Pluralismo contro leadership

Aperto da cvc, 23 Febbraio 2017, 13:27:51 PM

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cvc

Quali sono le ragioni di chi ha torto? Esistono tali ragioni? La storia raccontata è quella vista dai vincitori, come sarebbe la storia del mondo, con tutte le sue guerre, raccontata dai vinti? Che ne penserebbero i galli di Cesare? Che ne penserebbe il mondo di Hitler se avesse vinto la guerra? Una risposta generale a tutte queste domande è che tutto è opinione... di chi vince. La manzoniana ardua sentenza dei posteri è appunto quella di chi sopravvive. Al contadinello strappato dai campi per andare a morire ammazzato pro o contro Napoleone, non spetta nessun diritto di opinione. Tale suo diritto è morto insieme a lui. Istintivamente mi verrebbe da dissertare filosoficamente sulle differenze di importanza fra l'opinione del contadinello e quella dell'imperatore, o fra quella dei vivi e quella dei morti, ma la discussione ha un altro titolo e non voglio mandarla in ot già in partenza.
Ebbene, negli ultimi secoli anche le ragioni dei vinti hanno avuto una certa attenzione crescente. Si è cominciato a pensare che la società deve aiutare i più deboli, che i miglioramenti di vita devono coinvolgere tutti, che bisogna rispettare le differenze, che ogni opinione è da tener conto (eccetto quelle lesive), che - in poche parole  - la diversità è un valore aggiunto e non un disvalore. Il mondo che abbiamo ereditato era fortemente caratterizzato da demarcazioni di leadership: i re, i signorotti feudali, i capitalisti, i proprietari terrieri. Persino la nascita del socialismo non era immune dall'autoritarismo, basta pensare a Stalin a Mao o al trotskismo. Ma con la globalizzazione il pluralismo è diventato sempre più un valore, fino ad arrivare a minacciare il potere della leadership. Se ognuno può dire la sua, chi è che comanda? C'è bisogno di qualcuno che comanda? In questo vedo i semi della rivendicazione autoritaria cui stiamo assistendo: Trump, Le Pen, Salvini....
Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.

Fharenight

#1
PVC, mi dispisce ma da buon sinistro non hai capito molto.
La leadership oggi viene conquistata da un'altra categoria di dominatori: dai grandi gruppi multinazionali e dalla grande finanza. Sono questi che muovono i fili della politica servendosi anche dell'ideologia sinistra peché la riconosce come mezzo per i propri interessi e globalizzazione e pluralismo sono strumenti piú affini ai propri affari. Che poi questo pluralismo tu lo veda come valore, beh, è molto discutibile e mi scappa da ridere... per non piangere.
Ma mi sembra davvero strano che voi non lo abbiate ancora capito... È piú probabile che non vogliate capirlo pe non ammettere che la sinistra è complice dello scempio disastroso causato da globalizzazione e "pluralismo".

Trump ancora non mi è chiaro cosa intende realizzare, lo osservo e mi riservo di giudicare il suo operato tra qualche anno, sempre se l'ostruzionismo delle forze avverse lo lascino agire, altro che autoritario!
Dovrebbe comandare il popolo nelle democrazie (Salvini e Le Pen dovrebbero rappresentarlo), ma oggi i popoli occidentali, pur vivendo in un'illusoria libertà non comandano una ceppa, è tutto guidato dall'alto.

cvc

Citazione di: Fharenight il 23 Febbraio 2017, 13:58:18 PM
PVC, mi dispisce ma da buon sinistro non hai capito molto.
La leadership oggi viene conquistata da un'altra categoria di dominatori: dai grandi gruppi multinazionali e dalla grande finanza. Sono questi che muovono i fili della politica servendosi anche dell'ideologia sinistra peché la riconosce come mezzo per i propri interessi e globalizzazione e pluralismo sono strumenti piú affini ai propri affari. Che poi questo pluralismo tu lo veda come valore, beh, è molto discutibile e mi scappa da ridere... per non piangere.
Ma mi sembra davvero strano che voi non lo abbiate ancora capito... È piú probabile che non vogliate capirlo pe non ammettere che la sinistra è complice dello scempio disastroso causato da globalizzazione e "pluralismo".

Trump ancora non mi è chiaro cosa intende realizzare, lo osservo e mi riservo di giudicare il suo operato tra qualche anno, sempre se l'ostruzionismo delle forze avverse lo lascino agire, altro che autoritario!
Dovrebbe comandare il popolo nelle democrazie (Salvini e Le Pen dovrebbero rappresentarlo), ma oggi i popoli occidentali, pur vivendo in un'illusoria libertà non comandano una ceppa, è tutto guidato dall'alto.
Scusa ma tu come fai a sapere per chi vado a votare? Ti ho mai illustrato una mia ideologia politica o indicato la mia preferenza per una certa corrente politica? Ma come fai a conoscermi così bene? Abbiamo mai mangiato insieme?
Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.

Fharenight

PVC dice: " Abbiamo mai mangiato insieme?"

 :D
No, ma se mi inviti... forse accetto :D


Ahahahahah... Ma dai, da un intellettuale, o da uno che si atteggia tale, non mi sarei aspettata una risposta così rozza, da plebe senza istruzione.
Mi aspettavo una dotta disquisizione a difesa inoltrata e senza resa dell'ideologia sinistra....

