Non chiamatela religione

Aperto da Gibran, 14 Giugno 2016, 09:54:39 AM

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paul11

Phil,
grazie

Gibran
siamo tutti sulla stessa barca perchè ci accomuna il fatto che siamo al mondo e siamo simili e utilizziamo simili linguaggi,
abbiamo bisogni e necessità e anche possibilità.

L'uomo ha qualità astratte, ovvero può costruire immagini nate dalla realtà, ma non per questo la realtà.
Il fatto che pensiamo temporalmente al passato, all'oggi al futuro ci pone in una prospettiva di  di senso, di progettazione.
E adatto che noi siamo oltre al fatto naturale e reale in quanto diamo significati, quegli stessi significati entrano nella possibilità di tracciare astrattamente un collegamento che le relazioni, che dia appunto un senso alla nostra esistenza.

Una chiave interpretativa per cui gli antichi e in questo mi ricollego ai libri vedici indiani, cercassero nella natura ,una lettura
sui movimenti precessionali della Terra e in relazione ai movimenti dei corpi celesti,  il tutto ricondotto a dei tempi cosmologici,
potrebbe portare all'idea che cercassero di sapere quando potessero accadere eventi naturali disastrosi, ma anche gli stessi comportamenti umani, vale adire che in certi yuga l'uomo decade (come l'attuale kaliyuga) e altri costruisce società esaltanti,più felici,più armonici.
Oggi la predittiivtà è scientifica e le religioni hanno creato escatologie, segni che dovrebbero apparire con significati.

Personalmente penso che la sicurezza non esiste, in questo stesso forum ,a volte ho scritto che noi siamo su palafitte le cui fondamenta sono su paludi.Quindi trovo illusoria mentalmente la sicurezza, prima ancora che determinata nel sociale o nel religioso.
La religione può dare conforto o consolazione, ma non sicurezza.
Altrettanto penso che questo concetto di sicurezza sia stata manipolata per tener buona la gente come dire "sei al sicuro, stai pure tranquillo e buono...." la vita invece è previsto e imprevisto, conosciuto e ignoto e va affrontata con coraggio,se vogliamo vivere la vita.
Molti fedeli invece cercano il rifugio, quella sicurezza ,non accorgendosi che intrappolano la loro vita, che è un percorso prima di tutto individuale e poi sociale e in comunanza.La vita è imparare a cadere e rialzarsi, farsi domande, cercare risposte nei sensi e significati, analizzando se stessi, il mondo e la propria idea di senso; correggendo gli errori, perchè siamo quì anche per imparare.
Troppi si costruiscono idee che ritengono perfette, e poi cadono nella quotidianità della vita in controsenso,contraddicendo la propria immagine astratta con l'azione quotidiana.
Nel vecchio forum a volte mi sono descritto come "Io sono Nessuno e con una lampara vado per il mare della conoscenza esercitando il dubbio".Perchè il dubbio è sapersi mettere in gioco continuamente, è chiedersi se il senso che abbiamo costruito è corretto, è incontrare nuovi linguaggi con segni, simboli e significati che a volte scompigliano.
Molti pensano che questa modalità di pensarsi e pensare il mondo non ha nulla a che fare con la religione
intesa come  rapporto fra verità e cieca fede, ma io vivo invece quelle parole nei testi sacri e le rendo vive con me , e imparo e mi chiedo la coerenza con umiltà di un comune peccatore  e intanto miglioro (spero).

La fede è un linguaggio che non appartiene alla sola ragione, c'è sentimento, c'è psiche e soprattutto spiritualità.Ci possono aiutare  a capire altri, maestri, insegnanti, ma siamo solo noi a poter cercare di leggere dentro di noi i significati i messaggi che la ragione cerca nei significati, i sentimenti con le emozioni, la psiche con i simboli, la spiritualità con Dio.Il modo con cui noi singoli individui ci riconosciamo è un percorso individuale che è dentro un canone della tradizione di una religione, che io intendo come il camminare dentro dei limiti che quella religione ha definito, e sono soprattutto etici e morali. Per cui se ne il mio cammino trovo qualunque persona che cammina dentro quei limiti io non mi chiedo e non gli chiedo se sia cristiano, religioso, ateo o agnostico, io mi riconosco in lui e lui si riconosce in me e allora si apre un mondo di comunicazione, di condivisione, di fratellanza.

Nessuno conosce la verità assoluta, ovvero non può essere assolutamente certo nemmeno di Dio.
Ma se sono riuscito a comunicare la modalità del dubbio, dell'imparare, del cadere negli errori e dall'imparare dai propri errori, Dio
è un idea di un origine del Tutto, fisica e spirituale, cosmologica e cosmogonica, dalla quale tutti noi compreso il verme della terra , la balenottera azzurra e noi stessi eravamo in quell'origine e questo costruisce un'idea di senso del tutto, per cui la mia stessa esistenza, come di tutti ha un senso nella terra come nel cielo,Io non divido il mondo dal cielo, il dominio della natura da quello dello spirito, perchè sono uniti da un origine ed entrambi hanno un senso che solo la nostra vita può cercare di dare.
ma sono consapevole che quella verità io non lo troverò in questa vita, quì io cerco l'armonia, l'equilibrio, la felicità intesa non come oggetto materiale, ma come amore nel saper ricevere e dare consolazione, comprensione, comunicazione sincera ed onesta.

Penso che lo stato interno del proprio essere se vogliamo possiamo saperlo, è quel "sentire" che è indefinibile nel linguaggio, forse solo l'arte può darlo, è il senso della bellezza, dell'armonia, dell'equilibrio per cui noi senza averla  nemmeno cercata, in un attimo di una giornata ci sentiamo improvvisamente e immotivatamente felici,. tanto da commuoverci Questo è lo stato che cerco, ma non è la sola ragione a determinarlo, c'è davvero il tutto noi stessi in quel momento.

Penso che il testo sacro inizialmente rappresenti una codificazione di un spiritualità ,ma che originariamente era la tradizione di conoscenze antiche trasmesse oralmente e poi divenute scrittura.
Se si studia attentamente Genesi e si legge un libro biblico più vicino a noi, mutano completamente i linguaggi, perchè inizialmente la codificazione è davvero nel segno-simbolo-significato, il linguaggio è più criptico ed ermetico, poi diventerà con i libri successivi più descrittivo.Non è voluto, perchè Genesi proprio perchè è simile a quella sumerica, arriva da lontanissimo oralmente,
Qualunque testo sacro antico ,compreso le tradizioni orientali, sono fortemente criptici agli inizi, poi i vari libri diventano descrittivi.

Ancora devo dire ciò che a suo tempo scrissi, io non leggo l'autografo di Dio nei testi, io leggo trascrizioni umane, non li ha certificati Dio, li hanno interpretati uomini.magari ispirati da Dio, sicuramente i più saggi e sapienti  o a volte dei semplici cronicisti storici in alcuni libri descrittivi di storia e poco spirituali.

I bambini prendono quello che gli piace di un testo, se li leggiamo e interpretiamo dobbiamo avere il coraggio di notare, incongruenze, a volte addirittura contraddizioni, con un messaggio originario ,ma che nei tempi autori diversi reinterpretano con significati diversi. Allora bisogna capire chi e come lo ha scritto e perchè. Se rientra in un senso spirituale che sarà poi il canone di una tradizione religiosa.
Ritengo abbastanza ingenuo e fanciullesco da parte di molti credenti o non credenti, pensare che in quei testi tutto fili così liscio senza incongruenze, senza violenze, e così via. Allora saremmo tuti credenti e obbedienti . non sarebbe solo una rivelazione, sarebbe una certificazione inoppugnabile  di una verità assoluta certa di un Dio accertato.
E cosa allora ci faremmo quì. e ora  nel mondo?Questa è la risposta che mi sono dato.Noi siamo interpreti di un'esitenza fisica dentro uno spazio-tempo sta  noi cercare significati e sensi ,nel rapporto dei significati che troviamo nella nostra vita e saperli collimare con quel testo sacro.Ecco perchè la mia inquietudine è come una pallina da flipper che sbatte fra una realtà fisica e naturale dettata dalle condizioni della vita, e una vita spirituale la cui sponda è la signifcazione una verità rivelata che non devo prendere come assolta, ma devo saperla  leggere e interpretarla.Sono quì a esperire, a fare esperienza e imparare, il dificile è capire i miei errori  e continuamente reinterpretarli, e questo lo posso fare nella relazione fra il dentro di me e il fuori di me.

