[GDL] Umano troppo Umano di Nietzche (rinascenza nicciana parte 1)

Aperto da green demetr, 30 Novembre 2021, 11:36:46 AM

Discussione precedente - Discussione successiva

Ipazia

Più che "nuovo" è un Rinascimento rinnovato, già maturo nella Lettera a Meneceo  di Epicuro, rappresentante emblematico di quella filosofia della prassi sconfitta da millenni di platonismo ultramondano. L'ultima opera nicciana, che spiega e rinnova questa filosofia antimetafisica, "buona vicina delle cose prossime", è l'abbraccio ad un povero cavallo frustato dal padrone in quel di Torino. Poi passerà il testimone a noi postumi, rifugiandosi nel silenzio della sua mente divenuta, per noi, immortale.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Kobayashi

Abbracciare un cavallo per le strade di Torino, sotto gli occhi della gente, può significare essere andati fuori di testa oppure voler indicare, con un gesto pubblico eclatante, che mi riconosco più nell'animalità che nei calcoli dell'utile umano, del profitto economico da estrarre da una bestia o da quello esistenziale dell'approvazione che si ottiene conformandosi ai costumi (che non prevedono lacrime versate in pubblico per un cavallo).

Ma appunto qui, di questo incredibile percorso umano e filosofico, siamo alla fine.
L'inizio è invece il tema del divenire ciò che si è: ovvero realizzare in opere e tracce se stessi.
Tema che si lega subito al problema di come un processo del genere possa svincolarsi dalla produzione automatica che viene dal corpo.
Infatti come dice Zarathustra: "Dietro i tuoi sentimenti e pensieri, fratello, sta un possente sovrano, un saggio ignoto – che si chiama Sé. Abita nel tuo corpo, è il tuo corpo".
Si può allora diventare ciò che si è evitando che questo divenire non sia altro che il risultato di un programma biologico?

La teoria viene dal corpo, ma una volta prodotta questa prima forma filosofica, questo primo sistema di pensiero involontario, si sviluppa come una forma organica, in modo indipendente, costringendo l'autore a inseguirla, nell'ossessione di chiarire se stesso nel rapporto con essa.
È l'oscillazione che si trova in tutta l'opera di N. tra l'esigenza di definirsi, di circoscrivere la propria identità in modo veritiero e il gioco della dissimulazione, delle maschere.
"Ascoltatemi! Perché sono questo e questo. E soprattutto non scambiatemi per altro!", si legge all'inizio di "Ecce homo".

Tuttavia questa tensione non è solo il sintomo della parziale consapevolezza di un certo automatismo nella produzione di se stessi nell'opera filosofica, ma anche il segno rivelatore dell'esigenza di sottoporre a critica questo automatismo.
Si può vedere in ciò lo sforzo per introdurre gradi di libertà in un automatismo che dobbiamo accettare, ma appunto anche criticare.

L'indicazione allora è: allenarsi ad abitare il paradosso di automatismo e critica per affrontare il blocco capitalistico-metafisico del presente con strumenti adatti alla realizzazione di sovvertimenti (grandi o piccoli, anzi, forse solo piccoli) e la sicurezza in se stessi sufficiente ad evitare scappatoie nelle costruzioni consolatorie dell'interiorità o nella morte.

Ipazia

E' una cruna d'ago sottilissima tra conformismo sociale e nichilismo il passaggio obbligato dopo la caduta degli dei e l'avvento dei truffatori.  Nelle ultime opere FN insiste sul ritorno alla terra, sulla razionalità del corpo contrapposto all'infondatezza della speculazione metafisica, al lavoro velenoso della tarantola.

Poichè l'automatismo biologico lascia ben poco spazio all'illusione idealistica, non resta che trarre lo spirito dalla materia bruta, redimendola con l'amor fati ("Ogni "così fu" è un frammento, un enigma, una casualità orrida fin quando la volontà che crea non dica anche: "ma così volli che fosse!").  Solo da quel caos materico immodificabile può nascere una stella danzante.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

baylham

Citazione di: Ipazia il 17 Dicembre 2021, 18:06:09 PM
"Ogni "così fu" è un frammento, un enigma, una casualità orrida fin quando la volontà che crea non dica anche: "ma così volli che fosse!"


Un buon esempio di inganno, illusione idealistica.

Ipazia

Citazione di: baylham il 17 Dicembre 2021, 18:21:36 PM
Citazione di: Ipazia il 17 Dicembre 2021, 18:06:09 PM
"Ogni "così fu" è un frammento, un enigma, una casualità orrida fin quando la volontà che crea non dica anche: "ma così volli che fosse!"
Un buon esempio di inganno, illusione idealistica.
Direi di no perche è la semplice presa d'atto del nostro destino evolutivo al netto di ogni illusione iperuranica caratteristica del mondo delle idee da Platone in poi. Far seguire alla presa d'atto il farsene carico è la replica di Nietzsche-Zarathustra al crudo responso di Sileno, oltrepassando la passività tanto delle risposte nichiliste che di quelle conformiste.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

