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SQuola

Aperto da bluemax, 21 Maggio 2018, 10:01:38 AM

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bluemax

Mia figlia quest'anno ha gli esami di maturità. Finalmente 5 anni di di supplizi stanno per terminare e credo sia giusto far riflettere tutti i genitori che hanno a cura l'apprendimento e la crescita individuale del proprio figlio/a presso le scuole o che stanno per cominciare il ciclo scolastico.

Notato che dalla nascita e per tutta la prima infanzia i nostri figli vengono lasciati prima nei nidi poi negli asili per la maggior parte del giorno dove, sappiamo bene, il personale che li assiste è quasi tutto femminile (parliamo di oltre l'85% del personale ad oggi) che esercita un'assoluta autorità (diverso da autorevolezza) sui nostri figli.
Per tutto il ciclo scolastico poi il predominio del personale insegnante femminile impedisce ai maschi il contatto con una personalità maschile con la quale identificarsi, nella quale credere; Nel caso si parli poi di figli di separati, spesso totalmente gestiti da figure femminili (mamma, nonna o zia che sia) che con la loro totale egemonia sull' educazione e insegnamento (GIUSTO) del ragazzo, impediscono di fatto lo sviluppo del TIPO di pensiero maschile, rivolto alla profondità e all'analisi in modo molto diverso da quello femminile.
Per non parlare dell'aspetto più grave di una scuola affidata quasi del tutto alle donne: gli allievi, maschi o femmine che siano, non possono apprezzare, stimare, credere nel "sapere".
Tutto quello che le donne insegnano (cercano di insegnare) non è stato né creato né scoperto da loro. Socrate era maschio, Omero era maschio, Virgilio era maschio, Galileo era maschio, Leonardo era maschio, Mozart era maschio, Einstein era maschio... e così via.
Non si può insegnare bene nulla di ciò che non si è in grado di "pensare", di "creare". (Spero che le donne capiscano lo spirito con il quale faccio questa affermazione e non se ne offendano, nel qual caso me ne sbatto allegramente visto essere un loro problema e scrivo pensando soprattutto ai loro figli prima che a loro).
Si afferma di solito (e le statistiche lo provano) che le studentesse sono DIVENTATE (nel corso degli ultimi anni) più "brave" degli studenti.
Non ci potrebbe essere una dimostrazione migliore del fatto che viene fornito un insegnamento più adatto alle menti femminili che a quelle maschili in quanto è diverso (per fortuna aggiungo) il modo con il quale i maschi guardano ai problemi, li "penetrano" (termine significativo con il quale abbiamo sempre qualificato l'intelligenza).
Visto, però, che la scuola, l'Università, è un cadavere, del tutto inutile sia per il sapere che per la vita di tutti i giorni, i più bravi alla fin fine sono coloro che ne percepiscono il vuoto e la respingono dedicandosi ad altro (spesso maschi). Tuttavia è difficile cambiarla proprio perché c'è la massa femminile ad impedirne il tracollo perchè SERVE UNICAMENTE a loro stesse.
Se passiamo dagli studenti agli insegnanti, la situazione è la stessa. Esiste ormai uno strumento quasi infallibile per misurare lo stato di salute, e prevedere il futuro di una professione o di una istituzione: se il numero delle donne è crescente, si tratta di un istituto sulla via del tramonto.
Le forze armate di cui ho fatto parte sono in crisi ? Arrivano le donne, apprestandosi anche lì, grate dell'onore, a diventare le più brave della classe. Una classe in decadenza.
I maschi abbandonano la teologia e l'insegnamento della religione occidentale, luoghi sterili di pensiero e di potere? Ecco le donne occupare le aule delle Università Pontificie, vuote di maschi, pronte a imparare quel nulla che servirà a insegnare il nulla.

La Chiesa, però, sul sacerdozio non molla. Sa benissimo che, con le donne, il sacerdozio perderebbe il suo potere e sarebbe la sua fine.

Angelo Cannata

Quindi secondo te tua figlia, per il solo fatto di essere di sesso femminile, non potrà mai far apprezzare ad altri un credere nel sapere, non potrà, per questo suo difetto di nascita, insegnare bene tutto ciò che è stato creato o scoperto da maschi, non potrà mai penetrare i problemi come li penetra un maschio, sarà un impedimento alla profondità di pensiero tipicamente maschile?

bluemax

Citazione di: Angelo Cannata il 21 Maggio 2018, 10:28:22 AM
Quindi secondo te tua figlia, per il solo fatto di essere di sesso femminile, non potrà mai far apprezzare ad altri un credere nel sapere, non potrà, per questo suo difetto di nascita, insegnare bene tutto ciò che è stato creato o scoperto da maschi, non potrà mai penetrare i problemi come li penetra un maschio, sarà un impedimento alla profondità di pensiero tipicamente maschile?
Non hai capito... sto dicendo altro...
Ossia che lo squilibrio nella gestione e trasmissione del sapere genera fallimento. 
Non solo...

