:
"Sì è così come dici. Ad Hegel non interessa il ruolo della sensazione come questione, che per esempio dà vita al dibattito contemporaneo sul fatto se le sensazioni siano vere o false, di primo o secondo tipo. Per Hegel la sensazione è reale, e dunque taglia i ponti con tutti i formalismi che dibattono appunto se la realtà sia tale o meno.
E dunque dici molto bene quando parli del fenomeno come relazione tra soggetto-sensazione.
Siamo anche d'accordo sulla prima parte delle tue considerazioni, l'evento e il discorso sono in uno spazio tempo.
Il fenomeno (ciò che appare, ciò che emerge) è dunque categoricamente qualcosa legato alla storia."
Tua risposta del 25 aprile:
"E' il contrario, ad Hegel interessa l'evento del fenomeno, non la sua genesi sensibile come pare piace a te (e per cui la società n..ista contemporanea ti trascinerebbe verso il transumano, con buona pace della fede). "
Tralascio quindi tutte le altre risposte successive essendomi poco chiaro il tutto fin qui. Dico solo che a me interessa il fenomeno e l'esistenza di una possibile risposta a questo, ma non la sua genesi sensibile sebbene questa possa essere da me espressa in formula di pura doxa.
Ho come l'idea, anche se non riesco ad inquadrarla bene, che vi sia una incomprensione tra me e te per quel che attiene al fenomeno "sensazione" e pure, leggendo gli altri post successivi, sul metodo di indagine sulla o su una benedetta realtà. Tralasciando quest'ultima, ritorno pertanto al fenomeno "sensazione". Puntualizzo quindi che per me non esistono sensazioni di primo tipo e secondo tipo che avevi menzionato successivamente,  o meglio, non trovo corretto che sussista tale distinzione nella critica di quel che si considera come essere di pertinenza del reale. La sensazione è per me di un solo tipo (comprensiva di tutti i sottotipi che vuoi, se vuoi ne parliamo), ed è per me fondamentale (la pietra angolare) nella costituzione di una particolarità della realtà del momento che sta vivendo l'individuo. Tale sensazione particolare del momento, valutatane la più probabile causa qualora ci si riesca, si integra naturalmente in un meno effimero modello di realtà presente sempre nell'individuo, e tale sensazione lo farà agire da ultimo in un certo modo. Detto in altri termini, la sensazione è veicolata dai sensi, oppure dal pensiero stesso, ma non sono i sensi a produrla, bensì il corpo/mente per differenziazione (tramite la memoria probabilmente) ... nel senso cioè che il corpo/mente ha la possibilità/capacità di farmi percepire la presenza di una sensazione perturbante partendo da un istante (o un periodo) anteriore in cui non c'era o era già presente sotto altra forma. In successione, il corpo/mente mi farà compiere un gesto razionale più o meno calcolato/spontaneo che pretende di allontanare o di abbracciare la sensazione perturbante. Non sempre c'azzecca però ... il corpo/mente
P.s. Non mi sento per nulla trascinato nel nichilismo, anzi
"L'evento può essere un discorso, oppure qualcosa che si manifesta nella cosiddetta realtà" cit daniele

Mi spiace che non ci capiamo, ma sinceramente non capisco neppure io come tu possa far arrivare a coincidere un discorso con un dato sensibile.
Il discorso riguarda la parola umana, il significante e il significato, il dato sensibile riguarda solo quello che indicano il singnificante e il significato, ossia l'oggetto.
Vedi politica e oggetto non sono la stessa cosa, sinceramente mi pare evidente.
Quando si parla di evento entriamo in linguaggio tecnico della filosofia, siccome lo avevi richiamato (senza dargli però il significato corretto) pensavo che ne davamo un senso comune.
Ma se mi dici che la sensazione è un evento, direi che siamo agli antipodi.
Infatti l'evento va oltre anche il significato e il significante, e rientra in un fenomeno psicologico che è molto vicino a quello dell'epifania, addensandosi con il concetto di destino.
Siamo direi ad un livello molto elevato di filosofia, e direi che non ci siamo ancora caro amico, d'altronde mi pare che tu nemmeno ci pensi a queste cose.
Se uno vuole evolvere un passo alla volta, io e paul aiutiamo.
Dunque tornando a bomba, sarebbe bello che ci intendessimo almeno al livello base per poter capire poi hegel, ossia un livello (comunque alto rispetto alla massa ingnorante) in cui distinguiamo bene bene, cosa è un oggetto sensibile e cosa è un oggetto semiotico (per dirla con Sini), ossia quale è oggetto di indagine scientica e quale di indagine intellettuale.
Questa suddivisione sebbene apparentemente facile, è in realtà assai insidiosa a quanto pare.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Citazione di: paul11 il 25 Aprile 2022, 11:28:21 AMCiao Green,


