Lavorare meno e lavorare tutti

Aperto da viator, 29 Settembre 2021, 18:35:03 PM

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anthonyi

Citazione di: InVerno il 09 Ottobre 2021, 07:53:40 AM
Citazione di: anthonyi il 08 Ottobre 2021, 19:20:56 PM
Inverno, ti ho citato quel caso proprio perché è pubblico, rappresentativo di una scelta politica. I casi privati non fanno testo perché il privato è libero di fare quello che gli pare.
Quando ci sarà un caso di una impresa alla quale è stato imposta/condizionata, una riduzione dell'orario di lavoro allora sarà interessante vedere quello che succede.
Comunque, come tutti quelli che hanno studiato l'economia main stream ad alti livelli, la sindrome dell'homo oeconomicus c'è l'ho (non sto scherzando, autorevoli ricerche suffragano la tesi che lo studio dei modelli razionali economici spinge a credere che effettivamente la realtà umana funzioni secondo quei modelli, e ad agire secondo quei modelli), il problema, però, è che anche se non fosse così dove sta scritto che una certa decisione, imposta o incentivata dall'alto produca un risultato migliore secondo un certo criterio, dove sta scritto che l'ideologo che l'ha teorizzata sia più razionale degli altri?
Mi pare fosse Friendman (?) a dire che gli uomini giocano a biliardo come se conoscessero tutte le leggi della fisica newtoniana, in quel come se sta la differenza tra gli uomini di carta dell'economia e gli uomini di carne della realtà, e anche il motivo per cui tu e i tuoi colleghi eccellete nel senno di poi, ma fate schifo a fare previsioni persino nell'arco di ventiquattro ore. In ogni caso, pur sia l'individuo razionalissimo e capacissimo di guardare con efficacia ai propri interessi, nel caso di specie, è pur sempre un mercante, un fabbricante, un costruttore... alcuni problemi sono completamente fuori dal suo spettro, come la disoccupazione, mai se ne interesserà e mai capirà quanto danno potrà fare alla sua attività, giustamente, che mai potrebbe fare senza che tutti gli altri lo seguano? Per questo interviene lo stato, non è questione di "ideologhi" ma di interessi collettivi anzichè individuali, pubblici anzichè privati.
Intanto piano con le offese, le previsioni economiche normalmente funzionano, altrimenti sarebbe difficile far funzionare i sistemi finanziari che devono comunque costruire quotidianamente complicati equilibri, di carta quanto vuoi, anzi oggi di bit, ma in funzione dei quali tante merci si muovono e ci permettono di fare colazione ogni mattina.
E' evidente che esistono problemi di livello superiore al di là della percezione e della motivazione dell'individuo. Ma qui molto banalmente, e in fondo anche queste sono previsioni, dobbiamo domandarci quanto sia vera la causazione del lavorare meno, lavorare tutti.
Te lo ricordi Salvini che prevedeva che per ogni pensionato anticipato sarebbe stato assunto un giovane disoccupato.
Le cose non sono andate esattamente così, perché l'economia è un po' più complicata di una sala del cinema.
A tutt'oggi l'unica previsione sulla disoccupazione che si è realizzata è quella che la deregolamentazione del lavoro incrementa il numero di occupati, e favorisce l'emersione del lavoro nero.

Ipazia

Ettecredo che la deregolamentazione del lavoro ha permesso l'emersione del lavoro nero e del supersfruttamento che tali non sono più per un miracolo ope legis. La stessa cosa avrebbe funzionato anche ai tempi di Marx e nelle latomie greche. Se poi ci mettiamo anche le navate di clandestini la pacchia per negrieri e schiavisti non può che aumentare: lavorare di più per una miseria e ai disoccupati ci pensi lo stato, i "filantropi", e chi paga le tasse. L'importante è che si scannino tra schiavi occupati e disoccupati e non abbiano nemmeno le risorse e il tempo per pensare alla liberazione.

