Perché si ripete sempre che il socialismo/comunismo ha fallito?

Aperto da Socrate78, 29 Ottobre 2018, 18:14:35 PM

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sgiombo

Citazione di: paul11 il 02 Novembre 2018, 18:48:34 PM
ciao Sgiombo,
sono pro Gramsci e non togliattiano e se questo vuol dire essere anticomunista?
Citazione
No di certo.

Ma di certo lo vuol dire affermare che "Togliatti  (omissis) se n'è fregato della lezione di Gramsci mentre prendeva ordini dall'URSS" e che "Il partito comunista italiano ha avuto quasi sempre dei portaordini, intellettualmente poveri, politicamente inetti".


anthonyi

Citazione di: 0xdeadbeef il 02 Novembre 2018, 14:44:44 PM



Tutela del risparmio e credito alle aziende dovrebbero essere pertinenza di istituti nazionalizzati o

Ciao 0xdeadbeef, io potrei anche essere d'accordo, in realtà l'attività bancaria è un settore nel quale la creatività imprenditoriale non è un vantaggio. Ti pongo però una domanda, il credito alle aziende, cioè quanti soldi prestare a ciascuna azienda, chi lo decide e secondo quali criteri. Come facciamo ad impedire che qualche azienda poco seria allunghi una mazzetta all'amministratore di turno per farsi prestare soldi per i quali non offre garanzie adeguate e che non intende restituire.
Un saluto

anthonyi

Citazione di: Ipazia il 02 Novembre 2018, 08:51:27 AM
Citazione di: anthonyi il 02 Novembre 2018, 07:19:11 AM
.... nessun bene è producibile senza il coordinamento dell'imprenditore, in ogni bene c'è il lavoro di un lavoratore ma, senza il coordinamento imprenditoriale quel bene non esisterebbe. Il capitale è anch'esso il risultato di un coordinamento imprenditoriale, in ogni bene capitale c'è lavoro ma perché il bene sia funzionale all'impresa la sua produzione deve essere coordinata dall'imprenditore.
Il fattore imprenditoriale è la vera fonte del valore economico e dello sviluppo, tant'è vero che oggi con i robot è in grado anche di produrre la capacità lavorativa.
Ti ripeto che non mi fido e non mi interesso di quello che scrive Sraffa, ti faccio presente però il vero punto nodale di differenza tra le rappresentazioni neoclassiche (Cioè marginaliste) e classiche (In economia Marx è considerato un classico). Le rappresentazioni neoclassiche rappresentano un mondo nel quale operano contemporaneamente più tecnologie produttive, mentre quelle classiche sono limitate a rappresentare un mondo con una sola tecnologia produttiva. Da questo derivano, per i modelli classici, i coefficienti tecnici fissi, la difficoltà nel definire gli equilibri di scambio, nel descrivere lo sviluppo (Cioè il processo di mutamento delle tecnologie produttive), la scarsa valorizzazione del ruolo imprenditoriale, perché chiaramente è l'imprenditore che sceglie le tecnologie (E in questo noi vediamo ancora l'elemento ideologico perché si è scelta una forma rappresentativa limitata appositamente per minimizzare il ruolo dell'impresa).
Un saluto.

Certo, come nell'Egitto dei faraoni facevano tutto i sacerdoti e negli stati totalitari i funzionari di regime. Se tu costruisci tutto il diritto intorno alla figura dell'impresa di proprietà privata, è chiaro che dopo tutto il mondo economico giri intorno all'imprenditore e ai proprietari privati. Come ho già scritto sopra, basta sostituire l'imprenditore col manager e l'imprenditore scompare. Del resto mi pare che stia già avvenendo con la spersonalizzazione del padrone, che rende ancora più ineluttabile/incontrastabile il dominio del Capitale sull'uomo. E trasforma il capitalista sempre più in quello che Lenin chiamava "tagliatore di cedole". Con le teste dei lavoratori a seguire.

Perdona, Ipazia, la posizione estremistica. E' stato il mio modo per rispondere all'altro estremismo della teoria del Valore-lavoro. Non è vero che fanno tutto i lavoratori, così come non è vero che fanno tutto gli imprenditori, si collabora per cui al valore partecipano sia l'uno che l'altro.

0xdeadbeef

#108
Citazione di: paul11 il 02 Novembre 2018, 18:48:34 PM
ciao Sgiombo,
sono pro Gramsci e non togliattiano e se questo vuol dire essere anticomunista?

ciao Mauro(Oxdeadbeef),
non se ne esce dal tuo discorso se non si conoscono le tecniche di marketing ,nelle cosiddette aziende di processo.
Forse Steve Jobs è stato un genio dell'ingegneria dei computer, sicuramente lo è stato nella comunicazione pubblicitaria..
Perchè non vende un semplice prodotto, vende un "immagine" che ha colpito il consumatore e che è disposto a pagare di più un qualcosa che ritiene status symbol,Per questo i prodotti industriali sono "metafisica".



Ciao Paul
Nè io né mia moglie conosciamo le proprietà organolettiche di quegli olii. Ma io, a differenza di mia moglie (che
non legge mai questi miei interventi...), ho naso fine e palato.
Voglio dire che tutto il tuo discorso si basa su un presupposto: voi siete tutti scemi e vi fate abbindolare.
Non che il presupposto del tuo discorso sia completamente sbagliato, intendiamoci (avendo "letto" molto sono anch'io
molto presuntuoso, e posso capire...). E' che, come dire, non si deve dire (anche perchè non è poi nemmeno del tutto
esatto).
Ora, io posso anche "giudicare" uno che compra uno smartphone a mille o più euro, ma fin dove "arrivare" con tale
giudizio? Va bene, sarà scemo, senz'altro; ma gli voglio impedire di comprarlo? E con quale diritto?
Ma dove voglio, appunto, "arrivare" con il mio giudizio? Voglio forse costruire la società degli intelligenti
perfetti che usano smartphone da 50 euro magari aspettando un successivo moralista che eliminerà dalla faccia della
terra ogni smartphone e ci farà andare in giro tutti in divisa?
Sul costo del lavoro sì, sono d'accordo che non incide poi "tanto" sui prezzi (infatti da molto tempo gli imprenditori
italiani non dicono nulla su questo aspetto), ma il problema sembra diventato, soprattutto da quando le nostre aziende
sono passate in mani straniere, che anche laddove si può risparmiare un centesimo lo si fa.
Vi sono innumerevoli esempi di aziende che, pur in presenza di bilanci in attivo, hanno deciso di spostare la
produzione dove il lavoro costa meno (dopo, devo dire, diversi anni in cui questo succedeva molto raramente).
Dunque, voglio dire, aveva ragione Marx quando parlava di costi fissi (e in fondo anche il costo del denaro rientra fra
questi, non credi?) che tendono, nel tempo, a livellarsi lasciando il profitto al solo "plusvalore"? Beh, non so,
sicuramente, dicevo, quando viene a mancare la "nicchia di mercato" (il valore aggiunto) nell'arena globale la
competizione diventa davvero "all'ultima goccia di sangue"...del lavoratore.
saluti

