Perché si ripete sempre che il socialismo/comunismo ha fallito?

Aperto da Socrate78, 29 Ottobre 2018, 18:14:35 PM

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0xdeadbeef

Citazione di: anthonyi il 02 Novembre 2018, 18:58:21 PM
Citazione di: 0xdeadbeef il 02 Novembre 2018, 14:44:44 PM



Tutela del risparmio e credito alle aziende dovrebbero essere pertinenza di istituti nazionalizzati o

Ciao 0xdeadbeef, io potrei anche essere d'accordo, in realtà l'attività bancaria è un settore nel quale la creatività imprenditoriale non è un vantaggio. Ti pongo però una domanda, il credito alle aziende, cioè quanti soldi prestare a ciascuna azienda, chi lo decide e secondo quali criteri. Come facciamo ad impedire che qualche azienda poco seria allunghi una mazzetta all'amministratore di turno per farsi prestare soldi per i quali non offre garanzie adeguate e che non intende restituire.
Un saluto

Ciao Anthony
Mah, secondo il modello che dicevo il credito ad aziende che non possono offrire garanzie potrebbe continuare ad
essere erogato nelle medesime condizioni cui è erogato adesso (voglio dire che nazionalizzato o a stretto controllo
pubblico dovrebbe essere solo il credito ad aziende che possono offrire garanzie di solvibilità).
Quanto alle mazzette beh, si tratta di un reato penale e come tale dovrebbe essere trattato...
Non credo di proporre chissà che di rivoluzionario; anche il liberale Paul Krugman dice queste cose...
saluti

paul11

Citazione di: 0xdeadbeef il 04 Novembre 2018, 12:15:09 PM
Citazione di: paul11 il 03 Novembre 2018, 00:21:16 AMciao Mauro(Oxdeadbeef),
non avevo intenzione di estremizzare il concetto, ho solo fatto seguito al tuo esempio.Nessuno è scemo, intendevo solo dire che ciascuno di noi pensa ad un rapporto qualità/prezzo e fa delle scelte.Queste scelte quanto siano razionali o meno è studiato e testato come "qualità percepita" che non è detto che corrisponda a  quella "vera".


Ciao Paul
Il tuo ragionamento mi ricorda una mia "protoriflessione", che da ragazzino facevo sulla televisione.
Sentivo da tutti dire che la televisione era uno strumento di rincoglionimento (parlo dei primi periodi della
TV commerciale), ma io mi chiedevo se in realtà non fossero i gusti delle persone a rincoglionire la TV...
Evidentemente (poi chissà quanto "evidentemente"?), per così dire, la circolazione è a doppio senso. La TV
rincoglioniva ed era al medesimo momento rincoglionita, in un movimento in cui non è facile rilevare la causa
e l'effetto.
Lo stesso discorso mi sembra valere per il "marketing" e le scelte dei clienti. Il "marketing" sicuramente
costruisce i gusti; ma mi sembra al medesimo tempo costruito, esso, dai gusti e dalle scelte.
Ma quando, il "marketing", diventa elemento causale "unico" senza vi sia una, chiamiamola, "contaminazione" con
l'elemento effettuale (i gusti e le scelte dei consumatori)? Ovviamente quando si presuppone una rigida
distinzione, che è tutta da dimostrare, fra causa ed effetto. La qual cosa ci rimanda però ad una visione, io
direi "precartesiana", nella quale l'oggetto è "dato" nella sua fissità, ed il soggetto ne può solo prendere
atto.
Io credo sia questo il meccanismo che poi spinge, addirittura, a parlare di "proprietà organolettiche" nella
scelta di un olio d'oliva...
Non è evidentemente così. La scelta che come consumatore faccio dell'olio è, sì, basata sulle proprietà
organolettiche (che presumo superiori in un olio di prezzo superiore), ma è basata anche sul profumo, sul
sapore; ed infine ANCHE, perchè no, su quell'elemento emozionale tramessomi dalla dicitura "olio italiano"
(confermata dai marchi di indicazione geografica).
Ecco dunque quella soggettività della scelta; quella, forse, irrazionalità di fondo che sempre accompagna
l'"essere" dell'uomo (e che lo fa diverso dalla oggettività dell'animale).
Ero forse, tanto per fare un altro esempio, mosso da perfetta razionalità economica quando, lo scorso inverno,
compravo i prodotti della Melegatti (panettoni e pandori notevolmente più cari di quelli della concorrenza)
rilevata dagli operai a seguito del fallimento?
E allora, tornando "a bomba" sui concetti di valore-lavoro e valore di scambio, io non capisco come possa essere
tanto difficile rendersi conto che oggi il valore di un bene economico è soprattutto il valore di scambio che
ad esso attribuiscono gli attori del rapporto economico (e che ciò non è né giusto né sbagliato, ma semplicemente è).
Mi chiedo di nuovo: è scemo chi compra uno smartphone da mille e passa euro? Sì, magari anche per me è scemo (io
neanche ce l'ho lo smartphone), ma prima di teorizzare la società dei non-scemi (degli automi che, ad esempio,
guidicano l'olio d'oliva dalle sue proprietà organolettiche); la società basata sulla perfetta oggettività del
valore economico (quindi del valore-lavoro); ci penserei molto bene...
Perchè voler cancellare quella che chiamavo "emozionalità" dei gusti e delle scelte vuol dire in fondo voler
cancellare la stessa individualità.
saluti
ciao Mauro(Oxdeadbeef)
penso di aver capito il nocciolo della tua argomentazione: la persona umana.
Ci sono due stereotipi: il comunismo ha intruppato la persona umana in un meccanismo statale centrale, dove la priorità è lo Stato sulla persona. Il capitalismo mantiene lo stato individualistico di libertà seppur piegato alla finalizzazione del consumo.
Nessuno dei due stereotipi offre o ha offerto la possibilità di espressione umana, in quanto da una parte la libertà nel sistema capitalistico e l'eguaglianza nel sistema dell'economia pianificata, imprigionano la personalità umana.