Premetto che Hegel ha scritto dei testi sulla logica che spiega la sua posizone dialettica e non analitica.
Aristototele scrisse un corpus di logica formidabile,appunto l'Organon che ho letto tutto, soprattutto se si pensa che sia stato scritto più di duemila anni fa, tanto da essere considerato, insieme a Godel, il più grande logico.
L'analitica di Aristotele è fondata soprattutto sul sillogisma e l'autore fa numerosi esempi di come venga costruita la predicazione del sillogisma, con premesse, medi e conclusione.


Hegel fa una battuta a mio parere perspicace: Aristotele per poter esprimere il suo pensiero filosofico non ha avuto bisogno di sillogismi e ha ragione. Nessun filosofo ragiona solo per logica, spesso lo fa con dialettica e soprattutto retorica. La maieutica socratica e il pensiero di Platone vengono espressi con dialoghi dove i partecipanti esprimono idee contrastanti, la dialettica è appunto lo scontro fra tesi e antitesi che porta ad una sintesi, ad un livello maggiore all'originario in termine di verità e daccapo riapre un processo di tesi ,antitesi, sintesi eccetera ,sempre ad un livello maggiore,
Hegel quindi crede ad un processo storico di crescita culturale.


Le categorie aristoteliche sono importanti per la costruzione della logica, per la sua applicazione.  In fondo anche Kant utilizza delle sue categorie soprattutto per analizzare il processo del pensiero. Hegel non utilizza affatto la logica analitica, utilizza la logica dialettica .


Logos è un termine ambiguo, può significare e indicare alcune cose diverse fra loro.
Se a logos dessimo il significato di ragionamento, la relazione della ragione con il pensiero fondativo di un filosofo, lo può portare a pensare sul mondo, sull'universo.
Hegel dà una importanza fondamentale alla ragione, essendo l'universo tutto "creato" da questa ragione; per cui il procedimento dialettico della ragione, dei ragionamenti ,cerca di arrivare alla "ragione" originaria che in fondo è lo spirito. Il movimento della ragione dentro la dialettica è la fenomenologia hegeliana.




Sono d'accordo che anche la dialettica di Hegel , ma direi la dialettica in generale non garantisce che il procedimento tesi-antitesi porti ad una sintesi con una verità superiore ,dipende dalla qualità delle proposizioni e chi garantisce la qualità dei ragionamenti se non lo stesso filosofo, cioè in fondo l'uomo? Non si sa perché una persona è "più" intelligente di un'altra, "più" perspicace. Penso che alla fine decida la retorica ,più che l'analitica, più che la dialettica e infatti la pratica politica è retorica è uso di immagini retoriche nei media. Cosa fa convincere(la retorica è persuasione, la dialettica è contendere) un ragionamento piuttosto di un altro? Questo vale molto di più del meccanismo logico analitico o dialettico. Allora quel "logos" come e cosa colpisce nelle conversazioni?


Green, sono d'accordo con te che alla fine c'è relazione fra logos e la morale e oserei dire che sono anche qui le qualità fra logos e morale, il contrasto che nasce che mette in gioco la cultura e alla fin fine quindi la politica.
Penso che il giudizio storico sia proprio relazionato con l'esistenza. L'essere che esiste, cioè l'essente è dentro la storia e se vuol cercare significazioni, ritengo che lo scontro fra morale e mondo esistente, inteso come enti, come essere, come "cose" esistenti tutte, sia di primaria importanza e lo diventerà sempre più con l'avanzare del mondo tecnico.
Penso di esser d'accordo con te quindi nella relazione/scontro fra morale ed esistenza.
Arrivo a pensare che forse è necessario questo contrasto, è nella regola dell'universo (semmai non so il perché, ma è così).


