Perchè non posso più dirmi "di sinistra".

Aperto da 0xdeadbeef, 01 Marzo 2018, 20:16:29 PM

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Kobayashi

Citazione di: InVerno il 04 Marzo 2018, 17:44:17 PM[...] il capitalismo sta finendo (o sta mutando radicalmente) in maniera enteogena, per esaurimento.
Puoi spiegare meglio questa cosa?
Io lo vedo in grande forma...
Il liberismo pare vincere sempre, con "progressisti", populisti, movimenti di destra etc.

InVerno

Citazione di: Kobayashi il 05 Marzo 2018, 11:42:55 AM
Citazione di: InVerno il 04 Marzo 2018, 17:44:17 PM[...] il capitalismo sta finendo (o sta mutando radicalmente) in maniera enteogena, per esaurimento.
Puoi spiegare meglio questa cosa?
Io lo vedo in grande forma...
Il liberismo pare vincere sempre, con "progressisti", populisti, movimenti di destra etc.
Hai letto l'ultimo saggio di Rikfin? Lo chiedo senza ironia ne presupponenza, è che mi sembra una buona lettura per non essere sorpresi davanti a questo tipo di affermazioni.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

Kobayashi

No, non ho letto Rifkin, su questi temi recentemente ho letto soltanto i saggi di Dardot e Laval.
Mi pare che anche Negri e Hardt anni fa avessero parlato di fine imminente del capitalismo, poi però siam sempre qua con le grandi multinazionali che fanno quello che vogliono etc...
Cercherò di leggere Rifkin.

baylham

Non sono marxista, ma ritengo che la concezione materialistica storica e dialettica di Marx sia importante perché precorritrice delle filosofie sistemiche.

Marx aveva intuito che la società non può essere compresa e cambiata partendo dall'individuo ma dalle relazioni tra individui. Per Marx le relazioni economiche sono fondamentali, determinanti. Sulla base delle relazioni economiche si determinano le classi, a seconda del ruolo che l'individuo ha nella relazioni economiche.

Ma qui sorgono i problemi. Primo problema, nel capitalismo i capitalisti e i lavoratori sono uniti dal ruolo economico che li dividono dalla classe o classi contrapposte, ma sono divisi all'interno della stessa classe: un capitalista è in contrasto con i lavoratori per la distribuzione del reddito e in concorrenza con gli altri capitalisti per i ricavi, un lavoratore è in concorrenza con il capitalista per la distribuzione del reddito e con gli altri lavoratori. Ecco perché la classe economica non unisce gli individui che ne fanno parte in un blocco compatto.

Secondo problema: all'interno di un sistema economico nessuna classe o individuo ha il potere di controllo, di dominio, ma il sistema si autodetermina. Questa è la grande scoperta di Smith, l'unica cosa imperitura di cui possono vantarsi i liberisti: la mano invisibile del mercato. L'autodeterminazione del sistema biologico è alla radice anche dell'evoluzionismo darwiniano.

Terzo problema. La società umana non è isolata ma è parte di un sistema più ampio, quello ecologico. La società preleva le risorse da e dissipa i rifiuti nell'ambiente.

Sostituire la classe con lo Stato o il popolo non cambia fondamentalmente i tre problemi elencati sopra: all'interno del popolo o dello Stato i conflitti economici rimangono e all'esterno c'è il conflitto con gli altri Stati e popoli.

Essere di sinistra, socialdemocratici o comunisti quando l'economia va bene e c'è da distribuire un reddito maggiore è facile; essere di sinistra quando l'economia non va bene e quindi bisogna ridurre il reddito ed i consumi è molto più difficile, la decrescita economica è dura. Questo secondo me spiega la crisi della sinistra e lo spostamento a destra in Europa e negli Usa.

0xdeadbeef

Citazione di: InVerno il 05 Marzo 2018, 11:06:55 AM). Detto ciò, tutti i ragionamenti massimalisti che si possono fare sono invalidati se poi la proposta risultante è il ritorno al nazionalismo. Abbiamo già vissuto un periodo simile con il gold standard, sappiamo cosa vuol dire giocare la carta nazionalista, non ci penserebbe nemmeno un bambino che si è appena scottato, inutile assurgere a stratificazioni del pensiero altisonanti se la risultante (di sinistra) è questa.