green demetr

Citazione di: paul11 il 08 Dicembre 2021, 00:59:08 AM


E da dove deduci che 18-"Problemi fondamentali della metafisica" , abbia a che fare con il dialogo socratico di Platone il Sofista? In questo aforisma continua ad attaccare la metafisica, ma non è solo la metafisica è il pensiero soprattutto logico che non gli va, in quanto per Nietzsche, stimoli organici, sensazioni non sono riconducibili a spiegazioni  e narrazioni tali da relazionarli a qualcosa ,come appunto fa il pensiero ( ma Anche Nietzsche contraddicendosi lo fa....).
Ma è importante quello che scrive nella parte finale di questo aforisma Nietzsche che rafforzerà poi in altri aforismi dicendo che l'uomo è totalmente deresponsabilizzato e quindi ingiudicabile.
Scrive nel brano 18 ....." Noi abbiamo fame, ma in origine non pensiamo che l'organismo deve essere conservato: a noi sembra che quella  sensazione ci si manifesti senza causa e senza scopo, essa si isola e si considera come arbitraria. Dunque, la credenza nella libertà della volontà è un errore primordiale di tutto ciò che è organico, così antico come il tempo da cui esistono in lui le emozioni logiche, la credenza in sostanze incondizionate ed in cose eguali è pure un errore originario, ed altrettanto antico, di tutto ciò che è organico. Ma in quanto ogni metafisica si occupò di preferenza della sostanza e  della libertà del volere, la si può definire come la scienza che tratta degli errori fondamentali degli uomini,- ma li tratta come se fossero fondamentali virtù.


Quì Nietzsche scende ad un basso livello intellettuale, per lui la volontà libera è quindi la sua mente è un suppellettile inutile. Poi si contraddice, cosa mai sarebbe allora il Super-uomo se non utilizzasse la libera volontà? Sempre per motivi anti-morale Nietzsche tenta di destrutturare il pensiero metafisico. Ma poi se il pensiero metafisico fosse in errore, quale sarebbe mai il parametro di giudizio ? Quale è il "giusto"?




Non sono pratico di Platone, faccio fatica a leggerlo. Ma sicuramente non condivido la secca bocciatura che ne fa Ipazia.


Sebbene sia indirizzato a Koba, provo però a riprendere questo punto finale.


Nella concezione scientista nicciana, l'organicità contiene delle leggi meccaniche, ma al netto di questa credenza, il risultato da cui poi dipana la sua filosofia è esattamente il contrario di quanto affermi.


Infatti da queste leggi meccaniche Nietzche fa originare il pensiero politico umano.
Ma è evidente che per lui questo è esattamente il problema, non la conclusione logica, come mi pare tu abbia interpretato.


Infatti come per Platone, come per Kant anche per Nietzche il pensiero è piuttosto un agone dello scientismo che diventa erroneamente morale.


Il punto dunque si sposta su cosa sia il pensiero. Ed siamo dunque al cuore della filosofia idealista, che ragiona del pensiero a partire dal nuovo punto di vista del soggetto.
Nietzche è semplicemente il suo esponente più alto, perchè non è così illuso da porsi fuori dal punto di vista stesso, è per questo che come dice Sini, Nietzche arriverà allo sguardo dell'aquila, al terzo occhio, che è poi l'occhio del pensiero, oltre il soggetto, oltre la cultura, a guida del soggetto, a guida della cultura.


Il Nietzche scientista che tanto ci da fastidio, è semplicemente il Nietzche soggetto, non il Nietzche filosofo.


E' all'interno della sua filosofia, della filosofia del terzo occhio, del volo d'aquila, che non vi è alcuna contraddizione.


Penso che il forum invece dovrebbe essere proprio il luogo principale di qualsiasi filosofia.
Dove è chiaro da che parte sta un filosofo.
Dove il polemos si scatena subito. E chissà perchè Nietzche scatena sempre polemos.


Invece nei fogli accademici, all'interno delle loro 20 o 50 pagine di pensieri ridicoli, i ricercatori non si confrontano con esseri umani pensanti, ma con le istituzioni che dicono quali siano i punti da discutere e quali no (obbrobrio del piegarsi alla filosofia americana).


Tu che stai leggendo Platone dovresti sapere quanto il forum di Atene fosse un luogo importante.

Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Citazione di: paul11 il 08 Dicembre 2021, 12:02:32 PM
@Green,
Nietzsche o è venerato o odiato, vie di mezzo sono difficili e ognuno ha una sua lettura, perché Nietzsche non scrive filosofia in maniera organica e strutturata. Confrontarsi sul testo è l'unico modo per dirimere interpretazioni differenti , o comunque per chiarirsi,anche se poi ognuno rimanesse del proprio parere.


Nietzsche è un esteta perché ama l'arte e questa è costruita sulle intuizioni non sui concetti.
Per questo Nietzsche segue istinti-impulsi-intuizioni e si scontra con ragione-concetto-logica.


Cosa intendi che Nietzsche sia un moralista? Se si scaglia contro la morale religiosa e metafisica , quale morale allora dichiarerebbe e fondata su cosa?


Se tu stesso infatti ammetti che Socrate/Platone e Aristotele direi molto meno  e Gesù nei Vangeli  sa legare i sentimenti e i concetti dentro la morale, tant'è che uno costituisce una maieutica costruita sul pensiero dialettico, l'altro costruisce le parabole che sono narrazioni di esempi morali. Adatto che Nietzsche si scaglia proprio contro entrambi? O è in contraddizione o non si capisce, o non ha capito lui niente.
Nietzsche  sposa la dottrina del sensibile intesa come natura fisica scientifica, non gli va la metafisica, l'oltre il sensibile.