Nell'affrontare Hegel ho sempre il dubbio di trovare troppo presto l'errore hegeliano, ossia questa incrollabile fede nel progresso umano.
Mi chiedo come sia stato possibile, e provo angoscia nel dover andare avanti a leggerlo.
Certamente Hegel procede in maniera dialettica, ma allo stesso tempo è molto legato alle forme, e perciò costruisce anche una analitica, che poi dovrebbe essere il coronamento della parte finale della sua indagine intellettuale, appunto come hai già detto tu, la scienza della logica.
Devo dire che avevo letto le prime pagine di questa opera massima.
Ma è un opera poco citata, e le critiche che ho sentita su di essa mi paiono infantili.
Per questo volevo una visione introduttoria ad essa, che poi è appunto questa fenomenologia dello spirito, che non è l'opera massima di Hegel, ma semplicemente la prefazione alla scienza della logica.
D'altronde quando si inizia a parlare sul serio, si inizia subito a parlare del costrutto del linguaggio.
Ma il costrutto del linguaggio è insieme il contraltare e il contrappunto con la strutturazione del sè, ossia dell'io all'interno del soggetto.
Questa costruzione corale, dovrebbe essere fatta dall'arte intellettuale, che coincide con la somma del pensiero filosofico, letterario e artistico.
Penso che questa scala verso Dio, come direbbe il pensiero giudaico, è stata ben costruita dal pensiero europeo, peccato che ci è arrivata la trave americana nell'occhio.
Ora chissà più quando recupereremo i primi vagiti, perchè di questo si tratta da parte della comunità intellettuale "connessa", rispetto ai giganti del passato.
E' un vero peccato perchè quei primi vagiti davano poi la premessa per un costruzione politica, e non solo intellettuale, del progetto di comunità, a cui tanto tenevo.


divagazione:
Comunque sono tornato a vedere i vecchi amici, il livello di dissipazione dei legami umani ha raggiunto in poco tempo un livello sinceramente infernale, per potersi lamentare (come ho fatto in questi 2 anni).
Ora ho chiaramente diviso il sociale dall'intellettuale (cosa da non fare in chiave comunitaria, ma questi tempi non lasciano alternativa).
Sento che questa è la cosa giusta da fare. E di certo come annoti anche tu, anche questi sono gli effetti di quel negativo (a cui non sapremo mai dare risposta finale, ma solo storica, di volta in volta, costruendo una morale di risposta).
In attesa di affondare con la società tutta sia chiaro ;)  (ormai è troppo evidente che sarà così).
Non so se hai mai visto il film Nosferatu, di Herzog, un film amato dalla mia prof di filosofia dell'epoca, le scene finali della gozzoviglia in mezzo alla peste, erano come un sinistro avviso a questi tempi materiali, come lo erano a quei tempi spirituali [subito dopo l'uccisione di Moro (oggi è l'anniversario come al solito glorificato dai suoi stessi nemici) , che metto come spaccatura tra un prima di lotta intellettuale, e un dopo di lotta per la sopravvivenza].
Vai avanti tu che mi vien da ridere

niko

#85
Citazione di: green demetr il 09 Maggio 2022, 23:43:14 PMCome ti ho già detto è parte del problema che riguarda l'incapacità di leggere l'assoluto come negativo.
Per poterlo approfondire dovremmo immergerci in discussioni più profonde di quella attuale.
La riacutizzazione dei miei annosi problemi con la vista, si è di nuovo fatta sentire, sembra come un rintocco di campana a morte.
Sto concentrando tutto me stesso per recuperare quella parte morale che riguarda il dialogo con gli antichi come direbbe il grande Leopardi.
Un discorso tra me e loro (ovvero da solo) che mi ha portato non solo all'acquisto dei quaderni neri heideggeriani post guerra, ma anche a confrontarmi finalmente con il secondo heidegger, quello a me più vicino.
La nostra vicinanza è totale, e sorprendente.
Laddove tu parli di natura, "noi" parliamo di pensiero.
Laddove tu parli di qualcosa del tutto, noi parliamo solo del pensiero.

Il problema greco non era semplicemente l'indagine della "phisis" come se fosse un oggetto (appunto ontologico) quanto e meglio del rapporto tra l'oggetto e l'io.
Dobbiamo aspettare Kant, e poi meglio Hegel, e finalmente Heidegger, per capire che l'io è una finzione.
Ma non devi "raggiungerci", puoi rimanere nell'infanzia della filosofia, e comunque è un pensiero che ti supera mille e cento volte.
Infatti dire che qualcosa è parte del tutto, significa dire semplicemente qualcosa. E dunque essendo "qualcosa", del "tutto" te ne freghi altamente, e sei pronto e impacchettato per l'uso politico che oggi si fa di quel "qualcosa" che tu dici (ossia l'uso scientifico dell'oggetto, infatti la scienza non parla di qualcosa, ma di questo qualcosa preciso, appunto l'oggetto).
E dunque almeno nel tuo caso, possiamo a rebours capire il tuo problema esistenziale: la necessità di poter dire di conoscere qualcosa, ossia "avere" oggetti, questione invero sentimentale, di un sentimento malato, perchè come già diceva ingenuamente ma in fin dei conti di cuore Fromm, è meglio essere che avere.