Trovo che ridurre il discorso al nazionalismo sia, come dire, alquanto riduttivo...
Per quel che mi riguarda, dicevo in una precedente risposta che bisogna vedere quanto sia plausibile l'idea di "nazione"
così come essa si è venuta a formare negli ultimi secoli ("plausibile è però certamente l'idea di sovranità politica",
aggiungevo).
La proposta risultante non è dunque affatto il nazionalismo (semmai la nazione...); bensì primariamente la sovranità
politica.
Poi, se qualcuno pensa che la sovranità politica non sia indispensabile, beh, per quanto mi concerne può adattarsi a
credere nell'animo buono di un essere umano che, ove non represso dalla forza statuale, vivrebbe in pace ed armonia
con tutti gli altri esseri umani. Che aggiungere? Me ne rallegrerei molto per la buonafede e il "candore"...
Per rispondere all'amico Iano, il quale afferma che bisogna guardare all'Europa, dirò che questo sarebbe l'ideale.
Ma, come spesso avviene, l'ideale ha poco a che fare con il reale. Per cui questa Europa a me sembra più un comitato
d'affari (e nemmeno troppo chiari) che non una "nazione" (come del resto mi sembra pensi anche lui).
Il punto cruciale di quel che ho provato a dire in questo post è che il "diritto", cioè l'intero corpus normativo
che regola i rapporti fra gli individui all'interno di un territorio statualmente definito, può sorgere solo
ed esclusivamente nel contesto di una "comunità" che condivide gli stessi principi e valori fondanti. Cioè di una
comunità che è culturalmente omogenea.
Non mi sembra davvero questo il caso dell'Unione Europea. E allora, che fare?
Si torna agli stati nazionali di ottocentesca memoria? Mah, sarebbe problematico assai (anche per alcuni aspetti
cui lo stesso Iano accenna di sfuggita); ma problematico è anche continuare in questa specie di limbo che l'Europa
è diventata. Perchè se essa non è, prima, comunità, allora in essa manca necessariamente sia la sovranità sia un
"diritto comune" che è il solo antidoto allo strapotere delle forme individualistiche del mercato (che non a caso vi
regnano incontrastate).
L'Europa è una specie di "Godot" (come nella commedia di Beckett); una specie di "orda di tartari", che stiamo aspettando
e che non arriva mai: quando mai si farà, se si farà? E chi la farà?
La si farà nel lungo termine? Ma nel lungo termine saremo tutti morti, come diceva il buon Keynes parafrasando il noto
detto "campa cavallo che l'erba cresce".
saluti

InVerno

Citazione di: 0xdeadbeef il 05 Marzo 2018, 20:22:57 PMTrovo che ridurre il discorso al nazionalismo sia, come dire, alquanto riduttivo...
Per quel che mi riguarda, dicevo in una precedente risposta che bisogna vedere quanto sia plausibile l'idea di "nazione"
così come essa si è venuta a formare negli ultimi secoli ("plausibile è però certamente l'idea di sovranità politica",
aggiungevo).La proposta risultante non è dunque affatto il nazionalismo (semmai la nazione...); bensì primariamente la sovranità
politica.Poi, se qualcuno pensa che la sovranità politica non sia indispensabile, beh, per quanto mi concerne può adattarsi a
credere nell'animo buono di un essere umano che, ove non represso dalla forza statuale, vivrebbe in pace ed armonia
con tutti gli altri esseri umani. Che aggiungere? Me ne rallegrerei molto per la buonafede e il "candore"..
Melenchon in Francia ha proposto proprio questo, con una spruzzata populista di "rivoluzione francese", una sinistra a-la Robespierre, che per me ha molto a che fare con il nazionalismo (infatti la stessa casella in Italia è occupata dalla Lega) , liberale e civile, ma pur sempre quello è. Buttarla però su un ragionamento binario, stato - non stato, non è che sia molto più serio. Innanzitutto converrebbe alla sinistra diradare un conflitto semantico, se la globalizzazione sia quella del capitale o quella dei popoli, perchè mi pare che da questo punto di vista a sinistra ci sia un equivalenza tra le due incomprensibile. Va da se, che gran parte dei poteri necessari a questo tipo di operazione è già stato ceduto all'EU (che per esempio, è l'unica a poter imporre eventuali dazi) e riprenderselo significa uscire dall'EU. L'Italia che esce dall'EU è la morte dell'EU, sia dal punto di vista meramente simbolico, sia dal punto di vista di un eventuale (mai nata) allenza degli stati mediterranei contro lo strapotere mitteleuropeo. Consiglio di osservare bene Brexit, per rendersi conto di quanto questa opzione sia una zappata sui piedi micidiale (e gli inglesi son forti dei "cugini" oltre atlantico, noi no).
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

green demetr

Citazione di: 0xdeadbeef il 01 Marzo 2018, 20:16:29 PM
Dopo anni (anzi, ahimè dopo decenni...) passati nella militanza attiva in partiti della sinistra (cosidetta "estrema"), e dopo qualche anno di
riflessione "sabbatica", sono arrivato alla conclusione di non potermi più dire "di sinistra".
Sono ancora dalla parte dei più deboli, delle categorie più svantaggiate, degli operai, dei precari, dei pensionati al minimo etc. Il mio "problema",
se così vogliamo chiamarlo, è che non vedo più, nel frastagliato ed ormai ridotto ai minimi termini arcipelago della sinistra, nessuno in grado di
prendere le difese di suddette categorie.
Ma la faccenda è, per me, molto ma molto più grave, visto che sono arrivato a pensare che le suddette categorie non siano più difendibili con la
stessa teoria politica della sinistra: la sinistra, in altre parole, ha per me fallito "storicamente".
Non sto tanto parlando della situazione politica della sinistra nella stretta attualità (che è miserevole a dir poco); sto parlando della stessa
impalcatura "marxiana" della sinistra storica, che nell'attualità sta dimostrandosi totalmente avulsa dalle dinamiche sociali ed economiche in atto.
Il tentativo di Marx (che fino a prova contraria è stato l'unico pensatore "serio" in tutta la storia della sinistra...) di arginare il già montante
individualismo cercando di "surrogare" l'entità collettiva ideologica chiamata "popolo" con la medesima entità collettiva (ma materiale) chiamata
"classe" è fallito laddove il vincolo culturale della tradizione; della religione e financo del "sangue" si è mostrato ben più forte del vincolo
materiale ipotizzato da Marx.
Ciò che è fallita è, in altre parole, la costruzione di una "coscienza di classe"; ma questo, lungi dall'essere un particolare di poco conto, vuol
dire che è fallita la stessa sinistra che sul pensiero di Marx si è fondata.
Non meravigli, dunque, che oggi la sinistra si barcameni fra i liberisti del Partito Democratico (i quali, perlomeno, hanno almeno il buon gusto di
rifiutare l'etichetta di "partito di sinistra"); i liberali di Piero Grasso, ormai totalmente impegnati nella difesa delle libertà classiche dell'
individualismo di matrice anglosassone, e vari gruppuscoli insignificanti nel momento in cui mancano totalmente di una qualsiasi, e seppur debolissima,
analisi del reale (e Marx proprio sull'analisi del reale fondò tutta la sua teoria).
A parer mio, chi come ha coltivato e condiviso quelle tesi e quei valori si deve arrendere al seguente argomento: per opporsi efficacemente all'
individualismo mercatistico oggi dominante ci si deve rivolgere a quella entità collettiva chiamata "popolo".
Fuori dall'entità collettiva chiamata "popolo", vi può essere solo l'individuo, e quindi quel "contrattualismo" che dei rapporti fra gli individui è
la forma più efficace: vi può cioè essere solo il Mercato, ovvero l'odierna ed estrema forma che il capitalismo classico ha assunto.
Si rende dunque necessaria una ripresa "identitaria"; una ripresa del concetto di "nazione"; perchè quel "diritto" che, solo, può arginare il Mercato
e tutelare le classi svantaggiate, può sorgere solo ed esclusivamente all'interno di una entità collettiva culturalmente omogenea.
saluti


