Perchè non posso più dirmi "di sinistra".

Aperto da 0xdeadbeef, 01 Marzo 2018, 20:16:29 PM

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0xdeadbeef

Citazione di: InVerno il 08 Marzo 2018, 22:37:02 PME' proprio il prezzo marginale, azzerato lentamente dalla digitalizzazione, a mettere in atto quell'esaurimento del sistema. Leggendo però Socrate (l'utente) che contrappone una sinistra egalitaria e classista, ad una destra libertaria e meritocratica, mi rendo conto di una contraddizione. La forza politica che ragiona per classi orizzontali, ad oggi, è la destra. Non la destra riformista (o centralista) e neoliberista che bene o male sta seguendo lo stesso andamento della controparte, ma quella destra nazionalista (in europa "lepenista") che sta invece guadagnando terreno, spaventando proprio quel capitale che riconosce nelle pastoie nazionali una iattura "antimeritocratica". Se tanto mi da tanto, quando Benoist descriveva il fascismo come "un socialismo senza materialismo e internazionalismo" , Socrate e noi dovremmo ben ponderare le analisi. E' inutile comunque paventare spauracchi "fascisti", esistono esempi ben più gentili di queste transizioni politiche, come accadde in America a cavallo dell'ultimo secolo dove partito Repubblicano e Democratico si scambiarono  diametralmente di posizione ruotando intorno all'idea della dimensione dello stato, tensione che poi terminerà nel New Deal, da parte di quella forza politica che trentanni prima predicava turboanarcocapitalismo.



Ciao InVerno
Ti confesso che per quanto mi sia sforzato non sono riuscito a capire quanto affermi nella prima riga della risposta...
Ti rispondo quindi sulla base del poco che mi pare di intuire. La digitalizzazione azzera semmai il valore aggiunto, non
credi? Il prezzo marginale dovrebbe invece scendere all'aumentare dei volumi produttivi; almeno secondo la teoria dell'
economia di scala cui mi riferivo.
Da questo punto di vista, per "esaurimento del sistema" si dovrebbe intendere la saturazione dello spazio "fisico" (la
globalizzazione, una volta "globalizzato il globo", per usare un gioco di parole, non troverebbe più alcuno spazio).
Ma se lo spazio fisico è saturato, non saturato nè, per certi versi, saturabile è lo spazio virtuale; da qui l'espansione
del mercato nella finanza (come del resto aveva già intuito J.Schumpeter negli anni 40 del 900).
E comunque ribadisco che importante è capire come la globalizzazione risponda ad una precisa logica di ordine economico:
il sistema capitalistico o si espande o implode (in quanto il "plusvalore", nella stasi, tende ad azzerarsi).
Trovo invece molto pertinenti le tue successive argomentazioni.
Il motivo, infatti, per cui non posso più dirmi di sinistra è esattamente quello. Ma a proposito cade anche il tuo
riferimento agli USA. Chissà, forse un giorno certa sinistra (anzi, il pochissimo che ne resta) capirà che è andata ben
oltre quel "morire democristiani" che era lo spauracchio dei comunisti di decenni orsono...
saluti e stima

anthonyi

Citazione di: 0xdeadbeef il 09 Marzo 2018, 15:32:48 PM

Al mercato interessa solo ed esclusivamente che il "diritto sociale" non vada ad intaccare i principi su cui si regge
la sua impalcatura ideologica (spacciata spudoratamente per scienza economica).
Al mercato interessa che ogni cosa sia soggetta ad esso stesso. Per cui non può esistere un contratto nazionale unico
(tanto per restare al nostro esempio) stabilito da due parti contraenti "ufficiali" (ad es. Confindustria e il Sindacato)
che rappresentano la pluralità delle parti contraenti; ma tale pluralità deve poter esplicarsi "privatamente", cioè senza
nessuna rappresentanza "collettiva".
Questo perchè il Mercato è, in ultima analisi, l'antitesi di qualsivoglia "entità collettiva" (e l'entità collettiva è,
come vado dicendo lungo tutto questo post, l'unico rimedio al suo strapotere).
saluti

Ciao 0xdeadbeef, perché rappresenti il mercato come un'entità personalistica? Il mercato è uno strumento, un sistema di regole, discutibili per carità, ma non è che si può dire che il mercato ha strapotere.
Sarebbe come dire che un sistema elettorale ha strapotere perché pretende di nominare con le sue regole tutti i deputati di un'assemblea.
E comunque le entità collettive non sono in antitesi al mercato, basta rispettare il diritto degli individui di scegliere se appartenere o meno a dette entità collettive.

paul11

Citazione di: anthonyi il 09 Marzo 2018, 13:30:46 PM
Citazione di: paul11 il 08 Marzo 2018, 00:18:37 AM

E' quì che storicamente ha vinto il "progresso sociale" riformista che ha incanalato nei parlamenti degli Stati occidentali lotte e malcontenti concedendo diritti sociali. Oggi se c'è assistenza, previdenza, quello che è stato definito stato del benessere o welfare state è sicuramente un progresso nella storia umana sociale,Casi di morti di fame o di malsanità sono da telegiornali tanto sono eccezioni e non ordinarietà.Questo è un fatto ed è frutto sia di destra che sinistra  sociale.
Il rapporto conflittuale è sempre stato fra economia e politica, la prima del privato nello scambio economico che genera un valore aggiunto ,un surplus e la politica che sceglie a seconda del governo di sinistra o destra di generare una ridistribuzione attraverso la fiscalità da riversare nella previdenza, assistenza, sanità, scuola pubblica.Il ruolo quindi dello stato è regolatore della differenza economica per pacificare il conflitto sociale, mantenerlo nelle regole della tolleranza democratica.
Keynes diceva che lo stato sociale costruito dallo Stato era come un aumento di stipendio/salario, essendo gratuito o quasi.

Da qualche anno assistiamo al dissesto dello stato sociale, del welfare, e le sinistre di tutti i Paesi avanzati sono sparite, proprio nel momento in cui la globalizzazione ha accentuato il suo passo. E' accaduto, per farla breve che lo Stato ha tolto un poco o tanto delle risorse economiche nel welfare sociale e si è messo a fare welfare alle multinazioali e al potere finanziario delle banche.In questa logica sono caduti anche i governi di sinistra e non intendo solo in Italia,perchè il problema è internazionale e la cultura è internazionale .Il ruolo compensativo dello Stato sulle discrepanze, differenze economiche di reddito che era appannaggio dei programmi politiici della sinistra(salvaguardia dell'occupazione, più investimenti =più lavoro,ecc) è saltato.
Le leve del potere centrale degli Stati nell'Europa è passato ai commissari europei e al governatore della banca centrale europea.