Una mente femminile trasmette (ricordo della mia università) cose che, non potendo capire fino in fondo, in modo solo superficiale e privo di passione. Diversamente da una mente maschile in quanto il sapere è innegabile di stampo maschile.
Naturalmente la riflessione vale anche per il contrario... una donna puo' (e solo lei) trasmettere ed insegnare cosa significa prendersi cura di un figlio come farlo e cosa lui ha bisogno ecc... ecc.... Cosa che un uomo potrebbe fare solo per sentito dire.
Per quanto mi riguarda, la crisi scolastica e di crescita dei nostri ragazzi dipende molto da questo... 

PS. Tale riflessione è ormai comune in molti testi di psicologia ed antropologia...

Angelo Cannata

Dici che non ho capito, ma intanto hai ribadito che il sapere è maschile e che una donna non può che trasmetterlo in modo superficiale e privo  di passione. Quindi, per quanto riguarda il sapere, tua figlia è destinata a rimanere per sempre superficiale e priva di passione?

bluemax

Citazione di: Angelo Cannata il 21 Maggio 2018, 10:53:56 AM
Dici che non ho capito, ma intanto hai ribadito che il sapere è maschile e che una donna non può che trasmetterlo in modo superficiale e privo  di passione. Quindi, per quanto riguarda il sapere, tua figlia è destinata a rimanere per sempre superficiale e priva di passione?
rileggi meglio... ho scritto che il SAPERE MASCHILE viene trasmesso... e non che  il SAPERE E' MASCHILE... 

tempo fa il sapere femminile veniva trasmesso ed insegnato alle donne e viceversa...

Angelo Cannata

Nel mio schermo risulta che hai scritto questo: ho evidenziato la parte in questione:
Citazione di: bluemax il 21 Maggio 2018, 10:46:23 AM
Citazione di: Angelo Cannata il 21 Maggio 2018, 10:28:22 AM
Quindi secondo te tua figlia, per il solo fatto di essere di sesso femminile, non potrà mai far apprezzare ad altri un credere nel sapere, non potrà, per questo suo difetto di nascita, insegnare bene tutto ciò che è stato creato o scoperto da maschi, non potrà mai penetrare i problemi come li penetra un maschio, sarà un impedimento alla profondità di pensiero tipicamente maschile?
Non hai capito... sto dicendo altro...
Ossia che lo squilibrio nella gestione e trasmissione del sapere genera fallimento.
Non solo...

Una mente femminile trasmette (ricordo della mia università) cose che, non potendo capire fino in fondo, in modo solo superficiale e privo di passione. Diversamente da una mente maschile in quanto il sapere è innegabile di stampo maschile.
Naturalmente la riflessione vale anche per il contrario... una donna puo' (e solo lei) trasmettere ed insegnare cosa significa prendersi cura di un figlio come farlo e cosa lui ha bisogno ecc... ecc.... Cosa che un uomo potrebbe fare solo per sentito dire.
Per quanto mi riguarda, la crisi scolastica e di crescita dei nostri ragazzi dipende molto da questo...

PS. Tale riflessione è ormai comune in molti testi di psicologia ed antropologia...

bluemax

Citazione di: Angelo Cannata il 21 Maggio 2018, 11:16:49 AM
Nel mio schermo risulta che hai scritto questo: ho evidenziato la parte in questione:
Citazione di: bluemax il 21 Maggio 2018, 10:46:23 AM
Citazione di: Angelo Cannata il 21 Maggio 2018, 10:28:22 AM
Quindi secondo te tua figlia, per il solo fatto di essere di sesso femminile, non potrà mai far apprezzare ad altri un credere nel sapere, non potrà, per questo suo difetto di nascita, insegnare bene tutto ciò che è stato creato o scoperto da maschi, non potrà mai penetrare i problemi come li penetra un maschio, sarà un impedimento alla profondità di pensiero tipicamente maschile?
Non hai capito... sto dicendo altro...
Ossia che lo squilibrio nella gestione e trasmissione del sapere genera fallimento.
Non solo...

Una mente femminile trasmette (ricordo della mia università) cose che, non potendo capire fino in fondo, in modo solo superficiale e privo di passione. Diversamente da una mente maschile in quanto il sapere è innegabile di stampo maschile.
Naturalmente la riflessione vale anche per il contrario... una donna puo' (e solo lei) trasmettere ed insegnare cosa significa prendersi cura di un figlio come farlo e cosa lui ha bisogno ecc... ecc.... Cosa che un uomo potrebbe fare solo per sentito dire.
Per quanto mi riguarda, la crisi scolastica e di crescita dei nostri ragazzi dipende molto da questo...

PS. Tale riflessione è ormai comune in molti testi di psicologia ed antropologia...

