Secondo voi la pena di morte può essere ammissibile?

Aperto da Socrate78, 04 Maggio 2019, 09:40:50 AM

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Socrate78

Sarebbe eccome responsabile, e tantissimo, del male obiettivo e reale che fa indipendentemente dalle cause, di cui onestamente me ne faccio un bel baffo e credo sia giusto. Le cause del crimine sono infatti materia di giurisprudenza che serve agli avvocati per far assolvere i peggiori criminali perché "tanto, poverini, sono malati" e via discorrendo e in questo modo le loro vittime sono in un loculo e loro al massimo si fanno tre-quattro anni. Non voglio comprendere il delinquente e non lo farò, mai.

Ipazia

Ai 4 argomenti citati da Jacopus ne aggiungerei un quinto:

In un contesto violento ed egocentrico come quello della società liberal-liberista, con punte di legittimazione delle attività criminali come il caso italiano da almeno un quarto di secolo, la pena di morte per qualche mostro sbattuto in prima pagina sarebbe nient'altro che la retorica imbiancatura del sepolcro in cui è stata seppellita la giustizia italiana.

E visto che siamo in ambito evangelico mi pare che il problema italiano, ipocritamente retorico, sia colpire il peccatore invece del peccato, su cui, a partire dai delinquenti e dai loro avvocati e commessi politici, tutti gozzovigliano.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Socrate78

Per quale ragione in un contesto non liberista ma socialista i crimini sarebbero però molto minori Ipazia? Non riesco a vedere molto il nesso.....

Ipazia

Perché è meno affetto dalle mostruosità sociodarwiniane e individualistiche che, mediate urbi et orbi dalla merce, finiscono col legittimare qualsiasi crimine e assolverlo come arbitraria interpretazione soggettiva della responsabilità etica. Quando la vita umana, un bambino, gli organi umani e un seggio politico diventano merce anche la giustizia lo diventa.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

odradek

citazione:
Sarebbe eccome responsabile, e tantissimo, del male obiettivo e reale che fa indipendentemente dalle cause, di cui onestamente me ne faccio un bel baffo e credo sia giusto.

quindi una persona è responsabile indipendentemente dalle cause.  Quindi il boia che uccide è colpevole di omicidio.  
Che tu ti faccia un baffo delle cause è assolutamente evidente, che sia giusto fa mucchio con il resto delle tue considerazioni.

citazione:
Le cause del crimine sono infatti materia di giurisprudenza che serve agli avvocati per far assolvere i peggiori criminali perché "tanto, poverini, sono malati" e via discorrendo

le cause del crimine sono oggetto di giurisprudenza nella tua concezione.
Oggetto di giurisprudenza è altro.
Le cause del crimine son oggetto della ricerca sociale e non della giurisprudenza.
Da quel che "dici" la giurisprudenza servirebbe ad assolvere i criminali, e sicuramente per te è così ,ma tieni a mente (parole tue) che  sei una persona che si fa un baffo delle cause e delle ragioni, quindi a che ti serve la giurisprudenza, a te servono solo plotoni di esecuzione o un branco di facinorosi con le pietre in mano.

citazione:
Non voglio comprendere il delinquente e non lo farò, mai.

Nessuno ti chiede di farlo, ma non pretendere che la tua "concezione" possa essere coindivisa da persone intelligenti.

