PAROLE CHE COLPISCONO - (Intra Ecclesiae)

Aperto da Visechi, 25 Gennaio 2025, 14:29:39 PM

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Visechi

Non sempre il contenuto di uno scritto riesce a mantenere fede alle promesse che il titolo lascia intuire, ma alle volte accade. È giusto il caso della bellissima inchiesta di Ezio Mauro, "La sottile linea rossa", pubblicata su Repubblica il 21 novembre 2016. Consiglio a tutti di cercarla e leggerla con estrema attenzione.
Un fiume di parole che analizza nel dettaglio le ragioni di una crisi profonda che investe la sinistra italiana, e non solo. Non di una crisi di consenso, si tratta, che al più rappresenta una conseguenza, bensì una crisi di valori e culturale. Un percorso, quello imboccato, che rischia di produrre un'insanabile scollamento fra corpo sociale e sinistra, i cui vertici sono spesso percepiti come rappresentanti di un establishment troppo alieno dai veri bisogni della gente.
Ma non è della sinistra che voglio parlare. No! Di quella ne parlino i politologi, i sociologi e chi fa delle analisi politico-sociali il proprio mestiere. Le mie sarebbero solo parole che si aggiungerebbero alle altre migliaia che quel pamphlet ha sollecitato.
L'inchiesta è un florilegio di parole, frasi e locuzioni che colpiscono come pugni vibrati alla bocca dello stomaco, che sconcertano e tramortiscono: dure, intense, che fanno riflettere. Inserite nel contesto semantico a significare maggiormente il concetto. Sono come snodi o pietre miliari poste ai crocicchi del pensiero, segnandone l'intero discorso. Talvolta, più che snodi, sono dei trait d'union fra due iconografie lessicali che ci conducono a percorrere le strade di un'umanità dannata.
Mi soffermo solo su due dei punti toccati dal giornalista.
Parlando di immigrati il nostro sentimento - perché è lui ad essere chiamato in causa, non la razionalità - incespica su "i dannati della terra", che son coloro che "non proiettano l'ombra". Concetto in cui è significato il loro non essere più umani, privati come sono di anima, e il loro corpo "...diventa immediatamente propaganda perché parla da solo con il colore della pelle, la sua disperazione, la sua diversità, i segni dell'apocalisse che si porta addosso. La riduzione del migrante a puro corpo, pura quantità, presenza materiale d'ingombro, nuda esistenza che chiede di continuare a vivere ha qualcosa di sacrilego e di estremo, perché mette fuori gioco la politica, abituata a occuparsi di persone, di cittadini con diritti e doveri". Concetti concreti, veri, la cui realtà la viviamo quotidianamente passeggiando per le strade delle nostre città, oramai intrise di questo dolore soffocante che ha rinunciato anche al lamento e al pianto. 
È una lotta disperata, come quella del naufrago contro onde sovrastanti, che non sutura le profonde ferite che il Mare Nostrum si trova incise sul proprio fluido corpo. Lotta da folli, perché, ci avverte Giusy Nicolini, "Le cifre dicono che la nostra è una follia". È una follia che lotta contro le cifre debordanti, ma anche contro "i venditori di paura". Un doppio fronte: la realtà di uno tzunami che bussa alle nostre coste e il pre-concetto dettato dall'insicurezza che risveglia paure che un finto benessere aveva sopito per decenni. Ma quando si è  "... gente di mare e la comunità sostituisce lo Stato", non si è mai soli nella lotta, e può anche accadere che "Lampedusa poteva finire dannata, e invece ha guadagnato in reputazione per la sua accoglienza, ha migliorato i servizi sanitari e sa una cosa? Quest'anno il turismo è cresciuto del trentadue per cento". Donna! Solo una donna può sconfiggere il mondo; come fu per Rosa Park. Eroine perché i loro gesti sono e furono naturali e semplici: l'una accoglie chi bussa alla sua porta, l'altra si sedette dove non doveva. Niente di più semplice, di più naturale. Ma quanto è difficile esserlo.
C'è un racconto che, in filigrana, si dipana all'interno della narrazione principale. È quello di un Paese ferito, profondamente lacerato nell'anima sua più intima. È l'Italia degli "esclusi", dei reietti, di chi vive, o meglio sopravvive ai suoi margini. Quasi del tutto scordata dalla politica, dove i residui di un welfare agonizzante non arrivano. Un pezzo importante del Paese che, pur di tacitare il suo profondo malessere, si concede ad un  "populismo che crede invece alla cabala dello zero" e che reca come insegna effigiata sulle proprie "vele" la "rappresentazione della rappresentanza". 
Ma non è neppure di questo che voglio parlare. Dicevo che vi è un racconto sottotraccia, che forse non emerge con nitore, ma che, una volta rivelatosi e mostratosi al sentimento di chi legge, prorompe con forza e pretende di raccontarsi... Ed io ho deciso di raccontarlo.
Parlando di poveri – altro vocabolo che la sinistra dei salotti e degli affari rischia di cancellare dal proprio vocabolario – emerge un passaggio che riporto per intero: 