Nietzsche accetta Kant poiché quest'ultimo inventandosi il noumeno non andò oltre il trascendentale del pensiero che significa attenersi all'empirico , Hegel è completamente diverso e quindi inviso da Nietzsche, è la presenza dello Spirito nel mondo  in Hegel che aleggia.
L'imperativo categorico kantiano è una motilità intestinale dove la morale è fondata sul nulla. Senza metafisica non si è mai riusciti a costruire una morale "alternativa": questo è un punto determinante nella costruzione dell'identità individuale e collettiva dei popoli e del decadimento attuale .
La morale è la narrazione storica di un popolo nella tragedia e nell'amore, senza questo ricordo nella tradizione un popolo unito si frantuma in individui che non sanno condividere.


Nietzsche è soggettivista, come tutti i moderni.
I moralisti francesi non hanno una morale....trovo ridicolo secondo cui Montaigne sarebbe un moralista quando è un precursore di Nietzsche. Allora i mistici cosa sarebbero ?


La morale non va cercata solo nell'uomo, questo è l'errrore dei moderni che non lo hanno trovata nemmeno nello psicologismo.
Questi antropologhi e psicologi da due soldi non sanno capire la morale di un cannibale o tagliatore di teste, da un sacerdote caldeo o dall'ermetismo egizio. La morale non è il costume di un popolo, semmai i costumi che vediamo per il mondo indicano il loro modo di vivere ,di essere e stare nel mondo che implica la morale. L'etica è ciò che vediamo, i comportamenti, mentre la morale è ciò che sottende all'etica e persino alle legislazioni ed è generalmente raccontata nelle tradizioni dei popoli, è un vero e proprio arche-tipo. La morale non è la tavola delle leggi di Mosè, è il "patto", la relazione fra Dio e uomo che costruisce l'universale-naturale-umano. Il nomos di Pindaro da cui deriva la sovranità nasce dalla morale.La morale quindi precede la formazione di un popolo, di una polis è la sua narrazione, la sua tradizione storica, la sua identità. Questo Nietzsche o non lo ha capito, e per questo politicamente capisce "na mazza", o non afferra le relazioni fra uomo naturale e uomo culturale e la sua storia. Se ogni popolo della terra ha una morale, ha una religione, significa che non è l'intellettualismo filosofico il problema, non era questa l'analisi da fare per arrivare a distruggere la morale.
La morale è il pensiero costruito su relazioni fondamentali , su come pensiamo che funziona il mondo nella sua essenza, mentre l'etica è la pratica, il comportamento che prendiamo  come consono all'idea di mondo che ci siamo costruiti. Ecco perché c'è differenza fra giustizia come idea morale e la legge come concetto politico e il motivo per cui la morale dichiara le virtù e i vizi, il bene e il male. La legge politica condizionando i comportamenti quindi l'etica ,può entrare in collisione con la morale che a sua volta può essere una costruzione individuale, di popolo, religiosa o spirituale.




Il Bene per Platone non è affatto Dio, il demiurgo, anzi il Bene precede il demiurgo, quindi anche su queste relazioni si fanno confusioni. Il Bene è quello che è per  Platone; è l'universo, la vita, la natura-Platone è stato molto travisato .


Troppe castagne sul fuoco  ???


Mi sembra che sei entrato in una sorta di spirale di odio contro Nietzche, e quello che rappresente certo.


Anzitutto le critiche che fa Nietzche a Kant, Hegel e implicitamente Platone, vanno lette con molta attenzione fra le righe, infatti sono giudizi troppo rapidi per poterli prendere così sottogamba.
Anch'io quando li lessi ne rimasi sopreso, ci ho impiegato un pò per capire che Nietzche ha fatto quello che già Hegel fece prima.
Come Hegel rifiuta gli analitica, e non ha tempo da perdere con loro, così Nietzche non ha tempo da perdere con le teorie del sensibile di Kant ed Hegel, le dà per assodate, e va avanti, evidentemente non avendo trovato in quegli autori il nocciolo del discorso che loro stessi (kant ed hegel) si erano ripromessi di fare.


Su questo sono ingnorante, e ti saprò dire alla fine del mio lavoro su hegel (anche se mi sembra di aver capito, che il discorso finale di hegel sia quello della scienza della logica. e quindi forse la cosa slitterà più avanti, rimango comunque convinto che i confronti va bene farli, ma di fatto, non siano così importanti da fare).


Rimango sorpreso invece sul fatto che per te i moralisti francesi non avessero una etica.
(Stiamo scherzando spero  ???  )
Ancor più sorpreso della definizione che fai di etica (ciò che vediamo fare ad un popolo) e di morale (la parte legislativa), infatti è vero il contrario, che la morale sono i costumi, e l'etica sono le leggi.
O non riusciamo più a leggere alcun filosofo.
Probabilmente perchè continui a pensare che la Natura sia la base delle Leggi morali.
Come sai su questo dissentiamo profondamente ( e se stai leggendo Hegel, anche Hegel dissente).




