Pianeta Terra e la complessità

Aperto da doxa, 18 Aprile 2022, 08:31:08 AM

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doxa

Paolo Vineis e Luca Savarino hanno elaborato e pubblicato il testo titolato "La salute del mondo. Ambiente, società, pandemie", edito da Feltrinelli.

Il suddetto libro è stato recensito sul quotidiano "Il Sole 24 Ore" del 17 aprile scorso dal prof. Mauro Ceruti, filosofo teorico del pensiero complesso.

Nel suo articolo il prof. Ceruti evidenzia  che basta un minuscolo virus, come il "Corona virus 19"  per farci comprendere che viviamo in un mondo complesso: tutto è interdipendente, e insieme causa ed effetto. L'intreccio di tante concause conduce all'imprevedibile.

La complessità è formata da eventi contingenti e singolari, di grande impatto, la cui imprevedibilità è dovuta non semplicemente a un'imperfezione provvisoria ma alla natura dei problemi in questione.

I sistemi complessi sono estremamente sensibili alle perturbazioni che incontrano nelle varie fasi del loro sviluppo, e reagiscono in maniera non correlata alla loro intensità: un evento microscopico  e locale può innescare rapidi processi di amplificazione, fino a produrre effetti macroscopici e globali e fino a trasformare radicalmente il comportamento di tutto il sistema. Così i sistemi complessi possono cambiare in modi improvvisi, imprevedibili.

La pandemia ci costringe a cambiare il nostro sguardo sul mondo, di essere capaci di guardare la complessità del mondo, di evitare tutte le forme di semplificazione che pretenderebbero di determinare la causa unica di un evento.

La pandemia ha reso evidente quanto siano fra loro intrecciati i fili della globalizzazione biologica, antropologica, economica, politica, e come la responsabilità umana si sia estesa verso la natura e verso nuovi ambiti: le specie viventi, gli ecosistemi, il pianeta Terra nella sua interezza, la possibilità stessa della sopravvivenza della nostra specie.

L'inedito contesto rende obsoleto il tradizionale approccio  antropocentrico alla salute, che privilegia in modo  esclusivo il benessere degli umani a scapito di tutte le altre forme di vita sul pianeta.

La pandemia e la crisi ambientale hanno per la prima volta posto il problema dell'immunità come fenomeno urgente e globale, comune all'intera umanità, che chiede di essere affrontato non solo da un punto di vista individuale e biologico, ma anche sociale e comunitario.

I problemi dell'umanità non conoscono i confini delle singole nazioni: la cura della salute, la stabilizzazione del clima, il mantenimento della biodiversità animale e vegetale, , la transizione alle energie rinnovabili, la lotta contro la povertà, il rispetto e la valorizzazione della dignità umana.

La complessità, cioè la molteplicità di dimensioni intrecciate di questi problemi chiede di non frazionare, di non separare, ma di stabilire legami fra saperi, fra culture. Si continuano infatti a disgiungere conoscenze  che dovrebbero essere interconnesse. Così le soluzioni cercate e proposte sono il più delle volte, esse stesse, parte e causa del problema.

I modi di pensare che sono utilizzati per trovare soluzioni ai problemi più gravi nella nostra epoca globale, come la pandemia ha mostrato, costituiscono essi stessi uno dei problemi più gravi da affrontare. Ciò motiva l'impotenza degli esperti, l'inadeguatezza della politica che si riduce a braccio decisionale fondato su dati scientifici o economici.

Siamo accomunati da uno stesso destino, dagli stessi pericoli, dagli stessi problemi di vita e di morte. E' un destino che accomuna fra loro tutti i popoli della Terra. Nessuno si può salvare da solo.

bobmax

Il frazionamento dei saperi deriva, a mio avviso, dal tipo di approccio razionale che ha finora prevalso nell'uomo.

Vi sono sostanzialmente due modalità diverse di affrontare un problema.
Uno privilegia la sintesi l'altro l'analisi.

La predisposizione alla analisi ha raramente favorito la sopravvivenza dell'individuo. Per cui è rimasta una caratteristica abbastanza rara, a confronto di quanti sono invece portati alla sintesi.

Di fronte ad un attacco da parte di una tigre coi denti a sciabola, il sintetico poteva anche scamparla, magari arrampicandosi velocemente su un albero. Ma l'analitico avrebbe avuto maggior difficoltà a decidere rapidamente, senza perciò riuscire a procreare...

Il mondo complesso richiede ora grandi predisposizioni all'analisi.
Per andare oltre l'analisi funzionale e approfondire invece l'analisi entità - relazioni.

La prima risente dell'approccio sintetico, di chi ha bisogno di aver sotto controllo il "funzionamento".

La seconda invece rinuncia alla chiarezza funzionale, almeno in una prima fase, per chiedersi "quale è" il problema.

L'analisi funzionale non è in grado, di norma, di aver presenti più di 7 entità interagenti.
Superato questo ammontare, il cervello umano perde il controllo di ciò che avviene.

Ma la realtà complessa richiede la compresenza di molte più entità!

