Società, forzatura o normale evoluzione?

Aperto da daniele77, 10 Luglio 2020, 13:08:44 PM

Discussione precedente - Discussione successiva

viator

Salve anthonyi. Così, per ridere : "cioè è difficile capire perché sono avvenuti viste le premesse, ma che hanno prodotto forti effetti sociali, proprio come se una mano invisibile avesse aggiustato la realtà per realizzare un certo scopo".

-----

E' difficile capire date le premesse solo perchè chi crede vuole a tutti i costi capire tutto alla luce dei propri presupposti, non accettando dubbi od ignoranze che sono invece umanamente giustificate e divinamente ingiustificabili. La fede è la sistematica del credere proprio perchè esclude il dubbio !

-----

E poi non capisco questo ostinatissimo umanizzare - persino in senso anatomico - tutte le cause e gli strumenti. Se anche Dio è la causa di tutto, egli (uso il pronome personale in rispetto di ciò in cui tu credi) potrebbe averci messo le benne, le pinze o le leve........... Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Ipazia

Citazione di: anthonyi il 11 Luglio 2020, 14:34:51 PM
Fare affermazioni pesanti è facile, un po' più complicato è argomentarle.

Tipo questa:

CitazioneCon natura umana suppongo voi intendiate l'uomo come essere biologico, frutto del processo evoluzionistico naturale, peccato però che tanti aspetti della società siano difficilmente spiegabili partendo dalle leggi evoluzionistiche.
Ti presento un caso, la caduta della propensione alla violenza nella società moderna rispetto a una propensione naturale umana alla violenza che sappiamo essere tra le più alte di tutte le specie esistenti (In particolare nell'homo sapiens).

C'è in rete, ma non sono riuscita a trovarla, la conferenza di un sociologo o economista u. s. a. che enumera mi pare 5 argomenti per cui ci conviene diventare più pacifici che violenti. Tutti argomenti razionali che non hanno nulla di trascendente. Il primo è che il nostro potenziale distruttivo è talmente elevato che non conviene a nessuno usarlo. Poi c'è la reciprocità, la interconnessione, la unificazione culturale, la "stessa barca",...

Abbiamo più motivi razionali per essere buoni che cattivi, anche se sappiamo eccedere in entrambe le direzioni. Ma qui la "natura umana" non c'entra una fava. E' solo evoluzione ideologico-culturale, in cui anche i cultori della trascendenza hanno raggiunto cime abissali di ideologica malvagità.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

anthonyi

Citazione di: viator il 11 Luglio 2020, 22:08:46 PM
Salve anthonyi. Così, per ridere : "cioè è difficile capire perché sono avvenuti viste le premesse, ma che hanno prodotto forti effetti sociali, proprio come se una mano invisibile avesse aggiustato la realtà per realizzare un certo scopo".

-----

E' difficile capire date le premesse solo perchè chi crede vuole a tutti i costi capire tutto alla luce dei propri presupposti, non accettando dubbi od ignoranze che sono invece umanamente giustificate e divinamente ingiustificabili. La fede è la sistematica del credere proprio perchè esclude il dubbio !

-----

E poi non capisco questo ostinatissimo umanizzare - persino in senso anatomico - tutte le cause e gli strumenti. Se anche Dio è la causa di tutto, egli (uso il pronome personale in rispetto di ciò in cui tu credi) potrebbe averci messo le benne, le pinze o le leve........... Saluti.

Si chiama storiografia, viator, è una dottrina che si occupa di spiegare le cause, e più in generale le relazioni tra gli eventi storici.
Ti faccio un esempio, la caduta dell'Impero Romano d'Occidente, il più importante tra gli eventi storiograficamente problematici.
Ad essa dobbiamo la formazione di quello strano(soprattutto se analizzato con una ratio evoluzionistica) equilibrio tra potere politico-militare e religioso che ha caratterizzato il medioevo e che è alla base dell'evoluzione della civiltà occidentale.
Riguardo poi all'umanizzazione è chiaro che la mano invisibile è un simbolo, già usato da Adamo Smith.
Comunque io non ho parlato di Dio, la mia teoria è materialista, si interessa della realtà sociale.


anthonyi

Citazione di: Ipazia il 11 Luglio 2020, 22:59:46 PM
Citazione di: anthonyi il 11 Luglio 2020, 14:34:51 PM
Fare affermazioni pesanti è facile, un po' più complicato è argomentarle.

