Perché si ripete sempre che il socialismo/comunismo ha fallito?

Aperto da Socrate78, 29 Ottobre 2018, 18:14:35 PM

Discussione precedente - Discussione successiva

0xdeadbeef

Citazione di: donquixote il 05 Novembre 2018, 04:37:17 AM
Io volevo trattare questo argomento dal punto di vista filosofico, ovvero dal punto di vista delle idee che poi hanno ispirato i vari tentativi di costruzioni di società ispirate da quelle idee, e non certo parlare di mera organizzazione dei rapporti economici e gestione dei mezzi di produzione, perchè allora il discorso essenziale si fa più semplice e verte solo sull'efficienza dei due sistemi, e indubbiamente il sistema capitalistico è ben più efficiente, economicamente parlando (ovvero di mera produzione di "ricchezza" materiale) di quello socialista.

Ma siccome a me dell'economia non interessa nulla intendevo contestare i principi sui quali si basano le idee di Marx


Ciao Donquixote
Non entro tanto nel merito di quanto esprimi (già ho risposto, e già ti ha risposto Paul11, sulle cui considerazioni
io concordo), quanto vorrei fare un appunto sulle premesse a quanto esprimi.
Prima di tutto non puoi dire: "a me dell'economia non interessa nulla (volevo trattare questo argomento dal punto
di vista filosofico)", perchè se la filosofia è quel che è allora di essa fa parte l'economia, che quindi è in
tutto e per tutto filosofia.
Distinzione capziosa? Ritengo non tanto; perchè se, soprattutto nel caso in questione, si vuole parlare della
filosofia di Marx si è costretti anche a parlare di economia (che nel suo caso in particolare è parte integrante della
visione filosofica).
Quando parli di "efficienza" del sistema capitalistico come "mera produzione di ricchezza materiale" dici a mio parere
una cosa troppo generica (oltre che molto discutibile).
Se la definizione di "efficienza" è questa (Treccani): "capacità di rendimento e di rispondenza ai proprî fini", allora
io ti dico che il sistema capitalistico produce ricchezza materiale per pochi mentre affama i molti.
Questo vuol ancora dire che per i "molti" il sistema capitalistico non è affatto efficiente.
saluti

donquixote

Citazione di: 0xdeadbeef il 05 Novembre 2018, 19:28:11 PMCiao Donquixote Non entro tanto nel merito di quanto esprimi (già ho risposto, e già ti ha risposto Paul11, sulle cui considerazioni io concordo), quanto vorrei fare un appunto sulle premesse a quanto esprimi. Prima di tutto non puoi dire: "a me dell'economia non interessa nulla (volevo trattare questo argomento dal punto di vista filosofico)", perchè se la filosofia è quel che è allora di essa fa parte l'economia, che quindi è in tutto e per tutto filosofia. Distinzione capziosa? Ritengo non tanto; perchè se, soprattutto nel caso in questione, si vuole parlare della filosofia di Marx si è costretti anche a parlare di economia (che nel suo caso in particolare è parte integrante della visione filosofica). Quando parli di "efficienza" del sistema capitalistico come "mera produzione di ricchezza materiale" dici a mio parere una cosa troppo generica (oltre che molto discutibile). Se la definizione di "efficienza" è questa (Treccani): "capacità di rendimento e di rispondenza ai proprî fini", allora io ti dico che il sistema capitalistico produce ricchezza materiale per pochi mentre affama i molti. Questo vuol ancora dire che per i "molti" il sistema capitalistico non è affatto efficiente. saluti


Ciao Mauro

Certo che l'economia, vista nel suo complesso, fa parte della filosofia, ma la maggior parte dei filosofi non si sono mai occupati di economia se non in modo del tutto marginale sino a quando questa non è diventata la "filosofia stessa", scalzando dal suo ruolo il pensiero dell'universale per mettere al centro un "particulare" tutto sommato irrilevante. Le parole essenzialmente migliori sull'economia, sempre che si sia in grado di interpretarle correttamente in tutti i loro risvolti, rimangono per me ancora quelle che qui mi permetto di riportarti:

 