Si capisce da lontano un miglio che sei almeno tendenzialmente di sinistra o cattocomunista, da come hai impostato  l'argomento.

paul11

Citazione di: cvc il 23 Febbraio 2017, 13:27:51 PMQuali sono le ragioni di chi ha torto? Esistono tali ragioni? La storia raccontata è quella vista dai vincitori, come sarebbe la storia del mondo, con tutte le sue guerre, raccontata dai vinti? Che ne penserebbero i galli di Cesare? Che ne penserebbe il mondo di Hitler se avesse vinto la guerra? Una risposta generale a tutte queste domande è che tutto è opinione... di chi vince. La manzoniana ardua sentenza dei posteri è appunto quella di chi sopravvive. Al contadinello strappato dai campi per andare a morire ammazzato pro o contro Napoleone, non spetta nessun diritto di opinione. Tale suo diritto è morto insieme a lui. Istintivamente mi verrebbe da dissertare filosoficamente sulle differenze di importanza fra l'opinione del contadinello e quella dell'imperatore, o fra quella dei vivi e quella dei morti, ma la discussione ha un altro titolo e non voglio mandarla in ot già in partenza. Ebbene, negli ultimi secoli anche le ragioni dei vinti hanno avuto una certa attenzione crescente. Si è cominciato a pensare che la società deve aiutare i più deboli, che i miglioramenti di vita devono coinvolgere tutti, che bisogna rispettare le differenze, che ogni opinione è da tener conto (eccetto quelle lesive), che - in poche parole - la diversità è un valore aggiunto e non un disvalore. Il mondo che abbiamo ereditato era fortemente caratterizzato da demarcazioni di leadership: i re, i signorotti feudali, i capitalisti, i proprietari terrieri. Persino la nascita del socialismo non era immune dall'autoritarismo, basta pensare a Stalin a Mao o al trotskismo. Ma con la globalizzazione il pluralismo è diventato sempre più un valore, fino ad arrivare a minacciare il potere della leadership. Se ognuno può dire la sua, chi è che comanda? C'è bisogno di qualcuno che comanda? In questo vedo i semi della rivendicazione autoritaria cui stiamo assistendo: Trump, Le Pen, Salvini....

ciao cvc,
Francamente non so, perchè da qualche anno sto riconsiderando anche considerazioni che  fino a qualche anno fa ritenevo fondative.
Siamo sicuri che il pluralismo sia un valore? Siamo sicuri che siamo in una cultura del diritto? A me francamente pare tutto ipocrita, e mi spiego.
Le lotte per i diritti e anche per il pluralismo democratico sono  VERE  CONQUISTE?
A me pare che di fatto  sia cambiato poco o  nulla, ci sono solo più galli nel pollaio a far casino".

Un punto cardine è  LA RESPONSABILITA'.
Un imprenditore paga un amministratore delegato  e il top managemnt di un'azienda che costruisce il piano industriale e strategico dell'azienda. Sbaglia, mal che vada si pigliano un valigetta con parecchi soldi e vanno a far disastri altrove. L'imprenditore ha diviso i suoi beni giuridicamente in privati(personalità fisica) e aziendali (personalità giuridica),mal che gli vada si procede ala fallimento senza che gli tocchino i beni privati.
Ma chi paga veramente soon i lavoratori  prestatori d'opera con lavoro subordinato.

Il pluralismo è la frammentazione democratica delle rsponsabilità affinchè nessuno risponda de lsuo operato: risultante sono tutti deresponsabilizzati
Sbaglia un giudice una sentenza:cosa succede?.
Sbaglia un capo di governo: cosa succede?

Ma se sbagliamo noi a saltare una bolletta, un incidente automobilistico, abbiamo polizia, carabinieri, finanza, assicurazioni....?

Ma com'è allora che questi bei diritti ,questo bel pluralismo, di tanti galli nel pollaio, di tante culture (che alla fine si appiattiscono risultando quasi uguali nel nostro sistema culture) alla fine non si capisce nulla e chi paga alla fine sol i soliti noti?

Allora, calano di importanza in questo  momento i paroloni se non sono chiare le relazioni e responsabilità dentro questo sistema globale  con migliaia di governanti ,imprenditori, funzionari, tecno burocrazie, tutto da mantenere dai soliti noti ,unici responsabili del sistema.

I concetti interni alla politica e all'economia sono da rivisitare nelle fondamenta: uno per uno .
Quello che in questo momento pretenderei sono i chiari livelli di responsabilità in un sistema che è un "blob" è andato alla deriva

InVerno

Il NYT se non sbaglio ha coniato il termine "nazionalismo civico" per distinguere (intelligentemente) il nazionalismo moderno da quello di inizio novecento. Seppure faccia riferimento spesso e volentieri al vecchio nazionalismo come "radice culturale" la connessione è talmente flebile da apparire involontaria. I programmi dei neonazionalisti hanno pressochè a fare con questioni di ordine pubblico e di polizia, non c'è alcun reale programma di altra natura dietro, tantomeno economica, parossistico sarebbe anche solo immaginare si interessino di scrivere la storia. Sfruttano la mitologia imperialista occidentale, ma non ne sono ne autori (di questo gli va dato atto) ne possibili revisori. Un nazionalismo ridotto all'osso delle sue intenzioni, bastonare l'altro, epurato da tutti quegli orpelli ideologici e rimandi al romano impero che avevano convinto anche pensatori illustri un secolo fa. Gli stessi antinazionalisti di un secolo fa, se citati contro questo nazionalismo, appaiono fuori luogo. A mio avviso l'unica citazione che è rimasta fuori dal tempo è quella di Einstein "il nazionalismo è un disturbo dell'infanzia". Nel senso che è una questione prettamente educativa, che ha a che fare con il nucleo familiare, alcune tradizioni familiari sono rimaste impermeabili all'egalitarismo e hanno continuato a coltivare questa voglia di bastone, per se stessi e per gli altri. E mentre i ragazzi di queste famiglie uscivano e venivano contaminati dall'egalitarismo (che ha ridotto all'osso le pretese della loro ideologia) la voglia di bastone non è mai passata, e non passerà. I leader neonazionalisti fanno appello a queste persone, quelli del "siamo tutti uguali – ma tu una bastonata te la prendi lo stesso". La violenza "politically correct", la prospettiva di "casa mia regole mie" .. e a casa tua "regole mie anche" Come ha dimostrato recentemente LePen, in visita al Mufti del Libano che per protocollo voleva farle mettere il velo. Lei ha rifiutato, ma era lei in visita a "casa" del Mufti, "regole mie a casa mia" evidentemente vale solo per lei. Questo è, contradditori spot pubblicitari che nascondono un semplice bisogno psicologico, quello di violentare l'altro, ma soprattutto essere violentati a propria volta "come faceva papà". Non è un caso che a parte il vuoto pneumatico di Salvini di cui non si conoscono i natali (tiriamo a indovinare?), i leader con una certa possibilità di successo abbiano tutti assaggiato il bastone del padre (nessun doppio senso). LePen in primis, ma Trump pure, si disse del padre "Credo che il vecchio Trump sappia bene quanto odio razziale abbia fomentato in quella lattina di sangue che è il cuore degli uomini ". Se il nazionalismo aveva un ideologia a supporto e per questo era giusto farne un analisi seria e ragionata, il neonazionalismo è l'estrema ratio per comodità di riassunto di un disturbo dell'infanzia perpetrato da tre generazioni di nostalgici, non è nemmeno lecito a mio avviso considerarlo una questione culturale se non per gli effetti emulatori su persone che prima ne erano estranee.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

