La "sedazione terminale"

Aperto da Eutidemo, 18 Febbraio 2023, 13:17:20 PM

Discussione precedente - Discussione successiva

Eutidemo

Nel mio topic "La legge e l'eutanasia", ho concentrato la mia attenzione sulla legge 219/17, che, in determinati casi, depenalizza l'"omicidio del consenziente"; però, in tale sede, per non divagare troppo O.T., ho potuto accennare solo di sfuggita alle "cure palliative" di cui alla legge 15 marzo 2010, n. 3.
Le quali, invece, meritano un apposito TOPIC.
.
PREMESSA
In primo luogo occorre sempre tener presente che il reato di "omicidio del consenziente", così come l'art.579 del Codice Penale etichetta brutalmente la pratica dell'eutanasia, può consumarsi:
- sia "commissivamente", cioè nel caso in cui il soggetto agente (in genere un medico) somministri al soggetto passivo consenziente un farmaco mortale;
- sia "omissivamente", cioè nel caso in cui il soggetto agente (in genere un medico) non somministri al soggetto passivo consenziente un farmaco o un trattamento che potrebbe salvargli la vita.
Quest'ultimo caso, come spiegato nel mio apposito TOPIC, ormai risulta pressochè "scriminato" dalla legge 219/17; mentre il primo caso non è stato affatto scriminato.
Tuttavia la sua applicazione concreta risulta, talvolta, di dubbia interpretazione; soprattutto per quanto concerne le cosiddette "cure palliative" (o "sedazione terminale") di cui alla legge 15 marzo 2010, n. 3di cui alla legge 15 marzo 2010, n. 3.
***
Sussiste infatti in Italia un acceso dibattito sull'effettiva natura di questo intervento medico, il quale:
- da alcuni è visto come una forma mascherata di eutanasia illegale;
- da altri come una normale e legittima terapia del dolore nella fase terminale di una patologia.
***
.
LA SEDAZIONE TERMINALE
Ma le cose non sono così semplici, perchè, così come nel Caduceo, simbolo dei farmacisti, uno stesso prodotto galenico, a seconda dell'uso ponderato che se ne fa, può risultare tanto un "veleno" quanto un "farmaco".
***
In ambito farmaceutico, e sanitario in generale, i due serpenti rappresentano uno la "dose terapeutica" e l'altro la "dose letale" di un stesso "preparato"; le quali variano anche in relazione alle specifiche condizioni del malato.
***
La discriminazione tra i due possibili effetti del farmaco è sempre un'operazione delicata, che richiede una notevole esperienza dell'operatore sanitario; ma, nella maggior parte dei malati terminali, è una cosa "quasi" impossibile.
Ed infatti i malati terminali sono soggetti molto "fragili" per cui:
- una "dose troppo forte di morfina", può provocare l'insorgere di gravi depressioni respiratorie e circolatorie,  fino ad arrivare all'arresto respiratorio, al collasso e al coma, con conseguente morte del paziente (specie in malati in fase terminale);
- una "dose troppo debole di morfina", però,  non riuscendo ad attenuare a sufficienza il dolore insopportabile provato dal malato, può provocare una tale scarica di ormoni dal sistema nervoso simpatico, le "catecolamine", da danneggiare il cuore in modo irreversibile, con conseguente morte del paziente (specie in malati in fase terminale)
***
Per cui, in un certo senso, la morfina (come anche molti altri analgesici), possono uccidere sia se usati in dosi eccessive, sia se usati in dosi insufficienti; l'unica differenza è che, nel primo caso, uccidono "in modo indolore", mentre, nel secondo caso, lasciano morire "in modo molto doloroso" (a causa dello stress provocato da una sofferenza non sufficientemente attenuata).
Vedete un po' voi che cosa sia meglio!
.
SCOPI DIRETTI ED EFFETTI INDIRETTI
Visto che non esiste un "limite oggettivo", al paziente può essere proposto di incrementare le dosi, benché ciò possa comportare, come effetto collaterale, anche la morte; spesso il malato e i familiari accettano e, dopo qualche giorno di terapia del dolore, può sopraggiungere la morte per l'effetto combinato della patologia e dei farmaci somministrati.
***
Ciò premesso, la cosiddetta "sedazione terminale", non ha affatto lo scopo specifico, come spesso si afferma, :
- di "far morire" chi è ancora vivo;
- bensì di "far dormire" chi sta morendo, risparmiandogli le sofferenze altrimenti che accompagnano gli ultimi giorni di agonia.
***
"Morire...dormire, e nulla più! E con un sonno dirsi che poniamo fine al dolore e alle infinite miserie, naturale retaggio della carne; è una soluzione da desiderare ardentemente" (Shakespeare, "Monologo di Amleto").
***
In altre parole, l'azione di rimuovere il dolore del paziente può anche comportare la morte del paziente; ma questo, a mio avviso, non configura il reato di "omicidio del consenziente", così come l'art.579 del Codice Penale etichetta brutalmente la pratica dell'eutanasia.
Ed infatti, tale reato, secondo me, si configurerebbe soltanto nel caso in cui la morte del paziente fosse positivamente voluta, non come "fine" ma come "mezzo" per eliminarne le sofferenze; ed invero, il malato, una volta deceduto, non soffre più.
Ma lo scopo primario dei farmaci analgesici e l'intenzione dell'anestesista:
- non è la morte del paziente, per non farlo soffrire più una volta morto;
- bensì è l'alleviamento delle sue sofferenze finchè è vivo.
Sono due cose molto diverse!
***
Se, in seguito, subentra anche la morte del paziente, non si tratta di un effetto "voluto", né come "fine" né come "mezzo", ma soltanto "previsto" e "accettato", come dimostra il fatto che il controllo del dolore consegue all'uso del sedativo prima ancora che il paziente muoia; nel caso dell'"eutanasia", invece, la morte non è una conseguenza aggiuntiva e non voluta della propria condotta sanitaria, ma il mezzo che si sceglie deliberatamente di utilizzare per raggiungere lo scopo di eliminare le sofferenze del paziente.
***
A meno che, qualche giudice molto pignolo, non voglia intravedere nel comportamento del medico il cosiddetto "dolo eventuale";  il quale  si configura quando il soggetto agente si rappresenta in maniera sufficientemente precisa l'evento che potrebbe derivare dalla propria condotta e lo accetta (rappresentazione + accettazione dell'evento).
Tale accettazione deve avvenire a seguito di un giudizio di bilanciamento operato dall'agente nel quale sono posti a confronto due beni, interessi, obiettivi o eventi e all'esito del quale uno risulta sacrificabile agli occhi dell'agente (vita del paziente), pur di provare a perseguire l'altro (eliminazione del dolore del paziente).
***