Sì ecco la sinistra è morta ufficialmente. Ho un lutto al braccio.

Ma era già morta da tempo....allora che facciamo? diventiamo di destra e votiamo i nazionalisti della lega?????

Ma daiiiiiii.


MAI!!

Numero uno perchè fa ridere: L'Itali per posizione geografica è destinata ad essere terra di passaggio.
La storia lo dimostra. Dai norreni agli arabi, la nostra nazione è un cavolo di melting pot.

L'ideologia dello Stato allo stato attuale delle arti, e cioè nella vita reale e non nella testa dei teorici alternativi, è da tempo alla frutta.

Il progetto capitalista è di mettere i proprio CEO a capo di tutte le istituzioni statali e di creare nuove all'uopo.

Ma questa è roba vecchia, dagli anni 50 del secolo scorso.

Certo ora è avvenuta previo fallimento dell'ideologia marxista, che pensa il capitale SENZA AVER LETTO IL PRIMO LIBRO DEL CAPITALE, che è la condizione sinequa non, vi possa essere qualsiasi forma di socialismo che poi permetta nel delirio del suo autore di arrivare al comunismo.(ma chi lo vuole il comunismo????).

I socialismi europei, che avrebbero dovuto improntarsi alla terza internazionale, lo hanno fatto, tramite il compromesso storico di Karl Kautsky, il che mi pare corretto ideologicamente, ma storicamente abbiamo visto come la socialdemocrazia riformista sia implosa.
Proprio perchè ideologia e non realtà, indagata filosoficamente.

La sinistra avrebbe dovuto ragionare a fondo sul concetto di feticcio: non lo ha mia fatto, e per questo è perita, sotto la disperazione della gente.

Mi è toccata vederla proprio tutta questa lenta agonia, il tradimento dei compagni fatto dai compagni, il prevalere dell'interesse personale, la perversione del potere sindacale, lo sbiadirsi intellettuale fino al torpore parassita dei suoi ridicoli leader.

Lo snocciolare numeri di Bertinotti che poi vota per la guerra....

Per arrivare a Rizzo che ancora non ha capito niente e continua a parlare di classe.....


La CLASSE è FINITA....eh sì che Engels e Kautsky l'avevano capito un pò prima.

L'unica idea positiva era l'unione delle socialdemocrazie.

Ok come nome esiste ancora dalla Merkel a Renzi, ci sono ancora....manca completamente l'apporto culturale nuovo.

Non è certo con il motto "potere al popolo" del leninismo revanchista di Zizek, l'unico intellettuale che sa cosa sta dicendo, comunque sia, si risolve qualcosa.

Ripeto caro Mauro, ma cosa è il feticismo per Marx?

Quanti corsi su youtube partono con: poichè il primo libro di marx è troppo difficile, iniziamo col secondo..... :-X


MA COMEEEEEEEEEE  :'(  , e poi ci si chiede come mai la sinistra sia morta?

Si educa il popolo non parlandogli delle premesse per cui dovrebbe essere educato????

(a parte che non credo nell'educazione) ma che follia è MAI QUESTA???????
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Citazione di: Kobayashi il 05 Marzo 2018, 16:24:16 PM
No, non ho letto Rifkin, su questi temi recentemente ho letto soltanto i saggi di Dardot e Laval.
Mi pare che anche Negri e Hardt anni fa avessero parlato di fine imminente del capitalismo, poi però siam sempre qua con le grandi multinazionali che fanno quello che vogliono etc...
Cercherò di leggere Rifkin.

Il problema di Negri, come giustamente Preve ha fatto rilevare è che crede che la moltiplicazione dei prodotti faccia colassare gli Stati, che sono l'organo di controllo di potere militare.
Questa cecità è dovuta al fatto che egli è figlio del movimento operaista che vide con successo nel veneto il modello del credito alle aziende popolari, cosicchè se un industriale faceva soldi, non li investiva nell'incremento della sua produzione, ma rifinanziava altre aziende, in una forma di cooperazione socialista.