Mi sembra che alla base del tuo ragionamento ci sia l'idea che il welfare sia un prodotto dell'azione politica, mentre invece la prima precondizione del welfare è la crescita economica, se non ci sono risorse il welfare non può essere finanziato. Purtroppo un certo pensiero di sinistra è capace solo di riflettere sulle dimensioni delle fette di torta e non capisce che prima di fare le fette bisogna fare la torta. Ci sono evoluzioni della sinistra più liberali che invece lo hanno capito ed è per questo che dedicano la loro attenzione alle multinazionali (ma anche alle industrie nazionali) e alle banche, e lo fanno per creare/mantenere quelle condizioni di crescita economica che altrimenti non ci sarebbero. Purtroppo questo non lo hanno capito tanti cittadini del nostro paese che preferiscono credere alle sirene di illusorie maxi-torte alle quali abbuffarsi che non si capisce bene chi preparerà.
ciao Anthonyi,
il welfare è anche e non solo il prodotto storico di lotte sociali raccolte in diritti e quindi norme e dall'altra sicuramente l'aspetto economico.
Non esiste se non per speculazione politica ed economica che il welfare necessariamente sussiste solo in presenza di crescita economica :questa è ideologia liberista.
Perchè il concetto di crescita in un determinato pensiero economico è dato semplicemente dalla quantità di denaro che circola nell'economia di scambio.e adatto che scuola sanità pubblica, muovono denaro e occupano persone è garantito che il reddito e le spese vadano nellel tasche di qualcuno.
E' ideologico perchè i concetti di valore vanno da Adam Smith ai marginalisti austriaci, passando per Marx, Ricardo, Keynes, monetaristi, ecc.

E' ideologica ribadisco e quindi determinata da rapporti di forza, quale configurazione economica si vogliono perseguire.
Bisogna quindi scindere, ma sapendo che sono intimamente connesse ,la macroeconomia dalla microeconomia, lo Stato o dall'impresa economica, ed è infatti quì è stata ed è la battaglia, dove la sinistra sociale vuole più Stato e il liberismo di destra più impresa.
Il welfare ha accontentato entrambi perchè se il committente degli appalti è lo Stato, chi ci guadagna sono le imprese. 

Il concetto di risorsa di valore e di moneta sono a loro volta dinamicamente connesse-
Quanti giorni di scorta di grano sopperisce al fabbisogno mondiale?
Quanti barili di greggio di petrolio sono estratii rispetto alla domanda mondiale?
Chi coltiva grano e chi estrae petrolio sa di non doverlo fare all'infinito, si ferma dove il prezzo e i costi raggiungono il punto di equilibrio del profitto. Quindi la risorsa è interpretabile come bene economico.

La scelta ad esempio degli indici economici è semplicemente ideologica da parte dell UE, perchè si è convenuto che fosse "giusta" per tenere unita la UE nelle diverse basi legislative di ogni Stato,visto che l'euro è comunque la moneta rappresentativa anche nelle diversità singolari.Per cui il rapporto PIL/debito pubblico in una certa percentuale è sua volta ideologica e convenuta.
Non hanno assolutamente basi "oggettive" economiche,tantè che lasciano sforare o meno e stanno già cominciando a darci avvisi di sforamento (è caduto il PD che era filo europeo).

Se Trump sta facendo il "grande casino dei dazi" è solo un rapporto di forza perchè l'economia e la modalità di scelta di una forma economica all'interno di una organizzazione umana  e tutte potrebbero funzionare ,dal nazismo fascismo comunismo, liberismo.

Phil

Citazione di: 0xdeadbeef il 09 Marzo 2018, 15:32:48 PM
Al mercato interessa solo ed esclusivamente che il "diritto sociale" non vada ad intaccare i principi su cui si regge
la sua impalcatura ideologica (spacciata spudoratamente per scienza economica).
Al mercato interessa che ogni cosa sia soggetta ad esso stesso. Per cui non può esistere un contratto nazionale unico
(tanto per restare al nostro esempio) stabilito da due parti contraenti "ufficiali" (ad es. Confindustria e il Sindacato)
che rappresentano la pluralità delle parti contraenti; ma tale pluralità deve poter esplicarsi "privatamente", cioè senza
nessuna rappresentanza "collettiva".
Questo perchè il Mercato è, in ultima analisi, l'antitesi di qualsivoglia "entità collettiva" (e l'entità collettiva è,
come vado dicendo lungo tutto questo post, l'unico rimedio al suo strapotere).
La questione, se ho ben inteso, è allora come rovesciare (o disinnescare?) il rapporto di forze fra "mercato" (forza d'impatto in crescita) e "politica" (sempre più debole, in quanto dipendente dal mercato).
Una "entità collettiva" nazionale, servendosi di leggi protezionistiche (anti-globalizzazione) e di un economia fortemente statalizzata-interventista, non rischierebbe, nel panorama attuale, la chiusura in un anacronistico isolamento?
Intendi che sarebbero comunque più i vantaggi sociali di tale chiusura che gli svantaggi?

Sull'interessate tema della "debolezza", credo sia necessario mettere bene a fuoco cosa essa significhi concretamente (fermo restando che ogni "quantificazione", anche quella della debolezza, è relativa al suo contesto storico-culturale, come ben osservato qui: http://www.indiscreto.org/perche-vincono-populisti/).
Se il precario è debole nei confronti di chi gli dà lavoro (multinazionale o imprenditore che sia), come possiamo renderlo meno debole? Se ci sono già sindacati, sostegni al reddito, etc. la sua "debolezza" è: di fatto, nell'avere poco capitale da usare e, di diritto, nel non poter scegliere quale contratto avere?
Eppure, è meglio avere oggi un contratto di secondo livello o abolirli per aspettare un domani (lontano?) un contratto più lungo, più stabile più redditizio?. Non sempre, ad oggi, dove è possibile ricorrere al primo si potrebbe utilizzare indifferentemente il secondo... nella debolezza del contratto di lavoro "anomalo" c'è la forza di un espediente che non giova solo al datore di lavoro, ma anche al lavoratore che, in alternativa, avrebbe probabilmente ancora meno "forza economica".

Davvero è possibile reimpostare, riducendoli drasticamente, i rapporti di forza, di dipendenza, di asimmetria, mantenendo al contempo un'economia (e una politica) funzionante oltre che "accudente"?
Se l'"identità collettiva" coincidesse con il potere centrale dello stato (che bandirebbe coercitivamente rapporti di forza troppo sbilanciati) proprio ciò rappresenterebbe un rapporto di forza oppressivo che, forse, considerando lo scenario odierno mondiale (tutt'altro che facilmente reversibile), appiattirebbe (indebolendola) la crescita economica (e anche culturale) dello stato.
Qui tuona la domanda pragmatica di green demetr:
Citazione di: green demetr il 09 Marzo 2018, 02:54:18 AM
E comunque il problema intellettuale rimane, cosa fare?