La causazione del "lavorare meno lavorare tutti" è di tipo umanistico. Del tutto incomprensibile, nel merito e nel metodo, al tipo capitalistico che dell'inumanità del fixing e dell'economia ridotta a casinò ha fatto il suo credo. Argomentando il tutto, come fa ogni imbonitore, venditore di soli ingannatori (e sòle ingannatrici), col fatto che "esistono problemi di livello superiore al di là della percezione e della motivazione dell'individuo".
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

InVerno

Citazione di: anthonyi il 09 Ottobre 2021, 09:54:45 AM
Intanto piano con le offese, le previsioni economiche normalmente funzionano, altrimenti sarebbe difficile far funzionare i sistemi finanziari che devono comunque costruire quotidianamente complicati equilibri, di carta quanto vuoi, anzi oggi di bit, ma in funzione dei quali tante merci si muovono e ci permettono di fare colazione ogni mattina.
E' evidente che esistono problemi di livello superiore al di là della percezione e della motivazione dell'individuo. Ma qui molto banalmente, e in fondo anche queste sono previsioni, dobbiamo domandarci quanto sia vera la causazione del lavorare meno, lavorare tutti.
Te lo ricordi Salvini che prevedeva che per ogni pensionato anticipato sarebbe stato assunto un giovane disoccupato.
Le cose non sono andate esattamente così, perché l'economia è un po' più complicata di una sala del cinema.
A tutt'oggi l'unica previsione sulla disoccupazione che si è realizzata è quella che la deregolamentazione del lavoro incrementa il numero di occupati, e favorisce l'emersione del lavoro nero.
Non sono offese, al massimo sono io che parlo brutalmente, al mio solito, ma se gli economisti fossero capaci di prevedere l'economia, innanzitutto sarebbero le persone più ricche sul pianeta...Almeno io ho sempre pensato che se conoscessi i numeri del lotto me li giocherei da solo, anzichè darli ad altri. Tanto di cappello comunque a chi cerca di razionalizzare l'irrazionale, magari però un pizzico di disincantamento in più rispetto ai propri diagrammi non farebbe male. Certamente un lavoro totalmente deregolarizzato fornisce piena occupazione, basta andare in paese africano per rendersene conto, lavorano tutti, anche sedici ore al giorno sette giorni su sette, ovviamente se tieni conto del lavoro in nero, che è lavoro deregolarizzato al massimo. Qui abbiamo tutte ste cianfrusaglie marxiste come i contributi, l'assistenza sanitaria, etc tutte spese che se sparissero sicuramente agevolerebbero l'occupazione. Qui veramente perdo l'occasione di notare la differenza tra le semplificazione Salviniane e quelle di fini economisti di fama internazionale, l'acqua in fondo ai pozzi è sempre la scoperta più inaspettata a quanto pare. Per rispondere comunque al punto centrale del topic comunque, e probabilmente anche l'ultima risposta: no, non è un equazione diretta e la correlazione potrebbe anche essere piuttosto debole, se non si coadiuva con politiche mirate a far si che questo travaso avvenga, non esistono soluzioni magiche, esistono stati che hanno una classe dirigente capace di visione, prospettive e principi economici... tutti gli altri "lasciano fare al mercato", che non vuol dire nulla, perchè il mercato è sorretto dalle regole che quelle stesse classe dirigenti hanno deciso (il tavolo da biliardo), ma perlomeno si tolgono la responsabilità politica di essere incapaci di risolvere la situazione, ammantando i propri fallimenti con un alone di ineluttabilità e fatalismo.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

anthonyi

Citazione di: Ipazia il 09 Ottobre 2021, 10:25:51 AM
Ettecredo che la deregolamentazione del lavoro ha permesso l'emersione del lavoro nero e del supersfruttamento che tali non sono più per un miracolo ope legis. La stessa cosa avrebbe funzionato anche ai tempi di Marx e nelle latomie greche. Se poi ci mettiamo anche le navate di clandestini la pacchia per negrieri e schiavisti non può che aumentare: lavorare di più per una miseria e ai disoccupati ci pensi lo stato, i "filantropi", e chi paga le tasse. L'importante è che si scannino tra schiavi occupati e disoccupati e non abbiano nemmeno le risorse e il tempo per pensare alla liberazione.