«Ma io sentivo il disagio di occuparmi solo di questioni come i diritti dei diseredati, cose tutte più che sacrosante, intendiamoci, ma mentre parlavo con quella gente qualcun altro si preoccupava di dar loro da mangiare», racconta Morgantini. «Volevo farlo anch'io. Ho settant'anni, convivevo con Elvira da trentotto, abbiamo avuto l'idea di sposarci per sfruttare i regali di nozze come finanziamento al progetto e alla fine abbiamo raccolto settantamila euro e sono nate le "Cucine popolari", in partenza con sei volontari e pochi pasti. Oggi quelli che ci regalano il loro tempo per andare a prendere pasta, carne, frutta e verdura, per cucinare, servire a tavola e lavare i piatti sono trenta, e a tavola si siedono ogni giorno ottanta persone. Funziona, e l'idea della laicità è andata a farsi benedire. Io sono laico, ci mancherebbe, ma ho scoperto che con i preti e i volontari cristiani si lavora che è una meraviglia, e poi se devo dire la verità stamattina avevamo bisogno di verdure e chi ce le ha date? Comunione e Liberazione, con il Banco Alimentare». 
È un ex sindacalista di 70 anni che parla. Ha impegnato nell'impresa – questa impresa, non economica – l'intera dote del matrimonio, contratto con la sua compagna proprio con questo obiettivo.
Ho letto più volte questo passaggio, ed ogni volta mi son domandato cosa possa aver spinto una persona, che potrebbe decidere di godersi la meritata pensione, a sacrificare (il verbo è improprio, credo che per lui non sia un sacrificio ma una gioia) sé stesso, il suo tempo, le sue energie e il suo patrimonio a favore di una causa che non lo dovrebbe investire direttamente. Cosa accade nell'animo di un uomo o di una donna che mette la sua esistenza al servizio di assoluti sconosciuti? È buonismo questo? Ma che significa poi buonismo? Questa storia – non solo questa, ne esistono tantissime simili, in ogni città del Bel Paese, anche nella mia città – ci dice ben altro. 
Qualcosa accade. Ma cosa precisamente? Non può trattarsi di una forma di egoismo mascherato che celi al suo interno il retropensiero che un domani potrebbe egli stesso trovarsi nella condizIone di essere aiutato. Non può neppure essere un'altra forma di egoismo ancor più bieco che confidi nella riconoscenza dell'intera comunità. Spesso questi signori e questi volontari agiscono praticamente nell'ombra, quasi totalmente ignorati dalla massa delle persone e dalle istituzioni. Compiono un'opera eroica, si sostituiscono allo Stato, senza ricavarne altro che quella gioia che neppure la vista della miseria più nera riesce ad offuscare. Uomini e donne, ragazzi e ragazze che si ritrovano a determinate ore del giorno per compiere il sacro rito di accogliere sconosciuti per servirli. Quale è il carburante che muove i loro muscoli, la mente e il cuore? Non è semplice sensibilità o empatia, non solo compassione, neppure carità o solidarietà. Sentimenti nobili, questi, ma che non bastano a spiegare tanta abnegazione e dedizione, che nella maggioranza dei casi muovono al pianto ma non al pieno sacrificio di sé. 
Un teologo parla di una forza interiore, una sorta di fluido o di 'principio' che funge da motore immobile che tutto muove. Lo chiama 'principio passione'. Una stilla divina che ci richiama alla nostra comune radice divina. Io non credo ad entità metafisiche trascendenti, ma vedo e sento che non può trattarsi di semplice identificazione, in forza della quale vedo me stesso nel prossimo che soffre, e ciò che faccio a lui è come se lo facessi a me. La regola aurea rappresentata concretamente nella realtà di ogni giorno nei suburbi delle nostre città. C'è qualcosa di più, qualcosa che non ha contenitore, che sborda di lato. Un fluido denso più forte della gravità, che chiama e unisce. Una propaggine del nostro essere che si protende verso l'esterno per abbracciare il viandante, il profugo, l'ultimo. 
Non lo so! So solo che quando vedo queste persone, quando ne incontro qualcuna resto disorientato, perché nella loro meravigliosa grandezza umana vedo riflessa la mia piccolezza d'uomo.
C'è nella mia città un signore, oramai anziano, che vive per gli altri dispensando pasti a chi ne ha bisogno. Non servono tessere, né iscrizioni per accedere alla sua mensa. Quest'uomo, e con lui quelli che gli si accalcano intorno per aiutarlo a servire il prossimo, non distinguono i colori della pelle e non si curano di separare idiomi esotici da dialetti locali. Basta che chiedano. Conosco quest'uomo da più di quarant'anni. L'ho combattuto quando era dirigente della mia azienda, forse era giusto così! Oggi è giusto che abbia per lui una profonda ammirazione.
Non ho molto altro da dire, se non limitarmi a suggerire al mio sindaco di guardarsi intorno, di non essere cieco. I valori che la sinistra dovrebbe incarnare si declinano in welfare, sostegno alle classi disagiate, aiuti concreti alle persone deboli e supporto a chi fa di sé stesso un'ancora alla quale possano aggrapparsi i naufraghi di una società distratta e di istituzioni spesso troppo prone di fronte al tornaconto politico.