cvc

Citazione di: paul11 il 24 Febbraio 2017, 11:16:36 AM
Citazione di: cvc il 23 Febbraio 2017, 13:27:51 PMQuali sono le ragioni di chi ha torto? Esistono tali ragioni? La storia raccontata è quella vista dai vincitori, come sarebbe la storia del mondo, con tutte le sue guerre, raccontata dai vinti? Che ne penserebbero i galli di Cesare? Che ne penserebbe il mondo di Hitler se avesse vinto la guerra? Una risposta generale a tutte queste domande è che tutto è opinione... di chi vince. La manzoniana ardua sentenza dei posteri è appunto quella di chi sopravvive. Al contadinello strappato dai campi per andare a morire ammazzato pro o contro Napoleone, non spetta nessun diritto di opinione. Tale suo diritto è morto insieme a lui. Istintivamente mi verrebbe da dissertare filosoficamente sulle differenze di importanza fra l'opinione del contadinello e quella dell'imperatore, o fra quella dei vivi e quella dei morti, ma la discussione ha un altro titolo e non voglio mandarla in ot già in partenza. Ebbene, negli ultimi secoli anche le ragioni dei vinti hanno avuto una certa attenzione crescente. Si è cominciato a pensare che la società deve aiutare i più deboli, che i miglioramenti di vita devono coinvolgere tutti, che bisogna rispettare le differenze, che ogni opinione è da tener conto (eccetto quelle lesive), che - in poche parole - la diversità è un valore aggiunto e non un disvalore. Il mondo che abbiamo ereditato era fortemente caratterizzato da demarcazioni di leadership: i re, i signorotti feudali, i capitalisti, i proprietari terrieri. Persino la nascita del socialismo non era immune dall'autoritarismo, basta pensare a Stalin a Mao o al trotskismo. Ma con la globalizzazione il pluralismo è diventato sempre più un valore, fino ad arrivare a minacciare il potere della leadership. Se ognuno può dire la sua, chi è che comanda? C'è bisogno di qualcuno che comanda? In questo vedo i semi della rivendicazione autoritaria cui stiamo assistendo: Trump, Le Pen, Salvini....

ciao cvc,
Francamente non so, perchè da qualche anno sto riconsiderando anche considerazioni che  fino a qualche anno fa ritenevo fondative.
Siamo sicuri che il pluralismo sia un valore? Siamo sicuri che siamo in una cultura del diritto? A me francamente pare tutto ipocrita, e mi spiego.
Le lotte per i diritti e anche per il pluralismo democratico sono  VERE  CONQUISTE?
A me pare che di fatto  sia cambiato poco o  nulla, ci sono solo più galli nel pollaio a far casino".

Un punto cardine è  LA RESPONSABILITA'.
Un imprenditore paga un amministratore delegato  e il top managemnt di un'azienda che costruisce il piano industriale e strategico dell'azienda. Sbaglia, mal che vada si pigliano un valigetta con parecchi soldi e vanno a far disastri altrove. L'imprenditore ha diviso i suoi beni giuridicamente in privati(personalità fisica) e aziendali (personalità giuridica),mal che gli vada si procede ala fallimento senza che gli tocchino i beni privati.
Ma chi paga veramente soon i lavoratori  prestatori d'opera con lavoro subordinato.

Il pluralismo è la frammentazione democratica delle rsponsabilità affinchè nessuno risponda de lsuo operato: risultante sono tutti deresponsabilizzati
Sbaglia un giudice una sentenza:cosa succede?.
Sbaglia un capo di governo: cosa succede?

Ma se sbagliamo noi a saltare una bolletta, un incidente automobilistico, abbiamo polizia, carabinieri, finanza, assicurazioni....?

Ma com'è allora che questi bei diritti ,questo bel pluralismo, di tanti galli nel pollaio, di tante culture (che alla fine si appiattiscono risultando quasi uguali nel nostro sistema culture) alla fine non si capisce nulla e chi paga alla fine sol i soliti noti?

Allora, calano di importanza in questo  momento i paroloni se non sono chiare le relazioni e responsabilità dentro questo sistema globale  con migliaia di governanti ,imprenditori, funzionari, tecno burocrazie, tutto da mantenere dai soliti noti ,unici responsabili del sistema.

I concetti interni alla politica e all'economia sono da rivisitare nelle fondamenta: uno per uno .
Quello che in questo momento pretenderei sono i chiari livelli di responsabilità in un sistema che è un "blob" è andato alla deriva
Ciao Paul, io credo invece che il problema sia che si confonde la tolleranza col lassismo. La tolleranza implica sempre che ci sia un perchè plausibile. Ad es tollero gli altri perchè sono miei simili, tollero chi sbaglia perchè so che sbagliare è umano, tollero chi non la pensa come me perchè so che non può esserci una sola opinione per tutti. Ma non tollero per comodità. Quello che avviene è invece che chi ha la leadership – per pigrizia o per inettitudine – invece di far rispetare le regole sceglie le soluzioni più semplici, cercando di non scontentare nessuno.
Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.

