Perchè non posso più dirmi "di sinistra".

Aperto da 0xdeadbeef, 01 Marzo 2018, 20:16:29 PM

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paul11

Citazione di: anthonyi il 21 Marzo 2018, 09:04:52 AM
Citazione di: paul11 il 20 Marzo 2018, 11:53:45 AM


Sono gli atti che dichiarano oggi più che mai le coerenze di appartenenza ad un a tradizione politica.
Se si accetta che la legge è mobile e va modificata in funzione del mercato, l'uomo è merce e non più cittadino.
hanno deciso le gerarchie pratiche e l'adattamento delle normative in funzione della realtà economica che non è certo egualitaria nella produzione e distribuzione della ricchezza.
Non è pensabile oggi non toccare le forme della produzione di ricchezza, laddove nei luoghi di lavoro il cittadino-lavoratore è ricattato, e pensare che la sola fase ridistributiva della ricchezza(attraverso la fiscalità e poi con l'assistenza e previdenza) possa compensare quell'anomalia originaria
Il nostro sistema politico è incoerente fra pensiero ed azione,così come fra Costituzione e leggi

Ciao paul11, ho l'impressione che tu analizzi il problema partendo da posizioni molto idealiste. Gli ideali, i valori, i principi, sono  molto importanti, ma pensare che automaticamente si applichino alla realtà non ha senso. Non a caso i saggi costituenti hanno riempito la nostra costituzione ideale di verbi che sottolineano la "proposizione" di un modello sociale e non la sua imposizione.
Quello che poi tu evochi con un certo disprezzo come "adattamento al mercato" è in realtà una sana componente di realismo che purtroppo spesso manca nel comportamento dei nostri giuristi. Qualsiasi legge deve essere adattata al mercato(anche paradossalmente una legge che lo vuole abolire) perché altrimenti non può avere effetti) per farti un esempio vuoi intervenire sul mercato della droga perché lo ritieni dannoso, non ha senso che fai una legge che vieta il commercio della droga perché il bisogno spinge i drogati a comprarla illegalmente.
Tu mi dirai ma che c'entra la droga col Job act, e invece c'entra perché anche nel Job act non ha senso discutere solo delle regole ma bisogna guardare gli effetti di quelle regole. Naturalmente è una questione di interpretazione, il mio parere è che il Ja abbia migliorato la condizione media dei lavoratori e soprattutto abbia ridotto la precarietà rispetto alla situazione preesistente.
Purtroppo soprattutto nel nostro paese vi è una visione ideale, etica, e a volte addirittura estetica delle leggi dello stato, e invece ci vorrebbe un pò di pragmatismo.
Per dire, tu che proponi un cambiamento delle "forme di produzione della ricchezza" potresti provare a precisare nel concreto cosa intendi.
In realtà, nel concreto, questo cambiamento viene continuamente attuato da quelli che la teoria economica definisce imprenditori. Non a caso Hayek afferma che la differenza tra sistema liberale rispetto a quello socialista sta nel fatto che all'interno di un sistema liberale sarebbe possibile organizzare il socialismo ma non è vero il contrario.
Un saluto
ciao anthonyi.
non ritengo propriamente di essere un idealista.

Semmai è cosa si inserisce come prioritario nel sistema umano che dichiara la tipologia di sistema.
Ad esempio io dico dei valori e tu invece il mercato.così mi sembra di capire dalla tua argomentazione.

S pongo l'uomo come centralità del sistema e dichiaro ad esempio la dignità, la giustizia,  come fondamento, sarà il mercato ad adattarsi a questi valori coniugati all'uomo.
Se invece dichiaro che il mercato è fondamentale, sarà l'uomo la variabile ad essere adattata anche se calpestasse dignità e giustizia.

E mi ricordo una polemica nata parecchi anni fa, anni Ottanta.
Sul giornale La Stampa di Torino, di proprietà Agnelli , nel quale scriveva Norberto Bobbio, ci fu una polemica con l'amministratore della Fiat Cesare Romiti.
Si era impiccato un operaio della fabbrica in fondo ai capannoni. Era nella lista da epurare dopo l ostato di crisi aziendale dichiarato allora dalla Fiat.
Romiti, ragionando da imprenditore, dichiarava che purtroppo la salvaguardia dell'azienda è superiore al lavoratore.
Bobbio dichiarava invece che l'azienda e il mercato non potevano essere superiori alle persone umane.

Ora ,la nostra Costituzione dichiara dei valori come princicpi appunto costitutivi dello Stato italiano, salvo smentirsi nel Codice civile nel libro sul lavoro.
L'imprenditore ha la libertà e facoltà "libera" e sottolineo libera (perchè Hayek è un liberista prima di essere un liberale, Bobbio ad esempio era un liberalsocialista) di aprire e chiudere fabbriche ,spostare sedi sociali, insomma di organizzare la propria azienda seguendo la logica del profitto.
Questo è il fondamento, pratico e ribadisco pratico ,che permette ad aziende seppur con bilanci positivi e profittevoli, di delocalizzare, di chiedere stati di "crisi" e avere prestiti agevolati bancari ,decontribuzione del costo del lavoro, ecc.
Il lavoratore di quell'azienda, che ricordiamolo è cittadino italiano e in quanto tale tacitamente adempiente alla Costituzione, si trova a spasso con il culo per terra.
E' giusto? Cosa intendiamo per giustizia?

O la Costituzione coerentemente la mutano e non dichiarano teorie che poi le pratiche smentiscono o no lasciano la libertà imprenditoriale superiore alla libertà del cittadino dipendete lavoratore con contratto di subordinato.
Uno dei grandi motivi per cui la sinistra storicamente ha perso, è quello di non essere mai intervenuta legislativamente a bloccare,
regolamentare seriamente questo problema. 
Altro è dire che visto che la comunità internazionale impone la libera imprenditoria soprattutto nel tempo della globalizzazione allora l'uomo è delocalizzabile dall'italia la Polo Sud e al Polo Nord,come variabile migratoria.

Infine il welfare state, l'intervento dello Stato, è servito più a dare profitti agli imprenditori furbetti che ai lavoratori , e in più a mantenere la quieta sociale, perchè se non fossero stati nemmeno dati sussidi a coloro che fossero cassaintegrati fino agl iesodati, si sarebbero andati allo scontro fisico, allo scontro sociale per disperazione.
Il popolo ha due tipi di coscienza, uno è nello stomaco e fin quando mangia è più tranquillo ,ed è quello che  ha funzionato nello "stato del benessere", l'altro è la coscienza intesa come conoscenza come presa d'atto  dello sfruttamento economico.

Lo sfruttamento economico avviene nel luogo della produzione del reddito, quindi dove si produce il valore aggiunto , plus valore, o qual dir si voglia. Quì la legislazione ben si guarda di entrarci(se non sulla tipologia del contratto) e lascia il compito alla scrittura privata della contrattazione dei rappresentanti datoriali e dei lavoratori.
A volte paragono lo stadio calcistico ai luoghi di lavoro, lì la Costituzione è parvenza, le prassi sono altre sono concessi comportamenti oltre la legge.
Eppure è nei luoghi di produzione che si forma "la produzione della ricchezza",perchè i prezzi finali sono determinati dai margini contributivi studiati dalle analisi dei controlli di gestione operative che tengono conto dei costi dei fattori produttivi.
E quì il sindacato è indietro di un millennio.
E' la produzione del reddito che genera il pil, la redistribuzione attinge dalla ricchezza prodotta e lo Stato attraverso al fiscalità, dovrebbe fa rientrare nell'equità sociale(e quì sì che vi rientra anche la Costituzione) secondo cui chi ha più reddito dà più denaro a fisco che lo redistribuisce equamente nelle fasce più bisognose  della popolazione e nei servizi sociali.

anthonyi

Citazione di: paul11 il 21 Marzo 2018, 11:54:01 AM
Citazione di: anthonyi il 21 Marzo 2018, 09:04:52 AM
Citazione di: paul11 il 20 Marzo 2018, 11:53:45 AM


Sono gli atti che dichiarano oggi più che mai le coerenze di appartenenza ad un a tradizione politica.
Se si accetta che la legge è mobile e va modificata in funzione del mercato, l'uomo è merce e non più cittadino.
hanno deciso le gerarchie pratiche e l'adattamento delle normative in funzione della realtà economica che non è certo egualitaria nella produzione e distribuzione della ricchezza.
Non è pensabile oggi non toccare le forme della produzione di ricchezza, laddove nei luoghi di lavoro il cittadino-lavoratore è ricattato, e pensare che la sola fase ridistributiva della ricchezza(attraverso la fiscalità e poi con l'assistenza e previdenza) possa compensare quell'anomalia originaria
Il nostro sistema politico è incoerente fra pensiero ed azione,così come fra Costituzione e leggi

Ciao paul11, ho l'impressione che tu analizzi il problema partendo da posizioni molto idealiste. Gli ideali, i valori, i principi, sono  molto importanti, ma pensare che automaticamente si applichino alla realtà non ha senso. Non a caso i saggi costituenti hanno riempito la nostra costituzione ideale di verbi che sottolineano la "proposizione" di un modello sociale e non la sua imposizione.
Quello che poi tu evochi con un certo disprezzo come "adattamento al mercato" è in realtà una sana componente di realismo che purtroppo spesso manca nel comportamento dei nostri giuristi. Qualsiasi legge deve essere adattata al mercato(anche paradossalmente una legge che lo vuole abolire) perché altrimenti non può avere effetti) per farti un esempio vuoi intervenire sul mercato della droga perché lo ritieni dannoso, non ha senso che fai una legge che vieta il commercio della droga perché il bisogno spinge i drogati a comprarla illegalmente.
Tu mi dirai ma che c'entra la droga col Job act, e invece c'entra perché anche nel Job act non ha senso discutere solo delle regole ma bisogna guardare gli effetti di quelle regole. Naturalmente è una questione di interpretazione, il mio parere è che il Ja abbia migliorato la condizione media dei lavoratori e soprattutto abbia ridotto la precarietà rispetto alla situazione preesistente.
Purtroppo soprattutto nel nostro paese vi è una visione ideale, etica, e a volte addirittura estetica delle leggi dello stato, e invece ci vorrebbe un pò di pragmatismo.
Per dire, tu che proponi un cambiamento delle "forme di produzione della ricchezza" potresti provare a precisare nel concreto cosa intendi.
In realtà, nel concreto, questo cambiamento viene continuamente attuato da quelli che la teoria economica definisce imprenditori. Non a caso Hayek afferma che la differenza tra sistema liberale rispetto a quello socialista sta nel fatto che all'interno di un sistema liberale sarebbe possibile organizzare il socialismo ma non è vero il contrario.
Un saluto
ciao anthonyi.
non ritengo propriamente di essere un idealista.