Questo modello in sè mi pare, buono, e fin che è durato, come la banca del commercio equo e solidale, fattibile.

Il problema è però che il capitalismo è quello marittimo, come Schmitt aveva oracolizzato.
(cui il potere iperstatale di terra, ossia il nazismo doveva combattere).

Ovvero, poichè il traffico internazionale non può essere regolamentato, (ci vorrebbe uno stato ipercentrale, globale, appunto un nazionalismo delirante, improponibile, visto i dissidi anzitutto reliiosi e poi a seguito anche di costumi), e visto che il nazismo è fallito...lievemente maniaco di grendheure....

Dunque il capitale estero puà "inquinare" termine tecnico che dice tutto, qualsiasi struttura aziendale socialista.(ed è quello che è successo alla banca solidale)

In generale può inquinare qualsiasi struttura finanziaria, basta vedere cosa hanno fatto alla grecia.


Dunque l'idea dell'attacco al palazzo d'inverno del terzo mondo, è palesemente infantile e ridicolo.

E ovviamente come contrappasso, questo infantilismo si riversa nei deliri di dominio nazionale, dalla Polonia, a Singapore, dal Venezuela a l'Islanda....e certo anche la nostra adorata Italietta.

Ovviamente tutti risolti quando va bene, con il colasso delle loro forze di emissione finanziaria, vedi i paesi scandinavi, con l'eccezione forse della Islanda...ma stento a crederci, e mi aspetto prima o poi di sentire che anche l'Islanda si è inchinata.

Certo l'Islanda è come Bergamo mi sa.....ma va beh.....

Che il capitalismo stia morendo è ovviamente una bufala collossale...si stanno per aprire mercati mondiali.....il capitalismo sta per diventare globale.

Ah ecco tanto per intenderci, Marx e Engels, e Kaustski già lo sapevano....VOGLIO DIRE....

Bisogna attendere che l'imperialismo crolli....okkei...direi che almeno altri 1500 anni come minimo dobbiamo ancora darli per certi.....MA VOGLIO DIRE NON é OVVIO?? se nel solo mercato europeo, a partire dal medioevo, è durato così tanto....e dura tutt'ora....quando gli acquirenti si moltiplicano così tanto....e a proposito i calcoli parlando anche di incremento della pololazione.....


Insomma chi dice che il capitalismo è al gancio....è chiaramente un imbecille.

Ma poi quale capitalismo??? LOL ormai dovrebbero saperlo anche gli allocchi che il capitalismo non è mai esistito.
Il capitalismo è libero mercato....ma se l'intero mondo è dominato da TRUST VERTICALI E ORIZZONTALI!!!

DI che stiamo parlando???? LOL.

Vabbè torniamo al modello sociale.


Io dico che si può ancora fare, magari ripartendo dall'ABC....l'uomo è un essere che colleziona...diceva Marx.....EH GIA' !

Ma perchè colleziona caro Hegel?  Perchè Il soggetto NON è mai Il SOGGETTO, poichè il soggetto è sempre e solo il RESTO dell'azione dello SPIRITO....

Ecco ricominciamo dall'ABC del marxismo....che in testa aveva l'alienazione, non i rapporti di classe.

Eh sì che Engels, come ha fatto notare anche Sgiombo, si accorse, che forse la seconda parte del capitale andava riscritta, in base ai tempi storici....

VOGLIO DIRE siamo alle banalità!

Ma non per quanto riguarda le relazioni umane.

Il progetto politico di MARX, era un progetto per L'UOMO e non per la MACCHINA....

Questa era l'assunto della sua grandezza, ascoltando gli intellettuali di sinsitra, mi pare che si sono rincitrullito di brutto.

E allora aveva ragione Preve a chiamarli CANI DELL'IMPERO.


Certo Preve mi fa tenerezza: crede ancora nello Stato Platonic (vabbè non è il solo, un ceto Badiou, considerato, il massimo filosofo vivente...PURE!)

Direi che siamo alla frutta!!!! basta leggere i suoi ridicoli manifesti e ripensamento di manisfesto... che spingono sempre più a DESTRA.

Cioè sempre più all'uomo MACCHINA, al bio-potere, come già Nietzche aveva predetto, capito solo da Focault nel novecento, e ora da Agamben, ma con GRAND'HEURE da Sloterdijk.

Bolle, Sfera, Schiuma.  Gli ossi di seppia dell'umanità che resiste.

Capisce di cose di sinistra più un filosofo di DESTRA......Ormai il Mondo si è ribaltato....

All'uomo di sinistra che fare? beh direi anzitutto aprire alla psicanalisi, perchè le analisi sul feticcio le ha fatte sole lei...la filosofia del novecento si è rimbambita totalmente, creando deliri su deliri...ahimè doppiati dalla STORIA.

Se non si capisce che la funzione feticcio è la funzione del soggetto, che NON si vuole percepire come movimento dello SPIRITO, ossia come funzione di relazione.

Allora egli soggetto, spezzerà la funzione relazione, per darsi al suo oggetto, ossia per credersi un oggetto. ( e cos'altro avrà mai detto MARX se non questo nel suo PRIMO LIBRO del CAPITALE...che per inciso nella lettura sto analizzando ancora nel suo incipit....tanto che serve! mi sussurrano spettri amici, che so benissimo gran bastardi...ma va beh!)

Per diventare MACCHINA, non esiste miglior manifesto di TEMPI MODERNI DI CHAPLIN....l'unico manifesto che sarà degno di ricordarsi, visto che il delirio ci spinge di pensare di essere androidi.