Sull'aspetto ideologico, a monte della prassi, concordo con la considerazione di paul11:
Citazione di: paul11 il 10 Marzo 2018, 09:57:53 AM
E' ideologica ribadisco e quindi determinata da rapporti di forza, quale configurazione economica si vogliono perseguire.
Bisogna quindi scindere, ma sapendo che sono intimamente connesse ,la macroeconomia dalla microeconomia, lo Stato o dall'impresa economica, ed è infatti quì è stata ed è la battaglia, dove la sinistra sociale vuole più Stato e il liberismo di destra più impresa.
Il welfare ha accontentato entrambi perchè se il committente degli appalti è lo Stato, chi ci guadagna sono le imprese.


P.s.
@Oxdeadbeef, abbiamo tutti le nostre giornatacce... e la tua era a malapena intuibile  ;)

0xdeadbeef

Citazione di: anthonyi il 10 Marzo 2018, 07:50:17 AM
Ciao 0xdeadbeef, perché rappresenti il mercato come un'entità personalistica? Il mercato è uno strumento, un sistema di regole, discutibili per carità, ma non è che si può dire che il mercato ha strapotere.
Sarebbe come dire che un sistema elettorale ha strapotere perché pretende di nominare con le sue regole tutti i deputati di un'assemblea.
E comunque le entità collettive non sono in antitesi al mercato, basta rispettare il diritto degli individui di scegliere se appartenere o meno a dette entità collettive.


Per tutta l'economia detta "classica" (fino a Marx e Ricardo) il valore di un bene economico è determinato dal
cosiddetto "valore-lavoro", cioè dalla quantità di lavoro necessario a produrlo (celebre l'esempio di Marx circa
i diciannove - mi pare - passaggi per fare uno spillo).
Questo fino alla Scuola Marginalista, che affermò il valore di un bene economico essere il valore che ad esso
attribuiscono gli attori dello scambio (che è il concetto che vige nella contemporaneità).
Cioè, in linea con la cosiddetta "rivoluzione copernicana del pensiero" (Kant), ovvero con la "messa al centro"
del soggetto in un mondo che fino ad allora aveva appunto "messo al centro" l'oggetto, anche in economia sono
i soggetti attori dello scambio ad assumere preponderanza sugli oggetti costituiti dalla quantità di lavoro
necessario per produrli (l'esempio più "facile" di quanto vado dicendo è lo "schizzo" di un grande artista, che
benchè necessiti di ben poco tempo per essere realizzato assume però grande valore sia per il venditore che per il
compratore).
Questo vuol semplicemente dire che tutto il mercato si fonda su "valori" (mercatistici) soggettivi, individuali.
L'aggettivo "libero", che sempre più si accompagna al sostantivo "mercato", dimostra che esso, il mercato, è sempre
più inteso come "sciolto" da regole e norme (celebre la definizione, mi pare di R.Reagan, di un mercato libero da
"lacci e lacciuoli" normativi). Direi anzi che tutta la tradizione "mercatistica", da Adam Smith ai Marginalisti,
fino ad arrivare agli odierni economisti sostenitori della teoria dell'equilibrio perfetto dei mercati, abbia sempre
predicato e predichi esattamente la non-invadenza normativa da parte dello stato (secondo il noto giurista R.Nozick
lo stato dev'essere "minimo", cioè garantire esclusivamente la sicurezza interna ed esterna e il rispetto dei
contratti stipulati in regime di libero mercato).
Tutte teorie che, anche se non esplicitate chiaramente nelle loro forme, riempiono ogni "interstizio" della
nostra vita nell'attualita'.
O almeno così a me pare...
saluti

0xdeadbeef

Citazione di: Phil il 10 Marzo 2018, 13:34:54 PMLa questione, se ho ben inteso, è allora come rovesciare (o disinnescare?) il rapporto di forze fra "mercato" (forza d'impatto in crescita) e "politica" (sempre più debole, in quanto dipendente dal mercato).
Una "entità collettiva" nazionale, servendosi di leggi protezionistiche (anti-globalizzazione) e di un economia fortemente statalizzata-interventista, non rischierebbe, nel panorama attuale, la chiusura in un anacronistico isolamento?
Intendi che sarebbero comunque più i vantaggi sociali di tale chiusura che gli svantaggi?

Sull'interessate tema della "debolezza", credo sia necessario mettere bene a fuoco cosa essa significhi concretamente (fermo restando che ogni "quantificazione", anche quella della debolezza, è relativa al suo contesto storico-culturale, come ben osservato qui: http://www.indiscreto.org/perche-vincono-populisti/).
Se il precario è debole nei confronti di chi gli dà lavoro (multinazionale o imprenditore che sia), come possiamo renderlo meno debole? Se ci sono già sindacati, sostegni al reddito, etc. la sua "debolezza" è: di fatto, nell'avere poco capitale da usare e, di diritto, nel non poter scegliere quale contratto avere?




Inutile nascondere, caro Phil, che la fase propositiva è di grandissima problematicità.
Siamo tutti immersi in una economia globale, con interscambi così fitti che qualsiasi idea di un ritorno "autarchico"
al potere politico deve fare i conti (e che conti...) con una realtà che ad essa si oppone irriducibilmente.
A rendere il quadro ancor più complesso ci si mettono anche aspetti, direi, antropologici e filosofici quali
l'emergere di un individuo che, senz'altro, ad un potere "collettivamente inteso", come quello politico, si
oppone in maniera radicale.
Quindi sì, senza alcun dubbio nel panorama attuale è di fatto impossibile non finire in un isolamento (se si
perseguissero politiche diverse dal, diciamo, "mainstream" dominante).
Però diciamo anche che da qui a non usare per nulla la nostra capacità critica ne passa...
Mi chiedi: se il precario è debole, come possiamo renderlo meno debole? Ad esempio rendendolo, come dire, un pò
meno precario...
Come? Magari ripristinando la legge sul lavoro così come era stata originariamente scritta dal povero Marco Biagi
(36 mesi da precario, poi o assunzione a tempo indeterminato o licenziamento). Magari togliendo tutte quelle
forme contrattuali nate negli ultimi anni e rispristinando una trattativa contrattuale nazionale. O in molti
altri modi.
A tal proposito, come fai a dire che queste forme contrattuali "anomale" giovano anche al lavoratore?
Conosco abbastanza bene la materia, e posso assicurarti che forme contrattuali "anomale" ci sono sempre state (ad
esempio in agricoltura, dove la stagionalità necessita di mano d'opera non numericamente costante); il problema è
che adesso queste forme contrattuali sono diventate la regola: perchè? Forse perchè il lavoratore precario è più
ricattabile? Forse perchè la paura che non gli venga rinnovato il contratto lo spinge a "sputare sangue"?
Io credo queste cose probabili...
Intendiamoci, nessuno (a meno che non sia...) sta pensando ad economie pianificate o a, comunque, pesanti interventi
statali. Ma saltare di palo in frasca, come sta avvenendo, non è nè socialmente giusto né economicamente razionale.
Perchè di questo secondo aspetto (la razionalità economica) abbiamo poco o nulla parlato; ma c'è anch'essa, eccome.
Ad esempio (poi ci sarebbe da scriverne intere biblioteche...), pensiamo che questo andamento al ribasso dei
salari (e all'aumento delle rendite) sia economicamente razionale?
Eppure da più parti si avverte che uno dei principali problemi del paese è la scarsa domanda di beni (la "domanda
interna"). E allora, se la gente non compra perchè non ha soldi, pensiamo di togliergli ulteriori soldi? E non
pensiamo che questo deprime ulteriormente la domanda interna?
Un altro esempio è quello relativo al debito pubblico.
Abbiamo un debito altissimo, d'accordo, che impedisce qualsiasi forma di "interventismo" statale o di spesa pubblica.
Ma perchè nessuno ci dice mai com'è possibile che un paese, il nostro, che ha da oltre 20 anni il miglior dato
primario ("avanzo", se positivo) d'Europa si vede crescere costantemente il debito (qui urgerebbe un controllo per
verificare le mie parole, visto che la cosa è grossa assai e che siamo in pieno clima di "fake news"...)?
Che il debito pubblico NON sia dovuto solo alle nostre allegre spese come qualcuno vorrebbe darci a bere (riuscendoci)?
Ma qui mi fermo, sennò vado avanti fino a domattina.
saluti e stima