Dunque ci troviamo ad un miscuglio di scambio di significati (e va bene basta capirsi), di dissapori (e su questo non possiamo farci niente), che forse portano a fraintenderci su quello che invece è più importante ossia il Pensiero.


Cosa è il pensiero caro Paul, è questa la domanda di sempre dei filosofi, e penso che sia te che io ce la stiamo ponendo da tanto tempo.


E dunque Nietzche non critica la metafisica, infatti ne crea una nuova, o meglio porta avanti il discorso di kant ed hegel.
Nietzche è un metafisico, che critica la metafisica.
Se rimaniamo fermi ai dogmi della metafisica, non è più metafisica.
La metafisica come la scienza, è in continua evoluzione. Infatti viene definita da Hegel, scienza dello spirito.
E credo che al di là dei scientismi, sia così.
Come preferisco dire, la saggezza è un continuo divenire.
All'interno della saggezza i conflitti vengono assorbiti con grande facilità, e così ogni breve affondo che Nietzche fa alla Metafisica, riconverge poi Dentro alla stessa Metafisica.
Questa è la mia profonda convinzione, questo è la mia chiave di lettura.
Nietzche è nemico a se stesso, esattamente come noi dovremmo diffidare di noi stessi: se no, niente voli d'Aquila.
Se no rimaniamo vittime della vecchia metafisica, e allora gli strali di Ipazia, e dei materialisti storici con essa, avrebbero ragione d'essere.

Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Citazione di: paul11 il 08 Dicembre 2021, 13:58:47 PM


L'uomo non è solo natura, Nietzsche deve farsene una "ragione", essendo appunto l'uomo anche cultura, ragione. La morale non è una invenzione intellettuale e neppure naturale. È entrambe.
Non essendovi una natura morale, animali morali, gli umani essendo istinto e ragione hanno costruito relazioni particolari. La morale è necessaria nell'uomo ,non nei vegetali e negli animali, poiché è la relazione dell'armonia ed equilibrio che decide fra la volontà di potenza umana e il rapporto con la natura e gli altri umani come società. Essendo l'uomo potente, poiché con la ragione costrusce armi, tattiche e strategie superiori ai viventi,  o quell'istinto edonista viene in qualche modo temperato, armonizzato modualto, limitato, oppure non poterebbe esistere l'uomo sociale.
Il "guerriero" nitzscheano deve sapere quando essere spietato e quando misericordioso.
Non regge uno "spontaneismo" individuale dentro un sistema organizzato sociale umano, la relazione fra individuo e sociale ha una zona di rispetto e di libertà,in cui l'individuo può vivere in sicurezza.
Quindi sì, la morale è un principio generale, ma non è individuale. Oggi è molto individuale e sta collassando la relazione sociale. La ricerca può essere individuale e soggettiva, ma la narrazione non può essere individuale. La Bibbia e il Corano sono racconti di tribù nomadi che una unica narrazione ha unificato come nazione di popolo e poi come Stato. Per questo la religione è potente, è  direttamente morale, poiché la scrittura rivelata  ha all'interno la morale. Per certi versi anche il marxismo quando storicizza lo sfruttamento compie una morale.
Lo Stato non impone una morale, perché esso stesso come Stato è nato da una morale, di tragedie storiche, di territorio. Lo Stato impone la Legge che non è la morale.


I totem e tabù sono morali quanto Dio.




Citaz Green
Mi stupisce solo che non vedi questa lotta interna allo stesso Nietzche.


Io le ho chiamate contraddizioni, dicendo che non è questa una "brutta" parola ,perchè in fondo la vita e noi stessi siamo un contraddittorio. Nietzsche è quindi da un certo punto di vista l"uomo".


Ma appunto! Nietzche impatta direttamente con la contraddizione che l'uomo è.
Infatti anche se fosse un materialista (come molti pensano che sia, poniamo un Cacciari), cosa conterebbe rispetto al pensiero che si ripensa giammai come sola Natura!
Anzi l'uomo va oltre la natura (oltre-uomo), in quanto va oltre se stesso.


Nel fare questo la sua filosofia è dunque una metafisica senza contraddizioni.
Infatti se io ripenso l'automa che io sono, automaticamente non sono più l'automa che io penso di essere, e mi scopro fuori da ogni automatismo e nel caos cosmico.
Caos del pensiero non dell'entropia.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Citazione di: Kobayashi il 08 Dicembre 2021, 16:18:37 PM
Citazione di: green demetr il 07 Dicembre 2021, 15:58:00 PM
Per esempio solo Cacciari si è accorto che l'eterno ritorno è il discorso della scimmia e non del suo autore ossia della sua filosofia.
In che senso? Perché dell'eterno ritorno N. ne parla sempre come del suo pensiero più grande.
Viene dalla scimmia nel senso di un inganno necessario?