cvc

Citazione di: InVerno il 24 Febbraio 2017, 15:41:13 PM
Il NYT se non sbaglio ha coniato il termine "nazionalismo civico" per distinguere (intelligentemente) il nazionalismo moderno da quello di inizio novecento. Seppure faccia riferimento spesso e volentieri al vecchio nazionalismo come "radice culturale" la connessione è talmente flebile da apparire involontaria. I programmi dei neonazionalisti hanno pressochè a fare con questioni di ordine pubblico e di polizia, non c'è alcun reale programma di altra natura dietro, tantomeno economica, parossistico sarebbe anche solo immaginare si interessino di scrivere la storia. Sfruttano la mitologia imperialista occidentale, ma non ne sono ne autori (di questo gli va dato atto) ne possibili revisori. Un nazionalismo ridotto all'osso delle sue intenzioni, bastonare l'altro, epurato da tutti quegli orpelli ideologici e rimandi al romano impero che avevano convinto anche pensatori illustri un secolo fa. Gli stessi antinazionalisti di un secolo fa, se citati contro questo nazionalismo, appaiono fuori luogo. A mio avviso l'unica citazione che è rimasta fuori dal tempo è quella di Einstein "il nazionalismo è un disturbo dell'infanzia". Nel senso che è una questione prettamente educativa, che ha a che fare con il nucleo familiare, alcune tradizioni familiari sono rimaste impermeabili all'egalitarismo e hanno continuato a coltivare questa voglia di bastone, per se stessi e per gli altri. E mentre i ragazzi di queste famiglie uscivano e venivano contaminati dall'egalitarismo (che ha ridotto all'osso le pretese della loro ideologia) la voglia di bastone non è mai passata, e non passerà. I leader neonazionalisti fanno appello a queste persone, quelli del "siamo tutti uguali – ma tu una bastonata te la prendi lo stesso". La violenza "politically correct", la prospettiva di "casa mia regole mie" .. e a casa tua "regole mie anche" Come ha dimostrato recentemente LePen, in visita al Mufti del Libano che per protocollo voleva farle mettere il velo. Lei ha rifiutato, ma era lei in visita a "casa" del Mufti, "regole mie a casa mia" evidentemente vale solo per lei. Questo è, contradditori spot pubblicitari che nascondono un semplice bisogno psicologico, quello di violentare l'altro, ma soprattutto essere violentati a propria volta "come faceva papà". Non è un caso che a parte il vuoto pneumatico di Salvini di cui non si conoscono i natali (tiriamo a indovinare?), i leader con una certa possibilità di successo abbiano tutti assaggiato il bastone del padre (nessun doppio senso). LePen in primis, ma Trump pure, si disse del padre "Credo che il vecchio Trump sappia bene quanto odio razziale abbia fomentato in quella lattina di sangue che è il cuore degli uomini ". Se il nazionalismo aveva un ideologia a supporto e per questo era giusto farne un analisi seria e ragionata, il neonazionalismo è l'estrema ratio per comodità di riassunto di un disturbo dell'infanzia perpetrato da tre generazioni di nostalgici, non è nemmeno lecito a mio avviso considerarlo una questione culturale se non per gli effetti emulatori su persone che prima ne erano estranee.
Questo nazionalismo ha l'aggravante di perseverare nell'errore dopo aver visto dove hanno portato le derive nazionaliste del passato. Quando la libertà produce più disordine di quanto se ne riesca a gestire, piuttosto che trovare dei nuovi modi per assimilare la maggiore libertà con gli annessi effetti collaterali, si pensa che la soluzione sia tornare indietro. Ora si avverte bisogno di sicurezza, quindi si pensa che si viva meglio sotto un regime, senza considerare il prezzo che bisogna pagare per quella sicurezza imposta con la forza. Puoi lasciare la bicicletta slegata sotto casa che tanto non te la porta via nessuno, ma non puoi esprimere liberamente la tua opinione. Non a casa chi cerca di conquistare o consolidare il potere sta ingaggiando una guerra selvaggia con l'informazione.
Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.

InVerno

Citazione di: cvc il 24 Febbraio 2017, 22:44:43 PM
Citazione di: InVerno il 24 Febbraio 2017, 15:41:13 PM
Il NYT se non sbaglio ha coniato il termine "nazionalismo civico" per distinguere (intelligentemente) il nazionalismo moderno da quello di inizio novecento. Seppure faccia riferimento spesso e volentieri al vecchio nazionalismo come "radice culturale" la connessione è talmente flebile da apparire involontaria. I programmi dei neonazionalisti hanno pressochè a fare con questioni di ordine pubblico e di polizia, non c'è alcun reale programma di altra natura dietro, tantomeno economica, parossistico sarebbe anche solo immaginare si interessino di scrivere la storia. Sfruttano la mitologia imperialista occidentale, ma non ne sono ne autori (di questo gli va dato atto) ne possibili revisori. Un nazionalismo ridotto all'osso delle sue intenzioni, bastonare l'altro, epurato da tutti quegli orpelli ideologici e rimandi al romano impero che avevano convinto anche pensatori illustri un secolo fa. Gli stessi antinazionalisti di un secolo fa, se citati contro questo nazionalismo, appaiono fuori luogo. A mio avviso l'unica citazione che è rimasta fuori dal tempo è quella di Einstein "il nazionalismo è un disturbo dell'infanzia". Nel senso che è una questione prettamente educativa, che ha a che fare con il nucleo familiare, alcune tradizioni familiari sono rimaste impermeabili all'egalitarismo e hanno continuato a coltivare questa voglia di bastone, per se stessi e per gli altri. E mentre i ragazzi di queste famiglie uscivano e venivano contaminati dall'egalitarismo (che ha ridotto all'osso le pretese della loro ideologia) la voglia di bastone non è mai passata, e non passerà. I leader neonazionalisti fanno appello a queste persone, quelli del "siamo tutti uguali – ma tu una bastonata te la prendi lo stesso". La violenza "politically correct", la prospettiva di "casa mia regole mie" .. e a casa tua "regole mie anche" Come ha dimostrato recentemente LePen, in visita al Mufti del Libano che per protocollo voleva farle mettere il velo. Lei ha rifiutato, ma era lei in visita a "casa" del Mufti, "regole mie a casa mia" evidentemente vale solo per lei. Questo è, contradditori spot pubblicitari che nascondono un semplice bisogno psicologico, quello di violentare l'altro, ma soprattutto essere violentati a propria volta "come faceva papà". Non è un caso che a parte il vuoto pneumatico di Salvini di cui non si conoscono i natali (tiriamo a indovinare?), i leader con una certa possibilità di successo abbiano tutti assaggiato il bastone del padre (nessun doppio senso). LePen in primis, ma Trump pure, si disse del padre "Credo che il vecchio Trump sappia bene quanto odio razziale abbia fomentato in quella lattina di sangue che è il cuore degli uomini ". Se il nazionalismo aveva un ideologia a supporto e per questo era giusto farne un analisi seria e ragionata, il neonazionalismo è l'estrema ratio per comodità di riassunto di un disturbo dell'infanzia perpetrato da tre generazioni di nostalgici, non è nemmeno lecito a mio avviso considerarlo una questione culturale se non per gli effetti emulatori su persone che prima ne erano estranee.
Questo nazionalismo ha l'aggravante di perseverare nell'errore dopo aver visto dove hanno portato le derive nazionaliste del passato. Quando la libertà produce più disordine di quanto se ne riesca a gestire, piuttosto che trovare dei nuovi modi per assimilare la maggiore libertà con gli annessi effetti collaterali, si pensa che la soluzione sia tornare indietro. Ora si avverte bisogno di sicurezza, quindi si pensa che si viva meglio sotto un regime, senza considerare il prezzo che bisogna pagare per quella sicurezza imposta con la forza. Puoi lasciare la bicicletta slegata sotto casa che tanto non te la porta via nessuno, ma non puoi esprimere liberamente la tua opinione. Non a casa chi cerca di conquistare o consolidare il potere sta ingaggiando una guerra selvaggia con l'informazione.
C'è da meravigliarsi di quanto gli antichi greci fossero stati cosi intelligentemente profeti dell'uomo, quando Polibio raccontava del limite delle "tre generazioni" dicendo : "Finché sopravvivono cittadini che hanno sperimentato la tracotanza e la violenza, essi stimano più di ogni altra cosa l'uguaglianza di diritti e la libertà di parola; ma quando subentrano al potere dei giovani e la democrazia viene trasmessa ai figli dei figli di questi, non tenendo più in gran conto, a causa dell'abitudine, l'uguaglianza e la libertà di parola..." ritornano i mostri [nda].
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

