Religiosità e Prosperità

Aperto da viator, 01 Maggio 2020, 17:12:33 PM

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viator

Salve. Recentemente mi è capitato di vedere in televisione dei documentari geosocioculturali. Alcuni riguardavano Paesi e regioni che combinavano una alta tipicità di modi di vita tradizionali (che so, Grecia, Portogallo, Marocco, Peru etc. etc.) combinata con grande diffusione di costumi e credenze religiose all'interno delle relative società.


Altri riguardavano altri Paesi e regioni, i cui modi vita risultavano più "aggiornati" (qualsiasi significato si voglia dare a tale termine) e più variegati e, in particolare, nei quali la presenza di credenze religiose tradizionali non risultava per nulla appariscente o sembrava addirittura mancare (che so, Cina, Canada, Svezia, Sudafrica etc. etc.).


A questo punto mi sembrava di notare una possibile coincidenza : E' possibile, secondo voi che esista un rapporto tra la diffusione delle religioni tradizionali e la prosperità dei diversi Paesi ?.


Cioè, nel caso esista una qualche relazione reciproca tra fede religiosa e prosperità materiale.......................secondo voi quale potrebbe essere ? E' la diffusione delle credenze religiose che ostacola (o favorisce) la prosperità materiale dei diversi Paesi e Civiltà................oppure tale aspetto non c'entra per nulla ?.


Mi piacerebbe leggere dei vostri pareri in proposito. Rinnovati saluti per tutti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

anthonyi

Basta leggere Max Weber, uno dei padri della sociologia, e si capisce qualcosa del rapporto tra religione ed economia. Poi per me la più rappresentativa è la parabola dei Talenti, che insegna ad aver fiducia delle banche, cioè del sistema economico nel suo complesso che saprà valorizzare e premiare le qualità di ciascuno.

viator

Salve anthonyi. Grazie per il tuo intervento. Devo rammaricarmi della mancata lettura di Max Weber. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

InVerno


Ciao Viator, il nesso è abbastanza chiaro e univoco, le comunità più povere sono sistematicamente quelle più religiose e man mano che una comunità diventa prospera materialmente abbandona le religioni tradizionali.

Citazione intimidatoria https://news.gallup.com/poll/142727/religiosity-highest-world-poorest-nations.aspx
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

viator

Salve anthonyi. Rieccomi dopo aver dato un'occhiata a Wikipedia alla voce "Max Weber" (personaggio e studioso che conoscevo solo di fama senza mai averne approfondita l'opera).


Ovviamente si è trattato di una autorità e di un precursore, ma dai primi paragrafi della succinta trattazione in WP, credo di aver capito che egli abbia esaminato ed approfondito più che altro gli aspetti ideologici di alcune precise confessioni (protestantesimo e calvinismo) (le religioni includono sempre l'aspetto psicologico-fideistico, mentre solo alcune di esse consistono ANCHE di vere e proprie ideologie).

Ecco, l'aspetto che io intendevo indagare aprendo il presente topic era invece quello del rapporto tra la mentalità popolare e tradizionale concernente le religioni ed i suoi effetti (o mancanza di effetti) circa i fattori di che - all'interno di quella data società o corpo religioso - potrebbero stimolare o deprimere la tendenza all'acquisizione di una maggiore prosperità.

Detto infine in termini che avrei voluto evitare perchè troppo rozzi, il quesito in sè potrebbe essere : "Secondo voi esistono o possono esistere società che risultino contemporaneamente opulente e costituite da una maggioranza di devoti religiosi ?" .


Il problema però è che una simile domanda sarebbe troppo superficiale, semplificatoria. Si tenderebbe a rispondervi senza approfondire le ragioni che avrebbero portato al tipo di risposta che ciascuno darebbe.


Non sono per nulla sicuro di essere riuscito ad esprimermi con chiarezza. Vediamo se ci saranno altre reazioni. Intanto, saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

anthonyi

Citazione di: viator il 01 Maggio 2020, 20:31:04 PM
Salve anthonyi. Rieccomi dopo aver dato un'occhiata a Wikipedia alla voce "Max Weber" (personaggio e studioso che conoscevo solo di fama senza mai averne approfondita l'opera).


Ovviamente si è trattato di una autorità e di un precursore, ma dai primi paragrafi della succinta trattazione in WP, credo di aver capito che egli abbia esaminato ed approfondito più che altro gli aspetti ideologici di alcune precise confessioni (protestantesimo e calvinismo) (le religioni includono sempre l'aspetto psicologico-fideistico, mentre solo alcune di esse consistono ANCHE di vere e proprie ideologie).

Ecco, l'aspetto che io intendevo indagare aprendo il presente topic era invece quello del rapporto tra la mentalità popolare e tradizionale concernente le religioni ed i suoi effetti (o mancanza di effetti) circa i fattori di che - all'interno di quella data società o corpo religioso - potrebbero stimolare o deprimere la tendenza all'acquisizione di una maggiore prosperità.

