Non chiamatela religione

Aperto da Gibran, 14 Giugno 2016, 09:54:39 AM

Discussione precedente - Discussione successiva

paul11

Non esistono definizioni oggettive, persino quella che ho tratta da una summa teologica la divide in tre parti;etimologia, oggettivo e soggettivo.
Il problema è l'ambiguità oggettiva, ma soprattutto soggettiva.
Da credente non è un ateo che può darmi la definizione di spiritualità.
Lo spirito entra in altre categorie metafisiche, non può essere indagato come oggetto naturale.
E' come se il concetto di patria per cui si immola il patriota della libertà fosse riducibile ad un incontro di football.
Non mi faccio dire da un marziano la definizione del pianeta terra.

Potremmo dire anche del termine "sacro" come può essere desacralizzato.
Ho già scritto poco tempo fa come il termine razionale fino a Cartesio è nella metafisica ,dopo di lui passerà,via via, nelle scienze naturali, e non sono d'accordo .

Phil nel topic cos'è la verità aveva posto la figura a triangolo semiologica in cui segno/simbolo- relazione-significante(osservatore, interpretante). la parola costruisce non solo neologismi e ne perde per strada alcuni o li trasforma, perchè è la cultura del tempo e i soggetti in quell tempo che interpretano. E va bene se la cosa è onesta intellettualmente e umanamente(la religione è un tema delicato).

D'altra parte se si vuole fare giochi di prestigio linguistico, una bestemmia potrebbe essere un'estremizzazione di una metafora. divina,
e via di questo passo.

Rimango dell'avviso che la miglio costruzione di una discussione è il sostenere una propria tesi e argomentarla.

Phil

Trovo in questa allegoria uno spunto interessante di riflessione (che forse esula, a prima vista, dal tema del topic... eppure credo abbia una sua sottile pertinenza):
Citazione di: paul11 il 22 Giugno 2016, 08:18:06 AMNon mi faccio dire da un marziano la definizione del pianeta terra
Partendo dal presupposto che "va bene se la cosa è onesta intellettualmente e umanamente"(cit. da paul11), chiedo: quanto può essere d'aiuto a un discorso su un tema, in generale, un punto di vista esterno?
Prima di escluderlo frettolosamente come "non-pertinente", può essere utile considerare come dall'esterno si "vedano" (nel senso più ampio del termine) aspetti che dall'interno sfuggono o non possono proprio essere visti. Propongo alcuni esempi, semplicistici e magari anche estremizzati, ma spero mi aiutino a spiegare a cosa alludo: 
- può capitare che richiedere il parere di qualcuno che non è coinvolto emotivamente in una vicenda che mi ha turbato, possa aprirmi uno scenario che non potevo "vedere", proprio perchè l'esperienza diretta (e le sue conseguenze) me lo nascondeva, mentre per chi l'osserva dall'esterno appare subito.
Qualche volta noi stessi, con un'adeguata "distanza storica" (stando ormai "fuori" da quella situazione) valutiamo un nostro gesto o un comportamento molto diversamente da quanto abbiamo fatto sul momento.
- oppure, tornando all'allegoria di partenza, un marziano, avendo guardato la terra anche da "fuori", potrebbe facilmente notare che sia tendenzialmente sferica, che giri su se stessa e intorno al sole, etc. noi, "dall'interno", ci abbiamo voluto millenni per capirlo e, se ce l'avessero detto duemila anni fa, avremmo potuto rispondere "non sarete certo voi di Marte a spiegarci come funziona il nostro pianeta!" 
- un altro esempio lampante è quello dello psichiatra o del dottore, chiaramente non ha senso obiettare alla loro "premura" dall'esterno che non sta a loro dirmi come funziona il mio corpo o la mia psiche...

Non intendo con ciò dare una precedenza logica a chi è estraneo ad un evento o ad una posizione concettuale, ma, secondo me, l'apporto di una prospettiva estranea/esterna può talvolta giovare molto al discorso e/o all'autocomprensione di chi è direttamente interessato (sempre se viene apportata con la suddetta onestà intellettuale e umana).

Citazione di: paul11 il 22 Giugno 2016, 08:18:06 AMDa credente non è un ateo che può darmi la definizione di spiritualità
Certamente non può; quando si parla di esperienze/vissuti, il diretto interessato è l'unico che può sbilanciarsi in una definizione; anche perchè più l'esperienza è individuale, più la definizione è individuale; in tal caso, il vocabolario suggerisce solo termini generici che vanno "riempiti" e "plasmati" con il senso dell'esperienza in questione. Gli altri, al massimo, possono fare un commento dall'esterno, proporre chiavi di lettura differenti e ipotetiche, ma non è detto che ciò possa intaccare la tua definizione della tua esperienza.

P.s. Direi che ogni definizione standard è come il modello di un'auto: ogni Fiat Panda grigia (senza citare tutti gli altri dettagli) esce dalla fabbrica uguale alle altre, ma poi ognuno la personalizza, la vive a modo suo, la riempie di vissuti... per cui, poco dopo, la tua Panda diventa un esemplare a suo modo unico: con quelle gomme, quel graffio, quel difettuccio quando piove, quell'odore, etc... più simile ad alcune Panda, e più differente da altre... pur restando, sulla carta, solo "una Panda grigia". 
Credo che le definizioni di alcuni termini, come quelli inerenti la spiritualità, affrontino inevitabilmente le stesse vicissitudini, appena qualcuno le include nel "suo" vocabolario...

paul11

Phil, spero soprattutto che le mie frasi da te citate non vengano prese come atto di presunzione, non è nella mia indole.
Quello che intendo è che vivere sulla Terra e dalla Terra spiegarla ,non è come un marziano che la osserva da lontano.
Come potrei ad esempio spiegare un orgasmo, definendolo come un atto meccanico?
Come posso spiegare ad un ateo l'anima e lo spirito che ne sono fulcro, se una persona non ci crede.

La persona esterna può aiutare, ma dipende dalla situazione e circostanze.
Un noto fisiatra dei miei luoghi, conoscendolo da parecchio, mi ha detto che il dolore e la sopportazione sono soggettivi.
per decidere se applicare una cura conservativa o passare all'operazione chirurgica, da una parte c'è sicuramente un'oggettività data 
da imaging(risonanze ecc.), ma molto spesso il medico segue l'intenzione del paziente, può consigliare, ma a decidere è il paziente.

Un criterio di oggettività lo si ha solo se siamo all'interno di paradigmi accettati dai contendenti e conosciuti dall'arbitro(la persona esterna).Questo lo si può fare nella scienza ovvero su oggetti naturali e dove la convenzione dei paradigmi conoscitivi sono condivisi e accettati; si  puoi fare nel diritto, dove un contenzioso viene risolto da un arbitrato di una terza persona giudicante, ma ci sono leggi accettate alla base dei contendenti e dell'arbitro stesso.