Solo un approccio analitico puro, che prescinda dalla funzione, per chiarire invece cosa c'è, ossia gli attori in gioco a prescindere dalle loro effettive azioni, può generare un quadro davvero utile per prendere delle decisioni.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

iano

#2
A volte un approccio deterministico sembra essere suggerito dalla stessa realtà fino al punto da convincerci che si possa parlare di cause ed effetti ''al singolare'' e  che ad una causa dunque corrisponda un effetto. Ma ciò ancora non basta per poter dominare la natura.
Occorre ancora che a piccole cause non corrispondano grandi effetti, ciò che limiterebbe a un tempo infimo una fattiva predittività, riproponendosi subito il caos di una situazione impossibile da governare.
Altre volte siamo invece costretti a semplificare la realtà, trascurando i dettagli, per ricondurci a un quadro  gestibile.
Il fatto che queste forzature possano avere relativo successo ha come controindicazione di farci dimenticare  che per necessità iniziale abbiamo  dovuto accantonare i dettagli , diversamente da come la realtà ci suggeriva di fare.
Ma una volta acquisita una parziale conoscenza funzionale il passo successivo è affrontare la complessità, come il nostro premio Nobel Giorgio Parisi e colleghi hanno fatto con successo.
Che dietro alla complessità e al caos vi siano regole relativamente semplici non ci viene suggerito dalla natura, e noi possiamo solo sperarlo, e questa speranza a quanto pare finora non è stata delusa.

L'avvertenza filosofica che mi sentirei di dare, è che, una semplificazione mal fatta produca essa stessa complessità che non si può poi sperare di poter gestire, e quando la situazione si mostra alla lunga tale, bisogna avere la saggezza di fare un passo indietro per ripartire.
Non è facile trovare le regole che stanno dietro alla complessità e al caos, ma quando le si trova esse appaiono semplici, fino al limite della banalità, e in modo relativamente altrettanto banale, nella loro essenzialità vengono presentate, mondate dalla fatica di trovarle, che invece è di solito immane. Fatta di elucubrazioni che covano per decenni nell'umanità, anche se spesso l'uovo si schiude nel tempo di un sogno che Apollo ci ha mandato, ma in effetti si schiude quando il momento di schiusa è arrivato, al culmine di un tempo ben più lungo di quello in cui una mela cade.
Dovremmo sempre avere la coscienza di quanto il contributo di ognuno di noi sia essenziale, anche quando nel raccontare la storia del successo finale, per semplificare il racconto, il nostro nome non apparirà.
Il successo è singolare, ma le cause così molteplici da rendere impossibile il potervi risalire.

Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

viator

Salve bobmax. Citandoti : " Di fronte ad un attacco da parte di una tigre coi denti a sciabola, il sintetico poteva anche scamparla, magari arrampicandosi velocemente su un albero. Ma l'analitico avrebbe avuto maggior difficoltà a decidere rapidamente, senza perciò riuscire a procreare...".

Ai tempi delle tigri dai denti a sciabola gli analitici non esistevano. L'analisi venne inventata mooooolto dopo, cioè quando l'unica tipologia di umano esistente (L'ISTINTUALE) riuscì ad organizzarsi in modo tale da allontanare da sè l'urgenza dei bisogni ed i pericoli naturali.

Allora ci si accorse che avanzava quel minimo di tempo libero che permetteva di chiedersi certi perchè, dedicandosi alla loro analisi.

La sintesi non ci fu invece bisogno di inventarla. Era infatti già da sempre presente poichè essa sintesi (processo e presenza che pervade interamente la natura) altro appunto non è che IL DISTILLATO UMANO DELL'ISTINTO. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

bobmax

Non te la compro Viator, neppure gratis... :)

Il tuo discorso ricorda il refrain di Umberto Galimberti. Sull'isola della razionalità circondata dall'istinto...

Non è affatto così.
L'istinto è il risultato del lavoro della razionalità, che data la situazione analizza le azioni migliori da intraprendere.
Una volta completato il lavoro, la scelta da compiere diventa istintiva, non più analizzata.

Quindi l'analisi è imprescindibile, magari un nostro istinto deriva solitamente dalle analisi di nostri antenati, ma sempre di analisi si tratta.

Solo che, si è trattato quasi sempre di una analisi funzionale. Rudimentale, ma sufficiente per la sopravvivenza della nostra specie.

Le condizioni erano tali da rendere difficile la vita a chi dall'analisi pretendeva di più.
Ma ora questa analisi che vada oltre la funzionalità, per indagare le entità, è diventata indispensabile.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

viator

Salve bobmax. Citandoti : " L'istinto è il risultato del lavoro della razionalità ".

Per fortuna ho incontrato te, che mi fai capire che l'uovo è anch'esso il risultato della razionalità dell'orifizio escretorio della gallina. Ma come faceva a funzionare il mondo prima del tuo arrivo ?. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

bobmax

Sono lieto Viator che tu sia fortunato.
Lo sono anch'io, di solito.
Ma non qui.

Buona continuazione con la tua gallina.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

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