[GDL] Umano troppo Umano di Nietzche (rinascenza nicciana parte 1)

Aperto da green demetr, 30 Novembre 2021, 11:36:46 AM

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green demetr

#15
Citazione di: paul11 il 02 Dicembre 2021, 14:22:09 PM
  Il mio parere è che Nietzsche sia contraddittorio come pensatore. Bene. bene nel senso che forse è propria questa la verità della condizione umana nel mondo . Il suo modo di scrivere è un miscuglio fra ragione e sentimento, non è un argomentatore logico ,poichè ha rifiutato la ragione umana, l'intellezione, come strumento di verità, è più un esteta.


Dipende dalla lettura che ne fai.
Ogni aforisma si tiene solo per via dell'aforisma precedente.
Per intendere lucidamente cosa sta parlando, bisogna leggerlo dall'inizio.
Non si può prendere a caso degli aforismi e cercarne il valore critico o peggio ancora analitico.


Nietzche non è un esteta, è un moralista capace di alta letteratura, le sue immagine, le sue allegorie hanno conquistato il pubblico giovanile fin dal giorno della loro uscita e continuano a farlo.
Ma un conto è la letteratura, e un conto la filosofia che vi è dietro.
E certo che è un miscuglio di sentimento e ragione.
Ma proprio nell'ordine che tu stesso hai ammesso.


Ossia la ragione è al servizio del sentimento, non dell'intelletto.
Lo sforzo iniziale di Nietzche è illustrare anzitutto l'impossibilità di una critica razionale all'intelletto escludendo il sentimento.
Esiste critica intellettuale solo se vi è sentimento.
Ma non è forse quello che dicevano anche Platone Aristotele ed Hegel per esempio?
Se vogliamo possiamo imputargli la mancanza di una dottrina del sensibile.
Ma il punto è proprio il fatto che nella critica sentimentale al giudizio critico, si dà per scontato che noi abbiamo letto Kant ed Hegel.
E viene pure detto.  ???  Basta con la fretta, andiamo passo passino.
Leggiamolo insieme con pazienza Paul!  ;) 8)


nb insomma qui non è in ballo la critica del giudizio puro, ma quello del giudizio pratico.
(per questo il nostro si sbarazza velocemente di Kant, ad esempio).
Lo stesso Kant spiegava l'impossibilità di un giudizo puro pratico. Spero tu riesca a capire cosa intendeva Kant. Se hai tempo (e voglia) è scritto nella introduzione alla ragion pratica, mi sembra fosse proprio la prima argomentazione.

Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Citazione di: viator il 02 Dicembre 2021, 17:17:05 PM
Salve Green. Citandoti : "Sinceramente a parte me, non vedo nessuno che abbia anche solo cominciato a capire di che cavolo parla il nostro".

Azzardo una diagnosi : è perchè tra geni (tu e lui) ci si intende...........mentre noialtri siamo solo dei poverini che fanno e capiscono solo il "quasi nulla" che possono. Saluti.


:D  Spesso da giovane i professori credevano fossi un genio, e invece ero solo uno scansafatiche.
No, non ho mai avuto la fermezza, la costanza che necessita il lavoro etico.
Quello che posso portare di notevole (a loro avviso) è la lettura, a partire da un punto di vista geniale (boh a me pare normale).
Ma mi par di capire che per te Nietzche era un pazzo, e dunque non vi sia stato un lavoro.
Dunque sorrido alla provocazione.
E invece spero tu trovi il tempo per qualche considerazione a latere, che non sia mera denigrazione del nostro.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

#17
Citazione di: paul11 il 04 Dicembre 2021, 00:23:44 AM
Continuo a scrivere degli aforismi a mio parere più interessanti in Umano troppo umano.


"Prima c'era l'impersonalità come il vero segno dell'azione morale (....) oggi si vede meglio che nelle considerazioni personali  è massima l'utilità per la generalità degli uomini: così che l'agire strettamente  personale risponde all'idea odierna di moralità ,intesa come utilità generale (....) meglio della precedente compassionevole emozioni  ed azioni a favore di altri  (...)Solo importa sapere che cosa s'intenda per proprio vantaggio; l'individuo immaturo, rozzo, lo intenderà nel modo più rozzo".


Tipico esempio di ambiguità in Nietzsche mista a brillante intelligenza. E' vero che la morale è impersonale, è altrettanto vero che Nietzsche è contro la morale e quindi ciò che storicamente è avvenuto è proprio ciò che Nietzsche si proponeva. Era ovvio che finita la morale che fondamentalmente è impersonale se vuole essere universale, ne fuoiuscisse nella modernità fra soggettivismi e oggettivismi , fra scienza e conoscenza , una a-moralità in cui l'etica fosse fondata sull'utilità e quindi suffragasse poi il principio edonistico di Adam Smith e intanto la psicologia empirista picconasse l'anima facendo della psiche freudiana un luogo di IO- Super-io, di pulsioni soprattutto sessuali.
Ciò che oggi siamo, amorali edonistici e individualisti con crisi di identità sicuramente collettiva e anche individuale e che rispondono al concetto di fare cose utilitaristiche comportasse comunque ad un umano che decade nella rozzezza. Nietzsche sei sprovveduto se pensavi che il futuro fosse migliore.
Ma c' è di più e quasi nessuno di questo tempo vi arriva. Una collettività, una nazione uno Stato esistono solo se la sovranità è fondata su una morale premessa della legislazione del sovrano. Questa fu la regola fondativa degli Stati e dei sovrani. Senza la morale collettiva, manca il parametro sulla giustizia che inchioda alle responsabilità e alle coerenti azioni etiche dal sovrano all'ultimo dei popolani, senza il parametro di giudizio sulla giustizia, premessa alle legislazioni e che pone il giudizio se a sua volta una legge è giusta o ingiusta. Le impunità dei potenti, il togliersi, lo smarcarsi dal giudizio è tipico della modernità decadente dove tutti ormai cercano di non essere asserviti alle leggi degli Stati, di aggirarle legalmente o illegalmente. Perché non vi è più il parametro morale del giudizio collettivo che identificava il popolo-nazione- Stato.


