Non chiamatela religione

Aperto da Gibran, 14 Giugno 2016, 09:54:39 AM

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Sariputra

#165
Citazione di: Gibran il 23 Agosto 2016, 08:17:09 AMSariputra, oggi ho da fare e non il tempo di rispondere, e neppure nei giorni a venire, ma due cosette le devo proprio dire: [Cit.] " mi accingo a rispondere sinteticamente ai quesiti:" Quali quesiti? Non sai distinguere una affermazione da un quesito? [cit] 1)Siete in grado di capire le mie argomentazioni che richiedono un'intelligenza media, nulla di eccezionale ? Sì, sono in grado di capirle e penso proprio di averle capite, nonostante sia tardo di comprendonio. Ma quando mai ho fatto questa domanda? Ma non ti accorgi che ti sei inventato tutto? Hai completamente frainteso, cioè capito al contrario una mia affermazione, e l'hai trasformata non capisco proprio perché in domanda. Meno male che "scripta manent". Allora rileggiti cosa ho scritto: "e in tutta sincerità le mie risposte mi sembrano all'altezza di persone di media cultura e di media intelligenza. Non credo che il livello culturale e intellettivo tuo o di Phil non vi permetta di capire le mie argomentazioni..." Dire "NON credo che il tuo livello culturale e intellettivo NON vi permetta di capire" – vuol dire che io non vi reputi in grado di capire? [Cit.] "2) Condividete le mie opinioni nonostante le vostre difficoltà intellettive , che mi deludono assai?" Di nuovo: dove avrei fatto questa domanda? Vedo che hai grandi capacità di immaginazione, e ti inventi cose che non ho mai detto. [Cit.] "3) Credete possibile una pura intuizione solamente legata all'osservazione e svincolata da qualsiasi riferimento culturale, libro, tradizione, condizionamento, ecc.?" Anche qui: mai fatto questa domanda. E mi fermo qui dato che se non ci si intende su questo è perfettamente inutile andare avanti. Buona giornata
Gibran
tutti i tuoi scritti hanno questo tono e visto che affermi "scripta manent" :

Questo io lo chiamo franchezza, apertura e buona volontà. Se non sento che ci sono queste tre qualità allora divento scorbutico e mando a quel paese l'interlocutore come ho fatto con Sariputra (spero mi abbia perdonato (:-))
Da uno che ha scelto come pseudonimo "Sariputra" mi aspettavo una conoscenza più approfondita del buddismo.
Non sai distinguere una affermazione da un quesito?

Questi sono solo tre perchè non ho tempo e voglia di spulciarmi tutti i tuoi interventi.
Ti fai continuamente giudizi e valutazioni personali sugli interlocutori e la valutazione è sempre in riferimento al tuo supposto stato di consapevolezza.
Noi qui discutiamo le idee e non valutiamo le persone che discutono.
Ti diamo continuamente risposte e tu continui a scrivere che non rispondiamo adeguatamente ( forse  perchè non rispondiamo come tu vorresti?).
Tu "senti" che manco di apertura, franchezza e buona volontà. Io invece "sento" che tu difetti di rispetto per l'interlocutore. Chi stabilisce quale "sentire" è più veritiero?
Le domande le ho condensate e non sono letteralmente quello che hai scritto. Ritengo però di aver colto il significato. O non è così?
Ritengo anch'io che sia perfettamente inutile continuare a discutere con te, non lo trovo costruttivo, per nessuno dei due.
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Gibran

Sariputra,


fai una prova: stampa questa pagina, aspetta 10 minuti, fatti un caffè o fumati una sigaretta seduto in poltrona: quindi leggila. Forse ci potrebbe essere maggiore possibilità a non saltare le righe. (E' stato dimstrato da ricercatori americani che la maggioranza delle persone saltano interi periodi nel leggere sullo schermo del computer.)


1)  Quando leggi tieni conto dei riferimenti?


[Cit.] "Questo io lo chiamo franchezza, apertura e buona volontà. Se non sento che ci sono queste tre qualità allora divento scorbutico e mando a quel paese l'interlocutore come ho fatto con Sariputra (spero mi abbia perdonato (:-)) "


Questa frase io l'ho scritta in riferimento alla risposta di Phil dove lui osservava, giustamente, che la conversazione si incaglia sulle opinioni personali. Per rispondere a questa osservazione di Paul ho introdotto l'argomento su come bisognasse impostare la discussione in modo che il discorso non si incagliasse, cioè ho fatto un discorso sul metodo, che ho ribadito e precisato nei paragrafi successivi. Quindi – in riferimento a quanto sopra – ho detto:


"cominciamo da qui: rispondi come prima cosa a queste due domande e poi da lì procederemo. Questo io lo chiamo franchezza, apertura e buona volontà."


Questo significa, se tieni conto del riferimento, che io considero franchezza, apertura e buona volontà quando uno in un dialogo risponde punto per punto alle domande dirette che gli vengono poste. E ho detto questo perché varie persone, tra cui recentemente lo stesso Phil, avevano evitato questo. Si può evitare una domanda perché la si considera superflua ma in un dialogo è sempre educato e opportuno rispondere alle domande di chi ti sta di fronte. Se non lo fai ti stai sottraendo alla discussione come qualche volta ha fatto Phil, cosa che per esempio anche Verdeidea ha notato e ha chiamato "avvitamento".  Tutto il dialogo tra me è Phil era improntato a una cordiale, pungente ma corretta ironia, cosa di cui Phil è maestro, e anch'io ho voluto rispondere sullo stesso tono. Mi dispiace ma tu sei prevenuto e hai completamente travisato questo tono.


La frase successiva è un esempio del mio tono ironico e scherzoso, nonchè conciliativo e autodileggiante: mi sono infatti chiamato scorbutico dando di me stesso una immagine negativa.


La frase che tu aggiungi sotto:


"Da uno che ha scelto come pseudonimo "Sariputra" mi aspettavo una conoscenza più approfondita del buddismo."


E' presa da un contesto completamente diverso e va intesa riferita a quel contesto. Era la risposta a questa tua frase:


 [cit.] "Se anche un solo muslim vivesse la sua vita  senza odio, egoismo e illusione e si attenesse ai precetti, riti e dogmi della sua [font=Garamond","serif]particolare[/font] religione, sarebbe sufficiente per affermare che quella religione può produrre del bene."