Phil

Citazione di: 0xdeadbeef il 10 Marzo 2018, 20:07:50 PM
come fai a dire che queste forme contrattuali "anomale" giovano anche al lavoratore?
Intendevo che, talvolta, si tratta del giovamento del "danno minore" (non certo di un giovamento "assoluto"), ovvero credo "giovino" al lavoratore, o meglio, ad alcuni di loro, perché a volte se le aziende non potessero ricorrere a tali contratti, ad esempio, assumerebbero 2 persone (a tempo determinato) al posto di 3 (con contratto anomalo ridotto) e quel terzo lavoratore sarebbe a lungo disoccupato (considerando che non siamo in tempi in cui il lavoro si trova rapidamente) ritrovandosi in una condizione di "debolezza critica" (rispetto alla quale un contratto anomalo è di sicuro giovamento).

Da un lato, è indubitabile che:
Citazione di: 0xdeadbeef il 10 Marzo 2018, 20:07:50 PM
queste forme contrattuali sono diventate la regola: perchè? Forse perchè il lavoratore precario è più
ricattabile? Forse perchè la paura che non gli venga rinnovato il contratto lo spinge a "sputare sangue"?
Io credo queste cose probabili...
oltre al fatto che (azzardo, e forse sbaglio) i contratti anomali fanno risparmiare alle imprese (tasse e affini) e costano invece al lavoratore una riduzione di contributi versati (ripeto, magari sbaglio...).

Dall'altro lato tuttavia, l'impresa, pur risparmiando in versamenti vari, investe tempo e risorse per formare ed inserire continuamente lavoratori che dureranno poco (quindi non è sempre un buon investimento...).
Tale mobilità è inoltre la linfa di cui si nutrono le agenzie interinali (e i loro lavoratori), le varie agenzie formative (e tutti coloro che gli ruotano intorno) e sospinge le iniziative di "start up", innovative o meno (alimentate anche dal timore di non trovare lavoro stabile da dipendenti).

Intendiamoci, cercando di vedere il bicchiere mezzo pieno non voglio certo tessere gli elogi della "instabilità" (non posso proprio farlo, per esperienza personale  ;) ), ma nemmeno vedrei nella precarietà una condizione di seria "debolezza", almeno non grave quanto la disoccupazione  ;D  soprattutto in un periodo storico in cui
Citazione di: 0xdeadbeef il 10 Marzo 2018, 20:07:50 PM
la fase propositiva è di grandissima problematicità.
Siamo tutti immersi in una economia globale, con interscambi così fitti che qualsiasi idea di un ritorno "autarchico"
al potere politico deve fare i conti (e che conti...) con una realtà che ad essa si oppone irriducibilmente.

anthonyi

Citazione di: paul11 il 10 Marzo 2018, 09:57:53 AM
Citazione di: anthonyi il 09 Marzo 2018, 13:30:46 PM
Citazione di: paul11 il 08 Marzo 2018, 00:18:37 AM

E' quì che storicamente ha vinto il "progresso sociale" riformista che ha incanalato nei parlamenti degli Stati occidentali lotte e malcontenti concedendo diritti sociali. Oggi se c'è assistenza, previdenza, quello che è stato definito stato del benessere o welfare state è sicuramente un progresso nella storia umana sociale,Casi di morti di fame o di malsanità sono da telegiornali tanto sono eccezioni e non ordinarietà.Questo è un fatto ed è frutto sia di destra che sinistra  sociale.
Il rapporto conflittuale è sempre stato fra economia e politica, la prima del privato nello scambio economico che genera un valore aggiunto ,un surplus e la politica che sceglie a seconda del governo di sinistra o destra di generare una ridistribuzione attraverso la fiscalità da riversare nella previdenza, assistenza, sanità, scuola pubblica.Il ruolo quindi dello stato è regolatore della differenza economica per pacificare il conflitto sociale, mantenerlo nelle regole della tolleranza democratica.
Keynes diceva che lo stato sociale costruito dallo Stato era come un aumento di stipendio/salario, essendo gratuito o quasi.

Da qualche anno assistiamo al dissesto dello stato sociale, del welfare, e le sinistre di tutti i Paesi avanzati sono sparite, proprio nel momento in cui la globalizzazione ha accentuato il suo passo. E' accaduto, per farla breve che lo Stato ha tolto un poco o tanto delle risorse economiche nel welfare sociale e si è messo a fare welfare alle multinazioali e al potere finanziario delle banche.In questa logica sono caduti anche i governi di sinistra e non intendo solo in Italia,perchè il problema è internazionale e la cultura è internazionale .Il ruolo compensativo dello Stato sulle discrepanze, differenze economiche di reddito che era appannaggio dei programmi politiici della sinistra(salvaguardia dell'occupazione, più investimenti =più lavoro,ecc) è saltato.
Le leve del potere centrale degli Stati nell'Europa è passato ai commissari europei e al governatore della banca centrale europea.