No la lettura che fai è di tipo politico.
Se vogliamo ti rifai al pensiero democratico, e l'affannosa ricerca di una etica che vinca sulla morale.

Ma Nietzche parte prima dal soggetto.
E vi scopre sulla scia dei moralisti del 1600, che la morale è anzitutto un principio generale.
Quindi a monte del problema etico di una politica democratica, che incida sulla morale del popolo, ossia sui suoi costumi, vi è il problema generale della morale che non è un costume, ma una ricerca del soggetto che noi siamo.
Ossia dell'edonismo che noi siamo.
La morale dei filosofi etici come te, o qualsiasi altro marxista, si confonde con la pretesa di annullare quella morale prima che generalmente colpisce tutti gli individui come costume.
Ossia l'edonismo crea delle regole che poi vengono dimenticate, si forma il costume, il costume genera a sua volta una morale generalista, volta a che quel costume non sia cambiato, piuttosto che capito e ricordato.
A questo punto subentra il male assoluto ossia l'etica dello stato, che pretende di ordinare la generalità dei costumi, ossia che impone una morale, senza più alcun senso e motivo. rispetto all'edonismo iniziale, e ai costumi di un popolo, che magari un senso iniziale l'avevano pure.
Esattamente come i moralisti francesi, Nietzche non si scompone rispetto al soggetto che noi siamo, ossia all'individuazione del nostro tornaconto personale.
Invece la politica si scandalizza e con esso i popoli e le genti.
E' per questo che il filosofo è l'unico in grado di capire.

Ma non è questa la meta di Nietzche. Bisogna leggerlo dall'inzio.
Altrimenti è più utile Aristotele o Platone.
Peccato che nel frattempo c'è stato il pensiero moralista francese che rompe con Dio e orpelli simili.
(infatti la morale imposta è sempre la morale di Dio, allora meglio i totem e tabù del popolo).
Per Aristotele e Platone esiste infatti il bene, e il bene è Dio.
Ma ciò è mera follia, e su questo Nietzche martella come un pazzo.


NB dai passi da te citati si possono trovare alcuni indizi di quello che dico, ma il punto che ho notato con dolore, è che non si può saltare alcun pezzo, compresi quelli che riguardano la bestia.
E che sono i più controversi. E di cui io ho trovato soluzione proprio nell'ouverture nicciana,
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Citazione di: Kobayashi il 04 Dicembre 2021, 07:23:55 AM
Non sono d'accordo sul giudizio di Paul secondo cui N. sarebbe più uno scrittore brillante e un po' contraddittorio che un filosofo.
Prendiamo per esempio la critica alla metafisica nella parte prima di UTU.
Fin dal primo aforisma si capisce che tale critica non sarà impostata sullo stesso livello della metafisica, non verrà fatto cioè il lavoro di entrare in un sistema filosofico per mostrarne logicamente l'arbitrarietà dei fondamenti assunti, perché questo lavoro per N. è già stato compiuto (dallo scetticismo, dall'Illuminismo, da Montaigne etc.). La sua critica invece si basa sul mostrare che le origini di queste concezioni sono le stesse di tutte le forme che la vita assume: bisogni, sentimenti, inganni etc.

[1] "... non esiste, a rigor di termine, né un agire altruistico né un contemplare pienamente disinteressato, entrambe le cose sono soltanto sublimazioni, in cui l'elemento base appare quasi volatilizzato e solo alla più sottile osservazione si rivela ancora esistente".

E ancora, in conclusione del primo aforisma:

[1] "L'umanità ama scacciare dalla mente i dubbi sull'origine e i principi: non si deve forse essere quasi disumanizzati per sentire in sé l'inclinazione opposta?"

Da una parte gli inganni delle visioni sublimi di metafisica e religione, risultato di uno sforzo per abitare il mondo affinché sia sopportabile la vita, dall'altra lo spirito veritiero che ha sviluppato nella propria solitudine una certa sensibilità per lo smascheramento di questi inganni necessari, tolti i quali però sembra che rimanga solo qualcosa di disumano. Da qui anche quel riferimento nella prefazione alle sue illusioni giovanili (per Wagner e Schopenhauer): ma di quanti altri inganni, si chiede, lui stesso si dovrà nutrire per poter essere ancora così veritiero? Per sopportare cioè il paesaggio umano desolante che rimane.