Tipo questa:

CitazioneCon natura umana suppongo voi intendiate l'uomo come essere biologico, frutto del processo evoluzionistico naturale, peccato però che tanti aspetti della società siano difficilmente spiegabili partendo dalle leggi evoluzionistiche.
Ti presento un caso, la caduta della propensione alla violenza nella società moderna rispetto a una propensione naturale umana alla violenza che sappiamo essere tra le più alte di tutte le specie esistenti (In particolare nell'homo sapiens).

C'è in rete, ma non sono riuscita a trovarla, la conferenza di un sociologo o economista u. s. a. che enumera mi pare 5 argomenti per cui ci conviene diventare più pacifici che violenti. Tutti argomenti razionali che non hanno nulla di trascendente. Il primo è che il nostro potenziale distruttivo è talmente elevato che non conviene a nessuno usarlo. Poi c'è la reciprocità, la interconnessione, la unificazione culturale, la "stessa barca",...

Abbiamo più motivi razionali per essere buoni che cattivi, anche se sappiamo eccedere in entrambe le direzioni. Ma qui la "natura umana" non c'entra una fava. E' solo evoluzione ideologico-culturale, in cui anche i cultori della trascendenza hanno raggiunto cime abissali di ideologica malvagità.

La razionalità. Ipazia, non è un principio assoluto, infatti si parla di razionalità rispetto allo scopo.
Nel mio discorso, invece io parlo di razionalità evoluzionistica, la semplice logica, intuita da Darwin, per la quale si impone il modello comportamentale più adatto.
Nel caso Homo Sapiens il modello più adatto era originariamente un modello molto violento, e in effetti tale modello, dal punto di vista biologico non è cambiato. Quello che si è creato è stato un condizionamento culturale che continuamente opprime il nostro istinto violento, come ti fa intuire anche il titolo di questo topic.
Ora qui i problemi sono 2.
Il primo è capire come nasce questo condizionamento culturale, se infatti originariamente l'uomo è violento, e quindi crede nella violenza (Che vuol dire coraggio, eroismo, onore, vittoria e gloria nella battaglia) come può produrre contenuti culturali che parlano di non violenza, e che quindi negano tutti quei valori che sono tra parentesi.
Il secondo è capire come questo condizionamento culturale si sviluppa, se supponiamo che in una società di violenti ci sia un genio che capisca la superiorità della non violenza, supponiamo anche che riesca a convincere un certo numero di individui di questa superiorità, questi ultimi, per il fatto di avergli creduto, diventano più deboli nella lotta per la sopravvivenza perché non reagiscono alla violenza

sapa

Citazione di: daniele77 il 10 Luglio 2020, 13:08:44 PM
ecco il mio primo topic.


Come in natura c'è la specie che distrugge l'ambiente di altre specie , la nostra specie distrugge altre specie.
ma nessuna (a mia conoscenza) specie al mondo ha mai distrutto se stessa o il suo ambiente, cosa che l'essere umano sa fare molto bene.





Non so, sono solo una mia opinione, curioso di conoscere la vostra...  ;)


A presto.
Condivido gran parte del discorso dell'intero topic, tranne la parte che ho citato. In realtà, anche in natura si assiste a fenomeni di assestamento, con fasi di eccesso demografico di una specie e rischio conseguente di estinzione della stessa per eccessivo degrado/morte dell'ambiente di vita della specie stessa. Anzi, direi che molta vita parassitaria, per esempio le Cocciniglie dei vegetali, con il suo stesso diffondersi e portare a morte il parassita rischia l'estinzione. C'è da dire che, in fondo, tutte le forme di vita sono poi dei parassiti della natura e delle sue risorse, che, più o meno, vanno ad incidere sulle dinamiche della natura stessa. L'uomo si è, di fatto, elevato, il suo potere distruttivo è aumentato molto grazie alla scienza e alla tecnologia. La differenza, quindi, l'ha fatta l'intelligenza, sia nel bene, che nel male.