La causazione del "lavorare meno lavorare tutti" è di tipo umanistico. Del tutto incomprensibile, nel merito e nel metodo, al tipo capitalistico che dell'inumanità del fixing e dell'economia ridotta a casinò ha fatto il suo credo. Argomentando il tutto, come fa ogni imbonitore, venditore di soli ingannatori (e sòle ingannatrici), col fatto che "esistono problemi di livello superiore al di là della percezione e della motivazione dell'individuo".
La causazione, inverno, é un fenomeno reale, o è vera, o é falsa, io credo che sia falsa. E lo credo sulla base di argomenti razionali. Se tu riduci l'orario di lavoro l'imprenditore si riorganizza e, probabilmente, sceglierà di produrre e vendere di meno e a prezzi più alti tenuto conto che i suoi costi si sono innalzati, e che l'offerta delle merci si ridurrà per effetto della riduzione d'orario.
Nell' immediato lucrera sulle merci che sono in magazzino, che aumentano di valore e che sono state prodotte ai costi prima della riduzione dell'orario.
In periodi più lunghi lucrera a livello internazionale, sia importando merci dall'estero, sia trasferendo la produzione su altri lidi.
I lavoratori soffriranno inflazione, impoverimento e disoccupazione.
Gli unici modi per impedire tutti questi effetti nocivi comportano la limitazione delle libere scelte degli imprenditori, e quindi, di fatto, un'economia collettivista con gli annessi effetti, abbondantemente osservati, di caduta della produttività del sistema, da cui la correzione del topic che avevo già accennato: lavorare meno, lavorare tutti, diventare tutti poveri. Se è questo il tuo umanesimo, ti faccio i miei auguri!

Ipazia

Per ora è assodato che il capitalismo produce ricchezza per pochi e immensa miseria per moltitudini di dannati della terra. Con tendenza ad una proletarizzazione di strati crescenti della popolazione mondiale associati a livelli di sfruttamento feroce che si allargano a macchia d'olio. Già le prossime generazioni saranno più povere, sfruttate di più e più a lungo, delle generazioni precedenti, garantite dall'ombrello welfare di tutela anticomunista. Tutta cianfrusaglia che l'89 ha rottamato, permettendo al padronato globale livelli di sfruttamento e degrado sociale inediti da almeno un secolo e mezzo nell'ex primo mondo, al netto delle guerre.

Gran parte degli umani oggi possono solo sognarsi livelli di assistenza, istruzione e previdenza del defunto blocco sovietico. Ma possono consolarsi perchè qualcuno sfreccia accanto a loro con auto che non potrebbero permettersi nemmeno col reddito di una vita. Ma che coprono col profumo della ricchezza il tanfo sempre più asfissiante della miseria delle baraccopoli capitalistiche.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

atomista non pentito

Ipazia  nell'ultimo intervento mi pare abbia messo una pietra tombale sulle fantasie di chi vive in un mondo tutto suo fatto di teorie ( per quanto apprezzabili) e che non ha (al momento) la necessita' ( possibilità) di prendere una musata diretta nella realta'
Mai dire mai pero'.

paul11

 Ritengo che la chiave dello slogan lavorare meno per lavorare tutti sia nel termine produttività.
La storia umana e quindi anche delle civiltà, è spesso, se non sempre, accompagnata da incrementi di produttività. Spesso il fattore determinante è l'applicazione di nuove tecniche date da scoperte e innovazioni scientifiche che hanno migliorato il modo di lavorare, quindi di trasformare e produrre.
In poche parole se da un ettaro di terreno si ha una produzione di risone di 30q.li che diventa con migliorie tecniche nelle diversi fasi biologiche di accrescimento del riso, si passa a 50-60 qli per ettaro, si ha un incremento produttivo. Quindi maggiore produzione significa aumento di fatturato potenzialmente (potenzialmente perché il prezzo unitario di prodotto finito è a sua volta determinato dalla domanda e offerta del mercato). Leontief, premio Nobel di economia, descrisse il motivo della sostituzione del cavallo da parte del trattore: semplicemente perché l'incremento di produttività della "macchina" è tale non solo per incremento della produzione, ma anche per abbassamento di costi fissi e variabili appiccati all'incrementano marginale della produttività.
Per cui è altrettanto chiaro che in un determinata produzione industriale se vi sono 10 lavoratori che producono 10 automobili all'ora ( spesso l'indicatore del costo del lavoro è orario/ numero addetti)
si può incrementare la produttività , o abbassando il costo del lavoro e quindi diminuendo i lavoratori, o aumentando la produzione oraria, o ,come di fatto è avvenuto intervenendo su entrambi.