In [2] afferma che non ci sono fatti eterni come non ci sono verità assolute, e questo appare chiaro secondo N. se si prende coscienza che il filosofo è abituato a riflettere su periodi storici brevissimi, con la conseguenze tendenza ad assolutizzare forme culturali che in verità hanno dietro di sé altre forme e trasformazioni.
Avere senso storico significa vedere l'uomo emergere da epoche arcaiche completamente diverse, relativizzare la nostra antichità prediletta.

[2] "Non vogliamo capire che l'uomo è divenuto e che anche la facoltà di conoscere è divenuto".

[2] "...tutto è divenuto; non ci sono fatti eterni: così come non ci sono verità assolute".

E ancora sulla riduzione delle idee ai bisogni dell'evoluzione:

[16] "...ciò che noi ora chiamiamo il mondo, è il risultato di una quantità di errori e di fantasie che sono sorti a poco a poco nell'evoluzione complessiva degli essere organici, e che sono cresciuti intrecciandosi gli uni alle altre e ci vengono ora trasmessi in eredità come tesoro accumulato in tutto il passato".

Mi sembra insomma abbastanza chiaro ciò che intende fare in queste prime pagine: un lavoro che poi chiamerà genealogia, che per ora definisce chimica delle idee, che consiste appunto nella ricostruzione o riduzione psicologica (o in generale attinente i bisogni antropologici) delle idee metafisiche, religiose e morali, tradizionalmente assunte come separate dalla materia umana quasi fossero cadute dal cielo e invece provenienti, secondo N., dalle battaglie del livello più basso dei bisogni umani.
In questo progetto filosofico insomma non mi sembra ci sia nulla di contraddittorio o confuso. Anzi, vedo molto rigore.
Yes sir!

Esattamente.

Ecco per anticipare qualcosa a riguardo della bestia, Nietzche afferma: che ne sapete voi dei raggiri che devo fare per placare la mia inquietudine, a quali fantasie mi devo attaccare per poter procedere? (in sostanza non alla lettera).
E' proprio così! "la bestia" è la proiezione fantasmatica della volontà di potenza di Nietzche! (e non solo, quanti sognano di avere poteri eccezionali?)
La grandezza nicciana è quella di sapersi metter dentro al discorso che lui stesso porta avanti.
Ossia di auto-criticare il soggetto che lui è, e di contro noi che leggiamo del soggetto che noi siamo, E NON DOVREMMO ESSERE.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Citazione di: Kobayashi il 05 Dicembre 2021, 10:31:52 AM

Il pericolo non è tanto l'inganno, ma l'inconsapevolezza di esso e la violenza che ne deriva nel soffocare tutte le altre forme. Il nascere stesso di altre prospettive è combattuto dall'arroganza di uno spirito rudimentale che non vuole prendere coscienza della propria arbitrarietà.

Questo mi sembra un punto importante: vedere il pericolo non nella scelta dell'inganno, cioè del tipo di visione (religiosa o metafisica o artistica etc.) che si decide di abbracciare, ma nella rimozione del fatto che c'è stata scelta, quindi arbitrarietà, quindi alla radice quell'ingiustizia che non può essere separata dal vivere e che va accettata.


Yes sir.  8)


Tranne nel fatto che l'inganno non è importante ai fini della critica politica alla nascita della morale.
Ma è invece il problema principale nella metafisica, non lo sottovaluterei Koba.


E infatti sempre in ouverture sta scritto perchè la filosofia si interroga sulla verità (Platone e Aristotele e giù di lì fino alle ontologie moderne).
E non si interroga sulla menzogna?
In realtà mi ricordo che per esempio Agostino se ne è occupato.


E infatti il problema metafisico che si trascina alla corte del giudizio critico sulla politica arcaica, e quindi odierna, perchè non ancora pensata (come ben dici, ignoriamo completamente il problema), è di fatto la filosofia di Nietzche nella sua quint'essenza


Certo noi tapini, facciamo fatica anche solo a metterci in quel punto di vista, dove addirittura lo stesso giudizio è messo alla prova di un pensiero superiore alla sua mera accettazione supina.


Nietzche è un rivoluzionario totale, ma non a livello morale, perchè di fatto accoglie il moralismo francese e dunque la sua soluzione è il gargantua e pantagruele, è l'orlando furioso.
Ossia la vita letteraria. La vita intellettuale.
No io non lo seguo quando va oltre. Mi affido letteralmente alle sue allegorie.
Non riesco a vedermi come un deserto, eppure io sono esattamente quel deserto, da dove si sentono gli angeli, e gli angeli diventano una maledizione come fanciulle.
La prima elegia di Rilke, è da riflettere.


Certo perchè Rilke insieme a Kafka sono quelli che si pongono all'altezza di Nietzche.
E vista la loro forza letteraria direi molto più in su.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Citazione di: paul11 il 06 Dicembre 2021, 17:15:26 PM


Non mi risulta che la metafisica si sia posto il problema di una nascita fra opposti e per giunta dove una parte appartenete a "poli superiori": ma di cosa e di chi parla Nietzsche? Socrate e quindi Platone l'ho studiato tutto e di  Arisitotele sto riprendendo proprio "Metafisica".
Gli opposti, o contrati, o antagonisti, o mancanza e assenza, o pieno o vuoto, ecc. sono evidenze che tutti i filosofi greci, non solo metafisici discussero. Direi che era filosofia della natura e fisica di quel tempo. Ma non c'è un concetto di "miracoloso" in un "polo superiore".