niko

La tua domanda ha anche una risposta possibile prettamente filosofica, ovvero puramente semantica e logica: si auto risponde a seconda di ciò che intendi con Natura:


Nel senso comune si può intendere natura e l'aggettivo: "naturale" principalmente in due modi:


1: come selvaggio, animalesco, deterministico, spontaneo; contrapposto a: "umano", nel senso di cosciente, libero da determinazioni istintuali o automatiche.
In questa definizione, oltreché il contrasto tra automatismo bestiale o fisico-inerziale e libertà della coscienza, rientra l'indicazione di ulteriorità dell'essere della natura rispetto all'ambito di conoscenza ed esistenza propriamente -spazialmente e temporalmente- umana, quindi "naturale" in questo senso è dove l'uomo non arriva; ad esempio una jungla inesplorata, un pianeta lontano, un'era del tempo pre o post umana. Con umano qui si intende razionale, quindi degli alieni o delle macchine di intelligenza paragonabile a quella umana, diventerebbero "innaturali", se ne fosse accertata l'esistenza, secondo questa definizione.


2: come realtà fenomenica in generale, in cui agire intenzionale, caso e destino si uniscono insieme e formano un ordine superiore o quantomeno diverso da ognuna delle sue parti.
In questo senso si intende natura come tutto ciò che è ordinato, che sia ordinato dalla volontà o dall'istinto, nel caso della vita di uomini e animali, ma anche, nel caso degli oggetti inanimati e della componente oggettuale dei corpi viventi, tutto ciò che è "ordinato" dal caso e dalle leggi fisiche e meccaniche del divenire, leggi e tendenze che formano un archetipo di "volontà" paragonabile con quella dei viventi, perché qui con volontà si intende esperienza ripetuta dell'idoneità della causa a produrre l'effetto, e quindi aspettativa in un essere pensante dell'effetto stante la causa, a prescindere che tale esperienza si sia prodotto dentro o fuori di sé, dentro o fuori di un osservatore. [size=78%]Voglio dire che, anche se un creatore o un ordinatore del mondo non c'è, anche se il creatore è nullo, la volontà è il modo mentale ed esperienziale in cui noi viventi diveniamo coscienti del nesso-causa effetto, e quindi tendiamo ad attribuirla a un ipotetico creatore vista la potenza e la almeno parziale conoscibilità e ricorsività della natura, per una analogia che non ha nemmeno bisogno dell'effettiva esistenza del creatore per darsi e funzionare.[/size]
In questo senso non c'è uomo contro natura, un campo dell'artificiale contrapponibile a uno del naturale, ma c'è una natura umana, come ci può essere la natura del sasso, della foglia o del topo, una tendenza e un desiderio di comportamento che deriva da ciò che si è, piuttosto che da ciò che si progetta o si vuole, che qui, in questa definizione in cui prevale l'ordinamento composito e generale del tutto, è visto come mera conseguenza di ciò che si è, poiché ciò che ci precede, ci segue o ci forma non è un'altro ordine, ma un'altra parte dello stesso ordine, quindi siamo determinati dalle stesse leggi che determinano tutti gli esseri in generale.


Come ci si colloca tra queste due definizioni, determinerà la risposta che si potrà dare circa la "naturalità" della natura umana.





Se con natura intendi l'ordine cosmico in generale, (definizione 2) l'ordine cosmico in generale è intangibile per definizione:


L'uomo può illudersi di manipolare la natura, di avere potere e autodeterminazione superiore a quella degli altri animali, ma nello svolgimento della storia e del "destino" della natura è previsto e calcolato che l'uomo faccia esattamente tutto quello che effettivamente fa, a se stesso e al mondo circostante. Come ogni essere parte di un ordine cosmico, l'uomo non può realmente innovare l'ordine che lo contiene, ma solo svolgere le premesse destinali del suo divenire prescritte dalla sua stessa natura. La tecnologica non che una prosecuzione della natura con altri mezzi: la natura inventa un essere tecnologico che con la tecnologia altera la natura stessa, ma ben si comprende che tutta la vicenda è comunque una mediazione della natura che altera se stessa a partire da se stessa, una parte della natura che opera su un'altra, o meglio due parti della natura che operano l'una sull'altra, come in ogni rapporto tra specie e ambiente; ogni specie altera il contesto in cui vive, l'uomo con la tecnologia e la sua intelligenza lo fa solo in un modo particolare.