Semmai è cosa si inserisce come prioritario nel sistema umano che dichiara la tipologia di sistema.
Ad esempio io dico dei valori e tu invece il mercato.così mi sembra di capire dalla tua argomentazione.

S pongo l'uomo come centralità del sistema e dichiaro ad esempio la dignità, la giustizia,  come fondamento, sarà il mercato ad adattarsi a questi valori coniugati all'uomo.
Se invece dichiaro che il mercato è fondamentale, sarà l'uomo la variabile ad essere adattata anche se calpestasse dignità e giustizia.

E mi ricordo una polemica nata parecchi anni fa, anni Ottanta.
Sul giornale La Stampa di Torino, di proprietà Agnelli , nel quale scriveva Norberto Bobbio, ci fu una polemica con l'amministratore della Fiat Cesare Romiti.
Si era impiccato un operaio della fabbrica in fondo ai capannoni. Era nella lista da epurare dopo l ostato di crisi aziendale dichiarato allora dalla Fiat.
Romiti, ragionando da imprenditore, dichiarava che purtroppo la salvaguardia dell'azienda è superiore al lavoratore.
Bobbio dichiarava invece che l'azienda e il mercato non potevano essere superiori alle persone umane.

Ora ,la nostra Costituzione dichiara dei valori come princicpi appunto costitutivi dello Stato italiano, salvo smentirsi nel Codice civile nel libro sul lavoro.
L'imprenditore ha la libertà e facoltà "libera" e sottolineo libera (perchè Hayek è un liberista prima di essere un liberale, Bobbio ad esempio era un liberalsocialista) di aprire e chiudere fabbriche ,spostare sedi sociali, insomma di organizzare la propria azienda seguendo la logica del profitto.
Questo è il fondamento, pratico e ribadisco pratico ,che permette ad aziende seppur con bilanci positivi e profittevoli, di delocalizzare, di chiedere stati di "crisi" e avere prestiti agevolati bancari ,decontribuzione del costo del lavoro, ecc.
Il lavoratore di quell'azienda, che ricordiamolo è cittadino italiano e in quanto tale tacitamente adempiente alla Costituzione, si trova a spasso con il culo per terra.
E' giusto? Cosa intendiamo per giustizia?

O la Costituzione coerentemente la mutano e non dichiarano teorie che poi le pratiche smentiscono o no lasciano la libertà imprenditoriale superiore alla libertà del cittadino dipendete lavoratore con contratto di subordinato.
Uno dei grandi motivi per cui la sinistra storicamente ha perso, è quello di non essere mai intervenuta legislativamente a bloccare,
regolamentare seriamente questo problema.
Altro è dire che visto che la comunità internazionale impone la libera imprenditoria soprattutto nel tempo della globalizzazione allora l'uomo è delocalizzabile dall'italia la Polo Sud e al Polo Nord,come variabile migratoria.

Infine il welfare state, l'intervento dello Stato, è servito più a dare profitti agli imprenditori furbetti che ai lavoratori , e in più a mantenere la quieta sociale, perchè se non fossero stati nemmeno dati sussidi a coloro che fossero cassaintegrati fino agl iesodati, si sarebbero andati allo scontro fisico, allo scontro sociale per disperazione.
Il popolo ha due tipi di coscienza, uno è nello stomaco e fin quando mangia è più tranquillo ,ed è quello che  ha funzionato nello "stato del benessere", l'altro è la coscienza intesa come conoscenza come presa d'atto  dello sfruttamento economico.

Lo sfruttamento economico avviene nel luogo della produzione del reddito, quindi dove si produce il valore aggiunto , plus valore, o qual dir si voglia. Quì la legislazione ben si guarda di entrarci(se non sulla tipologia del contratto) e lascia il compito alla scrittura privata della contrattazione dei rappresentanti datoriali e dei lavoratori.
A volte paragono lo stadio calcistico ai luoghi di lavoro, lì la Costituzione è parvenza, le prassi sono altre sono concessi comportamenti oltre la legge.
Eppure è nei luoghi di produzione che si forma "la produzione della ricchezza",perchè i prezzi finali sono determinati dai margini contributivi studiati dalle analisi dei controlli di gestione operative che tengono conto dei costi dei fattori produttivi.
E quì il sindacato è indietro di un millennio.
E' la produzione del reddito che genera il pil, la redistribuzione attinge dalla ricchezza prodotta e lo Stato attraverso al fiscalità, dovrebbe fa rientrare nell'equità sociale(e quì sì che vi rientra anche la Costituzione) secondo cui chi ha più reddito dà più denaro a fisco che lo redistribuisce equamente nelle fasce più bisognose  della popolazione e nei servizi sociali.

Ciao paul11, mi spiace contraddirti, ma al di là di quello che tu pensi tu sei un idealista. Affermare che i principi sono più "importanti" del mercato è un'affermazione idealista che mette a confronto il valore delle due categorie.
Da pragmatico quale sono io non vedo alcun senso in questo confronto di valore, e per me, come per te, la persona è un valore assoluto. Io non avrei condiviso l'affermazione che l'azienda era più importante di quell'operaio morto, anche se la comprendo. Per molti imprenditori l'azienda è il senso della loro vita.
Essere pragmatico non vuol dire dare valore al mercato ma semplicemente confrontarsi con esso per tirarne fuori il meglio in funzione dei propri principi/valori/obiettivi.
Tu invece mi sembri presentare una serie di argomentazioni in chiave critica (E' il vecchio discorso del bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto), arrivi a mettere in discussione il sistema di welfare che tutela i lavoratori, mi sembra che per te il principale problema di questo sia stato il fatto di impedire che questi arrivassero a un livello di esasperazione tale da fare la rivoluzione, ma davvero è questo quello che vorresti?
Un saluto

paul11

#92
ciao anthonyi,
credo poco alle etichette, perchè ogni umano crede in qualcosa se difende una posizione del suo pensiero.
Tu pensi che io sia un idealista perchè credo in valori che non si trovano nel mondo fisico,
E tu pensi di essere pragmatista perchè il mercato forse è composto di atomi?

Il soggetto,Anthonyi, il soggetto è sempre l'uomo.
La dignità esiste o no, il mercato se esiste esiste solo in a una modalità?

Se per te l'uomo è un valore assoluto, allora sei un idealista?
Il problema è cosa ritieni sia giusto e il perchè ritieni che sia giusto?
O poni il mercato prima dell'uomo o poni l'uomo prima del mercato.
Poi dipende che valore dai all'uomo. Quale interpretazione dai della natura umana?
Il mercato non è un soggetto è una forma di scambio, di relazione economica.
Quindi è la forma relazionale economica .

Il fatto che il welfare state sia interpretabile  come un bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto dimostra la sua ambiguità
che è per me tipica della natura umana.Quì per ambiguo non intendo un attributo denigratorio, ma il fatto che non è chiaramente univoca l'interrpretazione, può essere soggetto a diverse argomentazioni valide se sono coerenti.

La violenza è insita nella natura delle cose e nella natura umana e viene sublimata culturalmente.
Se la  natura fosse ordine ,sappiamo anche che  esiste il caos.Se la natura ha delle sue regolarità sappiamo anche che i cataclismi sovvertono per un periodo di tempo quel ciclo dell'ordine.Come dire che il disordine momentaneo,più o meno intenso, è parte di un ordine più generale affinchè avvenga un mutamento.Il tutto dentro un equilibrio che si squilibra a ha bisogno di uno scossone per riequilbrarsi.
Se lo Stato ha il monopolio della violenza, in quanto le forze dell'ordine sono armate e il cittadino no, significa che la volontà dello Stato è più forte come violenza sul singolo cittadino, non basta la legge per veicolare i comportamenti e condizionarne i limiti di legalità.

anthonyi

Citazione di: paul11 il 22 Marzo 2018, 22:37:48 PM
ciao anthonyi,
credo poco alle etichette, perchè ogni umano crede in qualcosa se difende una posizione del suo pensiero.
Tu pensi che io sia un idealista perchè credo in valori che non si trovano nel mondo fisico,
E tu pensi di essere pragmatista perchè il mercato forse è composto di atomi?

Il soggetto,Anthonyi, il soggetto è sempre l'uomo.
La dignità esiste o no, il mercato se esiste esiste solo in a una modalità?

Se per te l'uomo è un valore assoluto, allora sei un idealista?
Il problema è cosa ritieni sia giusto e il perchè ritieni che sia giusto?
O poni il mercato prima dell'uomo o poni l'uomo prima del mercato.
Poi dipende che valore dai all'uomo. Quale interpretazione dai della natura umana?
Il mercato non è un soggetto è una forma di scambio, di relazione economica.
Quindi è la forma relazionale economica .