Certo che l'approccio di Nietzsche è positivistico. Che cosa mai avrebbe accertato la scienza moderna in fisica: che non esistono opposti? E tutti i legami polari chimico-fisici, l'elettrolisi, il catodo e l'anodo delle batterie? Tutto l'elettromagnetismo è fondato su polarità.
E cosa c'entra l'elettromagnetismo con la razionalità e irrazionalità, con i sentimenti?


La posizione di Nietzsche è di psicologismo empirico appoggiato all'evoluzione darwinista, appunto tipicamente positivista.
La filosofia poggiata sullo psicologismo è foriera di forti sbandamenti e ambiguità, poiché si può dire di tutto e il contrario di tutto,  essendo fondata su niente .Che cosa è la psiche ontologicamente, se non un luogo inventato a sua volta per togliere all'antica psichè( L'anima) la condizione di esistenza? Tant'è che semmai la filosofia si è spostata sulla cognizione come ha cercato a sua volta di fare Husserl nella fenomenologia. La filosofia si interrogò sul processo conoscitivo, la gnoseologia.
Nietzsche è contraddittorio e irrazionalista, ma non sono da prendere come "brutte parole" contro Nietzsche, è la sua posizione estetica (contraddittoria poiché è imbevuta di positivismo del mainstream culturale di allora e ambigua poiché in fondo si schiera contro la cultura di allora, si direbbe un pensatore(non un filosofo) critico con due piedi in due scarpe diverse. Ma forse è proprio questo che lo caratterizza. Desidererei che si capisse che la mia non è una posizione "contro" Nietzsche ( sarebbe da parte mia stupido aver perso tempo a studiarlo).


Si è vero la posizione psicologista Nicciana è di matrice evidentemente positivista.
Forse la contraddizione che tu vedi è tra il soggetto che Nietzche è, e invece la sua filosofia che con il suo autore entra in polemos.
Come già detto in altre parti a me non interessa questa posizione fisicista, e certo, priva lo stesso suo autore, degli orizzonti da cui altri, noi moderni, abbiamo imparato ad indagare e conoscere le nefaste conseguenze di tale pensiero (Husserl etc..)
D'altronde lo stesso concetto di eterno ritorno mi pare una conseguenza di questo mal avviso.
La grandezza di Nietzche è la capacità di mettersi in moto contro questa stessa presunzione.


La filosofia di Nietzche è un continuo scontro con lo psicologismo di Nietzche, che sia una volontà di potenza, o una presunzione della scienza positivista, non ha alcun effetto sulla sua dialettica del sentimento.
Infatti come Nietzche si illude di credere di essere un fisicalista, così ci fa notare ad ogni nota e piè sospinto che non è quello il punto! Infatti essa è una illusione.
Nietzche si assume il peso schiacciante del positivismo e diventa il profeta del futuro, ossia del nichilismo.
Ossia Nietzche raggiunge il nichilismo proprio a partire dal suo tempo, ma lo fa ben oltre, a partire da ogni tempo.
Quindi si è ben accetto e argomentato il tuo dissapore verso il nostro.
Mi stupisce solo che non vedi questa lotta interna allo stesso Nietzche.
D'altronde egli sta insegnandoci a fare guerra a noi stessi, come poteva non fare guerra a se stesso?
La sua sottile arte letteraria è piena di trabocchetti.
Per esempio solo Cacciari si è accorto che l'eterno ritorno è il discorso della scimmia e non del suo autore ossia della sua filosofia.
Il suo autore è criticabile, e lo criticheremo, ma non la sua filosofia.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

paul11

@ Kobayashi
Adesso ti sei spiegato decisamente meglio, e infatti mi ci trovo.


Veniamo al focus  su Nietzsche.
Crede in un mondo anti-morale e adatto che la morale è costituita dalla metafisica filosofica e soprattutto dalle religioni, ritiene che la contrapposizione fra anima (idea) e corpo(fisica) sia l'origine della morale.
Prima di tutto in filosofia metafisica greca non c'è la contrapposizione fra anima e corpo seppur venga accettata la differenza soprattutto in Socrate-Platone, meno in Aristotele.
Il dualismo non è una necessaria, semmai è possibile, contrapposizione, l'anima è immortale poiché è l'anima che anima(gioco di parole) il corpo. Quindi è miracoloso che Nietzsche sia nato se lui non sa spiegare ( e nessuno scientificamente lo sa spiegare) cosa sia la vita. Questo fa della vita il "miracolo" creazionista.
La trasmigrazione delle anime che viene da Pitagora ed è a sua volta originata dall'ermetismo egizio è precedente alla nascita della filosofia greca , tant'è che in un dialogo socratico di Platone se ne parla, ma senza quel dualismo estremistico imputato da Nietzsche. E' vero che  l'immortalità dell'anima pone una proprietà fondamentale, ma non significa affatto per i metafisici di allora che il corpo fosse "non nobile": tutt'altro.  La demolizione della morale per Nietzsche presuppone la demolizione dell'anima e del "mondo delle idee" tipico della metafisica intesa come oltre la fisica (Nietzsche cade in contraddizione allora se pensa ad un Oltre-uomo ),
quindi ritiene che il pensiero deduttivo seppur logico che vada oltre l'evidenza sensibile sia "miracoloso".  Io direi a Nietzsche che allora è "miracoloso" il fatto che lui stesso  pensi e non sappia dire da dove venga esercitato ,l'atto del pensare. Pensare oltre la morale, oltre la religione e oltre l'uomo è ancora pensarli e questo è contraddittorio poiché il suo pensiero poggia sulla negazione non sulla positività , come molto del pensiero attuale e moderno: è privo di ontologia.