Matteo 6,25-34

25 Perciò vi dico: per la vostra vita non affannatevi di quello che mangerete o berrete, e neanche per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita forse non vale più del cibo e il corpo più del vestito? 26 Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, né mietono, né ammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non contate voi forse più di loro? 27 E chi di voi, per quanto si dia da fare, può aggiungere un'ora sola alla sua vita? 28 E perché vi affannate per il vestito? Osservate come crescono i gigli del campo: non lavorano e non filano. 29 Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. 30 Ora se Dio veste così l'erba del campo, che oggi c'è e domani verrà gettata nel forno, non farà assai più per voi, gente di poca fede? 31 Non affannatevi dunque dicendo: Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo? 32 Di tutte queste cose si preoccupano i pagani; il Padre vostro celeste infatti sa che ne avete bisogno. 33 Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta. 34 Non affannatevi dunque per il domani, perché il domani avrà già le sue inquietudini. A ciascun giorno basta la sua pena.

 

per quanto Marx sia conosciuto per l'analisi del sistema di produzione capitalistico e quindi sotto il profilo economico questo è un aspetto che filosoficamente ritengo marginale, poichè le idee non si misurano dal numero di pagine che sono servite per esprimerle ma dalla loro "universalità", ovvero dalla loro validità in periodi di tempo che non siano nell'ordine di qualche decennio o magari di qualche secolo, e se Marx è ancora citato e il suo pensiero economico rimane in vita può ringraziare proprio il capitalismo, che se fosse stato superato non avrebbe più senso. Rimane invece in piedi a mio avviso la questione filosofica di fondo, quella del comunismo come "movimento reale che abolisce lo stato di cose presente", dunque una ininterrotta rivoluzione guidata dalla dialettica hegeliana applicata al movimento della storia, vista come campo di battaglia delle idee. Dopo che i suoi predecessori, a cominciare da Cartesio, avevano rifiutato l'idea di un ordine naturale delle cose, di un senso intrinseco nelle medesime, Marx rifiuta anche quello "sovrastrutturale", quello umano, negando ogni esistente che per porre al suo posto un "nuovo ordine" derivante dalla sintesi dialettica, per poi successivamente rimetterlo di nuovo "dialetticamente" in discussione e così via, a tappe, fino alla completa distruzione di ogni ordine, di ogni "logos" e quindi alla liberazione dell'uomo da ogni "catena" per giungere ad una umanità di "liberi, uguali e fratelli", che sia detto di sfuggita sembra preso paro paro da Rousseau che affermava che le disuguaglianze fra gli uomini erano determinate dalle strutture sociali (le "sovrastrutture" marxiane) e quindi la demolizione progressiva di queste ultime (obiettivo ultimo appunto di Marx e soci, non di Rousseau) avrebbe condotto l'uomo ad un nuovo, idilliaco, "stato di natura". Sempre nel "Manifesto" i suoi autori affermano che "Tutto ciò che è istituito, tutto ciò che sta in piedi evapora, tutto ciò che è sacro viene sconsacrato, e gli uomini sono finalmente costretti a considerare con sobrietà il loro posto nella vita, i loro rapporti reciproci."

Come altro si può interpretare questo pensiero se non come una irresistibile tensione verso il nulla? Verso il nichilismo planetario? L'uomo è tale perché esprime cultura, perché comprende (o determina) un ordine delle cose, perché cerca di trovare il proprio posto nel mondo e pone dei limiti a ciò che può o non può fare. La "liberazione" dell'uomo auspicata da Marx e compagnia altro non è che la riduzione dell'uomo a bestia, a "bruto" dantesco, condizione non certo paragonabile alla mera animalità poiché gli animali sono dotati intrinsecamente di un proprio equilibrio, che all'uomo manca e che ha dovuto sostituire con ogni sorta di orpelli di cui mena tanto vanto.

Senza contare peraltro che, in ossequio al principio di realtà, questa condizione per quanto auspicata e perseguita sarà impossibile da raggiungere almeno finché sulla terra vi saranno uomini che possono definirsi tali, con pregi e difetti che ognuno può giudicare a modo suo, per cui il fallimento di una siffatta idea era del tutto prevedibile da chi avesse guardato con occhio disincantato la realtà per quella che è e non per quella che pensava, o sperava, che fosse.