Quindi il significato di quella mia risposta che evidentemente ti ha urtato, è: il Buddha non ha mai affermato che i riti producano il bene, al contrario ha sempre sostenuto che sono inutili alla liberazione della mente. Dato il tuo presupposto, ho dato per scontato che tu fossi familiare con l'insegnamento buddista. Ma è evidente da quella tua affermazione precedente che le cose non stanno così. Se invece di reagire emotivamente avessi letto con calma la mia risposta forse avresti potuto capire che il miglior modo di rispondermi, se non eri d'accordo, era quello di mostrarmi, magari citando testi buddhisti, che invece il Budda sosteneva che i riti producano il bene. Quindi in conclusione anche questa tua risposta non è in realtà una risposta diretta ma un altro "avvitamento".


[Cit.] "Noi qui discutiamo le idee e non valutiamo le persone che discutono."


L'esempio di cui sopra mostra chiaramente come tu NON abbia discusso le idee, ma hai evitato di discutere se il Buddha avesse o no reputato utili al bene i riti.
La valutazione che ho dato di Phil era sempre nel tono scherzoso che si è instaurato tra noi, tono che la tua eccitazione emotiva ti impedisce di comprendere. Bisogna sapere sorridere di cose come: "Ti do 7 in logica e 3 in psicologia"


[Cit.] "Ti diamo continuamente risposte e tu continui a scrivere che non rispondiamo adeguatamente ( forse  perchè non rispondiamo come tu vorresti?)."


Ribadisco l'esempio di sopra per farti notare come tu non abbia risposto, in quel caso. Ma la cosa più in portante è che anche qua il riferimento era ad altre persone. Io ho detto molto chiaramente a Phil, che Paul non aveva mai risposto alle mie domande dirette. Se vuoi ti copio tutte le domande dirette che ho fatto a Paul (sono veramente molte!), e anche a qualcun altro, e così tu sarai in grado di spiegarmi se Paul abbia risposto o no.


[cit.] "Tu "senti" che manco di apertura, franchezza e buona volontà. Io invece "sento" che tu difetti di rispetto per l'interlocutore. Chi stabilisce quale "sentire" è più veritiero?"


Ancora una volta ti inventi cose he non ho mai detto e questo perché trascuri i riferimenti. Spero che abbia stampato la pagina come ti ho consigliato e che quindi riesca a leggere con più attenzione e meno emotività quello che scrivo.

Sariputra

Citazione di: Gibran il 23 Agosto 2016, 11:20:34 AMSariputra, fai una prova: stampa questa pagina, aspetta 10 minuti, fatti un caffè o fumati una sigaretta seduto in poltrona: quindi leggila. Forse ci potrebbe essere maggiore possibilità a non saltare le righe. (E' stato dimstrato da ricercatori americani che la maggioranza delle persone saltano interi periodi nel leggere sullo schermo del computer.) 1) Quando leggi tieni conto dei riferimenti? [Cit.] "Questo io lo chiamo franchezza, apertura e buona volontà. Se non sento che ci sono queste tre qualità allora divento scorbutico e mando a quel paese l'interlocutore come ho fatto con Sariputra (spero mi abbia perdonato (:-)) " Questa frase io l'ho scritta in riferimento alla risposta di Phil dove lui osservava, giustamente, che la conversazione si incaglia sulle opinioni personali. Per rispondere a questa osservazione di Paul ho introdotto l'argomento su come bisognasse impostare la discussione in modo che il discorso non si incagliasse, cioè ho fatto un discorso sul metodo, che ho ribadito e precisato nei paragrafi successivi. Quindi – in riferimento a quanto sopra – ho detto: "cominciamo da qui: rispondi come prima cosa a queste due domande e poi da lì procederemo. Questo io lo chiamo franchezza, apertura e buona volontà." Questo significa, se tieni conto del riferimento, che io considero franchezza, apertura e buona volontà quando uno in un dialogo risponde punto per punto alle domande dirette che gli vengono poste. E ho detto questo perché varie persone, tra cui recentemente lo stesso Phil, avevano evitato questo. Si può evitare una domanda perché la si considera superflua ma in un dialogo è sempre educato e opportuno rispondere alle domande di chi ti sta di fronte. Se non lo fai ti stai sottraendo alla discussione come qualche volta ha fatto Phil, cosa che per esempio anche Verdeidea ha notato e ha chiamato "avvitamento". Tutto il dialogo tra me è Phil era improntato a una cordiale, pungente ma corretta ironia, cosa di cui Phil è maestro, e anch'io ho voluto rispondere sullo stesso tono. Mi dispiace ma tu sei prevenuto e hai completamente travisato questo tono. La frase successiva è un esempio del mio tono ironico e scherzoso, nonchè conciliativo e autodileggiante: mi sono infatti chiamato scorbutico dando di me stesso una immagine negativa. La frase che tu aggiungi sotto: "Da uno che ha scelto come pseudonimo "Sariputra" mi aspettavo una conoscenza più approfondita del buddismo." E' presa da un contesto completamente diverso e va intesa riferita a quel contesto. Era la risposta a questa tua frase: [cit.] "Se anche un solo muslim vivesse la sua vita senza odio, egoismo e illusione e si attenesse ai precetti, riti e dogmi della sua [font=Garamond","serif]particolare[/font] religione, sarebbe sufficiente per affermare che quella religione può produrre del bene." Quindi il significato di quella mia risposta che evidentemente ti ha urtato, è: il Buddha non ha mai affermato che i riti producano il bene, al contrario ha sempre sostenuto che sono inutili alla liberazione della mente. Dato il tuo presupposto, ho dato per scontato che tu fossi familiare con l'insegnamento buddista. Ma è evidente da quella tua affermazione precedente che le cose non stanno così. Se invece di reagire emotivamente avessi letto con calma la mia risposta forse avresti potuto capire che il miglior modo di rispondermi, se non eri d'accordo, era quello di mostrarmi, magari citando testi buddhisti, che invece il Budda sosteneva che i riti producano il bene. Quindi in conclusione anche questa tua risposta non è in realtà una risposta diretta ma un altro "avvitamento". [Cit.] "Noi qui discutiamo le idee e non valutiamo le persone che discutono." L'esempio di cui sopra mostra chiaramente come tu NON abbia discusso le idee, ma hai evitato di discutere se il Buddha avesse o no reputato utili al bene i riti. La valutazione che ho dato di Phil era sempre nel tono scherzoso che si è instaurato tra noi, tono che la tua eccitazione emotiva ti impedisce di comprendere. Bisogna sapere sorridere di cose come: "Ti do 7 in logica e 3 in psicologia" [Cit.] "Ti diamo continuamente risposte e tu continui a scrivere che non rispondiamo adeguatamente ( forse perchè non rispondiamo come tu vorresti?)." Ribadisco l'esempio di sopra per farti notare come tu non abbia risposto, in quel caso. Ma la cosa più in portante è che anche qua il riferimento era ad altre persone. Io ho detto molto chiaramente a Phil, che Paul non aveva mai risposto alle mie domande dirette. Se vuoi ti copio tutte le domande dirette che ho fatto a Paul (sono veramente molte!), e anche a qualcun altro, e così tu sarai in grado di spiegarmi se Paul abbia risposto o no. [cit.] "Tu "senti" che manco di apertura, franchezza e buona volontà. Io invece "sento" che tu difetti di rispetto per l'interlocutore. Chi stabilisce quale "sentire" è più veritiero?" Ancora una volta ti inventi cose he non ho mai detto e questo perché trascuri i riferimenti. Spero che abbia stampato la pagina come ti ho consigliato e che quindi riesca a leggere con più attenzione e meno emotività quello che scrivo.