Fharenight

Citazione di: cvc il 24 Febbraio 2017, 22:44:43 PM
Citazione di: InVerno il 24 Febbraio 2017, 15:41:13 PM
Il NYT se non sbaglio ha coniato il termine "nazionalismo civico" per distinguere (intelligentemente) il nazionalismo moderno da quello di inizio novecento. Seppure faccia riferimento spesso e volentieri al vecchio nazionalismo come "radice culturale" la connessione è talmente flebile da apparire involontaria. I programmi dei neonazionalisti hanno pressochè a fare con questioni di ordine pubblico e di polizia, non c'è alcun reale programma di altra natura dietro, tantomeno economica, parossistico sarebbe anche solo immaginare si interessino di scrivere la storia. Sfruttano la mitologia imperialista occidentale, ma non ne sono ne autori (di questo gli va dato atto) ne possibili revisori. Un nazionalismo ridotto all'osso delle sue intenzioni, bastonare l'altro, epurato da tutti quegli orpelli ideologici e rimandi al romano impero che avevano convinto anche pensatori illustri un secolo fa. Gli stessi antinazionalisti di un secolo fa, se citati contro questo nazionalismo, appaiono fuori luogo. A mio avviso l'unica citazione che è rimasta fuori dal tempo è quella di Einstein "il nazionalismo è un disturbo dell'infanzia". Nel senso che è una questione prettamente educativa, che ha a che fare con il nucleo familiare, alcune tradizioni familiari sono rimaste impermeabili all'egalitarismo e hanno continuato a coltivare questa voglia di bastone, per se stessi e per gli altri. E mentre i ragazzi di queste famiglie uscivano e venivano contaminati dall'egalitarismo (che ha ridotto all'osso le pretese della loro ideologia) la voglia di bastone non è mai passata, e non passerà. I leader neonazionalisti fanno appello a queste persone, quelli del "siamo tutti uguali – ma tu una bastonata te la prendi lo stesso". La violenza "politically correct", la prospettiva di "casa mia regole mie" .. e a casa tua "regole mie anche" Come ha dimostrato recentemente LePen, in visita al Mufti del Libano che per protocollo voleva farle mettere il velo. Lei ha rifiutato, ma era lei in visita a "casa" del Mufti, "regole mie a casa mia" evidentemente vale solo per lei. Questo è, contradditori spot pubblicitari che nascondono un semplice bisogno psicologico, quello di violentare l'altro, ma soprattutto essere violentati a propria volta "come faceva papà". Non è un caso che a parte il vuoto pneumatico di Salvini di cui non si conoscono i natali (tiriamo a indovinare?), i leader con una certa possibilità di successo abbiano tutti assaggiato il bastone del padre (nessun doppio senso). LePen in primis, ma Trump pure, si disse del padre "Credo che il vecchio Trump sappia bene quanto odio razziale abbia fomentato in quella lattina di sangue che è il cuore degli uomini ". Se il nazionalismo aveva un ideologia a supporto e per questo era giusto farne un analisi seria e ragionata, il neonazionalismo è l'estrema ratio per comodità di riassunto di un disturbo dell'infanzia perpetrato da tre generazioni di nostalgici, non è nemmeno lecito a mio avviso considerarlo una questione culturale se non per gli effetti emulatori su persone che prima ne erano estranee.
Questo nazionalismo ha l'aggravante di perseverare nell'errore dopo aver visto dove hanno portato le derive nazionaliste del passato. Quando la libertà produce più disordine di quanto se ne riesca a gestire, piuttosto che trovare dei nuovi modi per assimilare la maggiore libertà con gli annessi effetti collaterali, si pensa che la soluzione sia tornare indietro. Ora si avverte bisogno di sicurezza, quindi si pensa che si viva meglio sotto un regime, senza considerare il prezzo che bisogna pagare per quella sicurezza imposta con la forza. Puoi lasciare la bicicletta slegata sotto casa che tanto non te la porta via nessuno, ma non puoi esprimere liberamente la tua opinione. Non a casa chi cerca di conquistare o consolidare il potere sta ingaggiando una guerra selvaggia con l'informazione.