Detto infine in termini che avrei voluto evitare perchè troppo rozzi, il quesito in sè potrebbe essere : "Secondo voi esistono o possono esistere società che risultino contemporaneamente opulente e costituite da una maggioranza di devoti religiosi ?" .


Il problema però è che una simile domanda sarebbe troppo superficiale, semplificatoria. Si tenderebbe a rispondervi senza approfondire le ragioni che avrebbero portato al tipo di risposta che ciascuno darebbe.


Non sono per nulla sicuro di essere riuscito ad esprimermi con chiarezza. Vediamo se ci saranno altre reazioni. Intanto, saluti.

Ciao viator, una società per essere opulenta, deve prima essere efficiente e organizzata, cioè al di là delle competenze tecniche, essere caratterizzata da individui motivati ed integrati. Serve cioè sia il valore del lavoro, sia l'assenza di conflitti sociali interni.
Tutte queste cose sono ordinariamente prodotte dalla cultura religiosa, soprattutto quella protestante.
Certo per dare una risposta alla tua domanda bisognerebbe chiarire cosa intendi per "maggioranza di devoti religiosi", che potrebbe sottintendere un dominio del sistema clericale sulla società, oppure una spinta verso fondamentalismi religiosi, in questi casi avremmo poca efficienza e alta conflittualità (Dei devoti religiosi nei confronti dei non devoti).

Santos

Penso che si possa interpretare la tua domanda in due modi diversi. Il primo in un modo più materiale, considerando la ricchezza economica di una società e tralasciando il resto; il secondo riguarda invece la società nel suo senso più ampio, la libertà di pensiero e di parola, l'uguaglianza, il rispetto dei diritti umani, lo sviluppo artistico e culturale, la democraticità.
Nel primo senso, non c'è dubbio che una società molto religiosa possa ottenere un prodotto interno lordo molto grande. Pensiamo agli Stati Uniti, dove i religiosi sfiorano l'80% e gli atei sono palesemente discriminati (vengono associati ad una cattiva moralità e diverse associazioni li bandiscono esplicitamente; la maggior parte degli americani non voterebbe per un presidente ateo). Si tratta del paese economicamente più prospero al mondo; ma nonostante tale prosperità, io non vorrei mai viverci. Un paese che ha ancora la pena di morte, che ha il maggior numero di carcerati rispetto alla popolazione, che ha il maggior numero di persone armate (il doppio rispetto al secondo in classifica), dove la libertà di opinione non esiste se si è atei ma solo quando si è religiosi e si deve andare contro la scienza. Nonostante l'alto livello di produzione scientifica e artistica, vi è un enorme dislivello tra un'élite culturale eterogenea e la popolazione ignorante. È un paese imperialista che di certo non si può considerare sano.
Nel secondo senso, non posso che confermare a grandi linee una relazione inversa: meno una società è religiosa, più è avanzata. Chiarisco subito che intendo "religione" nel senso più ampio del termine, che dunque include anche le religioni cosiddette civili, come per esempio il comunismo. Nazioni come la Cina o la Corea del Nord, che hanno i tassi di ateismo più alti al mondo, ma che di fatto venerano i loro leader o l'ideologia dei loro leader, non possono certo essere considerate società irreligiose. Discorso simile per Stati come il Giappone e il Vietnam, dove le religioni tradizionali potrebbero in un certo senso essere definite ateistiche; ma si tratta in ogni caso di società religiose.

La migliore strategia argomentativa sarebbe quella di analizzare le popolazioni irreligiose e di mostrare come queste società siano avanzate. Ma gli esempi sono pochi, dato che la quasi totalità della popolazione mondiale è dominata dalla religione, sebbene si tratti spesso solo di una religiosità nominale. Due eccezioni sono la Repubblica Ceca e l'Estonia, dove circa l'80% delle persone non è affiliato a nessuna religione (la percentuale esatta dipende naturalmente dalle stime, che non sono affatto facili da fare e che possono variare molto tra loro). Si tratta di due nazioni che, dopo la caduta dell'Unione Sovietica, hanno incrementato enormemente il loro livello di democraticità e di sviluppo umano. L'Estonia in particolare ha un'economia molto sana, con uno dei debiti pubblici più bassi al mondo; e nel 2016 è stata valutata prima nella libertà del web. La Repubblica Ceca di contro è animata da una grande cultura. Ma l'esempio più emblematico è costituito dai Paesi bassi, dove più della metà della popolazione è atea. Si tratta forse del paese più libero e tollerante al mondo. La prostituzione è perfettamente regolamentata, l'eutanasia e il suicidio assistito sono legali, le droghe leggere sono tollerate. Si tratta della prima nazione al mondo ad aver legalizzato il matrimonio tra persone dello stesso sesso, e in generale quella con la mentalità più aperta verso la comunità LGBT. È il quarto paese al mondo per libertà di stampa. Si tratta anche di uno dei primi paesi che ha reso legale il voto per le donne; una sua provincia, la Frisia, lo ha permesso molto prima di qualsiasi altro, addirittura nel 1689 (sebbene limitato alle proprietarie terriere, come era in uso all'epoca). In questa provincia l'irreligiosità raggiunge circa il 60%; curiosamente il partito di maggioranza della regione è l'Appello Cristiano Democratico.


