Siamo in debito!

Aperto da InVerno, 07 Giugno 2018, 11:28:56 AM

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InVerno

Non solo con la BCE e non solo di derivati, ma anche con la Terra.

Mi ha fatto venire in mente questa discussione gli interventi di Baylham dove diceva che l'economia e l'ecologia "insegneranno a votare". Pare strano vedere queste due "forze" camminare lo stesso vettore, come due cavalieri dell'apocalisse, eppure quando il prezzo del petrolio scende all'economia fa comodo, all'ecologia un po meno.. che i due cavalieri vadano in direzione opposta ? Di sicuro stanno litigando su dove andare. 

L'overshoot day (il giorno dell'anno dove "finiscono" le risorse rinnovabili\disponibili e si comincia ad indebitarsi) dell'Italia è scattato il 24 maggio nel totale silenzio politico, civile e si, anche del mondo economico. La media mondiale dello scorso anno era del 2 agosto, cioè per l'Italia le risorse sono finite tre mesi prima. Si obbietterà certo che nella media mondiale sono comprese anche nazioni sottosviluppate, l'Italia per una volta non è in fondo alle classifiche europee, ma l'indebitamento procapite è elevato, e non ci sono banche capaci di rifinanziarlo. Addirittura superiore alla Cina che ci viene mostrata sempre "mascherina in mano" ma che anche grazie alle vaste zone rurali ha bisogno di "solo 2 pianeta terra" per sostenere il suo stile di vita, contro i nostri quasi 3.


Le tante contraddizioni della green economy non sembrano essere essere risolutive, la grande locomotiva economico\militare del mondo, gli USA, inquina a dismisura ed esce unilateralmente dal Paris Agreement volendo perseguire una politica di ritorno al carbone per interessi elettorali. "L'economia li punirà!" Magari tra ventanni.. ma nel frattempo a pulire spazzatura ci siamo tutti quanti perchè, udite udite, la spazzatura non conosce ne dogane ne nazioni. Dall'Europa una piccola smorfia, e si va avanti come prima, il Nasdaq sale tranquillo la sua china su grafico.

La notizia tragica della repentina scomparsa di gigantesche porzioni di barriera corallina dovrebbe mettere in allerta anche i nazionalisti, quasi 1 miliardo di persone (soprattutto in oceania) vivono del pescato prodotto dalle barriere scomparse, e presto busseranno alle porte di chi da mangiare ha ancora qualcosa. Per chi volesse approfondire suggerisco l'ottimo documentario :  https://www.imdb.com/title/tt6333054/

Un giochino abbastanza simpatico si può trovare (in inglese) sul sito http://www.footprintcalculator.org/
Dove potete calcolare a spanne la vostra impronta ecologica e il vostro "personale" overshoot day, le stesse contraddizioni della green economy si applicano anche qui, dove se avete un auto elettrica la vostra impronta diminuisce (elettricità evidentemente prodotta a manovella).
Per quanto possa risultare triviale, il mio overshoot day è il 15 settembre, buon risultato, anche se sono convinto che se venissero parametrate altre cose potrei fare anche meglio.

Parliamo insomma di economia ed ecologia.
Buona discussione.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

cvc

Constatazioni sacrosante, ma purtroppo il mondo va in un altra direzione. Non come un corpo in movimento che si possa in qualche modo frenare o deviare, ma come un software che è stato programmato per svolgere un compito e non può cambiare se non viene riprogrammato. Il mondo è stato programmato per lo sviluppo economico e tecnologico e il programma del microchip che è dentro ciascuno di noi continua a funzionare perché non può fare altrimenti. Nessuno butta l'automobile per andare col mulo, nessuno butta il telefonino per aspettare ore per fare una telefonata, nessuno accetta spontaneamente di abbassare il proprio standard di vita. E ancor meno lo fa una civiltà nata nell'industrializzazione dove l'operaio dell'Ilva va a lavorare pur sapendo che inevitabilmente si ammalerà, e ciò che conta è portare a casa lo stipendio. Siamo talmente assorbiti dal capitalismo tecnologico industriale che non pensiamo nemmeno possa esistere un altro modo di vivere. Non ci si crede più alla favola dell'auto elettrica o delle pale eoliche o del fotovoltaico. Per preservare le risorse occorrerebbe una riorganizzazione totale della società che dovrebbe essere non più basata sull'industrializzazione, sul consumo, sulla crescita economica. Occorre cambiare il software della nostra civiltà. Io non vedo come qualcuno possa mai riuscirci, ma spero di essere smentito.
Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.