Ipazia

Citazione di: baylham il 02 Novembre 2018, 18:09:48 PM

Ipazia stai difendendo una teoria del valore-lavoro che logicamente e matematicamente non sta in piedi, ti consiglio di approfondire il problema irresolubile della trasformazione del valore-lavoro in prezzi della teoria marxiana.
Oltretutto nella tua difesa introduci elementi che sono in chiara contraddizione con la teoria del valore lavoro: il "lavoro passato fatto di conoscenze e materiali esclusivi" spiega la rendita, che non ha origine e spiegazione dalla quantità di lavoro ed è una categoria reddituale ben diversa dal salario e dal profitto.

I prezzi sono decisi dal mercato, che oggi è ancora più pilotato che ai tempi di Marx. Per cui è evidente che non c'è corrispondenza biunivoca tra valore (economico) e prezzo (politico).
Però quello che a me preme affermare è la natura ontologica del valore economico che contiene solo due elementi: natura e lavoro. Tutto il resto, compresa l'impresa capitalistica e l'imprenditore è sovrastruttura. Modificabile a piacimento. Mentre non è modificabile la componente strutturale natura-lavoro. L'automazione non modifica questo dato strutturale essendo comunque necessario un "umano" produttore, manutentore e programmatore delle macchine. Lo modificherà soltanto quando le macchine garantiranno un ciclo di lavoro completo, dalla produzione alla distribuzione, senza intervento dell'uomo. La vedo lunga.

Il lavoro passato fatto di conoscenze e materiali esclusivi non è rendita, ma capitale fisso incorporato nel know-how e nella selezione delle materie prime di un'azienda o di un'area produttiva. Chi ha una miniera di diamanti nel suo territorio e la sfrutta non vive di rendita, ma di attività estrattiva di carattere esclusivo. Chi ha un know-how particolare non vive di rendita, ma sfrutta la sua conoscenza esclusiva nella sua attività produttiva. Così è per chi produce il parmigiano nelle aree che producono quel tipo di latte.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

paul11

Citazione di: sgiombo il 02 Novembre 2018, 18:52:32 PM
Citazione di: paul11 il 02 Novembre 2018, 18:48:34 PM
ciao Sgiombo,
sono pro Gramsci e non togliattiano e se questo vuol dire essere anticomunista?
Citazione
No di certo.

Ma di certo lo vuol dire affermare che "Togliatti  (omissis) se n'è fregato della lezione di Gramsci mentre prendeva ordini dall'URSS" e che "Il partito comunista italiano ha avuto quasi sempre dei portaordini, intellettualmente poveri, politicamente inetti".

Si vede che a te è confacente il "togliattismo": a me no.

paul11

#111
Citazione di: 0xdeadbeef il 02 Novembre 2018, 20:18:20 PM
Citazione di: paul11 il 02 Novembre 2018, 18:48:34 PM
ciao Sgiombo,
sono pro Gramsci e non togliattiano e se questo vuol dire essere anticomunista?

ciao Mauro(Oxdeadbeef),
non se ne esce dal tuo discorso se non si conoscono le tecniche di marketing ,nelle cosiddette aziende di processo.
Forse Steve Jobs è stato un genio dell'ingegneria dei computer, sicuramente lo è stato nella comunicazione pubblicitaria..
Perchè non vende un semplice prodotto, vende un "immagine" che ha colpito il consumatore e che è disposto a pagare di più un qualcosa che ritiene status symbol,Per questo i prodotti industriali sono "metafisica".