Sulla religione non è possibile.la dimostrazione è che il messaggio originario è spesso interpretato diversamente dagli stessi credenti della stessa religione, creando scismi, eresie.Vuol dire che alcuni paradigmi fondamentali sono stati interpretati in maniera diversa.Figurati porlo fra un credente ed un ateo.
Per questo, per concetti inerenti alla religione stessa internamente(spirito, anima, parusia, escatologia.ecc.) è impossibile definirla in poche parole. Basta guardare i forum di spiritualità su argomenti anche non strettamente religiosi per capire il"sentire" che non è l'ascoltare o il vedere o il percepire,che un soggetto prova.
Non vorrei,d'altra parte, essere interpretato come ostracista nelle definizioni linguistiche.
Ognuno è libero di pensarla come ritiene opportuno.
Infatti Freud la definisce  da psicanalista come a sua volta Jung, come uno storico ateo di religioni può a sua volta definirlo, come uno scienziato riduzionista può a sua volta definirlo, come a sua volta un teologo................
Quale definizione è verità? E' il gioco dei frammenti di specchio.

acquario69

#93
Phil scrive:
chiedo: quanto può essere d'aiuto a un discorso su un tema, in generale, un punto di vista esterno?
Prima di escluderlo frettolosamente come "non-pertinente", può essere utile considerare come dall'esterno si "vedano" (nel senso più ampio del termine) aspetti che dall'interno sfuggono o non possono proprio essere visti.

Paul scrive:
Sulla religione non è possibile.
la dimostrazione è che il messaggio originario è spesso interpretato diversamente dagli stessi credenti della stessa religione, creando scismi, eresie.

Quale definizione è verità? E' il gioco dei frammenti di specchio.


scusate se mi autocito in qualche modo ma era proprio questo che volevo far intendere (forse sarebbe meglio dire intuire) con la mia considerazione sulle definizioni
allora e' la Verita (che non e' per l'appunto personale o individuale) che emerge in tutta la sua folgorante presa diretta,annullando simultaneamente qualsiasi distinzione alimentata dalle definizioni soggettive che rimangono ancorate e che separa a sua volta il conoscente con il conosciuto,questo vuol dire che non sono le idee personali a dirci come stanno le cose e che non e' dunque possibile che ce ne possiamo appropriare,(qui a mio avviso pure il grave difetto di come viene solitamente interpretata una religione) pena la distorsione,il falso che sostituisce il vero...lo specchio che si rompe in mille pezzi ed ognuno che guarda solo il suo pezzetto

Gibran

#94
Citazione di: Phil il 21 Giugno 2016, 18:50:41 PM
Senza un vocabolario di partenza condiviso non può esserci comunicazione scritta; per nostra fortuna, i vocabolari di cui disponiamo sono stati forgiati da decenni di studi e ricerche, anche se restano un forma di "archivio aperto".

Sono perfettamente d'accordo con te in questo, e hai fatto bene a fare questa precisazione che permette di inquadrare più chiaramente il problema. Non sono così ingenuo da non capire l'importanza della lingua, e cioè i concetti condivisi, ai fini comunicativi. Infatti ho messo per primo questo approccio perchè da questo punto di vista è forse il solo oggettivo. Ma allo stesso tempo sono consapevole di un fattore che in genere non viene preso in considerazione quando si argomenta intorno ad un tema controverso e cioè i limiti del linguaggio umano. Il liquaggio riflette semplicemente l'universo cognitivo di una certa collettività e quindi confermerà sempre ciò che già questa collettività sa. Se si vuole scoprire o esplorare qualcosa di nuovo il linguaggio universalmente riconosciuto risulterà inadeguato. La lingua cioè diventa il principale ostacolo ad un ampliamento di orizzonti. Faccio un piccolo esempio per spiegarmi meglio.
Ho già citato Moshè Feldenkrais, che è stato uno dei miei maestri (ma non l'unico). Ad un certo punto della sua vita, dopo una brillante carriera come fisico, scoprì un metodo originale e innovativo di riabilitazione muscolare e neurolgica. Il metodo ebbe un certo riconoscimento nel suo paese (tra l'altro curò con successo Ben Gurion) per i risultati ottenuti, ma restava il nodo dell'integrazione di questo metodo con la medicina ufficiale. Moshe era conosciuto e apprezzato in ambito accademico come fisico, ma chiaramente non aveva le credenziali per fare un discorso in campo medico. Gli proposero di prendersi una laura in medicina in modo che potesse svolgere la sua nuova attività all'interno di questo campo e non come una alternativa. Gli avrebbero abbuonato tutta una serie di esami e avrebbe potuto facilmente conseguire la laurea in pochi mesi. Ma Moshe rifiutò. Aveva fatto per conto suo studi di neurologia e fisiologia per vedere se c'erano i presupposti teorici per spiegare la sua scoperta nei termini, nel linguaggio, della medicina ufficiale. Ne trovò alcuni, ma nel complesso la sua scoperta - si rese conto - richiedeva una riformoluazione completa del concetto di salute e di cura. Cioè richiedeva un nuovo linguaggio e quindi una nuova forma mentis. Respinse la laurea in medicina, praticamente regalata, perchè avrebbe significato per lui, rinunciare a questa nuova formulazione. Come medico sarebbe stato obbligato a calarsi nel e usare il linguaggio medico universalmente accettato.
Nel mio piccolo ho voluto fare la stessa cosa col concetto di religione.

Citazione di: Phil il 21 Giugno 2016, 18:50:41 PMTuttavia, se si parla fra pari, ovvero nessuno espone il proprio vocabolario "personalizzato" come quello principale, la definizione manualistica dovrebbe consentire un dialogo su un terreno semantico comune, scevro da fraintendimenti linguistici.

Anche questo ha la sua logica ovviamente. Ma considera quanto ho detto sopra. Proporre una definizione personale può sembrare o arbitrario o arrogante. (E a questo punto credo di essermi fatto una fama di arrogante).
Ma se mi attengo ad una definizione "manualistica" non potrò introdurre la mia visione innovativa. Il dialogo si fermerebbe qui.

Citazione di: Phil il 21 Giugno 2016, 18:50:41 PME qui arriviamo all'"opinionismo selvaggio":
Per evitare ambiguità: come testo di riferimento intendevo il semplice vocabolario, o al massimo una normale enciclopedia, per avere un punto di partenza condiviso (e "consultabile") con l'interlocutore. Non mi riferivo a nulla di accademico o specialistico (avevo definito l'"opinionismo selvaggio" semplicemente come lo scenario in cui tutto si riduce al "secondo me è così..." e basta un dizionario per tenere a bada il "secondo me" riferito a definizioni linguistiche...).

Ho personalizzato il tuo concetto di "opinionismo selvaggio" - (che peraltro non avevi definito) per adattarlo alla circostanza. Se non sottilizziamo con le definizioni mi pare che il concetto rimanga lo stesso: "Tutto si riduce al secondo me" che è proprio quello che volevo far capire ad aquario.

Citazione di: Phil il 21 Giugno 2016, 18:50:41 PMVisto che siamo in tema di opinioni (e Gibran ha chiesto la mia, parlando degli "approcci"), vorrei far notare come, nell'elenco degli approcci individuati (Gibran, ti sei dimenticato di citare il tuo!)