Se con natura intendi l'ordine cosmico in quanto inalterato dall'uomo (definizione1), insomma tutto l'essere del cosmo ad eccezione dell'uomo, anche qui la definizione contiene la risposta alla tua domanda, perché se con natura intendi ciò che è inalterato dall'uomo, uomo e natura si contrappongono per definizione, l'uomo non può lasciare completamente inalterato il mondo che lo circonda e sopravvivere, quantomeno deve trovare acqua, cibo eccetera, e la sue stessa esistenza è alterazione di uno stato inalterato precedente, che può intendersi come "natura", quindi come ciò che c'è stato, c'è e ci sarà anche senza l'uomo; e stante la soggettività umana che si compone di sé e non sé, volontario e involontario, percepiente e percepito, ci sarà sempre una componente che a lui risulta involontaria e destinale, e quindi naturale, nel suo vissuto e nel suo campo percettivo, da contrapporre ad una razionale e volontaristica. Ad esempio, vedo un grumo colorato di materia vivente con le piume e le ali, e so per la mia formazione umana e culturale che quello è un uccello, ma appunto l'intero "spirito" come decodificazione della percezione può essere inteso come contrapposto alla natura.
Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

InVerno

Secondo me la questione è posta male a) perché presuppone esistesse uno stato pre_sociale dove la società non esisteva e che l' uomo ha superato e b) perché fornisce come ipotetiche risposte un binomio intorno al concetto di forzatura senza specificare quale sia l'agente forzante. A meno di non confondere la società con lo stato , l'uomo non è mai esistito antisocialmente, che poi la società sia andata via via complicandosi, non ha variato la funzione primaria della stessa, cioè bilanciare gli impulsi egoisti con quelli altruistici . Il perché sia giunta ad un grado di complessità tale da non assomigliare più molto a quella animale è probabilmente una risposta "multifattoriale", ma parlando in soldoni penso si possa dire sia stata "forzata" dalla necessità.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

anthonyi

Citazione di: InVerno il 12 Luglio 2020, 19:16:16 PM
l'uomo non è mai esistito antisocialmente,

Ma direi proprio di si, la letteratura è piena di rappresentazioni di ribellione nei confronti delle convenzioni sociali, il conflitto tra istinto e società è maggiore di quello tra istinto e stato, perché la società è molto più presente (Daniele direbbe opprimente) nei confronti di ogni singolo individuo.

Jacopus

#23
Anthony. Homo sapiens è una specie facente parte dell'ordine dei primati e della famiglia degli ominidi, insieme a scimpanzé, gorilla e urango-tang. Si tratta in tutti i casi di specie altamente cooperative, che vivono in gruppi, non necessariamente guidati da un maschio alfa, ma anche dall'insieme dei maschi adulti. All'origine, da un punto di vista biologico, homo sapiens non era affatto violento. Lo era in funzione della sopravvivenza sua e del suo gruppo. Una violenza di diverso tenore , indipendente dalla sopravvivenza è giunta solo con lo sviluppo della tecnologia e della cultura. Questo dice gran parte della letteratura scientifica sull'argomento. Una macchia originaria di homo sapiens, declinata addirittura come antisocialità, oltre ad essere surreale, è  troppo simile al mitologema del peccato originale da risultare piuttosto sospetta.