Il marketing studia il consumatore e anche come i media lo condizionano, da una parte segue le mode delle esigenze degli stili di vita, e dall'altra deve far vendere il proprio prodotto.Quindi veicola bisogni e necessità, immagini, status symbol, creazione di false identificazioni nel prodotto. Perchè l'alienazione non è solo nel lavoro, Se seguo il tuo esempio ti dico appunto che il marketing vuole far identificare il consumatore con l'oggetto acquistato.E' l'oggetto di consumo ora ad avere nostre parti di identità.Noi siamo nell'oggetto da status symbol, noi siamo nello stile di vita scelto.questa è proiezione esterna della personalità, , come i tatuaggi.Ci vogliamo far conoscere esternamente dai nostri simili, bisognosi e questo sì che è autentico, di identificarci in gruppi sociali, di farci accettare.allora la moda del piumino di tal marca, le sneaker di tal marca, lo smartphone di tal marca,, e i giovani ne sono più coinvolti, per loro necessità di far gruppo, di avere amici.
Il problema è come esigenze umane autentiche vengano veicolate per fini che non sono più autentici, aumentando il divario del "quel che siamo autenticamente, e quel che dobbiamo mostrare per essere accettati".

paul11

Citazione di: donquixote il 04 Novembre 2018, 03:46:24 AM. Soprattutto dalla realtà dell' "essere umano" 
ciao Donquixote,
La premessa è giusta, sono anch'io altamente critico su come la filosofia moderna abbia analizzato l'uomo e le sue relazioni con il mondo.
L'errore salta fuori quando si trattò di creare i soviet. Autogestiti? E' il centro statale che decide la forma organizzativa? Sono i lavoratori che decidono chi e come deve organizzarsi i processi decisionali, le rotazioni o incarichi fissi? E chi li decide? 
Ci sono ancora privilegi? Essere dentro la nomenklatura è meglio che esserne fuori.

Nella prassi uscirono le contraddizioni umane tipiche delle organizzazioni sociali.
Su questo sono d'accordo, emergono a prescindere da ideologie quali forme organizzative siano confacenti alle caratteristiche umane. E la mia risposta è che nessuno lo sa.Possiamo a tavolino pensare la miglior forma di Stato o di semplice organizzazione di un'impresa ed emergeranno le nostre singole contraddizioni umane.
Per questo le prassi bypassano le teoretiche.Persino Rousseau nel Contratto sociale scrive che la grandezza di uno Stato, e le sue forme alla fine si confanno al grado di maturità di un popolo.
Allora ci meritiamo il turbocapitalismo?
Persino il positivismo giuridico dice che è la legge che fa il popolo e non viceversa.
E che cosa è la "mano invisibile" capitalistica se non le infinite scelte individuali quotidiane che ognuno compie come azione sociale? Tutti bypassano la natura umana, perchè è l aprassi che convalida la teoria, Queto avviene anche nel marketing come forma sofisticata della teoria dei giochi e delle scelte in basi a teorie psicologiche applicate sui prodotti di consumo e testate.
Quindi la dimostrazione è nelle prassi non nelle teoretiche che mutano, che convalidano e giustificano .

Ma paradossalmente funziona. Questo è il punto. Non è necessario sapere di più della natura umana, basta aver capito nell'azione politica ed economica il grado di manipolabilità sull'uomo per portarlo verso i propri fini.

Marx oggi perde perchè non c'è un'identificazione di classe.Che cosa porta l'essere umano ad identifcarsi e creare un gruppo sociale, un movimento, un partito di classe? Una condizione oggettiva e una condizione soggettiva.

Concludo ,perchè ripeto la premessa tua è importante e la dimostrazione è che la "sinistra" internazionale(e non solo partitica parlamentare), magari con dei distinguo ha accettato da anni la globalizzazione in quanto dovrebbe portare ad un livellamento dei bisogni e dei beni su scala planetaria.Ed è esattamente la cosa che dice la legge di mercato......................

Socrate78

I dati dicono però che la globalizzazione stia portando a gravi squilibri e ad una situazione in cui, a livello mondiale, le diseguaglianze si accentuano e non si livellano affatto. Almeno è la situazione attuale, poi se avviene qualcosa che faccia cambiare il corso degli eventi ad ora non si può dire.

Ipazia

Citazione di: donquixote il 04 Novembre 2018, 03:46:24 AM
Ho letto un po' velocemente i vari messaggi e a parte forse un accenno di Oxdeadbeef mi sembra che nessuno abbia evidenziato il punto centrale della questione, che è filosofico e non certo economico, mentre si discute esclusivamente di modi di produzione trascurando totalmente ciò che vi è alla base.  La semplice, essenziale e banale ragione per cui il comunismo ha fallito sta a mio avviso nel suo tentativo di imporsi come mera utopia completamente sganciata da qualsiasi senso della realtà, a dispetto della pretesa "scientificità" marxiana che appunto dalla realtà così com'è non dovrebbe prescindere. Soprattutto dalla realtà dell' "essere umano" che se già Kant, Voltaire e compagnia illuministica, sulla scorta del precedente "umanesimo", avevano già sopravvalutato con Marx si è giunti ad una idealizzazione totalmente al di fuori di ogni sia pur superficiale osservazione che chiunque era in grado di compiere.
Altrove avevo tracciato dei parallelismi fra il pensiero liberalcapitalista e quello comunista (con particolare riferimento ovviamente a quello espresso da Marx ed Engels che pare ancora essere, filosoficamente, imprescindibile); l'ovvia conclusione è che il comunismo ha perso, ma il pensiero di Marx ha vinto, sia pur sotto mentite spoglie. Li ripropongo qui.

Assai mentite spoglie. Perchè non hai capito che il perno del pensiero marxista non è il materialismo filosofico, ma l'abolizione della divisione di classe (economia). Il chè è chiaro fin dal manifesto del '47.

Citazione di: donquixote
Quella di Marx è "filosofia della prassi": nell'undicesima tesi su Feuerbach, che è stata riportata anche sulla sua lapide, afferma che più che interpretare il mondo bisogna trasformarlo. Il liberalcapitalismo esalta proprio l'azione, la trasformazione e l'innovazione costante, lo spirito d'impresa, il lavoro, la "cultura del fare", il progresso, lo sviluppo, la crescita, quindi condivide questa impostazione.
Condividono certamente l'idea di progresso. Ma con una differenza sostanziale:
tesi 10: ""Il punto di vista del vecchio materialismo è la società borghese; il punto di vista del nuovo materialismo è la società umana, o l'umanità sociale."

