Le banche e "il gioco delle due carte"

Aperto da Eutidemo, 04 Dicembre 2021, 13:52:48 PM

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Eutidemo

Per spiegare come funziona tale "gioco" (truccato), occorre fare una premessa riguardante la differenza che intercorre tra un "investimento di carattere  economico",  e una "scommessa di carattere finanziario"; ed infatti, "il gioco delle due carte" che fanno le banche (e non solo loro), consiste nel cercare di "forzare" la seconda carta.
Vediamo, nel modo più semplice possibile, come ciò avvenga.

I FATTORI DELLA PRODUZIONE
I "fattori della produzione", ovvero i "cespiti" o le "fonti di ricchezza", possono essere definiti in vario modo, ma, sono fondamentalmente tre (di cui un quarto costituito dall'"organizzazione" dei primi due con il terzo).
Cioè, in estrema sintesi (forse un troppo semplificatoria) , essi sono costituiti da:
a) Immobili
Che possono essere:
- "naturali", cioè i "terreni", i quali possono produrre un "reddito agrario o dominicale" a seconda del loro impiego;
- "artificiali", cioè gli "edifici", i quali possono produrre un "reddito locativo" se concessi in uso a terzi (canoni di affitto);
b) Mobili
Cioè, fondamentalmente, il "denaro", il quale può produrre il cosiddetto "reddito di capitale" se prestato a terzi (interessi o dividendi);
c) Lavoro
Cioè, l'impiego delle proprie forze lavorative da parte degli individui, il quale può produrre un "reddito di lavoro" se prestato a favore di terzi (a seconda dei casi: salari, stipendi, parcelle o onorari professionali).
Il quarto fattore viene individuato nella "organizzazione imprenditoriale" dei fattori della produzione di cui sopra, ai sensi dell'art.2082 del codice civile.
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Una volta chiarito, sia pure in modo estremamente sommario e semplificatorio quali siano i "fattori della produzione", per comprendere bene come funziona il "gioco delle due carte" praticato dalle banche (e non solo da loro), occorre accennare, sia pur sempre in modo estremamente sommario e semplificatorio, a quali siano i "modi di impiego" dei detti "fattori della produzione".


A)
IL "REDDITO" DERIVANTE DALL'"IMPIEGO ECONOMICO" DEI FATTORI DELLA PRODUZIONE
Come sopra accennato, i "fattori della produzione", ovvero i "cespiti produttivi" sotto il "profilo economico", possono essere impiegati, "senza depauperarne la fonte", per procurarsi un determinato reddito derivante dallo "scambio" di utilità, tecnicamente definito "sinallagma" (cioè, "corrispettivo"); cioè, in altre parole, con vantaggio reciproco di entrambe le parti dello scambio.
Ad esempio, se io possiedo 1.000 euro e non ho attualmente bisogno di spenderli, posso darli in prestito a chi invece ne ha bisogno; successivamente, a distanza di tempo, costui mi restituirà i 1.000 euro, più un certo importo a titolo di "interessi", i quali costituiscono il "compenso" (ovvero il "corrispettivo" o il "sinallagma") della mia prestazione economica a suo favore.
Tale "compenso", da me ottenuto "senza depauperare la fonte" da cui esso proviene, viene definito "reddito di capitale"!

B)
LE "PLUSVALENZE" (O "MINUSVALENZE") DERIVANTI DALL'"IMPIEGO FINANZIARIO" DEI FATTORI DELLA PRODUZIONE
A differenza di quanto sopra, i "fattori della produzione", ovvero i "cespiti produttivi" sotto il "profilo finanziario", possono anche essere impiegati per procurarsi delle (eventuali) "plusvalenze", derivanti dalla differenza tra il prezzo di rivendita del cespite, e quello che era stato il loro prezzo di acquisto.
Ad esempio, se io possiedo 1.000 euro e non ho attualmente bisogno di spenderli, posso comprarci dei titoli al corrente valore di 1.000 euro, sperando, poi, di poterli successivamente rivendere a 1.200 euro, e guadagnandoci, così, 200 euro.
Tale "guadagno" da me ottenuto non costituisce affatto un "reddito di natura economica" (anche se fiscalmente viene tassato insieme agli altri redditi), in quanto:
- non consiste in un flusso costante di ricchezza scaturente dall'impiego di uno stesso cespite produttivo che rimane inalterato (reddito o rendita di capitale);
- bensì consiste in una entrata estemporanea scaturente dalla differenza tra il prezzo di acquisto e di rivendita del cespite.