InVerno

Anche le tue sono constatazioni sacrosante, ma per riprendere la tua metafora del software, penso ci sia un problema grave anche nell'hardware. Se guardi i parametri utilizzati per l'impronta ecologica a colpo d'occhio salta fuori una cosa molto semplice, si tratta per la maggior parte di questioni logistiche e di trasporto legate alla pianificazione territoriale e urbanistica (hardware). Questa però non è semplicemente decisa da vezzi ideologici tecnofili, ci sono una serie di considerazioni che riguardano (per esempio) la conservazione del patrimonio urbanistico\artistico (sopratutto in Italia) che rendono praticamente impossibile una pianificazione territoriale ed urbanistica efficiente. Se penso ad una delle città meglio pianificate che conosco (non dal punto di vista ecologico, ma urbanistico) penso immediatamente a Mosca. La stessa dopo aver subito il grande incendio del 1812 che la rase al suolo per tre quarti ha avuto la possibilità di ripianificarsi da capo con un taglio moderno e la differenza con le città "storiche" europee si vede e si sente a colpo d'occhio. Ora, se mi facessi avvocato della distruzione del patrimonio architettonico Italiano penso verrei linciato (giustamente) ma non si possono aspettare i cataclismi per pianificare il territorio (purtroppo in Italia è cosi). Altrimenti mi toccherà dire "vi insegneranno gli incendi (o i terremoti) a fare urbanistica moderna" :) Ma forse il problema sta proprio nell'idea di città stessa, sarò fissato ma quando vedo le immagini dal satellite le città mi sembrano semplicemente dei grossi tumori della crosta terrestre provocati da tanti piccoli batteri che copulano felicemente in tal regioni.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

cvc

Condivido le tue osservazioni, come dicevo in un'altra discussione l'Italia è frenata anche dal suo grande passato che impone una certa resistenza al cambiamento. Certo è più facile rinnovare dove non c'è niente, infatti in Albania hanno la fibra ottica ed io che abito nella provincia di Varese ( mica Canicattì, con tutto il rispetto per Canicattì) per avere internet devo farmi montare l'antenna sul tetto. Paesi più poveri dell'Italia hanno potuto sfruttare meglio le sovvenzioni UE perché non avevano i vecchi apparati da smaltire (come in Italia), il che ha un costo. Ciò vale anche per l'aspetto urbanistico ed ecologico. È difficile abbandonare le case del 1500 anche in vista di un pericolo letale come il terremoto, è difficile demolire il passato per adattarsi alle nuove esigenze. Meno difficoltà di adattamento hanno persino tutti quegli animali che si stanno trasferendo dalla campagna alla città, viste le possibilità di trovare un rifugio nei luoghi dismessi e del cibo nella spazzatura sempre più abbondante. Però insisto col dire che il problema è nel software, nella mentalità. Sono gli interessi economici che muovono i grandi macchinari che servono per le grandi opere, ed i loro interessi non sono quelli dell'ecologia. Una volta c'era più rispetto per la natura perché l'agticoltura e la terra erano considerate come la prima fonte di ricchezza. Mica il brand o la bilancia dei pagamenti o lo spread. Peraltro si tratta forse anche di miopia, perché un piano di ristrutturazione delle infrastrutture abitative, stradali, idriche sempre più impellenti per i cambiamenti climatici, sarebbe un immenso cantiere che offrirebbe quel lavoro che oggi manca. L'America non si era mica ripresa dal '29 anche grazie alle grandi opere pubbliche (oramai obsolete anche là)? Già, ma chi deve pensare alle opere pubbliche? Lo stato. Ma se oramai è sempre più valida l'equazione stato=debito pubblico; e il debito pubblico è - detto rozzamente - capitale di terzi, chi ha interesse a finanziare le opere pubbliche? Si dice che prevenire è meglio che curare, però lo si dice solo a catastrofi avvenute....
Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.