Mi fa un immenso piacere che abbia notato questo. Non l'ho dimenticato, l'ho volutamente escluso dalla lista perchè atipico. Ovviamente è argomentabile e contenstabile come tutti gli altri.

Gibran

Citazione di: paul11 il 22 Giugno 2016, 08:18:06 AM
Non esistono definizioni oggettive, persino quella che ho tratta da una summa teologica la divide in tre parti;etimologia, oggettivo e soggettivo.

Non ti sei accorto che ho scritto "Potrebbe esserci o potrebbe non esserci, conto sulla vostra collaborazione per trovarlo." Ciò che volevo era proprio farvi riflettere su questo nodo della conoscenza. In un certo senso sono d'accordo con te che non ci sia. Tuttavia non mi arrendo qui, mi piace continuare ed estendere l'indagine oltre e diversamente da ciò che è stato fatto fino ad ora da ogni canale "ufficiale. Puoi capire cosa intendo leggendo più sotto.

Citazione di: paul11 il 22 Giugno 2016, 08:18:06 AM
Da credente non è un ateo che può darmi la definizione di spiritualità.
Lo spirito entra in altre categorie metafisiche, non può essere indagato come oggetto naturale.

Credo sia inutile impostare, a questo punto della discussione, il discorso su un botta e risposta come fatto utilmente in altri casi. Voglio fare un discorso più generale che forse potrà chiarire il problema.

Forse conoscerai il detto di Albert Schweitzer:  "Nulla di ciò che è umano mi è estraneo".
Hai mai riflettuto a fondo su cosa significa questa frase? Significa che ogni caratteristica, categoria umana, sentimenti, idee, aspirazioni, sofferenze, piaceri, speranze, follia, razionalità o stupidità, diverse culture e religioni: tutto è in me in quanto io sono umanità, e in me si trova tutto ciò che è umano. Basta rendersene conto.

E penso conoscerai l'assunto: il tutto include la parte ma la parte non include il tutto.
Mettendo insieme questi due concetti viene fuori che siamo tutti atei, siamo tutti religiosi, siamo tutti stupidi e ignoranti e siamo anche tutti intelligenti e potenzialmente creativi. Inoltre siamo tutti arabi, ebrei, italiani, cinesi o russi, e possiamo capire quindi ciò che questi popoli hanno sviluppato di proprio. Possiamo farlo però nel momento in cui mettiamo da parte la parte (perdonami la ripetizione), cioè quando almeno per un momento smetto di essere italiano, cattolico o ateo, e uso semplicemente le mie potenzialità come essere umano. L'idea che un europeo non possa argomentare su per esempio la cultura araba, o che non arabo non capisca la cultura europea è valida solo se entrambi rimangono confinati entro la "parte". Lo stesso possiamo dire sulla tua affermazione che "l'ateo non può darmi definizioni di spiritualità."  Questo deve essere chiaro come il sole altrimenti non ci capiremo mai. Tu sei ateo come me, e io sono religioso come te. Non c'è e non ci può essere divisione se non quella creata dalla mancanza di conoscenza di sé. Il problema che" Lo spirito entra in altre categorie metafisiche, non può essere indagato come oggetto naturale." E' un falso problema che non ha soluzioni razionali, e quindi come hai detto tu, non esiste un criterio oggettivo, ma rimane un falso problema perché parte da una visione parziale delle cose (la parte che non può includere il tutto). La soluzione scaturisce dal recupero della nostra intera umanità.

Ho cercato di far capire come la definizione di "ateo" sia del tutto inadeguata e fallace (e in realtà, come è implicito nel discorso fatto nella mia risposta a Phil, tutte le definizioni sono inadeguate), ma se restiamo attaccati alla parole e non cerchiamo di vedere i fatti oltre di esse, continueremo a pensare in termini di categorie del tutto fuorvianti che non giovano a nessun tipo di indagine.

E qui voglio riprendere il discorso che è stato interrotto dopo la mia risposta proprio a te: "Non riesco a seguirti, parliamo un linguaggio diverso".  Questa frase ha attirato su di me tuoni e fulmini da parte di molte persone. Sembra che nella nostra società attuale il dire che non si è capito qualcosa o che l'altro non abbia capito sia un tabù perché viene recepito come "derisione". Questo è un esempio di come la lingua spesso sia un ostacolo alla comunicazione, più che un ponte. E questo può essere capito - anche e non solo - alla luce di quanto ho precedentemente detto a Phil, cioè il mio discorso sulla inadeguatezza della lingua ad esprimere un concetto innovativo non condiviso.
Capisco che molte mie affermazioni, proprio perché espresse in un linguaggio brusco e con modalità politicamente non corrette, possano essere fraintese e quindi attirare su di me giudizi di condanna. Ma per ora non possiedo altri strumenti comunicativi per spiegare la mi percezione delle cose.

Io spesso, ma non sempre, rifiuto il "politicamente corretto" perché ci lascia lì dove già siamo e non permette alcun ampliamento di orizzonti. E rifiuto anche i "giochetti" che tutti (Sariputra, ricorda: nulla di ciò che è umano mi è estraneo) a volte facciamo per non affrontare un problema. Io mi rifiuto di dividere l'umanità in buoni e cattivi, perché essenzialmente non è vero. E mi rifiuto di ritenere un cinese o un arabo diversi da me, e quindi la cultura che essi possono aver sviluppato, estranea alla mia natura.


Citazione di: paul11 il 22 Giugno 2016, 08:18:06 AMRimango dell'avviso che la miglio costruzione di una discussione è il sostenere una propria tesi e argomentarla.

Mi sono buttato (Dio solo sa veramente perché (:-)) in questa discussione proprio per mettere alla prova le mie capacità argomentative e per vederne eventualmente la fallacità col vostro aiuto. Mi sembra ora che nel momento in cui tu affermi che non esistono criteri oggettivi per valutare una religione, ogni argomentazione si ridurrà a "secondo me", che Phil ha definito "opinionismo selvaggio". Come superare questa impasse?

paul11

Gibran
 mettiamola così, forse ci sono stati parecchi malintesi, dove ognuno degli intervenuti si aspettava qualcosa dall'altro ,
ci siamo comunicati male,  mi ci metto per primo. 

L'impasse lo superi se veniamo al dunque;  per cortesia, formula la tua considerazione, argomentazione atipica.
Il mio parere è che la tematica che hai posto è interessante anche dal punto di vista culturale e sociale , prendiamola tutti quanti come una sfida a cercare quanto meno di approfondirla.
Conosco abbastanza questo forum per poterti dire che c'è diversità, atipicità, tolleranza e rispetto ,
quindi non temere.
Non pensare che io sia tronfio di una verità assoluta, non mi conosci bene(ovviamente nel forum).
Dici bene, siamo tutti umani,accomunati dalle stesse domande e tentativi di risposte ,aldilà delle categorie culturali,etniche ,religiose, ecc.  e se siamo quì a confrontarci è perchè pensiamo che comunicare, condividere, a volte polemizzare,
ma sempre nel rispetto, sia una modalità di imparare.E da sempre è così.