Mi sembra che alla base del tuo ragionamento ci sia l'idea che il welfare sia un prodotto dell'azione politica, mentre invece la prima precondizione del welfare è la crescita economica, se non ci sono risorse il welfare non può essere finanziato. Purtroppo un certo pensiero di sinistra è capace solo di riflettere sulle dimensioni delle fette di torta e non capisce che prima di fare le fette bisogna fare la torta. Ci sono evoluzioni della sinistra più liberali che invece lo hanno capito ed è per questo che dedicano la loro attenzione alle multinazionali (ma anche alle industrie nazionali) e alle banche, e lo fanno per creare/mantenere quelle condizioni di crescita economica che altrimenti non ci sarebbero. Purtroppo questo non lo hanno capito tanti cittadini del nostro paese che preferiscono credere alle sirene di illusorie maxi-torte alle quali abbuffarsi che non si capisce bene chi preparerà.
ciao Anthonyi,
il welfare è anche e non solo il prodotto storico di lotte sociali raccolte in diritti e quindi norme e dall'altra sicuramente l'aspetto economico.
Non esiste se non per speculazione politica ed economica che il welfare necessariamente sussiste solo in presenza di crescita economica :questa è ideologia liberista.
Perchè il concetto di crescita in un determinato pensiero economico è dato semplicemente dalla quantità di denaro che circola nell'economia di scambio.e adatto che scuola sanità pubblica, muovono denaro e occupano persone è garantito che il reddito e le spese vadano nellel tasche di qualcuno.
E' ideologico perchè i concetti di valore vanno da Adam Smith ai marginalisti austriaci, passando per Marx, Ricardo, Keynes, monetaristi, ecc.

E' ideologica ribadisco e quindi determinata da rapporti di forza, quale configurazione economica si vogliono perseguire.
Bisogna quindi scindere, ma sapendo che sono intimamente connesse ,la macroeconomia dalla microeconomia, lo Stato o dall'impresa economica, ed è infatti quì è stata ed è la battaglia, dove la sinistra sociale vuole più Stato e il liberismo di destra più impresa.
Il welfare ha accontentato entrambi perchè se il committente degli appalti è lo Stato, chi ci guadagna sono le imprese.

Il concetto di risorsa di valore e di moneta sono a loro volta dinamicamente connesse-
Quanti giorni di scorta di grano sopperisce al fabbisogno mondiale?
Quanti barili di greggio di petrolio sono estratii rispetto alla domanda mondiale?
Chi coltiva grano e chi estrae petrolio sa di non doverlo fare all'infinito, si ferma dove il prezzo e i costi raggiungono il punto di equilibrio del profitto. Quindi la risorsa è interpretabile come bene economico.

La scelta ad esempio degli indici economici è semplicemente ideologica da parte dell UE, perchè si è convenuto che fosse "giusta" per tenere unita la UE nelle diverse basi legislative di ogni Stato,visto che l'euro è comunque la moneta rappresentativa anche nelle diversità singolari.Per cui il rapporto PIL/debito pubblico in una certa percentuale è sua volta ideologica e convenuta.
Non hanno assolutamente basi "oggettive" economiche,tantè che lasciano sforare o meno e stanno già cominciando a darci avvisi di sforamento (è caduto il PD che era filo europeo).

Se Trump sta facendo il "grande casino dei dazi" è solo un rapporto di forza perchè l'economia e la modalità di scelta di una forma economica all'interno di una organizzazione umana  e tutte potrebbero funzionare ,dal nazismo fascismo comunismo, liberismo.

Ciao paul11,

la questione che io ponevo era soprattutto politico-culturale, io mettevo in discussione l'ingenua convinzione che le problematiche sociali siano risolvibili con una regola scritta. Le leggi interagiscono con il sistema sociale producendo risultati che possono essere distanti dalle intenzioni del legislatore.
Abolisci i vaucher e voilà tutti quei lavoratori che prima avevano un minimo di regolarizzazione tornano al nero, ripristini l'art 18 vecchia versione e voilà le aziende si fanno i conti sui rischi e decidono di non investire e magari di chiudere in Italia.
Tu fai un forte uso della parola "ideologia" e in un certo senso io ti do ragione.
L'analisi economica si basa soprattutto su valori contabili, numeri che possono dare una falsa sensazione di oggettività che invece non hanno perché sono suscettibili di valutazioni di vario genere.
Io infatti sono sostenitore della relatività del concetto di PIL, preferendo quella che dovrebbe essere una valutazione qualitativa dello stesso.
Ciononostante quando una convenzione diventa una regola contrattuale questa diventa un dato oggettivo. Se l'Italia ha sottoscritto dei patti nei quali prendeva degli impegni (E lo ha fatto cosciente dei vantaggi che avrebbe avuto ad entrare nell'Euro sui quali non mi dilungherò) questi impegni vanno rispettati anche perché in realtà conviene all'Italia (Ma non conviene alla classe politica che preferisce sempre spendere il più possibile i soldi dei cittadini presenti e futuri).
Quello che però non mi piace dell'uso della parola "ideologia" è l'idea che esista una scienza economica che sia stata costruita ad Hoc per giustificare il mercato. Nell'ambito del dibattito economico sono presenti molteplici analisi che sono state sviluppate per spiegare i cosiddetti fallimenti del mercato i quali spiegano e giustificano varie forme di intervento istituzionale e pubblico e lo fanno con gli stessi strumenti formali con i quali, in altre situazioni, viene dimostrata l'ottimalità del mercato.
Un saluto

0xdeadbeef

Ciao Phil
Beh, sicuramente è meglio pane e acqua di niente...
Questo però se vogliamo vedere le cose esclusivamente dalla parte del lavoratore in stato di "bisogno" (e beninteso
sottolineo proprio quell'"in stato di bisogno" - intendendolo come immediato); perchè in realtà le cose viste con gli
occhi dell'economista, o con gli occhi di chi ha a cuore le sorti del paese, stanno diversamente.
Dunque tralasciamo il fatto che qui si sta letteralmente cancellando la cosidetta "classe media", di cui facevano
parte anche quei lavoratori mediamente specializzati (e certamente non in stato di bisogno immediato) che nei passati
decenni hanno fatto la fortuna del paese, e concentriamoci sull'economia, come dire, "dura e pura".
A proposito di "domanda interna" (cui accennavo): qui si stanno tirando su intere generazioni che non potranno mai
formarsi una famiglia; il che, economicamente, si traduce nel fatto che non compreranno mai una abitazione (con
annessi e connessi).
Più in generale, intere generazioni non godono e non godranno mai di un reddito che gli permetta di fare qualche
"spesuccia" (oltre che vivono e vivranno una condizione di paura e instabilità che li dissuade e li dissuaderà
dallo spendere anche pochi euro).
Non sto con ciò parlando di "giustizia sociale" o altro argomento di ordine morale: qui siamo in presenza di milioni
di persone che non fanno e non faranno mai "girare l'economia", come si suol dire.
Tutto questo si traduce in scarsa "domanda interna", che è uno dei problemi più gravi che affliggono il paese (secondo
solo forse al debito pubblico).
Il contratto "anomalo", dicevo, giova quindi solo al lavoratore in stato di bisogno immediato. E, ora aggiungo, giova
a quelle aziende cosiddette "a basso valore aggiunto", cioè che producono beni in cui la differenza fra costo (di
produzione) e prezzo (alla vendita) è bassa.
In realtà i contratti anomali non fanno risparmiare soldi alle imprese (anzi, direi tutt'altro). Il vero vantaggio
per le imprese è dato dall'enorme grado di flessibilità che questa tipologia di contratti consentono di avere.
Proprio perchè, nella stragrande maggioranza, si tratta di aziende con produzione a basso valore aggiunto, le
aziende che più si avvalgono dei contratti anomali non hanno un gran bisogno di "formare" i loro dipendenti.
Questo, in genere, perchè il basso valore aggiunto significa una produzione incentrata non, ad esempio, sulla
qualità o sul contenuto tecnologico; ma una produzione, come dire, "di basso profilo" che non necessita di
elevata specializzazione e formazione dei dipendenti.
Ma anche su questo specifico punto torniamo a uno dei grandi problemi di cui soffre il paese.
Abbiamo, come noto, perso tutte quelle "eccellenze" che avevano reso prospero il nostro paese negli anni del "boom".
Eccellenze produttive (penso alla chimica come al tessile, alla siderurgia o all'elettronica) che avevano, appunto,
un "alto valore aggiunto", e che perciò necessitavano di personale altamente o mediamente specializzato.
Allora, magari dirai, che facciamo? Rimettiamo indietro le lancette dell'orologio?
Naturalmente no, ma sarebbe bene rendersi conto che, soprattutto dopo l'adozione di una moneta forte come l'euro,
questa caccia al "basso profilo" (conseguenza del basso valore aggiunto) non ci porterà davvero da nessuna parte.
Ci salverà, magari, nell'immediato (consentendoci di mangiare appunto pane e acqua), ma stiamo sicuri che nel
medio-lungo termine condurrà ad autentici disastri.
saluti