Ecco, bravo ,pvc, questo infatti mi aspettavo da te come risposta che evidenzia in pieno la mentalità sinistroide della quale forse alcuni si vergognano di ammetterlo chiaramente.
Alle assurdità espresse da Inverno che fanno piú ridere che piangere, risponderò dopo dal pc.

Mi complimento invece con Paul per la profondità del auo penaiero e delle sue riflessioni, Bravo!

cvc

Citazione di: Fharenight il 25 Febbraio 2017, 17:01:05 PM
Citazione di: cvc il 24 Febbraio 2017, 22:44:43 PM
Citazione di: InVerno il 24 Febbraio 2017, 15:41:13 PM
Il NYT se non sbaglio ha coniato il termine "nazionalismo civico" per distinguere (intelligentemente) il nazionalismo moderno da quello di inizio novecento. Seppure faccia riferimento spesso e volentieri al vecchio nazionalismo come "radice culturale" la connessione è talmente flebile da apparire involontaria. I programmi dei neonazionalisti hanno pressochè a fare con questioni di ordine pubblico e di polizia, non c'è alcun reale programma di altra natura dietro, tantomeno economica, parossistico sarebbe anche solo immaginare si interessino di scrivere la storia. Sfruttano la mitologia imperialista occidentale, ma non ne sono ne autori (di questo gli va dato atto) ne possibili revisori. Un nazionalismo ridotto all'osso delle sue intenzioni, bastonare l'altro, epurato da tutti quegli orpelli ideologici e rimandi al romano impero che avevano convinto anche pensatori illustri un secolo fa. Gli stessi antinazionalisti di un secolo fa, se citati contro questo nazionalismo, appaiono fuori luogo. A mio avviso l'unica citazione che è rimasta fuori dal tempo è quella di Einstein "il nazionalismo è un disturbo dell'infanzia". Nel senso che è una questione prettamente educativa, che ha a che fare con il nucleo familiare, alcune tradizioni familiari sono rimaste impermeabili all'egalitarismo e hanno continuato a coltivare questa voglia di bastone, per se stessi e per gli altri. E mentre i ragazzi di queste famiglie uscivano e venivano contaminati dall'egalitarismo (che ha ridotto all'osso le pretese della loro ideologia) la voglia di bastone non è mai passata, e non passerà. I leader neonazionalisti fanno appello a queste persone, quelli del "siamo tutti uguali – ma tu una bastonata te la prendi lo stesso". La violenza "politically correct", la prospettiva di "casa mia regole mie" .. e a casa tua "regole mie anche" Come ha dimostrato recentemente LePen, in visita al Mufti del Libano che per protocollo voleva farle mettere il velo. Lei ha rifiutato, ma era lei in visita a "casa" del Mufti, "regole mie a casa mia" evidentemente vale solo per lei. Questo è, contradditori spot pubblicitari che nascondono un semplice bisogno psicologico, quello di violentare l'altro, ma soprattutto essere violentati a propria volta "come faceva papà". Non è un caso che a parte il vuoto pneumatico di Salvini di cui non si conoscono i natali (tiriamo a indovinare?), i leader con una certa possibilità di successo abbiano tutti assaggiato il bastone del padre (nessun doppio senso). LePen in primis, ma Trump pure, si disse del padre "Credo che il vecchio Trump sappia bene quanto odio razziale abbia fomentato in quella lattina di sangue che è il cuore degli uomini ". Se il nazionalismo aveva un ideologia a supporto e per questo era giusto farne un analisi seria e ragionata, il neonazionalismo è l'estrema ratio per comodità di riassunto di un disturbo dell'infanzia perpetrato da tre generazioni di nostalgici, non è nemmeno lecito a mio avviso considerarlo una questione culturale se non per gli effetti emulatori su persone che prima ne erano estranee.
Questo nazionalismo ha l'aggravante di perseverare nell'errore dopo aver visto dove hanno portato le derive nazionaliste del passato. Quando la libertà produce più disordine di quanto se ne riesca a gestire, piuttosto che trovare dei nuovi modi per assimilare la maggiore libertà con gli annessi effetti collaterali, si pensa che la soluzione sia tornare indietro. Ora si avverte bisogno di sicurezza, quindi si pensa che si viva meglio sotto un regime, senza considerare il prezzo che bisogna pagare per quella sicurezza imposta con la forza. Puoi lasciare la bicicletta slegata sotto casa che tanto non te la porta via nessuno, ma non puoi esprimere liberamente la tua opinione. Non a casa chi cerca di conquistare o consolidare il potere sta ingaggiando una guerra selvaggia con l'informazione.



Ecco, bravo ,pvc, questo infatti mi aspettavo da te come risposta che evidenzia in pieno la mentalità sinistroide della quale forse alcuni si vergognano di ammetterlo chiaramente.
Alle assurdità espresse da Inverno che fanno piú ridere che piangere, risponderò dopo dal pc.

Mi complimento invece con Paul per la profondità del auo penaiero e delle sue riflessioni, Bravo!
Carissima pulzella d'Orléans, mi spiace deluderti - ma ancor più ripetermi - ma tu non comprendi proprio niente di quello che leggi. Però credo proprio che fai apposta e sei in malafede. Lo scopo degli altri utenti lo intuisco: condividere e confrontare opinioni. Il tuo proprio no. A dire il vero vorrei dirti addio e metterti in ignora utente, ma mi pare che in questo sito non ci sia questa opzione. Allora alla prossima trollata...
Ciao pulzella

P.S.
Mi scuso col forum ma a questi livelli siamo
Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.