Ciao paul11, idealista non è un'etichetta, è un'interpretazione del tuo ragionamento, tu ti poni il problema di un confronto tra una certa idea di giustizia ed il mercato, cioè poni il mercato sotto il dominio delle idee etiche.
Avere dei valori non vuol dire essere idealista, vuol dire solo essere etico, naturalmente in una certa forma. Poi certo ci sono tanti modi di essere etici perché l'etica spesso ha problemi interni, considera la scelta tra la vita di un uomo rapito come Aldo Moro e la necessità di dimostrare la forza delle istituzioni. Al di là di questi problemi, poi, l'etica si confronta con la realtà e con le forme di applicazione e qui incontra il marcato.
Certo il mercato non è fatto di atomi, è un'idea ma ha riferimenti e associazioni mentali con comportamenti individuali che sono fatti fisici e che sono relazionati a individui che hanno tutti valore etico. Nel mercato gli individui fanno quello che ritengono meglio per loro (E' la ricerca della felicità che è scritta nella costituzione americana) e se un'argomentazione etica afferma che questo qualcosa è sbagliato non pone un problema di assolutezza del valore della persona ma di confronto tra rispettivi valori individuali. Cosa vale di più, la preferenza del consumatore di pagare un bene il meno possibile? la preferenza dell'imprenditore di guadagnare il più possibile? la preferenza del lavoratore di guadagnare il più possibile con una certa stabilità nel tempo?
A me viene da pensare che chi ha una rigorosa certezza tra l'ordine etico di dette preferenze, e magari afferma che la preferenza del lavoratore è l'unica che conta eticamente, in realtà si sta ponendo nella posizione di un filosofo etico che afferma l'assolutezza del suo pensiero etico e lo vuole imporre alla società.
Un saluto.

paul11

#94
Citazione di: anthonyi il 23 Marzo 2018, 08:00:32 AM
Citazione di: paul11 il 22 Marzo 2018, 22:37:48 PM
ciao anthonyi,
credo poco alle etichette, perchè ogni umano crede in qualcosa se difende una posizione del suo pensiero.
Tu pensi che io sia un idealista perchè credo in valori che non si trovano nel mondo fisico,
E tu pensi di essere pragmatista perchè il mercato forse è composto di atomi?

Il soggetto,Anthonyi, il soggetto è sempre l'uomo.
La dignità esiste o no, il mercato se esiste esiste solo in a una modalità?

Se per te l'uomo è un valore assoluto, allora sei un idealista?
Il problema è cosa ritieni sia giusto e il perchè ritieni che sia giusto?
O poni il mercato prima dell'uomo o poni l'uomo prima del mercato.
Poi dipende che valore dai all'uomo. Quale interpretazione dai della natura umana?
Il mercato non è un soggetto è una forma di scambio, di relazione economica.
Quindi è la forma relazionale economica .





Ciao paul11, idealista non è un'etichetta, è un'interpretazione del tuo ragionamento, tu ti poni il problema di un confronto tra una certa idea di giustizia ed il mercato, cioè poni il mercato sotto il dominio delle idee etiche.
Avere dei valori non vuol dire essere idealista, vuol dire solo essere etico, naturalmente in una certa forma. Poi certo ci sono tanti modi di essere etici perché l'etica spesso ha problemi interni, considera la scelta tra la vita di un uomo rapito come Aldo Moro e la necessità di dimostrare la forza delle istituzioni. Al di là di questi problemi, poi, l'etica si confronta con la realtà e con le forme di applicazione e qui incontra il marcato.
Certo il mercato non è fatto di atomi, è un'idea ma ha riferimenti e associazioni mentali con comportamenti individuali che sono fatti fisici e che sono relazionati a individui che hanno tutti valore etico. Nel mercato gli individui fanno quello che ritengono meglio per loro (E' la ricerca della felicità che è scritta nella costituzione americana) e se un'argomentazione etica afferma che questo qualcosa è sbagliato non pone un problema di assolutezza del valore della persona ma di confronto tra rispettivi valori individuali. Cosa vale di più, la preferenza del consumatore di pagare un bene il meno possibile? la preferenza dell'imprenditore di guadagnare il più possibile? la preferenza del lavoratore di guadagnare il più possibile con una certa stabilità nel tempo?
A me viene da pensare che chi ha una rigorosa certezza tra l'ordine etico di dette preferenze, e magari afferma che la preferenza del lavoratore è l'unica che conta eticamente, in realtà si sta ponendo nella posizione di un filosofo etico che afferma l'assolutezza del suo pensiero etico e lo vuole imporre alla società.
Un saluto.
ciao Anthonyi.
idealista è una definizione filosofica non etica.
Secondo te esiste un "mercato etico"?

Come il modo di pensare e di fare politica oggi, hai parecchie incongruenze, ma sei in buona compagnia, è la stragrande maggioranza sia di persone che si dicono culturali che della popolazione,che è ambigua e perdonami il termine, ma è ipocrita anche in buona fede.

Ma va bene, faccio l'esercizio di seguire la tua posizione.
Io ho il diritto di muovere guerra contro chi e quanti ritengo che sia opportuno.
Questa è la regola della natura e delle organizzazioni umane senza etica e morale.
Perchè nel momento in cui percepisco che la  mia condizione esistente sia condizionata dalla felicità altrui per la mia infelicità e il felice non vuol sentire ragione, allora muovo guerra contro il felice.
A quel punto il felice chiama in causa lo Stato per salvaguardarsi.
Ipocritamente il privilegiato chiede un"assunzione di responsabilità" sul patto sociale , sulle REGOLE DELL'ORDINAMENTO PRESCRITTE DALLA LEGGE".
E quì si ricasca nella contraddizione, perchè la chiamata in causa dello Stato implica il principio costituente della comunità, società, nazione  o Stato che sia. E che  piaccia o no in quest assunzione sono declinati  i valori di libertà, giustizia e uguaglianza.

Come dire ,sono uscito dall'utero giusto, venuto al mondo ricco economicamente , faccio di tutto per essere felice.
Fingo ,perchè questa è la menzogna culturale, che tutti diventiamo felici con il mercato (quando invece in uno scambio economico a sommatoria zero, se qualcuno ne esce più felice qualcuno d'altro necessariamente  è un pò più infelice).
E se siamo più felici noi del primo mondo è perchè qualcuno sta pagando il prezzo della nostra felicità  nel quarto mondo.

Quindi al netto di etiche e morali, tutto diventa rapporto di forza e in cui lo Stato salvaguarda(anche con la violenza armata) prima i privilegiato e poi cerca di dare briciole al debole per tenerlo buono.

Il conflitto è sempre silente,come cenere sotto il fuoco. Come in natura il capobranco sa che domattina potrebbe essere sfidato per il poter del branco.

Indi, in qualunque prospettiva tu metta le argomentazioni, saprò coglierne più di una contraddizione, perchè qualunque organizzazione umana se è pensata per gli umani (senza un concetto di nomos ,di ordine, di universale,di un"qualcosa che sta prima dell'uomo e "sopra" l'uomo) non ha un ordine intrinseco, ma solo equilibri di potere e di forze

anthonyi

Ciao paul11, Mercato etico? Da un po' cerco di spiegarti che è un concetto senza senso, per me almeno. Nel mercato gli individui possono essere etici o meno, ma molto dipende dal concetto di etica che tu usi.
Non pretendo di essere coerente in senso assoluto nei miei ragionamenti, mi considero un falsificazionista con una forte attenzione al postmoderno, quello che qualcuno ha definito pensiero liquido. Per questo sono più preoccupato della "sensazione" di un pensiero totalmente ordinato che, proprio per questo, è chiuso alle alternative.
Comunque mi farebbe piacere conoscere qualcuna delle mie incongruenze,
Riporto una tua frase:
"Perchè nel momento in cui percepisco che la  mia condizione esistente sia condizionata dalla felicità altrui per la mia infelicità e il felice non vuol sentire ragione, allora muovo guerra contro il felice."
Ti rendi conto che esprime una posizione perfettamente simmetrica, sia tu che il felice vedete l'altro come nemico in quanto la sua felicità è fonte di infelicità per l'altro.
Il felice però è descritto come un sadico e quindi non mi sembra una situazione generalizzabile. Normalmente le persone vedono la propria felicità con relazione positiva all'altrui felicità, il conflitto esiste, certamente fa molto più rumore dell'armonia (E' il contrasto tra il silenzio della foresta che cresce e il frastuono dell'albero abbattuto) ma è sempre circoscritto a situazioni relative.
E il conflitto come si risolve? Con le regole, con la conciliazione. Le regole le fa lo stato e la conciliazione è una riproposizione dei meccanismi di mercato.
In entrambi i casi quei principi etici e ideali ai quali tu affermi di riferirti possono avere un ruolo ma questo non mette in discussione il fatto che i rapporti di forza siano fondamentali, in politica, come in economia, gli individui agiscono per realizzare i propri obiettivi tra i quali possono essere o meno compresi dei principi etici. La società la fanno gli uomini, non i principi che sono una dotazione qualitativa e relativa degli uomini stessi.
Che poi tu possa denigrare questi uomini perché li raffronti appunto con un tuo ideale etico rimane comunque un discorso ideale, cioè un qualcosa che non propone in alcun modo un'alternativa concreta per quel quarto mondo infelice (Condivido che sia infelice, ma non condivido che la causa della sua infelicità sia nella "felicità"(Magari da queste parti fossimo tutti felici) del primo mondo).
Un saluto




paul11

ciao anthonyi,
se non sono chiare le logiche del tuo pensiero sulla politica e sul mercato, facciamo confusioni.
Cosa vuol dire che sei "liquido"?