Qualsiasi politica che non faccia i conti con questo, è una falsa politica, è mera ideologia, sopratutto se riguarda la sinistra, se non c'è vera uninone di intenti di relazione, se ci si affida agli DEI, che siano delle aberranti religioni, o quelli nuovi della civilità delle macchine, NON CAMBIA, come potremo MAI essere FELICI?

Eh sì! parola ormai sparita dal vocabolario Politico.

Almeno i Greci, persino nelle loro forme coatte di RES-PUBBLICA, ce l'avevano in testa.
CHE LA POLIS è VITA.......EUDAMONIA...okkei parolone, ma insomma era quello!


Qualcuno dice la Grecia perchè appunto è un messaggio in codice cifrato....
Che bastardi!  :-X

Ma ovviamente è solo complottismo.  ;D

Meno male....ma rimangono TEMPI BUJ.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

0xdeadbeef

#23
Citazione di: InVerno il 06 Marzo 2018, 10:57:35 AMMelenchon in Francia ha proposto proprio questo, con una spruzzata populista di "rivoluzione francese", una sinistra a-la Robespierre, che per me ha molto a che fare con il nazionalismo (infatti la stessa casella in Italia è occupata dalla Lega) , liberale e civile, ma pur sempre quello è. Buttarla però su un ragionamento binario, stato - non stato, non è che sia molto più serio. Innanzitutto converrebbe alla sinistra diradare un conflitto semantico, se la globalizzazione sia quella del capitale o quella dei popoli, perchè mi pare che da questo punto di vista a sinistra ci sia un equivalenza tra le due incomprensibile. Va da se, che gran parte dei poteri necessari a questo tipo di operazione è già stato ceduto all'EU (che per esempio, è l'unica a poter imporre eventuali dazi) e riprenderselo significa uscire dall'EU. L'Italia che esce dall'EU è la morte dell'EU, sia dal punto di vista meramente simbolico, sia dal punto di vista di un eventuale (mai nata) allenza degli stati mediterranei contro lo strapotere mitteleuropeo. Consiglio di osservare bene Brexit, per rendersi conto di quanto questa opzione sia una zappata sui piedi micidiale (e gli inglesi son forti dei "cugini" oltre atlantico, noi no).



Tocchi proprio il punto cruciale; quello per cui, personalmente, non posso più dirmi di sinistra (ma anche quello per cui
penso che le categorie deboli non siano più difendibili con la teoria "classica" della sinistra).
Allora, ricapitolando un pò, io credo che la difesa delle categorie deboli (che per me è scopo primario) possa attuarsi
solo ed esclusivamente all'interno di uno "stato", cioè di una istituzione che, almeno potenzialmente, impone al "forte"
di rispettare i diritti del debole.
Al di fuori dello "stato" non può esservi difesa dei deboli (se non al limite relegandola alla "compassione" dei singoli
individui -come del resto alcuni hanno teorizzato, soprattutto in area anglosassone), in quanto al di fuori dello "stato"
non può darsi "diritto", ma solo libertà individuale (appunto la libertà di avere compassione dei deboli).
Se si condivide questo primo e basilare punto, il passo successivo è interrogarsi su quale forma dovrebbe avere lo stato.
A mio parere, una istituzione di tipo statuale può avvenire solo se vi è almeno una certa omogeneità culturale.
Questo perchè non può darsi alcun "corpus" normativo tra individui che non posseggono almeno un "sostrato" valoriale
e di principio comune.
In altre parole, lo stato può istituirsi solo ed esclusivamente all'interno di una "comunità" (mentre per la teoria
fondativa della sinistra lo stato può istituirsi all'interno di una "classe" materialmente intesa, ed è comunque
inteso come "fase di passaggio" - verso l'anarchia del "comunismo").
Da questo punto di vista, non può darsi uno "stato" nella globalizzazione; perchè in essa manca la comunità, cioè
perchè manca un sostrato valoriale comune.
Mancando necessariamente lo stato, manca di conseguenza il diritto del debole di essere difeso dalla prepotenza del
forte.
Per quanto riguarda il cosiddetto "feticismo marxiano" (per rispondere all'amico Green Demetr), non vedo cosa c'entri
con le mie osservazioni lungo tutto questo post (che, fra l'altro, "grondano" dappertutto di ammirazione per Marx...).
Per quanto riguarda il voto, il nazionalismo o la Lega, non credo di stare facendo un discorso di "trita" politica.
O almeno me lo auguro...
saluti

PS
Pwe quanto riguarda il "melting pot" che l'Italia sarebbe stata (e, tutto sommato, lo è ancora), vogliamo allegramente
dimenticare che, insomma, qualche "guerricciola" c'è stata, o mi sbaglio?
O vogliamo derubricare tutto ad "incidente di percorso" verso un comunque fulgido e radioso avvenire?