La letteratura (letterario-filosofica, non scientifica) cui tu ti riferisci,  pur esistente, non ha a che vedere con lo stato originario di homo sapiens, ma con la strutturazione di regole e norme sociali che ingabbiano inevitabilmente l'umanità e che iniziano a distribuire in modo ineguale le risorse, a tesaurizzarle e a sfruttare parte dell'umanità  privandola ancora di più della libertà dello stato di natura, proprio in virtù di quel surplus di risorse che la tecnologia riesce a incamerare e che può essere trasformata in differenziazione sociale, con i pro e i contro di tutto ciò .


Infine, la scelta evoluzionistica che ha prodotto homo sapiens, ha privilegiato la plasticità delle scelte comportamentali, alla rigidità deterministica presente in specie animali meno complesse. La psicologia moderna ha sintetizzato questo tema nel principio dei patterns.  Ovvero iniziando a comportarsi in modo violento, il soggetto o il gruppo apprenderanno un modo di comportarsi violento, con tutte le conseguenze del caso. Al contrario un soggetto cooperativo, imparerà ad esserlo sempre meglio, dopo alcune azioni in questo senso. Questo è reso possibile soprattutto da fattori comunque biologici. Due i più importanti: la lunga dipendenza dei cuccioli dai genitori e la complessità del nostro sistema nervoso centrale.
La dimostrazione di quanto detto è configurata nelle divergenti scelte dello scimpanzé,  specie molto aggressiva e violenta, capace di uccidere i propri avversari, e del bonobo,  la specie più cooperativa ed altruistica fra le scimmie superiori. Ebbene sì tratta di due specie talmente simili a livello morfologico e genetico , che sono state distinte tassonomicamente solo 90 anni fa.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

anthonyi

#24
Citazione di: Jacopus il 12 Luglio 2020, 21:15:46 PM
All'origine, da un punto di vista biologico, homo sapiens non era affatto violento.
[/l][/l][/l]
E chissà perchè tutte le popolazioni ominidi che sono entrate in contatto con Homo Sapiens si sono estinte.
A me risulta che la percentuale di uomini morti per mano umana nella preistoria fosse molto alta, così come lo era nelle "civiltà" antiche. Chiaramente bisogna considerare l'effetto della tecnologia, perché nel tempo la tecnologia bellica rende sempre più facile uccidere, per cui, a parità di proporzione di assassinati possiamo argomentare una riduzione progressiva della propensione ad usare la  violenza. (E qui discuto la tua tesi per cui l'istinto violento sia effetto della tecnologia, la tecnologia è uno strumento che ha effetto sui risultati della violenza, non sul desiderio umano di utilizzarla, sul rapporto tra cultura e violenza direi che c'è poca specificità, una cultura della violenza produce violenza, una cultura della non violenza produce non violenza, rimane da capire e spiegare da dove vengano, rispettivamente, queste due culture).
Naturalmente tale riduzione diventa ancora più significativa negli ultimi tempi, credo che sia fuori discussione il fatto che mentre nell'Impero Romano la violenza era addirittura uno spettacolo, al quale il pubblico assisteva compiacente (E quindi la violenza era fortemente presente nella loro cultura), ai giorni nostri gli spettacoli sono molto più pacifici.



Citazione di: Jacopus il 12 Luglio 2020, 21:15:46 PM[/q]
La psicologia moderna ha sintetizzato questo tema nel principio dei patterns.  Ovvero iniziando a comportarsi in modo violento, il soggetto o il gruppo apprenderanno un modo di comportarsi violento, con tutte le conseguenze del caso. Al contrario un soggetto cooperativo, imparerà ad esserlo sempre meglio, dopo alcune azioni in questo senso.
[/l][/l][/l]
[/size]

Non vi è dubbio che i comportamenti umani sono anche acquisiti, il fenomeno del raptus omicida, comunque, ci dice che c'è una predisposizione istintiva nell'uomo ad uccidere che è pronta ad entrare in gioco in caso di necessità.
Comunque non capisco cosa c'entri la cooperatività, che è anch'essa un carattere umano, e certamente non in antitesi con la violenza, gli uomini cooperano spesso nell'azione violenta. E' difficile pensare a guerre tra popoli nel passato senza questa cooperazione, poi ci sono i linciaggi, le sommosse popolari, tutte situazioni nelle quali gli uomini cooperano nell'azione violenta.