Dove sono finiti gli incrementi di produttività, che poi di fatto è la creazione della ricchezza economica? Quì il problema diventa politico. Il COME si produce ricchezza e il COME  si distribuisce la ricchezza prodotta è la diaspora, la diatriba sociale dell'eguaglianza.
L'imprenditore che ha più incrementi produttivi decide se quel fatturato in più , che è accumulazione, vada distribuito in dividendo e quindi in tasca propria, in diversificazioni di investimenti, in strategie di prezzo , perché potrebbe abbassare i prezzi in quanto la sua produttività lo fa diventare più competitivo sui costi, almeno in teoria, poiché sempre in teoria se si produce di più un determinato prodotto si aumenta l'offerta di quel prodotto che non è detto sia compensato da un maggiore domanda, quindi il prezzo unitario sul mercato è decisivo nella strategia di diversificazione delle scelte imprenditoriali. In realtà ormai da decenni non si fa più così. Se il cardine è il prezzo unitario ed è il mercato che lo decide, le strategie produttive sono finalizzate a non creare superproduzioni che genererebbero stock di prodotti invenduti , si produce quindi solo in funzione della domanda di mercato del prodotto e ciò genera una insaturazione produttiva, nel senso che si attiva la produzione in funzione della domanda che è variabile, stagionalizzata. Da ciò nascono i siistemi della fabbrica flessibile attuale.


E il lavoratore?Se non conosce il processo produttivo, sarà in balia dell'imprenditore che può bluffare, prenderlo in giro, perché non conosce né la contabilità aziendale, se non il bilancio, e non conosce il piano industriale strategico imprenditoriale, che sono parole. Quindi all'imprenditore conviene sempre stare in un eterno stato di crisi e intanto portarsi a casa a fine anno profitti.
Quindi ,come spesso avviene, il lavoratore non rivendica sugli incrementi di produttività, se non meno o parecchio meno di quelli reali.


In teoria invece si dovrebbe conoscere l'incremento di produttività  e decidere come deve esser gestito, in quanto il lavoratore vi concorre. Spesso si rivendica maggiore retribuzione e quasi niente di abbassamento della riduzione di orario di lavoro.
Perché avere più denaro in retribuzione per il lavoratore gli fa credere un'immediata conquista, ma sarà l'inflazione e magari una svalutazione(una volta...) a riaumentare i prezzi di mercato e quindi il costo della vita. I prezzi aumentati riassorbono gli incrementi delle retribuzioni, questa è una fesseria economicamente, perché il lavoratore è sempre un passo indietro nel rapporto prezzo prodotti/retribuzioni. Se invece abbassasse l'orario di orario , abbasserebbe la produttività, sarebbe lui che ha riassorbito la maggiore produttività, inducendo l'imprenditore, a costi del lavoro maggiore a trovare migliorie e soluzioni tecniche (come ad esempio una macchina più veloce e potente che sostituisce e integra il lavoro umano).


Allora che si fa? E' lotta politica, è dialettica delle parti sociali.
Perché, ribadisco, andrebbe già prima di aumento di produttività stabilito come dovrà essere suddiviso: una parte all'imprenditore, una parte al lavoratore.
La stessa cosa dovrebbe avvenire con lo Stato, dove il PIL; il prodotto interno lordo, dovrebbe stabilirsi come lo Stato agirà sulle tasse, sui servizi sociali, sui capitoli di spesa pubblica e sugli investimenti pubblici e di mantenimento.
Ricorderei, riprendendo la storia della produttività delle civiltà , che quando un settore, come l'agricoltura incrementa e sviluppa accumulazione, questa libera risorse per altri settori.
Quindi i passaggi dal settore primario, al secondario industria, al terziario commerciale e bancario fino al terziario avanzato  è grazie agli incrementi di produttività che generano accumulazione del capitale e liberano quindi risorse d ricchezza per investimenti in altri settori.


Infine: è fattibile il lavorare meno per lavorar tutti, almeno in teoria, ma in un sistema capitalistico temo che sia solo applicabile da azienda ad azienda, difficilmente generalizzabile, se non a livello globale.
Se fosse generalizzabile ,le aziende marginali di un dato settore, che fanno già fatica chiuder un bilancio in pareggio , andrebbero fuori mercato:chiudono. Questo è il motivo per cui le rivendicazioni sono settoriali e anche aziendale, perché gli andamenti variano da settori a settori a da azienda ad azienda.