Gibran

Citazione di: paul11 il 23 Giugno 2016, 13:05:01 PM
per cortesia, formula la tua considerazione, argomentazione atipica.

Ho già, parzialmente esposto il mio criterio "atipico" a pagina 1 di questo filone (tanto per parlare italiano (:-) nella mia risposta a Phil N° 12 del 15 Giugno:

"Il discorso sulla religione che ho fatto a Gasacchino era sul piano funzionale. Le religioni sono nate per soddisfare un profondo quanto fondamentale bisogno umano di sicurezza, di comprensione della vita, di far luce sull'ignoto che ci circonda. Una religione è viva e ha senso quando soddisfa in pieno questa esigenza altrimenti può avere milioni di praticanti (chissà poi cosa praticano...) produrre un bel fatturato che soddisfa tutti ma essere solo una caricatura di se stessa perché ha perso la sua funzione primaria."

[Ho corretto un errore grammaticale che avevo fatto nella stesura originale].

Quindi ho ribadito questo mio criterio nella mia risposta N° 44 del 22 giugno a Sariputra.

"Ma in realtà non intendevo che una religione deve essere "buona" nel senso comune del termine, per essere vera (termine che richiederebbe una spiegazione). Ho solo detto che doveva soddisfare l'esigenza umana di scoprire se esiste una dimensione sacra, eterna (o fuori dal tempo) e  - aggiungo ora - una fine all'eterno dolore, conflitti e miserie in cui viviamo. Questo è il mio criterio. Ora è chiaro che altri avranno altri criteri e d'altra parte, come mi ha fatto osservare Phil, ci sono tante persone che non sentono questa esigenza. E' naturale che a queste persone le mie tesi non sembreranno appetibili."

Non c'è stato nessun commento a questo mio criterio, né positivo né negativo, ne ho concluso che a nessuno qui interessi che la religione sia realmente funzionale. Questo mio criterio necessita di una spiegazione o elaborazione più articolata ma è inutile che lo faccia se non interessa. Phil, ma potrei sbagliarmi, me lo figuro come un cinico razionalista (col quale beninteso posso simpatizzare perché una parte di me risuona con il suo modo di vedere e di pensare). Sariputra mi ha accusato di voler salire in cattedra. Tu Paul mi sei sembrato troppo attaccato all'idea convenzionale di religione – con la quale posso sentirmi solidale ma solo parzialmente, e in ogni caso non sembri interessato a mettere in dubbio la funzionalità dell'Islam o quella di qualsiasi altra religione.

Io non mi reputo né ateo ma neppure religioso in senso tradizionale, per cui se parlo in termini religiosi, mi trovo a dover fronteggiare la critica razionalista. E quando parlo io in termini razionali ecco che evoco nelle persone religiose lo spettro di Voltaire.

In realtà io non voglio dimostrare nulla, nemmeno la mia tesi. Ho voluto tentare, forse goffamente, la strada di provare a vedere se dialogando possa nascere una specie di "intuizione" (prendete con le pinzette questo termine) di quello che è una religione. Se si esaminano gli argomenti razionali e si vede che non possono dimostrare nulla allora o si diventa cinici come Phil (perdonami se non lo sei) o si deve far ricorso ad un altro strumento.

Non mai letto il libro di Kant: Critica della ragion pura, ma suppongo che esamini i limiti della ragione e del pensiero umano. Se c'è qualcuno qui che lo ha letto mi illumini.
Ecco quello che io verrei fare è proprio una discussione che metta in evidenza i limiti del pensiero razionale, senza però cadere nell'irrazionalità!

Forse la tua posizione quando dici: "Lo spirito entra in altre categorie metafisiche, non può essere indagato come oggetto naturale."  Potrebbe essere molto vicina alla mia, ma non avendo un solido background filosofico non ho gli strumenti per risponderti.
Nuovamente, ritengo che sia più un problema di lingua.

Citazione di: paul11 il 23 Giugno 2016, 13:05:01 PM
prendiamola tutti quanti come una sfida a cercare quanto meno di approfondirla.

Questo è proprio quello che mi proponevo io. Sono contento che lo condivida.

paul11

#98
Gibran,
se tu avessi esordito con questo post nella discussione ti avrebbero capito tutti.
ma soprattutto compreso, nel senso umano del termine.
i tuoi dubbi sono di tutti anche di un religioso .
Non pensare, ovviamente quì parlo per me, che il sottoscritto spesso non si chieda se il mio credere sia fondato o sia un'illusione,
un'ingenua necessità i cui motivi giustamente poni.
Scrivi comprensione della vita e l'ignoto.Per me sono due termini chiave della motivazione razionale per cui sono credente.
Il primo concetto lo lego al senso dell'esistenza, mi chiedo se ha senso essere quì ,oppure se tutto nasce e finisce senza un senso, come una legge termodinamica.Ma se esistono leggi scientifiche, come quelle della termodinamica, è perchè esistono regolarità, per cui passando al secondo concetto dell'ignoto, lo svelare l'ignoto, acquisirne conoscenza è una modalità che solo ci  aiuta  
per il mondo naturale o fisico, oppure in sè la conoscenza è legata al senso dell'esistenza, il fare esperienza, imparare non inteso come quantità di informazione,ma come  sunto delle significazioni.Insomma la stessa natura e la nostra vita sono legate non solo alle regole fisiche ma il Tutto quindi non solo oggetti fisic, ma anche le stese regole intrinseche alla natura e il senso della nostra esitsenza, in un unico principio (Dio?).Non è semplice in poche righe esprimere concetti che non sono solo concetti e lascio l'interrogativo  quel Dio, non voglio ora una certezzza, ma una domanda che leghi la mia esistenza e il suo senso .

Può essere che la religione sia una sicurezza, l'ignoto è sconosciuto e quindi temuto,la sicurezza è la predittività, è il sapere in anticipo la prospettiva per cui può esserci  la preparazione psico-mentale(o spirituale) all'inevitabile evento .

Negli ultimi anni mi sono persino chiesto, (vedi quanto mi interrogo?) se il mio credere fosse un atto di presunzione.
In fondo tutti gli esseri viventi non chiedono nulla, nascono, vivono, prolificano e muoiono, non appellandosi a un senso.
Non è che la mia ragione da presuntuoso essere vivente pensante vuole "nobilitare" con un senso che invece non c'è e che invece siamo come vermi della terra, balene,cani,ecc.
Come vedi di dubbi ne ho eccome nel mio credere, sono inquieto e questo mi porta distillare conoscenze oblique alle discipline umane.
Ma nello stesso tempo questi dubbi passano all'altro estremo,E mi chiedo che se sono così forse è perchè non ho abbastanza fede in Dio.Mi sento come una pallina da flipper che tocca la sponda della sola ragione e rimbalza sull'altra sponda di una Verità recondita e unica.Ovviamente sono propenso alla seconda.Il mio equilibrio instabile è costruito sul fatto che le regole della natura fisica, il suo dominio e il dominio di una ragione superiore originaria, la dualità, lo ying e lo yang, se esistono a loro volta devono aver un senso armonico,E trovo che questo senso armonico mi aiutano a vivere nel mondo e scopro la mia umanità e cerco di condividerla con altre umanità, serenamente in pace.