0xdeadbeef

Citazione di: anthonyi il 11 Marzo 2018, 07:38:12 AMQuello che però non mi piace dell'uso della parola "ideologia" è l'idea che esista una scienza economica che sia stata costruita ad Hoc per giustificare il mercato. Nell'ambito del dibattito economico sono presenti molteplici analisi che sono state sviluppate per spiegare i cosiddetti fallimenti del mercato i quali spiegano e giustificano varie forme di intervento istituzionale e pubblico e lo fanno con gli stessi strumenti formali con i quali, in altre situazioni, viene dimostrata l'ottimalità del mercato.
Un saluto



Scusatemi, Paul11 e Anthony, se mi inserisco nel vostro discorso, ma c'è questo passo che mi piacerebbe commentare.
Allora, se prendiamo per buone le teorie marginaliste sul valore di un bene economico come il valore che ad esso
attribuiscono gli attori dello scambio (teorie che costituiscono il fondamento assoluto dell'ideologia mercatista),
cioè (allargando il discorso alla visione filosofica di Von Hayek) se consideriamo tutto in relazione alla sfera
soggettiva, allora non esiste UNA razionalità economica, cioè non esiste UNA scienza economica.
Questo è facilmente intuibile: se io devo andare a Milano e ho molti soldi e poco tempo ci andrò in aereo; mentre
se ho pochi soldi e molto tempo ci andrò in autostop (scusate l'esempio scemo, ma credo che calzi).
Credo sia ora di interrogarsi sul portato di "scientificità" di una disciplina "umana" quale l'economia; cioè
credo sia arrivata l'ora di chiedersi: "razionalità a favore di chi?"
E del resto, quella che io credo la più calzante definizione di "eonomia" così recita: l'economia è quella scienza
che studia i mezzi più efficaci per raggiungere uno scopo politicamente prestabilito.
Dunque, per quanto mi riguarda, vi può essere un, diciamo, elevato grado di scientificità per quel che riguarda lo
studio dei mezzi; non ve ne è alcuno per quel che riguarda un fine politicamente, cioè ideologicamente, prestabilito.
saluti ad entrambi

Phil

Citazione di: 0xdeadbeef il 11 Marzo 2018, 09:57:13 AM
Più in generale, intere generazioni non godono e non godranno mai di un reddito che gli permetta di fare qualche
"spesuccia" (oltre che vivono e vivranno una condizione di paura e instabilità che li dissuade e li dissuaderà
dallo spendere anche pochi euro).
Non sto con ciò parlando di "giustizia sociale" o altro argomento di ordine morale: qui siamo in presenza di milioni
di persone che non fanno e non faranno mai "girare l'economia", come si suol dire.
Non prendermi per nostalgico dei "sani valori di una volta", ma ho il dubbio che, in generale, la classe medio-bassa di oggi faccia girare di più l'economia e accantoni meno risparmi rispetto al vecchio "proletariato" che, a parità di basso stipendio, in proporzione forse accantonava di più e spendeva meno... da considerare che oggi, in alcuni casi, sarebbe ancora più saggio accantonare, visto che i lavori, oltre a pagare poco, durano anche meno che in passato (dipende ovviamente dalle necessità a breve termine, dal contesto famigliare e da altri fattori).

Certo, la generazione dei nostri genitori si sentiva culturalmente forse meno spinta a spendere e a ostentare un certo "status sociale minimo" (oggi vengono percepiti quasi come un "dovere morale": la vacanza "altrove", le spese tecnologiche, le attività extra-scolastiche per i figli, vizietti vari, etc.) e al contempo la loro generazione sapeva che i risparmi avrebbero fruttato almeno un po' (mentre oggi banche e poste danno interessi che sembrano quasi non giustificare lo spirito di rinuncia e l'abnegazione nel risparmiare).

Questa è solo la mia "sensazione"... per cui ecco il domandone da mille punti: ci sono dati che trattano questo rapporto fra risparmio/spesa-frivola (ovvero non per bisogni primari) per la famiglia media negli ultimi decenni?

0xdeadbeef

#56
Citazione di: Phil il 11 Marzo 2018, 16:14:58 PM
Questa è solo la mia "sensazione"... per cui ecco il domandone da mille punti: ci sono dati che trattano questo rapporto fra risparmio/spesa-frivola (ovvero non per bisogni primari) per la famiglia media negli ultimi decenni?



Naturalmente, c'è una montagna di dati a tua disposizione. Come ti dicevo, vanno sotto la voce "domanda interna"
(per cui basta cercare quella dicitura), che è uno dei problemi più gravi che ha il nostro paese (fra l'altro
la bassa cifra del PIL è principalmente dovuta a questo fattore; e questo a sua volta determina un aumento del debito
pubblico etc.).
Naturalmente non si fa distinzione fra spesa "frivola" e spesa "necessaria"; ma va anche detto che tale distinzione
non ha alcuna rilevanza economica (una spesa è sempre una spesa e, facendo "girare l'economia", determina un aumento
della domanda interna, quindi del PIL, e dunque indirettamente provoca un abbassamento del debito pubblico).
Sul risparmio invece mi risulta che le cose non vanno così male (si tratta però pur sempre di dati aggregati, che
non tengono delle specificità - c'è chi risparmia molto e chi invece, per tirare avanti, si indebita).
saluti
Questo mi pare un buon link
https://www.google.it/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&source=web&cd=6&cad=rja&uact=8&ved=0ahUKEwjyjKTP0uTZAhWMSsAKHR1uAyUQFghGMAU&url=http%3A%2F%2Fwww.corriere.it%2Feconomia%2F17_aprile_01%2Fnon-c-ripresa-economica-senza-domanda-interna-caa08662-1715-11e7-8391-fba9d6968946.shtml&usg=AOvVaw2IEj_9mlPkwRlxWwfIz-VA

Phil

Citazione di: 0xdeadbeef il 11 Marzo 2018, 17:00:36 PM
Naturalmente non si fa distinzione fra spesa "frivola" e spesa "necessaria"; ma va anche detto che tale distinzione
non ha alcuna rilevanza economica (una spesa è sempre una spesa e, facendo "girare l'economia", determina un aumento
della domanda interna, quindi del PIL
Effettivamente, la distinzione fra spesa per necessità primaria e spesa per frivolezze, era una mia curiosità sociologico-antropologica (per fare un confronto con le abitudini economiche del passato), ma capisco che a livello di macroeconomia generale sia un capriccio analitico...