InVerno

Citazione di: 0xdeadbeef il 06 Marzo 2018, 16:24:29 PM
Al di fuori dello "stato" non può esservi difesa dei deboli (se non al limite relegandola alla "compassione" dei singoli
individui -come del resto alcuni hanno teorizzato, soprattutto in area anglosassone), in quanto al di fuori dello "stato"
non può darsi "diritto", ma solo libertà individuale (appunto la libertà di avere compassione dei deboli).
Se si condivide questo primo e basilare punto, il passo successivo è interrogarsi su quale forma dovrebbe avere lo stato.
A mio parere, una istituzione di tipo statuale può avvenire solo se vi è almeno una certa omogeneità culturale.
Sono interamente d'accordo con il tuo assunto, ho partecipato più volte a discussioni di questo tipo cercando di mettere in luce punti molto simili. Il problema è che la sinistra post muro di Berlino, orfana di una proposta di mondo (e di stato), ha scelto l'EU e ci ha messo il carico da 90.. E l'ha scelto attraverso quella formula tedesca delle "sofferenze bancarie che uniranno i popoli" che è un assunto delirante, eppur chiaramente espresso dal cancelliere tedesco. In Italia, unita a quella fretta di regalare sovranità all'EU per governare un popolo "ingovernabile", lo diceva Scalfari, lo diceva Prodi, è un pensiero chiaro nella sinistra e il risultato è il pareggio di bilancio in costituzione e altre primizie che altri stati "europeisti" ben si sognano di sacrificare, tronfi della loro "governabilità". Siamo a ripetere l'ovvio, non si fa un unione monetaria senza un unione fiscale etc etc etc. C'è un errore di fondo nel progetto EU, la sinistra è ferma li e non ha soluzioni se non riparazioni "col cacciavite" (cit) nelle tubature del capitale, sperando che nasca nel frattempo una vera comunità Europea sulla quale fondare uno stato. Sta accadendo l'esatto contrario, gli attriti nazionali stanno riportando il nazionalismo, e l'EU rischia di fallire non perchè l'idea in se sia impossibile (certamente ardua) ma perchè è stata intrapresa al contrario di come doveva. Quando si fanno errori simili Renzi si chiama Hollande, Zapatero, Shultz, Tsipras (a settimane) e Brexit (e Corbyn). Fallimento su tutta la linea, un intero continente senza una sinistra, questo da ricordare agli ossessionati della realpolitik..
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

paul11

ciao Mauro,
sono semplicemente incazzato da anni che la sinistra abbia perso la cultura, premessa per la teoretica e prassi strategica di un "buon partito".
Marx ha insegnato che l'economia di scambio e le forme di produzione e distribuzione della ricchezza, attraverso analisi (ribadisco analisi  e non "aria fritta"), ha delle sue leggi che hanno come effetto sociale dividere la popolazione in privilegiati ,emarginati, borghesi, proletari.
la forma economica determina quella politica e quella sociologica degl istrati sociali. Pochissimi o quasi nessuno ha saputo riattualizzare il metodo engel/marx nella trasformazione dei mezzi di produzione da parte dei capitalisti e di saperla riconfigurare.
Faccio uu esempio, la fabbrica fordista e taylorista di un luogo si smembrata in punti geografici anche agli antipodi.
sappiamo di società con sede fiscale alle isole Caiman, stabilimenti in Romania, mercato in cui vende la merce  Europa, uffici amministrativi e contabili in India.
La divisione del lavoro è divenuta divisone sempre più internazionale e non controllabile, la sinistra non può abbracciare il ruolo della bandiera sciovinista e nazionalista, perchè un lavoratore oggi accetta di lavorare(se vuol lavorare) e farsi trasferire ovunque nel globo .

La classe lavoratrice sfruttata e proletaria della grande fabbrica che concentrava immigrati e il passaggio dal contado alla città, è finita, smembrata, dissolta. oggi s ideve lavorare nelle prassi sul teriotori oe non più sulla fabbrica.

La classe lavoratrice sfruttata, con la donna che invece che accudire i figli va a lavorare ,segna il passaggio della famiglia multireddito,
l'imborghesimento dei "colletti blu" fino a diventare "aristocrazia operaia" con doppio lavoro negli anni Ottanta.

Quì cade sociologicamente il marxismo e la sinistra storica, (e solo dei deficienti non potevano capirlo) perchè non c'è più la classe , la coscienza di classe, base rivoluzionaria per il sovvertimento e riconquista dei mezzi produttivi.

La sinistra storica è spiazzata, è finito l' operaismo, i filosofi e pensatori in chiave marxista non si raccapezzano più, incapaci della sintesi fra pensiero economico e politico e strategia partitica, e cominciano a patteggiare per la "loro" poltrona parlamentare.

E' fallita la strtegia rivoluzionaria extra parlamentare , è fallita la strategia parlamentare del pragmatismo riformista.
Perchè mancano analisi..............n
Il vecchio PCI toccò il culmine negli anni Settanta con la segreteria Berlinguer e il tentativo con Marchais comunista francese di una teoria comune eurocomunista. E' bastato che negli anni Ottanta, il famoso rampantismo, i sanbabilini, ecc, i processi  riconversione e ristrutturazione industriale deflagrassero in italia con fortissima inflazione e perdita dei primi diritti dei lavoratori, che si applicassero tecniche di mercato fra il just in time e il marketing operativo e strategico per mutare sostanzialmente la riconfigurazione del capitalismo con effetti sul sociale, per spiazzare la forme di consenso sociale dei partiti, che persa la fabbrica, perso il territorio, hanno conciato a fare anche loro gli imbonitori.Ma l agente la pigli per il sedere una volta, forse due, ma poi anche un fesso capisce...........

Infine la globalizzazione.............le sinitre sono rimaste storicamente e intendo anche culturalmente e filosoficamente agli anni Settanta.

C'è un ritardo storico e Marx invece ha insegnato che bisogna lavorare strategicamente di anticipo se si vuole nelle crisi dei cicli economici essere pronti alle riconquiste sociali .