Figliolo ( visto che dici di aprezzare l'ironia uso anch'io questo tono)
Io non "devo" rispondere alle tue domande e quesiti. Pensi di essere il maestro e io l'allievo che deve per forza darti una risposta?
Se ritengo che la risposta non è funzionale al mio discorso non mi sento in obbligo di risponderti, perchè quando scrivo io non penso solo a te ma a tutti quelli che possono leggere o intervenire sul tema. In più cerco uno sviluppo coerente al mio scrivere, non dimenticando, se possibile una certa "eleganza" espositiva, se ci riesco.
La risposta sui riti e sul Buddha non era pertinente sul tema dell'Islam come religione, almeno io non l'ho ritenuta tale, e quindi non AVENDO OBBLIGHI verso di te l'ho ritenuta non necessaria all'insieme prodotto e che già avevo definito in altra parte. Questo non è una conversazione a due ma un forum, uno spazio aperto, una piazza. Quindi mi sforzo di produrre qualcosa che attiri e interessi la maggior platea possibile e in secondo tempo, ma solo in secondo tempo, di cercare di rispondere personalmente a tutte le domande.
Non mi interessa se si riferisce a me , o ad altri la tua sagace :( ironia ma nell'ironia si dovrebbe evitare di dare assurde valutazioni personali ( tipo simpatia tot-intelligenza tot.).
Ripeto ancora la parola chiave : Rispetto, rispetto, rispetto...
Conosci la definizione del termine rispetto? ;D Spero che apprezzerai anche tu la profonda e sottile ironia di questa domanda...
AH...il caffè era ottimo ( fatto con la moka napoletana ovviamente.... ;))
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

verdeidea

#168
Gibran, che Dio ti benedica! Hai una capacità critica e argomentativa da fare invidia!
Ho l'impressione che non si voglia guardare l'islam sotto l'aspetto che sarebbe più consono alla sua natura, ma che lo si voglia per forza guardare con le lenti del sacro e lasciarlo sull'altare.
Ma dal suo altare rintonano sovrane queste parole:
"Mostrami pure ciò che Maometto ha portato di nuovo, e vi troverai soltanto delle cose cattive e disumane, come la sua direttiva di diffondere per mezzo della spada la fede che egli predicava".
                                  (Dai dialoghi di Manuele II Paleologo con un dotto musulmano di Persia)

Eppure la chiamano religione...
No, per me non lo è, non è una vera religione.
Penso che l'uomo contemporaneo, l'uomo che si avvia all'ultramoderno, debba compiere questa distinzione tra quelle che riteniamo siano le religioni. Chissà, forse un giorno l'uomo non avrà neppure più bisogno della religione, almeno così come la intendiamo oggi.

paul11

Verdeidea
nel post n° 152 mi hai scambiato per Phil (poveraccio ;D) imputandogli quello che ho scritto io


Gibran ,ma anche Verdeidea,
non so come sei dal "vivo" de visu, se parlare con te è difficile in un forum telematico, chissà come sarebbe  faccia a faccia.

E dire che nell' ultimo post ho fatto delle aperture (la jihad islamica), ma manco le avete pensate o lette  tanto è inviso a voi l'islam.


Le mie posizioni di metodo in qualunque tipo di discussione è che rispetto le persone e i loro pensieri, da voi agli islamici compresi, perchè credo nella dignità umana.
Ci sono religioni e spiritualità per il mondo anche molto diverse,  i tagliatori di teste  e i cannibali ad esempio.
Se mi fermo all'effetto mi verrebbe da dire che le loro culture sono nettamente ostili: forse.ma mi piacerebbe capire perchè l'uno fa raccolta di teste e l'altro mangia carne umana, ovvero perchè e se c'è un pensiero  a monte In fondo anche lo scalpo dei pellerossa americani deve avere un senso.
Non è che l'ebraismo veterotestamentale fosse così pacifico. Ci sono battaglie in nome di Jahwè.
Non è che i sacrifici umani e poi animali non avessero significato.
Insomma a me interessa  capire cosa c'è prima di un gesto, cosa passa per la testa della persona che lo compie e se c'è una giustificazione teoretica al testo sacro, in questo caso visto che è l'islam una religione,
Allora  il problema diventa: è coerente la jihad ,intesa come guerra santa ,da parte di un islamico rispetto al loro testo sacro?
Perchè vedete, non tutti gli islamici li seguono, ci sono fanatici, ma ci sono anche saggi. Il sufismo è una mistica molto saggia e sapienziale  islamica. E' in nome di questi saggi e di pacifiche persone che non posso condannare l'islam "intero".
C'è in me un rispetto verso una religione, una cultura e le persone in cui ci credono.
Non posso discriminare una religione o una cultura solo per dei fanatici assassini che vigliaccamente uccidono "nfedeli"..
E' chiaro che condanno il gesto scellerato. ma ribadisco, c'è una giustificazione teoretica o storica a questo? Se c'è allora c'è un problema,.
Ma come ho scritto nel precedente post, mi auto riconosco una mancanza  intellettuale, non ho sufficiente conoscenza per costruire una seria critica personale, anche se devo ammettere che probabilmente vi sono delle "falle" nel Corano.
E se ci fossero comincerei ad essere perplesso.

verdeidea

Se non sbaglio avevo risposto ma vedo che è stato eliminato il mio interveto... o forse ho sbagliato nell'invio, chissà.... E' il mio secondo intervento che sparisce misteriosamente...

acquario69

#171
Citazione di: verdeidea il 24 Agosto 2016, 02:04:33 AM
Se non sbaglio avevo risposto ma vedo che è stato eliminato il mio interveto... o forse ho sbagliato nell'invio, chissà.... E' il mio secondo intervento che sparisce misteriosamente...

in riferimento ai tuoi due interventi,sono stati eliminati,perché considerati chat,come da regolamento

http://www.riflessioni.it/archivio/definizione_forum_chat.htm

Gibran

#172
Cito una frase di Paul solo come aggancio ad una mia lunga disquisizione, ma le mie parole sono rivolte a tutti (almeno a chi avrà voglia di ascoltarmi).