Chiedo scusa a te e al forum della mia esternazione che potrebbe essere presa come off topic, ho deciso di scriverla perchè può
aiutare nel discussione.

La religione è Verità e Fede.
Noi non abbiamo una verità assoluta, o forse è talmente dentro di noi, così recondita che comunque non riusciamo a renderla. cosciente, cognitiva.Siamo esseri erranti nelle conoscenze ,per toglierci gli ignoti sconosciuti  e le inquietudini esistenziali.
Noi abbiamo bisogno di verità per fondare la stessa ragione, tutta la nostra conoscenza ha postulali, enunciati, assiomi , fino alle tautologie ;sono le stelle polari che tengono uniti i ragionamenti, sono i primitivi su cui regge tutta la nostra cultura .Ma son
leggi relative, valgono oggi, valgono in un tempo.
Forse il bisogno di un assoluto e non relativo, sposta quella verità al di sopra del mondo fisco e naturale per comprenderla e dominarla, annetterla in un primitivo originario assoluto,una verità assoluta (divina?) in cui la nostra sola ragione riesce solo a costruirne sensi nelle determinazioni, vale a dire a discendere dal divino al mondo terreno,Ma la nostra ragione non può comprenderlo, ecco la fede, Il salto che la ragione umana da sola non può oltrepassare.


...mi fermerei quì almeno per ora, per non essere "pesante".

Phil

Citazione di: paul11 il 23 Giugno 2016, 00:05:59 AMCome posso spiegare ad un ateo l'anima e lo spirito che ne sono fulcro, se una persona non ci crede. La persona esterna può aiutare, ma dipende dalla situazione e circostanze
Concordo in pieno, avevo infatti preso spunto dal tuo post per un'osservazione molto più generale (per questo temevo l'off topic!).

Citazione di: Gibran il 23 Giugno 2016, 09:35:30 AMIl linguaggio riflette semplicemente l'universo cognitivo di una certa collettività e quindi confermerà sempre ciò che già questa collettività sa. Se si vuole scoprire o esplorare qualcosa di nuovo il linguaggio universalmente riconosciuto risulterà inadeguato. La lingua cioè diventa il principale ostacolo ad un ampliamento di orizzonti 
Quando ho parlato del dizionario come "archivio aperto" mi riferivo proprio a questo: fa parte della lingua poter accogliere termini nuovi e aggiungere nuove definizioni a termini vecchi. Il linguaggio non è un insime finito di parole, al contrario... pensa a come siano nati "tardi" molti dei termini e concetti che oggi usiamo: dalla fisica alla filosofia, dalla tecnologia alla sociologia, i vocabolari sono in continuo aggiornamento e accrescimento (è la lingua che viene prodotta per "inseguire" la realtà, non viceversa...).
La scelta "rinunciataria" (senza offesa!) di Feldenkrais non è l'unica possibile in quella situazione: in molti, di fronte a nuove prospettive, si sono adoperati per riscrivere un "vocabolario" (in senso lato) coerente con le loro scoperte o invenzioni (non credo sia necessario fare nomi...). 

Citazione di: Gibran il 23 Giugno 2016, 09:35:30 AMProporre una definizione personale può sembrare o arbitrario o arrogante [...] Ma se mi attengo ad una definizione "manualistica" non potrò introdurre la mia visione innovativa. Il dialogo si fermerebbe qui
Credo invece che proprio fra questi due fuochi (il nominalismo e l'opinionismo) si trovi il campo fertile della discussione (e non solo nel nostro caso): si prende un termine che molti conoscono nella sua definizione standard, gli si dà una tonalità personale, argomentandola, e il discorso può aprirsi poi spontaneamente a riflessioni e considerazioni sui temi che quel termine evoca e chiama in causa... il dialogo va invece in stallo se non c'è argomentazione, ma solo proposizione (ma non mi sembra il caso di questa discussione, come dimostrano tutti gli approcci che hai classificato, anche se il tuo mi pare rimanga il più criptico: una religione è tale se riesce a " soddisfare l'esigenza umana di scoprire se esiste una dimensione sacra, eterna (o fuori dal tempo) e  [...] una fine all'eterno dolore"(cit.)? Se non erro, ogni religione non risponde a quel "se", ma lo pone come presupposto... giusto?).

P.s.
Citazione di: Gibran il 23 Giugno 2016, 15:55:24 PMPhil, ma potrei sbagliarmi, me lo figuro come un cinico razionalista (col quale beninteso posso simpatizzare perché una parte di me risuona con il suo modo di vedere e di pensare)
"Cinico" nel senso di nostalgico della scuola cinica di Diogene, quello che viveva nella botte? Mi piacciono le abitazioni piccole, ma non fino a quel punto..."Razionalista"? Forse "anche", ma certamente non solo (altrimenti farei decisamente più fatica ad amoreggiare con l'estetica orientaleggiante, dagli haiku ai koan...). Ricordo che la prima identità che mi avevi dato era qualcosa di simile a "marxista sprezzante della spiritualità individuale"... non cercherei di inquadrare troppo quello che è rotondo; "Phil" è un'etichetta sufficiente...

Gibran

#100
Citazione di: Phil il 23 Giugno 2016, 19:15:44 PM
Quando ho parlato del dizionario come "archivio aperto" mi riferivo proprio a questo: fa parte della lingua poter accogliere termini nuovi e aggiungere nuove definizioni a termini vecchi. Il linguaggio non è un insime finito di parole, al contrario... pensa a come siano nati "tardi" molti dei termini e concetti che oggi usiamo: dalla fisica alla filosofia, dalla tecnologia alla sociologia, i vocabolari sono in continuo aggiornamento e accrescimento (è la lingua che viene prodotta per "inseguire" la realtà, non viceversa...).
La scelta "rinunciataria" (senza offesa!) di Feldenkrais non è l'unica possibile in quella situazione: in molti, di fronte a nuove prospettive, si sono adoperati per riscrivere un "vocabolario" (in senso lato) coerente con le loro scoperte o invenzioni (non credo sia necessario fare nomi...).