Ciao Paul
Nè io né mia moglie conosciamo le proprietà organolettiche di quegli olii. Ma io, a differenza di mia moglie (che
non legge mai questi miei interventi...), ho naso fine e palato.
Voglio dire che tutto il tuo discorso si basa su un presupposto: voi siete tutti scemi e vi fate abbindolare.
Non che il presupposto del tuo discorso sia completamente sbagliato, intendiamoci (avendo "letto" molto sono anch'io
molto presuntuoso, e posso capire...). E' che, come dire, non si deve dire (anche perchè non è poi nemmeno del tutto
esatto).
Ora, io posso anche "giudicare" uno che compra uno smartphone a mille o più euro, ma fin dove "arrivare" con tale
giudizio? Va bene, sarà scemo, senz'altro; ma gli voglio impedire di comprarlo? E con quale diritto?
Ma dove voglio, appunto, "arrivare" con il mio giudizio? Voglio forse costruire la società degli intelligenti
perfetti che usano smartphone da 50 euro magari aspettando un successivo moralista che eliminerà dalla faccia della
terra ogni smartphone e ci farà andare in giro tutti in divisa?
Sul costo del lavoro sì, sono d'accordo che non incide poi "tanto" sui prezzi (infatti da molto tempo gli imprenditori
italiani non dicono nulla su questo aspetto), ma il problema sembra diventato, soprattutto da quando le nostre aziende
sono passate in mani straniere, che anche laddove si può risparmiare un centesimo lo si fa.
Vi sono innumerevoli esempi di aziende che, pur in presenza di bilanci in attivo, hanno deciso di spostare la
produzione dove il lavoro costa meno (dopo, devo dire, diversi anni in cui questo succedeva molto raramente).
Dunque, voglio dire, aveva ragione Marx quando parlava di costi fissi (e in fondo anche il costo del denaro rientra fra
questi, non credi?) che tendono, nel tempo, a livellarsi lasciando il profitto al solo "plusvalore"? Beh, non so,
sicuramente, dicevo, quando viene a mancare la "nicchia di mercato" (il valore aggiunto) nell'arena globale la
competizione diventa davvero "all'ultima goccia di sangue"...del lavoratore.
saluti
ciao Mauro(Oxdeadbeef),
non avevo intenzione di estremizzare il concetto, ho solo fatto seguito al tuo esempio.Nessuno è scemo, intendevo solo dire che ciascuno di noi pensa ad un rapporto qualità/prezzo e fa delle scelte.Queste scelte quanto siano razionali o meno è studiato e testato come "qualità percepita" che non è detto che corrisponda a  quella "vera".Io non mi tiro fuori, sicuramente sono abbindolato anch'io per quanto possa essere cosciente che "mi stanno tirando forse un trabocchetto".Nessuno ha un laboratorio chimico da portare al supermercato  per poter comprovare la qualità  organolettica di un alimento.Ci fidiamo e questo affidarsi è soggettivo, ma manipolabile.I cosiddetti marchi di qualità dovrebbero aiutarci.
Spesso fanno testare dei prodotti a campioni di consumatori, nascondendo la marca e il consumatore dà voti senza sapere appunto la corrispondenza: spesso loro stessi sono stupiti dai risultati.
Diciamo che comunque i consumatori pretendono più trasparenza sulle informazioni ed etichettature, come la tracciabilità della filiera. Ma rischiano dall'altra di cadere in mode e i produttori lo hanno capito e assecondano fregando in altre maniere.
Se uno smartphone di ultima generazione ha un prezzo troppo alto per le prestazioni che offre e nonostante  tutto vende, la concorrenza si adegua mantenendo il prezzo più alto del necessario.
Se tutti viaggiano su auto suv che sprecano energia perchè il rapporto potenza/prestazione è inefficiente, lo paga anche chi non ha il suv  come maggiore domanda e innalzamento del prezzo delle fonti energetiche e come inquinamento.Non vale il discorso"ognuno scelga quello che vuole", perchè socialmente pagano o hanno vantaggi tutti. Tutto torna circolarmente.
E' come per l'evasore fiscale, qualcun altro in quota  parte deve comunque pagare di più.
E questo è una differenza fra mercatismo e socialismo.

In un precedente post avevo scritto che c'è differenza a semplice titolo di esempio se si produce pane o automobili.
Ci sono i cosiddetti settori a tecnologia matura e sono a basso valore aggiunto: quì il costo del lavoro può ancora contare, perchè conta poco l'innovazione tecnologica e diventa un fattore competitivo l'alta standardizzazione dei processi e la saturazione impiantistica.
i settori a più alto valore aggiunto sono coloro che sono più rischio e con relativi alti profitti.
Perchè il capitalista investitore,quando decide su cosa investire, guarda gli andamenti dei bilanci,  il diagramma di una determinata azione. Quì i settori chiave sono la ricerca e sviluppo e il marketing, sono quelle aziende di processo altamente innovative dove se si sbaglia una linea di prodotto sul mercato vuol dire buttare milioni in investimenti sbagliati.
Ed è altrettanto chiaro che sono questi i settori più competitivi.

Sono più preoccupato del fatto che il tessuto produttivo sia in mano a stranieri che del disavanzo pubblico.

il capitale è un costo fisso. Nella matematica finanziaria se si deve calcolare la quota annua di ammortamento bisogna dare un numero al simbolo dell'interesse ed è l'interesse passivo bancario.I cespiti patrimoniale vengono quindi stimati con quote di ammortamento o si dice anche di reintegrazione del capitale iniziale con in più gli interessi maturati.
L'interesse passivo bancario è dinamico e fondamentale in economia, è il parametro, come dicevo in precedente post, è il tasso di sconto bancario che in Europa decide Draghi; quindi nella matematica finanziaria il costo del capitale è dato dall'interesse che richiede la banca sul prestito ad un imprenditore.

Per chiarire, a mio parere c'è stata un pò di confusione,diciamo così.
Le remunerazioni che sono fondamentali nelle scienze economiche, vanno agli umani,
Che si chiamino salari, stipendi, tornaconto, come dice l'economia classica poco conta, il concetto è la formazione del valore economico ed è sempre una speculazione umana.
Il valore/lavoro di Marx indicava come il prezzo finale di un prodotto incorporasse un sovrappiù rispetto al valore lavoro dell'operaio,impiegato, rispetto all'imprenditore/capitalista.
E' altrettanto chiaro che nell'economia si sono poi raffinati molti altri concetti, come ad es. dicevo il saggio di profitto,l'intervento ad esempio dello Stato  con le imposte sulla redistribuzione del reddito che dovrebbe riequilibrare la divisone che è avvenuta nella fase della produzione del valore.
L'economia, insomma è una dinamica di diversi fattori
.

sgiombo

Citazione di: paul11 il 02 Novembre 2018, 23:21:24 PM
Citazione di: sgiombo il 02 Novembre 2018, 18:52:32 PM
Citazione di: paul11 il 02 Novembre 2018, 18:48:34 PM
ciao Sgiombo,
sono pro Gramsci e non togliattiano e se questo vuol dire essere anticomunista?
Citazione
No di certo.

Ma di certo lo vuol dire affermare che "Togliatti  (omissis) se n'è fregato della lezione di Gramsci mentre prendeva ordini dall'URSS" e che "Il partito comunista italiano ha avuto quasi sempre dei portaordini, intellettualmente poveri, politicamente inetti".

Si vede che a te è confacente il "togliattismo": a me no.
Citazione
Il "togliattismo" inteso come la linea del PCI (per lo meno dagli anni '70 in poi) no.

Palmiro Togliatti molto limitatamente.