Citazione di: donquixote
Marx auspicava l'abolizione delle classi: il liberalcapitalismo la sta realizzando trasformando progressivamente l'umanità in un'unica classe di sfruttati a fronte di un numero sempre più esiguo di sfruttatori, che essendo fra l'altro in competizione fra loro non potranno certo sviluppare una "coscienza di classe".

Qui siamo alla fenomenologia spicciola con un non sequitur sia logico che empirico sulla coscienza di classe (che la "borghesia" tardocapitalistica ha all'ennesima potenza e se la racconta ogni anno al Bilderberg). Nemmeno ai tempi dei faraoni la differenza di condizioni di vita tra la base e il vertice della piramide era così mostruosa. La spersonalizzazione del padrone borghese non ne ha cambiato l'essenza, ma la fenomenologia, creando uno schermo impersonale tra chi sfrutta e chi è sfruttato. Il fenomeno era già evidentissimo ai tempi di Lenin e della stesura dell'"Imperialismo, fase suprema del capitalismo" (trust, monopoli, società anonime). Quella fase suprema si è dilatata fino allo "stato mondiale delle multinazionali" teorizzato negli anni 70 del '900 e ancora oltre ad un imperialismo globalizzato su base finanziaria. Unica costante: la società classista e i tagliatori di cedole con villa nei paradisi fiscali, protetti dall'anonimato delle corporations e dalle top guns del loro impero politico.

Citazione di: donquixote
Marx auspicava l'abolizione dello Stato in quanto garante degli interessi delle classi più abbienti: il liberalcapitalismo la sta realizzando dato che gli stati nazionali sono sempre meno autorevoli e quella che il marxismo chiamava "internazionalizzazione" adesso si chiama "globalizzazione", ove uomini ma soprattutto merci e capitali godono della più completa libertà di movimento (ognuno ha la possibilità di andare ovunque per realizzare il proprio "american dream" se in patria non ha l'opportunità di farlo).

Poche idee e ben confuse. Eppure già un secolo fa Lenin spiegava in "Stato e rivoluzione" cosa si intende per "abolizione dello stato". Che lo stato capitalistico sia nazionale o multinazionale non cambia nulla: tutela comunque (WTO, Banca mondiale, NATO, CE) gli interessi della classe borghese dominante e lo fa sia con le cannoniere militari che con quelle finanziarie. E' questo lo stato da abolire, non le funzioni amministrative di gestione della cosa pubblica in uno "stato" comunista, il cui internazionalismo dei lavoratori è antitetico al globalismo dei capitali e delle merci dei loro sfruttatori.

Citazione di: donquixote
È vero che Marx criticava l'individualismo, cardine dell'ideologia liberale, ma non si comprende come questa critica si possa coniugare con l'auspicata e programmata abolizione dello stato; senza stato e senza "ideologie" (dato che Marx criticava anche quelle) ogni individuo fa per sé, e dunque non vi può essere valore superiore al proprio ego e alla sua soddisfazione, a maggior ragione nel mondo della "praxis".

E' una critica che si può fare ad ogni forma di anarchismo (comunista o liberale), non certo ai comunisti che nel partito individuavano il cervello amministrativo della cosa pubblica, funzione necessaria anche in un condominio. Si estingue la essenza repressiva dello stato borghese, la funzione che fonda la classe dominante in quanto stato. Una volta abolite le classi anche questa funzione cessa e con essa lo stato inteso in senso classista, ovvero di violenza organizzata contro le classi subalterne. E' evidente che in una società comunista la priorità del bene pubblico e la gestione cooperativa dello stesso (entrambi archè di un'etica umanistica) limita l'individualismo, in quanto esercizio di "volontà di potenza", agli ambiti della vita privata.

Citazione di: donquixote
Marx auspicava l'abolizione delle religioni (che nei paesi ispirati dal suo pensiero erano proibite per legge). Il liberalcapitalismo l'ha realizzata svuotandole completamente di senso e riducendole a mero "entertainment", quindi di fatto abolendole in modo "soft" o convertendole al proprio verbo (nessun Papa è mai stato più marxista e quindi liberalcapitalista quanto quello attuale).

Il marxismo ha perseguito l'abolizione del parassitismo religioso (clero) così come del parassitismo economico (classi dominanti). Nel privato uno può credere in ciò che vuole e sostenere pure le sue sette. Che il Capitale abbia sostituito gli antichi dei e istituito un nuovo clero economico-finanziario è un problema interno alle religioni, non degli atei comunisti, che combattono anche l'ideologia di questa nuova religione sviluppata della borghesia dominante intorno al feticismo delle merci e del denaro.

Citazione di: donquixote
L'economia era per Marx la scienza della soddisfazione dei bisogni umani, e la questione fondamentale della sua prassi era tale soddisfazione e le modalità per raggiungerla, la cosiddetta "struttura", mentre criticava le "sovrastrutture" ovvero le ideologie che giustificavano una situazione di fatto (nella fattispecie lo sfruttamento del lavoro umano) e che doveva essere rivoluzionata attraverso la prassi. Il liberalcapitalismo fa la medesima operazione occupandosi essenzialmente di far funzionare la "struttura" (l'economia) e variando di volta in volta le "sovrastrutture" per adeguarle al funzionamento della medesima...

Non si rimane classe dominante se non si ha pure l'intelligenza di imparare qualcosa dal nemico. Oggi i marxisti più coerenti, tanto in termini di coscienza di classe che di manipolazione della sovrastruttura ideologica per conservare e ampliare la struttura economica loro propria, sono proprio i capitalisti. Con una piccola, ma abissale, differenza. La struttura di cui parliamo è radicalmente diversa nelle due visioni del mondo.

tralascio il resto che, partendo da premesse sbagliate giunge a conclusioni sbagliate, a causa, soprattutto, di una conoscenza limitata e caricaturale del pensiero comunista di tradizione marxista. Certamente non casuale, ma molto coerentemente incardinata nella sovrastruttura dominante.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

0xdeadbeef

Citazione di: paul11 il 04 Novembre 2018, 13:46:23 PMciao Mauro(Oxdeadbeef)
penso di aver capito il nocciolo della tua argomentazione: la persona umana.