davintro

uno stato che presume di giudicare i casi in cui un criminale meriterebbe di continuare a vivere oppure di morire è uno stato che si arrogherebbe un'autorità morale, che, sulla base delle motivazioni essenziali del suo sorgere, non potrebbe avere. L'autorità morale di decidere quando una vita è degna di essere vissuta o meno. Lo stato di diritto esiste come mezzo, strumento di tutela della vita, non come fine a se stesso, ed è chiaro che eliminando una vita umana, senza che il male commesso possa essere cancellato e dando arbitrariamente per scontato l'impossibilità di un pentimento e di una rieducazione del reo, agirebbe in contraddizione con il senso del suo esistere, compiendo un abuso di potere: presumendo di essere depositario di parametri di giudizio sulla dignità della vita, si atteggia a soggetto etico (cosa impossibile, in quanto non essendo soggetto individuale, è privo di una propria autonoma sensibilità e coscienza morale, come tale), in una posizione di superiorità assiologica rispetto alle vite dei cittadini, che soggiacerebbe al suo giudizio. Assurdamente, ciò che è nato per essere mezzo diventa superiore al fine a cui doveva essere subordinato. La coerenza con il proprio compito impone allo stato di legiferare non sulla base di un meramente soggettivo ideale di giustizia moralistico, ma solo sulla base di un calcolo teso alla massimizzazione del livello di benessere della comunità, frutto della possibilità per gli individui di esprimere nelle loro scelte la loro personalità in modo libero. Non si incarcera un ladro o un assassino perché uccidere o rubare sarebbe "immorale" (giudizio soggettivo),ma solo sulla base di una valutazione per la quale la misura della libertà che verrebbe tolta ad essi, resterebbe pur sempre inferiore alla misura di benessere/libertà di tutti quei cittadini che verrebbe messa a repentaglio lasciando i criminali a piede libero. Somministrare la pena di morte vorrebbe dire operare un danno inutile, non considerando la possibilità di controllare un criminale anche lasciandolo in vita, o, ancora meglio, di poterlo rieducare. Da questo punto di vista personalmente potrei (ma anche in questo caso penso resterebbero comunque certe perplessità) considerare accettabile la pena di morte, solo nel caso in cui uccidendo un assassino si avrebbe magicamente il potere di resuscitare le sue vittime, ma siccome ciò non è possibile, resta qualcosa di assolutamente sproporzionato rispetto alle necessità di tutela delle esigenze che lo stato è chiamato a svolgere

Jacopus

#21
La pena nei secoli ha avuto una evoluzione non indifferente. Davintro ha scelto una posizione virata fortemente verso la posizione "utilitaristica". La pena deve assolvere ad un compito economico, di restituzione e di gestione della società nel suo complesso. Va bene, per carità, ma è solo una forma un po' raffinata della lex talionis. Un'altra grande tradizione è quella "retributiva". Hai fatto del male, ti restituisco del male, possibilmente in un modo talmente geometrico da essere inattaccabile. Poi c'è la tradizione "social-preventiva": punisco il reo come esempio, per impaurire e controllare tutti i possibili rei. Accanto a queste tradizioni che accettano la pena, vi sono quelle critiche nei confronti della pena, a partire da quella marxista, per cui il diritto penale non è altro che il cane da guardia dei rapporti di classe. Per passare ad altre interpretazioni più sofisticate per le quali ad esempio la pena serve per distinguere "paranoicamente" i buoni dai cattivi.
Penso che non potremmo, sul breve-medio termine fare a meno del diritto penale, per motivi difficili da sintetizzare ma che chiamano in causa anche la trasmissione genetica, ma occorrerebbe sentirci, di fronte ad un reato sempre come co-responsabili, e in quanto tali promotori di un mondo meno violento e più giusto e questo mondo non si può cercare né voltandoci dall'altra parte, né condannando persone fragili ad un ruolo che finisce per diventare identità e perpetuare il male e i reati. Contemporaneamente dobbiamo interrogarci sui nostri comportamenti, spesso altrettanto illegali come quelli della delinquenza comune, ma coperti dalla patina della rispettabilità da "colletto bianco".
Nulla di nuovo in fondo. È già stato tutto detto da Gesù Cristo in termini magari più semplici ma che colpiscono il cuore della questione, con buona pace di tutti i cristiani-crociati.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

davintro

Citazione di: Jacopus il 06 Maggio 2019, 23:49:35 PMLa pena nei secoli ha avuto una evoluzione non indifferente. Davintro ha scelto una posizione virata fortemente verso la posizione "utilitaristica". La pena deve assolvere ad un compito economico, di restituzione e di gestione della società nel suo complesso. Va bene, per carità, ma è solo una forma un po' raffinata della lex talionis. Un'altra grande tradizione è quella "retributiva". Hai fatto del male, ti restituisco del male, possibilmente in un modo talmente geometrico da essere inattaccabile. Poi c'è la tradizione "social-preventiva": punisco il reo come esempio, per impaurire e controllare tutti i possibili rei. Accanto a queste tradizioni che accettano la pena, vi sono quelle critiche nei confronti della pena, a partire da quella marxista, per cui il diritto penale non è altro che il cane da guardia dei rapporti di classe. Per passare ad altre interpretazioni più sofisticate per le quali ad esempio la pena serve per distinguere "paranoicamente" i buoni dai cattivi. Penso che non potremmo, sul breve-medio termine fare a meno del diritto penale, per motivi difficili da sintetizzare ma che chiamano in causa anche la trasmissione genetica, ma occorrerebbe sentirci, di fronte ad un reato sempre come co-responsabili, e in quanto tali promotori di un mondo meno violento e più giusto e questo mondo non si può cercare né voltandoci dall'altra parte, né condannando persone fragili ad un ruolo che finisce per diventare identità e perpetuare il male e i reati. Contemporaneamente dobbiamo interrogarci sui nostri comportamenti, spesso altrettanto illegali come quelli della delinquenza comune, ma coperti dalla patina della rispettabilità da "colletto bianco". Nulla di nuovo in fondo. È già stato tutto detto da Gesù Cristo in termini magari più semplici ma che colpiscono il cuore della questione, con buona pace di tutti i cristiani-crociati.