Ne ho un' opinione complessa: per certi versi geniale, per altri aspetti "dannoso alla causa".

donquixote

Ho letto un po' velocemente i vari messaggi e a parte forse un accenno di Oxdeadbeef mi sembra che nessuno abbia evidenziato il punto centrale della questione, che è filosofico e non certo economico, mentre si discute esclusivamente di modi di produzione trascurando totalmente ciò che vi è alla base.  La semplice, essenziale e banale ragione per cui il comunismo ha fallito sta a mio avviso nel suo tentativo di imporsi come mera utopia completamente sganciata da qualsiasi senso della realtà, a dispetto della pretesa "scientificità" marxiana che appunto dalla realtà così com'è non dovrebbe prescindere. Soprattutto dalla realtà dell' "essere umano" che se già Kant, Voltaire e compagnia illuministica, sulla scorta del precedente "umanesimo", avevano già sopravvalutato con Marx si è giunti ad una idealizzazione totalmente al di fuori di ogni sia pur superficiale osservazione che chiunque era in grado di compiere.
Altrove avevo tracciato dei parallelismi fra il pensiero liberalcapitalista e quello comunista (con particolare riferimento ovviamente a quello espresso da Marx ed Engels che pare ancora essere, filosoficamente, imprescindibile); l'ovvia conclusione è che il comunismo ha perso, ma il pensiero di Marx ha vinto, sia pur sotto mentite spoglie. Li ripropongo qui.
Quella di Marx è "filosofia della prassi": nell'undicesima tesi su Feuerbach, che è stata riportata anche sulla sua lapide, afferma che più che interpretare il mondo bisogna trasformarlo. Il liberalcapitalismo esalta proprio l'azione, la trasformazione e l'innovazione costante, lo spirito d'impresa, il lavoro, la "cultura del fare", il progresso, lo sviluppo, la crescita, quindi condivide questa impostazione.
Marx auspicava l'abolizione delle classi: il liberalcapitalismo la sta realizzando trasformando progressivamente l'umanità in un'unica classe di sfruttati a fronte di un numero sempre più esiguo di sfruttatori, che essendo fra l'altro in competizione fra loro non potranno certo sviluppare una "coscienza di classe".
Marx auspicava l'abolizione dello Stato in quanto garante degli interessi delle classi più abbienti: il liberalcapitalismo la sta realizzando dato che gli stati nazionali sono sempre meno autorevoli e quella che il marxismo chiamava "internazionalizzazione" adesso si chiama "globalizzazione", ove uomini ma soprattutto merci e capitali godono della più completa libertà di movimento (ognuno ha la possibilità di andare ovunque per realizzare il proprio "american dream" se in patria non ha l'opportunità di farlo).
È vero che Marx criticava l'individualismo, cardine dell'ideologia liberale, ma non si comprende come questa critica si possa coniugare con l'auspicata e programmata abolizione dello stato; senza stato e senza "ideologie" (dato che Marx criticava anche quelle) ogni individuo fa per sé, e dunque non vi può essere valore superiore al proprio ego e alla sua soddisfazione, a maggior ragione nel mondo della "praxis".
Marx auspicava l'abolizione delle religioni (che nei paesi ispirati dal suo pensiero erano proibite per legge). Il liberalcapitalismo l'ha realizzata svuotandole completamente di senso e riducendole a mero "entertainment", quindi di fatto abolendole in modo "soft" o convertendole al proprio verbo (nessun Papa è mai stato più marxista e quindi liberalcapitalista quanto quello attuale).
L'economia era per Marx la scienza della soddisfazione dei bisogni umani, e la questione fondamentale della sua prassi era tale soddisfazione e le modalità per raggiungerla, la cosiddetta "struttura", mentre criticava le "sovrastrutture" ovvero le ideologie che giustificavano una situazione di fatto (nella fattispecie lo sfruttamento del lavoro umano) e che doveva essere rivoluzionata attraverso la prassi. Il liberalcapitalismo fa la medesima operazione occupandosi essenzialmente di far funzionare la "struttura" (l'economia) e variando di volta in volta le "sovrastrutture" per adeguarle al funzionamento della medesima.
Dunque gli obiettivi del marxismo e del liberalcapitalismo sono identici: essendo ambedue materialisti, progressisti, industrialisti, auspicano entrambi il raggiungimento della felicità del genere umano, la soddisfazione dei suoi bisogni, attraverso l'acquisizione di oggetti, di "merce" ottenuta con il lavoro, quindi di fatto il primato dell'economia sulla politica (tanto criticato, evidentemente a torto, marxianamente parlando, dai neomarxisti di oggi)  o su qualunque altra "sovrastruttura" portatrice di valori "astratti". La differenza sta nel metodo con cui si tenta di raggiungere tale obiettivo, e il metodo dipende dalla visione più o meno corretta dell'uomo che hanno tali sistemi: il liberalcapitalismo ha puntato sulla competizione, facendo proprio ed esaltando il motto hobbesiano "homo homini lupus", mentre il marxismo teorizzava una umanità di "liberi, uguali e fratelli" come proclamato dalla Rivoluzione francese (e da Voltaire, un altro che ci "vedeva lungo"), che non è mai esistita nella storia conosciuta e mai esisterà in futuro.
In linea generale, e a maggior ragione in una cornice materialista ed economicista, gli uomini non saranno mai liberi, né uguali, né tantomeno fratelli, e voler imporre con la violenza una sostanziale condizione di uniformità (che è l'opposto dell'uguaglianza) come avvenuto nei paesi che si sono ispirati al marxismo significa opprimere la loro più profonda natura, che prima o poi non potrà che ribellarsi. Oltretutto in tali paesi era di fatto mortificata anche la speranza poichè coloro che si sentivano oppressi non avevano alcuna possibilità di cambiare tale condizione, mentre nei paesi di tradizione liberalcapitalista sebbene l'oppressione paia a volte insopportabile tale speranza rimane sempre viva e anzi viene alimentata (ancora appunto il famigerato "american dream"), e questa è una delle principali ragioni per cui nonostante ai tempi di Marx lo sfruttamento del lavoro umano fosse molto più insostenibile di oggi il "socialismo reale" si è diffuso paradossalmente in zone ove questo sfruttamento era meno presente, ovvero nei paesi meno industrializzati.
Questa mi pare la ragione essenziale del fallimento (filosofico e quindi pratico) dell'idea comunista, senza ovviamente tralasciare altri aspetti importanti come la semplice definizione di "comunismo" fornita da Marx ed Engels ne "L'ideologia Tedesca" che risulta per loro essere "Il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente" ovvero in pratica la "rivoluzione permanente" di Trotzskiana memoria che in definitiva altro non è che l'opposto di ciò che l'uomo ha sempre cercato fin dal suo apparire all'onor del mondo, ovvero tranquillità, serenità, sicurezza e, se possibile, beatitudine.
Non c'è cosa più deprimente dell'appartenere a una moltitudine nello spazio. Né più esaltante dell'appartenere a una moltitudine nel tempo. NGD