Jacopus

La democrazia è faticosa. Si tratta di un dialogo continuo per riconoscere le ragioni dell'altro e giungere ad un compromesso, ad un cedere qualcosa in cambio di qualcos'altro, nella certezza che i valori assoluti sono pochi e spesso contestati. La democrazia è ancora più faticosa oggi rispetto al secolo scorso. Nel XX secolo vi erano i grandi racconti contro il nazifascismo e il comunismo a rendere la democrazia un pilastro incontestabile. Oggi è piuttosto un simulacro, eroso al suo interno fino a rivelare nuovamente il suo stato di "comitato d'affari della borghesia", definizione marxista del potere politico. Quasi ci si dovrebbe augurare l'avvento davvero minaccioso di una forma di potere alternativa, in modo tale che il rapporto di concorrenza rivitalizzi i processi democratici.
Mi ha però molto suggestionato la prima domanda della discussione: "quali sono le ragioni di chi ha torto?". CVC (e non pvc, cara "Farenotte") ha intrapreso un percorso sociologico: anche chi ha torto ha un pò di ragione-tanti galli nel pollaio-potere forte. Federico Fellini ha rappresentato tutto ciò nel bellissimo film "prova d'orchestra".
Io vorrei fare un discorso diverso ma forse collegato. Leggendo quella frase: "quali sono le ragioni di chi ha torto", mi è venuto in mente il Protagora di Platone, dove viene messa in scena la distinzione fra il pensiero filosofico socratico e quello dei sofisti. Il messaggio di Socrate è che bisogna impegnarsi nella vita a cercare la "verità" delle cose, anche se questo è un compito infinito e che necessita di continue correzioni. Per Protagora invece quello che conta è avere ragione e dimostrarlo con l'abilità e la tecnica un pò come insegna Shopenhauer in "l'arte di ottenere ragione".
Se trasportiamo questa discussione al mondo d'oggi, emergono ancora immutabili queste due diverse arti di ragionare, di chi cerca umilmente la verità, sapendo di poterne trovare solo dei frammenti che necessitano di continue manutenzioni, e di chi vuole trionfare con i suoi argomenti neppure sugli argomenti contrari, ma direttamente sulle persone, poichè il pensiero sofista è un pensiero di dominio retorico del mondo.
I primi sono in grado di apprendere dai ragionamenti e dalle parole dell'avversario e apprenderanno così la tolleranza, la capacità di stare in un mondo potenzialmente egualitario, i secondi invece fonderanno il loro discorso sulla volontà di sopraffazione, gestita con qualsiasi mezzo, purché efficace. Il logos come technè. In questa stessa discussione è possibile leggere facilmente i fautori di queste due distinte posizioni.

Quindi l'emergere di nuove leadership autoritarie, potrebbero essere il risultato di un nuovo/antico modo di pensare che si sta affermando, che è in sostanza sofistico e non più socratico. Penso che il pensiero sofistico sia sempre stato presente nella storia dell'uomo così come quello socratico ma oggi la bilancia pesa sempre di più da un piatto. I socratici sono sempre meno, mi viene da dire che assomigliano troppo ai buonisti e non possono essere presi sul serio. Propongono la visione della vita come un problema complesso che va  affrontato con serietà e distinguendo tutti i punti che la organizza. I sofisti al contrario tagliano il nodo di Gordio attraverso la retorica, la strategia comunicativa, il trucco, il fotomontaggio, la riunione di dichiarazioni e commenti secondo modalità di comodo, fino all'insulto e l'inneggiare alla violenza.
Un ulteriore pensiero però è necessario. Se siamo giunti a questi livelli è anche perché i "buonisti" ovvero i "socratici" di oggi non si sognerebbero mai di bere la cicuta e quindi il loro essere pluralisti è solo un proclama di facciata. Solo nel momento del bisogno, come sa bene Lord Jim di Conrad, si scopre il proprio essere morale e quanto valgono le nostre convinzioni.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

paul11

l apolitica è la sublimazione della violenza sociale.
Non sono mai state risolte le servitù aristoteliche: il figlio lo è verso il padre, il vinto lo è verso il vincitore, lo schiavo lo è verso il padrone.  La politica che racchiude in sè diverse discipline è la forma pacificata del conflitto, ma sapendo che non può vincere la struttura del conflitto, semplicemente è il negoziato fin quando è meglio per tutti, ma fin quando qualcuno si alza dal tavolo dichiara la rottura negoziale e apre il conflitto: sociale, di guerre, di interessi economici, di coalizioni politiche e quindi di partito
La democrazia è una forma della politica,ma non è detto che sia la migliore in assoluto e in qualunque tempo.
Non esite una politica, o meglio un esercizio della politica giusta o  sbagliata per tutti, per cui chi esercita il governo sa che il compromesso è per il suo potere e i voti che riceve in cambio.

Le dittature nate circa un secolo fa, la teoria delle èlite, la leadership, nascono dopo crisi economiche, crisi delle "sinistre" di allora: guarda caso la situazione attuale.
Ma attenzione, c'è stata una rivoluzione comunista e il partito fascista e nazionalsocialista sono schegge della sinistra sociale. Mussolini fu  direttore dell'Avanti! e quindi del partito socialista.

Bisogna quindi capire le condizioni economiche, sociali e politiche attuali ,dove c'è netta una crisi mondiale delle sinistre, per mancanza di progetto alternativo all'asservimento alla globalizzazione. la sua crisi è culturale prima ancora che strettamente politica intesa come strategia e tattica del consenso democratico nel pluralismo.
L'altro problema è che non c'è probabilmente nemmeno una vera "destra",se non contraddittoria a sua volta.

Ma è la fotografia sociale ed economica attuale che deve essere analizzata, la sinistra è storicamente internazionalista ,la destra è nazionalista. Oggi i popoli appartenenti ai vari Stati si sentono sulla difensiva,Sentono erose le loro capacità economiche, non vedono prospettive e gli arrivano addosso tutte le contraddizioni della globalizzazione.Quando il popolo "rincula" in difesa tende ad andare verso destra.Ma questa non può essere  imputabile come colpa, è la situazione mondiale, culturale, economica attuale

doxa

Paul ha scritto:
CitazioneLa democrazia è una forma della politica,ma non è detto che sia la migliore in assoluto e in qualunque tempo.
Non esite una politica, o meglio un esercizio della politica giusta o  sbagliata per tutti, per cui chi esercita il governo sa che il compromesso è per il suo potere e i voti che riceve in cambio.