Per quanto concerne la questione dell'efficienza dei sistemi il socialismo, in estrema sintesi, intendeva perseguire (utopicamente guidato dalla moderna, e sbagliata, idea di uguaglianza) "il massimo benessere di tutti", mentre il capitalismo liberale, sulla scorta delle idee di Stuart Mills, si accontenta del "massimo benessere per il maggior numero" sapendo bene peraltro che tale "massimo benessere" non è oggettivabile dunque per coloro che "rimangono indietro" resta comunque, come nel vaso di Pandora, Elpis, la speranza di un domani migliore guardando e tentando di imitare quelli che "ce l'hanno fatta". Tenendo dunque presente la natura umana abbiamo da un lato popoli interi di derelitti senza alcuna possibilità intrinseca al sistema di cambiare la propria condizione, e dall'altra popoli che per quanto alta possa essere la disuguaglianza economica da un lato stavano comunque economicamente meglio degli altri, e dall'altro potevano trascorrere l'intera vita con l'idea che, prima o poi, sarebbe arrivato il loro momento. Questo trucchetto psicologico è la chiave di volta della differenza fra i due sistemi dal punto di vista della conoscenza della natura umana, che rende molto più sopportabile il secondo rispetto al primo.
Non c'è cosa più deprimente dell'appartenere a una moltitudine nello spazio. Né più esaltante dell'appartenere a una moltitudine nel tempo. NGD

0xdeadbeef

Ciao Donquixote
Beh, diciamo che Marx segue per me lo stesso "destino" di quasi tutta la filosofia occidentale...
Chiaramente anche per Marx l'oggetto è "cosa" (è cioè "nelle mani" del soggetto, che la crea e la distrugge a suo
piacimento), e chiaramente anche per lui la storia è "progresso" (evidente in ciò l'elemento religioso).
Non condivido piuttosto l'idea, che tu attribuisci a Marx, di una "rivoluzione ininterrotta" (io vedo in essa
piuttosto echi "camusiani", ma è noto che A.Camus non è stato proprio un marxista "ortodosso").
Insomma, è chiaro che per Marx la "rivoluzione" finisce nell'"eden" rappresentato dal comunismo...
Se poi questo voglia dire "irresistibile tensione verso il nulla" non saprei; certo dipende dai punti di vista.
Il "capitalismo liberale" oggi non è più quello di Stuart Mill (che vuol dire non è più quello che persegue il
massimo benessere per il maggior numero di persone).
Questa è una concezione obsoleta del liberalismo; una concezione in cui l'autorità statuale aveva ancora un forte
peso, condizionando se non determinando le scelte economiche secondo un preciso piano politico.
Molto diversa è la situazione dell'oggi, soprattutto a seguito delle teorie "spontaneistiche" della Scuola
Marginalista (che almeno per il momento evito di illustrare), con la riduzione delle "vecchie" politiche
economiche statuali a "lacci e lacciuoli" (come nella celebre espressione di Ronald Reagan).
Queste teorie non prevedono alcuna "redistribuzione" del benessere, né fra tutti né fra il maggior numero
di persone (tant'è che un numero irrisorio di individui è arrivato a possedere enormi percentuali di ricchezza).
saluti

Freedom

Citazione di: Socrate78 il 29 Ottobre 2018, 18:14:35 PM
Normalmente, soprattutto tra i sostenitori ad oltranza del sistema capitalistico come unico modo di produzione ed organizzazione sociale, si ripete come un mantra che il comunismo (o meglio socialismo) ha fallito e che non è un'ideologia applicabile né mai lo sarà.
Nonostante sia una utopia condivisibile temo che sia così.

Perchè il comunismo e/o il socialismo non governano efficacemente la natura umana e le sue contraddizioni. Come è noto noi siamo un coacervo di bene e male. In taluni casi e in certi periodi storici, per motivi che spesso ignoriamo, prevale uno ed in altri momenti prevale l'altro. Marx ne era ben consapevole e, infatti, non a caso, parlava della dittatura del proletariato come ineludibile passaggio prima di arrivare all'eden comunista. Però la dittatura non può funzionare, mai! Perchè, tra le varie dotazioni cromosomiche umane, c'è anche quell'anelito alla libertà che non si può soffocare nè comprare.

Il cristianesimo primitivo, che in tanta parte era simile al comunismo, risolveva questa contraddizione facendo intervenire lo Spirito Santo. Ma questa è un'altra storia e ho tirato fuori l'argomento solo per dimostrare quanto sia ben presente a tutti i massimi pensatori di tutti i tempi la difficoltà di governare le dinamiche umane di bene/male.