anthonyi

Citazione di: paul11 il 02 Novembre 2018, 08:42:45 AM

ciao Anthonyi,
l'errore del marginalismo è credere alla produttività infinita poichè ogni step di incremento(di margine) vede i costi fissi e variabili
portare comunque a incrementi di produttività, illudendosi che vi sia un punto di equilibrio nei principi di utilità, di profittabilità, di equilibri dei prezzi. In realtà non è mai esistita la competizione a parità di condizioni imprenditoriali, tant'è che si arriva alla concentrazione dell'offerta che portò ai regimi di oligopolio e monopolio nei vari settori economici.
Accade che i pescecani che si sono mangiati i piccoli pesci fanno"cartello", "ma perchè mai ammazzarci quando ci sono tanti "boccaloni"(tipo di pesce che identifico metaforicamente con il consumatore) mettiamoci d'accordo fra di noi sul prezzo di realizzo che garantisca la profittabilità per tutti noi pescecani..........."  Le authority sono figure mistiche della politica che al massimo comminano multe, ma non hanno alcun potere politico o economico di imporre un regime di competizione, di concorrenza.
E quì cadono tutte le teorie sull'equilibrio che hanno portato Bill Gates,tanto per fare un nome, ad avere una fortuna privata superiore al pil di parecchi Stati del terzo/quarto mondo.
Qualunque teoria economica è fallita perchè non arresta il processo di accumulazione(di concentrazione del capitale) di pochi rispetto a troppi che devono accontentarsi di poco

Ciao paul11, sulla gran parte delle cose che dici io sono d'accordo (A parte la frase in grassetto). Si tratta di situazioni che sono state rappresentate nei vari fallimenti del mercato che, grazie al metodo di analisi neoclassico, sono state evidenziate. E questo ci dice che quel metodo di analisi non è ideologicamente fondato per sostenere il mercato, o un certo mercato, ma è una struttura epistemologicamente forte al di là delle conclusioni ontologiche che, a volte sono a favore del mercato, a volte non lo sono. Questo a differenza del pensiero socialista che vuole costruire un'ontologia senza tener conto delle gravi carenze epistemologiche che lo caratterizzano.
Sulla frase in grassetto, poi, è una questione di interpretazione. Nell'ideologia socialista la tesi è che l'arricchimento dei pochi causa la povertà dei tanti, e questo accade quando vengono garantiti privilegi per scelta politica. Ma questo non ha nulla a che vedere con il libero mercato nel quale l'arricchimento è effetto di una maggiore capacità di generare valore con gli stessi fattori produttivi e non impoverisce nessuno, anzi, facendo pressione sulla domanda di quei fattori, ne aumenta il prezzo e quindi il reddito di coloro che li offrono.

Citazione di: paul11 il 02 Novembre 2018, 08:42:45 AM


I soviet come erano organizzati? Stai già facendo un errore ed Ipazia aveva già risposto.
La proprietà non è necessariamente la managerialità,sopratutto nelle medie e grandi imprese.
Tant'è che il capitale azionario (i proprietari) non corrisponde affatto alle persone manageriali.
Alla proprietà(azionari) interessa il profitto, ai manager il contratto che preveda laute compense anche  su obiettivi.
Chi paga se la strategia "imprenditoriale" è fallimentare? i lavoratori soprattutto.
Perchè la struttura giuridica e quindi le leggi sul fallimento che ne derivano, dividono la proprietà privata dalla proprietà societaria dell'impresa. Questa è un'invenzione di una figura giuridica che cominciò a nascere nel diritto romano che prese un concetto metafisico dal diritto canonico e che proprio ai tempi di Adam Smith,ai tempi delle compagnie delle indie il sovrano concesse un privilegio affinchè il rischio imprenditoriale fosse diviso dalle proprietà private, questa figura mistica sono le Società moderne di capitali. Quindi un creditore che chiedesse il suo diritto, può avvalersi solo dei beni inventariati e messi all'incanto(altra figura mistica),
dell'organizzazione imprenditoriale, mai delle ville private di quello stesso imprenditore, dei beni di famiglia.

Quindi la proprietà è un furto ancora per  me

Qui entriamo nelle problematiche di teoria dell'organizzazione, chi è il manager? Un lavoratore o un imprenditore? Il manager è una figura reale, mentre l'imprenditore è una figura ideale le cui caratteristiche tipico-ideali di Weberiana memoria, sono definite proprio dalla sua funzione economica, funzione economica che rimane necessaria anche quando è ripartita tra manager e proprietà, perché non è che la proprietà non fa nulla, la proprietà intanto ha creato l'impresa, dopodiché sceglie il manager al quale farla gestire.
Veniamo ora alla frase in grassetto, probabilmente tu sarai proprietario di una casa, di un'automobile, di un qualcosa con cui accedi a Logos etc. Sono convinto che tu non pensi che tutte queste tue proprietà sono furti e questo crea una contraddizione con questa frase che è troppo generica e forse avrebbe bisogno di essere specificata. Personalmente non sono contrario ad una ridiscussione del concetto di proprietà, quello che però ci insegna la teoria economica è che è comunque necessaria la certezza del diritto per avere un funzionamento dei mercati efficiente, e l'unica cosa che fa questa frase è creare incertezza in tutti gli operatori economici, ed è la causa principale dell'avversione che tutti i cultori del libero mercato hanno per l'ideologia socialista.
Un saluto

sgiombo

Di tutto il lungo discorso di Donqixote e del suo essere mera ideologia (falsa coscienza) mi basta segnalare queste due perle (di tale lunghissima, pressocché ininterrotta collana):


"Marx auspicava l'abolizione delle religioni (che nei paesi ispirati dal suo pensiero erano proibite per legge)".