solo per un chiarimento... a quanto ne so la legge del taglione è appunto basata sulla restituzione in termini "vendicativi" di una pena proporzionata all'offesa ricevuta, quindi dovrebbe ricadere pienamente nella tradizione "retributiva", che però è lontanissima da quella che ho provato a esporre... Nella mia posizione il fine della pena non è ristabilire alla "occhio per occhio, dente per dente" una sorta di equilibrio cosmico turbato dal reato che si intende sanzionare (che presupporrebbe l'idea dello stato come soggetto giudicante etico, in opposizione all'idea di stato liberale che ho espresso), ma solo un ruolo di prevenzione nei confronti di reati futuri. Danneggiare una persona, anche se criminale, privandolo della sua libertà va a mio avviso accettato solo come un male minore, entro i limiti in cui è necessario a evitare che i reati commessi possano perpetuarsi, mentre, estremizzando, nel caso che un autore di crimini, anche particolarmente efferati, subisse dopo averli commessi danni invalidanti che ne annullino del tutto la pericolosità sociale, non dovrebbe nella mia prospettiva subire la minima pena, perché in quel caso sarebbe solo un accanimento e una vendetta gratuita da parte dello stato che non fa altro che aumentare la sofferenza nel complesso della società, senza cancellare alcun danno in precedenza provocato. Cioè dal mio punto di vista la pena ha senso solo da un punto di vista pratico, un male minore funzionale a evitarne di peggiori, nulla di più lontano dal carattere moralistico di risarcimento vendicativo sottinteso alla legge del taglione. Tra le due posizioni non vedo davvero alcuna possibilità di confusione o identificazione, tale dal far considerare una la "forma un po' raffinata" dell'altra

Freedom

Giusto per precisare. La legge del taglione, oggi superata e ritenuta, e a ragione, molto dura, quasi barbara; quando fu costituita, rappresentò un grande salto in avanti della giurisprudenza primitiva. Prima, la pena era sproporzionata e, per un furto per esempio, si poteva invocare la pena di morte.
Bisogna lavorare molto, come se tutto dipendesse da noi e pregare di più, come se tutto dipendesse da Dio.