L'altrui non è un sadico a priori. Ho scritto che "nel momento in cui percepisco la felicità altrui...", il che significa che se non esiste, e non esiste quasi più nel pensiero moderno politico, un ordine fuori dal sistema umano da cui dipenderebbe lo stesso sistema umano, una condizione esterna allo scambio politico ed economico, l'altrui può essere tutto.Io mi fido se coopera anche per la mia felicità, se lo percepisco che la sua feliicità crea mia infelicità finisce la cooperazione e può iniziare il conflitto.
Questa è  una differenza fra il sentirsi di "sinistra" o altro.
Se quella persona felice ritene  che sia GIUSTO"(questo è il criterio soggettivato del termine GIUSTIZIA che è mutato in duemila anni di storia) perchè giustifica la sua condizione sociale di privilegiato come attinente alla sua qualità e capacità umana per cui è altrettanto  GIUSTO  che altri siano poveri in quanto meno capaci o magari per destino come alcune religioni hanno posto) deve sapere che se non lo fonda quel criterio su una giustizia ontologica, che esiste al di sopra del genere umano e quindi deve avere carattere universale, la sua è opinione quanto la mia.
E se tutto è opinione significa che tutto si risolve nella forza e nel potere e la coesistenza è solo negoziale, mediata della politica che non supera il conflitto, ma semplicemente ogni giorno è mediato da un equilibrio instabile, in quanto poggia sul nulla.

Così il quartomondista ha ragione a muovere guerra al primo mondo, come il povero con il ricco.
Perchè non esiste nessuna ragiona fondata sul governo umano(essendo tutto posto sull'ambiguità dell uomo che può essere saggio o stolto, misericordioso o cinico). la pace è solo un equilibrio temporale instabile,in attesa che mutino i punti di forza che rivoluzionano la storia.

Lo Stato moderno è la mediazione di una metafisica nata con il nomos, divenuta lex e ius nel diritto romano nella teoria e nella pratica orientata agli usi e costumi delle persone, vale a dire un'ambiguità.
i codici di Giustiniano mutarono con l'avvento dei barbari antichi divenuti imperi e bisognosi a loro volta di costituzioni.
I popoli germanici inserirono nei codex del diritto romano i loro usi e costumi alterando del tutto il rapporto fra ordine universale in cui uomo natura e universo sono compresi come cerchi concentrici, laddove il peso dei rapporti umani non diventa più condizionato dall'ordine universale, gli ordinamenti diventano funzionali ai rapporti interpersonali, alle azioni sociali.
Quindi la Legge  del nomos vine sì mantenuta come forma ,ma svuotata da ogni sostanza.
Quindi si predicano  i valori etici che cementano il giuramento della comunità (perchè giurano , i monarchi che i governi di fronte alla Legge), simile a duemila anni fa, ma la pratica è tutt'altra cosa.

Non hai ancora capito una cosa fondamentale, che è al di là di ciò che penso io politicamente.
Un sistema è coerente come logica razionale o è irrazionale.

Se si ritiene che il capitalismo e il mercato attuale sia giusto ,come è giusto che ci meno dell'1% della popolazione mondiale detenga ricchezza superiori all' altro 90% e la facciamo passare per repubblica, per Democrazia, per Libertà, per Giustizia ed Uguaglianza, permetti che mi indigni?

Diciamo allora che nulla è mutato negli ultimi secoli almeno, i nobili e aristocratici sono ora i moderni capitalisti, come gli schiavi, i plebei, i servitori della gleba, i proletari furono gli antenati sociali del povero, del "debole" attuale.

Deve cadere la maschera del dispositivo culturale millenario  che nasconde la profonda ambiguità umana.
Non va più bene il nomos, l'ordine antico, va bene, Allora coerentemente si scriva che le Costituzioni Occidentali sono fondate sullo sfruttamento economico e si facciano i giuramenti nei caveau delle banche non in luoghi istituzionali che nulla hanno più
a che fare con un ordine superiore a cui si originano giustizia, libertà ed uguaglianza.

Chiedo coerenza prima di tutto, togliamo i veli alle ambiguità e alle ipocrisie.

Phil

Citazione di: anthonyi il 21 Marzo 2018, 09:04:52 AM
Per dire, tu che proponi un cambiamento delle "forme di produzione della ricchezza" potresti provare a precisare nel concreto cosa intendi.
In realtà, nel concreto, questo cambiamento viene continuamente attuato da quelli che la teoria economica definisce imprenditori. Non a caso Hayek afferma che la differenza tra sistema liberale rispetto a quello socialista sta nel fatto che all'interno di un sistema liberale sarebbe possibile organizzare il socialismo ma non è vero il contrario.
Concordo, l'aspetto propositivo penso sia un nodo che ogni critica radicale all'economia vigente fa fatica a sciogliere... salvo trincerarsi in utopie e distopie. Agire sulle dinamiche in corso, piuttosto che ipotizzarne altre sostitutive, di rimpiazzo, sarebbe forse una via più percorribile, se non fosse che gli attori di quel cambiamento (dagli imprenditori in su) hanno solitamente un pragmatismo impermeabile e refrattario ad ideologie filantropiche (perché sono fortuitamente egoisti cattivi o perché così è, in genere, la natura umana in quelle situazioni di forza?).

Citazione di: anthonyi il 23 Marzo 2018, 08:00:32 AM
A me viene da pensare che chi ha una rigorosa certezza tra l'ordine etico di dette preferenze, e magari afferma che la preferenza del lavoratore è l'unica che conta eticamente, in realtà si sta ponendo nella posizione di un filosofo etico che afferma l'assolutezza del suo pensiero etico e lo vuole imporre alla società.
Questa è secondo me la pietra angolare di ogni visione politica della società: pensare politicamente comporta gerarchizzare il valore (etico, non economico) dei differenti elementi della società, secondo un ordine che si ritiene auspicabile diventi quello vigente, poiché giusto (è giusto votare per Tizio, sbagliato per Caio; è giusto si faccia così, sbagliato si faccia cosà, etc. e tale giustizia di rado è autenticamente "secondo me", viene invece solitamente presupposta come oggettiva, anche se si ammette che non tutti possono capirla... di solito, chi non ha la nostra stessa visione politica, o è un corrotto oppure solo un po' tonto  ;D ).

Citazione di: paul11 il 23 Marzo 2018, 09:56:36 AM
Io ho il diritto di muovere guerra contro chi e quanti ritengo che sia opportuno.
Questa è la regola della natura e delle organizzazioni umane senza etica e morale.
Anche l'etica e la morale implicano il muovere guerra a quanti ritengo opportuno, ovvero agli immorali... ovviamente non è sempre una guerra di proiettili e bombe, ma si tende (e si spera, non neghiamolo) che i fautori della posizione avversaria spariscano (non diciamo "periscano"), in quanto "sbagliati", "disfunzionali" e "sconvenienti". Se l'etica divide in buoni e cattivi, è quasi un "dovere morale" per i buoni muovere guerra (almeno culturale) ai cattivi... senza ovviamente tollerare che loro possano fare altrettanto  ;)
Per la serie: "uccidere è sbagliato... certo, se morissero tutti coloro che secondo me non meritano di vivere, staremmo meglio"  ;D
Questa avversione, pur impacchettata da civile ostilità e democratico ostracismo, è la rivisitazione sociologica dell'istinto di sopraffazione del "nemico-rivale" (che non è più solo chi ci contende il cibo o la femmina del branco...).

Citazione di: paul11 il 23 Marzo 2018, 09:56:36 AM
E quì si ricasca nella contraddizione, perchè la chiamata in causa dello Stato implica il principio costituente della comunità, società, nazione  o Stato che sia. E che  piaccia o no in quest assunzione sono declinati  i valori di libertà, giustizia e uguaglianza.
Valori molto ambigui e strumentalizzabili dal potere centrale: libertà, ma non dalle imposizioni dello Stato; giustizia, ma sempre e solo per come la intende lo Stato; uguaglianza; salvo le discriminazioni previste dallo Stato...  nulla di assoluto e ontologico, tutta una questione di convenzioni, compromessi e contingenze storiche.

Citazione di: paul11 il 23 Marzo 2018, 09:56:36 AM
(quando invece in uno scambio economico a sommatoria zero, se qualcuno ne esce più felice qualcuno d'altro necessariamente  è un pò più infelice).
Se la sommatoria economica è zero, ciò non vale anche per la "sommatoria della felicità" (se proprio vogliamo quantificare la felicità): esempio banale, se mi dai 10 euro per lavarti l'auto, alla fine siamo felici entrambi: io felice del guadagno, tu felice dell'auto pulita... e se tu non avessi un'auto da farmi lavare né i 10 euro da darmi, io non sarei affatto contento di avere 10 euro in meno... e se tutti avessimo un'auto e 10 euro in eccesso da spendere, forse sentiremo persino la mancanza di qualcuno a cui dare quei 10 euro per risparmiarci la sudata  ;)  Il che costituirebbe "domanda", innescando una possibile opportunità di "mercato", etc.
(Scritto da uno che per lavare l'auto si affida al meteo e a madre natura  ;D  )

Citazione di: paul11 il 23 Marzo 2018, 09:56:36 AM
E se siamo più felici noi del primo mondo è perchè qualcuno sta pagando il prezzo della nostra felicità  nel quarto mondo.
Secondo me la felicità è sempre contestuale (ad ogni "mondo" e, ancora più capillarmente, ad ogni individuo) e non c'è sempre qualcuno che la paga, ma non voglio deviare il topic sul tema della felicità.