Il part-time orizzontale o verticale, a seconda della tipologia di quantità di ore di lavoro distribuite settimanalmente, conviene o non conviene anche in funzione dei costi indiretti determinati dai contributi richiesti dallo Stato. Faccio un esempio: due part-time da 4 ore ciascuno costano di più, generalmente di un lavoratore  tempo pieno di 8 ore, perché il peso dei costi indiretti sommati dei due part-time è maggiore di quello a tempo pieno. Così come conviene per l'imprenditore far fare straordinari che assumere, ma proprio per i costi indiretti che versa l'imprenditore per i contributi allo Stato. Quindi sono le politiche  dello Stato sui costi del lavoro e i livelli id contributi e tassazione che concorrono e spesso in maniera decisiva ,alle scelte imprenditoriali.

daniele22

Buona serata ... "Lavorare meno, lavorare tutti" ... mi suona come slogan mosso, e andrebbe bene così, più dal sentimento che dalla ragione. Come detto in altri termini anche da Ipazia troverei quindi fuorviante il parlarne in termini di "ragionevoli calcoli", prò o contro, anche perché chi è contrario parte avvantaggiato grazie allo stato in cui funzionano oggi le cose, bella roba tra l'altro. Lo stile di vita dev'essere guidato dalla ragione o dal sentimento?

anthonyi

Ciao Daniele, si tratta di una scelta collettiva, per cui il problema sarebbe capire il sentimento di chi, tra i tanti chiamati in causa, dovrebbe guidare queste scelte?
La ragione, invece, è più oggettiva, un criterio ragionevole dovrebbe essere tale per tutti coloro che accettano la ragione stessa.

Ipazia

Citazione di: daniele22 il 12 Ottobre 2021, 21:43:58 PM
Buona serata ... "Lavorare meno, lavorare tutti" ... mi suona come slogan mosso, e andrebbe bene così, più dal sentimento che dalla ragione. Come detto in altri termini anche da Ipazia troverei quindi fuorviante il parlarne in termini di "ragionevoli calcoli", prò o contro, anche perché chi è contrario parte avvantaggiato grazie allo stato in cui funzionano oggi le cose, bella roba tra l'altro. Lo stile di vita dev'essere guidato dalla ragione o dal sentimento?
Più che di sentimento si tratta di giustizia sociale, soprattutto in uno stato che - art. 1 della Costituzione - proclama solennemente di essere "fondato sul lavoro".
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

viator

Citazione di: anthonyi il 12 Ottobre 2021, 21:56:34 PM
Ciao Daniele, si tratta di una scelta collettiva, per cui il problema sarebbe capire il sentimento di chi, tra i tanti chiamati in causa, dovrebbe guidare queste scelte?
La ragione, invece, è più oggettiva, un criterio ragionevole dovrebbe essere tale per tutti coloro che accettano la ragione stessa.

Salve anthonyi. Ma come ? Non capisci ? Ovvio che per daniele22 - il quale è ormai notoriamente un idealista buonista - lo "stile di vita" (in realtà si dovrebbe chiamare "tenore socioeconomico di vita")............dovrebbe venir regolato solamente dal sentimento, dal'etica e dalla virtù (di daniele22 medesimo, credo)!.

Concetti come produttività, efficienza, lucro, investimenti, reddito, aritmetica, finanza, economia politica........ovvero tutto ciò che implichi l'uso (non importa a qual fine) della ragione...........secondo te hanno una qualche importanza nell'onirico mondo degli idealisti buonisti ?. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

viator

Citazione di: paul11 il 12 Ottobre 2021, 11:26:19 AM
Ritengo che la chiave dello slogan lavorare meno per lavorare tutti sia nel termine produttività.
La storia umana e quindi anche delle civiltà, è spesso, se non sempre, accompagnata da incrementi di produttività. Spesso il fattore determinante è l'applicazione di nuove tecniche date da scoperte e innovazioni scientifiche che hanno migliorato il modo di lavorare, quindi di trasformare e produrre.
In poche parole se da un ettaro di terreno si ha una produzione di risone di 30q.li che diventa con migliorie tecniche nelle diversi fasi biologiche di accrescimento del riso, si passa a 50-60 qli per ettaro, si ha un incremento produttivo. Quindi maggiore produzione significa aumento di fatturato potenzialmente (potenzialmente perché il prezzo unitario di prodotto finito è a sua volta determinato dalla domanda e offerta del mercato). Leontief, premio Nobel di economia, descrisse il motivo della sostituzione del cavallo da parte del trattore: semplicemente perché l'incremento di produttività della "macchina" è tale non solo per incremento della produzione, ma anche per abbassamento di costi fissi e variabili appiccati all'incrementano marginale della produttività.
Per cui è altrettanto chiaro che in un determinata produzione industriale se vi sono 10 lavoratori che producono 10 automobili all'ora ( spesso l'indicatore del costo del lavoro è orario/ numero addetti)
si può incrementare la produttività , o abbassando il costo del lavoro e quindi diminuendo i lavoratori, o aumentando la produzione oraria, o ,come di fatto è avvenuto intervenendo su entrambi.