Le definizinoi separano un oggetto fisico o astratto da un Tutto.Certo che le mie ascendenze sono cattoliche cristiane, ma sono un cittadino del mondo e dell'universo prima di tutto perchè Dio è unico e non suddiviso in parti.

Se leggi attentamente quello che ho scritto sulle religioni, capirei che i tempi storici  e le evoluzioni delle civiltà umane fanno sì che i testi sacri siano prima di tutto tramandazione di una tradizione, spiritualità e codificazione di una religione in cui i concetti spirituali si mischiano sincreticamente in una identità di popolo.La prima religione è ebraica. Il messaggio cristiano si rifà a quella tradizione, ma la rivoluziona.L'Islam è prettamente identificativo di una nazione e meno  spirituale, si rifà troppo ai due monoteismi precedenti per potersi definire originario. E' troppo tardo temporalmente per non creare dubbi storici sul perchè sia nato.


Il canone cristiano cattolico, ortodosso, protestante, o quello ebreo sceglie i testi che rientrano in una idea di senso spirituale comune, se non lo sono sono apocrifi. Io direi di leggerli comunque, ma troppi non capendo il messaggio o speculano o alimentano solo polemiche denigrative e non critiche costruttive.

Io non so il  luogo della verità, se è sopra o sotto, vuoto o pieno, destra o sinistra, e allora divento Nessuno che con una lampara circumnaviga i territori conosciuti e sconosciuti mutando le prospettive del mondo compreso mappe ignote.
E di nuovo imparo territori prima a me sconosciuti e di nuovo cerco di riallineare nuovi significati ad una idea di senso comune che li unisca in un  Tutto e di nuovo so per certo che prenderò nuove rotte con una sola lampara a illuminare l'ignoto.

Se hai capito quello che ho scritto il cristianesimo fai da te è già in atto negli individui, ma non in me.
Fin quando mi sento dentro un limite di un canone come ragione come sentimento come spiritualità sento di farne parte.
Ma non dimenticare il libero arbitrio, perchè la ricerca è personale e il giudizio non è per comitive last minut, ma è individuale .

Un Dio dispotico presuppone delle marionette senza libero arbitrio.
Non esiste nel cristianesimo un Dio di questo genere.

Guardi che mistici, santi e così via, spesso sono stati tormentati, a volte come S, Francesco addirittura invisi dal potere della istituzione chiesa.Noi non nasciamo, "imparati",  dobbiamo imparare a conoscere.

Phil

Citazione di: Gibran il 25 Giugno 2016, 10:40:41 AMLa domanda quindi è: da dove scaturisce il linguaggio? Le parole?
Non basterebbe una tesi di laurea per rispondere!
Così, "su due piedi" (o meglio, su due natiche, visto che sono seduto!) direi che ci sono alcune risposte complementari per quel "da dove":
- c'è l'ancoraggio neurofisiologico del linguaggio, che è in quelle specifiche aree del cervello che si occupano di elaborarne il funzionamento...
- c'è la sua radice comportamentale, che si basa sull'istinto di comunicare con i simili...
- c'è l'ambiente socio-antropologico circostante, che educa e sprona sin dall'infanzia all'uso del linguaggio, o meglio, della lingua di quella società (forse è infatti il caso di chiarire se parliamo di "linguaggio" in generale o di "lingua", e suppongo che la tua domanda, alla luce della discussione precedente, si riferisse alla "lingua"...).

In breve, direi che la "trinità" cervello/istinto/habitat fornisce le coordinate principali per individuare da dove scaturisca il linguaggio (ma forse si possono aggiungere altre fonti...).
Le parole, credo, non sono altro che i "mattoni" dell'architettura linguistica, e sul loro funzionamento sono già stato abbastanza noioso postando triangoli e teorie semiologiche...

Gibran

Paul,

mi trovo costretto ad essere ancora una volta sibillino e criptico in queste mie risposte perché vorrei attirare la tua/vostra attenzione su come il linguaggio possa ingannare e in realtà impedire una vera comunicazione. Ti chiederei quindi di rispondermi passo per passo onde arrivare ad scoprire ciò che è implicito nelle parole che usi.

Citazione di: paul11 il 25 Giugno 2016, 14:38:01 PM

siamo tutti sulla stessa barca perchè ci accomuna il fatto che siamo al mondo e siamo simili e utilizziamo simili linguaggi,
abbiamo bisogni e necessità e anche possibilità.

L'uomo ha qualità astratte, ovvero può costruire immagini nate dalla realtà, ma non per questo la realtà.
Il fatto che pensiamo temporalmente al passato, all'oggi al futuro ci pone in una prospettiva di  di senso, di progettazione."

Ben detto, era proprio dove volevo arrivare. Ma io non mi fermerei qua, esplorerei invece quel "l'uomo ha qualità astratte" e "il fatto che pensiamo temporalmente al passato". Qui c'è il nocciolo di ciò a cui voglio arrivare... ma ci arriveremo più sotto.

Citazione di: paul11 il 25 Giugno 2016, 14:38:01 PM
E adatto che noi siamo oltre al fatto naturale e reale in quanto diamo significati, quegli stessi significati entrano nella possibilità di tracciare astrattamente un collegamento che le relazioni, che dia appunto un senso alla nostra esistenza.

Cosa ti dice che siamo "oltre al fatto naturale e reale in quanto diamo significati". Per te un significato e tracciare un collegamento, sono qualità "soprannaturali"?

Citazione di: paul11 il 25 Giugno 2016, 14:38:01 PMPersonalmente penso che la sicurezza non esiste, in questo stesso forum ,a volte ho scritto che noi siamo su palafitte le cui fondamenta sono su paludi.Quindi trovo illusoria mentalmente la sicurezza, prima ancora che determinata nel sociale o nel religioso.
La religione può dare conforto o consolazione, ma non sicurezza.

Esatto, anche questo è ciò che io intendevo.

Citazione di: paul11 il 25 Giugno 2016, 14:38:01 PMTroppi si costruiscono idee che ritengono perfette, e poi cadono nella quotidianità della vita in controsenso,contraddicendo la propria immagine astratta con l'azione quotidiana.

"contraddicendo la propria immagine astratta". Hummm, un altro indizio importante del tuo pensiero, ora capisco perché non hai capito il mio discorso sulle immagini. E avevo ragione a dire che parliamo due lingue diverse. Tu dai alla parola immagine un significato (e significanza) completamente diverso da quello che gli do io e che possiamo trovare nel dizionario. Quindi ti chiedo cosa è per te una immagine?

Citazione di: paul11 il 25 Giugno 2016, 14:38:01 PMNel vecchio forum a volte mi sono descritto come "Io sono Nessuno e con una lampara vado per il mare della conoscenza esercitando il dubbio".Perchè il dubbio è sapersi mettere in gioco continuamente, è chiedersi se il senso che abbiamo costruito è corretto, è incontrare nuovi linguaggi con segni, simboli e significati che a volte scompigliano.

"incontrare nuovi linguaggi". Anche qui mi chiedo se diamo a questa parola lo stesso significato.

Citazione di: paul11 il 25 Giugno 2016, 14:38:01 PMMolti pensano che questa modalità di pensarsi e pensare il mondo non ha nulla a che fare con la religione
intesa come  rapporto fra verità e cieca fede, ma io vivo invece quelle parole nei testi sacri e le rendo vive con me , e imparo e mi chiedo la coerenza con umiltà di un comune peccatore  e intanto miglioro (spero).

Un'altra necessità di chiarimento linguistico: quando dici: "io vivo invece quelle parole nei testi sacri e le rendo vive con me", cosa intendi in pratica? Puoi spiegarlo in parole povere?

Citazione di: paul11 il 25 Giugno 2016, 14:38:01 PMLa fede è un linguaggio che non appartiene alla sola ragione, c'è sentimento, c'è psiche e soprattutto spiritualità. [...]