Il capitalismo è più bravino nel governare queste dinamiche assecondando le inclinazioni più basse e meschine della persona umana ma non fino al punto di permettere a quest'ultima di distruggere la civiltà e, forse, il pianeta stesso. Anche se le potenzialità ci sono tutte. Con l'atomica si potrebbe fare in poche ore ma, più verosimilmente, il rischio maggiore è rappresentato dal paradigma del modello di sviluppo capitalistico che è la crescita continua. Quest'ultima, è intuitivo e non sono necessari grandi ragionamenti per comprenderlo, non può essere infinita essendo il pianeta Terra finito. Tuttavia, con la complicità della socialdemocrazia che ne ha stemperato gli aspetti più bestiali, il capitalismo sta dimostrando una vitalità sorprendente. Nonostante abbia ridotto allo stato larvale l'umanità annichilendone il cervello, anestetizzandone il cuore, e fiaccandone lo lo spirito, gode ancora di una certa, malsana, salute. Chiedo scusa per l'ossimoro.

Il capolavoro, la geniale e diabolica trovata di coloro che governano il capitalismo è stata convincere l'umanità che questo è il migliore dei mondi possibile e, tutto sommato, non è male.
Bisogna lavorare molto, come se tutto dipendesse da noi e pregare di più, come se tutto dipendesse da Dio.

Socrate78

In realtà adesso, con la globalizzazione e la crisi conclamata del Welfare, il capitalismo sta dimostrando sempre più il suo aspetto più ferino, predatorio e selvaggio, ma proprio per questo è anche più vulnerabile. La crisi del 2009, figlia del capitalismo stesso, ha avuto il merito di evidenziarne i mali e le contraddizioni, e credo che il sistema ad un certo punto si troverà con le spalle al muro, perché non si potrà continuare a consumare con la popolazione che continua a crescere. Inoltre secondo me il socialismo non significa necessariamente dittatura, tralasciando il fatto che questa è un'accusa che i capitalisti fanno in continuazione a chi contesta il loro sistema, dicono sempre: "Eh ma, solo il capitalismo è libertà, il socialismo è dittatura....". Si potrebbe rispondere che il capitalismo è la dittatura del capitale, del denaro, che condanna inevitabilmente una parte consistente della popolazione mondiale alla fame e condiziona fortemente il potere politico delle nazioni. Se ci pensi, al giorno d'oggi fortunatamente la coscienza comune non accetta più un sacco di cose che in passato erano normali, non accetta più lo schiavismo (almeno la maggior parte delle persone....), non è più accettata la monarchia assoluta nel mondo occidentale, quindi non potrebbe essere che un giorno anche il capitalismo verrà ricordato come qualcosa di incivile e condannabile al pari di schiavismo e monarchia assoluta?....

Freedom

Citazione di: Socrate78 il 06 Novembre 2018, 19:56:05 PMSe ci pensi, al giorno d'oggi fortunatamente la coscienza comune non accetta più un sacco di cose che in passato erano normali, non accetta più lo schiavismo (almeno la maggior parte delle persone....), non è più accettata la monarchia assoluta nel mondo occidentale, quindi non potrebbe essere che un giorno anche il capitalismo verrà ricordato come qualcosa di incivile e condannabile al pari di schiavismo e monarchia assoluta?....
Mah.......lo schiavismo è la storia stessa. Schiavi, servi della gleba, proletari sempre la stessa storia. Il benessere di pochi si fonda sul male di molti. E' sempre stato così. Se guardi alla storia rilevi che le civiltà prosperavano sino a che potevano conquistare nuovi territori e, soprattutto, nuovi schiavi. E la monarchia esiste ancora: è quella che alcuni chiamano dell'1%. In realtà a decidere come va il mondo sono pochissimi. La novità di questa epoca è che non si usa più la forza bruta ma l'astuzia.

Ma non mi faccio illusioni: se le masse, non per consapevolezza bensì per panza vuota si ribellassero sarebbe un attimo, per le elitè, riesumare l'antico e nodoso bastone.
Bisogna lavorare molto, come se tutto dipendesse da noi e pregare di più, come se tutto dipendesse da Dio.