Dove sono finiti gli incrementi di produttività, che poi di fatto è la creazione della ricchezza economica? Quì il problema diventa politico. Il COME si produce ricchezza e il COME  si distribuisce la ricchezza prodotta è la diaspora, la diatriba sociale dell'eguaglianza.
L'imprenditore che ha più incrementi produttivi decide se quel fatturato in più , che è accumulazione, vada distribuito in dividendo e quindi in tasca propria, in diversificazioni di investimenti, in strategie di prezzo , perché potrebbe abbassare i prezzi in quanto la sua produttività lo fa diventare più competitivo sui costi, almeno in teoria, poiché sempre in teoria se si produce di più un determinato prodotto si aumenta l'offerta di quel prodotto che non è detto sia compensato da un maggiore domanda, quindi il prezzo unitario sul mercato è decisivo nella strategia di diversificazione delle scelte imprenditoriali. In realtà ormai da decenni non si fa più così. Se il cardine è il prezzo unitario ed è il mercato che lo decide, le strategie produttive sono finalizzate a non creare superproduzioni che genererebbero stock di prodotti invenduti , si produce quindi solo in funzione della domanda di mercato del prodotto e ciò genera una insaturazione produttiva, nel senso che si attiva la produzione in funzione della domanda che è variabile, stagionalizzata. Da ciò nascono i siistemi della fabbrica flessibile attuale.


E il lavoratore?Se non conosce il processo produttivo, sarà in balia dell'imprenditore che può bluffare, prenderlo in giro, perché non conosce né la contabilità aziendale, se non il bilancio, e non conosce il piano industriale strategico imprenditoriale, che sono parole. Quindi all'imprenditore conviene sempre stare in un eterno stato di crisi e intanto portarsi a casa a fine anno profitti.
Quindi ,come spesso avviene, il lavoratore non rivendica sugli incrementi di produttività, se non meno o parecchio meno di quelli reali.


In teoria invece si dovrebbe conoscere l'incremento di produttività  e decidere come deve esser gestito, in quanto il lavoratore vi concorre. Spesso si rivendica maggiore retribuzione e quasi niente di abbassamento della riduzione di orario di lavoro.
Perché avere più denaro in retribuzione per il lavoratore gli fa credere un'immediata conquista, ma sarà l'inflazione e magari una svalutazione(una volta...) a riaumentare i prezzi di mercato e quindi il costo della vita. I prezzi aumentati riassorbono gli incrementi delle retribuzioni, questa è una fesseria economicamente, perché il lavoratore è sempre un passo indietro nel rapporto prezzo prodotti/retribuzioni. Se invece abbassasse l'orario di orario , abbasserebbe la produttività, sarebbe lui che ha riassorbito la maggiore produttività, inducendo l'imprenditore, a costi del lavoro maggiore a trovare migliorie e soluzioni tecniche (come ad esempio una macchina più veloce e potente che sostituisce e integra il lavoro umano).


Allora che si fa? E' lotta politica, è dialettica delle parti sociali.
Perché, ribadisco, andrebbe già prima di aumento di produttività stabilito come dovrà essere suddiviso: una parte all'imprenditore, una parte al lavoratore.
La stessa cosa dovrebbe avvenire con lo Stato, dove il PIL; il prodotto interno lordo, dovrebbe stabilirsi come lo Stato agirà sulle tasse, sui servizi sociali, sui capitoli di spesa pubblica e sugli investimenti pubblici e di mantenimento.
Ricorderei, riprendendo la storia della produttività delle civiltà , che quando un settore, come l'agricoltura incrementa e sviluppa accumulazione, questa libera risorse per altri settori.
Quindi i passaggi dal settore primario, al secondario industria, al terziario commerciale e bancario fino al terziario avanzato  è grazie agli incrementi di produttività che generano accumulazione del capitale e liberano quindi risorse d ricchezza per investimenti in altri settori.