Si da il caso che il SAPERE insegnato nelle squole è maschile. Nulla da fare :) il sapere invece femminile (perchè esiste) non viene insegnato nelle squole :) 

Sono fermamente convinto che le Uome moderne stiano totalmente distruggendo la nostra cultura e società se per questo. Non a caso puoi leggere sempre piu' spesso in libri di psicologia ed antropologia questo strano fenomeno dove l'uomo è sempre piu' zerbino e spesso si vergogna del suo essere maschile mentre in realtà dovrebbe andarne fiero visto che non esiste una femminilità senza una mascolinità.

Ida Magli (Donna da cui ho preso lo spunto) spiega molto chiaramente questo fenomeno ed ha notato come la nostra cultura, ormai, sia in balia di femminette che hanno scordato il proprio ruolo e condannano quello maschile :) (parole sue che io approvo naturalmente... visto che io ADORO la differenza tra Uomo e Donna ed aborro la NON differenza tra Uomo e Uoma... ) ciao :)

Angelo Cannata

bluemax, tutto ciò che hai scritto finora in questa discussione è un insulto, una gravissima offesa contro le donne e non capisco come mai venga ammesso in questo forum. Nel Regolamento il punto 5 lo vieta espressamente:

Sono vietati il razzismo e ogni apologia dell'inferiorità o superiorità di una razza rispetto alle altre, inoltre: omofobia, xenofobia e sessismo.

Socrate78

#8
Perché mai dovrebbero però essere vietati? In una società democratica tutte le tesi meritano di essere discusse, altrimenti si diventa "razzisti" contro i razzisti e contro gli omofobi. Questi divieti a mio modesto parere sono  di fatto di forme paradossali di ipocrisia e di dittatura all'interno della stessa democrazia. Del resto in Svezia esistono partiti filonazisti di estrema destra a cui è consentito di esprimere le loro idee. Detto per inciso, anch'io penso che l'invasione femminile nelle scuole sia deleteria per la crescita armonica dei ragazzi, perché impedisce il confronto con educatori maschi. Bluemax poi non ha detto che le donne siano mentalmente inferiori, ma che hanno un modo di pensare ed una sensibilità diverse e per questo hanno difficoltà a penetrare nella sua interezza un modo di concepire la realtà tipicamente maschile e quindi a trasmetterlo nella sua pienezza, può anche essere una totale idiozia, ma non vedo che male ci sia ad affermare questo. Non solo, io alle medie e al liceo (anni Novanta) ho avuto sia professori donne che uomini, ma ricordo che SOLO i professori uomini riuscivano davvero a coinvolgermi, con le donne mi ANNOIAVO, un motivo ci sarà pure no? Il motivo è che percepivo una passione molto più genuina negli insegnanti uomini.

viator

Salve. Il sapere è di stampo maschile. Concordo. Il sentire è di stampo femminile, aggiungo. Quindi, accettando una simile distinzione (incomprensibile per la maggior parte di coloro che mi leggeranno) il dilemma sarebbe il dover scegliere tra il sapere senza sentire oppure sentire senza sapere.

Ma sarebbe possibile fruire di un insegnamento che coniughi entrambi gli aspetti ?

Certamente, ma in modo incomprensibile per la maggior parte di coloro che mi leggeranno, e comunque praticamente inattuabile.

Sarebbe sufficiente affidarsi ad insegnanti omosessuali, i quali sono l'unica categoria che riesce a riassumere tali due diversi approcci al mondo: quello psichico (femminile), irrazionale ma ricco di spunti creativi (il binomio moda/omosessualità vi dice qualcosa ?) e quello mentale (maschile), razionale e votato alla strutturazione della conoscenza scientifico-empirica. Tale diverso temperamento interiore è ciò che rende conto di tutte le differenze ed inconvenienti lamentati da Bluemax.

L'uomo (il maschio) è il pieno che riempie, la donna (la femmina) è il vuoto che deve essere riempito. Entrambi sono privi di qualcosa e ciò non deve risultare conflittuale, bensì complementare.

Circa poi il presunto sessismo di certe affermazioni di qualcuno di voi..........siamo alle solite. Non appena qualcuno si azzarda a dire che neri e donne hanno qualcosa di diverso da bianchi e uomini.....apriti cielo !!

Ma si tratta solo della reazione di chi ignora o finge di ignorare il diverso significato di UGUAGLIANZA e di PARITA'.

Non sto certo spiegarlo io, poiché sarebbe fatica sprecata e pure un insulto all'intelligenza dei più stupido dei lettori.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Jacopus

"Salve. Il sapere è di stampo anglosassone. Concordo. Il sentire è di stampo latino/mediterraneo, aggiungo. Quindi, accettando una simile distinzione (incomprensibile per la maggior parte di coloro che mi leggeranno) il dilemma sarebbe il dover scegliere tra il sapere senza sentire oppure sentire senza sapere.

Ma sarebbe possibile fruire di un insegnamento che coniughi entrambi gli aspetti ?