P.s.
Grazie per il link!

paul11

Citazione di: Phil il 08 Marzo 2018, 21:37:03 PM

Bisognerebbe forse fare una "fenomenologia della debolezza", distinguendo accuratamente il piano politico da quello economico, non perché i due non siano intrecciati (indubbiamente!), ma perché talvolta l'economia opprime ma il welfare decomprime, o almeno ci prova (fino a un secolo fa, il debole era oppresso in entrambi i settori, economia e diritti-sussidi, ora la debolezza economica va ripensata nel contesto democratico vigente). In questo senso scrivevo che il paradigma di sinistra "classico" va rivisitato nel cuore delle sue categorie, figlie di un'epoca differente (e, sempre a scanso di equivoci, non dico fosse un'epoca migliore o peggiore: nessuna teleologia storicistico-metafisica  ;) ).
La "fenomenologia della debolezza" è il tema centrale per chi pensa di ritenersi di "sinistra" storica sociale.
Non avendo frequentato i partiti mi chiedo dove siano finite e cosa abbiano studiato negli ultimi trent'anni almeno, i centri studi e le scuole di partito,Cosa sia scaturito visto che sia sul piano tattico di partito che strategico come mozione uscite dai congressi e portate avanti dalle segreterie di partito ,si è visto solo un continuo sconvolgimento e una rincorsa all'interclassismo fino a confondersi con i vecchi partiti antagonisti di decenni prima.

Hanno perso il controllo capillare del territorio, il concetto di fabbrica-società, il rapporto mezzi di produzione e distribuzione della ricchezza nel territorio,fino ad assecondare le politiche dei "due tempi", vale a dire prima investimenti e poi se c'è ricchezza distribuzione, alimentando quello stato di crisi che non è solo degli ultimi anni, calmierando retribuzioni, pensioni, spezzettando 
le tipologie di contratti di lavoro, insomma variabilizzando l'uomo sottoposto alle esigenze del capitale e tutto questo quando gli indicatori economici mostrano chiaramente che la componente costo del lavoro è ridicola rispetto al capitale finanziario investito in strumenti ,tecnologie. cespiti patrimoniali?
Com'è che il "mondo" funzionava anche quando il costo del lavoro era più alto, il debito pubblico "alle stelle"e c'era l'antagonismo PCI- Democrazia cristiana?

La strategia di chiunque si ritenga di sinistra è che quando il ciclo economico tende al basso si devono ergere muri difensivi, perchè il capitalista chiederà sacrifici in nome della sua sopravvivenza che coinvolge gli strati a più basso peso contrattuale.
Questo lo sanno storicamente i sindacati come i partiti.Si è invece accettato supinamente e direi stranamente(perchè non è razionale a meno che non si sia più di sinistra) di accettare alla fine tutte le indicazioni che le grandi corporazioni capitalistiche hanno messo in atto.
Oggi è davvero difficile stabilire la fenomenologia del debole essendo deflagrato il nucleo famigliare(è multitireddito, sono conviventi, hanno anziani malati a carico, chi cura i figli?.Oggi due coniugi operai con contratto a tempo indeterminato e con un figlio sono "borghesi" più di un funzionario con moglie e due figli a carico e magari anziani con problemi a cui necessita una badante.
Oggi c'è da una parte una debolezza che è "percepita", sono coloro che reclamano da sempre e lo possono fare per diritti sindacali (sono il colletti blu poi diventata aristocrazia operaia)sindacali, c'è una "reale" che troppo speso essendo individuale e non sindacalizzata non ha peso contrattuale e continuamente ricattabile.

paul11

Citazione di: anthonyi il 11 Marzo 2018, 07:38:12 AM
Citazione di: paul11 il 10 Marzo 2018, 09:57:53 AM
Citazione di: anthonyi il 09 Marzo 2018, 13:30:46 PM
Citazione di: paul11 il 08 Marzo 2018, 00:18:37 AM

E' quì che storicamente ha vinto il "progresso sociale" riformista che ha incanalato nei parlamenti degli Stati occidentali lotte e malcontenti concedendo diritti sociali. Oggi se c'è assistenza, previdenza, quello che è stato definito stato del benessere o welfare state è sicuramente un progresso nella storia umana sociale,Casi di morti di fame o di malsanità sono da telegiornali tanto sono eccezioni e non ordinarietà.Questo è un fatto ed è frutto sia di destra che sinistra  sociale.
Il rapporto conflittuale è sempre stato fra economia e politica, la prima del privato nello scambio economico che genera un valore aggiunto ,un surplus e la politica che sceglie a seconda del governo di sinistra o destra di generare una ridistribuzione attraverso la fiscalità da riversare nella previdenza, assistenza, sanità, scuola pubblica.Il ruolo quindi dello stato è regolatore della differenza economica per pacificare il conflitto sociale, mantenerlo nelle regole della tolleranza democratica.
Keynes diceva che lo stato sociale costruito dallo Stato era come un aumento di stipendio/salario, essendo gratuito o quasi.

Da qualche anno assistiamo al dissesto dello stato sociale, del welfare, e le sinistre di tutti i Paesi avanzati sono sparite, proprio nel momento in cui la globalizzazione ha accentuato il suo passo. E' accaduto, per farla breve che lo Stato ha tolto un poco o tanto delle risorse economiche nel welfare sociale e si è messo a fare welfare alle multinazioali e al potere finanziario delle banche.In questa logica sono caduti anche i governi di sinistra e non intendo solo in Italia,perchè il problema è internazionale e la cultura è internazionale .Il ruolo compensativo dello Stato sulle discrepanze, differenze economiche di reddito che era appannaggio dei programmi politiici della sinistra(salvaguardia dell'occupazione, più investimenti =più lavoro,ecc) è saltato.
Le leve del potere centrale degli Stati nell'Europa è passato ai commissari europei e al governatore della banca centrale europea.