Citazione di: paul11 il 23 Marzo 2018, 09:56:36 AM
Quindi al netto di etiche e morali, tutto diventa rapporto di forza e in cui lo Stato salvaguarda(anche con la violenza armata) prima i privilegiato e poi cerca di dare briciole al debole per tenerlo buono.
Chiedo: questa salvaguardia statale del privilegiato (per incompetenza mia, non mi viene in mente molto in merito, ma mi fido  :) ) non viene bilanciata un po' dai differenti livelli di tassazione, dal "rischio di impresa" e dal welfare?

Citazione di: paul11 il 23 Marzo 2018, 09:56:36 AM
perchè qualunque organizzazione umana se è pensata per gli umani (senza un concetto di nomos ,di ordine, di universale,di un"qualcosa che sta prima dell'uomo e "sopra" l'uomo) non ha un ordine intrinseco, ma solo equilibri di potere e di forze
In fondo, tali equilibri di potere e forze, per quanto dinamici, non sono comunque una forma di ordine intrinseco?
Pensiamo proprio al mercato: pur senza "qualcosa che sta prima dell'uomo e sopra l'uomo" funziona in modo ordinato; l'interpretazione e l'attribuzione di senso degli eventi del mercato è invece una questione di valori (che fondano le rispettive ideologie) che stanno prima e sopra l'uomo.

Citazione di: paul11 il 24 Marzo 2018, 14:41:53 PM
Se quella persona felice ritene  che sia GIUSTO"(questo è il criterio soggettivato del termine GIUSTIZIA che è mutato in duemila anni di storia) perchè giustifica la sua condizione sociale di privilegiato come attinente alla sua qualità e capacità umana per cui è altrettanto  GIUSTO  che altri siano poveri in quanto meno capaci o magari per destino come alcune religioni hanno posto) deve sapere che se non lo fonda quel criterio su una giustizia ontologica, che esiste al di sopra del genere umano e quindi deve avere carattere universale, la sua è opinione quanto la mia.
E se tutto è opinione significa che tutto si risolve nella forza e nel potere e la coesistenza è solo negoziale, mediata della politica che non supera il conflitto, ma semplicemente ogni giorno è mediato da un equilibrio instabile, in quanto poggia sul nulla.

Così il quartomondista ha ragione a muovere guerra al primo mondo, come il povero con il ricco.
Perchè non esiste nessuna ragiona fondata sul governo umano(essendo tutto posto sull'ambiguità dell uomo che può essere saggio o stolto, misericordioso o cinico). la pace è solo un equilibrio temporale instabile,in attesa che mutino i punti di forza che rivoluzionano la storia.
Questa mi sembra una chiave di lettura pertinente alla nostra società: lasciare fra parentesi la giustizia "di natura" o "metaumana" per impostare un'analisi immanente di come funzionano le dinamiche globali, prendendo atto della "ambiguità dell'uomo che può essere saggio o stolto, misericordioso o cinico" e in cui "la pace è solo un equilibrio temporale instabile...".
La "giustizia ontologica" ha sicuramente un nobile retaggio, ma per conoscerla dobbiamo forse solo aspettare di andare nell'aldilà (poiché anche nel "maccanicismo" del karma, "giusto" e "sbagliato" si sgretolano, diventando polvere d'ignoranza).


P.s.
Ricordo, a scanso di equivoci, che le mie considerazioni sono basate sulla curiosità (e sulla pressoché totale ignoranza dei temi politici trattati  ;D ) e non vogliono essere una polemica contro il pensiero di sinistra  :)

anthonyi

Citazione di: paul11 il 24 Marzo 2018, 14:41:53 PM
ciao anthonyi,
se non sono chiare le logiche del tuo pensiero sulla politica e sul mercato, facciamo confusioni.
Cosa vuol dire che sei "liquido"?

L'altrui non è un sadico a priori. Ho scritto che "nel momento in cui percepisco la felicità altrui...", il che significa che se non esiste, e non esiste quasi più nel pensiero moderno politico, un ordine fuori dal sistema umano da cui dipenderebbe lo stesso sistema umano, una condizione esterna allo scambio politico ed economico, l'altrui può essere tutto.Io mi fido se coopera anche per la mia felicità, se lo percepisco che la sua feliicità crea mia infelicità finisce la cooperazione e può iniziare il conflitto.
Questa è  una differenza fra il sentirsi di "sinistra" o altro.
Se quella persona felice ritene  che sia GIUSTO"(questo è il criterio soggettivato del termine GIUSTIZIA che è mutato in duemila anni di storia) perchè giustifica la sua condizione sociale di privilegiato come attinente alla sua qualità e capacità umana per cui è altrettanto  GIUSTO  che altri siano poveri in quanto meno capaci o magari per destino come alcune religioni hanno posto) deve sapere che se non lo fonda quel criterio su una giustizia ontologica, che esiste al di sopra del genere umano e quindi deve avere carattere universale, la sua è opinione quanto la mia.
E se tutto è opinione significa che tutto si risolve nella forza e nel potere e la coesistenza è solo negoziale, mediata della politica che non supera il conflitto, ma semplicemente ogni giorno è mediato da un equilibrio instabile, in quanto poggia sul nulla.

Così il quartomondista ha ragione a muovere guerra al primo mondo, come il povero con il ricco.
Perchè non esiste nessuna ragiona fondata sul governo umano(essendo tutto posto sull'ambiguità dell uomo che può essere saggio o stolto, misericordioso o cinico). la pace è solo un equilibrio temporale instabile,in attesa che mutino i punti di forza che rivoluzionano la storia.

Lo Stato moderno è la mediazione di una metafisica nata con il nomos, divenuta lex e ius nel diritto romano nella teoria e nella pratica orientata agli usi e costumi delle persone, vale a dire un'ambiguità.
i codici di Giustiniano mutarono con l'avvento dei barbari antichi divenuti imperi e bisognosi a loro volta di costituzioni.
I popoli germanici inserirono nei codex del diritto romano i loro usi e costumi alterando del tutto il rapporto fra ordine universale in cui uomo natura e universo sono compresi come cerchi concentrici, laddove il peso dei rapporti umani non diventa più condizionato dall'ordine universale, gli ordinamenti diventano funzionali ai rapporti interpersonali, alle azioni sociali.
Quindi la Legge  del nomos vine sì mantenuta come forma ,ma svuotata da ogni sostanza.
Quindi si predicano  i valori etici che cementano il giuramento della comunità (perchè giurano , i monarchi che i governi di fronte alla Legge), simile a duemila anni fa, ma la pratica è tutt'altra cosa.

Non hai ancora capito una cosa fondamentale, che è al di là di ciò che penso io politicamente.
Un sistema è coerente come logica razionale o è irrazionale.

Se si ritiene che il capitalismo e il mercato attuale sia giusto ,come è giusto che ci meno dell'1% della popolazione mondiale detenga ricchezza superiori all' altro 90% e la facciamo passare per repubblica, per Democrazia, per Libertà, per Giustizia ed Uguaglianza, permetti che mi indigni?

Diciamo allora che nulla è mutato negli ultimi secoli almeno, i nobili e aristocratici sono ora i moderni capitalisti, come gli schiavi, i plebei, i servitori della gleba, i proletari furono gli antenati sociali del povero, del "debole" attuale.

Deve cadere la maschera del dispositivo culturale millenario  che nasconde la profonda ambiguità umana.
Non va più bene il nomos, l'ordine antico, va bene, Allora coerentemente si scriva che le Costituzioni Occidentali sono fondate sullo sfruttamento economico e si facciano i giuramenti nei caveau delle banche non in luoghi istituzionali che nulla hanno più
a che fare con un ordine superiore a cui si originano giustizia, libertà ed uguaglianza.

Chiedo coerenza prima di tutto, togliamo i veli alle ambiguità e alle ipocrisie.

Ciao paul11
Pensiero liquido è un concetto intuitivo, il liquido si adatta al contenitore per cui restituisce sempre un equilibrio anche se la forma del contenitore cambia. E' forse lo stesso concetto che esprimi tu nel post, una società con basi squilibrate che, quotidianamente ricostruisce il suo equilibrio, è questa la logica del mercato, è questa la logica della democrazia moderna che infatti è stata definita poliarchia cioè somma di tanti poteri (Negli ultimi giorni abbiamo scoperto che c'è anche quello di Facebook), squilibrati quanto si vuole, ma siccome sono tanti sono anche relativi. Anche le grandi concentrazioni di ricchezza sono relative, hai idea di quanti soldi ha perso negli ultimi giorni il fondatore di Facebook.
In fondo esprimiamo gli stessi concetti solo che tu credi possa esistere un "ordine superiore" e confronti la realtà con questo, io no.
Un saluto

0xdeadbeef

Citazione di: paul11 il 20 Marzo 2018, 11:53:45 AM
Il problema non è Hegel in sè e per sè,anche se lo storicismo superò il giusnaturalismo umanista come concezione storica.

Sono gli atti che dichiarano oggi più che mai le coerenze di appartenenza ad un a tradizione politica.
Se si accetta che la legge è mobile e va modificata in funzione del mercato, l'uomo è merce e non più cittadino.