Di contro, i paesi con un tasso di ateismo prossimo allo 0%, il Burundi, la Somalia, la Libia, il Senegal, l'Afghanistan, il Pakistan, la Palestina, sono i più arretrati al mondo, sia economicamente sia come diritti umani sia come livello delle arti e della cultura. I paesi dove la religione è indissolubile dallo Stato, come l'Arabia Saudita e l'Iran, sono delle vere e proprie nazioni criminali, dove gli atei, gli omosessuali o le donne che si ribellano alla sharia vengono condannati a morte in modi crudeli. Purtroppo non è il caso unico dell'islamismo; l'omosessualità è illegale anche in paesi a maggioranza buddhista (Bhutan) e induista (Mauritius), mentre lo è stata nella stra-grande maggioranza dei paesi cristiani, prima che la secolarizzazione, avvenuta prima grazie al protestantesimo, al deismo e al panteismo, poi grazie all'ateismo, all'agnosticismo e all'esoterismo, abbia costretto la religione ad arretrare su questi temi (rimane comunque illegale in diversi Stati cristiani, come Antigua e Barbuda, Barbados o la Guyana).
Per riassumere. Sicuramente la religiosità non ferma la produttività economica di un paese; anzi in certi casi può essere compatibile con la crescita della sua operosità. Ma anche dove tale vantaggio è presente, esso sicuramente non riequilibra gli svantaggi che dalla religiosità provengono. Non c'è dubbio che ognuno di noi preferisca vivere in una società dove la libertà di pensiero e la democraticità sono pienamente raggiunte, rispetto ad una civiltà dove questi valori sono solo parzialmente rispettati e sacrificati ad una logica del profitto capitalistico. Soprattutto se tali profitti riguardano solo una parte della popolazione. Faccio notare infatti che gli Stati Uniti hanno un tasso di povertà (persone che vivono sotto la soglia di 5,5 dollari al giorno) del 2% (cioè circa 6 milioni e mezzo di persone), mentre i Paesi Bassi e la Repubblica Ceca hanno rispettivamente lo 0,5% e lo 0,4%. Si potrebbe ipotizzare anche in questo caso un'influenza del protestantesimo, che premia il merito individuale e i suoi frutti come segno della predestinazione divina. Mi pare dunque che a livello del singolo individuo, vivere in una società irreligiosa sia migliore rispetto ad entrambi i due sensi che ho considerato; mentre a livello della comunità intera, possiamo essere sicuri solo che sia migliore rispetto al secondo senso, che comunque mi sembra l'unico davvero importante, a meno che non ci si faccia contagiare da una mentalità ultracapitalistica che metta il profitto al di sopra di qualsiasi cosa, anche della propria qualità di vita.

anthonyi

Citazione di: Santos il 01 Maggio 2020, 23:15:55 PM
Penso che si possa interpretare la tua domanda in due modi diversi. Il primo in un modo più materiale, considerando la ricchezza economica di una società e tralasciando il resto; il secondo riguarda invece la società nel suo senso più ampio, la libertà di pensiero e di parola, l'uguaglianza, il rispetto dei diritti umani, lo sviluppo artistico e culturale, la democraticità.
Nel primo senso, non c'è dubbio che una società molto religiosa possa ottenere un prodotto interno lordo molto grande. Pensiamo agli Stati Uniti, dove i religiosi sfiorano l'80% e gli atei sono palesemente discriminati (vengono associati ad una cattiva moralità e diverse associazioni li bandiscono esplicitamente; la maggior parte degli americani non voterebbe per un presidente ateo). Si tratta del paese economicamente più prospero al mondo; ma nonostante tale prosperità, io non vorrei mai viverci. Un paese che ha ancora la pena di morte, che ha il maggior numero di carcerati rispetto alla popolazione, che ha il maggior numero di persone armate (il doppio rispetto al secondo in classifica), dove la libertà di opinione non esiste se si è atei ma solo quando si è religiosi e si deve andare contro la scienza. Nonostante l'alto livello di produzione scientifica e artistica, vi è un enorme dislivello tra un'élite culturale eterogenea e la popolazione ignorante. È un paese imperialista che di certo non si può considerare sano.
Nel secondo senso, non posso che confermare a grandi linee una relazione inversa: meno una società è religiosa, più è avanzata. Chiarisco subito che intendo "religione" nel senso più ampio del termine, che dunque include anche le religioni cosiddette civili, come per esempio il comunismo. Nazioni come la Cina o la Corea del Nord, che hanno i tassi di ateismo più alti al mondo, ma che di fatto venerano i loro leader o l'ideologia dei loro leader, non possono certo essere considerate società irreligiose. Discorso simile per Stati come il Giappone e il Vietnam, dove le religioni tradizionali potrebbero in un certo senso essere definite ateistiche; ma si tratta in ogni caso di società religiose.