Ciao Paul11
Il nocciolo della mia argomentazione è l'emergere del soggetto (che non è né bene né male: "è").
Un emergere del soggetto che né Marx né tantomeno i suoi mediocri epigoni hanno colto, come sostengo nella risposta
all'amico Donquixote (cui ti rimando per i particolari).
In realtà, come dico in quella risposta, Lenin prima e, soprattutto, Stalin poi hanno avuto "sentore" della
soggettività storica, ma l'impalcatura teoretica e prasseologica del marxismo, impregnata di "oggettività" (e
quindi di "scientificità") ne hanno impedito quello sviluppo che sarebbe stato naturale conseguenza di una
concezione "storica" del materialismo.
Le conseguenze pratiche di questo fallimento teoretico sono sotto gli occhi di tutti (almeno di coloro che ce
l'hanno, gli occhi...). Nel totale oblio della "coscienza di classe", cioè nel totale oblio dell'"oggetto- classe",
ad emergere nella sfera internazionale (una sfera che, ovviamente, nega il soggetto-stato), cioè nella sfera chè
è propria della "sinistra politica", è l'individuo con il suo strumento più efficace nel dirimerne le controversie:
il mercato.
saluti

Ipazia

Citazione di: paul11 il 04 Novembre 2018, 14:18:23 PM

Marx oggi perde perchè non c'è un'identificazione di classe.Che cosa porta l'essere umano ad identifcarsi e creare un gruppo sociale, un movimento, un partito di classe? Una condizione oggettiva e una condizione soggettiva.


Questo è il capolavoro della classe dominante, che invece di coscienza di classe ne ha in abbondanza; avere disintegrato le condizioni oggettive e soggettive della coscienza di classe operaia attaccandola su più fronti: globalizzazione del processo produttivo, delocalizzazione, progettazione separata dalla produzione, automazione, scardinamento delle rappresentanze storiche dei lavoratori strutturate su base nazionale (che non conta più nulla), distruzione della grande industria nel primo mondo e collocazione della stessa dove minore o del tutto assente è la sua autonomia politica (sfruttando anche l'ambiguità politica cinese per questa operazione), proletarizzazione dell'artigianato e del terziario portando la privatizzazione fin dentro il contratto di lavoro (non più collettivo) e distruzione di ogni garanzia sul posto di lavoro.

Spetterà alle nuove generazioni ricostruire le condizioni soggettive di una risposta di classe, anche in termini di coscienza, in un quadro economico stravolto rispetto al modello classico della grande industria otto e novecentesca. Si può sempre riporre la speranza sulle enormi contraddizioni del modello di vita capitalistico, ma i manuali di strategia antagonistica sono tutti da riscrivere e probabilmente anche chi li riscriverà sarà molto diverso dalle figure storiche della militanza politica. Penso ad un qualche ritorno al più spontaneo luddismo. Ma anche il territorio del consumo (km zero e boicottaggi) mi pare fecondo per il dissotterramento dell'ascia di guerra. Occupy Wall Street ha quantomeno un merito teorico: avere indicato dove sta il padrone. Il padrone lo sa e probabilmente sta già preparando le contromosse per il prossimo assalto al Palazzo d'Inverno dove si rischierà di trovare solo dei calcolatori di ultima generazione.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

paul11

ciao Socrate78,
sono d'accordo anch'io che la globalizzazione crea disseti sociali.
Ma quando c'è pochezza di analisi e poco o nulla di prassi, la strategia diventa"tanto peggio, tanto meglio".
L'utilizzo ad esempio dell'emigrazione è voluta sia dal capitalista sia dalla povertà di analisi attuale socialista/comunista.
La "nuova classe sociale" può rinsanguare il fiacco occidentale.
Personalmente non mi trovo molto d'accordo 

ciao Mauro(Oxdeadbeef),
Marx è uno dei pochi pensatori che ha tentato di anticipare i tempi , con lo studio del ciclo economico.
Sapeva che il capitalismo in questo andamento ciclico ha sempre una crisi.La prassi è avere una classe cosciente e pronta alla lotta di classe. Ribadisco ,la teoria del valore/lavoro è per rendere cosciente che nello scambio economico in cui esiste un capitalista è un lavoratore subordinato, contrattualmente il lavoratore sarà sempre perdente e deve necessariamente coalizzarsi, e il plusvalore rappresenta lo sfruttamento economico e l'alienazione umana.
Il soggetto fu studiato, è esemplare lo studio di Marx ed Engels sul lavoratore inglese, vale a dire dove nacque la rivoluzione industriale.Li battezzò come non rivoluzionari, incapaci di posizionarsi contro la monarchia.E così è sempre stato.

Il soggetto presuppone la natura umana ,il retroterra storico e le condizioni in cui agisce.
A mio modo di vedere l'uomo è usato sia dal capitalismo che dal socialismo/comunismo almeno nella fase iniziale di uno Stato socialista/comunista.Il capitalismo lo utilizza come individualismo il socialismo/comunismo come gruppo sociale.
Come ho scritto a Donquixote, nessuno ha mai postulato, se non retoricamente, un'analisi dell'uomo nel contesto politico, in maniera "seria".Marx ripone nella condizione di una società socialista/comunista la fiducia che l'uomo si riappropri delle sue prerogative di dignità, ecc.Ma sono state proprio le pratiche a dimostrarne i limiti.