"nessun Papa è mai stato più marxista e quindi liberalcapitalista quanto quello attuale".

Socrate78

@Donquixote: Sinceramente mi sembra di aver evidenziato, proprio con il post di apertura, che non si può parlare di fallimento del socialismo reale visto che sul suo crollo hanno pesato moltissimo i fattori esterni, dovuti alla fortissima ostilità del mondo capitalistico (capitanato dagli USA) che spinsero l'URSS a spendere moltissimi capitali in armamenti, e oltretutto per tutti gli anni ottanta i russi dovettero mantenere l'esercito intrappolato in Afghanistan, poiché l'amministrazione Reagan aveva buon gioco a fomentare e sostenere la guerriglia afghana (tra l'altro erano fanatici islamisti!) e ciò creò quello che venne definito il Vietnam sovietico, con ulteriori risorse destinate al capitolo militare. In un'economia capitalista come quella americana il destinare risorse agli armamenti è funzionale al sistema, poiché crea accumulo di denaro, mentre in un'economia socialista esso è deleterio, poiché dissipa risorse altrimenti destinate alla collettività. La cosiddetta guerra fredda fu in tutto e per tutto un conflitto autentico, in cui l'obiettivo, come in ogni guerra, è affossare l'avversario, abbatterlo economicamente, isolarlo il più possibile nelle relazioni internazionali. Inoltre, fatto molto importante, gli USA si rifiutarono sempre di esportare tecnologia informatica in URSS, poiché ovviamente non si voleva che una nazione con cui si era in lotta si sviluppasse. Se poi vogliamo ancor di più entrare nei dettagli, si può dire che il sistema entrò in crisi per altri fattori che con il socialismo nulla hanno a che vedere, ma che testimoniano semmai l'allontanamento progressivo dell'URSS da quel modello nell'epoca post-staliniana: a partire dagli anni sessanta (riforma del 1965) si introdussero pian piano degli elementi di economia di mercato soprattutto nelle campagne all'interno dell'economia pianificata, ma questo creò dei conflitti di interesse tra queste due economie parallele, con maggiore difficoltà nella pianificazione e quindi caos; la liberalizzazione capitalistica "soft" operata da Gorbaciov poi non funzionò e vide semmai aggravarsi i problemi sino ad un vero crollo economico sotto il governo di Eltsin (capitalismo restaurato), quindi a rigore si può persino capovolgere il discorso e dire che non ha funzionato il capitalismo invece del socialismo. Pensa che negli anni novanta l'aspettativa di vita in URSS scese dai 67 anni di età sino ai 59, e ciò indica come ci fosse molta più miseria sotto il capitalismo che prima.

0xdeadbeef

Citazione di: paul11 il 03 Novembre 2018, 00:21:16 AMciao Mauro(Oxdeadbeef),
non avevo intenzione di estremizzare il concetto, ho solo fatto seguito al tuo esempio.Nessuno è scemo, intendevo solo dire che ciascuno di noi pensa ad un rapporto qualità/prezzo e fa delle scelte.Queste scelte quanto siano razionali o meno è studiato e testato come "qualità percepita" che non è detto che corrisponda a  quella "vera".


Ciao Paul
Il tuo ragionamento mi ricorda una mia "protoriflessione", che da ragazzino facevo sulla televisione.
Sentivo da tutti dire che la televisione era uno strumento di rincoglionimento (parlo dei primi periodi della
TV commerciale), ma io mi chiedevo se in realtà non fossero i gusti delle persone a rincoglionire la TV...
Evidentemente (poi chissà quanto "evidentemente"?), per così dire, la circolazione è a doppio senso. La TV
rincoglioniva ed era al medesimo momento rincoglionita, in un movimento in cui non è facile rilevare la causa
e l'effetto.
Lo stesso discorso mi sembra valere per il "marketing" e le scelte dei clienti. Il "marketing" sicuramente
costruisce i gusti; ma mi sembra al medesimo tempo costruito, esso, dai gusti e dalle scelte.
Ma quando, il "marketing", diventa elemento causale "unico" senza vi sia una, chiamiamola, "contaminazione" con
l'elemento effettuale (i gusti e le scelte dei consumatori)? Ovviamente quando si presuppone una rigida
distinzione, che è tutta da dimostrare, fra causa ed effetto. La qual cosa ci rimanda però ad una visione, io
direi "precartesiana", nella quale l'oggetto è "dato" nella sua fissità, ed il soggetto ne può solo prendere
atto.
Io credo sia questo il meccanismo che poi spinge, addirittura, a parlare di "proprietà organolettiche" nella
scelta di un olio d'oliva...
Non è evidentemente così. La scelta che come consumatore faccio dell'olio è, sì, basata sulle proprietà
organolettiche (che presumo superiori in un olio di prezzo superiore), ma è basata anche sul profumo, sul
sapore; ed infine ANCHE, perchè no, su quell'elemento emozionale tramessomi dalla dicitura "olio italiano"
(confermata dai marchi di indicazione geografica).
Ecco dunque quella soggettività della scelta; quella, forse, irrazionalità di fondo che sempre accompagna
l'"essere" dell'uomo (e che lo fa diverso dalla oggettività dell'animale).
Ero forse, tanto per fare un altro esempio, mosso da perfetta razionalità economica quando, lo scorso inverno,
compravo i prodotti della Melegatti (panettoni e pandori notevolmente più cari di quelli della concorrenza)
rilevata dagli operai a seguito del fallimento?
E allora, tornando "a bomba" sui concetti di valore-lavoro e valore di scambio, io non capisco come possa essere
tanto difficile rendersi conto che oggi il valore di un bene economico è soprattutto il valore di scambio che
ad esso attribuiscono gli attori del rapporto economico (e che ciò non è né giusto né sbagliato, ma semplicemente è).
Mi chiedo di nuovo: è scemo chi compra uno smartphone da mille e passa euro? Sì, magari anche per me è scemo (io
neanche ce l'ho lo smartphone), ma prima di teorizzare la società dei non-scemi (degli automi che, ad esempio,
guidicano l'olio d'oliva dalle sue proprietà organolettiche); la società basata sulla perfetta oggettività del
valore economico (quindi del valore-lavoro); ci penserei molto bene...
Perchè voler cancellare quella che chiamavo "emozionalità" dei gusti e delle scelte vuol dire in fondo voler
cancellare la stessa individualità.
saluti