IL GIOCO DELLE DUE CARTE
Ciò premesso, in effetti, le banche (almeno in teoria) offrono ai propri clienti entrambe le possibilità di investimento: cioè, sia A che B.
Ed infatti:

a) Investimento economico.
E' perfettamente consentito depositare il proprio denaro su un "conto corrente bancario", il quale produrrà indubbiamente interessi attivi a favore del cliente (vedi A); peccato, però, che, salvo nel caso dei cosiddetti "conti di deposito" (di cui parlerò più avanti), si tratta di interessi assolutamente "irrisorii", notevolmente inferiori agli interessi che le banche richiedono sui loro mutui.
Ed invero, secondo me, il "tasso usurario" non andrebbe calcolato "astrattamente" sugli interessi che le banche richiedono sui loro mutui (che attualmente, in realtà, è abbastanza contenuto); bensì in "proporzione" al tasso di interesse che le banche riconoscono ai loro correntisti.
Voglio dire che un interesse dell'1% o 2% sui mutui può considerarsi abbastanza contenuto in "senso assoluto"; però, se si considera in "senso relativo" al tasso di interesse generalmente concesso correntisti, che si aggira sullo 0,..., secondo me si tratta, in genere, di un tasso abbastanza "usurario".
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Capisco che, a parte le imposte, sui conti correnti le banche debbano giustamente  trattenersi qualcosa per il "servizio" reso; trovo, però, che sia alquanto grottesco quanto mi è capitato personalmente, e, cioè, che, su un vecchio conto di cui mi ero completamente dimenticato, le spese di gestione del conto hanno addirittura finito di superare gli interessi attivi a mio favore, per cui il mio conto è finito "in rosso".
Quando l'ho chiuso, ho persino dovuto pagare la differenza negativa!
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Sarebbe un po' come se mi dimenticassi di un vecchio prestito fatto a un amico; e un bel giorno questo mi telefonasse chiedendomi il risarcimento per le spese di gestione del denaro che gli avevo prestato.
Ed io gli dovessi pure pagare la differenza negativa!
Sono d'accordo che si tratta di due cose un po' diverse; ma secondo me sempre di una fregatura si tratta.