Marx non poteva prevedere le diverse forme della rivoluzione industriale e le fasi del capitalismo finanziario attuale.
Questo scombussola la sociologia marxista o comunque la sua influente ascendenza ad esempio nella scuola di Francoforte.
Perchè l'esercito dei tecnocrati e burocrati che fan da cuscinetto come piccolo borghesi fra la classe vocata alla rivoluzione e la grande borghesia, sarà il ceto medio a cui da sempre hanno mirato come maggioranza elettorale tutti i partiti parlamentari;
fino a sparire le destre e le sinistre storiche. I mutamenti strutturali ,come state scrivendo tu e Ipazia, hanno sconvolto la struttura sociale.la grande industria non esiste più come concentrazione migratoria dal contado all'inurbamento.
Il problema è: è ancora centrale il luogo di produzione da un punto di vista della classe come identificativa per la lotta di classe, o si trova fuori, sul territorio, fra i disoccupati, nei palazzoni delle periferie, in mille negozietti e centri commerciali con contratti "volatili" se non in nero? La lotta di classe diventa massa critica se ha una consistenza identificativa che allarga il consenso, diversamente vince la frammentazione individualistica, dove ognuno è perso nei suoi casi umani o dove si suicida.
Eppure mai come oggi tutti sanno di più,sono più a conoscenza dello sfruttamento. Ma conoscenza non equivale a coscienza, e la coscienza non equivale a lottare per un destino.mancano gli inneschi, i legami che permettono i salti.
penso che uno dei problemi sia proprio nello voluto sbandieramento del fallimento sovietico.
Perchè anche quì l'interpretazione storica è lineare.Vale adire l'interpetazione corrente è che il comunismo ha avuto la sua occasione, ha vinto il capitalismo e il comunismo è finito, non solo fallito.
Questo è un forte deterrente ai concetti di lotta di classe., perchè gli stessi partiti parlamentari lo hanno condiviso e da allora sono andati a braccetto con il capitalismo. Ora, è l'andazzo comune, c'è solo il capitalismo e l'uomo sta vivendo fatalisticamente questa storia lineare.
Ma proprio perchè, questa è la mia interpretazione, non ho una cieca fiducia nel'uomo, non credo alla storia lineare, si presenteranno eccome altre occasioni perchè il capitalismo andrà in crisi altre volte ed essendo globale, non localizza più la sua crisi, ma la estende al mondo intero. E questa è una forza, ma un grosso limite pratico. Perchè significa avere analisi più complesse sulle geopolitiche e significa che non può che essere internazionale la lotta, diversamente è locale ,sociale di destra, è sciovinista.Oggi sta accadendo proprio questo, è più facile che salgano i movimenti di destra nazionale che quelli di un sinistra internazionalista praticamente inconsistente.
Come ho sempre sostenuto l'uomo può essere un cinico egoista parassitario,un soggetto sociale, e morire persino per delle idee..Sono le condizioni culturali, sociali, storiche che condizionano come il soggetto si comporta. Soprattutto quale sia l'esempio da seguire, il parametro "educativo" di riferimento.

donquixote

Io volevo trattare questo argomento dal punto di vista filosofico, ovvero dal punto di vista delle idee che poi hanno ispirato i vari tentativi di costruzioni di società ispirate da quelle idee, e non certo parlare di mera organizzazione dei rapporti economici e gestione dei mezzi di produzione, perchè allora il discorso essenziale si fa più semplice e verte solo sull'efficienza dei due sistemi, e indubbiamente il sistema capitalistico è ben più efficiente, economicamente parlando (ovvero di mera produzione di "ricchezza" materiale) di quello socialista.

Ma siccome a me dell'economia non interessa nulla intendevo contestare i principi sui quali si basano le idee di Marx e mostrare come questi siano talmente sganciati dalla realtà da non essere affatto diversi da quelli dei "socialisti utopisti" che lo stesso Marx criticava e tentò di superare con un preteso approccio "scientifico".
In ogni caso, nel "Manifesto" Marx ed Engels tracciano inizialmente un elogio sperticato alla borghesia che ha ispirato la Rivoluzione Francese, dicendo fra le altre cose che essa: "ha giocato nella storia un ruolo altamente rivoluzionario" distruggendo i rapporti feudali e patriarcali precedenti. Gli autori affermano inoltre che "Con grande dispiacere dei reazionari essa ha sottratto all'industria il suo fondamento nazionale. Antichissime industrie nazionali sono state distrutte e continuano a esserlo ogni giorno. Nuove industrie le soppiantano, industrie la cui nascita diventa una questione vitale per tutte le nazioni civili, industrie che non lavorano più le materie prime di casa ma quelle provenienti dalle regioni più lontane, e i cui prodotti non vengono utilizzati solo nel paese stesso ma, insieme, in tutte le parti del mondo. Al posto dei vecchi bisogni, soddisfatti dai prodotti nazionali, se ne affermano di nuovi, che per essere soddisfatti esigono i prodotti delle terre e dei climi più lontani. Al posto dell'antica autosufficienza e delimitazione locale e nazionale si sviluppano traffici in tutte le direzioni, si stringe una reciproca interdipendenza universale fra le nazioni. E ciò sia nella produzione materiale che in quella spirituale. Le conquiste spirituali delle singole nazioni divengono bene comune. L'unilateralità e la delimitazione nazionale diventano sempre meno possibili e dalle varie letterature nazionali e locali si costruisce una letteratura mondiale." Cos'altro mai è la "globalizzazione" moderna se non l'ovvio e naturale sviluppo di queste idee così esaltate a metà dell' ottocento dai fondatori del comunismo?