paul11

Citazione di: anthonyi il 04 Novembre 2018, 09:01:52 AM
Citazione di: paul11 il 02 Novembre 2018, 08:42:45 AM

ciao Anthonyi,
l'errore del marginalismo è credere alla produttività infinita poichè ogni step di incremento(di margine) vede i costi fissi e variabili
portare comunque a incrementi di produttività, illudendosi che vi sia un punto di equilibrio nei principi di utilità, di profittabilità, di equilibri dei prezzi. In realtà non è mai esistita la competizione a parità di condizioni imprenditoriali, tant'è che si arriva alla concentrazione dell'offerta che portò ai regimi di oligopolio e monopolio nei vari settori economici.
Accade che i pescecani che si sono mangiati i piccoli pesci fanno"cartello", "ma perchè mai ammazzarci quando ci sono tanti "boccaloni"(tipo di pesce che identifico metaforicamente con il consumatore) mettiamoci d'accordo fra di noi sul prezzo di realizzo che garantisca la profittabilità per tutti noi pescecani..........."  Le authority sono figure mistiche della politica che al massimo comminano multe, ma non hanno alcun potere politico o economico di imporre un regime di competizione, di concorrenza.
E quì cadono tutte le teorie sull'equilibrio che hanno portato Bill Gates,tanto per fare un nome, ad avere una fortuna privata superiore al pil di parecchi Stati del terzo/quarto mondo.
Qualunque teoria economica è fallita perchè non arresta il processo di accumulazione(di concentrazione del capitale) di pochi rispetto a troppi che devono accontentarsi di poco

Ciao paul11, sulla gran parte delle cose che dici io sono d'accordo (A parte la frase in grassetto). Si tratta di situazioni che sono state rappresentate nei vari fallimenti del mercato che, grazie al metodo di analisi neoclassico, sono state evidenziate. E questo ci dice che quel metodo di analisi non è ideologicamente fondato per sostenere il mercato, o un certo mercato, ma è una struttura epistemologicamente forte al di là delle conclusioni ontologiche che, a volte sono a favore del mercato, a volte non lo sono. Questo a differenza del pensiero socialista che vuole costruire un'ontologia senza tener conto delle gravi carenze epistemologiche che lo caratterizzano.
Sulla frase in grassetto, poi, è una questione di interpretazione. Nell'ideologia socialista la tesi è che l'arricchimento dei pochi causa la povertà dei tanti, e questo accade quando vengono garantiti privilegi per scelta politica. Ma questo non ha nulla a che vedere con il libero mercato nel quale l'arricchimento è effetto di una maggiore capacità di generare valore con gli stessi fattori produttivi e non impoverisce nessuno, anzi, facendo pressione sulla domanda di quei fattori, ne aumenta il prezzo e quindi il reddito di coloro che li offrono.

Citazione di: paul11 il 02 Novembre 2018, 08:42:45 AM


I soviet come erano organizzati? Stai già facendo un errore ed Ipazia aveva già risposto.
La proprietà non è necessariamente la managerialità,sopratutto nelle medie e grandi imprese.
Tant'è che il capitale azionario (i proprietari) non corrisponde affatto alle persone manageriali.
Alla proprietà(azionari) interessa il profitto, ai manager il contratto che preveda laute compense anche  su obiettivi.
Chi paga se la strategia "imprenditoriale" è fallimentare? i lavoratori soprattutto.
Perchè la struttura giuridica e quindi le leggi sul fallimento che ne derivano, dividono la proprietà privata dalla proprietà societaria dell'impresa. Questa è un'invenzione di una figura giuridica che cominciò a nascere nel diritto romano che prese un concetto metafisico dal diritto canonico e che proprio ai tempi di Adam Smith,ai tempi delle compagnie delle indie il sovrano concesse un privilegio affinchè il rischio imprenditoriale fosse diviso dalle proprietà private, questa figura mistica sono le Società moderne di capitali. Quindi un creditore che chiedesse il suo diritto, può avvalersi solo dei beni inventariati e messi all'incanto(altra figura mistica),
dell'organizzazione imprenditoriale, mai delle ville private di quello stesso imprenditore, dei beni di famiglia.

Quindi la proprietà è un furto ancora per  me

Qui entriamo nelle problematiche di teoria dell'organizzazione, chi è il manager? Un lavoratore o un imprenditore? Il manager è una figura reale, mentre l'imprenditore è una figura ideale le cui caratteristiche tipico-ideali di Weberiana memoria, sono definite proprio dalla sua funzione economica, funzione economica che rimane necessaria anche quando è ripartita tra manager e proprietà, perché non è che la proprietà non fa nulla, la proprietà intanto ha creato l'impresa, dopodiché sceglie il manager al quale farla gestire.
Veniamo ora alla frase in grassetto, probabilmente tu sarai proprietario di una casa, di un'automobile, di un qualcosa con cui accedi a Logos etc. Sono convinto che tu non pensi che tutte queste tue proprietà sono furti e questo crea una contraddizione con questa frase che è troppo generica e forse avrebbe bisogno di essere specificata. Personalmente non sono contrario ad una ridiscussione del concetto di proprietà, quello che però ci insegna la teoria economica è che è comunque necessaria la certezza del diritto per avere un funzionamento dei mercati efficiente, e l'unica cosa che fa questa frase è creare incertezza in tutti gli operatori economici, ed è la causa principale dell'avversione che tutti i cultori del libero mercato hanno per l'ideologia socialista.
Un saluto
ciao Anthonyi,
si dimentica il concetto di interesse economico.
Perchè non esiste nello scambio economico la sommatoria zero fra due contraenti ,uno o ha guadagnato di più subito o  guadagnerà nel tempo di più.
La dimostrazione più semplice è la rendita economica.
Il signor x ha una rendita ereditaria di 100, il signor y di 1,000.
Il tasso di interesse che la banca dà è del 10%. Il primo anno x avrà un montante di 110 e y di 1.100.
Quindi la differenza fra x e y era inizialmente 1.000-100= 900, alla fine del primo anno, 1.100- 110= 990.
E' dimostrata la concentrazione per accumulo di ricchezza con il solo capitale, senza nessuna impresa economica,
Quello che fa diventare "conveniente" qualunque attività, lo ribadisco è il saggio di interesse, il saggio di profitto.
Negli anni Settanta ad altissima inflazione gli imprenditori non investivano in beni strumentali per l'attività economica, bensì in titoli di Stato, perchè "rendevano" di più.Il saggio di interesse dei titoli era superiore al saggio di profitto.