No, non è necessario fare nomi e i due enunciati (posso chiamarli così?) non sono per niente antitetici ma complementari. Il vocabolario si rinnova costantemente ma molto lentamente e occorrono parecchi anni, se non generazioni prima che certi concetti entrino nella coscenza collettiva e quindi registrati dai linguisti. Forse fra 50 anni o più anche i concetti, le idee espresse da Feldenkrais entreranno nel linguaggio non dico comune ma almeno in quello medico, naturalmente se il suo metodo soppravviverà e otterrà un minimo di riconoscimento ufficiale. Altrimenti sarà archiviato come una delle tante stranezze. Nell'immediato, chi come me si trova a condividere quelle idee, si trova nella spiacevole posizione di dover usare un linguaggio e una forma mentis non condivisa. Ribadisco il concetto che una cosa non è vera solo perchè convenzionalmente la si ritiene vera, e non ritengo necessario che ogni cosa debba sempre essere inquadrata (per usare un termine che ti piace) nella definizione che ne dà la lingua. Uscire da una lingua è come entrare in un altro universo. Non lo hai mai provato? Succede con le lingue straniere... Forse Feldenkrais ha sbagliato, e ora i suoi studenti pagano questo errore con enormi difficoltà nell'essere capiti, ma capisco la sua volontà di non voler rinunciare alla sua lingua e all'universo che aveva scoperto. In ogni caso quello che tu dici non inficia la mia affermazione: "Se si vuole scoprire o esplorare qualcosa di nuovo il linguaggio universalmente riconosciuto risulterà inadeguato. La lingua cioè diventa il principale ostacolo ad un ampliamento di orizzonti ". Io (o Feldenkrais) non voglio aspettare 50 anni affinchè la lingua si decida ad includere anche ciò che ho scoperto. Perchè aspettare tanto per ampliare i nostri orizzonti?

Citazione di: Gibran il 23 Giugno 2016, 09:35:30 AMProporre una definizione personale può sembrare o arbitrario o arrogante [...] Ma se mi attengo ad una definizione "manualistica" non potrò introdurre la mia visione innovativa. Il dialogo si fermerebbe qui

Citazione di: Phil il 23 Giugno 2016, 19:15:44 PM
Credo invece che proprio fra questi due fuochi (il nominalismo e l'opinionismo) si trovi il campo fertile della discussione (e non solo nel nostro caso): si prende un termine che molti conoscono nella sua definizione standard, gli si dà una tonalità personale, argomentandola, e il discorso può aprirsi poi spontaneamente a riflessioni e considerazioni sui temi che quel termine evoca e chiama in causa... il dialogo va invece in stallo se non c'è argomentazione, ma solo proposizione (ma non mi sembra il caso di questa discussione, come dimostrano tutti gli approcci che hai classificato, anche se il tuo mi pare rimanga il più criptico: una religione è tale se riesce a " soddisfare l'esigenza umana di scoprire se esiste una dimensione sacra, eterna (o fuori dal tempo) e  [...] una fine all'eterno dolore"(cit.)? Se non erro, ogni religione non risponde a quel "se", ma lo pone come presupposto... giusto?).

Su questo mi trovi d'accordo, ed anch'io credo che in piccolo e faticosamente stia avvenendo in questa discussione. L'ultima tua frase esprime esattamente quello che volevo dire: ogni religione non risponde a quel "se", ma lo pone come presupposto... giusto?)

Citazione di: Gibran il 23 Giugno 2016, 15:55:24 PMPhil, ma potrei sbagliarmi, me lo figuro come un cinico razionalista (col quale beninteso posso simpatizzare perché una parte di me risuona con il suo modo di vedere e di pensare)

Citazione di: Phil il 23 Giugno 2016, 19:15:44 PM
"Cinico" nel senso di nostalgico della scuola cinica di Diogene, quello che viveva nella botte? Mi piacciono le abitazioni piccole, ma non fino a quel punto..."Razionalista"? Forse "anche", ma certamente non solo (altrimenti farei decisamente più fatica ad amoreggiare con l'estetica orientaleggiante, dagli haiku ai koan...). Ricordo che la prima identità che mi avevi dato era qualcosa di simile a "marxista sprezzante della spiritualità individuale"... non cercherei di inquadrare troppo quello che è rotondo; "Phil" è un'etichetta sufficiente...

Ah vedo che tu non ami essere definito, mentre ami le definizioni. No, io intendevo cinico proprio nel significato negativo moderno, uno che non crede a nulla e che ha un atteggiamento distruttivo, ed era ovviamente una forzatura ironica. Allora ti chiamerò, Phil lo sfuggente (:-)

Phil

Citazione di: Gibran il 23 Giugno 2016, 19:46:08 PMIl vocabolario si rinnova costantemente ma molto lentamente e occorrono parecchi anni, se non generazioni prima che certi concetti entrino nella coscenza collettiva e quindi registrati dai linguisti. Forse fra 50 anni o più anche i concetti, le idee espresse da Feldenkrais entreranno nel linguaggio non dico comune ma almeno in quello medico, naturalmente se il suo metodo soppravviverà e otterrà un minimo di riconoscimento ufficiale. 
Non sono pratico di ricerca specialistica, ma non credo sia necessario aspettare molti anni: se sei un ricercatore o un professore (uso il "tu" solo per esemplificare) al termine della tue ricerche puoi pubblicare il tuo studio, proponendo le tue definizioni per le tue scoperte o per "battezzare" le tue metodologie/teorie... se la comunità scientifica ritiene il tuo studio valido e fondato, dovrebbe essere ben lieta di usare da subito il tuo "vocabolario" (anche per non fare confusione con altre ricerche dello stesso settore). 
Se uno studioso si sente "obbligato a calarsi nel e usare il linguaggio medico universalmente accettato" (cit.) non è un limite del linguaggio accademico che funge da "ostacolo", ma un limite (o meglio, una scelta legittima) della volontà dello studioso di non adoperarsi per proporre nuove definizioni e nuovi orizzonti. Pensa, parodiando, se Einstein si fosse detto: "ho scoperto un paradigma interessante, ma non voglio scontrarmi con la forma mentis della fisica classica o aspettare che si diffondano le mie definizioni, lasciamo perdere..." [ovviamente, questo è un commento in generale, non sul caso specifico che hai citato]

Citazione di: Gibran il 23 Giugno 2016, 19:46:08 PM In ogni caso quello che tu dici non inficia la mia affermazione: "Se si vuole scoprire o esplorare qualcosa di nuovo il linguaggio universalmente riconosciuto risulterà inadeguato. La lingua cioè diventa il principale ostacolo ad un ampliamento di orizzonti ". Io (o Feldenkrais) non voglio aspettare 50 anni affinchè la lingua si decida ad includere anche ciò che ho scoperto. Perchè aspettare tanto per ampliare i nostri orizzonti? 
La lingua, più che un ostacolo all'ampliamento di orizzonti, è lo strumento propositivo che consente la condivisione di tale ampliamento con tutta la comunità (chiaramente, prima con quella settoriale, poi, gradualmente anche con quella dei semplici curiosi...). Non credo che i neologismi siano mai stati un problema in nessuna disciplina...