La migliore strategia argomentativa sarebbe quella di analizzare le popolazioni irreligiose e di mostrare come queste società siano avanzate. Ma gli esempi sono pochi, dato che la quasi totalità della popolazione mondiale è dominata dalla religione, sebbene si tratti spesso solo di una religiosità nominale. Due eccezioni sono la Repubblica Ceca e l'Estonia, dove circa l'80% delle persone non è affiliato a nessuna religione (la percentuale esatta dipende naturalmente dalle stime, che non sono affatto facili da fare e che possono variare molto tra loro). Si tratta di due nazioni che, dopo la caduta dell'Unione Sovietica, hanno incrementato enormemente il loro livello di democraticità e di sviluppo umano. L'Estonia in particolare ha un'economia molto sana, con uno dei debiti pubblici più bassi al mondo; e nel 2016 è stata valutata prima nella libertà del web. La Repubblica Ceca di contro è animata da una grande cultura. Ma l'esempio più emblematico è costituito dai Paesi bassi, dove più della metà della popolazione è atea. Si tratta forse del paese più libero e tollerante al mondo. La prostituzione è perfettamente regolamentata, l'eutanasia e il suicidio assistito sono legali, le droghe leggere sono tollerate. Si tratta della prima nazione al mondo ad aver legalizzato il matrimonio tra persone dello stesso sesso, e in generale quella con la mentalità più aperta verso la comunità LGBT. È il quarto paese al mondo per libertà di stampa. Si tratta anche di uno dei primi paesi che ha reso legale il voto per le donne; una sua provincia, la Frisia, lo ha permesso molto prima di qualsiasi altro, addirittura nel 1689 (sebbene limitato alle proprietarie terriere, come era in uso all'epoca). In questa provincia l'irreligiosità raggiunge circa il 60%; curiosamente il partito di maggioranza della regione è l'Appello Cristiano Democratico.


Di contro, i paesi con un tasso di ateismo prossimo allo 0%, il Burundi, la Somalia, la Libia, il Senegal, l'Afghanistan, il Pakistan, la Palestina, sono i più arretrati al mondo, sia economicamente sia come diritti umani sia come livello delle arti e della cultura. I paesi dove la religione è indissolubile dallo Stato, come l'Arabia Saudita e l'Iran, sono delle vere e proprie nazioni criminali, dove gli atei, gli omosessuali o le donne che si ribellano alla sharia vengono condannati a morte in modi crudeli. Purtroppo non è il caso unico dell'islamismo; l'omosessualità è illegale anche in paesi a maggioranza buddhista (Bhutan) e induista (Mauritius), mentre lo è stata nella stra-grande maggioranza dei paesi cristiani, prima che la secolarizzazione, avvenuta prima grazie al protestantesimo, al deismo e al panteismo, poi grazie all'ateismo, all'agnosticismo e all'esoterismo, abbia costretto la religione ad arretrare su questi temi (rimane comunque illegale in diversi Stati cristiani, come Antigua e Barbuda, Barbados o la Guyana).
Per riassumere. Sicuramente la religiosità non ferma la produttività economica di un paese; anzi in certi casi può essere compatibile con la crescita della sua operosità. Ma anche dove tale vantaggio è presente, esso sicuramente non riequilibra gli svantaggi che dalla religiosità provengono. Non c'è dubbio che ognuno di noi preferisca vivere in una società dove la libertà di pensiero e la democraticità sono pienamente raggiunte, rispetto ad una civiltà dove questi valori sono solo parzialmente rispettati e sacrificati ad una logica del profitto capitalistico. Soprattutto se tali profitti riguardano solo una parte della popolazione. Faccio notare infatti che gli Stati Uniti hanno un tasso di povertà (persone che vivono sotto la soglia di 5,5 dollari al giorno) del 2% (cioè circa 6 milioni e mezzo di persone), mentre i Paesi Bassi e la Repubblica Ceca hanno rispettivamente lo 0,5% e lo 0,4%. Si potrebbe ipotizzare anche in questo caso un'influenza del protestantesimo, che premia il merito individuale e i suoi frutti come segno della predestinazione divina. Mi pare dunque che a livello del singolo individuo, vivere in una società irreligiosa sia migliore rispetto ad entrambi i due sensi che ho considerato; mentre a livello della comunità intera, possiamo essere sicuri solo che sia migliore rispetto al secondo senso, che comunque mi sembra l'unico davvero importante, a meno che non ci si faccia contagiare da una mentalità ultracapitalistica che metta il profitto al di sopra di qualsiasi cosa, anche della propria qualità di vita.