Certamente, ma in modo incomprensibile per la maggior parte di coloro che mi leggeranno, e comunque praticamente inattuabile.

Sarebbe sufficiente affidarsi ad insegnanti mediterranei trasferitisi da piccoli in Nord-Europa, i quali sono l'unica categoria che riesce a riassumere tali due diversi approcci al mondo: quello psichico (latino), irrazionale ma ricco di spunti creativi (il binomio grandi chef/italiani vi dice qualcosa ?) e quello mentale (anglosassone), razionale e votato alla strutturazione della conoscenza scientifico-empirica. Tale diverso temperamento interiore è ciò che rende conto di tutte le differenze ed inconvenienti lamentati da Bluemax.

L'anglosassone è il pieno che riempie, il latino/mediterraneo è il vuoto che deve essere riempito. Entrambi sono privi di qualcosa e ciò non deve risultare conflittuale, bensì complementare."


Ho copiato e incollato dall'ultimo post di Viator. Mi piacerebbe capire se la attendibilità di questa configurazione è maggiore o minore di quella di Viator, ed eventualmente una dimostrazione in proposito, senza temere di dover insultare l'intelligenza dei lettori.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

bluemax

Citazione di: Angelo Cannata il 21 Maggio 2018, 20:10:03 PM
bluemax, tutto ciò che hai scritto finora in questa discussione è un insulto, una gravissima offesa contro le donne e non capisco come mai venga ammesso in questo forum. Nel Regolamento il punto 5 lo vieta espressamente:

Sono vietati il razzismo e ogni apologia dell'inferiorità o superiorità di una razza rispetto alle altre, inoltre: omofobia, xenofobia e sessismo.
Angelo non vi è alcuna offesa verso le donne... credimi... avendo una figlia femmina non so cosa possa significare "avercela" contro le donne... da notare che la riflessione è stata presa in prestito da una EX femminista (pentita a seguito di quel che ha visto) che, siccome ha fatto riflettere me, speravo lo facesse anche con altri...
i dati da LEI (quindi da me) riportati sono dati di fatto e non fantasie...
che la scuola sia in crisi è un fatto e che la cultura dei nostri figli sia nelle mani di "donne" idem e che questo FORSE crea uno scompenso è la riflessione visto che devono spiegare agli alunni cose senza la passione che ha colui che le capisce meglio in quanto di "natura" (fonte) maschile visto che è EVIDENTE che gli interessi di "genere" fanno parte della "natura".
Non guardarci alcun attacco alla donna ma il riflettere su cosa puo' accadere ad una società dove la cultura, educazione, sviluppo dei nostri figli viene totalmente GESTITA da menti femminili.

Una riflessione intelligente potrebbe analizzare molti aspetti di questo fenomeno. Parlare del bullismo (mancanza di autorevolezza nell'educazione), delle coppie omosessuali che vogliono crescere un figlio (mancanza una figura maschile e/o femminile di riferimento) fino ai giorni d'oggi...

Se tu vedi solo un attacco alla donna o si è espressa male Ida o mi sono espresso male io nel riportare la riflessione oppure sei in mala fede. Spero la seconda.

Ciao :)

bluemax

Citazione di: viator il 21 Maggio 2018, 22:34:25 PM
L'uomo (il maschio) è il pieno che riempie, la donna (la femmina) è il vuoto che deve essere riempito. Entrambi sono privi di qualcosa e ciò non deve risultare conflittuale, bensì complementare.

Circa poi il presunto sessismo di certe affermazioni di qualcuno di voi..........siamo alle solite. Non appena qualcuno si azzarda a dire che neri e donne hanno qualcosa di diverso da bianchi e uomini.....apriti cielo !!


concordo perfettamente... questa tua frase la condivido a pieno titolo... infatti notavo attorno a noi uno sbilanciamento, un forte sbilanciamento dei ruoli.
Voluto ? Non so.
che la cultura femminea mi stia stretta ? (attenzione ho scritto femminea perchè ormai la bilancia è sbilanciata)
Vero... 

ovunque vai ti senti perseguitato (per non dire violentato) da un modello maschile "ERRATO" (e di conseguenza il modello femminile). ti senti quasi in colpa di essere uomo e cominci a pensare di dover diventare uomA.

Sui giornali non si fa altro che parlare di FEMMINICIDIO quando questo è un fenomeno non solo del tutto artificiale (esiste già l'omicidio per la legge e le figure maschili e femminili sono considerate del tutto uguali davanti la legge e questo deve rimanere inalterato. Imamgino solo il giorno in cui la vita di una donna ha piu' valore di quella di un uomo per la legge. Anche se ci arriveremo di questo passo). 

La pubblicità continuamente propone una figura maschile totalmente effemminata, priva di ogni virilità; Un giocattolo addomesticato nelle mani della donna. 
Basta vedere la continua assordante e perpetua pubblicità del campo della moda.