InVerno

Citazione di: Socrate78 il 06 Novembre 2018, 19:56:05 PM
In realtà adesso, con la globalizzazione e la crisi conclamata del Welfare, il capitalismo sta dimostrando sempre più il suo aspetto più ferino, predatorio e selvaggio, ma proprio per questo è anche più vulnerabile. La crisi del 2009, figlia del capitalismo stesso, ha avuto il merito di evidenziarne i mali e le contraddizioni, e credo che il sistema ad un certo punto si troverà con le spalle al muro, perché non si potrà continuare a consumare con la popolazione che continua a crescere. Inoltre secondo me il socialismo non significa necessariamente dittatura, tralasciando il fatto che questa è un'accusa che i capitalisti fanno in continuazione a chi contesta il loro sistema, dicono sempre: "Eh ma, solo il capitalismo è libertà, il socialismo è dittatura....". Si potrebbe rispondere che il capitalismo è la dittatura del capitale, del denaro, che condanna inevitabilmente una parte consistente della popolazione mondiale alla fame e condiziona fortemente il potere politico delle nazioni. Se ci pensi, al giorno d'oggi fortunatamente la coscienza comune non accetta più un sacco di cose che in passato erano normali, non accetta più lo schiavismo (almeno la maggior parte delle persone....), non è più accettata la monarchia assoluta nel mondo occidentale, quindi non potrebbe essere che un giorno anche il capitalismo verrà ricordato come qualcosa di incivile e condannabile al pari di schiavismo e monarchia assoluta?....
Dove il socialismo non si è dato da fare per una dittatura, generalmente si è dato da fare per il capitale. Si presuppone che i socialisti siano automaticamente molto empatici verso i lavoratori e i poveri, in realtà le cose si sono mostrate un po più complesse. Visto che le copie di "Arcipelago Gulag" sono facilmente reperibili in libreria, ed escludere esperimenti comunisti è relativamente facile (basta arrivare in fondo alle 1440 pagine e tenere a mente i 100-150 milioni di morti). Il socialismo è ancora "in giro" perchè il nostro cervello è in bilico tra caos e ordine, e il socialismo rappresenta l'ordine, patologico nel caso del comunismo, e il liberismo il caos, patologico nel caso attuale. La polarizzazione tra questi due estremi, che politicamente sta accadendo all'unisono in tutto il mondo, non può dare buone speranze. Non c'è nessuno che predichi equilibrio, si cerca sempre di più lo scontro frontale.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

Socrate78

#142
@Inverno: Sei sicuro che le cifre di milioni di morti scritti in Arcipelago Gulag corrispondono a realtà? Ovviamente non puoi esserlo, visto che non l'hai visto con i tuoi occhi, può benissimo essere propaganda. Tutto può essere, almeno in parte, frutto di propaganda, perché chi scrive non è un computer, ma una persona con una propria ideologia. Di conseguenza è sempre bene dubitare di tutto e chiedersi se chi scrive può avere l'interesse ideologico a mentire, a distorcere la realtà. In realtà è esistita una propaganda capillare contro l'Unione Sovietica, iniziata negli anni trenta e sostenuta da ambienti ultraconservatori statunitensi di destra (a volte filo-nazisti), che avevano tutto l'interesse a screditare il comunismo, da cui le famose frasi secondo cui "i comunisti mangiano i bambini", diffuse anche dalla propaganda fascista (della repubblica di Salò), poi diffuse dalla propaganda cattolica. Ad esempio un certo William Hearst (forse non sai chi fosse....), americano ultramiliardario conservatore che gestiva giornali fondamentali come il New York Times e l'American Chicago, dedicò la sua vita proprio all'anticomunismo e a screditare quel mondo attraverso le copie del suo giornale che vennero diffuse in Inghilterra e in Europa, il soggetto in questione era in rapporti epistolari con Hitler che sosteneva la sua campagna propagandistica, nel 1934 durante un viaggio in Germania venne ricevuto da Hitler come ospite ed amico. Dalle pagine dei suoi giornali iniziò quindi a sostenere che la carestia in Ucraina del 1931 venne deliberatamente provocata dal regime per affamare la popolazione e che milioni di persone furono fatte morire solo in quell'occasione. William Hearst non faceva altro che servirsi del materiale fornitogli dai nazisti tedeschi per affermare, l'8 febbraio 1935, che sei milioni di persone erano morte di fame in URSS.  Ma quando Gorbaciov fece aprire gli archivi dell'URSS nel 1989 risultò che le cifre dei morti nei gulag erano state incredibilmente gonfiate dalla propaganda e non corrispondevano a quelle diffuse dagli autori anticomunisti, che parlavano di centinaia di milioni di morti. Ora, rimane il fatto che ognuno di noi ha anche il diritto a dubitare e a non ritenere per forza verità assoluta quello che alcuni intellettuali, sia pur autorevoli, scrivono.