"Le mie posizioni di metodo in qualunque tipo di discussione è che rispetto le persone e i loro pensieri, da voi agli islamici compresi, perchè credo nella dignità umana."

Devo fare un lungo racconto autobiografico. Spero di non annoiarvi.


In passato ho partecipato a diversi forum fotografici, forum cioè dove si giudicavano, criticavano e votavano le foto pubblicate. Ovviamente il giudizio o la critica era rivolta all'opera e non all'artista, ma nella pratica, nella realtà, spesso è impossibile separare l'uno dall'altro. L'artista è una creatura molto suscettibile che si indentifica con le sue creazioni e che sfrutta per ricevere plauso e quindi gratificazione psicologica. Questa è la motivazione di base che spinge gli artisti a pubblicare le proprie foto, a mostrarle agli altri: ricevere dagli altri lodi, apprezzamenti e quindi raggiungere fama e gloria. Se non ci fosse questa motivazione psicologica nessuno pubblicherebbe le proprie foto se non le persone che, senza pretese artistiche, vogliono semplicemente mostrarle agli amici e condividere viaggi o cose belle viste.

Il primo sito a cui mi iscrissi era stato creato con la precisa finalità della necessità di una vera critica fotografica ai fini didattici e cioè di miglioramento o avanzamento personale.

Contava migliaia di iscritti attivi (era un sito internazionale) e vi si potevano vedere foto di ogni tipo, da quelle orrende a quelle mediocri o eccelse. Ora va da sé che se presento le mie foto in questo sito vorrà dire che accetto implicitamente le sue regole e finalità e cioè dovrò accettare le critiche che verranno rivolte alle mie foto. Detto sinteticamente: quando espongo una mia opera mi espongo anche alle critiche. Credete però che tutti accettassero questa premessa? Al contrario, la maggioranza accettava solo le lodi e non le vere critiche. (E questa è una caratteristica insita nell'essere umano). C'erano persone che non avevano le minime conoscenze tecniche e presentavano foto sottoesposte, o sovraesposte, o sfuocate o con colori innaturali etc. ma non si rendevano minimamente conto di questi difetti evidenti e si offendevano se qualcuno glieli faceva notare. Stessa cosa quando si discuteva di composizione. E' vero che l'arte è questione anche di gusti, e non è politicamente corretto discutere o criticare i gusti altrui che ognuno considera sacrosanti, tuttavia un forum è un forum, cioè uno spazio, una arena dove ci si confronta e ci si critica a vicenda. Se non si vuole il confronto allora è meglio non partecipare a questi forum. Se vi partecipi e poi quando qualcuno critica le tuo foto lo interpreti come un attacco personale o una mancanza di rispetto allora stai contraddicendo la finalità del forum e lo stai trasformando in qualcosa di diverso. Nel caso fotografico, molti in realtà lo prendevano solo come una galleria personale da mostrare agli altri.

Quando iniziai a pubblicare le mie foto in quel sito, ero un principiante e queste avevano un sacco di difetti sia perché la mia fotocamera non era buona, ma anche perché mi mancavano importanti conoscenze tecniche. Ma mi iscrissi perché volevo imparare e avevo capito che quel sito mi avrebbe dato una preziosa opportunità di imparare proprio dal confronto con gli altri. Ebbi la fortuna di imbattermi in bravi fotografi che mi mostrarono impietosamente i difetti delle mie foto attraverso una analisi critica precisa. Ovviamente il primo impatto fu doloroso, ma volevo imparare e detti ascolto a quelle critiche e mi misi a studiare sia libri tecnici che le foto dei bravi fotografi presenti nel sito e così feci dei progressi enormi in tempi abbastanza brevi. Fu grazie a quelle critiche dolorose che questi progressi si resero possibili.

Dopo qualche anno il sito subì una lenta ma decisa trasformazione: i migliori fotografi, specialmente quelli che erano stati disponibili a scrivere vere critiche, andarono via. Quelli che rimasero smisero di scrivere critiche negative perché era sia faticoso che irritante doversi scontrare ogni volta con persone che non avevano nessuna intenzione di imparare e che consideravano un atteggiamento arrogante il criticare le proprie foto.

Il sito si trasformò in una specie di circolo "sociale" (scusate dovrei dire "social" per essere alla pari coi tempi, ma mi piace parlare italiano e non l'itanglese che è di moda oggi) che assolveva la funzione molto naturale delle persone di incontrarsi, chiacchierare e soprattutto gratificarsi a vicenda lodando sempre le foto degli altri, anche quelle palesemente orrende, perché in questo modo si riceveva a sua volta una lode alle proprie.

Dato che le foto venivano votate, si rese evidente un fenomeno strano: una quantità di foto mediocri o peggio, totalizzavano un punteggio enorme mentre altre bellissime prendevano votazioni basse. I più svegli scoprirono l'origine di questo fenomeno: il voto di scambio. Io do il massimo dei voti alla tua foto e tu in ritorno fai altrettanto con la mia. C'erano persone che passavano le giornate a votare centinaia se non migliaia di foto e quindi grazie al voto di scambio, ricevevano centinaia di voti per la propria, anche se era un cesso!

Ci fu quasi una sommossa e ovviamente i fotografi seri, quelli che capivano qualcosa di fotografia se ne andarono in massa. Il sito divenne una palude.