No l'eterno ritorno è quello che pensa la scimmia, invece il pensiero più grande è quello che Severino ha spiegato nel suo libro, io lo so per via di una sua intervista, ossia che l'oltre uomo VUOLE sovvertire anche l'ultimo dei lacci dell'automa, ossia il tempo.
Dunque non il tempo come eterno ritorno dell'uguale, ma il tempo rifiutato dalla volontà di potenza.
Io vado oltre il tempo, oltre la storia, naturalmente questo io, è l'io che sempre si inganna.
Cacciari fa notare come sarebbe una contraddizione senza senso che Nietzche il pensatore dell'impermanenza, credesse proprio in un pensiero immobile, e quindi permanente.
In questo senso l'amor fati, non è da intendere come un accettare il tempo che fu, ma uno scardinare il tempo che fu, in quanto siamo noi che ci limitiamo al tempo che fu, e invece il pensiero va oltre il tempo. Ovvero pensa fuori dal tempo, come già molti teologi dicono di Dio.
La vicinanza del pensiero di Nietzche alla matrice ebraica è evidente. I grandi pensatori arrivano tutti alla stessa conclusione.
Con la differenza che essendo filosofia si esplicita in un pensiero dialettico, e non letterale.

Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Citazione di: Kobayashi il 09 Dicembre 2021, 09:45:08 AM
La contraddizione descritta sopra è forse solo apparente:
- abbiamo visto che per N. non c'è responsabilità morale perché la scelta di una certa azione non è presa liberamente, ma è il risultato di un conflitto interiore che si risolve con il prevalere di quella motivazione che, per cause organiche o ambientali, ha raggiunto, rispetto a tutte le altre, l'intensità maggiore;
- nello stesso modo va giudicato l'uomo della conoscenza: non ha meriti per la scelta di perseguire le sue ricerche, esattamente come il ladro non va condannato moralmente per i suoi furti;
- ma la conoscenza, essendo rivelazione di questi stessi meccanismi, rompe questo ciclo di necessità: la consapevolezza della realtà delle cose, svelando l'inganno, toglie forza alle motivazioni interne, scioglie dalla lotta (Schopenhauer?);
- la civiltà è destinata a crescere in conoscenza, anche in conoscenza di questi fattori su cui hanno prosperato morale e religione, e un giorno, nella sua parte più evoluta, potrà produrre l'uomo saggio e innocente;

In conclusione della seconda parte nel brano [107] si legge:

"L'abitudine ereditaria di valutare, amare e odiare erroneamente può ben continuare a regnare in noi; sotto l'influsso della crescente conoscenza diventerà tuttavia più debole: una nuova abitudine, quella di comprendere, di non amare, di non odiare, di guardare dall'alto, si radica a poco a poco in noi sullo stesso terreno, e tra migliaia di anni sarà forse abbastanza potente da dare all'umanità la forza di produrre l'uomo saggio e innocente".


La cotraddizione è solo apparente, lo vado dicendo dal giorno numero 1.


Direi anzi che la contraddizione è il modo di sbarazzarsi dei lettori più superficiali, per questo pensa che nessuno potrà leggerlo o che forse un giorno qualcuno potrà.


Penso che l'uomo del 21 sec, ossia noi, possiamo cominciare a intenderlo sul serio, sia per via del fatto che le sue profezie cominciano ad avverarsi, sia perchè la reazione al positivismo ha portato una grande libertà nella costruzione del soggetto.


In Nietzche come nell'ebraismo, il soggetto non viene creato ex-cathedra, ma diventa saggio per via degli errori commessi. Ma questo era già Hegel, o i moralisti francesi.


La comprensione di ciò che noi siamo poi sfocia nella vera etica della liberazione, appunto la comunutà degli amici, e si è amici solo in virtù del riconoscimento dell'erranza, esattamente come l'ebro errante sa da giorno numero 1.


In questo senso la tematica della violenza, il cavallo stamazzato della poesia di Montale, ossia il cavallo di Nietzche, il nostro non riesce a cavarsela e implode.


In questo senso sto apprezzando meglio il pensiero severiniano o ebraico, che invece accetta la violenza come traccia del Dio.


Mancherebbe dunque il ripensamento dell'uomo come agone politico, forse in Nietzche non c'è, e questo forse a chi è in cerca di risposte facili da fastidio.


(in realtà c'è è appunto "la goccia pesante che cade", ossia l'uomo che ragiona su stesso, in attesa di arrivare all'uomo più vicino al pensiero pensantesi, che al pensiero che diviene collezione di oggetti, ossia soggetto (il nucleo fondante sia del moralismo francese che di Nietzche).


C'è una anelazione, una forza portante del bene.
Della benevolenza, del benedire.

Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Citazione di: Alexander il 09 Dicembre 2021, 10:23:22 AM
Buongiorno a tutti


Ma perché poi l'"Uomo saggio e innocente" dovrebbe essere preferibile all'attuale o all'uomo del passato? Non c'è alcuna motivazione. Infatti non è dimostrabile che saggezza e innocenza aumentino la piacevolezza della vita, che in sostanza è ciò che cercava N. L'uomo attuale comprende infinitamente più dell'uomo del passato, ma è più felice? Non troviamo in N. la stessa non-accettazione dell'esistenza "così com'è" quando si sogna una trasformazione che renda "più uomo" l'uomo? Il concetto di evoluzione come continuo miglioramento è tipicamente tardo ottocentesca, ma l'attualità sembra dirci altro al riguardo.