Lo storico Emilio Gentile nel suo recente libro titolato: "In democrazia il popolo è sempre sovrano (Falso !)", edit. Laterza, parla della crisi della democrazia e del popolo sovrano, in un momento in cui le democrazie attuali mostrano di soffrire di un grave malessere che sta mutando la democrazia rappresentativa in democrazia recitativa, dove al popolo sovrano  è assegnata solo la parte di comparsa nel momento delle elezioni.

Le interminabili lotte che l'umanità ha ingaggiato pro e contro di essa, pro o contro le ipocrisie che accompagnano la proclamazione dei suoi valori e principi, ormai condivisi.

Secondo Gentile, sovranità popolare e democrazia sembrano (e dovrebbero essere) sinonimi, ma di fatto sono in eterna tensione tra loro, fino al punto da farci sospettare che in democrazia  -nonostante le proclamazioni di principio cui è impossibile sottrarsi-  il popolo non è mai detto sovrano. Al popolo sovrano si appellano anche i peggiori dittatori o demagoghi, quando in una nazione c'è delusione, disaffezione, sfiducia del popolo sovrano nei confronti dei governanti, delle istituzioni democratiche, dei partiti.

I caratteri fondamentali dei regimi democratici sono le elezioni, il regime  rappresentativo, la lotta fra i partiti e la possibilità del cambiamento pacifico del governo.

Thomas Jefferson, uno dei padri fondatori" degli Stati Uniti d'America, nel contempo realista e radicale, scrisse che "una rivoluzione ogni venti anni avrebbe giovato alla salute della repubblica, mantenendo vivo e vigoroso nel popolo lo spirito della libertà, perché l'apatia del popolo  sarebbe stata la morte della repubblica". Al tempo stesso egli consigliava al popolo la cautela: "Certamente, prudenza vorrà che i governi di antica data non siano cambiati per ragioni futili e peregrine; e in conseguenza l'esperienza di sempre ha dimostrato che gli uomini sono disposti a sopportare gli effetti d'un malgoverno finché siano sopportabili, piuttosto che farsi giustizia abolendo le forme cui sono abituati. Ma quando una lunga serie di abusi e di malversazioni, volti invariabilmente a perseguire lo stesso obiettivo, rivela il disegno di ridurre gli uomini all'assolutismo, allora è loro diritto, è loro dovere rovesciare un siffatto governo e provvedere nuove garanzie alla loro sicurezza per l'avvenire". 

InVerno

Citazione di: altamarea il 26 Febbraio 2017, 17:42:36 PM
Paul ha scritto:
CitazioneLa democrazia è una forma della politica,ma non è detto che sia la migliore in assoluto e in qualunque tempo.
Non esite una politica, o meglio un esercizio della politica giusta o  sbagliata per tutti, per cui chi esercita il governo sa che il compromesso è per il suo potere e i voti che riceve in cambio.

Lo storico Emilio Gentile nel suo recente libro titolato: "In democrazia il popolo è sempre sovrano (Falso !)", edit. Laterza, parla della crisi della democrazia e del popolo sovrano, in un momento in cui le democrazie attuali mostrano di soffrire di un grave malessere che sta mutando la democrazia rappresentativa in democrazia recitativa, dove al popolo sovrano  è assegnata solo la parte di comparsa nel momento delle elezioni.

Le interminabili lotte che l'umanità ha ingaggiato pro e contro di essa, pro o contro le ipocrisie che accompagnano la proclamazione dei suoi valori e principi, ormai condivisi.

Secondo Gentile, sovranità popolare e democrazia sembrano (e dovrebbero essere) sinonimi, ma di fatto sono in eterna tensione tra loro, fino al punto da farci sospettare che in democrazia  -nonostante le proclamazioni di principio cui è impossibile sottrarsi-  il popolo non è mai detto sovrano. Al popolo sovrano si appellano anche i peggiori dittatori o demagoghi, quando in una nazione c'è delusione, disaffezione, sfiducia del popolo sovrano nei confronti dei governanti, delle istituzioni democratiche, dei partiti.

I caratteri fondamentali dei regimi democratici sono le elezioni, il regime  rappresentativo, la lotta fra i partiti e la possibilità del cambiamento pacifico del governo.

Thomas Jefferson, uno dei padri fondatori" degli Stati Uniti d'America, nel contempo realista e radicale, scrisse che "una rivoluzione ogni venti anni avrebbe giovato alla salute della repubblica, mantenendo vivo e vigoroso nel popolo lo spirito della libertà, perché l'apatia del popolo  sarebbe stata la morte della repubblica". Al tempo stesso egli consigliava al popolo la cautela: "Certamente, prudenza vorrà che i governi di antica data non siano cambiati per ragioni futili e peregrine; e in conseguenza l'esperienza di sempre ha dimostrato che gli uomini sono disposti a sopportare gli effetti d'un malgoverno finché siano sopportabili, piuttosto che farsi giustizia abolendo le forme cui sono abituati. Ma quando una lunga serie di abusi e di malversazioni, volti invariabilmente a perseguire lo stesso obiettivo, rivela il disegno di ridurre gli uomini all'assolutismo, allora è loro diritto, è loro dovere rovesciare un siffatto governo e provvedere nuove garanzie alla loro sicurezza per l'avvenire".
Democrazia e sovranità popolare non sono sinonimi, tralaltro vi sono parecchie declinazioni della democrazia, terminologie atte a descrivere invece che parlare di "strane tensioni", l'ocloclazia descritta da Polibio per esempio, ma altre ancora.
Non è Jefferson, è la dichiarazione d'indipendenza Americana di cui Jefferson è un firmatario. Non è per essere puntigliosi o saputelli, è che contestualizzando si capisce meglio, è l'atto fondativo di uno stato nascente che si affrancava dalle catene coloniali. Un passo tralaltro drammaticamente bello e poetico ma che tradotto in italiano rende davvero poco (o è tradotto male), peccato. Jefferson in effetti è esattamente il tipo di personaggio di cui parla cvc , che citando Fromm "un rivoluzionario di successo è un uomo di stato, uno di insuccesso un criminale". Jefferson volle continuare a cavalvare questa sottile linea fino alla fine non perorando la causa antischiavista.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

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