Ciao Santos, mi sembra tu abbia rappresentato un punto importante della questione sottolineando la differenza tra religiosità e teismo, dove con religiosità si intende l'esistenza e la forza di un sistema cultuale, che potrebbe caratterizzare anche sistemi atei, ad esempio nella Russia comunista, pur proclamandosi atei, avevano comunque un forte culto per i simboli del comunismo, anche loro avevano il loro pellegrinaggio alla tomba di Lenin. Questi sistemi cultuali producono ordine sociale per cui sono a favore della crescita economica, anche quando sono indirizzati a figure totalitarie (E poi Dio non è anche lui una figura totalitaria) come i Kim Yong.
Naturalmente i sistemi cultuali non sono tutti uguali, io tendo a differenziare tra sistemi liberali, cioè quelli che valorizzano la decisionalità economica individuale, e illiberali, che promuovono una centralizzazione delle scelte economiche. L'esperienza storica ci dice che i primi sicuramente producono una crescita economica maggiore dei secondi.
La crescita economica produce la crescita delle idee, e con esse anche dell'idea atea che, come fai tu correttamente notare, non è presente nei paesi più poveri, ed è molto presente in un paese sviluppato come l'Olanda.
Ma non è che in quei paesi poveri la povertà dipende dall'assenza di ateismo, semmai dipende anche dall'assenza di cultualità, di una struttura culturale che dia ordine ai comportamenti di quei popoli.
Al contrario in Olanda sono si atei, ma perché se lo possono permettere avendo alle spalle secoli di  religiosità che hanno costruito valori di rispetto per la persona e per le istituzioni che tu oggi definiresti laici, ma che nella loro origine vengono dal culto religioso e oggi rappresentano comunque un sistema cultuale, anche se laico.

iano

#8
Credo che per prosperare ,in qualunque senso lo si voglia intendere , occorra come condizione necessaria , ma non sufficiente , un sistema di valori condivisi che possono essere quelli di una religione.
Ogni sistema di valori è una scommessa di prosperità, i cui esiti mutano col mutare del contesto.
Il rapporto fra sistema e prosperità non è però percepito perché in caso di perdita della scommessa la scommessa continua .
Parlare di prosperità, comunque là si voglia intendere , però non è forse il giusto punto di vista , anche se il più appariscente.
Credo sia migliore parametro la durata della società che adotta quei valori , o ,se si vuole , si può intendere per prosperità quella durata.
Perché appunto l'inerzia al mutamento del sistema di valori invita ad usare come misura del successo la durata della società che la adotta.
Se il primo evento eccezionale e inatteso ( metti una pandemia) mette in ginocchio la società più prospera del mondo , a cosa gli è servita quella apparente prosperità?
Il sistema di valori di una religione è caratterizzato da una maggiore inerzia al cambiamento e da una minore territorialità .

Nel mondo di oggi sembra a me perdente , come mi pare anche a Viator.
Ma sulla lunga distanza?
In effetti ,come qualcuno ha fatto qui notare , certi piccoli paesi atei prosperano ancora sulla rendita della loro trascurata religione , di fatto dura a morire.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

giopap

Non bisogna confondere le cause con gli effetti.


Se é vero, come secondo me é vero, che "la religione é" (fra l' altro, anche) l' "oppio dei popoli", allora chi sta peggio ha più bisogno di paradisi artificiali (in carenza di benessere reale) di chi sta meglio.


(Questo, fatto salvo il notevolissimo, radicale disaccordo da parte mia con gran parte di quanto qui é stato affermato sul presunto maggiore o minore sviluppo civile ed anche economico di vari paesi presenti e passati, su cui non voglio entrare in discussione; rilevo solo che nel valutare il maggiore o minore sviluppo dei vari paesi non é corretto ignorare completamente, totalmente i reciproci rapporti fra di essi ed equiparare chi domina, sfrutta, ruba con chi é dominato, sfruttato, derubato).

Jacopus

CitazioneAl contrario in Olanda sono si atei, ma perché se lo possono permettere avendo alle spalle secoli di  religiosità che hanno costruito valori di rispetto per la persona e per le istituzioni che tu oggi definiresti laici, ma che nella loro origine vengono dal culto religioso e oggi rappresentano comunque un sistema cultuale, anche se laico.