Anch'io me ne andai  e provai altri siti. Ma vidi che lo stesso fenomeno si ripeteva anche lì, era qualcosa che faceva parte della natura umana. Col tempo scoprii che i bravi fotografi se n'erano andati in siti più selettivi o esclusivi dove potevano confrontarsi con colleghi più o meno al loro livello. In alcuni di questi addirittura le foto che uno proponeva non venivano pubblicate se una apposita commissione non le giudicava abbastanza buone. Le mie per esempio furono rifiutate (e a ben ragione) in uno di questi siti che era composto da professionisti. Se consideriamo questo secondo la mentalità "politica" prevalente questo modo di fare ci apparirà ingiusto e arrogante. Chi sono queste persone per rifiutare le mie foto? Io ne so quanto loro o più di loro. Ma se ho un briciolo di intelligenza e sono realmente appassionato di fotografia, cioè mi interessa approfondire sempre più questo campo, riconoscerò che questa selezione è necessaria e invitabile. Le persone che non accettano il principio della selezione e quindi la critica negativa sono le persone che non vogliono imparare e in ultima analisi sono persone che non amano quello che fanno. Non c'è vera passione in loro. E quando non c'è passione allora si invoca il "rispetto". Se critichi le mie foto mi stai mancando di rispetto.


Oggi in politica e nella vita sociale vale il principio del relativismo e del buonismo. Ma sì, tutte le foto sono foto, ognuna ha la sua ragion d'essere – cosa che è vera sino ad un certo punto – e ogni artista ha diritto al rispetto, alla nostra considerazione, e quindi si mette al bando ogni giudizio di valore o estetico. Così si crede di fare tutti contenti, di amarsi e tollerarsi a vicenda, e si mette l'intelligenza a dormire assieme a tutto ciò di bello e di vero che c'è al mondo. La vita diventa una palude dove le cose non hanno più alcun senso e gli esseri umani diventano dei "sepolcri imbiancati". Tenetevela questa pseudo vita se vi piace vivere così, ma io non ci sto. Di gente che non vuole crescere e che non ha passione per la vita vera non so che farmene.

Jacopus

Interessante il tuo ultimo intervento Gibran. Ne parlava allo stesso modo, più di un secolo fa, Flaubert in "Bouvard e Pecuchet". Sulla massificazione verso il basso delle società moderne vi è una letteratura infinita, Toqueville ha fatto anche lui delle riflessioni interessanti, in "sulla democrazia in America". Questo per dire che non hai tutti i torti. E' una forma di mimesi se vogliamo: espandere i diritti, perfino il diritto alla felicità, ci rende anche un pò ebeti, al punto da comprimere talvolta il genio che fuoriesce dal gregge mediocre.
Però secondo me agiscono anche altri fattori che andrebbero indagati. Uno è lo scarso senso di sportività degli italiani. Posso anche fare foto sbilenche, ma nella vita non sono solo un fotografo. Posso ammettere anche di perdere nella partita della fotografia e rifarmi in quella del modellismo. 
Un altro è il mai sopito passo dell'oca che risuona sempre nelle nostre menti (anche qui c'è una buona letteratura che mi può sostenere, quindi come dice Renzi, fatevene una ragione). Infatti le critiche secondo me sono costruttive e sono un aspetto fondamentale della libertà di opinione ma dovrebbero essere critiche rispettose e mai giudicanti o altezzose, anche perché in questo modo si crea un muro invalicabile e la critica non cambia il modo di fare fotografie (o di pensare all'islam).
L'immagine della giustizia è quella di una signora muliebre con la spada in una mano e la bilancia nell'altra. E' inevitabile, ma nei rapporti sociali quotidiani usare la spada non è utile, occorre molto di più la bilancia e accettare che qualcuno sia nel piatto di destra, qualcun altro nel piatto di sinistra, e qualcuno fuori dai due piatti e pensare anche che tutti in fondo hanno un pò di ragione.
Mi riconosco molto nelle parole di Paul quando dice di voler comprendere le azioni degli uomini, anche quelle apparentemente crudeli e nefande. Pensate forse che Hitler si ritenesse il più grande criminale della storia? Oppure che i mafiosi credono di essere pessimi elementi?
Anche uno jhadista magari ha il diritto di essere riconvertito, di capire i suoi errori...ma se lo metti con le spalle al muro e lo definisci una volta per tutte, non gli resterà che farsi esplodere ancora.
Insomma si deve criticare, si deve avere una mente libera da pregiudizi, poichè come giustamente noti, altrimenti la storia si fermerebbe, ma si deve fare con gentilezza e fermezza, con curiosità e dall'altra parte occorre un maggior approccio sportivo e accettare le critiche che ci vengono rivolte senza gridare al sacrilegio.
E' un dilemma difficile, anch'io talvolta davanti alla prosopopea infondata di molte persone vagheggio il ritorno ad un'epoca aristocratica, salvo poi ricredermi nel momento in cui rielaboro la società aristocratica come si è manifestata nella storia. E comunque non è volgare anche questo gridare, urlare la propria opposizione, il proprio pensiero "alternativo", mentre il gregge rumina tranquillo?
Una possibile soluzione ci sarebbe anche: quella di rendere il maggior numero di noi sufficientemente abile, colto, informato sui fatti, capace di interpretarli, dotato di un cuore e di una sensibilità affinata con la cultura. Una società aristocratica di massa: un plateale ossimoro che ogni tanto mi visita quando si parla di questo tema.
Siamo andati molto fuori tema. Anzi potrebbe essere un nuovo tema.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Phil

Citazione di: Jacopus il 24 Agosto 2016, 22:11:35 PML'immagine della giustizia è quella di una signora muliebre con la spada in una mano e la bilancia nell'altra. E' inevitabile, ma nei rapporti sociali quotidiani usare la spada non è utile, occorre molto di più la bilancia
Mi piace pensare che quella spada sia impugnata dalla dama per difendersi e per difendere la bilancia, non per attaccare (o almeno non per prima...).

verdeidea

#175
Dice Jacopus: ", Insomma si deve criticare, si deve avere una mente libera da pregiudizi, poichè come giustamente noti, altrimenti la storia si fermerebbe, ma si deve fare con gentilezza e fermezza, con curiosità e dall'altra parte occorre un maggior approccio sportivo e accettare le critiche che ci vengono rivolte senza gridare al sacrilegio."

Caro Jacopus, nonostante apprezzi il tuo elegante e retorico modo di scrivere, a me tutti gli interventi di Gibran sono sembrati gentili e propositivi nonostante abbia discusso con più interlocutori. Ho l'impressione che l'invito ad un maggiore approccio sportivo e all'accettazione delle critiche debba essere rivolto altrove.
La tua prosopopea invece mi piace molto, la trovo divertente e stimolante.