Citazione di: Gibran il 23 Giugno 2016, 19:46:08 PM  Ah vedo che tu non ami essere definito, mentre ami le definizioni
Esatto, le definizioni che ritengo utili, almeno come innesco iniziale di una discussione, sono quelle del vocabolario (o dell'enciclopedia); e lì non troverai la definizione di "Phil" o di "Gibran"(l'utente, non Kahlil) o di qualunque altra persona. E non è un caso: il fattore dell'individualità umana, sfaccettata e mutevole, complica esponenzialmente qualunque definizione. Posso trovare la definizione generale di "religione", ma non troverò mai la definizione particolare di "religione-secondo-Gibran", e l'unico modo che avrò per comprenderla sarà trattare l'argomento con lui; fermo restando che potrà aggiornarla e modificarla durante il corso della conversazione...

Gibran

#102
Citazione di: Phil il 23 Giugno 2016, 21:19:45 PM
se la comunità scientifica ritiene il tuo studio valido e fondato, dovrebbe essere ben lieta di usare da subito il tuo "vocabolario" (anche per non fare confusione con altre ricerche dello stesso settore).

Le cose non sono né così semplici né così immediate. David Bohm, tanto per fare un altro esempio che mi viene in ora, un altro fisico teorico di livello altissimo, le cui scoperte e teorie sono da almeno 60 anni sui libri universitari (l'ho studiato anch'io all'università) , ha provato in anni più recenti e sempre in ambito accademico a descrivere l'universo in termini non convenzionali. Ha pubblicato una serie di libri dove parla della necessità di usare un linguaggio diverso, anche per le cose più comuni della nostra esperienza quotidiana. Ha parlato delle sue teorie a vari uditori accademici, sempre ascoltato con rispetto data la sua statura intellettuale, tuttavia non mi risulta che il suo modo di descrivere le cose sia entrato per ora nel vocabolario della fisica moderna.
 
Citazione di: Phil il 23 Giugno 2016, 21:19:45 PMSe uno studioso si sente "obbligato a calarsi nel e usare il linguaggio medico universalmente accettato" (cit.) non è un limite del linguaggio accademico che funge da "ostacolo", ma un limite (o meglio, una scelta legittima) della volontà dello studioso di non adoperarsi per proporre nuove definizioni e nuovi orizzonti.

Il linguaggio è un ostacolo perché mezzo e scopo coincidono. Per farti capire questo dovrei parlare per ore sul come la comunicazione verbale o qualsiasi altro linguaggio condizioni la mente. Il problema non sta nella "volontà dello studioso ad non adoperarsi per proporre nuove definizioni e nuovi orizzonti" [cit.]. Il problema nasce dal fatto che questi nuovi orizzonti cozzano con quelli giù conosciuti. L'esempio di Feldenkrais avrà senso per te solo se hai mai provato a discutere con un medico di medicina. E' una chiesa con i suoi dogmi e i suoi giochi di potere e guai a chi li osa mettere in dubbio. Il rifiuto di prendere la laurea in medicina era il rifiuto di usare un linguaggio che lui riteneva errato e quindi un atto di indipendenza intellettuale.

La mia tesi è ancora più radicale di quello che per semplicità ho enunciato prima. Non solo la lingua è un ostacolo all'ampliamento dell'orizzonte cognitivo, l'uso di certe parole piuttosto di altre, ma anche l'uso del linguaggio in sé per comunicare qualcosa che sfugge all'attenzione immediata di un ascoltatore. (Ci sono altri tipi di comunicazione non verbale che in certi casi possono essere più efficaci). Siamo obbligati ad usare il linguaggio per comunicare, non se ne può fare a meno, tuttavia dobbiamo essere consapevoli dei suoi limiti e delle illusioni che crea. Anche lo stesso argomentare razionale che stiamo facendo noi, o che altri più bravi di noi possono fare, ha i suoi grossi limiti ad esplorare realtà che sfuggono alla stragrande maggioranza degli esseri umani. Una di queste realtà è la dimensione sacra per esempio, ed in questo io mi trovo d''accordo con quanto ha affermato Paul, anche se forse lui non sarebbe d'accordo con me su alcune cosucce.

Citazione di: Phil il 23 Giugno 2016, 21:19:45 PMLa lingua, più che un ostacolo all'ampliamento di orizzonti, è lo strumento propositivo che consente la condivisione di tale ampliamento con tutta la comunità (chiaramente, prima con quella settoriale, poi, gradualmente anche con quella dei semplici curiosi...). Non credo che i neologismi siano mai stati un problema in nessuna disciplina...

I neologismi non sono un problema, il problema sono le concezioni nuove e la tendenza conservatrice del cervello umano che tende a rifiutare ogni cosa nuova che rovesci radicalmente le convinzioni consolidate. Anni fa ho letto i risultati di una ricerca fatta da non so chi sul successo dei libri dove l'autore proponeva nuove teorie. Vi si affermava che i libri che contengono più del dieci per cento di cose nuove (rispetto alle nozioni comunemente accettate) sono rifiutati e non si vendono. Quindi è come se il nostro cervello non riuscisse a digerire una mole troppo alta di novità ed ha bisogno di appoggiarsi sempre al noto. Se una teoria è troppo radicale e per giunta enunciata con un linguaggio non convenzionale non viene minimamente capita e accettata.
(E questa forse è la difficoltà che incontriamo in questo forum).

paul11

adesso passo alla seconda parte, riprendendo alcuni concetti che avevo esposto nel "vecchio" forum.
Le religioni compaiono sono forme di trasmissione di conoscenze antiche attraverso il linguaggio simbolico..
Qualche anno fa feci una discussione con un traduttore dal sanscrito all'italiano dei testi originali vedici indiani.Sono i più
antichi in assoluto anche dei sumero-accadici-babilonesi.
Si accorse, come Mauro Biglino ha fatto abbastanza recentemente con l'ebreo antico che è consonantico, che la traduzione
letterale non era affatto spirituale. Mi disse, e io non ci credetti inizialmente, che erano conoscenze antichissime che parlavano
di più razze umane comparse sulla Terra e dall'altra dividevano in tempi cosmici i periodi in cui il pianeta Terra mutava posizione rispetto al movimento dei pianeti e,sole galassie, In poche parole conoscevano l'eclettica del sole,i moti precessionali, e lo spostamento dell'asse terrestre,ecc..Adatto che al termine di un tempo avveniva una catastrofe naturale, tant'è che i diluvi non sono solo quello del  Noè biblico, descritto prima da i sumeri, le reincarnazioni degli dei in avatara comparivano anch'essi in precisi tempi.
Ormai è noto, e mi pare che lo stesso Gibran ne abbia accennato, che la genesi bilica è copiata da quella sumerica, ma mutando simboli e significati.Tant'è che ancora oggi i termini Yahweh ed Elhoim, sono fonte di contenzioso linguistico.
Beh la faccio breve, ci sono dei seri fondamenti,grazie a reperti archeologici,alle tavolette in argilla con scrittura cuneiforme al British Museum,che ci siano delle fondate verità.
La conferma è che le tre civiltà più antiche, quella vedico indiana, sumerico-accadica ed egiziana hanno seri parallelismi negli studi astronomici, nel come costruiscono ziggurat e piramidi, nel come orientano e addirittura le dimensioni delle costruzioni, compresa l'arca dell'alleanza , il tempio di Salomone, e l'arca di Noè (come mai Yahweh decide di dare il manuale d'istruzione per costruire l'arca di Noè e l'arca dell'alleanza con precisi numeri dimensionali delle costruzioni?).