Ecco a questo punto generalizziamo la cosa e prendiamo la questione di Niko non come un problema personale, ma bensì come una politica, come sempre è, del soggetto.
Naturalmente per chi vi scrive il soggetto non sceglie di essere tale, bensì è oggetto della sua soggettivazione, in parole povere siamo misere marionette, meri pappagalli.
Dunque al di là delle mie considerazioni, il ruolo di chi vuole essere intellettuale (e non un mero argomentatore, un sofista) è quello di capire il problema.
Anzitutto se vi è un problema o meno.

Abbiamo detto che il soggetto che pensa di conoscere un oggetto è il soggetto moderno.
Ma abbiamo detto che il greco pensa diversamente: che l'oggetto è il correlato dell'io.

Dire che un io possiede (conosce) un oggetto, e dire che l'io indaga la relazione di un oggetto (senza poterla mai conoscere), si rivelano due affermazioni non solo diverse, ma anche abissalmente diverse.
Eppure entrambe sono la presentazione al qualsiasi discorso (politica) successivo.

Il problema se esiste è di natura dunque radicale.

Ma un problema non è mai dell'oggetto, è sempre dell'io che lo ricerca, o pretendendo di poterlo conoscere, o pretendelo di non poterlo conoscere.

Il problema sostanzialmente se esiste, è sempre all'interno dell'io.

Dunque il problema è all'interno della modernità.

Nell'antichità, la frase io posso conoscere qualcosa, non aveva alcun senso.

Nella modernità la frase se io posso conoscere, non solo è un problema in sè, ma se confrontato è un problema drammatico rispetto all'incapacità di pensarsi diversamente da un io omni-conoscente.
Il problema è di ordine psicologico non solo politico.
Compito della sociologia e del giuridico è quello di vietare di pensarlo.
Da lì la sua gravità e drammaticità.

Ed è il primo passo verso una complessità ancora da venire per chi si accinge a fare il primo passo verso essa.
(come già detto dopo l'antichità viene kant e subito dopo hegel, e si chiude con heidegger, il resto è fuffa).




In questo senso l'errore nel porsi il problema è quello di voler sostituire città con natura.
La città è una questione umana e la natura è l'assolutamente altro.
Far passare la città come se fosse una seconda natura, si indebita di quello che vuole violentare, ovvero far passare la natura come se fosse una città.
Naturalmente queste poche righe, esigono di nuovo una critica feroce, infatti la città moderna è come la città antica?
Tra l'altro questa critica ci porterebbe ampiamente fuori tema, infatti il tema della città non è nemmeno lontanamente assimilabile alla questione della scienza.
Come Pensava Leibniz la città è la proiezione dei sogni e dei desideri di una comunità e per metafora dell'intera umanità.
La scienza ne riveste un ruolo meramente strumentale.
Cambiare lo strumento con il fine è infine come diceva già Kant il prodromo di future catastrofi : e il progetto delle smart-cities, con la loro violenta giurisprundenza, non è appunto il folle progetto di menti dissenate che voglio far coincidere la natura con la città? In qualche modo lo stringante e asfitico pensare di Niko, non è esattamente l'opposto di quello che si dice essere importante nella prima parte? appunto lo scontro inevitabile tra psichico individuale e sociale? che richiede ben altri strumenti e indirizzi culturali.
Il depensamento porta alla implosione del mondo, inevitabile e razionalmente perseguito (se non che perseguitato, come meglio sarebbe dire).
Poche righe aprono orizzonti di problema assai più ampi.

Ed è proprio oltre questi orizzonti ampi, che la negatività hegeliana si costituisce e si proietta come "problema del soggetto".
Il soggetto che è avulso dalle problematicità storiche, politiche e sociali, non sarà mai in grado neppure di vedere questo pensiero superiore.





Il capolavoro della spocchia, ma ti leggi, prima di inviare?

O sei diventato cieco pure in questo senso?