InVerno

Citazione di: cvc il 08 Giugno 2018, 09:29:02 AMPerò insisto col dire che il problema è nel software, nella mentalità. Sono gli interessi economici che muovono i grandi macchinari che servono per le grandi opere, ed i loro interessi non sono quelli dell'ecologia. Una volta c'era più rispetto per la natura perché l'agticoltura e la terra erano considerate come la prima fonte di ricchezza. Mica il brand o la bilancia dei pagamenti o lo spread.
E qui si arriva ad un concetto che ho quasi paura a tirare fuori, perchè è finito dritto dritto nell'almanacco di "utopie di sinistra per bamboccioni che "non sanno come va il mondo" homo homini lupus - etc" ovvero i "beni comuni" (non "pubblici" come qualcuno di sinistra dice). Perchè è si la mentalità il problema, ma poi questa ottiene forme giuridiche ed economiche "tangibili" .
Qualche tempo fa ho riletto il "la tragedia dei beni comuni" di Hardin e mi è sembrato fosse stato scritto qualche anno fa anzichè 60. (http://science.sciencemag.org/content/162/3859/1243.full/ - non so se si trova tradotto) la correlazione che fa tra sovrappopolamento e perdita dei beni comuni (ingestibili) è ancora oggi interessante.
Poco più in la troviamo il concetto di "free rider" (colui che profitta ma non paga i costi) lo "scroccone", i simpatici contabili bavaresi dicono che sono gli Italiani perchè sono ossessionati dalle rendite bancarie, ma nessuna parla delle varie "multinazionali scroccone" (tutelate e coccolate dalle nazioni,  assetate di PIL) che col piffero che pagano la carbon tax, tanto da qualche parte uno stato disastrato pronto a dare asilo alle loro sedi, lo si trova.
La correlazione tra la responsabilità e il profitto, nell'economia agricola è stringente, nell'economia finanziaria è solo colpa di un pessimo commercialista che non ha trovato la gabola giusta. Con i beni comuni, ritornano alla mente i palmeti del Marocco, gigantesche estensioni che sfruttano minute risorse idriche gestite dai capifamiglia che ben si avvedono dal prosciugarli, onde morire di sete.
Ma non disperiamo, i nuovi palmeti sono "digitali", mi arriva infatti una mail con suggerito di non stamparla "perchè inquinerei",  supponendo che i giganteschi server per le mail siano anch'essi azionati a manovella da qualche passionario ambientalista.
In un mondo sempre più volatile e digitale come legare responsabilità ecologica e profitto? Visto che ultimamente si parla tanto di "flat tax", perchè non si comincia a parlare di una flat tax fondiaria, come peraltro auspicato dal Stiglitz che ha rispolverato il georgismo (pag 9)
(http://rooseveltinstitute.org/wp-content/uploads/2014/05/Stiglitz_Reforming_Taxation_White_Paper_Roosevelt_Institute.pdf)
"è meglio tassare le cose che producono conseguenze negative (come l'inquinamento o i derivati) che "cose buone" (come il lavoro)" potrebbe essere un buon motto per il novello governo, un governo del cambiamento.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

cvc

Si e mentre i populisti sovranisti sono sporchi, brutti e cattivi, i buoni sovranazionalisti tramite organizzazioni come il FMI o il WTO hanno presisposto le cose in modo che vengano sempre tutelati gli interessi degli investitori anziché quelli dei cittadini. La dichiarazione dei diritti degli investitori sarà il pilastro delle future costituzioni. Poi se nel frattempo la terra sarà diventata una discarica a cielo aperto e le risorse saranno esaurite, probabilmente saremo già in grado di andare ad insozzare e depredare anche Marte. Con buona pace dei marziani che se esistono devono essere anche più pazienti dei tedeschi. Il problema e che non vi sarebbe nemmeno da discutere su ste cose, tanto paiono ovvie. Però non entrano nella coscienza.
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