Anche qua, in tutto questo paragrafo è evidente per me che tu usi un tuo vocabolario (lecito e giustificato secondo il senso comune) ma che io non condivido. Per me nella fede non c'è alcuna spiritualità ma solo un processo psicologico, e la psiche è un processo materiale.

Citazione di: paul11 il 25 Giugno 2016, 14:38:01 PMIl modo con cui noi singoli individui ci riconosciamo è un percorso individuale che è dentro un canone della tradizione di una religione, che io intendo come il camminare dentro dei limiti che quella religione ha definito, e sono soprattutto etici e morali. Per cui se ne il mio cammino trovo qualunque persona che cammina dentro quei limiti io non mi chiedo e non gli chiedo se sia cristiano, religioso, ateo o agnostico, io mi riconosco in lui e lui si riconosce in me e allora si apre un mondo di comunicazione, di condivisione, di fratellanza.

"entro i limiti che quella religione ha definito" ma quali sono questi limiti? Ogni setta o corrente religiosa ha limiti diversi, e religioni diverse hanno limiti altrettanto diversi. Inoltre parli di morale, se – come hai fatto nel tuo intervento precedente – non credi nella interpretazione canonica dei testi sacri – nella figura di Yahweh così come viene presentata dagli antichi testi, allora da dove scaturisce questa tua morale?

Citazione di: paul11 il 25 Giugno 2016, 14:38:01 PMDio  è un idea di un origine del Tutto, fisica e spirituale, cosmologica e cosmogonica, dalla quale tutti noi compreso il verme della terra , la balenottera azzurra e noi stessi eravamo in quell'origine e questo costruisce un'idea di senso del tutto, per cui la mia stessa esistenza, come di tutti ha un senso nella terra come nel cielo,

"Dio è un'idea" per favore fermati qua e dimmi cosa intendi tu per idea.

Citazione di: paul11 il 25 Giugno 2016, 14:38:01 PMma sono consapevole che quella verità io non lo troverò in questa vita, quì io cerco l'armonia, l'equilibrio, la felicità intesa non come oggetto materiale, ma come amore nel saper ricevere e dare consolazione, comprensione, comunicazione sincera ed onesta.

Con quale strumento pensi di poter trovare l'armonia? Con il conformarsi a delle idee o immagini?

Citazione di: paul11 il 25 Giugno 2016, 14:38:01 PMPenso che il testo sacro inizialmente rappresenti una codificazione di un spiritualità ,[...]

Qui capisco ogni singola parola o frase, ma non capisco a che scopo hai introdotto questo discorso.

Citazione di: paul11 il 25 Giugno 2016, 14:38:01 PMAncora devo dire ciò che a suo tempo scrissi, io non leggo l'autografo di Dio nei testi, io leggo trascrizioni umane, non li ha certificati Dio, li hanno interpretati uomini.magari ispirati da Dio, sicuramente i più saggi e sapienti  o a volte dei semplici cronicisti storici in alcuni libri descrittivi di storia e poco spirituali.

Lo vedi che con questo confermi quello che io ho detto?  Tu non sei un credente. Ti sei espresso male, avresti dovuto dire: "Sono un cristiano non credente", ci saremmo capiti meglio.

Citazione di: paul11 il 25 Giugno 2016, 14:38:01 PMI bambini prendono quello che gli piace di un testo, se li leggiamo e interpretiamo dobbiamo avere il coraggio di notare, incongruenze, a volte addirittura contraddizioni, con un messaggio originario ,ma che nei tempi autori diversi reinterpretano con significati diversi. Allora bisogna capire chi e come lo ha scritto e perchè. Se rientra in un senso spirituale che sarà poi il canone di una tradizione religiosa.

Cioè stai dicendo che tu sei per una "religione fai da te". Nel medioevo ti avrebbero mandato al rogo, e se lo vai a dire ai talebani faresti la stessa fine, (:-

Citazione di: paul11 il 25 Giugno 2016, 14:38:01 PME cosa allora ci faremmo quì. e ora  nel mondo?

Ben detto, me lo chiedo anch'io.

Citazione di: paul11 il 25 Giugno 2016, 14:38:01 PMQuesta è la risposta che mi sono dato.Noi siamo interpreti di un'esitenza fisica dentro uno spazio-tempo sta  noi cercare significati e sensi ,nel rapporto dei significati che troviamo nella nostra vita e saperli collimare con quel testo sacro.

Perché dovremmo farli collimare con "quel testo sacro", forse proprio perché lo consideri "sacro"?  Non ti basta trovare significati nella vita?  E perché consideri "sacro" un testo, una scrittura?

Citazione di: paul11 il 25 Giugno 2016, 14:38:01 PMSe hai capito quello che ho scritto il cristianesimo fai da te è già in atto negli individui, ma non in me.

Scusa se insisto ma tutto quello che dici non è altro che una formulazione di un cristianesimo fai da te, dato che ti arroghi il diritto di scavare significati, distillarli, come hai detto, nei testi antichi. Nota che io non sto dicendo che non lo debba fare, ti sto solo facendo notare che così facendo tu ti poni al di fuori di ciò che è una religione istituzionalizzata che si basa sul principio di autorità e non su quello del discernimento personale di ciò che è vero e di ciò che non lo è come tu invece ampiamente fai. Personalmente ritengo che la tua scelta sia molto più religiosa e sensata ma tu ed io non passeremo l'esame di catechismo.

Ti voglio fare un esempio che servirà a tutti quelli che leggono a capire meglio.

Tempo fa la redazione del Corriere aveva organizzato una conferenza/dibattito in una scuola superiore di Milano, sul tema dello scontro tra sunniti e sciiti e quindi la sua relazione col terrorismo, presentando un libro inchiesta scritto da un giornalista di quella testata. Alla conferenza erano presenti diversi studenti musulmani che frequentavano quella scuola. Quando il giornalista finì di esporre le sue idee e l'analisi del conflitto, una ragazzina musulmana si alzò in piedi ed esclamò: " Non avete capito nulla, se voglio sapere qualcosa su questo problema di sunniti e sciiti devo andare a chiederlo al gran iman di... (non ricordo più quale)", i suoi correligionari applaudirono, si alzarono in piedi e se ne andarono.

La ragazza aveva perfettamente ragione. Ad un fedele non vien chiesto di ragionare con la sua testa ma solo di accettare quello che l'autorità religiosa in cui uno crede dice e quindi obbedire. Fede e obbedienza sono strettamente connessi. Se incominci a ragionare ti stai automaticamente allontanando dalla fede. E questo spiega perché quando sono arrivati in Italia i primi (o i secondi) musulmani molti preti cattolici simpatizzavano con loro. Vedevano in essi ciò che loro avevano perduto: la fede. Ricordo, credo sempre sul Corriere, che un prete aveva esclamato in una intervista: "lì invidio per la loro fede e dovremo prendere esempio da loro".




Gibran

Citazione di: Phil il 25 Giugno 2016, 16:29:49 PM
Citazione di: Gibran il 25 Giugno 2016, 10:40:41 AMLa domanda quindi è: da dove scaturisce il linguaggio? Le parole?
Non basterebbe una tesi di laurea per rispondere!
Così, "su due piedi" (o meglio, su due natiche, visto che sono seduto!) direi che ci sono alcune risposte complementari per quel "da dove":
- c'è l'ancoraggio neurofisiologico del linguaggio, che è in quelle specifiche aree del cervello che si occupano di elaborarne il funzionamento...
- c'è la sua radice comportamentale, che si basa sull'istinto di comunicare con i simili...
- c'è l'ambiente socio-antropologico circostante, che educa e sprona sin dall'infanzia all'uso del linguaggio, o meglio, della lingua di quella società (forse è infatti il caso di chiarire se parliamo di "linguaggio" in generale o di "lingua", e suppongo che la tua domanda, alla luce della discussione precedente, si riferisse alla "lingua"...).