E io che perdo pure tempo a parlarci, con uno che si sente superiore a tutti, e a ripetere qualche concetto al solo scopo di essere capito...

per tua norma e regola, io di solito, quando parlo intendo quello che intendo, non ho chissà quali sottintesi o allusioni, quindi se scrivo:


----------------------------------------------
"Non vedo minimamente l'utilità concettuale di un tutto non indagabile, non supererebbe il rasoio di Occam; ok ci potrebbe anche ben essere un tutto non indagabile, eliminiamo l'ipotesi, e... non cambia niente! Sempre all'interno di un tutto di cui almeno una parte è indagabile, ci ritroviamo"
-------------------------------------------------------



puoi considerare altamente probabile, se non quasi certo, che sto rispondendo a te, non ad Hegel attraverso l'abisso dei secoli, che io non faccio le sedute spiritiche, quindi sei tu, semmai, che devi argomentare a favore dell'utilità della postulazione di un tutto inconoscibile, argomentare per la tua tesi, o, cosa altrettanto perfettamente legittima, soprassedere e ignorare, ma avere reazioni scomposte e non argomentate da complesso di superiorità con l'interlocutore ti rende solo ridicolo...

e se scrivo:

-----------------------------------------------------
"Quando parlavo di corrispondenza tra interpersonale ed intrapsichico, intendevo che faccio mia la tendenza, che già fu  platonica, a politicizzare l'anima, e, per opposto complementare, a psicologizzare la città.

Le componenti animiche di un dialogo o di un conflitto intrapsichico sono anche politiche, sono anche componenti politiche, e le componenti sociali di una città sono anche animiche."

Al posto della città, potrei intendere anche la natura, che dall'uomo è tendenzialmente vissuta come una "prima", primaria e primeva città da abitare, e non come un assolutamente altro"

----------------------------------------------------------------------



Magari voglio solo riprendere brevemente un mio concetto già detto prima al solo scopo di farmi comprendere e non essere oscuro.

Su cosa, di grazia, trasecoli?

E' chiaro che io non mi interesso dell'assolutamente altro (la natura secondo me è plurima ma composta da enti tutti relazionabili tra di loro, nessuno "assolutamente altro" e non c'è niente, al di fuori della natura) del concetto di un pensiero che non derivi dalla natura (da dove altro mai dovrebbe derivare ?!), della questione del soggetto come disappartenenza al mondo come totalità. Il soggetto secondo me sta nel mondo, per provocare i metafisici della domenica potrei dire che ci "sta", nel mondo, come una mela sta su un tavolo.
Per giunta non mi interessa nessun kantismo dell'uomo come fine, tantomeno nella progettazione delle città, perché sono per il superamento dell'uomo.

In tutto questo ho diritto alle mie opinioni e non voglio sulla mia strada maestrini del grado adulto della filosofia che insinuano che io sarei il bambino, né tantomeno rivoluzionari pseudointellettuali da poltrona che credono che il loro punticino di visita metafisico ed hegeliano li renda chissà come politicamente coscienti, e socialmente liberi, in confronto al sottoscritto.

Tranquillo, nessuno di assennato ti vuole raggiungere, perché tra gli assennati non sei e non sei stato di esempio per nessuno, quanto meno come tracotanza e immodestia.


Ma guarda un po'.



Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

green demetr

Citazione di: niko il 10 Maggio 2022, 02:09:25 AMIl capolavoro della spocchia, ma ti leggi, prima di inviare?

O sei diventato cieco pure in questo senso?

E io che perdo pure tempo a parlarci, con uno che si sente superiore a tutti, e a ripetere qualche concetto al solo scopo di essere capito...

per tua norma e regola, io di solito, quando parlo intendo quello che intendo, non ho chissà quali sottintesi o allusioni, quindi se scrivo:


"Non vedo minimamente l'utilità concettuale di un tutto non indagabile, non supererebbe il rasoio di Occam; ok ci potrebbe anche ben essere un tutto non indagabile, eliminiamo l'ipotesi, e... non cambia niente! Sempre all'interno di un tutto di cui almeno una parte è indagabile, ci ritroviamo"



puoi considerare altamente probabile, se non quasi certo, che sto rispondendo a te, non ad Hegel attraverso l'abisso dei secoli, che io non faccio le sedute spiritiche, quindi sei tu, semmai, che devi argomentare a favore dell'utilità della postulazione di un tutto inconoscibile, argomentare per la tua tesi, o, cosa altrettanto perfettamente legittima, soprassedere e ignorare, ma avere reazioni scomposte e non argomentate da complesso di superiorità con l'interlocutore ti rende solo ridicolo...

e se scrivo:



"Quando parlavo di corrispondenza tra interpersonale ed intrapsichico, intendevo che faccio mia la tendenza, che già fu  platonica, a politicizzare l'anima, e, per opposto complementare, a psicologizzare la città.