Dice jacopus:    
"Infatti le critiche secondo me sono costruttive e sono un aspetto fondamentale della libertà di opinione ma dovrebbero essere critiche rispettose e mai giudicanti o altezzose..." e ancora....

 "E comunque non è volgare anche questo gridare, urlare la propria opposizione, il proprio pensiero "alternativo", mentre il gregge rumina tranquillo?"

Non so, forse mi sbaglio, perché non voglio proprio credere che una persona che voglia dialogare in un forum come questo non se ne renda conto, ma la diatriba fra te ed Altamarea sul filone "Migranti" (sezione Attualità) per cui hai voluto imperterrito ribattere continuamente ed avere l'ultima parola per affermare il tuo pensiero "alternativo" come fosse Verità assoluta, cos'è? E mio malgrado debbo pure ricordare che in quel caso ti sei espresso anche in maniera offensiva verso l'interlocutore (evidentemente il tuo essere costantemente "sostenuto da una buona letteratura" non riesce a proteggerti dai tonfi), mentre non ho letto nessuna espressione offensiva nel piacevole disquisire di Gibran che non mi sembra abbia "urlato" il proprio pensiero. A me è servito molto leggerlo perché mi ha offerto nuovi spunti di riflessione.

Dice Jacopus: "Siamo andati molto fuori tema. Anzi potrebbe essere un nuovo tema."

Sì, sei andato fuori tema, anche troppo. E se non sbaglio- non mi intendo molto di forum- sarebbe anche non molto gradito il fuori tema. Se ti piace tanto disquisire di spada, bilancia e giustizia apri un tuo filone ed inizia pure la tua prosopopea, se lo troverò interessante vi parteciperò.

Chiedo scusa a Gibran anche per il mio OT.

Gibran

Jacopus,

avrei preferito sentire la tua voce molto prima nel corso di questo dibattito, ma è ovvio che se manca l'interesse verso il tema in discussione questo non può essere forzato. Non posso fare a meno di notare però che l'interesse l'hai trovato ora per difendere i tuoi amici, cosa che parla di per sé e che mi ricorda il soccorso alpino. Spero che la decisione di intervenire l'abbia presa a ragion veduta e cioè dopo una attenta lettura di tutta la nostra discussione dall'inizio alla fine, in modo da formarti una opinione più precisa e obbiettiva sia dei fatti che della mia personalità controversa.

[Cit.] "ma dovrebbero essere critiche rispettose e mai giudicanti o altezzose, anche perché in questo modo si crea un muro invalicabile e la critica non cambia il modo di fare fotografie (o di pensare all'islam)."

Non posso escludere di aver commesso errori nell'esporre le mie idee o nel rispondere a qualcuno, quindi visto che – seppure in modo elegante - hai alluso a mie "critiche irrispettose o altezzose", ti prego di sobbarcarti l'ingrato lavoro di circostanziare l'accusa o l'allusione citando le frasi che secondo te hanno questa caratteristica. Visto che hai evocato l'immagine delle dea giustizia dovresti sapere che il giudice ha il dovere di redigere un atto d'accusa preciso e dettagliato in modo che l'imputato abbia la possibilità di difendersi. E visto che ti sei voluto accollare la parte di avvocato della parte lesa anche in questo caso è un dovere che ti spetta, non solo per correttezza procedurale ma anche per darmi la possibilità di comprendere i miei errori e farne ammenda.

In realtà questo atto sarebbe spettato ai miei passati interlocutori che invece come te si sono limitati a rivolgermi accuse generiche basate secondo me su false impressioni (due esempi eclatanti sono la mia recente conversazione con Sariputra e una vecchia conversazione con donquixote).

Ma se non te la sentissi di andare a spulciare la nostra voluminosa e forse per te noiosa conversazione non ti posso dare tutti i torti e sarei propenso a lascar perdere e a finire questa polemica qui. A questo proposito fammi fare una precisazione:
Per me questa discussione era conclusa da un pezzo. Avevo esposto la mia o le mie tesi, ricevuto contro-tesi e opinioni diverse, notato grosse diversità di mentalità, linguaggio, orizzonti culturali e spirituali e quindi era inutile continuare ad argomentare o contendere.

Quindi è entrata in scena Vedeidea e ho pensato che era educato risponderle. Le cose sarebbero finite lì.  Ma la mia risposta non è stata gradita e quindi ci sono stati ulteriori interventi, segno evidente di una volontà di continuare la tenzone. Ho fatto l'errore di rispondere a Phil, e quindi a Sariputra, credendo in un riavvicinamento possibile, ma non avevo tenuto conto dello stato d'animo degli interlocutori. Lascio a te la bilancia e non la spada per giudicare se – una vola letta la conversazione – questo stato d'animo fosse giustificato.

Infine ho scritto di getto e d'impulso la mia storia "fotografica" contraddicendo la mia precedente decisione di non intervenire più, e che come avrai capito voleva essere un congedo piuttosto brusco e categorico. Sei hai percepito quest'ultimo intervento come arrogante, beh qui devo darti ragione: mi arrogo il diritto di tirarmi fuori da una palude asfittica in modo deciso e irriguardoso. Non mi importa essere giudicato tale da chi vuole restare nella palude. Credo di sapere con "arrogante" certezza quando è il caso di cooperare ed essere elastici e quando invece è il caso di tagliare il nodo di Gordio con la spada.

Forse se fossi intervenuto prima non saremmo giunti a questo punto.

verdeidea

Citazione da Gibran: "Forse se fossi intervenuto prima non saremmo giunti a questo punto."

Forse se fosse intervenuto prima non sarebbe cambiato un bel nulla, caro Gibran.

Sono in questo forum da poco e credo di aver capito la "filosofia" di Jacopus. Non è intervenuto prima perché non avrebbe mai voluto leggere neppure il titolo di questo filone ed è intervenuto alla fine, con quel fare giudicante, da atto finale di un'opera teatrale alla Eduardo De Filippo,  giusto per sigillare la chiusura dell'argomento con un sigillo da radical-chic.

D'altronde il sigillo già posto precedentemente da Paul11: "Ho pensato che questa discussione potesse da una prospettiva religiosa ,ma anche socio culturale , poter dire qualcosa,
Non lo ha detto, pazienza, la vita è fatta di tentativi."
 mi ero presa io  l'ardire di  strapparlo perché mi pareva ingiusto e che fosse stata impedita la conclusione di un pensiero che sembrava filare liscio come l'olio e che, volendo, poteva offrire sì una prospettiva e dire qualcosa di nuovo seppur dirompente.