InVerno

Citazione di: Socrate78 il 07 Novembre 2018, 17:22:33 PM
@Inverno: Sei sicuro che le cifre di milioni di morti scritti in Arcipelago Gulag corrispondono a realtà? Ovviamente non puoi esserlo, visto che non l'hai visto con i tuoi occhi, può benissimo essere propaganda. Tutto può essere, almeno in parte, frutto di propaganda, perché chi scrive non è un computer, ma una persona con una propria ideologia.
Le cifre a cui faccio riferimento sono di nozione comune, anche tra chi non legge il NYT, seppur altamente imprecise per ovvie ragioni. Nemmeno i nostalgici sovietici Russi le disputano ed è un fatto acclarato anche per loro, che al massimo si limitano a dire che "Stalin non sapesse". Quello che stai facendo in maniera capziosa non è diverso da chi nega le camere a gas, solo che Stalin era seduto a Yalta e Hitler no. L'opera a cui faccio riferimento peraltro porta con se ben poco di statistico e numerico, quando una descrizione dei rapporti di forza e delle diaboliche dinamiche all'interno dell'USSR. Certo magari Solženicyn ha raccontato un sacco di balle. Il punto è diverso, credi che queste cose abbiano un principio sano e che possano degenerare, ma che tu (o qualcuno bravo che conosci) sappia il segreto per farle rimanere pure e illibate. Un tantino infantile davanti alle evidenze empiriche. Perchè non capisci che questo tipo di rivoluzione nasce con l'intento del genocidio, non è un semplice "errore di percorso". Se Hitler avesse voluto avrebbe messo gli ebrei a produrre munizioni e carri e avrebbe probabilmente vinto la guerra, ma l'obbiettivo del genocidio era più forte del suo stesso spirito di autoconservazione. Lo stesso quando Stalin massacrò i kulaki per essersi impadroniti di qualche fattoria e avere la grave colpa di essere usciti dalla schiavitù, causando sette milioni di morte di fame. Chiamale se vuoi "cause esterne". Il risentimento che sta alla base di certe teorie può essere nutrito solo con il sangue e solo nel sangue finire.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

Ipazia

Citazione di: Socrate78 il 07 Novembre 2018, 17:22:33 PM
@Inverno: Sei sicuro che le cifre di milioni di morti scritti in Arcipelago Gulag corrispondono a realtà? Ovviamente non puoi esserlo, visto che non l'hai visto con i tuoi occhi, può benissimo essere propaganda. ...
... anche perchè è difficile sterminare cifre che superano la popolazione totale anche per un superdittatore sanguinario  ;D
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

anthonyi

Citazione di: Socrate78 il 07 Novembre 2018, 17:22:33 PM
@Inverno: Sei sicuro che le cifre di milioni di morti scritti in Arcipelago Gulag corrispondono a realtà? Ovviamente non puoi esserlo, visto che non l'hai visto con i tuoi occhi, può benissimo essere propaganda. Tutto può essere, almeno in parte, frutto di propaganda, perché chi scrive non è un computer, ma una persona con una propria ideologia. Di conseguenza è sempre bene dubitare di tutto e chiedersi se chi scrive può avere l'interesse ideologico a mentire, a distorcere la realtà.

Socrate, non sapevo ci fosse anche un negazionismo comunista, ero fermo a quello nazista. Sulla propaganda anticomunista hai ragione, ma inventare milioni di morti? Anche perché su questo ci sono le ricerche storiche.