Le componenti animiche di un dialogo o di un conflitto intrapsichico sono anche politiche, sono anche componenti politiche, e le componenti sociali di una città sono anche animiche."

Al posto della città, potrei intendere anche la natura, che dall'uomo è tendenzialmente vissuta come una "prima", primaria e primeva città da abitare, e non come un assolutamente altro"



Magari voglio solo riprendere brevemente un mio concetto già detto prima al solo scopo di farmi comprendere e non essere oscuro.

Su cosa, di grazia, trasecoli?

E' chiaro che io non mi interesso dell'assolutamente altro (la natura secondo me è plurima ma composta da enti tutti relazionabili tra di loro, nessuno "assolutamente altro" e non c'è niente, al di fuori della natura) del concetto di un pensiero che non derivi dalla natura (da dove altro mai dovrebbe derivare ?!), della questione del soggetto come disappartenenza al mondo come totalità. Il soggetto secondo me sta nel mondo, per provocare i metafisici della domenica potrei dire che ci "sta", nel mondo, come una mela sta su un tavolo.

In tutto questo ho diritto alle mie opinioni e non voglio sulla mia strada maestrini del grado adulto della filosofia che insinuano che io sarei il bambino, né tantomeno rivoluzionari pseudointellettuali da poltrona che credono che il loro punticino di visita metafisico ed hegeliano li renda chissà come politicamente coscienti, e socialmente liberi, in confronto al sottoscritto.

Tranquillo, nessuno di assennato ti vuole raggiungere, perché tra gli assennati non sei e non sei stato di esempio per nessuno, quanto meno come tracotanza e immodestia.

Ma guarda un po'.





Ma non voleva essere un attacco personale, il mio intervento idealmente sarebbe dovuto essere diviso in 2, la prima parte quella a cui ti rispondevo, e la seconda quella in cui opino che, non la tua, ma in generale, quelle opinioni secondo cui, similarmente alla tua, si oppongono alla visione relativa del mondo.
Che succede non si possono più avere opinioni generali senza scaldare gli animi?

Ti ripeto se tu dici che qualcosa del tutto si conosce come qualcosa, cosa c'entra il tutto? e infatti tu dici che la mela è sul tavolo....e allora?  8)
La tua non è un argomentazione è una semplice frase... non dà adito ad ulteriori risposte, è sconnessa.
Per questo faccio seguire una seconda parte, che non è indirizzata a te, ma ad un modo simile di procedere, ossia dicendo frasi senza contesto.
Inoltre cosa c'entra la politica dell'anima (?) con la mela che sta sul tavolo...faccio veramente fatica. ???
Quindi non capisco se sto facendo un errore come nella discussione su Dio, in cui non ti ho dato una risposta soddisfacente, oppure questa volta sei tu che non mi riesci a far capire bene cosa intendi.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

niko

Citazione di: green demetr il 10 Maggio 2022, 02:24:19 AMMa non voleva essere un attacco personale, il mio intervento idealmente sarebbe dovuto essere diviso in 2, la prima parte quella a cui ti rispondevo, e la seconda quella in cui opino che, non la tua, ma in generale, quelle opinioni secondo cui, similarmente alla tua, si oppongono alla visione relativa del mondo.
Che succede non si possono più avere opinioni generali senza scaldare gli animi?

Ti ripeto se tu dici che qualcosa del tutto si conosce come qualcosa, cosa c'entra il tutto? e infatti tu dici che la mela è sul tavolo....e allora?  8)
La tua non è un argomentazione è una semplice frase... non dà adito ad ulteriori risposte, è sconnessa.
Per questo faccio seguire una seconda parte, che non è indirizzata a te, ma ad un modo simile di procedere, ossia dicendo frasi senza contesto.
Inoltre cosa c'entra la politica dell'anima (?) con la mela che sta sul tavolo...faccio veramente fatica. ???
Quindi non capisco se sto facendo un errore come nella discussione su Dio, in cui non ti ho dato una risposta soddisfacente, oppure questa volta sei tu che non mi riesci a far capire bene cosa intendi.