In breve, direi che la "trinità" cervello/istinto/habitat fornisce le coordinate principali per individuare da dove scaturisca il linguaggio (ma forse si possono aggiungere altre fonti...).
Le parole, credo, non sono altro che i "mattoni" dell'architettura linguistica, e sul loro funzionamento sono già stato abbastanza noioso postando triangoli e teorie semiologiche...

Phil,

invidio la tua cultura e le tue capacità espositive. Non sarei riuscito a dirlo meglio.

Ma per i nostri fini possiamo benissimo restringere le fonti e semplificare la risposta. In ultima analisi la lingua, il linguaggio, le parole, come le immagini, i concetti, le idee, gli idoli (o se preferisci gli dei), le ideologie, e molto altro ancora, provengono dalla memoria (che tu chiami  l'ancoraggio neurofisiologico, ). La memoria è la chiave per capire tutto il mio discorso. E noi crediamo che la memoria sia qualcosa di "sacro" (vedi discorso sulle immagini che fa Paul). Ma la memoria come tu hai detto è un processo squisitamente materiale (sento già qualcuno che frigge... (:-) e non ha nulla di spirituale o di sacro. La memoria è la semplice registrazione nelle cellule nervose di una parte del cervello di ogni evento che abbiamo vissuto e di ogni cosa che abbiamo imparato dalla vita o dagli altri. E a partire da questa memoria accumulata in noi, pensiamo, parliamo, agiamo, speriamo, soffriamo o godiamo, e tant'altro ancora. E' tutto solo un processo meccanico, una meccanica raffinata e molto utile che ci ha permesso di fare enormi progressi nel campo tecnico ma che non potrà mai risolvere le nostre angosce esistenziali o la nostra sete di conoscenza di una dimensione come il sacro che è sempre nuova e mai registrabile nella memoria. Quando dico "conosco Mario" sto dicendo che la memoria di Mario è registrata nel mio cervello. Tutta la conoscenza, compresa quella che "il senso comune" chiama "sacra" non è altro che memoria. Quindi non ci può essere conoscenza di Dio dato che Dio non è una esperienza "registrabile".

Se capiamo questo allora stare a occuparci di distillare le "sacre" scritture non ha più senso. E non possiamo parlare di Dio dato che tutto ciò di cui possiamo parlare è solo conoscenza precedentemente accumulata. (E questo spiega perché Buddha si rifiutò di parlare di Dio). Quindi come vedi ora puoi capire pienamente il perché dicevo che il linguaggio è inadeguato a comunicare qualcosa di realmente nuovo e che supera le basi del pensiero stesso. Il pensiero per sua natura è sempre vecchio (anche se a noi piace credere di avere "nuove idee". Detto in parole povere, ai fini dell'indagine spirituale, la memoria e quindi la conoscenza è una prigione. Ci gireremo intorno all'infinito senza mai trovare quello che cerchiamo, proprio come il cane che insegue la propria coda.

E per oggi mi fermo qui  e mi godo le vostre reazioni (:-)

paul11

Gibran,
tu giudichi?
In base  a cosa,alla tua forma mentis, dei tuoi schemi mentali?
E' ridicola la tua idea di religione, è da scuole elementari perchè a tua volta vedi quello che ci vuoi vedere e perdi tutto il concetto di senso, tu non capirai mai così nessuna religione ,ma soprattutto nessun fedele che ci crede.E franacamente mi spiace.
E' inutile discutervi oltre.
Se ti interessa il rapporto cervello mente, la coscienza, la filosofia del linguaggio con l'analitica e altre cose
attinenti parliamone nel forum filosofia

Non ti rendi conto che le parole i numeri sono immagini mentali su cui la cultura umana vi ha costruito?
L'arte cos'è per te, un dipinto è crema colorata e la musica strani suoni in successione temporal

Gibran

Citazione di: paul11 il 25 Giugno 2016, 18:40:43 PM
Gibran,
tu giudichi?
In base  a cosa,alla tua forma mentis, dei tuoi schemi mentali?

Lo sapevo che qualcuno si sarebbe rigirato nella sedia... (:-)

Giudico cosa?

Paul,

Come dici tu: "è inutile discutervi oltre". Io volevo rinunciarvi un bel po' di tempo fa ma mi avete convinto a continuare...

Allora dò un'ultima spiegazione, dopo la quale getto la spugna:

Siamo in campagna. Io ti dico: dietro quella collina c'è un lago.
Tu mi rispondi: no, non ci può essere dato che la guida che io ho non ne fa menzione.
Oppure, dimostrami che il lago c'è.

Ma a me non interessa dimostrare nulla, se hai la curiosità di scoprire se c'è il lago, vai dietro la collina e guarda con i tuoi occhi.

Phil

@Gibran
Non ridurrei l'apprendimento, e quindi la conoscenza, al mero ricordare/memorizzare... sin dai tempi della scuola, sappiamo bene che c'è differenza fra l'imparare a memoria una pagina di filosofia (o anche di matematica) e comprenderla davvero per poterla poi utilizzare... 
La capacità di astrazione, formalizzazione e quindi ricombinazione di nozioni e vissuti produce "il nuovo"; gli esempi abbondano: il famigerato "problem solving" (nuove soluzioni a nuovi problemi), l'imparare una "lezione di vita" da qualcuno (una nuova lezione che apre ad una nuova prospettiva etica), il sorgere di un nuovo interesse (la nuova passione per il bricolage o la filatelia), la nuova capacità di giocare a tressette... chiaramente, la fase della novità può essere piuttosto breve temporalmente: puoi dirmi che se gioco a tressette è perché ricordo le regole, che la passione per il bricolage è fatta di ricordi delle prime mensole che sono state montate, etc, ma tutto ciò inizia come "nuovo", poi, sedimentando i vissuti in sequenza, inevitabilmente diventa "storia" (intendo: alcune esperienze/conoscenze hanno un inizio totalmente "nuovo" rispetto a ciò che le precede...).
Soprattutto sul piano esistenziale "speriamo, soffriamo o godiamo" (cit.) quasi sempre in modo nuovo (seppur all'interno del rispettivo "spettro emotivo"); concedimi due esempi seppur mesti: la sofferenza per la perdita per la prima volta di un familiare stretto o la prima separazione da un partner, non credo abbiano molto a che fare con la memoria, hanno piuttosto la lacerante vivacità di una traccia nuova (che magari crea un precedente per infauste analogie future...).

Citazione di: Gibran il 25 Giugno 2016, 17:19:53 PMtutto ciò di cui possiamo parlare è solo conoscenza precedentemente accumulata [...] Il pensiero per sua natura è sempre vecchio (anche se a noi piace credere di avere "nuove idee" 
Pensa al bambino (come caso estremo ma eloquente): non nasce come una "tabula rasa", ma quanta novità assorbe e produce (in/per sé) nei primi 8-10 anni di vita? Si auto-modifica imparando, non ricordando (anche perché ha ben poco da ricordare...). Nella fasi successive della vita, la memoria cresce e diventa ingombrante, ma nella mente c'è sempre "spazio" per un guizzo innovativo; altrimenti nel corso della storia non si sarebbero potute produrre nuove idee, nuove ideologie, nuovi strumenti, etc...


Citazione di: Gibran il 25 Giugno 2016, 17:19:53 PMQuindi come vedi ora puoi capire pienamente il perché dicevo che il linguaggio è inadeguato a comunicare qualcosa di realmente nuovo e che supera le basi del pensiero stesso.
Ho già cercato di argomentare sui neologismi, sull'apertura del linguaggio e sulle cosiddette "cesure epistemologiche" o innovazioni paradigmatiche; non voglio insistere, anche se penso di aver capito comunque la tua prospettiva...


Citazione di: Gibran il 25 Giugno 2016, 17:19:53 PMuna dimensione come il sacro che è sempre nuova e mai registrabile nella memoria [...] Quindi non ci può essere conoscenza di Dio dato che Dio non è una esperienza "registrabile" [...] ai fini dell'indagine spirituale, la memoria e quindi la conoscenza è una prigione 
Eppure, queste definizioni: "la dimensione del sacro è sempre nuova", "l'inconoscibile Dio non è un'esperienza registrabile", non sono state prelevate (poiché accettate) da una memoria pregressa, più o meno collettiva, di una tradizione? Se tale memoria/tradizione non avesse creato e definito il concetto di "Dio" o di "sacro", potremmo rivisitarlo oggi dicendo che esula dalla memoria e dalla conoscenza? 
Si tratta dunque di fidarci di alcune idee/definizioni di una tradizione che ci chiede di non fidarci di idee/definizioni?