Per Anthony. In realtà la situazione olandese attuale deriva dalla tolleranza applicata a tutte le religioni da parte della Unione delle Repubbliche Olandesi dei fratelli de Witt, attenti sostenitori della divisione fra sfera pubblica, dove ogni opinione e credo furono tutelati senza essere scambiati con la verità e sfera privata, dove ognuno era libero di professare la sua verità religiosa e culturale.
Questa divisione fu straordinaria per l'epoca, visto che tuttora in certi paesi (compresa l'Italia) non è  chiara e stabilisce un confine netto fra era moderna ed era medioevale.
Come in altre occasioni storiche, aver accolto le tante minoranze religiose perseguitate in Germania, Francia e altrove, procurò all'Olanda un perfetto lasciapassare commerciale e la sua opulenza seicentesca, quando era la principale concorrente della Gran Bretagna per il dominio degli oceani.
Non furono tanto le credenze religiose introiettate in veste secolare, seppure è possibile che una dinamica del genere abbia influito, quanto la percezione della società olandese come un esperimento innovativo e che rompe con la tradizione di "un re, una fede". Da allora l'Olanda si è sempre attenuta al multiculturalismo, alla tutela dei diritti civili. In essa è sicuramente influente anche il passaggio verso il metodo scientifico, che incoraggia la discussione e la visione non dogmatica della vita e dei suoi problemi.
Il modello olandese non è tanto derivante dai principi religiosi introiettati ( qui il discorso si farebbe lungo), ma da quello della civitas romana, dove ognuno era libero di professare la sua religione, che non veniva mai confusa con la verità, la cui ricerca era appannaggio della filosofia.


Ciò detto a proposito dell'Olanda mi serve anche per dire cosa penso sull'argomento in generale. Ovvero che non esiste un nesso univoco fra religiosità ed opulenza, così come non esiste fra libertà ed opulenza. Le variabili nelle società umane altamente complesse sono tantissime.
L'ora et labora benedettino non è forse il primo passo verso le società capitalistiche, con il suo concentrare ed accumulare ricchezza? Ma nello stesso tempo, il pensiero cristiano ha condannato il prestito monetario ad interesse, definendolo sterco del diavolo. Come non citare Weber, per cui lo spirito del capitalismo risiede proprio nel calvinismo e nell'etica puritana. E nello stesso tempo aver presente il rito del potlach, di alcune religioni Inuit, dove il massimo del prestigio e dell'onore si attribuiva a chi distruggeva la quantità più preziosa di beni. Per certi aspetti anche il socialismo reale era una religione, con i suoi riti e sacerdoti, ma la sua opulenza, negli ultimi 20 anni di vita fu così scarsa da decretarne la caduta.
Infine non posso che concordare con Giopap. Il significato di ricchezza è ben diverso se applicato ad una società come quella europea, dove vi sono altissime stratificazioni sociali, e a quella cubana, complessivamente più povera ma più equa.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

anthonyi

Citazione di: Jacopus il 02 Maggio 2020, 16:37:40 PM
CitazioneAl contrario in Olanda sono si atei, ma perché se lo possono permettere avendo alle spalle secoli di  religiosità che hanno costruito valori di rispetto per la persona e per le istituzioni che tu oggi definiresti laici, ma che nella loro origine vengono dal culto religioso e oggi rappresentano comunque un sistema cultuale, anche se laico.


Per Anthony. In realtà la situazione olandese attuale deriva dalla tolleranza applicata a tutte le religioni da parte della Unione delle Repubbliche Olandesi dei fratelli de Witt, attenti sostenitori della divisione fra sfera pubblica, dove ogni opinione e credo furono tutelati senza essere scambiati con la verità e sfera privata, dove ognuno era libero di professare la sua verità religiosa e culturale.
Questa divisione fu straordinaria per l'epoca, visto che tuttora in certi paesi (compresa l'Italia) non è  chiara e stabilisce un confine netto fra era moderna ed era medioevale.
Come in altre occasioni storiche, aver accolto le tante minoranze religiose perseguitate in Germania, Francia e altrove, procurò all'Olanda un perfetto lasciapassare commerciale e la sua opulenza seicentesca, quando era la principale concorrente della Gran Bretagna per il dominio degli oceani.
Non furono tanto le credenze religiose introiettate in veste secolare, seppure è possibile che una dinamica del genere abbia influito, quanto la percezione della società olandese come un esperimento innovativo e che rompe con la tradizione di "un re, una fede". Da allora l'Olanda si è sempre attenuta al multiculturalismo, alla tutela dei diritti civili. In essa è sicuramente influente anche il passaggio verso il metodo scientifico, che incoraggia la discussione e la visione non dogmatica della vita e dei suoi problemi.
Il modello olandese non è tanto derivante dai principi religiosi introiettati ( qui il discorso si farebbe lungo), ma da quello della civitas romana, dove ognuno era libero di professare la sua religione, che non veniva mai confusa con la verità, la cui ricerca era appannaggio della filosofia.