Io non mi oppongo, alla visione relativa del mondo, anche se preferisco una visione prospettica, piuttosto che relativa, del mondo.

Io faccio una metafora di appartenenza e composizione semplice, apposta, provocatoriamente, per indicare una appartenenza e una composizione non semplice, tale per cui ci possono essere varie opinioni in merito, e per indicare come mi schiero io in riguardo alla questione:

secondo me, il soggetto sta nel mondo, come una mela sta, su un tavolo.

Puoi capire perché la visione che ne risulta è prospettica, piuttosto che relativa.

La parte di mondo che noi conosciamo, è la parte di mondo che siamo, con cui ci sovrapponiamo, come una cornice che, cadendo su un quadro molto più grande di essa, ne va ad evidenziare una parte.

Il soggetto è dunque un essere, non un avere, ma un essere figurale: il soggetto è parte e frammento di mondo, non ultramondano, per me.

Quindi piuttosto che un grande mondo sconosciuto, mi immagino un grande mondo di cui si conosce minima ed infima parte.

Ma parte importante per noi. Che quella parte siamo, e non solo conosciamo.






Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

daniele22

Citazione di: green demetr il 09 Maggio 2022, 23:57:27 PM"L'evento può essere un discorso, oppure qualcosa che si manifesta nella cosiddetta realtà" cit daniele
Mi spiace che non ci capiamo, ma sinceramente non capisco neppure io come tu possa far arrivare a coincidere un discorso con un dato sensibile.
Il discorso riguarda la parola umana, il significante e il significato, il dato sensibile riguarda solo quello che indicano il singnificante e il significato, ossia l'oggetto.
Vedi politica e oggetto non sono la stessa cosa, sinceramente mi pare evidente.
Quando si parla di evento entriamo in linguaggio tecnico della filosofia, siccome lo avevi richiamato (senza dargli però il significato corretto) pensavo che ne davamo un senso comune.
Ma se mi dici che la sensazione è un evento, direi che siamo agli antipodi.
Infatti l'evento va oltre anche il significato e il significante, e rientra in un fenomeno psicologico che è molto vicino a quello dell'epifania, addensandosi con il concetto di destino.
Siamo direi ad un livello molto elevato di filosofia, e direi che non ci siamo ancora caro amico, d'altronde mi pare che tu nemmeno ci pensi a queste cose.
Se uno vuole evolvere un passo alla volta, io e paul aiutiamo.
Dunque tornando a bomba, sarebbe bello che ci intendessimo almeno al livello base per poter capire poi hegel, ossia un livello (comunque alto rispetto alla massa ingnorante) in cui distinguiamo bene bene, cosa è un oggetto sensibile e cosa è un oggetto semiotico (per dirla con Sini), ossia quale è oggetto di indagine scientica e quale di indagine intellettuale.
Questa suddivisione sebbene apparentemente facile, è in realtà assai insidiosa a quanto pare.
Ciao Green, partiamo dai fondamentali, dato che i linguaggi tecnici hanno generato molta confusione. Io parlo come mangio, linguaggio del popolo. La nascita di un bambino è un evento e la sensazione è un evento. Hai in un certo senso ragione ... la sensazione non la vede nessuno se non chi la prova. Perché dunque io la considero un evento? Essenzialmente perché la considero qualcosa (fenomeno? evento? fatto? manifestazione interiore? non sento la necessità di ingabbiare) che incide sul divenire del mondo. A mio giudizio sarebbe addirittura fondante rispetto al mondo in divenire, ma questa cosa non viene evidentemente accettata, detenendo a tutt'oggi la ragione tale primato. Resta pertanto la mia nulla più che una doxa che si oppone ad una certa visione.
I dati sensibili. Se fosse vero che il tempo tuo personale è determinato dagli ordini di attenzione che tu tieni a mente fin che ti muovi nel tuo quotidiano vivere, è altrettanto vero che tali ordini di attenzione non sono tutti permanenti ... esempio: "Non uccidere" è un ordine di attenzione permanente stabilito da una determinata norma giuridica ... a te è dato di assecondarla oppure no. "Lavarsi i denti" può costituire un altro ordine di attenzione ... permanente o effimero? Pure a questo ti è dato di seguirlo oppure no. Un discorso sarebbe pure lui un ordine di attenzione ... effimero o permanente?, e pure in relazione a questo ti è data la possibilità di assecondarlo oppure no. Ma il discorso rientra senz'altro nei campi di ciò che è percepibile dai sensi e non vedo come si possa mettere in dubbio questa cosa.
Non vedo pertanto alcun motivo legittimo per cui si debba escludere l'esternazione linguistica dai campi della ricerca filosofica escludendola dal fenomeno ... se vuoi pure dall'evento ...  "momento in cui si manifesta pubblicamente". Scrivendo questo post sto compiendo di fatto tale "momento" ponendoti un ordine di attenzione ... e nel frattempo ti chiedo: si tratta di dialettica o di fuffa?
Ho visto che citi Sini. Per quel che mi riguarda Sini è un ottimo pensatore, ma si è fermato ad un certo punto. E lo dice pure. E mette in evidenza questo fatto ... Nelle sue lezioni reperibili su you tube, ora non ricordo se fosse quella su Derrida oppure quella sulla Lebenswelt egli dice che la filosofia ha in un certo senso risolto la sua domanda, ma al tempo stesso mette in evidenza che una domanda sia rimasta comunque in sospeso, sottolineando pure che sarebbe la più importante. A tal proposito si scusa dicendo ... "Cos'è che ci è sfuggito?". La domanda riguarda naturalmente il linguaggio e Sini offre pure un'ipotetica via per risolvere tale domanda ... che sarebbe secondo lui da ricercarsi nei meandri della psicologia. Non posso altro che confermare che la sua "sensazione" fosse corretta, ma attendo ora una risposta da te ... non preoccuparti che rivarem a baita. L'hai letto "l'amante dell'orsa maggiore"? Quella di arrivare a baita era una delle preoccupazioni particolari di uno tra i personaggi delle avventure di una banda di contrabbandieri