paul11

Il rapporto è fra Sovranità è il bios e zoè del singolo cittadino, in quanto componente del corpo sociale  politico
La sovranità ha il potere di condizionare, per autorità riconosciuta e istituita, la vita del singolo componente sociale e lo compie con la sanzione che deriva dalla legislazione. Una sovranità priva del potere sanzionatorio non ha più forza pe poter nemmeno legiferare.
Il rapporto è quindi fra sovrano e reo  , come uomo sacrificabile, dove il boia nella pena di morta era incappucciato, anonimo rappresentante esecutore della pena comminata  della sovranità ,della comunità.
Lo Stato inteso come sovranità della polis ha il poter sul bios dei singoli componenti della comunità e in quanto tale il potere di condizionare le vite appunto all'interno della propria configurazione ambientale dettata dalla legislazione e utilizza la forza armata per pacificare gli interni conflitti fra i singoli cittadini o le parti associative..
Il corpo politico può uccidere il corpo umano del singolo cittadino.
Solo la sovranità può decidere se graziare il condannato a morte.
I termini, "grazia", "pena", vengono dall'antichità,  rimangono tutt'ora come concetti giuridici istituzionali.
C'è chi potrebbe pensare che siano vestigie antiche di cui non riusciamo nel progresso, ancora a eliminare.
In realtà l'uomo ha necessità per costruire una comunità di un "corpus" politico e di un"codex" che sta al di sopra di qualunque ragionamento empirico., psicosociale moderno.
Se proprio nella società più liberal e pragmatica, tecnologicamente avanzata,come gli USA, ,sussiste sia la possibilità del singolo cittadino di armarsi, che nasce dal concetto del potersi ribellare all'ingiustizia dello stato, e  in alcuni stati federati  di aver ancora la pena di morte, significa che le istituzioni giuridiche non possono privarsi  di concetti che sono a-priori sul bios, sulla volontà del sovrano di poter decidere del corpus fisico e sociale.
La nuda vita, la zoè o viene ritenuta "sacra"  e inviolabile, oppure l'uomo, nel momento in cui appartiene
ad una comunità, di fatto consegna il suo bios, che non è la nuda vita come principio del venire al mondo, bensì le condizioni di sottomissione alla volontà sovrana, rappresentante dell' ordine della comunità.
Nasce quindi il contrasto fra zoè e bios e storicamente la biopolitica che è estremizzata nei lager, diventa il possesso assoluto del bios umano, tanto da disumanizzare l'uomo e non chiamarlo più con un nome, come persona, ma come un codice, un numero, una matricola, magari stampigliata sul braccio.
Ho esteso volutamente la discussione del concetto di pena di morte, in quanto nasce dalla rappresentazione formale e istituzionale della volontà sovrana che commina la pena o grazia il reo(può compierlo nel braccio della morte o su un ergastolano) e in quanto tale è l'evidenza suprema del potere sul singolo bios umano.
La pena di morte è quindi la soppressione non solo del bios, ma anche della zoè, come corpo individuale sociale e come corpo fisico nell' esistenza.
Le derivazioni storiche, o se si viole, il dispositivo culturale di mimesi, nasce dall'homo sacer, dal sacrifico, dal capro espiatorio, da figure storiche. Tant'è che era pubblica la pena di morte, il popolo vi partecipava come rito, come lo è, magari in diversa misura ,ancora attualmente. Il rito è ancora il gesto del potere sovrano
Il bios appartiene alla comunità, è la condizione di appartenenza ad un sociale che può difendere come può uccidere

Socrate78

#25
Mah, guarda, rispetto la tua opinione, io ho letto e ho straletto quello che hai scritto, ma non ho capito una parola ti giuro, bios, zoè, boh, e non ti sto prendendo in giro nel dirtelo, per me è così. Mi piace la filosofia (particolarmente quella antica e dell'era moderna/prima contemporanea, molto ma meno quella del novecento), certo, ma credo che i filosofi abbiano un terribile difetto, quello di non farsi capire dagli altri per conservare un alone di sacralità elitaria del linguaggio che li allontana però gravemente dalla "plebe", disprezzando troppo il popolo ignorante che invece anche lui può avere qualcosa da dire. E poi non c'è niente di più falso dal mio punto di vista nel pensare che una persona tanto più istruita è migliore è, anzi è vero sovente il contrario, è una verità che fa malissimo ma io voglio guardare in faccia anche le verità più terribili, il marchese De Sade era colto, Pasolini era coltissimo (ma secondo me perverso dentro al massimo grado, vi dice qualcosa il titolo "Salò o le 120 giornate di Sodoma?), D'Annunzio aveva perversioni sessuali, quindi questo fatto ripetuto sino alla nausea che la cultura migliori è solo una pia illusione che ha zero valore, buona per gli stupidi e gli ingenui. E la fallacia logica del nesso cultura/moralità dimostra ciò che io credo, cioè che l'uomo sia cattivo e molto difficile da curare dentro, nell'inconscio soprattutto.
Tornando al discorso iniziale, io farei un paragone molto più realistico e secondo me calzante rispetto al tuo, quello della giurisprudenza con la MEDICINA: il reato è la malattia, il male, e questo può essere  molto lieve come un furto di mele al supermercato (raffreddori, faringiti, ecc.), può essere di media entità (spaccio di droga, molestie sessuali,  omissione di soccorso con esiti non letali della vittima, falsificazioni di documenti, corruzione), grave (riduzione in schiavitù, stupro aggravato, omicidi colposi  ,preterintenziali o d'impeto,ecc.) oppure può essere gravissimo ( omicidi premeditati, serial killer, i mafiosi di tutte le mafie,  ecc.). E' chiaro che la pena è la TERAPIA e quindi per un raffreddore basta molto poco ( pochi mesi di detenzione) mentre per il male gravissimo che corrisponderebbe metaforicamente ad un cancro in metastasi o ad un aneurisma irreparabile l'unico provvedimento sarebbe appunto l'eutanasia, che corrisponde alla pena capitale. O non ti sembra un paragone quantomeno contestabile ma più chiaro e comprensibile del tuo? Forse non vi piace ciò che io dico, ma rifletteteci comunque.