Devo innanzitutto scusarmi con tutti voi per la scarsa "presenza" sugli ultimi sviluppi della discussione.
Ahimè, vorrei ma ho davvero pochissimo tempo libero a dispoaizione...
Dunque, il problema non è Hegel in sé e per sè ma lo sono le strutture profonde del pensiero occidentale (di
cui Hegel e l'Idealismo sono tappa fondamentale).
Come E. Levinas, io penso che in sostanza tutto il pensiero occidentale si sia risolto in una specie di
"ontologia dell'io".
Certo, l'Idealismo non ha coscienza di questo "produrre" l'oggetto da parte del soggetto; ma questo, nei fatti,
è ciò che avviene.
Del resto, come spiegare che la "volontà", già con Schopenauer, sia sia venuta a costituire come snodo centrale
di tutto il pensare? Come spiegare che ancora oggi si dica tranquillamente ai bambini: "con la volontà si
ottiene tutto"?
A me sembra chiarissimo che la volontà ottiene tutto se il soggetto di tale volontà è inteso come produttore e
creatore (e perciò anche "distruttore"). L'oggetto (e dunque gli altri soggetti, che per il soggetto che li
pensa sono comunque oggetti), nel pensiero occidentale, si è sempre più venuto a costituire
come "cosa", cioè come termine su cui il soggetto ha, per così dire, "pieno potere" (come anche in Severino).
Ora, non è che si presenta un filosofo qualsiasi, scrive un'opera grandissima e l'occidente cambia prospettiva
(questo è creduto semmai solo all'interno di una prospettiva idealistica); è solo per indagare un attimo
quelle che chiamavo "strutture profonde" (e perlopiù inconsce) del pensiero occidentale; un pensiero che, a
mio parere, non può per sua stessa natura contemplare l'"altro" nella giusta luce.
Vorrei però tornare un attimo a quella che è la tesi centrale del mio discorso (quella per cui non posso più
dirmi di sinistra): c'è una sola forza che può opporsi alla globalizzazione individualista (e quindi al mercato
suo strumento d'elezione). Questa forza è la comunità (intesa come gruppo che condivide valori, principi e
tradizioni comuni).
Perchè è solo all'interno della comunità che può sorgere la "legge", cioè la categoria "immobile" (io direi
assoluta) per la quale l'uomo è cittadino, non merce.
Ritengo non occorra far ricorso alle "strutture profonde ed inconsce del pensiero" per rendersi conto di questo.
Nessuna "legge" sta sorgendo negli istituti internazionali; solo "contratti" e mercato: questo dovrebbe far
riflettere...
Quanto alla "sinistra", essa è di fatto scomparsa proprio perchè non ha capito che nella dimensione internazionale
non può sorgere alcuna "legge" (cioè non può sorgere l'unico strumento di una possibile - possibile...- difesa del
debole dalle angherie del forte).
saluti (scusandomi ancora se non risponderò a breve).

viator

#100
Salve. Qualche considerazione filosofica tra l'ovvio e l'ironico.

Se dovessimo cercare di suddividere le indoli umane in due sole grandi tipologie potremmo provare con le seguenti :
- gli ambiziosi (o, con termine più "morbido", gli intraprendenti)
- i passivi (o, con termine più "morbido", i coatti)

Il capitalista fa parte della prima tipologia (composta a sua volta da due categorie : il capitalista di successo ed il capitalista frustrato perché non riesce a diventare ricco).

Il contadino, il proletario ed il piccolo borghese fanno parte della seconda tipologia (composta a sua volta da due categorie : il coatto contemplativo ed il coatto frustrato e perciò rivendicativo).

Ci si lamenta del fatto che esistano i capitalisti.

Una soluzione sarebbe il poter agire sull'indole delle persone, in modo da ridurre il numero dei temperamenti intraprendenti o farli diventare meno attivi e voraci; di converso, cercare di far diventare più consapevoli i passivi.

Ci si può provare con l'educazione, ma i tempi sarebbero comunque millenari.

Una scorciatoia potrebbe essere una qualche ideologia egualitaria, comunitaria, giustizialistica, che riuscisse ad affermarsi imponendo leggi che frenino (o cancellino) la troppa intraprendenza dei singoli la quale - è noto - è di grave ostacolo all'equità nella distribuzione delle risorse.

Occorrerebbe quindi trovare un gruppo sociale intraprendente che si dia da fare per garantire il trionfo di un sistema di leggi che frenino o cancellino gli eccessi di intraprendenza.

Fu, mi sembra, Churchill che affermò che il capitalismo è il sistema che permette a pochi di diventare molto ricchi, mentre il comunismo è quello che obbliga quasi tutti a restare assai poveri.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

paul11

ciao Mauro (Oxdeadbeaf).
sono d'accordo su entrambi i tuoi due punti, ma come dato iniziale.
Anch' io penso che l'uomo occidentale abbia una cultura ontologica dell'io troppo sviluppata da arrivare alla costruzione di un ego
smisurato.
Ma si tratta di capire se lo è per natura, per indole rispetto alle altre etnie del pianeta, e se qualche dispositivo culturale lo abbia posto in luce. Personalmente ritengo che siano esistite entrambe le circostanze.
Così come penso che viviamo un tempo umanamente decadente, ma gratificato da un tempo altrettanto imponente tecnicamente e tecnologicamente che ,per così dire, equilibra lo squilibrio.L'uomo si sta illudendo che le conquiste tecnologiche possano renderlo felice. 

Come ho sostenuto in altre discussioni il controllo sociale fra individui, compreso il cittadino verso il potere, lo si può avere a misura di luogo circoscritto in comunità.Quando geograficamente il potere si allontana dalle comunità diventa difficile sia amministrare il governo e sia mantenere il contatto fra individui in comunità diverse.
A questo punto il federalismo potrebbe essere una soluzione ,che tanto per capirci fu in italia portato avanti da Carlo  Cattaneo nell'Ottocento.

ciao Viator,
sarà forse ovvio e ironico ciò che scrivi, ma è vero.
Come a suo tempo scrissi, si è limitato il potere politico, chissà perchè non quello economico.
Hanno creato pseudo istituti di controllo sul monopolio (vedi le sanzioni su Microsoft ad esempio).
E' innegabile che ci siano persone con più meriti, più capacità di altre.Il problema è quanto economicamente debbano e può essere accettato socialmente da una società Può percepire il doppio. il triplo. il quadruplo......cento volte...mille volte?
la legge di mercato in economia è perfetta solo in origine.Immediatamente più competitori in un settore economico si selezionano con il fatturato.Quel mercato perfetto porta poi a cartelli, trust, oligopoli, fino al monopolio.E' la ù"deriva" naturale della legge della concentrazione, per cui il ricco diventa sempre più ricco e viceversa il povero.
Si tratta non di bloccare l'intraprendente, ma di stabilire regole di "equità" sociale. anche sul reddito economico.
E' ora di smetterla con ricchi da fare schifo e altri in miseria, nel tempo di sonde spaziali spedite per ogni dove.Non chiedo a chi ha la fortuna di nascere con talento e di farci i soldi di capire che quel suo talento dovrebbe essere anche al servizio della comunità,sarebbe troppo bello,ma che ci sia un limite sì e questo è un errore storico del riformismo pragmatico di sinistra.

green demetr

citazioni di Phil
"Concordo, l'aspetto propositivo penso sia un nodo che ogni critica radicale all'economia vigente fa fatica a sciogliere... salvo trincerarsi in utopie e distopie. Agire sulle dinamiche in corso, piuttosto che ipotizzarne altre sostitutive, di rimpiazzo, sarebbe forse una via più percorribile, se non fosse che gli attori di quel cambiamento (dagli imprenditori in su) hanno solitamente un pragmatismo impermeabile e refrattario ad ideologie filantropiche (perché sono fortuitamente egoisti cattivi o perché così è, in genere, la natura umana in quelle situazioni di forza?)"

Direi che è l'esatto contrario, basta sentire qualsiasi imprenditore, in qualsiasi conferenza della confcommercio, o in qualsiasi manifestazione intellettuale finanziata da suddetti imprenditori: sono loro i veri filantropi, coloro che smuovono il mondo, e non solo ritengono quello che fanno nobile e onesto, ma si aspettano di essere approvati e apprezzati per quel che fanno.

Come nel caso di Anthony trattasi di persone che hanno completamente perso il senso delle relazioni.
Non sto a fare il giochino psiscologico, però appunto essi vogliono, pretendono di essere approvati e apprezzati, alias essi sono sotto il giogo del fantasma materno (ossia l'assenza della madre reale o fantasmatica che sia).

Direi che siamo lontani dal vero tema che riguarda la sinistra.

"Questa è secondo me la pietra angolare di ogni visione politica della società: pensare politicamente comporta gerarchizzare il valore (etico, non economico) dei differenti elementi della società, secondo un ordine che si ritiene auspicabile diventi quello vigente, poiché giusto (è giusto votare per Tizio, sbagliato per Caio; è giusto si faccia così, sbagliato si faccia cosà, etc. e tale giustizia di rado è autenticamente "secondo me", viene invece solitamente presupposta come oggettiva, anche se si ammette che non tutti possono capirla... di solito, chi non ha la nostra stessa visione politica, o è un corrotto oppure solo un po' tonto  ;D )."

Ma no, dai troppa importanza al pensiero automatico di Antony, la questione non è politica, perchè nel novecento è stata anzitutto ideologica. Dall'Hegelismo a Marx un solco è stato tracciato.
Il punto nevralgico è che non esiste discorso ideologico, se prima non c'è analisi dei rapporti sociali, certo, ma anche personali.

Il buon Freud ne ha lasciato traccia, con alcune suggerimenti per futuri lavori sulle componenti della leadership nei gruppi.
In cui si dava quasi per scontato che l'individuo fosse debole.

Ora la sinistra deve fare i conti sia con i fenomeni della leadership, che rivelano l'implosione sempre più forte degli individui, sia a livello sociale, che privato. Sia con i fenomeni del marketing, sia con quelli economici.