Ipazia

Citazione di: anthonyi il 08 Novembre 2018, 06:08:25 AM
Socrate, non sapevo ci fosse anche un negazionismo comunista, ero fermo a quello nazista. Sulla propaganda anticomunista hai ragione, ma inventare milioni di morti? Anche perché su questo ci sono le ricerche storiche.
Fonti ? Numeri ?
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

InVerno

#147
Citazione di: Ipazia il 08 Novembre 2018, 08:04:52 AM
Citazione di: anthonyi il 08 Novembre 2018, 06:08:25 AM
Socrate, non sapevo ci fosse anche un negazionismo comunista, ero fermo a quello nazista. Sulla propaganda anticomunista hai ragione, ma inventare milioni di morti? Anche perché su questo ci sono le ricerche storiche.
Fonti ? Numeri ?
C'è per esempio "Il libro nero del comunismo" di Cortouis, ben lungi dall'essere un opera d'autore, in quanto raccoglie dati da decine di diversi studi e ne presenta un sunto. La stima di 100milioni in tutto il mondo è conservativa perchè presume che un morto di fame in Russia nel '90 non sia un "morto di comunismo" nonostante magari le cause della sua morte siano probabilmente da ricercarsi negli anni che ha vissuto prima. Vi sono iscritte a buon diritto le carestie e le pestilenze, che sono niente altro che il colmo per un sistema che vorrebbe migliorare le cose e crea invece pandemie e carestie attribuili facilmente a politiche senza senso, tutte rimandabili al concetto di "economia pianificata" che non mi risulta presente in Marx e che è uno dei distinguo del comunismo. Se poi l'USSR ha deciso di non divulgare dati statistici sull'alcolismo, la mortalità infantile, l'aspettativa di vita etc a partire dagli anni 70, non è perchè le cose andassero a meraviglia. Capirei anche se si dicesse "ma non conosciamo i morti del liberismo" - è vero probabilmente nessuno li ha mai contati, ma negare i morti del comunismo è negazionismo bello e buono. Se il socialismo ha un futuro, non è in un sistema che ha come premessa ai dati statistici "più o meno 10 milioni di morti, difficile contarli" checchè sia la cifra precisa precisa.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

paul11

I sistemi capitalistico e comunista , in termini reali,  hanno peculiarità diverse.
Il capitalismo internamente lo gestisce nella dialettica parlamentare delle rappresentanze partitiche.
In modo tale che la protesta sia gestita, non sempre, pacificamente.
Questo tipo di gestione democratico parlamentare delle rappresentanze partitiche è il punto debole
del sistema comunista che si presenta come dittatura democratica.
Entrambi i sistemi dicono di essere "in nome del popolo", ma il potere reale da una parte è gestita da élite
capitalistiche e dall'altra dalla nomenklatura del partito comunista.
E' da tener presente che il sistema capitalistico  "lavora" in termini di mercato e il mercato deve necessariamente non essere legato ad un luogo, perché ha necessità sempre di un'espansione, di avanzare in termini di territori nuovi. Quindi sua peculiarità è che le problematiche di un luogo tendono ad essere esportate. Significa che le grandi crisi che nascono in luogo del mondo coinvolgono l'intero sistema economico.
Il problema politico e culturale è che un sistema tende allo stato brado, l'altro lo blocca.
Sarà la via  di mezzo la soluzione?
 
Dal punto di vista filosofico, quindi rispondo a Donquixote, il problema è etico e morale e questo coinvolge la natura umana e il logos.
Quando  un sistema esalta il "selvaggio" e l'altro blocca questo selvaggio, siamo di fronte al grande pensiero occidentale, ci sono anche Nietzsche ed Heidegger, otre a Marx,.
Come ho scritto altrove il problema soprattutto esaltato dalla modernità  è stata la dissociazione, quello che C.Pierini chiama la complementarietà o il dualismo.
Tutt'ora non  è risolta culturalmente, filosoficamente.
Se per Nietzsche la morale ha condizionato l'uomo da renderlo mediocre e risentito,
In Marx la dissociazione fra forza la voro e proprietà dei mezzi di produzione porta all'alienazione, ma nessuno ha esposto ed è fuggito dall'analisi sull'Essere. Che caratteristiche ha il superuomo di Nietzsche?
Che caratteristiche ha l'uomo liberato economicamente dalle condizioni economico materiali di Marx?
 
E intanto vince la mediocrità, l'ipocrisia, e lo stato brado.
E' chiaro che le prassi dimostrano che qualcosa nella teoretica culturale è sfuggita all'analisi o lo si è data per scontata.
Eppure sia Marx, Nietzsche, Heidegger, hanno posto tutti il problema del'autenticità umana.
 