In televisione non ne parliamo. I peggiori programmi televisivi celebrano allegramente la figura femminile esaltandone ogni sua caratteristica, sono dedicate a loro ore ed ore di inutili e stupide faccende dove non si fa altro che "modellare" il nuovo uomo giorno dopo giorno. 
Parlo di pattume quale grande fratello, c'è posta per te, Amici, tronisti vari dove la mascolinità spesso viene RIDICOLIZZATA se non condannata per proporre modelli che stento anche a descrivere.

Oggi il ragazzino ha come sogno quello di diventare un cantante, un sarto, un giullare di palcoscenico, un ballerino. Solo 30 anni fa ogni ragazzino giocava con la spada, con le automobiline, voleva fare il saoldato, il meccanico, il pilota (insomma esprimeva la sua mascolinità di cui non vi è nulla di cosi' vergognoso e sbagliato come invece oggi viene presentato)

Ho incontrato mamme che solo al vedere il proprio figlio desiderare una "pisola" o una "spada" o voler giocare a videogames "violenti" inorridivano perchè appunto considerati "violenti". 
No care mamme, la violenza è quella che fate voi ad un bambino maschio che gli impedite di essere quel che natura vuole. La natura ha voluto dotare il maschio di forza, virilità, autorevolezza, aggressività per proteggere e "dirigere" la propria compagna e la sua prole. Niente di differente dal voler crescere il proprio "gattino" con una dieta vegana (molto in voga ultimamente). Ma questo è altro tema molto femmineo ed aggiungerei stupido.

I Film di oltre oceano non ne parliamo. In ogni film l'uomo è messo in ridicolo dalla donna. Ormai assume sempre piu' la figura del "sottoposto" o dell' utile (dai lineamenti femminei) gorilla al servizio della arguta donna. Il tutto cominciato negli anni 70 con i primi telefilm (ricordo ancora) dove la donna le menava di santa ragione a gruppi di uomini con somma gioia e fantastici colpi di karate. (da bambino ridevo perchè era evidentemente impossibile, oggi invece è comunemente accettato)

I Cartoni animati per bambini non sono da meno.
La figura dei "simpson" la dice lunga su come sia presenta la figura maschile ad un certo pubblico. Abbiamo un Homer prossimo al ridicolo ed un Bart semi-bullo con due figure femminili totalmente opposte e divine.

Insomma... basta svegliarsi un po', guardarsi attorno e LEGGERE qualcosa di storia e NOTI qualcosa di strano... molto strano... troppo strano secondo me...

InVerno

Citazione di: bluemax il 21 Maggio 2018, 10:01:38 AMTutto quello che le donne insegnano (cercano di insegnare) non è stato né creato né scoperto da loro. Socrate era maschio, Omero era maschio, Virgilio era maschio, Galileo era maschio, Leonardo era maschio, Mozart era maschio, Einstein era maschio... e così via.
Se è per quello molti dei grandi uomini che hanno formato la cultura occidentale erano gay, questo non significa automaticamente che per spiegare ciò che compresero siano meglio insegnanti gay, suppongo. Poi non so come possa essere interpretata l'omosessualità da un punto di vista di genere, ma normalmente "gay" è considerato un uomo con una prominente attitudine al lato femminino della realtà, e ripeto, tra i confermati e i sospetti, furono davvero tanti nella lista dei "grandi pensatori" a tal punto che la tua affermazione potrebbe essere ribaltata cosi, o in altri modi ancora come fa Jacopus.
Partendo dal presupposto che scientificamente femminino e mascolino non sono dimostrati essere cosi distanti come la concezione classica li ritrae (o addirittura antitetici come in alcune concezioni binarie della "mela dimezzata") bisogna anche ammettere che la realtà non sta tutta li. Se per esempio è facile fare dei test dove si valutano le capacità di concezione spaziale, e notare che esiste una leggera differenza attitudinale tra maschio e femmina, è più difficile valutare come questa possa influenzare comportamenti complessi da misurare o sperimentare (Es. l'abilità come "guide", o nel guidare l'auto). Tuttavia essendo che i dati disponibili raccontano di differenze nell'ordine dei decimali, è abbastanza improbabile considerare che di riflesso si sviluppino differenze enormi, ed in ogni caso i risultati indicano chiaramente che queste differenze attitudinali si accentuino via via con l'età e siano praticamente assenti nell'infanzia. Il che garantisce che l'idea che il mascolino e il femminino siano al di la di una soglia "fisiologica" costrutti culturali e sociali, e perciò esenti di quella carica universale\assolutistica della concezione classica di essi, e quella che proponi nella tua argomentazione. Se la società sta rivalutando i concetti di femminino e mascolino, si possono certamente discutere le conseguenze, ma a me pare più semplicemente che la tua argomentazione sia frutto di una certa frustrazione nel vedere che una certa interpretazione abbia preso il sopravvento rispetto ad un altra, che una certa idea di maschio stia tramontando, più che una lucida constatazione di fatti anche alla luce dei più recenti studi a riguardo. Ci giri intorno ma gli assunti fondamentali del tuo argomento rimangono oscuri e dati per certi senza che vi sia una reale discussione a riguardo, il topic avrebbe fatto meglio a intitolarsi "il sapere è maschio?" perchè sei lungi dal poter partire da esso come dato assunto e intavolare la discussione che hai fatto. Si tratta di un assunto che non ha culturalmente riscontro nel mondo moderno a tal punto che la cultura ha inventato il concetto di "sessismo" per invalidare a priori argomentazioni simili. Cosa che però non verrà fatta attraverso la moderazione, ma attraverso la discussione, alla quale invito anche Angelo. Buona continuazione.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

