Pluralismo contro leadership

Aperto da cvc, 23 Febbraio 2017, 13:27:51 PM

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cvc

Citazione di: Jacopus il 26 Febbraio 2017, 01:45:25 AM
La democrazia è faticosa. Si tratta di un dialogo continuo per riconoscere le ragioni dell'altro e giungere ad un compromesso, ad un cedere qualcosa in cambio di qualcos'altro, nella certezza che i valori assoluti sono pochi e spesso contestati. La democrazia è ancora più faticosa oggi rispetto al secolo scorso. Nel XX secolo vi erano i grandi racconti contro il nazifascismo e il comunismo a rendere la democrazia un pilastro incontestabile. Oggi è piuttosto un simulacro, eroso al suo interno fino a rivelare nuovamente il suo stato di "comitato d'affari della borghesia", definizione marxista del potere politico. Quasi ci si dovrebbe augurare l'avvento davvero minaccioso di una forma di potere alternativa, in modo tale che il rapporto di concorrenza rivitalizzi i processi democratici.
Mi ha però molto suggestionato la prima domanda della discussione: "quali sono le ragioni di chi ha torto?". CVC (e non pvc, cara "Farenotte") ha intrapreso un percorso sociologico: anche chi ha torto ha un pò di ragione-tanti galli nel pollaio-potere forte. Federico Fellini ha rappresentato tutto ciò nel bellissimo film "prova d'orchestra".
Io vorrei fare un discorso diverso ma forse collegato. Leggendo quella frase: "quali sono le ragioni di chi ha torto", mi è venuto in mente il Protagora di Platone, dove viene messa in scena la distinzione fra il pensiero filosofico socratico e quello dei sofisti. Il messaggio di Socrate è che bisogna impegnarsi nella vita a cercare la "verità" delle cose, anche se questo è un compito infinito e che necessita di continue correzioni. Per Protagora invece quello che conta è avere ragione e dimostrarlo con l'abilità e la tecnica un pò come insegna Shopenhauer in "l'arte di ottenere ragione".
Se trasportiamo questa discussione al mondo d'oggi, emergono ancora immutabili queste due diverse arti di ragionare, di chi cerca umilmente la verità, sapendo di poterne trovare solo dei frammenti che necessitano di continue manutenzioni, e di chi vuole trionfare con i suoi argomenti neppure sugli argomenti contrari, ma direttamente sulle persone, poichè il pensiero sofista è un pensiero di dominio retorico del mondo.
I primi sono in grado di apprendere dai ragionamenti e dalle parole dell'avversario e apprenderanno così la tolleranza, la capacità di stare in un mondo potenzialmente egualitario, i secondi invece fonderanno il loro discorso sulla volontà di sopraffazione, gestita con qualsiasi mezzo, purché efficace. Il logos come technè. In questa stessa discussione è possibile leggere facilmente i fautori di queste due distinte posizioni.

Quindi l'emergere di nuove leadership autoritarie, potrebbero essere il risultato di un nuovo/antico modo di pensare che si sta affermando, che è in sostanza sofistico e non più socratico. Penso che il pensiero sofistico sia sempre stato presente nella storia dell'uomo così come quello socratico ma oggi la bilancia pesa sempre di più da un piatto. I socratici sono sempre meno, mi viene da dire che assomigliano troppo ai buonisti e non possono essere presi sul serio. Propongono la visione della vita come un problema complesso che va  affrontato con serietà e distinguendo tutti i punti che la organizza. I sofisti al contrario tagliano il nodo di Gordio attraverso la retorica, la strategia comunicativa, il trucco, il fotomontaggio, la riunione di dichiarazioni e commenti secondo modalità di comodo, fino all'insulto e l'inneggiare alla violenza.
Un ulteriore pensiero però è necessario. Se siamo giunti a questi livelli è anche perché i "buonisti" ovvero i "socratici" di oggi non si sognerebbero mai di bere la cicuta e quindi il loro essere pluralisti è solo un proclama di facciata. Solo nel momento del bisogno, come sa bene Lord Jim di Conrad, si scopre il proprio essere morale e quanto valgono le nostre convinzioni.
Ciao Jacopus. Per Protagora quello che conta è aver ragione, perchè pensa che la realtà sia irraggiungibile. Socrate invece, al di là del suo non sapere, indica una superiorità della realtà dell'anima su quella materiale. Però Socrate è da una parte un martire della libertà di parola, dall'altra anche un esempio di rispetto delle regole. Preferisce morire secondo le leggi della città che fuggire per avere salva la vita. La libertà di parola però è diventata anche qualcosa di cui si è abusato, il diritto di poter esprimere le proprie opinioni è diventato diritto di poter dire ciò che si vuole. C'è una sottile ma fondamentale differenza fra il diritto di dire quello che si vuole e l'abuso di dire ciò che si vuole. La differenza sta nella buona fede. Ci deve essere il diritto di parola quando si crede in ciò che si dice sinceramente, c'è invece abuso del diritto di parola quando manca la sincerità, l'onestà, la virtù, quell'inclinazione morale che indicava appunto Socrate.
Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.

Jacopus

Ciao cvc. Concordo. In un altro intervento avevo usato una specie di ossimoro. Per far funzionare la democrazia servirebbe uno spirito aristocratico che animi tutti. L'aristocrazia non fu solo una classe di decadenti soverchiatori. Il suo spirito piu' nobile era volto alla difesa dei deboli e alla elevazione morale dell'uomo. Il vero aristocratico doveva essere un modello, un esempio al servizio della comunita'. Il nuovo ruolo di consumatore ha consunto quello del nobile e tutti siamo diventati parte di una massa.
Si tende talvolta (spesso) a distinguerci dalla massa unendo ignoranza e irresponsabilita', proclamando slogan senza pensare che l'argomento andrebbe minimamente studiato o esperito prima di parlarne. Il diritto di opinione serio e consapevole effettivamente dovrebbe passare da un sistema scolastico e piu' genericamente educativo ben strutturato e da un senso civico reale e non farsesco in Salvini-style. Ma questo costa impegno oppure l'umilta  di dire: ok non conosco l'argomento, meglio tacere. La conseguenza di questa opzione virtuosa sarebbe pero' la fine di questa societa' "babelica" che non conduce in nessun luogo e che cova un sentimento di violenza smisurato, pronto ad esplodere. E questa societa' babelica vuole sopravvivere, costi quel che costi, perche' in ballo c'e' il governo del mondo e la gestione globale dei benestanti contro gli oppressi.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

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