Infine: è fattibile il lavorare meno per lavorar tutti, almeno in teoria, ma in un sistema capitalistico temo che sia solo applicabile da azienda ad azienda, difficilmente generalizzabile, se non a livello globale.
Se fosse generalizzabile ,le aziende marginali di un dato settore, che fanno già fatica chiuder un bilancio in pareggio , andrebbero fuori mercato:chiudono. Questo è il motivo per cui le rivendicazioni sono settoriali e anche aziendale, perché gli andamenti variano da settori a settori a da azienda ad azienda.


Il part-time orizzontale o verticale, a seconda della tipologia di quantità di ore di lavoro distribuite settimanalmente, conviene o non conviene anche in funzione dei costi indiretti determinati dai contributi richiesti dallo Stato. Faccio un esempio: due part-time da 4 ore ciascuno costano di più, generalmente di un lavoratore  tempo pieno di 8 ore, perché il peso dei costi indiretti sommati dei due part-time è maggiore di quello a tempo pieno. Così come conviene per l'imprenditore far fare straordinari che assumere, ma proprio per i costi indiretti che versa l'imprenditore per i contributi allo Stato. Quindi sono le politiche  dello Stato sui costi del lavoro e i livelli id contributi e tassazione che concorrono e spesso in maniera decisiva ,alle scelte imprenditoriali.


Salve phil. Ti considero un amico-utente da me troppo trascurato. Chiarezza di linguaggio, solidità di basi culturali, toni pacati, carriolate di buonsenso. Tra l'altro i tuoi interventi non prestano il fianco a nessuna delle mie frecciate..............aspetto quest'ultimo che vorrei proprio ti suonasse come mio elogio incondizionato. Ti considero uno degli utenti più riflessivi del forum. Grazie ed avanti così. Salutoni.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

JE

Salve,


colgo l'occasione per un primo messaggio. Sono un vecchio utente del vecchio forum, bazzicolavo da queste parti una decina di anni fa circa.


Mi fa piacere vedere che esiste tuttora. Chiusa la premessa.


Dal mio punto di vista, la logica comunitaria prevede omogeneità sociale e culturale. Impossibile nell'ambiente odierno.


Idealmente sarebbe... Ideale. Per me l'unica maniera di attuare un piano comunitario al momento é trovare un manipolo di persone con idee ed origini compatibili, comprare una proprietà isolata e fertile, e mettere su un sistema agricolo di aquaponica/permacultura. Costicchia per cominciare, sia in termini di lavoro, studio e soldi, ma dopo basta fare manutenzione e si ha cibo buono tutto l'anno. (ho fatto questa parentesi per chi fosse seriamente interessato a idee del genere).


Credo che nella logica moderna della vita, la "retromarcia" non sia ammissibile. Sarebbe dire "abbiamo sbagliato direzione" e questo non se lo può permettere nessun politico o amministratore statale.


Il sistema in cui viviamo non verrà mai fermato se non che da un crash frontale contro il muro della realtà, realtà per cui "soldi" e "pil" sono 2 ventate di aria fritta.


La mia opinione é che tutta la situazione 2020-2021 sia un losco affare per assicurarsi la realizzazione incontrastata di un crash controllato economico e sociale che risparmierà gente di potere a costo dell'ignorante politico medio (cioè chiunque altro).


La struttura per contenere il fallout sociale derivante é stata messa in piedi alla velocità della luce.


Quello che voglio dire con ciò é che la natura non fa salti. E chi guadagna dal lavoro e vita altrui, "l'affarista di vite" non fa sconti.


Penso che chi veda nel futuro un roseo "reddito di cittadinanza" e "macchine che fanno tutto il lavoro" non abbia ben chiaro che questo riduce l'uomo ad un cane di servizio... Cane la cui vita "appartiene" come "strumento", e che sarà concessa solo agli utili.


Credo che l'unica via verso il futuro sia di mettersi in salvo attuando piani agricoli slegati dal tessuto socioeconomico "globalizzato". Sicuro, ci saranno problemi, ma almeno chi li crea sarebbe costretto a mostrare la faccia per quel che é, invece di nascondersi dietro a "politiche per la salvaguardia del benessere comune".


L'unica maniera per uno stato lavorativo equo e condiviso é di essere in ambiente di fiducia. Le leggi non possono compensare un ambiente non di fiducia.