Scriveva Gramsci nel 1918, dopo aver esaltato la rivoluzione bolscevica (definita "rivoluzione borghese") e un anno prima di fondare il Partito Comunista d'Italia: "L'economia borghese ha così suscitato le grandi nazioni moderne. Nei paesi anglosassoni è andata oltre: all'interno la pratica liberale ha creato meravigliose individualità, energie sicure, agguerrite alla lotta e alla concorrenza, ha discentrati gli Stati, li ha sburocratizzati: la produzione, non insidiata continuamente da forze non economiche, si è sviluppata con un respiro d'ampiezza mondiale, ha rovesciato sui mercati mondiali cumuli di merce e di ricchezza. Continua ad operare; si sente soffocata dalla sopravvivenza del protezionismo in molti dei mercati europei e del mondo." Nello stesso articolo, scritto per esaltare la costituzione della "Lega delle Nazioni" da parte del presidente USA Wilson (che non era essenzialmente diversa dagli attuali ONU, WTO etc.), afferma: "Rappresenta, la Lega delle Nazioni, un superamento del periodo storico delle alleanze e degli accordi militari: rappresenta un conguagliamento della politica con l'economia, una saldatura delle classi borghesi nazionali in ciò che le affratella al di sopra delle differenziazioni politiche: l'interesse economico. Ecco perché l'ideologia si è affermata vittoriosamente nei due grandi Stati anglosassoni, liberisti e liberali." La sua avversione agli stati nazionali è ben evidenziata inoltre in questo brano: "[la nazione] non è alcunché di stabile e di definitivo, ma è solo un momento dell'organizzazione economico-politica degli uomini. [...] Essa si è allargata dal Comune artigiano allo Stato nazionale, dal feudo nobilesco allo Stato nazionale borghese. [...] Tende ad allargarsi maggiormente, perché le libertà ed autonomie realizzate finora non bastano più, tende a organizzazioni più vaste e comprensive: la Lega delle Nazioni borghesi, l'Internazionale proletaria."
Poi prosegue: "Noi crediamo che dei fatti politici di straordinaria grandezza siano in maturazione e crediamo che la discussione del problema dei superstati ne sia appunto il sintomo esteriore. In seno a tutte le singole nazioni del mondo esistono energie capitalistiche che hanno interessi permanentemente solidali tra loro: queste energie vorrebbero assicurarsi garanzie permanenti di pace, per svilupparsi ed espandersi. Esse cercano di rivelarsi e cercano di organizzarsi internazionalmente: la Società delle Nazioni è l'ideologia che fiorisce su questa solida base economica [...]
"Gli inglesi hanno incominciato ad attuare nel loro impero la forma nuova di società, trasformando il territorio dei loro domini in una colossale federazione di nazioni - poichè le colonie inglesi sono ormai diventate delle vere nazioni, a sviluppo economico notevole, e tra gli indigeni sono sorte le classi sociali, e la borghesia indigena sente di essere unita da vincoli di solidarietà con la borghesia della madre-patria. Gli inglesi hanno risolto il problema delle nazionalità, hanno cercato con la federazione di evitare la secessione, di veder sfasciarsi la formidabile concentrazione di capitali che rappresenta l'Impero britannico."
Siamo 70 anni dopo il "Manifesto", e il più celebrato autore marxista italiano, a cui ancora oggi molti si ispirano, scriveva queste cose...  Alla faccia del presunto antimperialismo dei suoi eredi... Ognuno tragga da ciò le considerazioni che gli paiono più opportune.

Ma quanto sopra dimostra, ripeto filosoficamente, una cosa sola: che l'essenza del marxismo (o della filosofia marxista) non è affatto in opposizione alle idee liberali e borghesi, anzi le abbraccia tutte,  solo ritiene il potere della borghesia sui mezzi di produzione una fase da superare con l'abolizione della proprietà privata e lo stato socialista, anch'esso peraltro considerato come passo successivo verso la completa liberazione dell'uomo da ogni vincolo per il raggiungimento di un idilliaco "stato di natura" in cui gli uomini saranno spontaneamente e consapevolmente "liberi, uguali e fratelli".
Filosoficamente parlando il marxismo ha incarnato la più radicale idea di rivoluzione a cui si potesse pensare, e questa è la "cifra" peculiare di questa ideologia. Il fondatore della socialdemocrazia tedesca, Eduard Bernstein, divenne famoso per la massima "Il movimento è tutto, il fine è nulla", e al crollo del comunismo sovietico lo stesso Gorbaciov si rifece a quella massima per denunciare l'errore dell'Unione Sovietica nella cristallizzazione sulla lotta al capitalismo mentre avrebbe dovuto avere come obiettivo la realizzazione di quella che Trotsky chiamava "rivoluzione permanente". Lezione che evidentemente deve aver appreso l'attuale presidente cinese, uno dei più agguerriti alfieri della globalizzazione e del "libero mercato", che alla celebrazione del bicentenario della nascita di Marx affermò nel suo discorso: "La Cina continuerà ad innalzare la bandiera del marxismo", senza provare evidentemente alcun disagio.
Peraltro, se come si tende a pensare il marxismo nasce e si sviluppa in contrapposizione allo strapotere capitalistico borghese, non si comprende come mai esso si sia politicamente affermato in luoghi ove tale potere era meno presente, ovvero quelli meno industrializzati (la Russia, la Cina, la penisola indocinese, il sud America) mentre ove lo sfruttamento del lavoro era maggiore (Europa occidentale e Stati Uniti) nessuno si è mai sognato di compiere una "rivoluzione proletaria".

Forse la migliore e definitiva essenza del marxismo l'ha tracciata proprio un filosofo marxista, il greco Kostas Axelos, che aveva una conoscenza molto dettagliata dei testi di Marx e scrisse fra gli altri un saggio intitolato "Marx pensatore della tecnica" uscito in Italia nel 1963. In questo saggio Axelos afferma: «in Marx v'è ciò che nessuno osò vedere: una straordinaria passione per il nulla» e il suo pensiero sarebbe pertanto la «forma avanzata di un grandioso nichilismo, di un nichilismo planetario»
Non c'è cosa più deprimente dell'appartenere a una moltitudine nello spazio. Né più esaltante dell'appartenere a una moltitudine nel tempo. NGD

Ipazia

Tanto il comunismo che il capitalismo traggono nutrimento dallo stesso imponente sviluppo storico che coincide col passaggio da un'economia animale ad una economia fondata sulla macchina e la ricerca scientifica. L'enorme sviluppo produttivo e civile che ciò ha comportato è imprescindibile per qualunque concezione del mondo concepibile, che non si limiti a rimpiangere l'uomo delle caverne o attenda qualche messia dietro l'angolo. Ma la differenza, non solo economica, ma filosofica ed escatologica, tra comunismo e capitalismo, è che nel comunismo macchina/scienza significano "lavorare meno, lavorare tutti", mentre nel capitalismo significano morire di superlavoro (per concorrere con la macchina) o di disoccupazione. La differenza la fa la proprietà privata dei mezzi di produzione. Se questo non ha risvolti filosofici, mi chiedo che cosa sia la filosofia ? (Anche Aristotele, Politica I, 4-5, si interrogava sulla natura degli schiavi)