Mi sembra che alla base del tuo ragionamento ci sia l'idea che il welfare sia un prodotto dell'azione politica, mentre invece la prima precondizione del welfare è la crescita economica, se non ci sono risorse il welfare non può essere finanziato. Purtroppo un certo pensiero di sinistra è capace solo di riflettere sulle dimensioni delle fette di torta e non capisce che prima di fare le fette bisogna fare la torta. Ci sono evoluzioni della sinistra più liberali che invece lo hanno capito ed è per questo che dedicano la loro attenzione alle multinazionali (ma anche alle industrie nazionali) e alle banche, e lo fanno per creare/mantenere quelle condizioni di crescita economica che altrimenti non ci sarebbero. Purtroppo questo non lo hanno capito tanti cittadini del nostro paese che preferiscono credere alle sirene di illusorie maxi-torte alle quali abbuffarsi che non si capisce bene chi preparerà.
ciao Anthonyi,
il welfare è anche e non solo il prodotto storico di lotte sociali raccolte in diritti e quindi norme e dall'altra sicuramente l'aspetto economico.
Non esiste se non per speculazione politica ed economica che il welfare necessariamente sussiste solo in presenza di crescita economica :questa è ideologia liberista.
Perchè il concetto di crescita in un determinato pensiero economico è dato semplicemente dalla quantità di denaro che circola nell'economia di scambio.e adatto che scuola sanità pubblica, muovono denaro e occupano persone è garantito che il reddito e le spese vadano nellel tasche di qualcuno.
E' ideologico perchè i concetti di valore vanno da Adam Smith ai marginalisti austriaci, passando per Marx, Ricardo, Keynes, monetaristi, ecc.

E' ideologica ribadisco e quindi determinata da rapporti di forza, quale configurazione economica si vogliono perseguire.
Bisogna quindi scindere, ma sapendo che sono intimamente connesse ,la macroeconomia dalla microeconomia, lo Stato o dall'impresa economica, ed è infatti quì è stata ed è la battaglia, dove la sinistra sociale vuole più Stato e il liberismo di destra più impresa.
Il welfare ha accontentato entrambi perchè se il committente degli appalti è lo Stato, chi ci guadagna sono le imprese.

Il concetto di risorsa di valore e di moneta sono a loro volta dinamicamente connesse-
Quanti giorni di scorta di grano sopperisce al fabbisogno mondiale?
Quanti barili di greggio di petrolio sono estratii rispetto alla domanda mondiale?
Chi coltiva grano e chi estrae petrolio sa di non doverlo fare all'infinito, si ferma dove il prezzo e i costi raggiungono il punto di equilibrio del profitto. Quindi la risorsa è interpretabile come bene economico.

La scelta ad esempio degli indici economici è semplicemente ideologica da parte dell UE, perchè si è convenuto che fosse "giusta" per tenere unita la UE nelle diverse basi legislative di ogni Stato,visto che l'euro è comunque la moneta rappresentativa anche nelle diversità singolari.Per cui il rapporto PIL/debito pubblico in una certa percentuale è sua volta ideologica e convenuta.
Non hanno assolutamente basi "oggettive" economiche,tantè che lasciano sforare o meno e stanno già cominciando a darci avvisi di sforamento (è caduto il PD che era filo europeo).

Se Trump sta facendo il "grande casino dei dazi" è solo un rapporto di forza perchè l'economia e la modalità di scelta di una forma economica all'interno di una organizzazione umana  e tutte potrebbero funzionare ,dal nazismo fascismo comunismo, liberismo.

Ciao paul11,

la questione che io ponevo era soprattutto politico-culturale, io mettevo in discussione l'ingenua convinzione che le problematiche sociali siano risolvibili con una regola scritta. Le leggi interagiscono con il sistema sociale producendo risultati che possono essere distanti dalle intenzioni del legislatore.
Abolisci i vaucher e voilà tutti quei lavoratori che prima avevano un minimo di regolarizzazione tornano al nero, ripristini l'art 18 vecchia versione e voilà le aziende si fanno i conti sui rischi e decidono di non investire e magari di chiudere in Italia.
Tu fai un forte uso della parola "ideologia" e in un certo senso io ti do ragione.
L'analisi economica si basa soprattutto su valori contabili, numeri che possono dare una falsa sensazione di oggettività che invece non hanno perché sono suscettibili di valutazioni di vario genere.
Io infatti sono sostenitore della relatività del concetto di PIL, preferendo quella che dovrebbe essere una valutazione qualitativa dello stesso.
Ciononostante quando una convenzione diventa una regola contrattuale questa diventa un dato oggettivo. Se l'Italia ha sottoscritto dei patti nei quali prendeva degli impegni (E lo ha fatto cosciente dei vantaggi che avrebbe avuto ad entrare nell'Euro sui quali non mi dilungherò) questi impegni vanno rispettati anche perché in realtà conviene all'Italia (Ma non conviene alla classe politica che preferisce sempre spendere il più possibile i soldi dei cittadini presenti e futuri).
Quello che però non mi piace dell'uso della parola "ideologia" è l'idea che esista una scienza economica che sia stata costruita ad Hoc per giustificare il mercato. Nell'ambito del dibattito economico sono presenti molteplici analisi che sono state sviluppate per spiegare i cosiddetti fallimenti del mercato i quali spiegano e giustificano varie forme di intervento istituzionale e pubblico e lo fanno con gli stessi strumenti formali con i quali, in altre situazioni, viene dimostrata l'ottimalità del mercato.
Un saluto
ciao Anthonyi,
dai per scontato che questo mondo è ormai è così, i trattati li abbiamo firmati,ecc.
Il ragionamento è giusto dal punto di vista pratico,ma lo stesso Trump sta mostrando che si possono mutare le condizioni.Certo lui è USA e noi Italia, il peso internazionale lo sappiamo da quale parte sta.
Il problema è pesare strategicamente diverse possibilità di intervento e scegliere quella che si ritene più consona.
Renzi, ad esempio ha cercato e bisogna riconoscerlo, di far qualcosa sugli indicatori economici adottati dall'Europa, il suo errore è di no averlo ben evidenziato al popolo italiano e di non aver mostrato strade alternative percorribili,Non si può solo sbandierare che il ciclo economico riprende fiato e si avanza di 1%, la famiglie capiscono crisi o abbondanza da come e quanto ci arrivano a fine mese se con debiti o risparmiando o in pari:ed è questo quello che alla fine conta.

A suo tempo ho già scritto cosa penso del rapporto attuale Italia-Europa, i trattati si possono anche stracciare.............,superare, ricontrattare,se esce anche l'Italia, l'Europa chiude bottega e questo è un punto di forza.
E poi questa non è Europa, è un coercevo di trattati e ricordiamoci che l'Europa non avrebbe nessuna legittimità, in quanto non ha una Costituzione,usciremmo semplicemente dai trattati come brexit insegna.

Quello che intendo dire è che nulla è scontato, tanto meno il futuro anche prossimo, che potrebbe essere peggio di adesso, ma anche meglio.

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