InVerno

Citazione di: anthonyi il 12 Luglio 2020, 19:56:19 PM
Citazione di: InVerno il 12 Luglio 2020, 19:16:16 PM
l'uomo non è mai esistito antisocialmente,

Ma direi proprio di si, la letteratura è piena di rappresentazioni di ribellione nei confronti delle convenzioni sociali, il conflitto tra istinto e società è maggiore di quello tra istinto e stato, perché la società è molto più presente (Daniele direbbe opprimente) nei confronti di ogni singolo individuo.
L'esistenza di individui "antisociali" non è sufficiente a descrivere l'homo per intero, posto che degli esempi che dai tu mi pare di intravedere uomini "socialissimi" , perché essere antagonisti di una società non significa esserne fuori, al contrario, significa spesso dedicare la propria vita al miglioramento della società stessa, forse il più grande tributo che un individuo può dare alla società è proprio opporvisi. La letteratura, che sia antropologica o narrativa, ci racconta di uomini che abbandonata una società né abbracciano un altra, caso estremo narrativo quello del "libro della giungla" dove persino una società di animali può fungere da surrogato, e gli esempi di "bambini ferali" nella realtà ci raccontano di individui che seppur mantenute molte funzioni celebrali  hanno irrimediabilmente perso molte di quelle che sono caratteristiche peculiari di homo, tanto che probabilmente se dovessimo valutare solo in base a quelle potremmo dirli di "specie diversa". In verità io penso sia proprio la spinta trascendente di alcune filosofie religiose anacoretiche ad assomigliare a qualcosa di "antisociale"  (anche se in realtà nella maggior parte dei casi si tratta solo di società  monastiche) , perciò trovo ironico che tu abbia provato un po' scaltramente a infilare la religiosità come forzante.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

Ipazia

Come già affermato da altri la contrapposizione tra individuo umano e società non ha senso. Si tratta di un mito romantico che gode ancora di grande fortuna mediatica e pubblicistica ma del tutto infondato. La specie homo nasce geneticamente sociale e la sua civilizzazione ha ulteriormente aumentato la dipendenza dell'individuo dal branco. Vale anche per gli anacoreti che senza il branco di contorno: discepoli e fedeli, non avrebbero prodotto alcun evento storico e sarebbero affogati nell'oblio assoluto.

Sull'antagonismo "antisociale" sottoscrivo quanto già detto da InVerno.

Anche la contrapposizione tra socialità e violenza - e l'enfatizzazione di quest'ultima a fini evangelici - non ha senso. La violenza primigenia, genetica, arcaica e archetipica dell'animale homo è quella di ogni animale che individualmente e/o socialmente lotta per la sua sopravvivenza: Darwin papale papale.

L'evoluzione peculiare delle sue zanne ed artigli tecnologici rende l'homo sapiens più affine allo squalo che al panda, ma moraleggiare su questo aspetto per introdurre qualche deus ex machina trovo sia favolistica ingenua.

La fenomenologia della violenza umana - individuale e sociale - va declinata su molteplici registri e sinergie piuttosto che su manichee contrapposizioni.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

daniele77





da quanto vedo ho avviato una bella discussione  :)


ho letto con molto interesse tutti i vostri interventi.


Certo, il termine "naturale" non aiuta in quanto come fatto notare da molti è oggetto di confusione riguardo il significato.
Questo ha portato il discorso a complicare il tutto, rendendolo comunque molto interessante.


Il mio discorso iniziale era molto meno filosofico.


Vorrei fare un esempio banale, per spiegare quanto volevo esprimere.
Prendiamo una tribù che non è mai stata contattata dalla nostra civiltà, dove vivono isolati da sempre.
ovviamente hanno costruito una loro socialità che potrebbe essere violenta o non violenta, ma non ha importanza questo.
Ora ipotizziamo che un individuo riesca a contattarli e per scopi egoistici li convince a cambiare il loro stile di vita cambiando di fatto la loro struttura sociale.
Qui possiamo evidentemente dire che la loro società sia stata cambiata in modo forzato e, per loro, non naturale. Senza questa "intrusione" avrebbero continuato come prima.
Questo è un esempio semplice, con conseguenze rapide ed evidenti.