baylham


Citazione di: Visechi il 25 Gennaio 2025, 14:29:39 PMParlando di poveri – altro vocabolo che la sinistra dei salotti e degli affari rischia di cancellare dal proprio vocabolario – emerge un passaggio che riporto per intero:
«Ma io sentivo il disagio di occuparmi solo di questioni come i diritti dei diseredati, cose tutte più che sacrosante, intendiamoci, ma mentre parlavo con quella gente qualcun altro si preoccupava di dar loro da mangiare», racconta Morgantini. «Volevo farlo anch'io. Ho settant'anni, convivevo con Elvira da trentotto, abbiamo avuto l'idea di sposarci per sfruttare i regali di nozze come finanziamento al progetto e alla fine abbiamo raccolto settantamila euro e sono nate le "Cucine popolari", in partenza con sei volontari e pochi pasti. Oggi quelli che ci regalano il loro tempo per andare a prendere pasta, carne, frutta e verdura, per cucinare, servire a tavola e lavare i piatti sono trenta, e a tavola si siedono ogni giorno ottanta persone. Funziona, e l'idea della laicità è andata a farsi benedire. Io sono laico, ci mancherebbe, ma ho scoperto che con i preti e i volontari cristiani si lavora che è una meraviglia, e poi se devo dire la verità stamattina avevamo bisogno di verdure e chi ce le ha date? Comunione e Liberazione, con il Banco Alimentare».
È un ex sindacalista di 70 anni che parla. Ha impegnato nell'impresa – questa impresa, non economica – l'intera dote del matrimonio, contratto con la sua compagna proprio con questo obiettivo.

Veramente patetico, non mi stupisce che con questo approccio fallimentare la povertà assoluta, la mancanza delle condizioni economiche minime per una vita autonoma e dignitosa, sia endemica da millenni.




green demetr

Citazione di: baylham il 25 Gennaio 2025, 17:46:11 PMVeramente patetico, non mi stupisce che con questo approccio fallimentare la povertà assoluta, la mancanza delle condizioni economiche minime per una vita autonoma e dignitosa, sia endemica da millenni.