Il trascendente, il trascendentale e l'immanentistico sono dentro il "mito della caverna" di Platone, se abbiamo davvero capito quel mito, cioè la relazione del vedere farsi un'idea sul veduto decidere se è vero-verosimile-falso. Il trascendente è un termine più teologico che metafisico, il trascendentale è l'uso modernista di Kant per spiegare il pensiero e la conoscenza  dichiarando il noumeno, l'immanentismo è spiegato nella metafisica con il divenire. Ma sono tre termini molto più usati ,se non solo usati, dalla modernità a noi, o al massimo nel pensiero latino tardo medievale.
Platone che ritiene il mondo delle idee superiore a quello delle apparenze, non ha una contrapposizione così forte  come ad esempio in alcuni patristi cristiani; nella cultura greca ,le polarità ,le dualità e contrari e contrasti erano accettati e la morale poggia sulla natura non su una rivelazione divina, in questo è deviante o comunque molto poco chiaro Nietzsche.
C'è una Bibbia, di cui fa parte il Vangelo cristiano, c'è un pensiero filosofico soprattutto metafisico greco, c'è una ellenizzazione del pensiero sotto Alessandro Magno e il ponte con il mondo latino romano, ma non si fa di tutto il pensiero un fascio ,vi sono diversità interne e anche profonde che purtroppo essendo invise ai Nietzsche e ai moderni, sono ancora in attesa di essere svelati, approfonditi, ripresi.
Senza morale, piaccia o non piaccia, non esiste una narrazione collettiva storica di nessun popolo poiché dentro i miti, sono dentro le morali . Togliere la morale significa collassare l'identità individuale e collettiva di popolo , senza morale non esiste idea e non esiste partito politico. Per questo in Platone/Socrate è forte la relazione fra sovrano-popolo-morale- polis.


E' chiaro che scrivere succintamente in un forum si rischia la superficialità, ma Nietzsche crede tutto sommato nelle scienze moderne, nel kantismo, nel darwinismo: ma è ovvio. O si crede nella metafisica o si cade nello scientismo e Nietzsche ha compiuto la sua scelta.


E da dove deduci che 18-"Problemi fondamentali della metafisica" , abbia a che fare con il dialogo socratico di Platone il Sofista? In questo aforisma continua ad attaccare la metafisica, ma non è solo la metafisica è il pensiero soprattutto logico che non gli va, in quanto per Nietzsche, stimoli organici, sensazioni non sono riconducibili a spiegazioni  e narrazioni tali da relazionarli a qualcosa ,come appunto fa il pensiero ( ma Anche Nietzsche contraddicendosi lo fa....).
Ma è importante quello che scrive nella parte finale di questo aforisma Nietzsche che rafforzerà poi in altri aforismi dicendo che l'uomo è totalmente deresponsabilizzato e quindi ingiudicabile.
Scrive nel brano 18 ....." Noi abbiamo fame, ma in origine non pensiamo che l'organismo deve essere conservato: a noi sembra che quella  sensazione ci si manifesti senza causa e senza scopo, essa si isola e si considera come arbitraria. Dunque, la credenza nella libertà della volontà è un errore primordiale di tutto ciò che è organico, così antico come il tempo da cui esistono in lui le emozioni logiche, la credenza in sostanze incondizionate ed in cose eguali è pure un errore originario, ed altrettanto antico, di tutto ciò che è organico. Ma in quanto ogni metafisica si occupò di preferenza della sostanza e  della libertà del volere, la si può definire come la scienza che tratta degli errori fondamentali degli uomini,- ma li tratta come se fossero fondamentali virtù.


Quì Nietzsche scende ad un basso livello intellettuale, per lui la volontà libera è quindi la sua mente è un suppellettile inutile. Poi si contraddice, cosa mai sarebbe allora il Super-uomo se non utilizzasse la libera volontà? Sempre per motivi anti-morale Nietzsche tenta di destrutturare il pensiero metafisico. Ma poi se il pensiero metafisico fosse in errore, quale sarebbe mai il parametro di giudizio ? Quale è il "giusto"?

paul11

 @Green,
Nietzsche o è venerato o odiato, vie di mezzo sono difficili e ognuno ha una sua lettura, perché Nietzsche non scrive filosofia in maniera organica e strutturata. Confrontarsi sul testo è l'unico modo per dirimere interpretazioni differenti , o comunque per chiarirsi,anche se poi ognuno rimanesse del proprio parere.


Nietzsche è un esteta perché ama l'arte e questa è costruita sulle intuizioni non sui concetti.
Per questo Nietzsche segue istinti-impulsi-intuizioni e si scontra con ragione-concetto-logica.