b) Investimento finanziario.
In teoria, gli investimenti di carattere finanziario che offrono le banche, hanno (o dovrebbero avere) anche un rientro di carattere economico.
Mi spiego meglio.
Le banche offrono:
- Fondi aperti
- Fondi chiusi
- Fondi Azionari
- Fondi Obbligazionari
- Fondi Bilanciati
- Fondi Monetari
e chi più ne ha ne metta!
Si tratta di tipologie molto diverse, alcune a maggior rischio, altre a minor rischio, ma, "in genere", i titoli gestiti e/o amministrati da tali fondi, dovrebbero "cumulativamente" rendere:
- sia un rientro di carattere "economico", consistente negli eventuali "utili" azionari,   negli eventuali "interessi" obbligazionari ecc. ecc., che, quando c'è, in maggiore o minore misura dovrebbe essere sempre "positivo", in quanto di carattere "sinallagmatico";
- un rientro di carattere "finanziario", consistente nelle eventuali "plusvalenze" derivanti dalla compravendita dei titoli, ovvero una perdita di carattere "finanziario", consistente nelle eventuali "minusvalenze" derivanti dalla compravendita dei titoli stessi.
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In realtà, solo il primo costituisce un vero e proprio "investimento"; almeno, come lo si intendeva una volta, quando chi comprava un'azione (o una partecipazione sociale di altro genere), mirava soprattutto a "partecipare" continuativamente dei profitti dell'azienda.
Cioè, detto in soldoni:
- io ti presto un un po' di quattrini;
- tu, in cambio, mi dai un po' dei guadagni che ottieni impiegandoli nella tua attività produttiva.
Questo si chiama(va) "sinallagma"!
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Ma ormai, chi compravende dei titoli, direttamente o affidando l'operazione a dei  "gestori" o "amministratori" Bancari (o altri "broker" o società finanziarie), non si preoccupa minimamente a tale aspetto; anzi, in alcuni casi, come ho personalmente constatato, non sa nemmeno che esista una cosa del genere!
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Oggi, infatti, chi compravende dei titoli, direttamente o tramite "gestori" o "amministratori" bancari (o altri "broker" o società finanziarie),  si preoccupa soltanto di ottenere dei guadagni derivanti dai  cosiddetti "plusvalori da contrattazione"; cioè, tecnicamente non si investe "economicamente" una beneamata ceppa, bensì ci si limita semplicemente a "scommettere", con diversi livelli di rischio, il proprio capitale.
Più o meno, come se giocasse a carte!
In questo caso, infatti, non c'è nessun "sinallagma", perchè i soldi guadagnati dall'uno (che ha azzeccato l'andamento della Borsa) corrispondono ai soldi persi dall'altro (che, invece non ha indovinato l'andamento della Borsa).
Più o meno, come a poker!
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E che cosa fanno le banche?
Per usare una metafora un po' azzardata, le banche mettono a disposizione dei loro clienti dei "giocatori di poker professionisti" (che si chiamano "Fondi" o "Assicurazioni" o in altri modi più fantasiosi)), ai quali affidare i loro soldi; i clienti possono scegliere tra una vasta gamma di  "giocatori", dai più cauti ai più spericolati, a seconda della loro propensione al rischio, però, in ogni caso, non fanno altro che prendere lo scontrino del Casinò (sia pure per interposta persona).
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Volendo cercare forme di investimento più sicure, ci sono clienti che vanno alla ricerca di modalità di investimento più garantite; come quelle che alcune banche offrono come "polizze assicurative".
"Ohibò" pensa il cliente "Cosa ci può essere di più "rassicurante di un'assicurazione"?
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Ma volete sapere come vi "rassicura" una cosiddetta "Compagnia di Assicurazione e Riassicurazione" di di un notissimo gruppo bancario italo-francese?
Lo troviamo scritto in grassetto nella clausola "4.a.", denominata  "Contratti a capitale protetto", rivolta a coloro che hanno scelto la forma di investimento "più sicura possibile" offerta da tale Compagnia:
"Attenzione: la protezione del capitale descritta nel fondo protetto non costituisce garanzia di rendimento o di restituzione delle somme investite".

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Alla faccia della "r(i)assicurazione"!
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Passi pure che la Compagnia non offra la  "garanzia di rendimento" delle somme investite, visto che, comunque, se le va a giocare ad un tavolo di poker; ma che addirittura non garantisca nemmeno la "restituzione delle somme investite", mi sembra davvero un tantino eccessivo.
E meno male che, almeno in questo caso, lo hanno dichiarato chiaro e tondo; e perfino in grassetto!
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Da quello che ho visto, in forma più o meno "beffarda", è una clausola che appare in quasi tutti i "contratti di investimento" comunque denominati (Piripicchio o Piripacchio) offerti dalle banche; e, ovviamente, non solo da parte delle banche.
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D'altronde, i "broker", cioè  i professionisti indipendenti, le società che organizzano ed eseguono transazioni finanziarie per conto di terzi, ovvero, direttamente o indirettamente, le banche,  si guardano bene dal "giocarsi i soldi propri"; ed infatti, senza esclusione alcuna, al tavolo da poker "si giocano soltanto i soldi altrui"  ma mai quelli loro.
Vi siete mai chiesti, se sono così bravi, come mai non si giocano mai i soldi loro?
E' ovvio!
Non sono mica scemi: "rischiano col culo degli altri", tanto loro ci guadagnano sempre e comunque!
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Io li ho paragonati ai "giocatori di poker professionisti"; ma, in effetti, non è esattamente così.
Ed infatti, normalmente, "giocatori di poker professionisti";
- si giocavano, sì, "su commissione",  i soldi altrui (senza minimamente rischiare i propri);
- però, quantomeno, si obbligavano al "risultato", e non soltanto "ai mezzi".
Cioè si limitavano a percepire un compenso  costituito da una percentuale sulle vincite ottenute; niente di più e niente di meno (vedi nota*)!
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I "broker", le società finanziarie,  e le banche, invece, vengono pagate a prescindere dal risultato, positivo o negativo, della loro gestione o amministrazione, bensì soltanto per l'"opera" da loro prestata; cioè, ci guadagnano sempre e comunque, anche se il loro cliente ci perde.
Chapeau!