Ma gli economici sono solo alla fine. In questo senso ritengo che il lavoro di Marx, principale, a livello storico, è quello di aver stabilito che lo studio maggiore deve essere quello della economia politica.

Dove il termine politica dentro il termine economia non è una semplice specializzazione, ma il vero e proprio entroterra culturale.

Il pensare all'economia pura è semplicemente uno dei sintomi dell'alienazione sociale. Un pensiero assolutamente delirante.


"Anche l'etica e la morale implicano il muovere guerra a quanti ritengo opportuno, ovvero agli immorali... ovviamente non è sempre una guerra di proiettili e bombe, ma si tende (e si spera, non neghiamolo) che i fautori della posizione avversaria spariscano (non diciamo "periscano"), in quanto "sbagliati", "disfunzionali" e "sconvenienti". Se l'etica divide in buoni e cattivi, è quasi un "dovere morale" per i buoni muovere guerra (almeno culturale) ai cattivi... senza ovviamente tollerare che loro possano fare altrettanto  ;) 
Per la serie: "uccidere è sbagliato... certo, se morissero tutti coloro che secondo me non meritano di vivere, staremmo meglio"  ;D 
Questa avversione, pur impacchettata da civile ostilità e democratico ostracismo, è la rivisitazione sociologica dell'istinto di sopraffazione del "nemico-rivale" (che non è più solo chi ci contende il cibo o la femmina del branco...)."

E' proprio per uscire da questo genere di pensieri infausti, che bisogna ripensare a fondo alle categorie Hegeliane, come correttamente intuito da Kojevè, maestro di buona parte di quella elite intellettuale francese, da cui nascerà l'esistenzialismo.

Se il positivo coincide con il negativo, allora vi è vera dialettica.

Non è come nella visione pacchianamente errata di OxandBeaf, dove il positivo torna a se stesso, previa distruzione del negativo.

Quello è esattamente quello contro cui ha lottato Hegel. Non quello che ha proposto.

Qui vi è una generale confusione dettata sostanzialmente dall'impoverimento dei dibattiti intellettuali.

Per rete non trovo queste tematiche, trovo invece sempre e solo interpretazioni sui futuri depensati, del globalismoe e delle bioetiche.

L'autocoscienza hegeliana, è un termine veramente sfortunato, perchè non fa capire come il soggetto viene defenestrato costantemente da se stesso, invece sembra quasi che è una specie di deus ex machina.

E invece torno a ripetere il deus ex machina sono le persone, svuotate del loro bagagliaio storico, fatto di lotte cruente sui diritti, che come zombie si aggirano per i luoghi buj della società contemporanea per sbranarsi a vicenda.
Morti che non sono morti, il cui unico obiettivo è morire, facendo morire l'altro.

E' questo il fantasma paranoico che sballa il soggetto fino a farlo precipitare nella schizofrenia delle società contemporanee.

Dove vi è schisi, non vi è più la capacità di distinguo, e tutta sembra uno. Anzi tutto deve essere uno.
Quindi la politica è una sola, l'europa ce lo chiede, il tema è il globalismo.
Tutti slogan maldestri che non dicono assolutamente nulla rispetto al dibattito del novecento.
Che ci riportano al mondo moderno: appunto siamo nella post-modernità. Quella ancora indagata da Cartesio e Pinel sulle ghiandole umane, sulle strutture matematiche del pensiero, immobilizzate sul corpo-cadavere, che segrega l'altro nei manicomi e nelle prigioni.

Qui ancora non è passato un Kant, l'idealismo tedesco, la psicoanalisi freudiana, la grande stagione della fenomenologia tedesca che termina nel corpo vivente di Husserl. Fino ai dilemmi metafisici contro la tecnica Pensati da Heidegger, fino alla grande stagione del pensiero semiotico fenomenologico di un Sini.

E' veramente sconfortante.


"Valori molto ambigui e strumentalizzabili dal potere centrale: libertà, ma non dalle imposizioni dello Stato; giustizia, ma sempre e solo per come la intende lo Stato; uguaglianza; salvo le discriminazioni previste dallo Stato...  nulla di assoluto e ontologico, tutta una questione di convenzioni, compromessi e contingenze storiche. "

Tutta una serie di questioni che sono sfociate nel modernismo francese, con Glocksman a tirarne le fila, ossia che l'ideologia fallisce proprio quando instaura con i diritti, le sue istanze materiali.
All'inizio degli anni 70 e con lo strepitoso la società dello spettacolo di Debord scritto negli anni 60.
L'intellettualità si trova di fronte al colasso dello slogan che "il libero pensiero che porta alla democrazia": cominciano ad arrivare notizie sui Gulag sovietici. Lo Stato ha tradito.

Siamo di fronte all'apertura di una stagione che perirà di lì a poco, negli anni 90 crolla il muro di Berlino.

(non per questo non si può dimenticare l'enorme lavoro effettuato proprio in quegli anni da Focault, che rilancia uno dei 2 temi di urgenza massima della contemporaneità, l'idea di bio-potere, alias il bio-potere di Stato, il diritto sui cadaveri, sugli zombie suoi adepti, che saremmo noi.).

Non c'è stato nemmeno il tempo per elaborare il lutto del fallimento di (ogni) ideologia.

Ci si stava per darsi in pasto al pensiero unico, come Fusaro lo ha fortunatamente ribatezzato.

Di qui la necessità di un ripensamento etico che radicalizzi la questione umana, fino addirittura alle sue origine mitiche.

Solo con queste premesse va letto Paul, rispetto all'etica, altrimenti sembra che stia facendo un discorso demodè, e invece non lo è affatto. Da Agamben e Esposito, il tema della Teologia Politica è quantomeno il primo grande scoglio da superare per riportarsi in pari e all'altezza dei tempi. Come l'urgenza delle situazione richiederebbe.


"Chiedo: questa salvaguardia statale del privilegiato (per incompetenza mia, non mi viene in mente molto in merito, ma mi fido  :) ) non viene bilanciata un po' dai differenti livelli di tassazione, dal "rischio di impresa" e dal welfare?"

Caro Phil mi sorprendi...ma in quale mondo vivi?  (vale a dire: ma quando mai?)
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Citazione di: paul11 il 18 Marzo 2018, 01:48:08 AM
Citazione di: green demetr il 16 Marzo 2018, 22:13:18 PM
cit Paul
"probabilmente va ripensato tutto, ma di certo quella di oggi non  è sinistra e oggi non si fa politica, si fa visual, immagine, doxa,
Non c'è la forza di un pensiero ,di un percorso.Oggi strategicamente un politico dice una cosa, perchè studi di opinionisti e relative statistiche dicono che per arrivare ad un dato "target" bisogna fare pubblicità (oppps!) in un dato modo.

Questa è antipolitca è decostruzione politica."

E' quello che sostengo anch'io.


Il passaggio successivo è capire che fine ha fatto la politica, per questo al contrario di Maral, che crede più al fare ora, fare adesso, alla Fusaro, è necessario più che mai soffermarsi sul passato e capirne i fantasmi che si trascinano come miraggi, ma siamo nel deserto! Chiosa un Zizek.

Certo egli stesso con l'avvento di Trump e la marea di critiche che gli sono piovute addosso, ha dovuto ammettere che forse lo scotto da pagare per il cambiamento rischia di essere troppo oneroso.

L'inizio della politica pubblicitaria colta nel libro fondamentale "la società dello spettacolo", è giunta al rimbambimento della gente.
La solidarietà della gente era falsa, i centri di quartiere si sono sfaldati, posso solo ricordare di come quando le cellule comuniste andavano in giro a menarci durante i volantinaggi.
E di come tutto la passione fosse quella di menarsi, fascisti contro comunisti, e chi c'era di mezzo (io) veniva preso a botte lo stesso.
Per non parlare dei cortei da 5 persone e 20 carabinieri di scorta.

Era tutto falso, dai carteggi di mio nonno, in avanti, fino ai tradimenti dei sindacati, li ho vissuti tutti in prima persona.

Solidarietà era ed è solo una parola.

Bisogna avere il coraggio di andare nel merito: Perchè la gente deve essere solidale?
E' questo l'unico dato su cui riflettere.

Vi porto avanti io, è inutile prendere mazzate per un altro ventennio. Non ha motivo di essere solidale: terribile, semplice, piano.

Se lo si fa per una morale, come molti fanno, è una morale depensata, si finisce per non ricordare più perchè lo si sta facendo.

Il risultato si chiama corsa alla poltrona, defezioni, dispetti infantili.

Quando la morale non è più vissuta diventa una catena, su cui si spezzano i rapporti umani,

Lo aveva già chiaro il mio ANALFABETA bisnonno socialista prima delle guerra. (evidentemente prima ci si guardava negli occhi)

Si finiva allora per prediligere, per spostare l'attenzione sui diritti, e non più sui rapporti.

Fermo restando che sui diritti, a scapito di diverse vite, la mia famiglia è piena di martiri con stele annessa, io non rinuncerò mai a parlarne.

I diritti oggi sono stati spazzati via, perchè nel frattempo la società è colassata.

Credere che i rapporti siano strutturati dall'economia, è questo il grande sbaglio, errore ciclopico di tutto il socialismo prima e del comunismo poi.

I rapporti sono creati solo quando qualcosa è in comune.

L'evoluzione dei caratteri intellettuali dovuta alle forme democratiche, ci ha fatto sempre più capire, che prima della classe esistono i soggetti.

E che i soggetti non sono un pezzo unico di un ingranaggio universale.

I soggetti sono spezzati, come la letteratura la pittura la filosofia la musica ha intercettato e ribadito per tutto il novecento.