green demetr



Citazione di: niko il 10 Maggio 2022, 02:51:15 AMIo non mi oppongo, alla visione relativa del mondo, anche se preferisco una visione prospettica, piuttosto che relativa, del mondo.

Io faccio una metafora di appartenenza e composizione semplice, apposta, provocatoriamente, per indicare una appartenenza e una composizione non semplice, tale per cui ci possono essere varie opinioni in merito, e per indicare come mi schiero io in riguardo alla questione:

secondo me, il soggetto sta nel mondo, come una mela sta, su un tavolo.

Puoi capire perché la visione che ne risulta è prospettica, piuttosto che relativa.

La parte di mondo che noi conosciamo, è la parte di mondo che siamo, con cui ci sovrapponiamo, come una cornice che, cadendo su un quadro molto più grande di essa, ne va ad evidenziare una parte.

Il soggetto è dunque un essere, non un avere, ma un essere figurale: il soggetto è parte e frammento di mondo, non ultramondano, per me.

Quindi piuttosto che un grande mondo sconosciuto, mi immagino un grande mondo di cui si conosce minima ed infima parte.

Ma parte importante per noi. Che quella parte siamo, e non solo conosciamo.


Il problema in Hegel è il soggetto, evidentemente dunque non tu non sei all'altezza del suo pensiero.
Non si tratta di essere superiori o meno.

Infatti tu dai per scontato che il soggetto sia nel mondo come una mela sta nel mondo.

A latere di questa tua visione la politica non è un problema psicologico, e non  vi è una una riflessione sulle menzogne della politica, infatti come insiste la propaganda di questi tempi (ministero della verità in america), esistono solo fatti e nessuna interpretazione (casomai bandita).

Una mela non può mai essere una pera giusto? In quel mai vi sono tutti i problemi dell'universalità, che pretende una mela laddove vi è proprio una pera, solo che non è davanti ai tuoi occhi.

Il prospettivismo che adotti è così facilmente catturato dalla menzogna.

Invece una dimensione psicologica, del perchè tu pensi che una mela sia una mela, è la questione della filosofia del '900 da Husserl in poi.

Non è questione di superiorità, è una questione di visioni del mondo (che io chiamo all'altezza di un tale filosofo, o di un altro).

Le nostre divergono, ma non si può dire che la tua sia minimamente avvicinabile a quella di Hegel.

Dunque devi fare uno sforzo tu e chiunque altro entri nel mondo della filosofia, di prendere il punto di vista che non sia il proprio.

Senza questo esercizio non si va da nessuna parte.

Infatti puoi polemizzare ma in maniera educata, e provando a dire quale sia il problema di partire da una visione relativa piuttosto che prospettica.


Vai avanti tu che mi vien da ridere

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