Cosa intendi che Nietzsche sia un moralista? Se si scaglia contro la morale religiosa e metafisica , quale morale allora dichiarerebbe e fondata su cosa?


Se tu stesso infatti ammetti che Socrate/Platone e Aristotele direi molto meno  e Gesù nei Vangeli  sa legare i sentimenti e i concetti dentro la morale, tant'è che uno costituisce una maieutica costruita sul pensiero dialettico, l'altro costruisce le parabole che sono narrazioni di esempi morali. Adatto che Nietzsche si scaglia proprio contro entrambi? O è in contraddizione o non si capisce, o non ha capito lui niente.
Nietzsche  sposa la dottrina del sensibile intesa come natura fisica scientifica, non gli va la metafisica, l'oltre il sensibile.


Nietzsche accetta Kant poiché quest'ultimo inventandosi il noumeno non andò oltre il trascendentale del pensiero che significa attenersi all'empirico , Hegel è completamente diverso e quindi inviso da Nietzsche, è la presenza dello Spirito nel mondo  in Hegel che aleggia.
L'imperativo categorico kantiano è una motilità intestinale dove la morale è fondata sul nulla. Senza metafisica non si è mai riusciti a costruire una morale "alternativa": questo è un punto determinante nella costruzione dell'identità individuale e collettiva dei popoli e del decadimento attuale .
La morale è la narrazione storica di un popolo nella tragedia e nell'amore, senza questo ricordo nella tradizione un popolo unito si frantuma in individui che non sanno condividere.


Nietzsche è soggettivista, come tutti i moderni.
I moralisti francesi non hanno una morale....trovo ridicolo secondo cui Montaigne sarebbe un moralista quando è un precursore di Nietzsche. Allora i mistici cosa sarebbero ?


La morale non va cercata solo nell'uomo, questo è l'errrore dei moderni che non lo hanno trovata nemmeno nello psicologismo.
Questi antropologhi e psicologi da due soldi non sanno capire la morale di un cannibale o tagliatore di teste, da un sacerdote caldeo o dall'ermetismo egizio. La morale non è il costume di un popolo, semmai i costumi che vediamo per il mondo indicano il loro modo di vivere ,di essere e stare nel mondo che implica la morale. L'etica è ciò che vediamo, i comportamenti, mentre la morale è ciò che sottende all'etica e persino alle legislazioni ed è generalmente raccontata nelle tradizioni dei popoli, è un vero e proprio arche-tipo. La morale non è la tavola delle leggi di Mosè, è il "patto", la relazione fra Dio e uomo che costruisce l'universale-naturale-umano. Il nomos di Pindaro da cui deriva la sovranità nasce dalla morale.La morale quindi precede la formazione di un popolo, di una polis è la sua narrazione, la sua tradizione storica, la sua identità. Questo Nietzsche o non lo ha capito, e per questo politicamente capisce "na mazza", o non afferra le relazioni fra uomo naturale e uomo culturale e la sua storia. Se ogni popolo della terra ha una morale, ha una religione, significa che non è l'intellettualismo filosofico il problema, non era questa l'analisi da fare per arrivare a distruggere la morale.
La morale è il pensiero costruito su relazioni fondamentali , su come pensiamo che funziona il mondo nella sua essenza, mentre l'etica è la pratica, il comportamento che prendiamo  come consono all'idea di mondo che ci siamo costruiti. Ecco perché c'è differenza fra giustizia come idea morale e la legge come concetto politico e il motivo per cui la morale dichiara le virtù e i vizi, il bene e il male. La legge politica condizionando i comportamenti quindi l'etica ,può entrare in collisione con la morale che a sua volta può essere una costruzione individuale, di popolo, religiosa o spirituale.




Il Bene per Platone non è affatto Dio, il demiurgo, anzi il Bene precede il demiurgo, quindi anche su queste relazioni si fanno confusioni. Il Bene è quello che è per  Platone; è l'universo, la vita, la natura-Platone è stato molto travisato .

paul11

 

L'uomo non è solo natura, Nietzsche deve farsene una "ragione", essendo appunto l'uomo anche cultura, ragione. La morale non è una invenzione intellettuale e neppure naturale. È entrambe.
Non essendovi una natura morale, animali morali, gli umani essendo istinto e ragione hanno costruito relazioni particolari. La morale è necessaria nell'uomo ,non nei vegetali e negli animali, poiché è la relazione dell'armonia ed equilibrio che decide fra la volontà di potenza umana e il rapporto con la natura e gli altri umani come società. Essendo l'uomo potente, poiché con la ragione costrusce armi, tattiche e strategie superiori ai viventi,  o quell'istinto edonista viene in qualche modo temperato, armonizzato modualto, limitato, oppure non poterebbe esistere l'uomo sociale.
Il "guerriero" nitzscheano deve sapere quando essere spietato e quando misericordioso.
Non regge uno "spontaneismo" individuale dentro un sistema organizzato sociale umano, la relazione fra individuo e sociale ha una zona di rispetto e di libertà,in cui l'individuo può vivere in sicurezza.
Quindi sì, la morale è un principio generale, ma non è individuale. Oggi è molto individuale e sta collassando la relazione sociale. La ricerca può essere individuale e soggettiva, ma la narrazione non può essere individuale. La Bibbia e il Corano sono racconti di tribù nomadi che una unica narrazione ha unificato come nazione di popolo e poi come Stato. Per questo la religione è potente, è  direttamente morale, poiché la scrittura rivelata  ha all'interno la morale. Per certi versi anche il marxismo quando storicizza lo sfruttamento compie una morale.
Lo Stato non impone una morale, perché esso stesso come Stato è nato da una morale, di tragedie storiche, di territorio. Lo Stato impone la Legge che non è la morale.