odradek

ciatazione :

quindi questo fatto ripetuto sino alla nausea che la cultura migliori è solo una pia illusione che ha zero valore, buona per gli stupidi e gli ingenui.

quindi questo fatto ripetuto alla nausea che la cultura non migliori è solo  un pia illusione buona per gli stupidi e gli ignoranti che con questo si consolano della loro ignoranza.
Forse non ti piace quel che dico, ma riflettici comunque.

Socrate78

Ma dai, ma tu sei un troll, anzi il migliore dei comici, ma te me fai ridere, forse ti preferisco a tutti qui dentro!! Forse c'è del vero anzi in quel che dici, cioè che ogni cosa ha le sue contraddizioni e quindi si possono trovare infinite verità, filosoficamente sei un ottimo SOFISTA quindi, ma la sofistica non fa progredire la conoscenza per definizione perché porta a relativismo gnoseologico ed etico.
Tornando al tema del topic, dovete comunque vedere come la giustizia non sia uguale per tutti anche per crimini estremi, è evidentissimo a tutti che Bossetti (indifendibile eh, lo dico.....) si farà però i lsuo bravo ergastolo come giusto sia perché era un operaio (nemmeno l'ignoranza migliora, ti do ragione.....), ma i Ciontoli se hanno fatto quello che sembrerebbe in base a molte prove non ammesse al processo (non mi stupisco minimamente....) al massimo al massimo potranno forse prendersi 8 anni in Cassazione ( compromesso tra sentenza a 14 e quella attuale scandalosa a 5). E per loro ci sono programmi mediatici, si pagano avvocati di grido, e si sentiranno ONNIPOTENTI dentro, sicuro. Ora dimmi: ma non senti salire dentro di te l'indignazione e in fondo anche un giusto odio verso queste porcherie? Quindi il mio ideale di giustizia piuttosto "primitivo" alla fine ha un aggancio fortissimo con l'evidenza del reale, con ciò che accade, e se si applica il metodo scientifico sperimentale (eh sì, alla fine sono razionale al massimo io, non te ne sei accorto?...) secondo cui se l'idea ha agganci con il reale è giusta allora io ho RAGIONE. O no?......

Jacopus

Socrate. Gli argomenta ad hominem sono solo irritanti. Odradek non faceva sofismo: ti ripagava con la tua stessa moneta.  Prova a rileggere gli interventi precedenti. Grazie.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Sariputra

#29
Penso che le persone che si macchiano di delitti mostruosi, gravissimi, dovrebbero avere la forza di chiedere loro per primi la pena di morte per se stessi.
Questo per poter riacquistare la propria dignità di esseri umani e anche, meno poeticamente, per semplice buon gusto, per poter così dimostrare di aver superato la volgarità del gesto inumano e violento compiuto che li ha profondamente degradati.
Anche karmicamente , la scelta di essere abbattuti è estremamente positiva in vista della futura esistenza che, data la situazione estremamente compromessa , non potrebbe essere altrimenti che nefasta... :(
Naturalmente questi esseri non lo fanno mai. Anzi, protestano duramente, perché vogliono continuare a vivere...mah! Si autogiustificano avocando a se stessi l'infermità mentale, l'aver "perso la testa", il "non sapere cosa si stava facendo", l'"aver sentito voci nella testa che li costringevano", e amenità varie molto furbesche...
Spesso, nonostante l'enormità dei delitti commessi, ambiscono pure ad uno "sconto" della pena. Chiedono una grazia...
Io non credo ai pentimenti "pelosi". Un vero pentimento lo si dimostra chiedendo per se stessi il massimo della pena...
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

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