La prassi ha il merito di porre in contraddizione le teoretiche , l'esperienza mostra le contraddizioni fra pensiero ed azione.Quando in entrambi i sistemi il problema è stato di recepire le dissonanze, le richieste di chi si dissocia dal poter costituito promuovendo movimenti per i diritti civili e sociali ,ripropone il dilemma intrinseco nelle teoretiche :dove sta la morale culturale e le etiche personali?
Le dichiarazioni sui diritti dell'uomo in realtà sono intenti, divenute immagini retoriche, non recepite dalle prassi, poiché il dilemma è culturale e filosofico.
Entrambi  i sistemi confidano nelle prassi come risoluzione dei dilemmi teoretici e spesso nelle sedi politiche tentano di dirimere le questioni sociali, dimenticando la cultura che permea l'intero genere umano.
Nell'antichità si era posto il problema fra unitarietà dei molteplici.
I molteplici sono le dissociazioni che la cultura moderna ha esaltato cercando la verità nelle infinite manifestazioni del mondo.
Significa cercare nelle entificazioni la perdita dell'Essere. Esaltare i molteplici avendo perso l'unitarietà.
La specula dell'essere si è rotta in infiniti frammenti e in questi si cercano le verità che sono dissociative rispetto agli altri frammenti.
Accettare l'unitarietà dei molteplici, implica un ordine superiore a quello del soggetto umano, affinchè razionalmente gl infiniti molteplici siano ricondotti alla misura delprincipio unitario.
La divisone sociale dei saperi, la ruolificazione, la individualizzazione, la divisone sociale dell'organizzazione e del lavoro e delle organizzazioni umane è funzionale alle dissociazioni e Marx lo aveva capito.
Ma non basta , perché la riappropriazione dei mezzi di produzione da parte della forza lavoro, non ha spinto l'uomo verso una morale culturale che riconduca le infinite etiche personali, gli è stato imposto, gli   è stato ordinato Perché doveva essere chiara quale morale dovesse essere collegata ad un principio unitario, quindi ad una nuova cultura, non solo ad un nuovo sistema economico sociale politico.
 
In conclusione, lo stato libero tende esaltare lo stato egoistico, affinchè sia domato ,educato, lo stato dittatoriale impone la sua morale.
Entrambi però esaltano culturalmente la soggettività, proponendo la prima la possibilità di diventare privilegiati nelle èlite, basta accettarne la sottocultura, la seconda esaltando il futuro stato di liberazione dal vincolo storicamente momentaneo dello stato dittatore.
Entrambi proiettano nel futuro le contraddizioni attuali, per far accettare un sistema esistente.

Socrate78

Il fatto è che non è tanto il comunismo in sé ad essere malato, semmai lo è la natura umana che è egoista. Lo vediamo nei bambini, tra le prime parole che il bambino piccolo pronuncia c'è l'aggettivo "MIO" e il pronome "IO"! In fondo anche il filosofo Rousseau, ben prima di Marx, aveva affermato che la proprietà privata non può essere considerata un elemento stabilito dalla natura, perché la natura è come se avesse dato tutto a tutti: questa considerazione condusse Rousseau a scrivere nel discorso sull'origine della diseguaglianza la famosa frase: "Maledetto quell'uomo che ha per la prima volta cinto un pezzo di terra e ha dichiarato "Questo è MIO"!, proprio perché in quest'istinto al possesso Rousseau vedeva anche l'origine della prevaricazione, perché ci si impossessa di un bene negando agli altri la possibilità di beneficiarne. Tuttavia, non sempre l'instaurazione del collettivismo ha prodotto conflitti, ad esempio all'inizio della sua storia Israele ha visto la creazione di fattorie collettive (Kibbutz) in cui vigeva il comunismo, la proprietà della terra era comune e ognuno riceveva in cambio dal suo lavoro il frutto del lavoro altrui, allo stesso modo come avveniva in URSS in fattorie del tutto simili (Kolckoz). Ora, nei kibbutz non ci sono state mai rivolte e il socialismo si è affermato spontaneamente, e ancor oggi in Israele vi sono in tutto 66 kibbutz (isole di comunismo in un paese molto capitalista) in cui la proprietà privata non esiste, e chi li ha visitati o vi ha fatto del volontariato ha ammirato questo sistema per l'atmosfera di condivisione e di cooperazione altruistica che lo caratterizza. Ora, se il socialismo fosse stato davvero così innaturale e inapplicabile, allora nemmeno situazioni del genere sarebbero dovute affermarsi e sopravvivere, o no?

Discussioni simili (5)