Per dirla con Marx, perchè siamo completamente alienati.
Alienati a cosa? Ovviamente a noi stessi.
Ma chi siamo noi?
Etc..etc..
La filosofia nasce da esigenze interiori, che tu non senti.
O meglio ti hanno educato a non sentirle.
Infatti i sentimenti sono cose da imparare, leggendo molta letteratura da giovanni, almeno questo è quello che feci all'epoca.
Poi ci sono esigenze interiori che comunque emergono in maniera sintomatica, come la depressione che caratterizza il nostro tempo.
Siamo drug-addicted, fino a poco tempo fa si diceva.
Come dicec Byoung-Chul, questa è la società che non vuole sentire dolore.
Ma la filosofia di Nietzche parte e finisce esattamente nel dolore.
L'individuo che non sente dolore nel proprio cuore, difficilmente arriverà mai a capire Nietzche fino in fondo.
SI può comunque leggerlo analiticamente.
Se poi non vogliamo sentire dolore, e il solo pensare arreca dolore, come è nella mia esperienza, il sentire di centinaia di gente, bè forse per sfogarsi questo non è il posto migliore. Di certo non questa discussione  ;)
Scambiare la felicità per mancanza di dolore, ahimè.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Citazione di: Kobayashi il 09 Dicembre 2021, 17:10:14 PM
Citazione di: Alexander il 09 Dicembre 2021, 10:23:22 AM
Ma perché poi l'"Uomo saggio e innocente" dovrebbe essere preferibile all'attuale o all'uomo del passato? Non c'è alcuna motivazione. Infatti non è dimostrabile che saggezza e innocenza aumentino la piacevolezza della vita, che in sostanza è ciò che cercava N. L'uomo attuale comprende infinitamente più dell'uomo del passato, ma è più felice? Non troviamo in N. la stessa non-accettazione dell'esistenza "così com'è" quando si sogna una trasformazione che renda "più uomo" l'uomo? Il concetto di evoluzione come continuo miglioramento è tipicamente tardo ottocentesca, ma l'attualità sembra dirci altro al riguardo.

Per N. il processo della conoscenza non può essere interrotto. Anche se ci si rende conto che la filosofia è contro la vita, non si può fare un passo indietro.
Allora si può solo cercare di scovare, in questo avanzamento, qualcosa di meno desolante del presente.
In effetti ci si potrebbe chiedere se questa non sia un'ultima forma di ottimismo. Un'ultima illusione. Pensare cioè che dalla conoscenza possa saltare fuori un uomo saggio e innocente.
Perché, secondo me, che uomini saggi e innocenti siano meglio degli uomini-iene del nostro tempo, è sicuro.
Che dagli uomini-iene però possano nascere uomini saggi e innocenti, beh, in effetti questo è tutto un altro discorso...
Ed è un discorso che contraddice l'invito del brano [71] di vivere senza speranza...


Nietzche rifiuta lo storicismo, nelle sue tesi contro strauss, fa una critica al pensiero progressista.
In questo senso la speranza (le sorti progressive etc..con cui anche leopardi ironizzava) va negata.


Ma non è che per Nietzche non esista un progetto, così come nella ginestra anche leopardi non manca di fare notare.


Il punto è legato al dolore. Leopardi come l'ultimo Nietzche cadono di fronte all'inanità del mondo.
Figuriamoci se avessero visto in che razza di incubo stiamo per sprofondare.
Ma in fin dei conti che si sia sotto le macchine o sotto il tiranno, o tutti e 2, non cambia perchè ciò che conta è l'inanità dell'altro, ossia del poveraccio che sta davanti a noi.
"di che reggimento siete fratelli?"
sono voci del dolore che si spengono nella poesia.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Citazione di: Kobayashi il 16 Dicembre 2021, 09:02:28 AM
Citazione di: green demetr il 30 Novembre 2021, 11:36:46 AM

Sinceramente a parte me, non vedo nessuno che abbia anche solo cominciato a capire di che cavolo parla il nostro.

Bene rileggiamolo insieme!!! forse lo capisco, forse lo capisco. >:(

C'è da chiedersi se sia il caso di continuare con questo atteggiamento per cui fare filosofia è capire i testi e la massima beatitudine è padroneggiarne la tradizione.

A conclusione del secondo volume di "Umano, troppo umano", nel "Viandante e la sua ombra", N. fa dire all'ombra, compagna del pensatore solitario in presenza della luce (=di una conoscenza che vuole fare chiarezza tra le oscurità romantiche, religiose, metafisiche):

"Di tutto ciò che hai detto, nulla mi è piaciuto più di quella promessa: diventerete di nuovo buoni vicini delle cose prossime".

Si riferisce al fatto che finora si è ignorato ciò che conta di più per i singoli (saper impostare la propria condotta di vita: il rapporto con gli amici, il lavoro, l'alimentazione, il sonno, le condizioni più propizie per il proprio pensiero etc.) a causa di una tradizione idealista che valorizza l'opposto: la salvezza dell'anima, il rispetto dello Stato, la fede nel progresso della scienza, in generale cose che una cultura che si pone come universale dichiara essere utili all'umanità.

Si può dare questa interpretazione: la traiettoria dello spirito libero tratteggiato in "Umano, troppo umano" si chiude al di là della tradizione filosofica (della metafisica), nell'abbozzo di un sapere (un nuovo Rinascimento?) che sembra voler andare al di là dell'alternativa tra cultura e vita concreta, nell'abbozzo della costruzione di una nuova spiritualità.
Invita a non farsi irretire da vecchie nostalgie, a dirigere la propria ragione verso ciò che conta di più per la vita di ciascuno, il che significa preparare e realizzare trasformazioni reali nell'ambiente in cui si vive.