In altri termini, non è proprio ciò che penso che sia una prigione, a spiegarmi/farmi-sognare la libertà?
Ma ora mi taccio, perché, come diceva il saggio Wittgenstein (e paul11 concorderà): "Di ciò di cui non si può parlare, si deve tacere" (imperativo morale che sento di poter far mio quando si parla di spiritualità personale...).

Gibran

Paul,
non ho tempo di risponderti dato che ho ospiti a cena ed è quasi ora. Riprenderò, se necessario il discorso, domani.

Per ora ti faccio una piccola tiratina d'orecchi. Il mio discorso sulla memoria e quindi sulla conoscenza era finalizzato alla ricerca spirituale. E' ovvio che c'è continuamente nella vita la scoperta del nuovo, ma nel momento in cui il nuovo viene registrato e cioè diventa "conoscenza" (che è sempre e solo un riconoscere") non è più nuovo. Questo non ha consegueze di rilevo nella vita pratica ma è basilare nella ricerca di Dio. Come hai detto tu non se ne può parlare e infatti io non ne parlo. Mi limito ad indicare un processo osservabile. (Il lago).

Phil

Citazione di: Gibran il 25 Giugno 2016, 19:28:12 PMnel momento in cui il nuovo viene registrato e cioè diventa "conoscenza" (che è sempre e solo un riconoscere") non è più nuovo. 
Difficile non concordare sul fatto che quando il nuovo diventa altro, non è più nuovo... Platone poi concorda soprattutto con quanto hai scritto in parentesi (io meno...).

Citazione di: Gibran il 25 Giugno 2016, 19:28:12 PMQuesto non ha consegueze di rilevo nella vita pratica ma è basilare nella ricerca di Dio. 
Quindi nella ricerca di Dio, che come accennavi non è "mai registrabile" ed è "sempre nuova", non c'è memoria, né conoscenza basata sulla memoria... allora com'è possibile, se mi è lecito chiedere, sapere che c'è qualcosa di sacro da cercare, di cui tuttavia non ho memoria né conoscenza (e mai l'avrò, se ho come presupposto che "non ci può essere conoscenza di Dio" - cit.)? 
Se voglio cercare ciò che postulo come introvabile, come oriento la mia ricerca?
Se non ho memoria d'aver visto il lago, non ho conosciuto il lago, ammetto che il lago è "inconoscibile" e le sue uniche notizie appartengono ad antiche "mappe sacre" che tuttavia lo descrivono come irraggiungibile, forse... no, Wittgenstein mi suggerisce di fermarmi qui...

Citazione di: Gibran il 25 Giugno 2016, 19:28:12 PMCome hai detto tu non se ne può parlare e infatti io non ne parlo. Mi limito ad indicare un processo osservabile. (Il lago).
Non mi fraintendere, intendevo che io non ne posso parlare; ma chi ha una dimensione religiosa, o anche soltanto è in fase di ricerca spirituale, ha tutte le buone ragioni per occuparsene... 
Se tuttavia dici con certezza "c'è un lago", senza attenuanti come "secondo me", o "suppongo ci sia" o altro, probabilmente è perché l'hai visto (e te lo ricordi!), a quel punto non ha più senso per te parlare di "dubbi" o "ricerca"; il lago è per te un'esperienza certa (grazie alla memoria...). 
Chi ancora non lo ha visto chiaramente, ma è molto interessato (paul11 se ho ben capito), si interroga, dubita, suppone, riflette, ricerca... e a te non resta che indicargli cordialmente la strada che hai percorso per arrivare a contemplare il lago: "vai dietro la collina e guarda con i tuoi occhi" (cit.). 
Se poi, invece, credi di aver visto un lago, ma-ok Wittgenstein, ho capito, chiudo il becco...


P.s. Non prendermi sul serio, è solo un divertissement da sabato sera...

Jean

Caro paul,

mi associo al complimento di Phil per il tuo excursus.

Si fa presto a dire mettiamo tutto da parte (visto che qui siamo in tematiche culturali e sociali ... ad esempio  anche l'Europa, come ha decretato il Brexit... vedremo quali saranno le conseguenze), tabula rasa  e nuovo foglio su cui scrivere.

Il fatto è che quel nuovo foglio è giusto appoggiato sopra tutti i precedenti... che si perdono nella notte dei tempi... volenti o nolenti, son depositati nella coscienza umana e intervengono col loro potente o residuo momentum in tutte le azioni compiute dall'umanità e dal singolo.

Se ci si dichiara d'accordo che "tutto è collegato", non presa come bella citazione ad effetto, quale l'altra "noi siamo il mondo", ma come indizio di un percorso interiore (quello che hai provato a tracciare) non si può più escludere ogni singolo atto umano e collettivo accaduto (e da accadere) nello spazio e nel tempo quale corresponsabile della situazione nel tempo attuale. 
Questo, secondo la mia interpretazione, il senso della tua affermazione di trovarci tutti sulla stessa barca.

Ma il desiderio di allontanarci dalla nave madre, dalla nostra terra e dal nostro tempo, per esplorare una speranza, un'idea, una scommessa, un ragionamento... è presente nell'essere umano come è presente l'opposto, quello di ancorarci per non dover sempre far fronte all'inevitabile sensazione di insicurezza portata dal divenire.
 
Non ho nessuna critica verso gli avventurieri, i possibili pionieri di nuove terre, anzi, li apprezzo, perché ne vedo l'utilità nel gioco degli opposti... per mantenere il movimento e l'equilibrio.  

C'è una terza categoria di persone nella nave madre, e se non fosse che gli svantaggi superano di gran lunga i vantaggi (almeno nell'immediato) mi sentirei immodesto a pormici, assieme a te, Phil, Sariputra... e altri.

Questa "categoria" accetta di rimaner a volte sulla nave madre ed altre di allontanarsene, magari accompagnando le giovani forze inesperte nell'esplorazione di una possibilità... e devono essere inesperte... altrimenti chi glielo farebbe fare di buttarsi anima e corpo nell'improba impresa... man mano perderanno di vista la nave madre e molti, se non tutti i loro accompagnatori (per chi ha avuto la grande fortuna d'averne al seguito) li avranno di già lasciati al loro destino.

Perché, alfine, ognuno se già non lo è rimarrà solo sul cuor della terra, trafitto da un raggio di sole...

Auguro a quegli avventurieri di poter compiere il loro destino e magari ritornar come Colombo con rare spezie e fantasmagoriche descrizioni dell'al di là del conosciuto, ricevendone plausi ed onori, come si conviene agli intrepidi, agli eroi.

Ma la terza categoria li vide partir su una delle scialuppe della nave madre e portar con sé da quella viveri e lampare, coperte, carta e penna... e magari una cetra o la più moderna chitarra, per allentar con la musica il morso del dubbio negli interminabili giorni di bonaccia, con le vele che paiono dignitosi, vecchi seni svuotati.

Davvero viaggiano da soli, vergini di possessi e ricordi? 
Pur se nel tragitto perderanno tutto, tuttavia i ricordi della loro vita non li abbandoneranno mai e attraverso quelli daranno nomi e interpreteranno le nuove forme, se avranno la ventura d'incontrarle.

E poi, lo vogliano o meno, il loro viaggio prese avvio nel passato... e quando e se ritorneranno, a loro volta diverranno il passato di un nuovo viaggio...
 


C'è una quarta categoria di persone, di cui non si sa dove realmente si trovi, se nella nave, nella scialuppa alla ventura... o addirittura nell'ignoto... ma di questa, come ci ricorda Phil, non è dato sapere, così che conviene tacere.  
 


Cordialmente

Jean

Gibran

Phil,

Non voglio tirarmi indietro nella discussione ma credo veramente che sia inutile rispondere punto per punto alle tue pur logiche obiezioni alle mie affermazioni dato che credo la discussione sia mal impostata.