I totem e tabù sono morali quanto Dio.




Citaz Green
Mi stupisce solo che non vedi questa lotta interna allo stesso Nietzche.


Io le ho chiamate contraddizioni, dicendo che non è questa una "brutta" parola ,perchè in fondo la vita e noi stessi siamo un contraddittorio. Nietzsche è quindi da un certo punto di vista l"uomo".

Kobayashi

Citazione di: green demetr il 07 Dicembre 2021, 15:58:00 PM
Per esempio solo Cacciari si è accorto che l'eterno ritorno è il discorso della scimmia e non del suo autore ossia della sua filosofia.
In che senso? Perché dell'eterno ritorno N. ne parla sempre come del suo pensiero più grande.
Viene dalla scimmia nel senso di un inganno necessario?

Kobayashi

Veniamo alla morale, quindi alla seconda parte di "Umano, troppo umano", "Per la storia dei sentimenti morali".

N. si pone nei confronti della morale non come chi progetta di distruggerla (in una delle sue forme, per esempio quella cristiana), o almeno non solo come chi progetta di distruggerla, ma anche come chi è certo che la morale non possa essere altro che un inganno che storia dell'uomo e psicologia dimostrano in modo incontrovertibile.
N. sembra cioè che si disponga semplicemente ad accogliere questa verità, i risultati di un lungo percorso critico. Sembra si assuma il ruolo di mostrarne l'ineludibilità.
La cosa interessante però è che qua e là, tra gli aforismi critici, spunta anche qualche frammento che si potrebbe intitolare "verso una nuova etica",  come il brano [49] sulla benevolenza, cui segue non a caso quello critico-negativo sulla compassione.
Se cioè da una parte accoglie e approfondisce e chiarisce la distruzione della morale tradizionale, dall'altra inizia a lasciare anche qualche riflessione sugli effetti positivi che la liberazione da essa porterà.
Per esempio il brano [56] in cui descrive un uomo liberato dai tormenti della religione e della morale, calmo, consapevole che non esiste il bene e il male assoluti, e che proprio per questo non finirà per essere soggiogato dalla forza dei desideri (si presume che le passioni vengano alimentate da verità assolute, che l'ossessione del peccato produca forme morbose sia sul versante del desiderio di purezza e che di quello della tentazione).
Ogni meta risulterà depotenziata dalla conoscenza. Lo potremmo definire l'abbozzo di un relativismo salutare.
Anche in conclusione della prima parte, "Delle prime e ultime cose", nel brano [34], fa delle riflessioni in linea con questo abbozzo di ethos.
Il tema in quel caso era: se la filosofia, tornando ad essere "scientifica" dopo la lunga fase della metafisica (fase iniziata, secondo N., con la scelta di Socrate di porre come criterio della conoscenza la felicità umana) non finisca così per essere contro la vita. Cioè la questione dell'effetto della conoscenza.
Ecco che accanto agli effetti di distruzione della conoscenza appare questo uomo nuovo che sente "come lo stato più desiderabile, quel libero, impavido librarsi al di sopra degli uomini, dei costumi, delle leggi e delle tradizionali valutazioni delle cose". Una creatura pacificata. Una versione amabile dell'oltre-uomo...

C'è comunque anche un'esplicita confutazione della morale. Si trova nel brano [39]. Una confutazione storico-evolutiva, diciamo così. Il ragionamento è il seguente:
- inizialmente (si presume nei tempi remoti) si assegna "buono" o "cattivo" agli effetti di un'azione;
- poi si passa a definire buona o cattiva l'azioni in se', indipendentemente dagli effetti;
- quindi ci si interessa alle sole intenzioni: sono queste ad essere valutabili moralmente;
- poi si prosegue e si valuta l'uomo nel suo complesso, il suo essere, non il singolo motivo;
- infine si prende atto che, essendo ciascuno così com'è non per propria scelta, ma per effetto di natura e ambiente, non può esserci responsabilità.

E così, dice N., si è giunti a riconoscere che l'evoluzione dei sentimenti morali è la storia di un errore. Perché tutto il processo è basato sull'errore di credere alla libertà del volere.
E qui veniamo in effetti a quella contraddizione fatta notare da Paul: che senso avrebbe tutta la filosofia di N. in un sistema che non ammette il libero arbitrio?