Lou

Inserisco questo articolo all'interno di questo interessantissimo topic, augurandomi che offra e apporti spunti critici e fertili al dibattito.
Fonte: https://www.galileonet.it/1998/10/il-sapere-non-e-neutro/


"Il sapere non è neutro

1 OTTOBRE 1998 - MARINA MARRAZZI
INTERVISTA A ELENA GAGLIASSO
FILOSOFA
E STORICA DELLA SCIENZA
ALL'UNIVERSITÀ DI ROMA



Le scienziate ancora oggi sono poche, e non hanno facile accesso ai posti di responsabilità e di potere. Quali sono le ragioni che, per secoli, hanno tenuto lontane le donne dalla scienza più che da altri campi di attività? Cosa è cambiato negli ultimi decenni, e quanto di questo cambiamento è dovuto all'impegno di gruppi di lavoro di scienziate e donne intellettuali? Ne abbiamo parlato con Elena Gagliasso, filosofa e storica della scienza all'Università di Roma "La Sapienza", da anni impegnata su questi temi come epistemologa e come femminista.

Donne e scienza: un binomio che ha diverse sfaccettature. Da circa trent'anni, anche sull'onda dei movimenti femministi degli anni '70, sono stati prodotti numerosi lavori di analisi, alcuni più teorici, altri puramente statistici, sulla presenza e il ruolo del genere femminile all'interno del mondo scientifico.Perché le donne nei centri di ricerca sono ancora poche, soprattutto nei posti di responsabilità e di potere? Ci sono dei motivi specifici che per secoli – salvo rare occasioni -hanno tenuto lontane le donne dalla scienza più che da altri campi di attività? Cosa è cambiato nel panorama culturale rispetto a questo problema negli ultimi tre decenni, e quanto di questo cambiamento è dovuto all'impegno di gruppi di lavoro di scienziate e donne intellettuali che si sono interrogate su questi temi?Ne abbiamo parlato con Elena Gagliasso, filosofa e storica della scienza all'Università di Roma "La Sapienza", da anni impegnata come epistemologa e come femminista nell'analisi di queste problematiche.

Da dove nasce il suo interesse per il binomio donne e scienza?

Potrei dire che si tratta di confluenze storiche in parte obbligate e in parte casuali. Fino a un certo periodo di tempo ho tenuto decisamente separate la mia professione dalla militanza femminista. Ma ricordo che allora provavo un certo disagio di fronte ad alcune posizioni del movimento femminista che opponevano alla scienza una critica molto radicale, che toccava punte di irrazionalismo. Sentivo una debolezza nel movimento delle donne, soprattutto nel suo riattraversare tematiche – come una maggiore vicinanza delle donne alla natura – che non erano affatto nuove. Infatti, dal romanticismo al naturismo dei primi del '900, gli uomini, parlando delle donne, le collocavano proprio in questa dimensione di maggiore naturalità. Provavo una certa insofferenza nei confronti di questa riproposizione che, peraltro, era qualcosa che non ci apparteneva. Contemporaneamente, in quegli stessi anni, ero particolarmente interessata a tutte le tematiche che avevano a che fare con la non-neutralità della scienza.

A cosa si riferisce?

Parlo di quella linea epistemologica che prendeva le mosse da figure di rilievo come Kuhn, Hanson, Lakatos e che si contrapponeva alla visione allora corrente secondo la quale il progresso scientifico era unilineare e inarrestabile. Questa posizione "tradizionale", del resto, era sostenuta e rafforzata dagli epistemologi di derivazione neo-positivista (per esempio Carnap, Neurath, fino a Popper) che non solo consideravano ovvia tale premessa ma, su questa base, impostavano le loro ricerche dell'unità della scienza. In Italia questa critica della scienza nasceva non solo da analisi di tipo storico ed epistemologico, ma anche da basi politiche. Mi riferisco soprattutto al gruppo romano di fisici intorno a Marcello Cini: per loro la neutralità della scienza voleva dire impossibilità di parlare di una scienza completamente oggettiva e neutrale rispetto al contesto sociale e politico. Essi partivano da una personale messa in discussione, una sorta di autocritica, che permettesse di poter auto-osservare la parzialità della propria posizione: appartenenza a una comunità disciplinare, a un contesto epocale, a una situazione storica ed economica e così via. Quindi neppure le domande scientifiche erano neutre, ma influenzate da molti elementi: economico, culturale, di storia delle idee, di percorso personale. Ai miei occhi loro posizione era particolarmente interessante proprio perché proveniva dall'interno del percorso scientifico stesso, e non era opera di storici o di filosofi.