Mi domando come mai noi tutti, da decenni, siamo bene agguerriti e pronti ad ogni piè sospinto a criticare e rivoltare come un calzino la nostra religione tanto amata, ma anche tanto odiata dagli anticlericali e dai moderni sedicenti atei, per poi chiuderci a riccio, essere presi da un timore nevrotico, da un pudore bigotto non appena si accenna all'islam, "religione" (chiamiamola ancora religione per convenzione) in sostanza molto più assurda e pregna di contraddizioni e di male (e questo nei fatti l'ha dimostrato sempre, non solo oggi). Mah, rimane per me  un mistero se non spiegabile con l'autolesionismo e il masochismo di cui ci siamo ammalati, o meglio, ci hanno fatto ammalare.
Riusciremo a guarire, a salvarci?
Non so, sinceramente mi sembra che la malattia stia ad uno stadio avanzato, che porta al coma e poi eventualmente alla morte. Un po' come un tempo agli ammalati di tifo il medico  diceva: "se passerà la notte, superando la crisi, potrà salvarsi". Il malato grave, il moribondo  in piena crisi e con la febbre molto alta, rivedrà la luce del nuovo giorno?
Qui sono tutti in coma e noi sembriamo due medici rimasti soli nel reparto di rianimazione...  :D

maral

#178
Citazione di: paul11Allora  il problema diventa: è coerente la jihad ,intesa come guerra santa ,da parte di un islamico rispetto al loro testo sacro?
Chi può dircelo? Un jihaddista non avrà dubbi circa la coerenza, un sufi invece dirà che  tradisce completamente lo spirito islamico, dettato dall'amore, un altro ulema musulmano magari spiegherà che la Jihad è una sorta di lotta interiore contro il potenziale infedele che c'è in ogni credente e in tal senso va intesa leggendo i versetti coranici. Purtroppo tutti i testi sacri sono terribilmente ambigui, Bibbia compresa: è in nome della Bibbia che i Cristiani si sono prodigati per secoli nello sterminio del prossimo, è in nome della Bibbia che è stato perpetrato da parte dell'Occidente lo sterminio culturale e fisico (le due cose sono collegate) di intere popolazioni considerate selvaggi da civilizzare o senzadio, seguaci del demonio da sgozzare in massa e a volte, sempre in nome della Bibbia e di Vangeli, quelle popolazioni sono state anche tutelate, soccorse e difese, dipendeva da come si leggevano quei sacri testi e da chi li leggeva. Chissà, forse non è un caso che la parola di Dio, qualsiasi Dio la pronunci, resti sempre un mistero di cui però tutti pensano di avere la sola chiave. D'altra parte non si fa mai così male come quando si è convinti  senza ombra di dubbio, di essere dalla parte del bene
In ogni caso chi, da non islamico, può giudicare del riferimento religioso degli islamici (e di quali islamici poi: i jihaddisti del califfato? i Wahabbiti? i sunniti? gli sciti? i sufi? i curdi? gli ismaeliti? Gli afghani? Boko Haram? l'Aga Khan? Tutta gente che si massacra in nome della corretta lettura del Corano, così volentieri a vicenda, ben più volentieri di quanto non attacchino gli Occidentali - Queste cose anche noi le sappiamo bene: lo abbiamo fatto per secoli con grande gusto, proprio in Europa).

A me non pare per nulla calzante il paragone istituito da Gibran tra il valore di una religione e il giudizio sul valore artistico delle fotografie (anche se pure su quello si potrebbe discutere, al di là delle considerazioni tecniche: una fotografia, come un quadro può essere tecnicamente perfetta senza esprimere assolutamente nulla e quindi non avere alcun valore). Chi è il valutatore del valore di una religione? su quale interpretazione lo applica? Con quale metodologia o competenza? C'è in questo forum un minimo di competenza in merito? Ci sono islamisti competenti qui? e anche se ci fossero cosa darebbe al loro giudizio una qualsiasi validità oggettiva come per la corretta esposizione di una foto? Da quali altari pronunciamo i nostri giudizi perché siano qualcosa di più che banalissime e personalissime opinioni dettate da pregiudizi più o meno giustificabili?
La religione di per sé non è semplicemente un'etica, non trovo lecito valutarla nemmeno dal punto di vista morale, ma anche se così facessimo a quale comandamento morale assoluto potremmo fare riferimento? Forse possiamo, da un punto di vista laico spassionato, considerare le religioni nel loro aspetto di fenomeni sociali, valutarle pragmaticamente in base a come socialmente funzionano, ma allora l'Islam, nel suo complesso, non solo è una religione, ma è una grande religione, un enorme fenomeno culturale e sociale e tale si conserva ormai ben di più dello stesso cristianesimo, sempre più soppiantato, nei paesi in cui si è originariamente sviluppato, suddiviso e moltiplicato, dalla visione tecnico economica dell'esistenza. L'Islam coniuga ancora il mondo all'assoluto, proprio come vorrebbe Gilbran, solo che quell'assoluto non è il suo assoluto (come sempre succede quando si pretendono assoluti riferimenti, si incontra quello che non li ha e ne ha di diversi).
L'Islam soprattutto, che lo si voglia o meno, è oggi il fenomeno culturale dei paesi più poveri del mondo (e lo sta diventando anche nelle periferie delle città più ricche dell'Occidente, tra gli immigrati di seconda o terza generazione, i giovani che si speravano assimilati tra la delinquenza giovanile occidentale, quelli che manco si sognavano di andare più in moschea e conducevano una vita tutt'altro che islamico conforme), è la bandiera delle masse più povere del pianeta da quando quella rossa resta ammainata. A noi gli islamici disturbano e danno fastidio tutti quanti forse proprio per questo spiega il perché, ma non ha nulla a che vedere con la validità religiosa della loro multiforme religione.

Fharenight

Eh sì, purtroppo per quanti ragionamenti vogliamo proporre, gira e rigira, l'autolesionismo di noi occidentali viene sempre a galla, non c'è niente da fare; è un fattore psicologico inconscio formatosi in 70 anni dal dopoguerra. E' assurdo non sapere o on voler distinguere le guerre volute dall'Occidente cristiano dall'ideologia islamica.
Per fortuna non siamo tutti autolesionisti.