Forse potrei aver impostato male io la discussione, ma ho l'impressione che il difetto di impostazione si collochi in una lacuna grave nella considerazione dei fattori in gioco sia da parte tua che di Paul: l'osservazione diretta.

Ho cercato di farvi tirare fuori questo banale quanto importante fattore con mille domande  ma a meno che non l'abbia travisato o sorvolato mi sembra che fin qui l'abbiate ignorato.  Mai un neppur velato accenno a questa facoltà della mente umana. Sembra che per voi non esista e sembra che non abbia alcun ruolo quindi nelle ricerche e nella acquisizione di conoscenza nuova. Questo è per me molto significativo, e questo rende la discussione monca e senza senso.  Voi siete – se ce ne fosse bisogno, un chiaro esempio di come si rimane intrappolati entro la conoscenza. Trappola che – è implicito nel mio discorso - può essere evitata quando smettiamo di dare al noto, al vecchio, alla conoscenza acquisita (che invece ci teniamo molto stretti) l'importanza che non ha e che non può avere e ci mettiamo a osservare. Tutte le nuove, se sono realmente nuove -conoscenze in campo scientifico sono state ottenute tramite l'osservazione diretta, mettendo temporaneamente da parte le nozioni acquisite precedentemente. Quindi ovviamente le nuove scoperte sono oggetto di elaborazione mentale che tiene conto anche del noto, ma la scoperta vera e propria deve il suo accadere solo al processo percettivo e non a quello intellettivo. Sembra che al filosofo - il filosofo che mi trovo davanti in questo forum, questo processo sia del tutto sconosciuto eppure tutti lo usiamo ed anche un bambino lo capisce.

"Se tuttavia dici con certezza "c'è un lago", senza attenuanti come "secondo me", o "suppongo ci sia" o altro, probabilmente è perché l'hai visto (e te lo ricordi!), a quel punto non ha più senso per te parlare di "dubbi" o "ricerca"; il lago è per te un'esperienza certa (grazie alla memoria...). " [cit.]

Ho tirato fuori questo esempio – semplicistico come molti esempi e che quindi non va utilizzato come un modello ma solo per estrapolare il concetto di base - l'ho tirato fuori dicevo  semplicemente per farvi vedere come si può giungere alla scoperta di qualcosa – qualsiasi cosa - semplicemente aprendo gli occhi e guardano vicino a sé e non lontano.

Non mi riferivo alla scoperta di Dio (che è tutta un'altra cosa, ma ha la sua base in questo processo preliminare) ma alla scoperta di se stessi, conditio sine qua non per fare pulizia di tutto ciò che incrosta la nostra percezione e ci impedisce di vedere le cose così come sono. (E quindi fare la dovuta distinzione tra immagine di sé e ciò che realmente siamo – ma sembra impossibile almeno con Paul indagare su cosa siano queste portentose immagini a cui diamo così tanta importanza – e qui sta la chiave di tutto – perché sono per noi "intoccabili".

La ricerca, la vera ricerca, inizia sempre qui, dove siamo e in ciò che siamo realmente, e una volta che essa ha stabilito le basi reali per una osservazione oggettiva, allora c'è la possibilità – non matematica dato che ci sono molteplici fattori in gioco che sarebbe troppo lungo ora prendere in considerazione – di procedere oltre e affrontare il problema di Dio. Tutte le parole che ho usato sono molto approssimative ed in ultima analisi inadeguate a descrivere il processo che va intrapreso in concreto se si vuole capirlo.

Tornando al lago, e questo risponde alla tua obiezione di sui sopra, il senso è: perché devo farmi dire dagli altri ciò che c'è nel mio giardino? E visto che le metafore possono essere male interpretate per mio giardino intendo la mia mente. E' qui che possiamo fare delle scoperte decisive che mettono in luce sia la trappola della conoscenza che la via per uscirne fuori. Ma si deve essere interessati a questa ricerca interiore (che in realtà non è solo interiore) e se non lo si è sarà inutile discuterne.

E' ovvio che ogni scoperta che farò è altrettanto registrabile e quindi comunicabile come una scoperta nel modo esterno, tuttavia se non mi attacco al noto, e quindi mi fermo a ciò che ho acquisito – cosa che tutti facciamo e che è il principale ostacolo alla scoperta – il processo di scoperta, cioè l'osservazione diretta continua ininterrotto e il mezzo (l'osservazione) e il fine coincidono. Questa sarà la svolta decisiva. Ecco perché ho tirato fuori questo assunto: se la mia ricerca si basa sul linguaggio o sulla conoscenza acquisita, sul noto, anche qui il mezzo e il fine coincideranno e ciò che trovo è sempre (e non può essere altrimenti) e solo "parole", idee, immagini (per quanto nobili o sublimi). Cioè detto in parole povere viviamo di astrazioni.

Phil

Citazione di: Gibran il 26 Giugno 2016, 16:46:51 PMil difetto di impostazione si collochi in una lacuna grave nella considerazione dei fattori in gioco sia da parte tua che di Paul: l'osservazione diretta [...] Tutte le nuove, se sono realmente nuove -conoscenze in campo scientifico sono state ottenute tramite l'osservazione diretta, mettendo temporaneamente da parte le nozioni acquisite precedentemente [...] la scoperta vera e propria deve il suo accadere solo al processo percettivo e non a quello intellettivo 
Lo sguardo dell'osservazione diretta è forse neutro? Non è da sempre inevitabilmente interpretante, in base ai propri schemi cognitivi (precostituiti seppur "aperti")? La neuroscienze, il cognitivismo, e altre prospettive, se non erro, hanno contestato ampiamente l'idea di una tabula rasa nella mente...
L'osservazione, per essere qualcosa di più di una semplice percezione, deve coniugarsi con la ragione che la elabora, trasformandola eventualmente in nuova conoscenza... la percezione di per sé non fa scoprire nulla, è solo un impulso. 
Poi, se non erro, c'è stata, nella storia dell'uomo, qualche nuova conoscenza che non è stata fondata sull'osservazione diretta (semmai, se e dove possibile, si è cercata la sperimentazione diretta come conferma... rieccoci al solito esempio della meccanica quantistica...). 
Inoltre, non sono affatto sicuro che il "processo percettivo" si possa scindere da "quello intellettivo" (almeno nell'essere umano standard).

Citazione di: Gibran il 26 Giugno 2016, 16:46:51 PMLa ricerca, la vera ricerca, inizia sempre qui, dove siamo e in ciò che siamo realmente, e una volta che essa ha stabilito le basi reali per una osservazione oggettiva, allora c'è la possibilità [...] di procedere oltre e affrontare il problema di Dio 
Una "vera ricerca che ha stabilito le basi reali per un'osservazione oggettiva" si individua tramite la percezione o attraverso una sana indagine epistemologica, quindi basata sulla coniugazione di riflessione e conoscenza? 
Non per sminuire il valore dell'esperienza, ma se non è interpretata dalla mente (quindi conoscenza ed esperienza), non credo costituisca di per sé una ricerca (anche se può esserne un tassello importante...).
Per dirla con la metafora nautica di Jean: partire dal molo dall'osservazione oggettiva e navigare verso il problema di Dio, potrebbe essere un viaggio molto lungo, dalla rotta misteriosa e, proprio come Colombo, si rischia di arrivare nel posto sbagliato, ma senza accorgersene subito...

Citazione di: Gibran il 26 Giugno 2016, 16:46:51 PMla mia mente. E' qui che possiamo fare delle scoperte decisive che mettono in luce sia la trappola della conoscenza che la via per uscirne fuori 
E queste scoperte sono basate su un'osservazione diretta e oggettiva della mente o sul ragionamento (memoria e capacità cognitive)?

Citazione di: Gibran il 26 Giugno 2016, 16:46:51 PMil processo di scoperta, cioè l'osservazione diretta continua ininterrotto e il mezzo (l'osservazione) e il fine coincidono. Questa sarà la svolta decisiva 
Se la svolta decisiva è "osservare per osservare" (mezzo=fine), temo che certe rotte ambiziose non approderanno dove desiderano, perché è come praticare un gaio "navigare per navigare"...