Basta leggere le opere giovanili di Marx per capire che tutta l'impostazione filosofica del suo pensiero è fondata su un progetto umanistico di emancipazione sociale. Il lavoro successivo individua nelle classi e nello sfruttamento del lavoro il filo conduttore della storia fino alla rivoluzione sociale con l'instaurazione di una società senza classi. I riconoscimento marxista verso il carattere progressista del capitalismo è lo stesso di qualunque persona raziocinante quando gli si chiede se preferirebbe vivere a New York o nella defunta repubblica islamica. Che cosa ci sia di nichilistico in questo progetto solo il "marxista" greco lo sa  :(  Ma chi l'ha letto, potrebbe illustrarci il suo ragionamento, senza pretendere che apoditticamente lo si prenda per buono ? 
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Ipazia

Citazione di: paul11 il 05 Novembre 2018, 01:25:27 AM

Come ho scritto a Donquixote, nessuno ha mai postulato, se non retoricamente, un'analisi dell'uomo nel contesto politico, in maniera "seria".Marx ripone nella condizione di una società socialista/comunista la fiducia che l'uomo si riappropri delle sue prerogative di dignità, ecc.Ma sono state proprio le pratiche a dimostrarne i limiti.

Ti rispondi da solo:

Citazione di: paul11 il 05 Novembre 2018, 01:25:27 AM
Perchè anche quì l'interpretazione storica è lineare.Vale adire l'interpetazione corrente è che il comunismo ha avuto la sua occasione, ha vinto il capitalismo e il comunismo è finito, non solo fallito.

la conoscenza dei limiti delle pratiche del socialismo reale è il passaggio utile per correggere e superare quei limiti al di là di ogni fideistica fiducia.

Citazione di: paul11 il 05 Novembre 2018, 01:25:27 AM

Il problema è: è ancora centrale il luogo di produzione da un punto di vista della classe come identificativa per la lotta di classe, o si trova fuori, sul territorio, fra i disoccupati, nei palazzoni delle periferie, in mille negozietti e centri commerciali con contratti "volatili" se non in nero? La lotta di classe diventa massa critica se ha una consistenza identificativa che allarga il consenso, diversamente vince la frammentazione individualistica, dove ognuno è perso nei suoi casi umani o dove si suicida.
Eppure mai come oggi tutti sanno di più,sono più a conoscenza dello sfruttamento. Ma conoscenza non equivale a coscienza, e la coscienza non equivale a lottare per un destino.mancano gli inneschi, i legami che permettono i salti.
penso che uno dei problemi sia proprio nello voluto sbandieramento del fallimento sovietico.
Perchè anche quì l'interpretazione storica è lineare.Vale adire l'interpetazione corrente è che il comunismo ha avuto la sua occasione, ha vinto il capitalismo e il comunismo è finito, non solo fallito.
Questo è un forte deterrente ai concetti di lotta di classe., perchè gli stessi partiti parlamentari lo hanno condiviso e da allora sono andati a braccetto con il capitalismo. Ora, è l'andazzo comune, c'è solo il capitalismo e l'uomo sta vivendo fatalisticamente questa storia lineare.
Ma proprio perchè, questa è la mia interpretazione, non ho una cieca fiducia nel'uomo, non credo alla storia lineare, si presenteranno eccome altre occasioni perchè il capitalismo andrà in crisi altre volte ed essendo globale, non localizza più la sua crisi, ma la estende al mondo intero. E questa è una forza, ma un grosso limite pratico. Perchè significa avere analisi più complesse sulle geopolitiche e significa che non può che essere internazionale la lotta, diversamente è locale ,sociale di destra, è sciovinista.Oggi sta accadendo proprio questo, è più facile che salgano i movimenti di destra nazionale che quelli di un sinistra internazionalista praticamente inconsistente.
Come ho sempre sostenuto l'uomo può essere un cinico egoista parassitario,un soggetto sociale, e morire persino per delle idee..Sono le condizioni culturali, sociali, storiche che condizionano come il soggetto si comporta. Soprattutto quale sia l'esempio da seguire, il parametro "educativo" di riferimento.

Concordo all'incirca su tutto. Mi spaventa forse meno di te il sovranismo, che tappa un buco abissale nella lotta contro il Finanzcapitalismus, prima che un movimento internazionalista degli sfruttati veda la luce. Il sovranismo è dinamite: va manipolato con cura e contrastato nei suoi eccessi fascisti e razzisti, ma il collaborazionismo delle agonizzanti sinistre storiche è peggio.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

paul11

#131
ciao Donquixote,
qualcosa avevo già scritto, ma approfondiamo pure i termini culturali.
il concetto di interesse economico è già nel codice di Hammurabi,non è un'"invenzione" filosofica o religiosa,semmai questi ne hanno preso atto.
Quindi uno dei grandi problemi, mai risolti, è la natura umana. Semmai le culture, filosofiche, spirituali, nel suo svolgersi e argomentare, presuppongono una fiducia o sfiducia nell'uomo
Il socialismo/comunismo ,a differenza di qualche filosofo  o pensatore, a mio parere è dentro la tecnica, non ne esce.
La fiducia nella progressività storica evolutiva pone il problema sociale in una forma escatologica, una nuova forma di religione, seppur
materialistica e non trascendentale.E' inutile e ovvio dire che Marx è influito dalla dialettica di Hegel.

Il nocciolo  del problema, la vera sfida culturale , è se l'uomo che vive nel capitalismo è davvero capace di costruire un sistema alternativo senza replicarne le contraddizione.essere condizionati dall'egoismo individualista e competitivo  o essere un "animale sociale" che antepone il bene comune a quello privato individualistico?
Da miei personali "antichi studi"  è difficilissimo creare "comuni", "autogestioni" che reggano nel tempo ,perchè siamo nati in un sistema educativo condizionante. Questo lo ritengo ben più importante di qualunque filosofia: lo spontaneismo,dopo una entusiasmante prima fase, ricade nelle contraddizioni umane, di territorialità di possesso/proprietà, gelosie, invidie.
Questo vale persino nelle organizzazioni moderne, nei luoghi di lavoro attuali.
quindi la natura umana a mio parere ha un ventaglio di modi di essere , che il sistema ambiente può condizionare in modalità egoistica o sociale. Quì sta il ruolo della sovrastruttura che organizza.
Il mio parere è che se il capitalismo, come forma moderna del rapporto di scambio sopravvive e muta come un virus in forme adattative è perchè  è confacente ad una tipologia naturale umana che per una certa filosofia e cultura è quella della "bassa istintività"

Qualunque forma organizzata, pensiero e cultura, che non tenga conto dell'essere umano è destinato a fallire.