Ciò detto a proposito dell'Olanda mi serve anche per dire cosa penso sull'argomento in generale. Ovvero che non esiste un nesso univoco fra religiosità ed opulenza, così come non esiste fra libertà ed opulenza. Le variabili nelle società umane altamente complesse sono tantissime.
L'ora et labora benedettino non è forse il primo passo verso le società capitalistiche, con il suo concentrare ed accumulare ricchezza? Ma nello stesso tempo, il pensiero cristiano ha condannato il prestito monetario ad interesse, definendolo sterco del diavolo. Come non citare Weber, per cui lo spirito del capitalismo risiede proprio nel calvinismo e nell'etica puritana. E nello stesso tempo aver presente il rito del potlach, di alcune religioni Inuit, dove il massimo del prestigio e dell'onore si attribuiva a chi distruggeva la quantità più preziosa di beni. Per certi aspetti anche il socialismo reale era una religione, con i suoi riti e sacerdoti, ma la sua opulenza, negli ultimi 20 anni di vita fu così scarsa da decretarne la caduta.
Infine non posso che concordare con Giopap. Il significato di ricchezza è ben diverso se applicato ad una società come quella europea, dove vi sono altissime stratificazioni sociali, e a quella cubana, complessivamente più povera ma più equa.

Io infatti ho cercato di specificare, Jacopus, che il rapporto tra cultura religiosa e ricchezza è abbastanza complesso. In generale la cultura religiosa crea i presupposti per la ricchezza quando tende ad essere funzionale al sistema, e non a dominarlo, producendo due servizi fondamentali come quello educativo e del controllo sociale.
Naturalmente c'è anche l'Ora et Labora, ma i monaci hanno anche inventato la contabilità economica, e con i Templari abbiamo avuto i primi accenni di attività bancaria.




Santos

Citazione di: anthonyi il 02 Maggio 2020, 07:50:28 AM

Ciao Santos, mi sembra tu abbia rappresentato un punto importante della questione sottolineando la differenza tra religiosità e teismo, dove con religiosità si intende l'esistenza e la forza di un sistema cultuale, che potrebbe caratterizzare anche sistemi atei, ad esempio nella Russia comunista, pur proclamandosi atei, avevano comunque un forte culto per i simboli del comunismo, anche loro avevano il loro pellegrinaggio alla tomba di Lenin. Questi sistemi cultuali producono ordine sociale per cui sono a favore della crescita economica, anche quando sono indirizzati a figure totalitarie (E poi Dio non è anche lui una figura totalitaria) come i Kim Yong.
Naturalmente i sistemi cultuali non sono tutti uguali, io tendo a differenziare tra sistemi liberali, cioè quelli che valorizzano la decisionalità economica individuale, e illiberali, che promuovono una centralizzazione delle scelte economiche. L'esperienza storica ci dice che i primi sicuramente producono una crescita economica maggiore dei secondi.
La crescita economica produce la crescita delle idee, e con esse anche dell'idea atea che, come fai tu correttamente notare, non è presente nei paesi più poveri, ed è molto presente in un paese sviluppato come l'Olanda.
Ma non è che in quei paesi poveri la povertà dipende dall'assenza di ateismo, semmai dipende anche dall'assenza di cultualità, di una struttura culturale che dia ordine ai comportamenti di quei popoli.
Al contrario in Olanda sono si atei, ma perché se lo possono permettere avendo alle spalle secoli di  religiosità che hanno costruito valori di rispetto per la persona e per le istituzioni che tu oggi definiresti laici, ma che nella loro origine vengono dal culto religioso e oggi rappresentano comunque un sistema cultuale, anche se laico.


Salve anthonyi. Concordo in gran parte con quello che hai detto, ma sulle ultime righe sono costretto a ribadire quanto detto prima. I valori di rispetto per la persona che hanno gli olandesi non provengono dal loro passato religioso; semmai, esistono nonostante la loro religiosità. La famosa tolleranza degli olandesi, che Jacopus cita, era rivolta solo ai protestanti di ogni tipo e agli ebrei; ma tutte le altre visioni religiose non erano tollerate, tant'è che Spinoza (che non si può certo dire fosse ateo) rischiò la vita. In generale gli olandesi nel passato erano un popolo fanatico, come era la norma nell'Europa dell'epoca. Nel 1672 Johan de Witt, allora primo ministro dello Stato, fu linciato da una folla di olandesi inferociti, che lo squartarono e lo mangiarono pubblicamente. Anche la tolleranza verso gli omosessuali che ho citato prima è molto recente, risale agli anni '70 del '900. Fino al 1811 l'omosessualità era un crimine punibile con la morte e l'ultima vittima risale al 1803 (praticamente l'altro ieri). Soltanto con l'invasione della Francia e l'adozione del codice napoleonico, almeno in parte fondato sui valori della Rivoluzione Francese che per prima ha decristianizzato la società, questa legge è stata abolita.
E in verità, nonostante più della metà degli olandesi sia irreligiosa, ancora oggi l'influenza della religione pesa piuttosto tanto nei Paesi Bassi, tant'è che la maggioranza del loro parlamento è composta da due partiti di orientamento cristiano.