Phil

Citazione di: 0xdeadbeef il 06 Marzo 2018, 16:24:29 PM
Allora, ricapitolando un pò, io credo che la difesa delle categorie deboli (che per me è scopo primario) possa attuarsi
solo ed esclusivamente all'interno di uno "stato", cioè di una istituzione che, almeno potenzialmente, impone al "forte"
di rispettare i diritti del debole.
Da ignorante in materia, questa frase mi ha colpito: formalmente, ogni democrazia (anche quelle nate da un coacervo difforme di culture, come quella italiana) ha norme e leggi a tutela del debole. Quale norma nel corpus di leggi italiano, o europeo, o occidentale, mortifica il debole dandolo in pasto al forte?
Scoprire che il denominatore comune fra tutte le culture europee è proprio la difesa del debole, non mi stupirebbe... che poi, concretamente, questa tutela non sia perfetta, incorruttibile ed efficientissima, si spiega con il fatto che viene applicata da umani, non da automi (parlare di nobili ideali non dovrebbe farci perdere il senso di realtà).
Con "difendere i deboli" intendiamo piuttosto risolvere la loro situazione di debolezza, "fortificandoli"?
Qui, a parer mio, giova ricordare quanto già osservato nel disincantato post di Viator sulla "naturale" funzionalità della diseguaglianza (resta comunque legittimo sognare un mondo futuro migliore).


Citazione di: 0xdeadbeef il 06 Marzo 2018, 16:24:29 PM
A mio parere, una istituzione di tipo statuale può avvenire solo se vi è almeno una certa omogeneità culturale.
Questo perchè non può darsi alcun "corpus" normativo tra individui che non posseggono almeno un "sostrato" valoriale
e di principio comune.
[...]Da questo punto di vista, non può darsi uno "stato" nella globalizzazione; perchè in essa manca la comunità, cioè
perchè manca un sostrato valoriale comune.
Mancando necessariamente lo stato, manca di conseguenza il diritto del debole di essere difeso dalla prepotenza del
forte.
Per quel poco che conosco, la globalizzazione non si sostituisce radicalmente alle differenti culture nazionali, le contamina differentemente senza scardinarle: se consideriamo l'Italia come "globalizzata", non per questo concluderemo che, deboli o forti che siamo, vivere in Italia o in un altro paese "globalizzato" sia indifferente... mi pare che il modo in cui una comunità "recepisca" la globalizzazione sia sempre unico, proprio in virtù del peculiare substrato culturale di partenza (con annessi temi e problemi in corso).
I diritti dei deboli non credo vengano ignorati o calpestati a causa della globalizzazione in sé, ma per fattori contingenti locali, non globali: se non erro (ribadisco la mia ignoranza!) la globalizzazione non ha sacrificato i lavoratori italiani quanto ha sacrificati i lavoratori cinesi o indiani...

Di sovrastruttura in sovrastruttura (nazione, continente, globo), direi che la materia umana di base resta indomita e frammentaria, fatta di sottoculture, di microcosmi, di tribù mimetiche che rielaborano le sollecitazioni esterne secondo i loro "genius loci", mutandoli, rinnovandoli, sconvolgendoli ma senza mai risultare, almeno finora, totalmente indifferenziabili dall'esterno, dalle culture altre.
Oggi abbiamo certamente punti in comune anche con chi abita a 10000 km di distanza, ma le differenze dell'humus culturale sono rilevabili talvolta anche spostandosi di 10 km (varcando un confine...).
Stiamo ancora tentando di "fare gli italiani" mentre l'Italia invecchia (a dimostrazione di come leggi e mercato comuni non significhino cultura comune, nemmeno dopo decenni), e già vogliamo fare gli "europei" e i "globalizzati"... dubito sarà l'uso della lingua inglese, o un sistema operativo da smartphone, o un mercato virtuale online ad omogeneizzare le differenti visioni culturali del mondo.

P.s.
In fondo, anche "proletari di tutto il mondo unitevi" voleva essere una forma di globalizzazione metaculturale, no? ;D

Lou

#27
La discussione si è assai sviluppata, io mi chiedo se sia possibile considerare che il fronte globalizzazione non implichi di per sè la idea di uniformizazzione e omogeneità di "visioni" e annichilimento delle differenze, ma possa anche essere considerato quale latore della idea di pluralità, esagerando - di "comunità plurale". Forse perchè non sono del tutto convinta che la comunità sia necessariamente legata all' essere omogenei.
"La verità è brutta. Noi abbiamo l'arte per non perire a causa della verità." F. Nietzsche

paul11

#28
Citazione di: Lou il 07 Marzo 2018, 17:56:08 PM
La discussione si è assai sviluppata, io mi chiedo se sia possibile considerare che il fronte globalizzazione non implichi di per sè la idea di uniformizazzione e omogeneità di "visioni" e annichilimento delle differenze, ma possa anche essere considerato quale latore della idea di pluralità, esagerando - di "comunità plurale". Forse perchè non sono del tutto convinta che la comunità sia necessariamente legata all' essere omogenei.
Risponderei anche a phil, ma mi sembra che l'invito sia rivolto a mauro(ox...).

C'è un doppio binario:
una fabbrica, un ciclo di produzione, servizi, ecc, risponde a standard ingegnerizzati in termini di efficacia ed efficienza che valgono in qualunque luogo del globo lo si voglia impiantare,  ma segue anche l'altro binario, il mercato ha necessità di una differenza, di una disomogeneità affinchè il  luogo dove si vende la merce sia al  prezzo più conveniente e il luogo dove si produce quella merce abbia i costi  più bassi possibili.Così avviene ,tenendo conto se si vendono merci deperibili(alimentari) o conservabili.