Perché gli islamisti ci odiano così tanto? Qualsiasi cosa l'occidente abbia fatto al mondo arabo-islamico nei passati 200 anni non giustifica l'odio nei nostri confronti. Per l'islamista la nostra sola esistenza è fonte di odio. Vedendoci come suoi nemici ci costringe a vederlo come nostro nemico, ma qui sta il problema, in quanto noi occidentali e in particolare noi europei, non siamo più abituati a ragionare con la categoria "nemico". E allora chi vuole la nostra distruzione non è un "nemico", ma un amico di cui non ci siamo preoccupati a sufficienza e se ce l'ha con noi avrà i suoi motivi, razionali.
Se può essere vero che l'islam è una religione con grandi differenze regionali, il nocciolo essenziale rimane lo stesso, ovvero Maometto è l'ultimo profeta di Dio e il messaggio trasmessogli nel Corano è l'unica verità rivelata. Il sistema valoriale islamico si fonda su tre forme di disparità che hanno forgiato e forgiamo ancora adesso la cultura musulmana: il fedele è superiore all'infedele, il padrone allo schiavo, l'uomo alla donna. Derivate dal codice dell'Arabia di 14 secoli fa si contrappongono alla democrazia e alla tolleranza, metterle in discussione vuol dire mettere in discussione l'essenza stessa dell'islam, quindi democrazia e islam non sono congruenti, salvo modificare l'essenza del secondo in modo che aderisca al primo.
Maometto era maschio, dominatore, fedele ad Allah. Il potere schiacciante del primo islam in vari campi era la prova della superiorità del messaggio contenuto nell'islam. Come si spiega allora agli occhi di un islamista la superiorità economica, militare, tecnologica odierna dell'occidente miscredente? Semplice, tutto ciò è dovuto al fatto che i musulmani si sono allontanati dalla forma pura e tradizionale dell'islam e l'infedele ha sfruttato la scarsa religiosità dei musulmani. Ma perché è scomparsa la forma pura dell'islam predominante ai tempi di Maometto? Come può una forma superiore soccombere a una inferiore? Gli arabi rispondono con la teoria del complotto. La storia dell'islam è piena di congiure e complotti. E' la stessa spiegazione che danno anche oggi: sono gli americani e il Mossad israeliano a compiere gli attentati per poi incolpare l'islam ed avere così la motivazione per perseguitarlo. A questo risentimento aggiungete Israele, ovvero un pugno di ebrei, persone di serie "B" agli occhi di un islamista in quanto hanno rifiutato il messaggio di Maometto, che è riuscito nel 1948 a sconfiggere gli eserciti arabi. Era, ed è ancora oggi, inconcepibile che Israele abbia potuto vincere senza l'intervento di forze diaboliche; infatti non a caso Khomeini descriveva l'America come il grande satana e Israele come il piccolo satana.
L'occidente ha il potere, ma la parità tra uomo e donna, l'essersi lasciato andare ai piaceri profani e la scarsa devozione a Dio l'ha corrotto e indebolito. L'occidente tenta anche di sedurre diabolicamente il fedele musulmano, vuole spingerlo a diventare come lui, un apostata, un debole, un decadente. Un peccato, l'apostasia, capitale nella cultura islamica: ecco perché l'occidente è il "nemico". La cura dunque è più islam, e di quello puro, non meno islam o islam "moderato", un ossimoro, una categoria inventata dall'ottimistico occidente.
L'uomo occidentale ha dimentico che esiste una categoria che si chiama "nemico", l'uomo islamico no, il suo odio è più antico dell'impegno americano in medio oriente o della nascita di Israele, il suo odio si fonda su concetti islamici classici. Sempre citando Harris, ci sono due modi con cui le persone reagiscono al pericolo di essere viste come nemico: accettare l'ostilità e comportarsi di conseguenza, oppure negare. Ci sono infatti molti in Europa e in America convinti che siano state le nostre azioni passate a scatenate il loro odio, dunque un po' ce lo meritiamo, quindi basta cambiare il modo di agire per non essere più odiati dal mondo islamico. Altri invece, ritengono che i problemi che affliggono il mondo arabo sono solo in minima parte riconducibili ai misfatti occidentali avendo a che fare con circostanze specificatamente arabo-islamiche. Questi ultimi riconoscono nell'odio islamico una forma contemporanea di un qualcosa per il quale non esiste altra definizione se non quella del "male", concetto comprensibile sia per i credenti che per gli atei (come definire gli assassini di massa del secolo scorso del nazismo e del comunismo se non come "male"?).
Molti ottimisti moderni dopo aver sotterrato per sempre il concetto di "nemico" che tanti danni ha prodotto in passato (guerre di religione che hanno devastato l'Europa, dopo l'illuminismo, dopo la rivoluzione francese, dopo due guerre mondiali) non sono disposti a dissotterrare nuovamente questo concetto e spiegano il mondo con categorie storico-politiche e socioeconomiche, ovvero ragionevoli; per lui è impensabile che la molla che spinge il nemico all'odio e all'azione sia l'irrazionalità, o se volete parafrasando la Arendt, la banalità del male, il male in quanto tale. Beh, forse è proprio vera l'espressione secondo la quale "il nemico non si può comprendere". Piaccia o meno, un nuovo pensiero insopportabile si affaccia: noi occidentali abbiamo un nemico, vuole la nostra rovina, la nostra fine. Dopo le catastrofi del XX secolo è risorta una nuova ideologia che mira al potere mondiale e che per ottenerlo è disposta a distruggere tutto quello che l'occidente, con sforzi secolari, ha prodotto. Ed è allarmante vedere che l'occidente non riesce a trovare un accordo sul tipo di pericolo che ciò rappresenta. Noi pensiamo in termini di pensione, loro di secoli e secoli: quali figli domineranno la terra? Il culto del dubbio può condurre all'autodistruzione. Nella guerra tra fanatici e dubitaristi chi credete che vincerà? Consiglio per la lettura: Lee Harris, "The suicide of reason".

Lee Harris, "Il suicidio della ragione".


L'islam non è una religione. Perlomeno non lo è in confronto con le altre religioni monoteiste. Non lo è in rapporto all'originario significato di "religione" e alla sua intrinseca utilità per l'intera umanità.
Al massimo potrebbe essere definita "una ideologia politica totalitaria e totalizzante, prepotente, violenta e repressiva che si serve della religione per meglio soggiogare i popoli, prendendo spunto dalle religioni monoteiste che l'hanno preceduta".