Forse ti stai riferendo alle pratiche spirituali.


Ma questo "voler comprendere la tradizione" è la rinascenza! non che la visione politica "della futura comunità degli amici" sia la rinascenza, come anche tu intuisci, che senso avrebbe senza una pratica del quotidiano?


Tutto bene, ma il mio allontanamento dagli amici, anche quelli di Milano, è per via del fatto che non vedo come queste pratiche siano possibili.


Non basta vedere come hanno tradito tutti? A partire dai rabbini.
Direi che la pratica spirituale che coincide proprio con la separazione degli amici, sia sinceramente marcia alla sua base.


No! ci vuole una comprensione infinitamente maggiore per poter parlare di stili di vita in ordine al discorso filosofico o spirituale che si voglia.


Ma questa comprensione da dove nasce se non dalla lettura?


Senza lettura, e con lettura si intenda lettura critica, anche con gli amici, e forse sopratutto con quelli, come ci possono essere i prodromi per qualsiasi futura politica?


Sinceramente la lettura solitaria potevo farla in  giovinezza, da adulto ho smesso.
Questo che vedi scritto è solo una traccia.


Una traccia, un tentativo di ripresa di lettura, che si inabissa nelle incomprensioni, a partire da questo forum, in forma ovviamente, in quanto virtuale, leggera, e in maniera dura, con la fuga degli amici, nei loro problemi, nella realtà vissuta.
Questa è una spirale che non ha via di fuga, saremo tutti inabissati o morti.
E' proprio di fronte a questo orrore che sto tornando a leggere.
Addirittura ne sto facendo una cosa etica, perchè la sento all'improvviso come una cosa etica, senza più nè ma, nè però.
La trovi una cosa comoda? certamente lo è.
Ma in condizioni di stress non si riesce a lavorare.
E dunque il muro etico consiste proprio nell'erigere una barriera fra se e i problemi degli altri.
Anche perchè i problemi degli altri sono sempre di origine etica, sono stufo di dire alla gente cosa dovrebbero fare per se stessi, e successivamente cosa dovremmo fare insieme.
Non si riesce MAi ad andare oltre l'anticamera del pensiero.
Anzi vi si soggiorna nei casi migliori, e nei peggiori si va al bar a far baldoria.
Tutto ciò potevo farlo al prezzo di un lacerante dolore interiore, perchè comunque amo gli esseri umani, anche nelle loro debolezze.
Ma oggi amico, sinceramente qualcosa è cambiato dentro di me.
E' esattamente quello che vuole il sistema?
Certo che è così, e funziona.
La tecnica non ammette repliche.
Ma la tecnica non conosce, non sa niente.
E dunque non mi scompongo alle solite critiche sulla inutilità della filosofia.
La filosofia segue la sua strada da sola o con gli amici.(da socrate in poi).
Vai avanti tu che mi vien da ridere

Kobayashi

#43
Citazione di: green demetr il 22 Dicembre 2021, 18:42:46 PM
Forse ti stai riferendo alle pratiche spirituali.

Ma questo "voler comprendere la tradizione" è la rinascenza! non che la visione politica "della futura comunità degli amici" sia la rinascenza, come anche tu intuisci, che senso avrebbe senza una pratica del quotidiano?

Tutto bene, ma il mio allontanamento dagli amici, anche quelli di Milano, è per via del fatto che non vedo come queste pratiche siano possibili.

Non basta vedere come hanno tradito tutti? A partire dai rabbini.
Direi che la pratica spirituale che coincide proprio con la separazione degli amici, sia sinceramente marcia alla sua base.

No! ci vuole una comprensione infinitamente maggiore per poter parlare di stili di vita in ordine al discorso filosofico o spirituale che si voglia.

Ma questa comprensione da dove nasce se non dalla lettura?

Senza lettura, e con lettura si intenda lettura critica, anche con gli amici, e forse sopratutto con quelli, come ci possono essere i prodromi per qualsiasi futura politica?

Sinceramente la lettura solitaria potevo farla in  giovinezza, da adulto ho smesso.
Questo che vedi scritto è solo una traccia.

Una traccia, un tentativo di ripresa di lettura, che si inabissa nelle incomprensioni, a partire da questo forum, in forma ovviamente, in quanto virtuale, leggera, e in maniera dura, con la fuga degli amici, nei loro problemi, nella realtà vissuta.
Questa è una spirale che non ha via di fuga, saremo tutti inabissati o morti.
E' proprio di fronte a questo orrore che sto tornando a leggere.
Addirittura ne sto facendo una cosa etica, perchè la sento all'improvviso come una cosa etica, senza più nè ma, nè però.
La trovi una cosa comoda? certamente lo è.
Ma in condizioni di stress non si riesce a lavorare.
E dunque il muro etico consiste proprio nell'erigere una barriera fra se e i problemi degli altri.
Anche perchè i problemi degli altri sono sempre di origine etica, sono stufo di dire alla gente cosa dovrebbero fare per se stessi, e successivamente cosa dovremmo fare insieme.
Non si riesce MAi ad andare oltre l'anticamera del pensiero.
Anzi vi si soggiorna nei casi migliori, e nei peggiori si va al bar a far baldoria.
Tutto ciò potevo farlo al prezzo di un lacerante dolore interiore, perchè comunque amo gli esseri umani, anche nelle loro debolezze.
Ma oggi amico, sinceramente qualcosa è cambiato dentro di me.
E' esattamente quello che vuole il sistema?
Certo che è così, e funziona.
La tecnica non ammette repliche.
Ma la tecnica non conosce, non sa niente.
E dunque non mi scompongo alle solite critiche sulla inutilità della filosofia.
La filosofia segue la sua strada da sola o con gli amici.(da socrate in poi).