Quindi mi chiedo, molto semplicemente, la nostra società ha subito questa forzatura? se si, è positiva o negativa?
A mio parere negativa (non in tutto, ma se mettiamo sulla bilancia l'ago pende su negativo), e questo perchè tutto ha subito un'accelerazione eccessiva che l'essere umano non riesce a sostenere. Cambia tutto cosi rapidamente che forse non siamo una società ma tantissime società sempre in conflitto fra loro, in conflitto con il mondo stesso in quanto esigiamo che l'universo stia al nostro passo.
Forse dobbiamo rallentare?

Ipazia

Se invece di vivere dei frutti della terra e del mare raccolti a mano qualcuno ti insegna a coltivarli e pescarli con attrezzi idonei...
Se invece di arare a mano puoi farlo con i buoi e poi col trattore ...

Difficile resistere alle sirene del progresso tecnologico quando i tuoi geni sono in grado di comprenderne il canto.

Un canto che ha anche aspetti infernali (Omero docet) per cui, concordo, il discorso (sui limiti e meriti dello sviluppo) resta aperto. Però, personalmente, sono assai critica verso i peana sui bei tempi andati, sullo "stato di natura" e il mito roussoiano del buon selvaggio, quando si moriva a trent'anni, se ci si arrivava, per ogni morbo possibile o per qualche banale incidente.

Vorrei vedere quante Grete rinuncerebbero anche solo a internet  ;D
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

anthonyi

Citazione di: InVerno il 13 Luglio 2020, 07:43:31 AM
Citazione di: anthonyi il 12 Luglio 2020, 19:56:19 PM
Citazione di: InVerno il 12 Luglio 2020, 19:16:16 PM
l'uomo non è mai esistito antisocialmente,

Ma direi proprio di si, la letteratura è piena di rappresentazioni di ribellione nei confronti delle convenzioni sociali, il conflitto tra istinto e società è maggiore di quello tra istinto e stato, perché la società è molto più presente (Daniele direbbe opprimente) nei confronti di ogni singolo individuo.
L'esistenza di individui "antisociali" non è sufficiente a descrivere l'homo per intero, posto che degli esempi che dai tu mi pare di intravedere uomini "socialissimi" , perché essere antagonisti di una società non significa esserne fuori, al contrario, significa spesso dedicare la propria vita al miglioramento della società stessa, forse il più grande tributo che un individuo può dare alla società è proprio opporvisi. La letteratura, che sia antropologica o narrativa, ci racconta di uomini che abbandonata una società né abbracciano un altra, caso estremo narrativo quello del "libro della giungla" dove persino una società di animali può fungere da surrogato, e gli esempi di "bambini ferali" nella realtà ci raccontano di individui che seppur mantenute molte funzioni celebrali  hanno irrimediabilmente perso molte di quelle che sono caratteristiche peculiari di homo, tanto che probabilmente se dovessimo valutare solo in base a quelle potremmo dirli di "specie diversa". In verità io penso sia proprio la spinta trascendente di alcune filosofie religiose anacoretiche ad assomigliare a qualcosa di "antisociale"  (anche se in realtà nella maggior parte dei casi si tratta solo di società  monastiche) , perciò trovo ironico che tu abbia provato un po' scaltramente a infilare la religiosità come forzante.

Dalla non esistenza dell'antisocialità, a un profilo di sola antisocialità, il cammino è lungo. Ti ho puntato la frase perché mi sembrava troppo estremistica, e oltretutto annichilente il contenuto del topic. Al di là di questo condivido che chi è antisociale è comunque parte della società e vive comunque un contesto di relazione.
Che la religiosità sia forzante io non l'ho scritto, anche se lo penso. In effetti il mio ragionamento riguarda il sistema culturale in toto, nel quale è chiaramente compresa anche la religiosità, e i sistemi culturali umani sono sempre coercitivi perché  questo è condizione necessaria per la continuità dei sistemi stessi.

Discussioni simili (5)