Quindi se da una parte si tende all' omogeneità dall'altra il mercato speculativo ha necessità di depressioni, di differenze  affinchè continui a sviluppars.,Il mercato "odia" la stagnazione e l'uniformazione.,Vige la teoria fisica  idraulica ed elettrica, differenze di potenziale, differenze di volumi, di livelli diversi, affinchè si renda dinamico, "si muova" il mercato speculativo.
C'è quindi una spinta e una controspinta interna nel mercato del lavoro, finanziario, delle merci.
Quello che è avvenuto e avviene è una deflagrazione interna verticale ed orizzontale sociologicamente che ha scombussolato sia il concetto di famiglia, che di territorio. Ma è chiaro che le culture tendono a difendersi, i quartieri cinesi, marocchini, africani, sono difese di identità culturali, baluardi verso l'esterno.E' del tutto normale questa forma di resistenza.La storia degli ebrei e delle loro comunità "chiuse"fino al ghetto  è un esempio millenario. Ma all'interno delle singole culture esiste una mobilità sociale intesa dal lavavetri al dirigente o proprietario del negozio o artigiano.
Una volta, nella grande fabbrica italiana erano i dialetti a differenziare le provenienze, ma erano le condizioni sociale a uniformare la condizione di cementare le differenze. la coscienza di difesa di gruppo era più forte delle differenze.
Oggi si assiste al contrario troppo spesso, ma anche perchè pochi o nessuno, fra sindacati o partiti creano le condizioni rivendicative per identificare il gruppo sociale sui diritti, per cui si assiste all'individualismo.
Teniamo presente che le differenze tipologiche dei contratti di lavoro hanno contribuito alla divisone e grazie anche alle "sinistre" al potere.

0xdeadbeef

#29
Provo un pò a rispondere a tutti gli interventi (cosa non facilissima...).
Gli ultimi due interventi, di Phil e di Lou, mi pare pongano l'accento sulla globalizzazione; e allora vi invito a
chiedervi: "cos'è la globalizzazione?"
A parer mio, la globalizzazione NON E' quell'interscambio di popoli e di culture che, in fondo, c'è sempre stato.
No, la globalizzazione è, ritengo, il processo per cui la "tecnica" tende sempre più a diventare potere politico
(da cui "tecnocrazia").
Oggi, il "mercatismo" (che personalmente preferisco al vetusto -e fonte di frantendimenti- "capitalismo") è lo
strumento più efficace di cui la volontà di potenza dell'individuo (il cui emergere caratterizza più di ogni altra
cosa la modernità) può servirsi. Per cui con il termine "tecnica" si intende particolarmente la tecnica mercatistica
(o capitalistica, se proprio si vuole).
Di conseguenza, la globalizzazione è il processo per cui il "mercato" tende sempre più a diventare potere politico.
Ma se il mercato tende sempre più a diventare potere politico, questo vuol dire che il potere politico come lo si è
sempre inteso si sta progressivamente obliando. Nel nostro caso e in molti altri, questo potere politico che va
obliandosi è quello della democrazia.
Se nella democrazia (tanto per restare al nostro caso), i rapporti di forza sono stabiliti "ab-solutum" (cioè vi sono
leggi valide per tutti), nel mercato i rapporti di forza sono necessariamente subordinati al "contratto" fra privati
individui, per cui la parte contraente "forte" (ad es. una multinazionale) predomina su quella "debole" (un precario).
Questo vuol semplicemente dire che nella globalizzazione i diritti dei deboli vengono necessariamente subordinati alla
"compassione" (o, come quasi sempre, alla prepotenza) della parte contraente forte.
L'oblio del potere politico come lo si è sempre inteso è dovuto principalmente all'emergere dell'individuo (che, abbiamo
sommariamente visto, è alla base dell'avvento del mercato come "tecnica" - e quindi potere politico- più efficace che esso,
l'individuo, ha a disposizione allo scopo di soddisfare la propria volontà di potenza); un emergere che travolge dunque
lo stato, la democrazia, come ogni altra organizzazione di tipo collettivo.
Naturalmente la "classe" marxiana, quale organizzaziobe di tipo collettivo, ne è anch'essa travolta.
In questo preciso punto si inserisce la mia proposta (mia per modo di dire...). Se (SE...) l'unica organizzazione di tipo
collettivo che ancora mostra segni di resistenza alla travolgente emersione dell'individuo è la "comunità", allora è solo
su di essa che può fondarsi la possibilità di una restaurazione del potere politico "ab-solutum", cioè in possibilità
fondato su leggi di giustizia valide per tutti.
Naturalmente, la strada "ideale" sarebbe un'Unione Europea coesa, "dei popoli" (come qualcuno usa dire). Ma una Unione
siffatta è molto là da venire, e anzi non si vede all'orizzonte nessuno che abbia seriamente l'intenzione di procedere
su quella strada.
Come ben sottolinea l'ottimo intervento dell'amico InVerno.
saluti
PS
Rileggendo, mi sono accorto di non aver risposto sul rapporto fra il mercato e l'espansione di cui esso necessita (per
cui oggi abbiamo la globalizzazione). Mi riprometto di farlo appena posso (oltre che rispondere all'ultimo intervento di
Paul11)

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