Il capitalismo non funziona con poca gente, il comunismo non funziona con troppa.


Dato che il capitalismo oggigiorno é notoriamente un gioco cannibalistico, credo che il ritiro in comunità omogenea alla propria cultura sia l'unica alternativa decente.












anthonyi

Citazione di: Ipazia il 12 Ottobre 2021, 22:13:42 PM
Citazione di: daniele22 il 12 Ottobre 2021, 21:43:58 PM
Buona serata ... "Lavorare meno, lavorare tutti" ... mi suona come slogan mosso, e andrebbe bene così, più dal sentimento che dalla ragione. Come detto in altri termini anche da Ipazia troverei quindi fuorviante il parlarne in termini di "ragionevoli calcoli", prò o contro, anche perché chi è contrario parte avvantaggiato grazie allo stato in cui funzionano oggi le cose, bella roba tra l'altro. Lo stile di vita dev'essere guidato dalla ragione o dal sentimento?
Più che di sentimento si tratta di giustizia sociale, soprattutto in uno stato che - art. 1 della Costituzione - proclama solennemente di essere "fondato sul lavoro".
Scusa ipazia, ma se la repubblica è fondata sul lavoro, perché dovrebbe sostenere il lavorare meno?

anthonyi

Citazione di: JE il 13 Ottobre 2021, 02:55:23 AM
Salve,


colgo l'occasione per un primo messaggio. Sono un vecchio utente del vecchio forum, bazzicolavo da queste parti una decina di anni fa circa.


Mi fa piacere vedere che esiste tuttora. Chiusa la premessa.


Dal mio punto di vista, la logica comunitaria prevede omogeneità sociale e culturale. Impossibile nell'ambiente odierno.


Idealmente sarebbe... Ideale. Per me l'unica maniera di attuare un piano comunitario al momento é trovare un manipolo di persone con idee ed origini compatibili, comprare una proprietà isolata e fertile, e mettere su un sistema agricolo di aquaponica/permacultura. Costicchia per cominciare, sia in termini di lavoro, studio e soldi, ma dopo basta fare manutenzione e si ha cibo buono tutto l'anno. (ho fatto questa parentesi per chi fosse seriamente interessato a idee del genere).


Credo che nella logica moderna della vita, la "retromarcia" non sia ammissibile. Sarebbe dire "abbiamo sbagliato direzione" e questo non se lo può permettere nessun politico o amministratore statale.


Il sistema in cui viviamo non verrà mai fermato se non che da un crash frontale contro il muro della realtà, realtà per cui "soldi" e "pil" sono 2 ventate di aria fritta.


La mia opinione é che tutta la situazione 2020-2021 sia un losco affare per assicurarsi la realizzazione incontrastata di un crash controllato economico e sociale che risparmierà gente di potere a costo dell'ignorante politico medio (cioè chiunque altro).


La struttura per contenere il fallout sociale derivante é stata messa in piedi alla velocità della luce.


Quello che voglio dire con ciò é che la natura non fa salti. E chi guadagna dal lavoro e vita altrui, "l'affarista di vite" non fa sconti.


Penso che chi veda nel futuro un roseo "reddito di cittadinanza" e "macchine che fanno tutto il lavoro" non abbia ben chiaro che questo riduce l'uomo ad un cane di servizio... Cane la cui vita "appartiene" come "strumento", e che sarà concessa solo agli utili.


Credo che l'unica via verso il futuro sia di mettersi in salvo attuando piani agricoli slegati dal tessuto socioeconomico "globalizzato". Sicuro, ci saranno problemi, ma almeno chi li crea sarebbe costretto a mostrare la faccia per quel che é, invece di nascondersi dietro a "politiche per la salvaguardia del benessere comune".


L'unica maniera per uno stato lavorativo equo e condiviso é di essere in ambiente di fiducia. Le leggi non possono compensare un ambiente non di fiducia.


Il capitalismo non funziona con poca gente, il comunismo non funziona con troppa.


Dato che il capitalismo oggigiorno é notoriamente un gioco cannibalistico, credo che il ritiro in comunità omogenea alla propria cultura sia l'unica alternativa decente.
Ciao je, bentornato nel forum, chi sostiene il lavorare meno, si presume che voglia lavorare meno, e tu gli proponi di mettersi a zappare la terra?

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