Kobayashi

#26
La contraddizione descritta sopra è forse solo apparente:
- abbiamo visto che per N. non c'è responsabilità morale perché la scelta di una certa azione non è presa liberamente, ma è il risultato di un conflitto interiore che si risolve con il prevalere di quella motivazione che, per cause organiche o ambientali, ha raggiunto, rispetto a tutte le altre, l'intensità maggiore;
- nello stesso modo va giudicato l'uomo della conoscenza: non ha meriti per la scelta di perseguire le sue ricerche, esattamente come il ladro non va condannato moralmente per i suoi furti;
- ma la conoscenza, essendo rivelazione di questi stessi meccanismi, rompe questo ciclo di necessità: la consapevolezza della realtà delle cose, svelando l'inganno, toglie forza alle motivazioni interne, scioglie dalla lotta (Schopenhauer?);
- la civiltà è destinata a crescere in conoscenza, anche in conoscenza di questi fattori su cui hanno prosperato morale e religione, e un giorno, nella sua parte più evoluta, potrà produrre l'uomo saggio e innocente;

In conclusione della seconda parte nel brano [107] si legge:

"L'abitudine ereditaria di valutare, amare e odiare erroneamente può ben continuare a regnare in noi; sotto l'influsso della crescente conoscenza diventerà tuttavia più debole: una nuova abitudine, quella di comprendere, di non amare, di non odiare, di guardare dall'alto, si radica a poco a poco in noi sullo stesso terreno, e tra migliaia di anni sarà forse abbastanza potente da dare all'umanità la forza di produrre l'uomo saggio e innocente".

Alexander

#27
Buongiorno a tutti


Ma perché poi l'"Uomo saggio e innocente" dovrebbe essere preferibile all'attuale o all'uomo del passato? Non c'è alcuna motivazione. Infatti non è dimostrabile che saggezza e innocenza aumentino la piacevolezza della vita, che in sostanza è ciò che cercava N. L'uomo attuale comprende infinitamente più dell'uomo del passato, ma è più felice? Non troviamo in N. la stessa non-accettazione dell'esistenza "così com'è" quando si sogna una trasformazione che renda "più uomo" l'uomo? Il concetto di evoluzione come continuo miglioramento è tipicamente tardo ottocentesca, ma l'attualità sembra dirci altro al riguardo.

Kobayashi

Citazione di: Alexander il 09 Dicembre 2021, 10:23:22 AM
Ma perché poi l'"Uomo saggio e innocente" dovrebbe essere preferibile all'attuale o all'uomo del passato? Non c'è alcuna motivazione. Infatti non è dimostrabile che saggezza e innocenza aumentino la piacevolezza della vita, che in sostanza è ciò che cercava N. L'uomo attuale comprende infinitamente più dell'uomo del passato, ma è più felice? Non troviamo in N. la stessa non-accettazione dell'esistenza "così com'è" quando si sogna una trasformazione che renda "più uomo" l'uomo? Il concetto di evoluzione come continuo miglioramento è tipicamente tardo ottocentesca, ma l'attualità sembra dirci altro al riguardo.

Per N. il processo della conoscenza non può essere interrotto. Anche se ci si rende conto che la filosofia è contro la vita, non si può fare un passo indietro.
Allora si può solo cercare di scovare, in questo avanzamento, qualcosa di meno desolante del presente.
In effetti ci si potrebbe chiedere se questa non sia un'ultima forma di ottimismo. Un'ultima illusione. Pensare cioè che dalla conoscenza possa saltare fuori un uomo saggio e innocente.
Perché, secondo me, che uomini saggi e innocenti siano meglio degli uomini-iene del nostro tempo, è sicuro.
Che dagli uomini-iene però possano nascere uomini saggi e innocenti, beh, in effetti questo è tutto un altro discorso...
Ed è un discorso che contraddice l'invito del brano [71] di vivere senza speranza...

Kobayashi

#29
Citazione di: green demetr il 30 Novembre 2021, 11:36:46 AM

Sinceramente a parte me, non vedo nessuno che abbia anche solo cominciato a capire di che cavolo parla il nostro.

Bene rileggiamolo insieme!!! forse lo capisco, forse lo capisco. >:(

C'è da chiedersi se sia il caso di continuare con questo atteggiamento per cui fare filosofia è capire i testi e la massima beatitudine è padroneggiarne la tradizione.

A conclusione del secondo volume di "Umano, troppo umano", nel "Viandante e la sua ombra", N. fa dire all'ombra, compagna del pensatore solitario in presenza della luce (=di una conoscenza che vuole fare chiarezza tra le oscurità romantiche, religiose, metafisiche):

"Di tutto ciò che hai detto, nulla mi è piaciuto più di quella promessa: diventerete di nuovo buoni vicini delle cose prossime".

Si riferisce al fatto che finora si è ignorato ciò che conta di più per i singoli (saper impostare la propria condotta di vita: il rapporto con gli amici, il lavoro, l'alimentazione, il sonno, le condizioni più propizie per il proprio pensiero etc.) a causa di una tradizione idealista che valorizza l'opposto: la salvezza dell'anima, il rispetto dello Stato, la fede nel progresso della scienza, in generale cose che una cultura che si pone come universale dichiara essere utili all'umanità.

Si può dare questa interpretazione: la traiettoria dello spirito libero tratteggiato in "Umano, troppo umano" si chiude al di là della tradizione filosofica (della metafisica), nell'abbozzo di un sapere (un nuovo Rinascimento?) che sembra voler andare al di là dell'alternativa tra cultura e vita concreta, nell'abbozzo della costruzione di una nuova spiritualità.
Invita a non farsi irretire da vecchie nostalgie, a dirigere la propria ragione verso ciò che conta di più per la vita di ciascuno, il che significa preparare e realizzare trasformazioni reali nell'ambiente in cui si vive.

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