Socrate78

Comunque negli Hospice si pratica l'eutanasia vera e propria, perché come spieghi che lì arrivino pazienti che hanno circa tre mesi di vita e finiscono al Camposanto solo in quindici giorni massimo? Evidentemente è perché è già appunto calcolato che con quelle dose di morfina e altri oppiacei si ha la depressione cerebrale e respiratoria e quindi la morte, si sa benissimo e lo si calcola, quindi è eutanasia mascherata con la scusa di alleviare le sofferenze. Quando morì Marina Ripa di Meana, per un tumore, ella voleva andare in Svizzera per il suicidio assistito, ma poi un'amica le disse che esisteva una via ITALIANA per l'eutanasia ,e cioè la sedazione profonda, che poteva essere fatta anche in regime di Hospice o a casa ed ella morì proprio perché le vennero somministrati farmaci oppiacei in modo tale da provocare il decesso per depressione cerebrale dei centri del respiro e arresto cardiaco. Quindi come vedi c'è una distinzione tra la sedazione solo palliativa e quella eutanasica, che viene fatta su malati terminali, negli Hospice si pratica la sedazione eutanasica siccome non si può praticare il suicidio assistito, è un modo per aggirare il divieto legale dell'eutanasia.

Eutidemo

Ciao Socrate 78 :)
La somministrazione di morfina è in proporzione "diretta" o "inversa" alla intensità del dolore.
***
Ed infatti, dopo l'intervento di "ricostruzione cranica", mi misero in mano una "pompa di morfina", affinchè io stesso ne regolassi da solo il flusso a seconda della intensità del dolore che provavo; flusso che io diminuii poco a poco, mano a mano che il dolore al cuoio capelluto diminuiva.
***
Nel caso di malati terminali di cancro, poichè in fase terminale il dolore aumenta progressivamente, il personale sanitario aumenta progressivamente anche la dose di morfina, per attenuarlo in modo accettabile; altrimenti, se, ad un certo punto, smettessero di aumentare la dose di morfina per evitare il rischio di depressione cerebrale e respiratoria, l'unico risultato che otterrebbero sarebbe quello di vedere il malato contorcersi nel suo giaciglio a causa di sofferenze sempre più strazianti e lancinanti.
Per poi morire comunque, magari poco tempo dopo, a causa del dolore invece che della morfina! :'(
***
Lo scopo della medicina è quello di farci "vivere più a lungo" (e bene), ma non è certo quello di farci "morire più lentamente" (e male).
***
Un saluto! :)
***