Mi sono espresso male (o forse non mi sono affatto  espresso...).
Volevo dire che non sono d'accordo sui seguenti modi di intendere la filosofia:
- la filosofia come uno dei modi possibili di descrivere la realtà;
- la filosofia come circoscritta al lavoro critico sulla cultura;
- e tantomeno la filosofia che vorrebbe ancora, come ai vecchi tempi, disporre del monopolio della verità.
Per me la pratica filosofica (che certo è fatta imprescindibilmente di lettura e scrittura) deve mostrare reali conseguenze etico-politiche.
Per questo motivo tra gli interpreti di N. io sono dalla parte di Foucault.

La genealogia non deve solo servire a capire aspetti della tradizione, ma a smantellare concretamente i valori che ci inchiodano a questa condizione storica che tutti (o almeno tanti) vivono come soffocante, come prigione.
E questi valori non sono quelli della religione (come ripetono invece certi discepoli nicciani), ma quelli che legittimano questa realtà. Il pericolo della trascendenza non è più la fuga dal mondo verso Dio, ma la fuga da quelle zone di se stessi che rendono possibile questo mondo, e che invece andrebbero perlustrate senza pietà, così come N. ha analizzato e attraversato, per esempio, l'ideale ascetico. Smontandolo di fatto, liberandolo dalle proprie presunte origini nobili, mostrandolo per quello che è (e può anche essere desiderio elevato di liberazione in senso di pace, di tregua, ma senza poter più far finta che non abbia a che fare con il nulla, con la preferenza del nulla alla vita).

Chiediamoci per esempio: tutta questa sacrosanta filosofia contro il soggetto, contro la tirannia dell'Io e poi si ritorna sempre alle stesse cazzate, al consumismo, all'autostima, all'isolamento perché meno problematico rispetto al dialogo etc.
Al di là delle scelte esistenziali di ciascuno, al di là del cercare in qualche modo di tirare a campare con tutto il suo necessario gioco di equilibrio con forze avverse, la pratica filosofica (che può anche in parte rispondere appunto a strategie di sopravvivenza e quindi risultare sfigurata da queste necessarie manipolazioni), deve rigorosamente rispondere alle esigenze del presente, e il mondo attuale non è il deserto (magari!) ma qualcosa di simile alla prigione di ferro nero di Valis, un mondo parallelo che si mostra appena si abbandoni l'illusione di essere liberi, di avere il controllo della propria vita, di non essere organismi chiamati a simulare l'efficienza della macchina ma persone vere.

Kobayashi


Quando nella terza dissertazione di Genealogia della morale, "Che significano gli ideali ascetici?", N. parla del prete asceta come di un malriuscito alla testa di una schiera di malriusciti, bisogna capire due cose:

- primo, dimentichiamoci le assurdità naziste: il malriuscito è colui che si sente estraneo al mondo in cui vive; nelle epoche arcaiche era un soggetto che o per mancanza di coraggio o per mancanza di forza fisica o per semplice disgusto, non sopportava il proprio mondo, fatto di guerre, aggressioni, crudeltà varie; e a questo punto il lettore anziché identificarsi un po' ingenuamente nell'opposto dell'asceta, ovvero nel guerriero aristocratico, sano e robusto, dovrebbe invece chiedersi se nei confronti del proprio mondo non sente la stessa estraneità provata dal malriuscito arcaico;

- secondo, la cosa più interessante è la potenza, la determinazione, la creatività di questi asceti che inventano un nuovo mondo, ribaltando completamente quello naturale; con la sola forza di volontà, assoggettando i propri istinti attraverso un'implacabile opera di violenza verso se stessi, creano qualcosa di nuovo, qualcosa che non c'era e impongono questo nuovo mondo come il vero e unico mondo, mentre del mondo naturale parlano come di un'illusione; e di fronte a questa opera di ribaltamento radicale e creazione si vede come N. sia ammirato; sbalordito e ammirato.

Insomma, tutto il ragionamento di N. sul risentimento, sugli schiavi, sui preti, può regalarci interessanti sorprese se interpretato in modo opposto rispetto alla lettura in linea con la parola dell'autore che valorizza, come sappiamo, l'aristocrazia, la vitalità, gli istinti etc., tutta roba di cui però, francamente, non sappiamo proprio che fare... e non per il fatto di avere ormai una moralità troppo sofisticata ma semplicemente per mancanza di spazio e di libertà.
Dunque vale la pena provare a studiare attentamente l'uomo del risentimento.

Discussioni simili (5)