Citazione di: Gibran il 26 Giugno 2016, 16:46:51 PMCioè detto in parole povere viviamo di astrazioni.
Credo che vivere di percezioni dirette sia impossibile, al nostro stadio evolutivo... senza la capacità di astrarre non saremmo nemmeno sapiens...

P.s.
Citazione di: Gibran il 26 Giugno 2016, 16:46:51 PMcredo la discussione sia mal impostata [...] ho l'impressione che il difetto di impostazione si collochi in una lacuna grave [...] l'osservazione diretta. Ho cercato di farvi tirare fuori questo banale quanto importante fattore con mille domande ma a meno che non l'abbia travisato o sorvolato mi sembra che fin qui l'abbiate ignorato
Effettivamente, una discussione a distanza come la nostra, se vuole occuparsi dell'osservazione diretta, o la tematizza, parlandone (come fatto sopra e in post precedenti), oppure incappa nel vicolo cieco del "guarda con i tuoi occhi, perché io ho già visto"; per me (non voglio parlare anche per paul11) c'è più gusto nel tematizzare/problematizzare che nel consigliare...

Gibran

Citazione di: Phil il 26 Giugno 2016, 18:29:40 PM
Lo sguardo dell'osservazione diretta è forse neutro?

Vai a guardare il lago e scoprilo da te. Mi sembra di aver già chiarito questo punto riguardante la neutralità o meno dell'osservazione. Il problema non sta in questo ma nel fatto che a te non interessa guardare il lago.

Citazione di: Phil il 26 Giugno 2016, 18:29:40 PMLa neuroscienze, il cognitivismo, e altre prospettive, se non erro, hanno contestato ampiamente l'idea di una tabula rasa nella mente...

Devo farmi dire da un'altro ciò che c'è nel mio giardino? (E come funziona?)

Citazione di: Phil il 26 Giugno 2016, 18:29:40 PMPoi, se non erro, c'è stata, nella storia dell'uomo, qualche nuova conoscenza che non è stata fondata sull'osservazione diretta (semmai, se e dove possibile, si è cercata la sperimentazione diretta come conferma... rieccoci al solito esempio della meccanica quantistica...).

No, vedo che non ha dimestichezza col metodo scientifico e metti il carro avanti ai buoi. E non ha neppure dimestichezza, scusa se te lo faccio osservare, coi tuoi processi mentali, per cui non sai cosa viene prima e cosa viene dopo.

Citazione di: Phil il 26 Giugno 2016, 18:29:40 PMInoltre, non sono affatto sicuro che il "processo percettivo" si possa scindere da "quello intellettivo" (almeno nell'essere umano standard).

Credo di aver spiegato questo punto in maniera chiara e sufficiente. La tua è una inutile ripetizione.

Citazione di: Phil il 26 Giugno 2016, 18:29:40 PM
Una "vera ricerca che ha stabilito le basi reali per un'osservazione oggettiva" si individua tramite la percezione o attraverso una sana indagine epistemologica, quindi basata sulla coniugazione di riflessione e conoscenza?

Non so cosa sia una indagine epistemologica (e non ho - perdonami - alcuna voglia di andare a cercarlo nell'enciclopedia) vedi se puoi spiegarlo in termini più semplici.  Andando a naso mi sembra però che continui a riptere lo stesso concetto di cui sopra, al quale ho già risposto.

Citazione di: Phil il 26 Giugno 2016, 18:29:40 PMNon per sminuire il valore dell'esperienza, ma se non è interpretata dalla mente (quindi conoscenza ed esperienza), non credo costituisca di per sé una ricerca (anche se può esserne un tassello importante...).

Allora non chiamiamola ricerca. Come ho detto le parole che noi usiamo, per quanto possiamo sforzarci di essere precisi, sono sempre inadeguate, posso servirci come indicatore o portarci fuori strada. In realtà possiamo dire, senza invalidare il mio precedente uso del termine ricerca, che le scoperte cominciano quando smettiamo di cercare.

Citazione di: Phil il 26 Giugno 2016, 18:29:40 PMPer dirla con la metafora nautica di Jean: partire dal molo dall'osservazione oggettiva e navigare verso il problema di Dio, potrebbe essere un viaggio molto lungo, dalla rotta misteriosa e, proprio come Colombo, si rischia di arrivare nel posto sbagliato, ma senza accorgersene subito...

C'è una terza via che è quella in cui il viaggio e la meta sono la stessa cosa (o il mezzo e il fine). Vedo che il taoismo non ti ha insegnato molto... (:-) Anche di questo ho accennato nella mia spiegazione sul post precedente.

Citazione di: Phil il 26 Giugno 2016, 18:29:40 PME queste scoperte sono basate su un'osservazione diretta e oggettiva della mente o sul ragionamento (memoria e capacità cognitive)?

Fatti un giro in giardino, fai esperimenti, stai sveglio durante il giorno, concediti mille e più errori e cadute e se ne hai voglia vai avanti.

Citazione di: Phil il 26 Giugno 2016, 18:29:40 PMSe la svolta decisiva è "osservare per osservare" (mezzo=fine), temo che certe rotte ambiziose non approderanno dove desiderano, perché è come praticare un gaio "navigare per navigare"...

Allora metti da parte ogni rotta ambiziosa e non cercare di approdare da nessuna parte. Mi sembrava che fossi familiare con lo Zen, mi devo ricredere?

Citazione di: Phil il 26 Giugno 2016, 18:29:40 PMCredo che vivere di percezioni dirette sia impossibile, al nostro stadio evolutivo... senza la capacità di astrarre non saremmo nemmeno sapiens...

Non ho mai affermato una corbelleria simile, ma ho detto solo "vedere i limiti del linguaggio e della conoscenza acquisita". Tu stai traendo delle conclusioni errate dalle mie parole. (E questo se ti può interessare è un'altro esempio dell'inadeguatezza del linguaggio. Senza la memoria non potremmo neppure ritrovare la via di casa e saremmo oviamente degli ebeti.

Citazione di: Phil il 26 Giugno 2016, 18:29:40 PMEffettivamente, una discussione a distanza come la nostra, se vuole occuparsi dell'osservazione diretta, o la tematizza, parlandone (come fatto sopra e in post precedenti), oppure incappa nel vicolo cieco del "guarda con i tuoi occhi, perché io ho già visto"; per me (non voglio parlare anche per paul11) c'è più gusto nel tematizzare/problematizzare che nel consigliare...[/size]

Ad ognuno la sua canzone. Non c'è problema. Me n'ero già accorto ed è per questo che volevo gettare la spugna. Mi sembra di aver detto a te o a Paul che non mi interessavano le discussioni accademiche. Ho inziato questo filone parlando dell'Islam. Su questo ero e sono disposto a teorizzare e problematizzare. Poi il discorso si è spostato - non ricordo più come - su altri binari, e su questi binari o campi diversi la mia canzone è un'altra.


[/quote]

paul11

#133
Caro Jean
grazie anche a te....ma che cosa è servito l'excursus sulle religioni?A parlare di oggetti mentali e reali, come se fosse davvero possibile costituire una realtà senza l'uomo e un uomo senza la mente.

Aggiungerei che è la condizione umana a unirci tutti sulla stessa barca,Nasciamo innocenti con un destino segnato e tutti ci costruiamo un'idea di senso a seconda di come il nostro balcone di osservazione è posto sul mondo.