Quando ai fatturato delle multinazionali ad esempio o anche il pil degli Stati vengono applicati le percentuali di crescita o decrescita sono pure indicazioni, la cosa importante è la cifra assoluta.
Se l'economia tedesca cresce del 4% ed ha una capitalizzazione di 1.000, mentre l' economia italiana cresce del 1% con una capitalizzazione di 100, la forbice si divarica e una "medicina"economica  della BCE varia in funzione delle proprie strutture di capitale.

Il possesso è diverso dalla proprietà in termini giuridici;così come ad esempio il comodato d'uso o l'affitto rispetto alla proprietà,
Trovo filosoficamente assurdo il concetto di proprietà, prima ancora che come concetto economico.
Ritenere che il pianeta Terra sia fisicamente dato, politicamente storicamente dato, e infine suddiviso in infinite proprietà private lo trovo assurdo.Sono per il possesso di un territorio in cui una famiglia abita e vive, concesso dalla comunità, Stato ad ogni componente.Non cambia niente nei fatti e deve essere salvaguardato il decoro e la dignità personale e della famiglia.
Non sono per gli assurdi formicai di palazzoni per sottoproletari.

Sono contrario alla forma di impresa capitalistica, luogo di meschinità umane, di gerarco funzioni dove stupidi personaggi chiamati manager  psicotici e servili sono per autorità gerarchica "superiori", "capi".Bisogna essere allenati a dire sempre di sì per fare carriere. E' la forma della meschinità umana,altro che merito.

0xdeadbeef

Citazione di: donquixote il 04 Novembre 2018, 03:46:24 AMAltrove avevo tracciato dei parallelismi fra il pensiero liberalcapitalista e quello comunista (con particolare riferimento ovviamente a quello espresso da Marx ed Engels che pare ancora essere, filosoficamente, imprescindibile); l'ovvia conclusione è che il comunismo ha perso, ma il pensiero di Marx ha vinto, sia pur sotto mentite spoglie. Li ripropongo qui.
Quella di Marx è "filosofia della prassi": nell'undicesima tesi su Feuerbach, che è stata riportata anche sulla sua lapide, afferma che più che interpretare il mondo bisogna trasformarlo. Il liberalcapitalismo esalta proprio l'azione, la trasformazione e l'innovazione costante, lo spirito d'impresa, il lavoro, la "cultura del fare", il progresso, lo sviluppo, la crescita, quindi condivide questa impostazione.


Ciao Donquixote
Beh sì, vi sono certamente dei parallelismi fra il pensiero "liberalcapitalista" e quello "comunista-marxiano"; ma
sono dati essenzialmente dall'essere entrambe le dottrine parto della "weltanschauung" occidentale (cioè sono
parallelismi che, ritengo, "non potrebbero non esserci").
Voglio dire che, alla fine, vedervi un parallelismo nella "filosofia della prassi" è vedere un parallelismo fra,
che so, Platone, Kant, Hegel, Nietzsche e quanto di più "diverso" vi possa essere nel pensiero occidentale.
Per come la vedo io, il pensiero di Marx (altre letture del "comunismo" mi sembrano non so se più semplicistiche o
contraddittorie) "perde storicamente" perchè non sa vedere il progressivo emergere del soggetto nella storia.
Tale miopia porta, prima, Marx a teorizzare un valore economico del "bene" come valore-lavoro (e, ricordiamo, su
questo concetto Marx costruisce gran parte di tutta la sua teoria sociale, economica e politica), poi i suoi
epigoni a teorizzare (assurdamente) un materialismo "scientifico" (e contro lo stesso Marx, che parlava piuttosto
del materialismo come "storico").
Questo non vedere il "soggetto" come sempre più protagonista della storia ha fondamentali ripercussioni pratiche.
Considerato che all'interno della stessa URSS ben presto ci si rende conto della imprescindibilità del "soggetto"
(chiaramente mi riferisco alla diatriba fra la materialità della "classe" e la storicità del "partito" così come
venuta a costituirsi nella contrapposizione fra Trotzskij e Stalin).
Ciò vuol dire che anche all'interno della nomenclatura sovietica si "vede" il progressivo emergere nella storia del
soggetto (qui occorrerebbe una digressione sulla statura filosofico-politica di Stalin, che contrariamente a quel
che si pensa non fu da poco...), ma non lo si sa per così dire "gestire", perchè ancora e "fatalmente" legati
ad una concezione oggettiva delle cose (che si esprime soprattutto nel valore come valore-lavoro).
Una volta crollata l'URSS (cioè una volta crollato il "soggetto-stato" che essa impersonava), ciò che resta è lo
sterile materialismo della "classe". Un materialismo che, trasportato su un piano internazionale ove nessun
soggetto sembra più riconoscere di appartenere ad una "classe" (mancanza della coscienza di classe), lascia campo
libero alla più spietata concorrenza fra individui (come è nel liberalcapitalismo globale).
Ma chiaramente è un discorso molto lungo (e anche discretamente complesso).
saluti

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