Ma c'è un aspetto storico pratico, dall'altra parte di ciò che sopra esposto, che in fondo dice che la storia dei diritti civili e sociali essendo conquiste strappate ai "privilegiati" segna un percorso, mostra comunque un grado ,magari storicamente "lento", di prese di coscienza. E'  culturalmente altrettanto innegabile.

In fondo il cosiddetto capitalismo non necessita di una giustificazione culturale, è la prassi che sancisce il modo di essere umano che lo asseconda, che lo replica giorno per giorno.

Non è mai esisto, nemmeno nel pensiero dell'Umanesimo ,della modernità, il sistema di pensiero che veramente ponga l'uomo al centro, ma non come delirio di onnipotenza, ma come volontà di essere.
La modernità ha tolto la trascendentalità riposizionandosi  nella materialità, ma mantenendo quei "dispositivi culturali" metafisici antichi. L'agente umano ha spostato il focus sulla"trasformazione e modellazione".I pensieri sociali sono quindi interni all'idea progressivo-evolutiva, per questo plaudono  i salti storici come il passaggio dal feudalesimo alla borghesia.Il meccanismo storico
 è quindi vissuto sempre come chi ha privilegi, e chi soggiace a quei privilegiati.

Il discorso è ampio........dipende come lo si vuole impostare e focalizzare

Ipazia

Qui:

http://www.ledonline.it/laboratorioteoretico/allegati/filosofiadellatecnica-3-morfino.pdf

Vittorio Morfino fa una critica serrata dell'interpretazione "metafisica" di Kostas Axelos del pensiero di Marx. Erano anni in cui il nulla heideggeriano imperversava.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Ipazia

Citazione di: paul11 il 05 Novembre 2018, 10:20:23 AM

Non è mai esisto, nemmeno nel pensiero dell'Umanesimo ,della modernità, il sistema di pensiero che veramente ponga l'uomo al centro, ma non come delirio di onnipotenza, ma come volontà di essere.

Non mi pare. L'analisi di Marx sull'alienazione del lavoro pone l'essere, non il delirio, al centro della condizione antropologica.

... umano e bestiale: Alienazione del lavoro

Citazione di: paul11 il 05 Novembre 2018, 10:20:23 AM

La modernità ha tolto la trascendentalità riposizionandosi  nella materialità, ma mantenendo quei "dispositivi culturali" metafisici antichi. L'agente umano ha spostato il focus sulla"trasformazione e modellazione".I pensieri sociali sono quindi interni all'idea progressivo-evolutiva, per questo plaudono  i salti storici come il passaggio dal feudalesimo alla borghesia. Il meccanismo storico è quindi vissuto sempre come chi ha privilegi, e chi soggiace a quei privilegiati.
Il discorso è ampio........dipende come lo si vuole impostare e focalizzare

Io lo focalizzerei sul carattere trascendentale dell'operari umano che trasforma le condizioni materiali in "dispositivi culturali" metafisici moderni. Tra cui entra, a buon diritto, l'idea progressivo-evolutiva, misurabile in riscontri oggettivi quali attesa di vita, salute, risorse alimentari, potenziale miglioramento delle condizioni di lavoro, tempo libero e da liberare.

(Senza nulla togliere alla problematicità delle gigantesche remore dei dispositivi culturali atavici da smantellare, da te giustamente sottolineati, obiettivo etico (ergo filosofico) nel senso più pieno del termine, ovvero tecnico  :D)
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

0xdeadbeef

Citazione di: paul11 il 05 Novembre 2018, 01:25:27 AM

Il problema è: è ancora centrale il luogo di produzione da un punto di vista della classe come identificativa per la lotta di classe, o si trova fuori, sul territorio, fra i disoccupati, nei palazzoni delle periferie, in mille negozietti e centri commerciali con contratti "volatili" se non in nero? La lotta di classe diventa massa critica se ha una consistenza identificativa che allarga il consenso, diversamente vince la frammentazione individualistica, dove ognuno è perso nei suoi casi umani o dove si suicida.


Ciao Paul
Sono in linea di massima d'accordo, perchè un elemento a mio parere fondamentale è riscontrabile nel momento in cui
si pensa al "luogo" come all'unità embrionale ove nasce e si sviluppa il corpus normativo.
Da questo punto di vista, la "classe" materialistica è un "luogo" storicamente perdente laddove, dicevo, già nell'
URSS di Lenin era chiaro l'emergere del "soggetto-partito" (lampante poi nel "soggetto-stato" staliniano).
Non è dunque Marx a, per così dire, salire sul banco degli imputati (di miopia politica), quanto i suoi mediocri
epigoni (parlo soprattutto dei pensatori), che non sapendo vedere il non realizzarsi storico della "classe" non
hanno saputo vedere la conseguente contradditorietà del pensare il marxismo in modo scientifico (probabilmente
la lotta per il potere politico non ha nemmeno permesso uno svilupparsi coerente del pensiero).
Oggi sono individuabili due "luoghi" da cui hanno origine due diversi sistemi normativi.
Il primo "luogo" è quello largamente dominante dell'individuo. Ed il "corpus normativo" che da questo "luogo"
scaturisce è quello che nel tardo medievo chiamavano "lex mercatoria" (penso sia superfluo chiarire...).
Il secondo "luogo" è emerso di recente, ed è il "popolo" nel modo cui lo intende il "sovranismo".
Non vedo, almeno per il momento, nessun "embrione" di normatività nel "luogo" rappresentato dai disoccupati,
dai palazzoni delle periferie, dai mille negozietti etc.
Personalmente, è questa considerazione che mi ha spinto a guardare con simpatia al "populismo" (naturalmente
neppure considero la "sinistra" attuale, che non avendo "luogo" ne assume necessariamente uno dei due da me
sommariamete descritti - chiaramente il primo)
saluti

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