IL compito più alto dell'intellettualità è dunque quello di ricomprendere come il rapporto tra quegli esseri spezzati che noi siamo, da quegli essere perennemente "rimandanti" che siamo, ci consenta di trovare un senso comune.

Il senso signori!

Un senso che non sia ideologico, ma il frutto maturo delle analisi delle nostre paure e di quelle altrui, di come la solidarietà sia più una funzione del nostro stesso essere, che non una funzione di una analisi economica o politica che sia.

Capire che la feticizzazione è intrinseca al nostro agire, e proprio per questo ogni legge che viene emanata diventa un escremento, una traccia, che sempre più ci zavorra per l'avvenire.

Negli scritti anarchici, che provengono da un socialismo illuminato, vi erano tutte queste istanze di progresso.

Ma non vi è progresso senza analisi, e l'unica analisi è quella intellettuale: non vi è scampo (a mio parere).

Lenin o Mao l'avevano capito. L'egemonia intellettuale, è la base SINE QUA NON , vi sia una reale socialdemocrazia.

L'analisi è psicanalitica, non è sovrastrutturale.

Buon lavoro a tutti.
ciao green,
entriamo in un argomento che è profondo come la notte se interpreto bene il tuo discorso.
Se già l'economia è sovrastruttura e la politica altra ancora stratificazione culturale,
e seguendo la tua traccia il problema è psicanalitico, allora i problemi sono la paura e i simboli feticisti che
costruiscono i dispositivi culturali.
Ne desumo che il problema è come ,di nuovo, si interpreta la natura umana.

Se lo straricco non si accontenta di ciò che ha e per feticismo continua ad accumulare denaro, la morale direbbe che è iniquo
il suo agire e la sua mente è preda di una paura compulsiva che in realtà non riesca mai a quietare la sua sete di denaro.
Siamo tutti schiavi delle nostre paure e costruiamo forme intelligenti, dei dispositivi culturali per cercarla di bloccarla.
Allora la potenza e il dominio diventano tentativi di sublimazione,ai riti antichi sostituiamo abitudini moderne, nuove consuetudini sociali sostituiscono le vecchie e ci illudiamo che la conoscenza possa appunto costruire forme che quanto meno leniscano le paure. I cani abbaiono ascoltando il tuono, le rondini volano basse ,sentono l'elettricità dell'aria di un temporale in avvicinamento.
Forse abbiamo oltre che paure ancestrali,simili a quelle istintive animali,costruito per nostra caratteristica intellettiva delle costruzioni,ma non siamo mai riuscite a vincere, le trasformiamo storicamente.
La solidarietà allora diventa una esigenza di fare gruppo, di vincere la paura comune.

Ma detto questo Green, e probabilmente è parecchio importante andare  a fondo della tematica, perchè le forme economiche e politiche e l'aspetto morale del tipo è giusto il merito e non l'egualitarismo, è giusta la tirannia e non la democrazia,(sono esempi,,,al contrario) sarebbero effetti sociali, in cui il discrimine è comunque chi conquista il dominio e detta le regole,cioè chi culturalmente e come determina un modo di pensare.
Intendo dire che il debole una volta avuta la rivincita sul forte, se fosse solo la condizione economica  a spingerlo alla rivalsa, una volta divenuto adesso forte continuerebbe le stesse contraddizioni del suo nemico,

Penso, che oltre alla paura ancestrale umana che la conoscenza non riesce a vincere seppur costruisce dei dispositivi culturali dei surrogati di antichi riti,abbiamo un'etica.C'è chi riesce a spingersi non oltre un confine, c'è chi proprio non gli riesce.
Il senso del limite è etico se sociale e morale individuale e aggiungerei, appartiene ad un altro aspetto della natura umana, la coscienza.
Mi fermerei quì perchè il discorso è spinoso e arduo e sentirei, per chi ne ha voglia, altri pareri.


Sfortunatamente sembra che la maggior parte degli utenti intenda solo il lato politico della questione, e lo pretenda etico.
Chi pensando ad un socialismo liberale, chi ad un una società delle api, dove ognuno ha la sua funzione di competenza.


Ma torniamo proprio alla questione etica.

Se riprendiamo la metafora hegeliana in cui facciamo finire la storia dialettica servo-padrone che diventa padrone-servo, e lì implode.
Non capiremmo mai come invece è proprio la storia, ossia la negatività, che disattende qualsiasi pretesa morale.

Rileggendolo in chiave del potere naturale, è la stessa cosa.

Ma la morale riguarda lo scambio degli oggetti, o non forse lo scambio delle relazioni?

Seguendo l'antropologia strutturale, è chiaro che sono le relazioni ad essere cambiate, vendute.

Gli oggetti sono solo gli ornamenti, che permettono di entrare nella comunità.

Appunto come la sociologia ci insegna, cum munus, con un dono. (co- munus, co-munità).

Nella grande rilettura cristiana, il dono non è quello del supellettile, e del suo simbolo, il denaro, quanto invece della proprio persona.

Purtroppo si è perso il lato spirituale della vicenda, sappiamo tutti che persona, è un termine giuridico romano.

E come tale già principio di equivoci, perchè se il diritto è fondato sul dono della persona, appunto sul diritto familiare, il passo verso la sua alienzazione, e quindi scambio per mero ogetto, è breve.

Non lo è stato fin quando non sono nate le città.

Si poteva far finta di niente, per rimanere sotto lo stesso tetto, lo stesso scudo.
(famiglia Stemma regno sovranità).

Le gerarchie sono infinite.

Una volta rotto il simbolo con il suo contraltare spirituale, siamo alla consegna delle armi.
Il patto sociale era solo un passo più avanti.

Dentro la persona, però vi è anche il regno di Dio, il dono è anche quello! E' sopratutto quello. Le infinite manifestazioni della volontà divina, alias Natura.

La grande iattura diagnosticata nella post-modernità  è proprio la iattura con il giusnaturalismo cristiano.

Lasciato lo scudo crociate di nostro Signore redentore, Il Diavolo e il suo sterco, ossia l'usura è entrata di forza nella storia.

Chiamasi signoraggio, ed è l'unico problema a monte.
Perchè se al denaro noi diamo un valore già di per sè diseguale, perchè favorisce l'emittente ma non il ricevente. Di fatto noi indebitiamo qualsiasi forma di produzione.

Il problema che poi nei deliri nazisti viene attribuito agli ebrei, è quello.

Ossia la cattiva fede IN NOME della buona fede. Dei mercati, delle capacità della gente etc...

Il problema è strutturale.

Per quale motivo il mercante vende la sua anima al diavolo?

Beh qui il dibattito contemporaneo si fa interessante.

La vende perchè si difende come nel caso del mercante di venezia di shakespeeare?

Perchè lui NON è cristiano....Certo che la questione è religioso.

Il professor Cacciari in quest'ultimo anno ha ribadito più volte la questione.

Ossia lo scontro inevitabile fra mondo cattolico e mondo ebraico.

Scontro sempre rimandato, sempre appianato, quasi dismesso.

Noi siamo essere divini (cristianesimo) o siamo atomi materiali del male (gnosticismo).

Un dibattito di cui le LEGGI, del bene e del male si sono come specchi alimentati i secoli.

Cacciari, Zizek, la scuola di Lubiana, un loro referente ebraico: di questo oggi il panorama filosofico contemporaneo (quello più valido) sta dibattendo.

Il disinteresse con cui invece la società si veste, dà solo dell'idea dello scollamento spirituale, e quindi di qualsiasi lavoro di autocoscienza hegeliano, o di lavoro sul negativo, che la psicanalisi lacaniana rispettivamente hanno tentato di portare in agenda.

Quindi certo che viene da lontano da molto lontano.

A me non pare una buona scusa rimuoverlo dal dibattito. E sono contento che tu non lo faccia.

Anche se le domande sul politico del bene e del male, sembrano ignorare queste istaze religioso storiche.

a presto, dubito riusciamo a creare dibattito su questo.

NB

in questo senso l'opera di shakespeare il mercante di venezia almeno per me è una lacuna importante a quanto pare.  ;)























Vai avanti tu che mi vien da ridere

viator

Salve. A parte le contingenze generate dal crollo dell'ex URSS (caduta delle ideologie ed avanzata del capitalismo globalitario), il problema della sinistra - nel mondo ed in particolar modo in Italia) è costituito dalla sparizione, in essa di personalità carismatiche.

La sinistra può affermarsi e reggere unicamente sulla base della presenza in essa di tali figure (suprema ironia dell'egualitarismo, questa !!).

Mentre L'ideologia resta il sogno dei meno fortunati e non riesce ad affermarsi per approvazione generalizzata da parte delle masse, l'unico modo per affermarne il predominio sono le rivoluzioni o le guerre "di liberazione" seguite dal culto del carisma di chi le ha vinte (seconda suprema ironia, questa volta del comunismo letterale !!) il quale degenererà inesorabilmente nella dittatura ........ non del proletariato !!.

URSS, Cina, Cuba, Vietnam, Corea del Nord dicono forse qualcosa in proposito ?.

Al di fuori di simili "avventure" esiste il problema generato dal fatto che le ideologie di sinistra, quando restano sulla carta senza rivoluzione e senza guerra, non sono in grado di produrre personaggi popolar-carismatici poiché al loro interno - in nome di dichiarate democraticità ed egualitarsmo sventolati come dogmatici - si sviluppano degli apparati troppo rigidi che ne spersonalizzano i protagonisti.

Per la sinistra italiana l'unico barlume di carismaticità è stato quello di un certo Berlinguer. Per il resto ha operato sempre e solamente la selezione di un apparato che è sempre stato troppo chiuso verso l'esterno (la cittadella ideologica era assediata dai nemici ed occorreva tenerne ben chiuse le porte).
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

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