Dunque, in quegli anni, differenti linee di pensiero confluivano verso una messa in discussione del ruolo tradizionale della scienza?

Sì, percepivo una sorta di riverberanza tra alcune delle prassi del movimento femminista (il "partire da sé", il ruolo del soggetto, il tener conto del contesto storico) e le proproste dei fisici di Roma che analizzavano la loro stessa posizione dall'interno della pratica scientifica mettendo in discussione gli assunti che fino agli anni '60 erano stati considerati ovvi. L'epistemologia, dal canto suo, si stava avvicinando a una problematizzazione della tradizionale concezione della scienza come progressivo disvelamento del vero e come attività neutrale nella ricerca pura, a prescindere dagli usi sociali che potevano essere positivi o meno. A questo devo aggiungere la lettura di testi di studiose che già da anni stavano facendo un percorso analogo al mio: per esempio Evelyn Fox Keller, Sandra Harding, Donna Haraway e in parte Caroline Merchant. I loro lavori mi dimostravano che questa problematica cominciava ad essere matura nell'aria: le risonanze che sentivo tra la situazione complessiva dell'epistemologia di quegli anni e le posizioni di queste epistemologhe e storiche straniere avevano una qualche importanza e potevano essere messe in connessione.

Ovviamente, il tema della non neutralità della scienza è centrale rispetto al discorso della presenza delle donne nel mondo scientifico. Ma qual è la differenza tra la non-neutralità della scienza di cui parlavano gli epistemologi e i fisici del gruppo di Roma e quella a cui si riferiscono le donne?

In questa seconda accezione c'è qualcosa di più: non solo la scienza non è neutrale nel senso che non è oggettiva, ma non è neutra neppure rispetto al sesso. Quanto più si analizza, non solo la situazione contemporanea, ma anche quella delle origini del processo scientifico, tanto più emerge con chiarezza il fatto che, tra tante attività in cui si muovono i soggetti sociali, dall'arte alla letteratura, la scienza è quella che maggiormente ha rappresentato il proseguimento di una forma di pensiero monosessuato e omofilo.

Che cosa vuol dire questo: che le donne che hanno avuto successo nella scienza si sono dovute "mascherare" da maschi?

Se guardiamo alla storia, questo è certamente vero alla lettera: alcune hanno dovuto mascherarsi davvero da uomini, in senso reale e non solo metaforico. Molto spesso, sono state costrette a far passare i loro lavori come lavori fatti da uomini o comunque annullare il loro essere donne. Ma siamo nel lontano passato. Io credo che ci sia un gradiente che parte dalla fine dell'800, attraversa questo nostro secolo e va verso il futuro nel quale questo "mascheramento" diventa sempre più simbolico e sfumato. Se prendiamo le scienziate degli anni '50, certamente dovevano omologarsi il più possibile al mondo maschile – come atteggiamento e modo di pensare – per essere accolte nel mondo monosessuato della scienza. Molto più delle loro colleghe degli anni '60 e poi '70, fino ad arrivare alle giovani ricercatrici di oggi, che sempre meno devono indossare questo "chador" ideale e che invece possono cominciare a intessere legami professionali tra loro, e con ciò autolegittimarsi all'esistenza.Bisogna però dire che questo cambiamento è anche il risultato di un banale effetto quantitativo: il maggiore numero di ricercatrici funziona come un contrappeso. Infatti, l'esistenza di una massiccia presenza femminile permette alle donne una maggiore libertà di pensiero e modifica circolarmente il modo di relazionarsi dei ricercatori uomini con le donne. Intendo dire che, lasciando da parte la scarsa presenza femminile che si può registrare ai livelli dirigenziali, oggi il modo di rapportarsi dei ricercatori uomini e donne tra loro è meno segnato da quell'impronta che ha costretto ogni donna scienziata delle generazioni precedenti a moltiplicare gli sforzi rispetto ai colleghi maschi per essere semplicemente accettata dalla comunità scientifica.

Questo è un risultato del lavoro svolto dal gruppo di studio "donne e scienza" di cui lei ha fatto parte fin dalla sua creazione nel 1987?