LA CARTA "FORZATA"
Ma allora, qualcuno dirà, noi clienti siamo proprio tutti scemi?
No, però, così come nel "gioco delle tre carte", anche nel "gioco delle due carte" c'è il trucco della "scelta forzata"; ed infatti, a parte una limitata quantità di denaro per esigenze di liquidità, è ovvio che nessuno si sognerebbe mai di versare 200.000 o 300.000 euro su un normale conto corrente, perchè l'interesse è quasi "negativo".
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Peraltro, anche volendo optare per un "deposito vincolato", a parte altri inconvenienti sui quali non mi soffermo, il rendimento è ormai irrisorio pure lì; ad esempio, il "conto deposito salvadanaio" di una nota banca italiana, ha un tasso di rendimento dello 0,05% annuale, con regolamento interessi a scadenza.
Non è che con quello 0,05% a capodanno ci si possa certo brindare "a champagne"!
Inoltre, anche per i "depositi vincolati", come, appunto, il "conto deposito salvadanaio", resta comunque il cosiddetto "rischio di controparte";  sebbene, nel caso specifico, la Banca depositaria aderisca al "Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi", che offre una copertura assicurativa fino a 100.000 euro per ogni singolo depositante.
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Per cui, tutto sommato, oltre tale importo, tanto vale rischiare con i fondi, le polizze, ed altre forme di "scommessa finanziaria"; la quale, in pratica, almeno in banca, resta l'unica carta da giocare!
Può andare bene o può andare male, ma il rischio se lo deve assumere il cliente; perchè, in buona sostanza, si tratta di una "carta forzata"!.
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"Attenzione: la protezione del capitale descritta nel fondo protetto non costituisce garanzia di rendimento o di restituzione delle somme investite".
***
CONTINUA

Eutidemo

#1
LA TERZA CARTA
In alternativa alle proposte (secondo me indecenti) delle banche, un individuo che intenda investire il proprio TFR, buonauscita o altri capitali liquidi di una certa consistenza, potrebbe acquistare un immobile; in tal modo, oltre ad assicurarsi un capitale garantito "dal mattone", ci si può procurare una "rendita economica" costituita dalla locazione dell'immobile stesso.
Ed infatti, gli immobili residenziali hanno chiuso l'ultimo quarto del 2020 con un rendimento lordo pari al 7,5%; in aumento di 8 punti base rispetto a 12 mesi prima, quando il tasso era pari al 6,7%.

Rispetto a quello offerto, in vario modo, dalla banche, si tratta di un rendimento:
- astronomico;
- sicuro
- continuo nel tempo;
- a riscossione mensile.
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Visto che il "mattone" è pur sempre meglio di un "bidone", sarebbe senz'altro una terza carta ideale!
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Peccato però che le "lobby" bancarie si danno da fare con i governi; per cui, al netto delle  imposte e delle spese di gestione (spesso anch'esse imposte per legge), tali rendimenti vengono drasticamente defalcati, pur restando di gran lunga più sicuri e redditizi di quelli offerti dagli istituti di credito.

CONCLUSIONE
Non ricordo quale grande banchiere una volta disse: "Non capisco quei cretini che rischiano di finire in galera rapinando le banche; ed infatti, se si vuole rubare sul serio, senza correre il rischio di finire in galera, la cosa migliore non è rapinare una banca, bensì fondarne una!"
E, ancora più icasticamente, Berthold Brecht scrisse una volta: "Cos'è mai rapinare una banca a paragone del fondare una banca?"
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Personalmente, a parte quei banchieri che, non contenti di rapinare legalmente il prossimo, si spingono a rapinarlo anche in modo illegale con espedienti truffaldini di vario genere (vedi le cronache quotidiane) ,non ritengo, però, che si debba eccedere nel criticare le banche; ed infatti, a parte alcuni aspetti decisamente patologici, non si può negare che le banche abbiano senz'altro una funzione essenziale e di fondamentale utilità in una economia di mercato.
Il diavolo, in fondo, non è mai così brutto come lo si dipinge!
Inoltre, mi scuso con in tecnici del settore, se, sia per mia ignoranza sia nell'intento di esprimermi nel modo più divulgativo e "semplificatorio" possibile, in qualche punto non sono forse stato troppo preciso nel descrivere certe "fenomenologie" bancarie.
Della qualcosa, chiedo eventualmente venia!
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NOTA (*)
Le "obbligazioni di mezzi" sono quelle in cui il debitore è tenuto a svolgere un'attività determinata, senza dover assicurare la controparte che da ciò derivi un qualsivoglia esito a lei favorevole, mentre nelle "obbligazioni di risultato" è invece obbligato non solo a compiere un'attività,  ma anche ad ottenere un certo risultato (altrimenti non viene pagato).