Ufologi, esoteristi, ermetisti, fino agli alchimisti e varie sette, alimentano anche speculativamente questi concetti che stanno fra storia,leggenda, miti, spirtualità.Ho utilizzato parecchio tempo per indagarci e ribadisco ci sono in effetti scomode verità.

Le religioni compaiono dopo, quando il messaggio orale fra generazioni passa a quello scritto e diventa storia con reperti fisici..
Compare come un codice divino,simbolico,La genesi è costruita su simboli .Come scrissi nel vecchio forum gli ebrei hanno tramandazioni orali e scritte parallele alla Torà (il Pentateuco biblico, ovvero i primi cinque libri biblici),sono i Talmud.

La tesi che in fondo le religioni sono forme di codificazaioni in chiavi simboliche di antiche conoscenze tramandate genrazionalmente,viene confermata dagli ebrei nel momento in cui il primo monoteismo è identificativo solo di quel popolo.
Yahweh appare come un Dio che costruisce patti con un solo popolo e che li porterà verso una terra promessa.
E' un Dio di  appartenenza,a volte pietoso a volte spietato.
La faccio breve, a mio parere non è Dio,sono sicuramente esseri superiori ai comuni terrestri dell'epoca, O umani di razza superiore o extra-terrestri,non scarto nemmeno questa ipotesi.
La popolazione degli Ari,quelli degli scritti antichissimi vedico-indiani ,originari degli altipiani a Nord dell'attuale Afghanistan,scenderanno negli altipiani dell'antica Persia, I culti zoroastriani, l'antico gnosticismo, sono sincretismi che ci arrivano anche dai culti egiziani. 
Compaiono Lao Tzeè (taoismo) e Confucio che erano contemporanei, poi Buddha, poi Socrate, e infine Gesù con l'ellenizzazione del pensiero greco.
....ma questo lo scrivo dopo....

Phil

Citazione di: Gibran il 23 Giugno 2016, 22:40:02 PMHa parlato delle sue teorie a vari uditori accademici, sempre ascoltato con rispetto data la sua statura intellettuale, tuttavia non mi risulta che il suo modo di descrivere le cose sia entrato per ora nel vocabolario della fisica moderna 
Farei attenzione a non confondere il successo storico di una prospettiva con la sua strutturazione terminologica: se Bohm è comunemente studiato nelle università ed è riconosciuto come un esponente di rilievo, il suo "vocabolario" si è già affermato come tale; suppongo che nelle aule lo spieghino usando il suo linguaggio e le sue definizioni. Ad esempio, sulla solita wikipedia, scopro che Bohm ha creato il termine "olomovimento" (mi fido...?). Ecco cosa intendevo con neologismi o con lingua "aperta": Bohm ha concettualizzato una sua teoria, l'ha "battezzata" ed ora "olomovimento" è entrato di fatto nei dizionari e nelle enciclopedie (più o meno virtuali, come quella dove l'ho trovato). Se l'"olomovimento", parlo per ipotesi, non gode di buona fama o tende ad essere scartato come prospettiva, non è certo colpa del linguaggio... quando parlo di "vocabolario" non intendo "vocabolario dominante", ma semplicemente di "vocabolario disponibile", includendo la totalità dei termini, anche quelli più desueti o bistrattati

Citazione di: Gibran il 23 Giugno 2016, 22:40:02 PMIl problema nasce dal fatto che questi nuovi orizzonti cozzano con quelli giù conosciuti 
Credo che l'esempio di Einstein sia eloquente sul "cozzare", sull'apportare visioni nuove e rivoluzionare un ambito di studi... aggiornare il vocabolario, aggiungere nuovi termini, aggiungere nuove voci ad un'enciclopedia, non solo è possibile, ma di fatto è ciò che succede costantemente (magari non per tutto, se io e te fondiamo una nostra scuola filosofica, non credo che domani ci dedicheranno una pagina sull'enciclopedia...).


Citazione di: Gibran il 23 Giugno 2016, 22:40:02 PMAnche lo stesso argomentare razionale che stiamo facendo noi, o che altri più bravi di noi possono fare, ha i suoi grossi limiti ad esplorare realtà che sfuggono alla stragrande maggioranza degli esseri umani. Una di queste realtà è la dimensione sacra per esempio, ed in questo io mi trovo d''accordo con quanto ha affermato Paul 
Indubbiamente, non tutto può essere segnificato facilmente... ma se vogliamo portarlo fuori dalla nostra esperienza personale e comunicarlo, temo sia inevitabile usare un linguaggio (magari non una lingua...).


Citazione di: Gibran il 23 Giugno 2016, 22:40:02 PMAnni fa ho letto i risultati di una ricerca fatta da non so chi sul successo dei libri dove l'autore proponeva nuove teorie. Vi si affermava che i libri che contengono più del dieci per cento di cose nuove (rispetto alle nozioni comunemente accettate) sono rifiutati e non si vendono 
Non ho fatto ricerche, ma non scommetterei che un trattato di biologia molecolare possa essere un best-seller...
Come ha calcolato, quella ricerca, il "dieci per cento di cose nuove (rispetto alle nozioni comunemente accettate)"? Ha stabilito un "comunemente accettate" (basandosi su?) in modo quantitativo e poi ha contato ciò che "risultava nuovo" (il numero di concetti/informazioni?)...? 
Così, al volo e con descrizione di "seconda mano", temo si tratti di un metodo "viziato" e di falsa matematica, ma non posso valutare perché non ho letto la ricerca... tuttavia, se la conclusione è che il vendere/successo-editoriale non va di pari passo con il divulgare risultati settoriali innovativi, sono d'accordo a priori.

Citazione di: Gibran il 23 Giugno 2016, 22:40:02 PMQuindi è come se il nostro cervello non riuscisse a digerire una mole troppo alta di novità ed ha bisogno di appoggiarsi sempre al noto. Se una teoria è troppo radicale e per giunta enunciata con un linguaggio non convenzionale non viene minimamente capita e accettata
Che si parta dal noto è inevitabile, eppure, anche nel nostro piccolo, quando ci capita (o ci è capitato) di studiare un autore che non conosciamo, non credo abbiamo avuto problemi ad apprendere il suo linguaggio (per noi non-convenzionale) e capire la sua posizione, anche la più radicale... magari ci vuole tempo, ma lo studio, l'apprendimento del "nuovo" (pensa allo studio delle lingue da te citato) procede proprio così...
La difficoltà nel capire, che può manifestarsi, non toglie che il linguaggio contribuisce di diritto alla consolidazione (definizioni), comunicazione (discorsi con/su quelle definizioni) e sviluppo (ricerche, aggiornamento delle definizioni, neologismi, etc.) del sapere
Non dell'esperire intimo e personale, che non è linguistico, ma quello è infatti un altro tema...