No, quanto detto è semplicemente una registrazione che definirei quasi antropologica. Invece il Coordinamento donne e scienza ha lavorato sulla autoconsapevolezza del proprio essere scienziate. Voglio dire che nel confronto di esperienze comuni a molte scienziate (non totale riconoscimento del proprio lavoro, marginalità, difficoltà di accesso a particolari ruoli o di relazioni con particolari strutture o gruppi di ricerca) diventa possibile generalizzare quello che fino ad allora era vissuto come un'esperienza singola, individuale e privata. A partire da qui, le scienziate che hanno cominciato a lavorare in collegamento fra loro, secondo quanto riferivano, riuscivano a vivere alcune loro situazioni individuali in modo diverso, perché le reinterpretavano attraverso una analisi collettiva.

Le difficoltà percepite prima individualmente e poi riconosciute comuni erano soprattutto nella gestione del lavoro o nella sostanza della ricerca?

In un primo momento direi soprattutto nella gestione: perché devo lavorare e produrre dieci volte più del mio collega per essere riconosciuta a pari livello? Era un discorso, potrei dire, rivendicazionista. Da lì poi sono partite domande più di fondo, maggiormente legate ai contenuti del lavoro scientifico. Ma su questo argomento non c'è stata univocità. Bisogna considerare che all'interno del gruppo esistevano esperienze molto distanti: dalle ingegnere dell'Ansaldo, alle genetiste molecolari, alle matematiche, alle epistemologhe. A un estremo, dunque poteva trovarsi chi rivendicava una totale non appartenenza delle donne al modo in cui si è costituita la ricerca, e quindi ipotizzava la necessità di accantonare la ricerca stessa per arrivare solo in un secondo momento a poter porre nuove domande scientifiche. All'altro estremo c'era chi era interessata al proprio ambito di ricerca, ne ricavava una reale passione scientifica e aveva invece delle difficoltà di altro tipo, diciamo gestionale.

Qual è il suo bilancio dei risultati raggiunti dal gruppo "donne e scienza"?

Nel tracciare un itinerario della storia del gruppo, bisogna tenere presente che il contesto è cambiato: la scienza di cui si parla oggi, a mio parere, si è modificata da quella di venti anni fa. A questo si aggiungano i cambiamenti sociali e politici che rendono il contesto storico sostanzialmente diverso: se negli ultimi trent'anni la società ha fatto un passo avanti rispetto alle possibilità di accesso delle donne in molti settori, è anche vero che il clima culturale, politico ed economico degli anni '90 penalizza la libertà femminile. Le donne si sono ritrovate a dovere rifare addirittura semplici battaglie di civiltà quando, per altri versi, sono molto più avanti rispetto alle loro madri. Non si può insomma parlare di risultati precisi, ma di cambiamenti che fanno parte di una grande mutazione antropologica collettiva. Ma è certo che il punto di partenza attuale di molte giovani ricercatrici è la sensazione di avere le stesse possibilità dei loro colleghi. E' come se oggi a certi sbarramenti, che siano teorici, gestionali e via dicendo, si arrivasse molto più tardi e quindi ciò permettesse a queste giovani di avere uno spazio più ampio per l'edificazione di se stesse, salvo poi incontrare difficoltà in una fase successiva.

E rispetto a posizioni più radicali, come la prospettiva di modificare alcune caratteristiche "intrinseche" del fare scienza?

Neppure una rivoluzione riesce a cambiare delle costruzioni che si sono stratificate in quattro secoli di storia esplicita e in duemila anni di edificazione del modo di pensare occidentale. A mio parere, non è questo il problema. E' vero, le donne si ritrovano fin dalla prima infanzia in un mondo che non è stato costruito in prima persona da loro, e devono imparare una lingua che è data e che non le rispecchia interamente. Questo vale soprattutto per i termini che vengono usati in campo scientifico: le metafore che vengono messe in gioco, la costruzione del modo di porre le domande. Però esistono all'interno di tutti i settori scientifici delle ampie aree, di pratica e di teoria, dove è inutile andare a cercare aspetti di sessuazione. Esistono ambiti di neutralità: poste alcune premesse, che neutre non sono – il mondo del metalinguaggio e delle metaregole – i percorsi successivi sono canalizzati. All'interno di questi percorsi i linguaggi tecnici sono in codice, e dunque non si possono analizzare con la chiave della sessuazione. Qualsiasi donna che lavora in un ambito di ricerca specifico, partecipa di una curiosità per il reale che non è necessariamente segnata dalla sua specificità di genere ma fa parte di una grande impresa comune.

Che cosa pensa delle pari opprtunità?

Il principio delle pari opportunità è basilare. Non si tratta però, a mio parere, di stabilire "parità di posti", o di "quote", ma di promuovere un principio di giustizia nell'accesso alla conoscenza e nella possibilità di espressione e ricerca, superando gli scarti storici che hanno marginalizzato le donne. Penso ad esempio, concretamente, alla costruzione dei percorsi di studio, e al modo in cui gli insegnanti si relazionano ai bambini e alle bambine fino dai primi anni di scuola. Un modo che è, tuttora, inconsapevolmente sessista, anche nei paesi più avanzati."


"La verità è brutta. Noi abbiamo l'arte per non perire a causa della verità." F. Nietzsche