Eutidemo

COROLLARIO
Sul sito di uno dei più importanti Istituti di Credito Italiano, viene precisato che:
- il tasso di interesse creditore nominale minimo è pari allo 0,001% calcolato su base annuale, per cui, un deposito di 100.000 euro, dopo un anno, può fruttare 1 euro;
- il canone di mantenimento del conto deposito a risparmio libero è annuale e ammonta a 23 Euro (più di 20 volte il guadagno), mentre quello del conto deposito a risparmio vincolato è semestrale e ammonta a 11 Euro.

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In caso di "deposito vincolato", invece, il tasso di interesse creditore può raggiungere uno strepitoso 0,05% annuo, per cui, un deposito di 100.000 euro, dopo un anno, frutta ben 50 euro; o meglio, detratto il canone di mantenimento del conto, poco più della metà.
Roba da leccarsi i baffi!

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Tuttavia, solo per i nuovi clienti e per una durata di quattro mesi, il conto deposito salvadanaio è disponibile anche nella formula "platino o plus", con un fantasmagorico rendimento dell'1,50% su base annua (però calcolato per soli quattro mesi).

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Ho scritto alla mia banca che questi "ricchi interessi" se li può pure tenere lei; io ne faccio volentieri a meno.
Ed infatti, visto che non mi lasciano alternative, posso pure rassegnarmi ad essere derubato; ma non tollero che, oltre a derubarmi, mi si voglia pure di prendere in giro!
>:(
***

anthonyi

Ciao eutidemo, sai che nel medioevo i depositanti di denaro presso le banche pagavano per poter tener depositato il denaro, al riparo dal rischio di furti!
E allora perché ti lamenti? Le banche offrono un servizio, un servizio fondamentale per la società, dato dal canalizzare queste risorse verso le attività produttive.
Perché il deposito di capitali senza rischio economico dovrebbe essere remunerato? La remunerazione spetta a chi si assume il rischio. Tu nel tuo esempio fai notare come l'investimento immobiliare renda di più, certamente, ma comporta anche svariati rischi da gestire che spiegano, appunto, quel maggiore rendimento.

Eutidemo

Ciao Anthony. :)
Secondo me,   tu confondi tra di loro due diversi tipi di rapporto che possono intercorrere tra il cliente e la banca:
a)
Il contratto di "custodia bancaria" (cioè, le cosiddette "cassette di sicurezza"), nel qual caso la banca non può fare uso del denaro che tu metti nella cassetta di sicurezza; per cui, in questo caso, è la banca che rende un servizio a te, mettendo il tuo denaro al riparo dal rischio di furti .
E quindi, giustamente, si fa pagare tale servizio!
:)
b)
Il contratto di "deposito bancario" (cc libero o vincolato), nel qual caso, invece, la banca può fare legittimamente uso del denaro che tu le metti a disposizione; per cui, sei "tu" che rendi un servizio alla banca, fornendole del denaro liquido (che poi lei investe come meglio le pare, guadagnandoci sopra).
In cambio del servizio che le rendi, "per legge", tu hai diritto ad un compenso; in quanto, ad ogni "prestazione" deve corrispondere una "controprestazione".
Ed è appunto per tale motivo che la banca deve necessariamente "far finta" di corrisponderti un "compenso", pari ad un interesse dello 0,001% annuo dei soldi che le metti a disposizione; "compenso" che, però, è venti volte inferiore alle sue "presunte" spese generali di gestione del conto (ogni bonifico, infatti, te lo devi pagare a parte).
Il che, secondo me, equivale ad una sostanziale presa in giro!
>:(
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Un saluto! :)
***

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