Per tornare alla questione principale, mi sembra sia necessario segnalare che le economie più forti al mondo, i paesi membri del G8, si dividono tra: protestanti (Stati Uniti), irreligiosi (Cina), shintoisti (Giappone), cattolici (Italia), induisti (India), e combinazioni di protestanti, cattolici e irreligiosi (Germania, Regno Unito e Francia). Di fronte a questo mosaico, dove le maggiori potenze economiche si dividono non solo tra religioni estremamente diverse fra loro, ma anche fra religione e ateismo, nonché fra religiosità (o irreligiosità) unitarie e composite, io mi sento di affermare che è inutile cercare di trovare un legame concreto tra religione e prosperità economica. Diversa cosa è trovare il legame tra religiosità e avanzamento socio-culturale, cosa che ho tentato di delineare nel post precedente ma che meriterebbe una discussione molto più ampia.

anthonyi

Citazione di: giopap il 02 Maggio 2020, 15:33:58 PM
Non bisogna confondere le cause con gli effetti.


Se é vero, come secondo me é vero, che "la religione é" (fra l' altro, anche) l' "oppio dei popoli", allora chi sta peggio ha più bisogno di paradisi artificiali (in carenza di benessere reale) di chi sta meglio.


(Questo, fatto salvo il notevolissimo, radicale disaccordo da parte mia con gran parte di quanto qui é stato affermato sul presunto maggiore o minore sviluppo civile ed anche economico di vari paesi presenti e passati, su cui non voglio entrare in discussione; rilevo solo che nel valutare il maggiore o minore sviluppo dei vari paesi non é corretto ignorare completamente, totalmente i reciproci rapporti fra di essi ed equiparare chi domina, sfrutta, ruba con chi é dominato, sfruttato, derubato).

I paradisi artificiali in realtà li cercano anche le persone che vivono in opulenza, e hanno un rapporto inverso con l'accesso alla cultura religiosa che condanna il drogarsi come peccato.
Riguardo al riferimento marxiano, secondo me è una metafora non pienamente efficace, l'oppio infatti rende gli individui docili e remissivi, ma li rende anche poco produttivi, e quindi avrebbe scarsa utilità per un "capitalista sfruttatore". La religione, invece, rende gli individui docili e allo stesso tempo ne mantiene, e a volte incrementa la produttività.


Jacopus

#14
CitazioneLa famosa tolleranza degli olandesi, che Jacopus cita, era rivolta solo ai protestanti di ogni tipo e agli ebrei; ma tutte le altre visioni religiose non erano tollerate, tant'è che Spinoza (che non si può certo dire fosse ateo) rischiò la vita. In generale gli olandesi nel passato erano un popolo fanatico, come era la norma nell'Europa dell'epoca. Nel 1672 Johan de Witt, allora primo ministro dello Stato, fu linciato da una folla di olandesi inferociti, che lo squartarono e lo mangiarono pubblicamente. Anche la tolleranza verso gli omosessuali che ho citato prima è molto recente, risale agli anni '70 del '900. Fino al 1811 l'omosessualità era un crimine punibile con la morte e l'ultima vittima risale al 1803 (praticamente l'altro ieri). Soltanto con l'invasione della Francia e l'adozione del codice napoleonico, almeno in parte fondato sui valori della Rivoluzione Francese che per prima ha decristianizzato la società, questa legge è stata abolita.E in verità, nonostante più della metà degli olandesi sia irreligiosa, ancora oggi l'influenza della religione pesa piuttosto tanto nei Paesi Bassi, tant'è che la maggioranza del loro parlamento è composta da due partiti di orientamento cristiano.



Buonasera Santos. Alcune precisazioni anche da parte mia.
1) Non mi risulta che la tolleranza fosse esclusivamente rivolta a favore di ebrei e protestanti. Mi piacerebbe conoscere le fonti di questa dichiarazione. A proposito del tentato omicidio nei confronti di Spinoza, esso fu opera degli stessi ebrei, che dovevano lavare con il sangue, l'onta di un confratello con idee tanto eretiche. Si pensa che l'idea scaturì all'interno della stessa famiglia Spinoza. Quindi lo stato olandese e gli olandesi non c'entrano affatto, ma rientriamo proprio in quella logica che l'Olanda anche in quel momento avversava.
2) Che l'omosessualità sia stata punita fino al 1811 è comunque un passo avanti rispetto alla fine della punibilità in Italia, che risale invece al 1889, con il codice Zanardelli.
3) Al di là del passato, in Olanda oggi esiste la legislazione più favorevole e più tollerante rispetto al sesso a pagamento, all'adozione da parte di coppie gay, ai matrimoni fra coppie gay, all'interruzione volontaria della vita e rispetto all'eutanasia è stato il primo paese al mondo a dotarsi di una legislazione che la regolamentava, oltre alla famosa regolamentazione sull'uso di cannabis.
4) Oltre a Spinoza, per comprendere lo spirito tollerante dell'Olanda, bisognerebbe anche ricordarsi di Erasmo da Rotterdam, che già un secolo prima, sulla scia dell'umanesimo, predicò la più ampia tolleranza fra spiriti diversi, nell'ottica dell'humanitas latina.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.