Belle le tue metafore, valgono tutte come penso tu ben sai.
Ed era questa la mia idea di discussione che si sarebbe dovuta svolgere.
La religione è parte della cultura, a volte combacia  e a volte come in occidente è contrapposta alle posizioni dominanti.
La storia ci ha mostrato come le religioni entrano con le culture e come da noi in occidente si è posta dialetticamente prima con la filosofia e oggi con la scienza.
Mi interessava attualizzare come oggi si possa vivere la religione e come altri ,nel caso dell'Islam vivono socialmente la religione.
Perchè possa essere a volte strumentale per violenze.
A me  interessano posizioni anche agli antipodi di un credente, proprio con un confronto, non è stato possibile.
Una delle crisi del nostro tempo è la mancanza di un destino comune, di una idea identificativa in quanto questa società è destrutturata, decostruita. Forse è un bene, se le crisi servono a riflettere la sua natura per capire quali progetti, quali prospettive è possible e l a storia può aiutarci a capire gli errori e imparare.
I filosofi sanno che gli oggetti ontologici metafisici non sono meno forti di quelli naturali, anzi.
La potenza del pensiero anche di non credenti, come Nietzsche, Heidegger, lo stesso Severino, si svolge comunque sempre nel rapporto esistenza-destino, lo stesso delle religioni, ognuno lo caratterizza poi come crede ridisegnado gli orizzonti delle relazioni fra eterno e divenire, delle ontologie;E' finito? Forse sì oggi, il post modernismo è relativizzato e succube di una scienza assiomatizzata ,la quale  non crede più  nemmeno a se stessa.Oggi c'è una crisi culturale forte che investe tutto compreso il pensiero economico e scientifico che non è riuscito a ricollocare al proprio interno relativismo e quantistica senza chiari rapporti ontologici epistemici. Tutto è modellazione e si sceglie semplicemente quello più funzionale al momento, senza un rapporto di coerenza, di giusto o di migliore, andiamo avanti perchè il tempo non ci dà tempo e inesorabilmente ci porta avanti senza che noi sappiamo dove stiamo andando, tutti quanti, nessuno escluso, proprio perchè siamo tutti sulla stessa barca, nella medesima condizione umana.

Ho pensato che questa discussione potesse da una prospettiva religiosa ,ma anche socio culturale , poter dire qualcosa,
Non lo ha detto, pazienza, la vita è fatta di tentativi.

verdeidea

#134
Ebbene, quale sarebbe la conclusione di questo interessantissimo filone? Non ho potuto leggere proprio tutti gli interventi perché sono numerosi e molto lunghi, tuttavia mi pare che non sia stata lasciata a Gibran la possibilità di concludere il suo pensiero.

Non capisco perché quando si tratta di ragionare in maniera critica sulle religioni o di qualcuna in particolare, si alzano subito le barricate per cercare di liquidare in qualche modo la critica.
Di fatti, come sostiene Gibran, anche molti di noi occidentali si identificano con la religione o con l'idea di Dio o del sacro e si sentono in qualche modo offesi se qualcuno tenta di avere un quadro più chiaro e onesto di questo argomento. Così facendo ci priviamo della giusta critica per discernere la buona religione da quella cattiva o "non religione".
Le religioni, almeno nel loro nascere, hanno a che vedere col senso del sacro insito in tutti noi e si sviluppano perché attraverso di esse l'uomo poteva dare risposte soddisfacenti alla sete di senso sull'esistenza e del destino umano Ora, a parte chi nasce e vive in un paese islamico ed è costretto ad assorbirne credenze e tradizioni, spesso in maniera coercitiva, ma cosa vediamo di "religioso" o di "sacro" nella figura di Maometto? Un comune uomo, analfabeta, non sappiamo bene come e perché ad un certo punto della sua vita incomincia ad accusare sintomi che oggi definiremmo "disturbi psichici" (senza alcuna intenzione di offendere il profeta)): sosteneva di sentir parlare le pietre e gli alberi e vide l'arcangelo Gabriele con "enormi ali"... (Tempo fa ascoltai una persona con disturbi schizofrenici e sosteneva le stesse cose, di aver visto un angelo e lo descriveva molto alto e con enormi ali).
Sposa (anche per interesse) una donna molto più giovane di lui, ha molte concubine e alla morte di lei sposa altre donne tra cui una bambina di soli 6 anni, e, nel corano, un libro da lui dettato e ispirato dall'arcangelo Gabriele (sempre a suo dire) viene specificato che gli uomini non possono avere più di quattro mogli, averne di più era stato concesso soltanto a lui...
Mi fermo qui perché già solo quanto descritto finora a me questo personaggio non mi ispira o non mi richiama a nulla di sacro, ma piuttosto ci vedo qualcosa di molto profano, di molto umano, e di aspetti non molto edificanti dell'essere umano. Ora, come bene fa notare Gibran, non basta che 100 milioni di persone la considerino una religione per esserlo, si deve aver fatto un'indagine seria e profonda per capirlo, e nessuno vuole fare questa indagine perché o non osa sfidare la tradizione o gli sta bene lo status quo. Aggiungo che capisco gli islamici nati in quella cultura ne hanno assorbito acriticamente tutti gli aspetti, e capisco che per loro la religione, quella religione, è di fatto, l'unico (o fra i pochi) modo per costruire ed estrinsecare la loro identità che, quasi a dispetto delle nostre leggi e tradizioni vogliono mantenere in Occidente,
ma.... l'islam non è una religione come l'ebraismo o il cattolicesimo,. Ad esempio, il corano contiene sì dei versetti che esprimono carità e rispetto degli altri, ma poi contiene altri versetti violenti che annullano quelli precedenti; e ciò rispecchia il vissuto di Maometto che dapprima, quando non era osteggiato da nessuno, esprimeva versetti pacifici, quando poi trovò chi si oppose alla sua politica e alla sua predicazione, espresse invece versetti violenti e di morte. Nell'islam i versetti successivi abrogano quelli precedenti.

Ho letto in un intervento che qualcuno, in difesa dell'islam, ha tirato in ballo la storia dell'elemosina come dimostrazione dell'amore fraterno presente anche nel corano. Ci sono diversi versetti nel corano che si riferiscono ad una apparente carità,ma considerando nel complesso la vita, le opere e tutta la storia che contorna Maometto possiamo rilevare il significato recondito di quei versetti. Ad esempio, nel Capitolo II – Al Baqara (La Giovenca), versetto 110, "Assolvete l'orazione e pagate la decima. E tutto quanto di bene avrete compiuto, lo ritroverete presso Allah. Allah osserva tutto quello che fate". Ed anche il versetto 117: " La carità non consiste nel volgere i volti verso l'Oriente e l'Occidente, ma nel credere in Allah e nell'Ultimo Giorno, negli Angeli, nel Libro e nei Profeti e nel dare, dei propri beni, per amore Suo, ai parenti, agli orfani, ai poveri, ai viandanti diseredati, ai mendicanti e per liberare gli schiavi; assolvere l'orazione e pagare la decima*. Coloro che mantengono fede agli impegni presi, coloro che sono pazienti nelle avversità e nelle ristrettezze, e nella guerra, ecco coloro che sono veritieri, ecco i timorati."
Come si evince da questi due versetti (ma nel corano è citato decine di volte) si fa riferimento al "pagamento della decima", questo "ordine" (che ritroviamo nei testi ebraici) sembra poca cosa, sembra che Allah si preoccupi che gli uomini debbano rispettare l'autorità terrena sostenendola economicamente poiché tal gesto "aiuterebbe a rafforzare le fede musulmana"... ma in realtà chi rafforza innanzitutto? Non è possibile che il vero Dio abbia bisogno di far sostenere dal vile denaro il potere umano e religioso costituito e che appoggia la fede in Lui. Anzi, il potere umano mette in bocca a Dio la volontà come questa di "pagare la decima" e di obbedire alle leggi per dominare il popolo che (anche per Dio dunque) è pecorone. Il vero Dio direbbe che bisogna agire di testa propria o seguendo la legge del cuore, o seguendo gli insegnamenti che solo un Dio può lasciare all'intera umanità.
Di contro invece, a tal proposito, prendiamo l'insegnamento e L'ESEMPIO di Cristo. Nel Tempio Cristo si infuriò e scacciò i mercanti e rovesciò i tavoli dei cambiavalute...
Nel Vangelo di Marco, !2, 13-17, leggiamo: "E' lecito o no dare il tributo a Cesare? Lo dobbiamo dare o no?». 15Ma egli, conoscendo la loro ipocrisia, disse: «Perché mi tentate? Portatemi un denaro perché io lo veda». 16Ed essi glielo portarono. Allora disse loro: «Di chi è questa immagine e l'iscrizione?». Gli risposero: «Di Cesare». 17Gesù disse loro: «Rendete a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio». E rimasero ammirati di lui"...