Concordo è il solito vittimismo dell'europeo che si sente cattivo con i diseredati.
Perchè certamente chi dice queste cose l'ha studiata la storia no?
E' l'Europa che ha messo questi immigrati nella povertà, o sono loro stessi, che si sono dati da fare a farlo?
Sono secoli, ben prima che esistesse l'Europa, cosidetta colonialista, peccato che noi abbiamo corretto nel giro di qualche secolo, e che loro, gli altri non hanno MAI smesso di perseguire.
Basta ricordare che le repubbliche musulmane sono arrivate alle porte di Vienna, solo poco tempo fa.
Ma perchè scrittori oggi riconosciuti come Peter Handke è a favore del panslavismo, unica soluzione ai mali dell'Europa?
Perchè hanno vissuto sulla loro pelle, l'orrore di stare tra l'incudine musulmana e il finto altruismo tedesco.
A quando il riconoscimento dell'eroismo del popolo serbo ed albanese?
Sono secoli non anni che noi ci si adopera per la pace, mai nessuno che si occupi anche dell'altra parte.
C'è qualcosa di più dell'ignoranza, si chiama ideologia, ed è quella che la sinistra, a partire da Moro, sempre più bestialmente calvalca senza ritegno.

Il destino dei poveracci è legato a fattori esterni, e in questo momento storico, sono come Handke, fra l'incudine e il martello.
Lo siamo tutti.
Siamo solo troppo codardi anche solo per vederlo.

la sinissssssssstra
Puffiamo su per giù due mele poco più

Visechi

Citazione di: baylham il 25 Gennaio 2025, 17:46:11 PMVeramente patetico, non mi stupisce che con questo approccio fallimentare la povertà assoluta, la mancanza delle condizioni economiche minime per una vita autonoma e dignitosa, sia endemica da millenni.




Non capisco il senso di questo laconico intervento. Magari qualche parola in più aiuterebbe a comprendere.

baylham

Visechi, evidentemente per te e molti altri è normale che bisogni elementari, cibo, alloggio, cure mediche, degli uomini dipendano dalla carità, dall'elemosina, dal volontariato.


Visechi

Citazione di: baylham il 26 Gennaio 2025, 10:11:16 AMVisechi, evidentemente per te e molti altri è normale che bisogni elementari, cibo, alloggio, cure mediche, degli uomini dipendano dalla carità, dall'elemosina, dal volontariato.


Concordo pienamente con te: quelli da te citati non sono solo bisogni, ma attengono alla dignità della persona, sono pertanto diritti inalienabili ed irrinunciabili, non possono in nessun caso dipendere dalla pietas umana che la loro carenza deve suscitare. Non era di certo mia intenzione circoscrivere ed emarginare questi diritti, tra l'altro riconosciuti dal diritto internazionale, entro un'area intrisa di commozione e compassione. No! Bene fai a farlo notare, qualora io avessi indugiato su questo versante e per questi aspetti. Non mi pare, ma non ho troppa voglia di cercare ora nel mio scritto le ragioni della tua reazione.
Non credo, però, che tu possa confondere l'impegno fattivo di chi, latitando le istituzioni, si prodiga per alleviare disagi e sofferenze altrui. Questo non è melenso sentimentalismo, non è neppure patetico, come scrivi tu, citarlo nelle cronache dei nostri tempi, non più adusi al suono del e troppo propensi ai Niet. Non è pietismo essere mossi a commozione nell'osservare tanta umanità stuprata da un meccanismo sociale ed economico che, nei suoi danni collaterali, ingloba la creazione di scarti umani. Non è neppure pietismo l'impegno di tante persone che, pur potendo limitarsi alla comoda    osservazione indignata, hanno scelto lo scomodo coinvolgimento fattivo, che, credimi sulla parola, reca conforto ed allevia il dolore... a differenza di tante parole riversate sul web. Non si tratta di eroi, bensì di persone semplici, che sanno però immedesimarsi e vivono con empatia le difficoltà di questi scarti umani. Non sempre è necessario un impegno gravoso, alle volte è già molto avvicinarli e parlarci, farsi raccontare le loro storie (prova a farlo, te lo consiglio... si cresce), dicono che li faccia sentire accettati o perlomeno per quell'attimo in cui sono insieme non si percepiscono come rifiuti, dei paria inavvicinabili. Non è pietismo tutto questo. Non è neppure retorica da anime belle. È semplicemente vita... anche questa lo è.
In ogni caso, stanne certo, se mi scorgo a pensare me nella situazione di questi dannati (non mi riferisco esclusivamente agli immigrati) preferirei incappare in questo stucchevole, melenso buonismo da anime belle che nel grugno severo che ringhia con suono gutturale il fatidico niet. Ci son cose, situazioni, condizioni impermeabili alle mediazioni, e su questi temi il mio pietismo d'accatto non si dispone a favore della mediazione.

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