La pena di morte è ammissibile?

Aperto da Jacopus, 15 Agosto 2018, 19:06:30 PM

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Phil

Citazione di: donquixote il 17 Agosto 2018, 09:18:03 AM
Citazione di: Phil il 16 Agosto 2018, 22:37:13 PM
Citazione di: donquixote il 16 Agosto 2018, 16:49:16 PMIl secondo link che hai riportato rimanda all'etimo che ho citato io (e che afferma l'opposto del significato di "separato")
Cito dal secondo link: "Il termine sacro deriva dal latino dotto, sac-ru(m), che a sua volta viene dalla radice sac- o sak-, della lingua indoeuropea e che ha il significato di separazione, recinto." Non che l'appoggio etimologico sia necessario o confortante, ma se c'è, non mi dispiace :)
Sotto alla descrizione c'è un link che rimanda al dizionario etimologico che ho citato nel mio messaggio precedente: come si spiega che tale dizionario traduce "sak" con "unito" e non con "separato"  e quindi smentisce in pieno la descrizione di quella pagina?
Onestamente non lo so; come dicevo, non sono un linguista  :)

Citazione di: donquixote il 17 Agosto 2018, 09:18:03 AM
Più semplicemente si utilizzano criteri validi sempre e ovunque, anche confrontandoli con quelli di altre culture.
"Criteri validi sempre e ovunque" per valutare una cultura, che non siano anch'essi culturali, non riesco ad immaginarli (limite mio?).
Ad esempio, affermare che
Citazione di: donquixote il 17 Agosto 2018, 09:18:03 AM
se una collettività non si organizza in tal modo oppure i valori di riferimento sono valori che dividono e non uniscono allora è una cultura decadente o una non-cultura.
presuppone una visione della cultura come collante sociale che non considera quanto tali valori di riferimento siano necessariamente basati sulla discriminazione (in senso logico): la cultura tende ad unificare, ma la coesione interna è proprio ciò che forza la denotazione delle differenze che essa stessa (im)pone. La cultura decide e divide giusto/sbagliato, sano/malato, bello/brutto, sacro/profano, etc. e tutte le altre discriminazioni su cui fonda la sua stessa identità. Oggi non accade forse lo stesso, soltanto in modo più rapido e complesso?

Citazione di: donquixote il 17 Agosto 2018, 09:18:03 AM
se affermiamo che i concetti cambiano col tempo e dunque quel che per secoli è stata chiamata "mela" oggi si può con disinvoltura chiamare "pera"
"Mela" e "pera" sono oggetti, non concetti sociali: la cultura tende a cambiare questi ultimi (la storia docet) più che i primi.

Citazione di: donquixote il 17 Agosto 2018, 09:18:03 AM
(come "sacro" che da "unito" diventa "separato")
Al di là dell'etimologia, concettualmente, mi sembra che il sacro richieda divisione (come ho cercato di argomentare in precedenza e in seguito).

Citazione di: donquixote il 17 Agosto 2018, 09:18:03 AM
In qualunque modo si giudichi una cultura questa dovrebbe avere come minimo la caratteristica della coerenza interna.
Quella di oggi è una coerenza dinamica che, letta con le categorie più statiche del (recente) passato, può risultare inintelligibile; la sfida del contemporaneo è tutta qui.

Citazione di: donquixote il 17 Agosto 2018, 09:18:03 AM
Se il sacro (come conferma Levi Strauss e tutti coloro che ne hanno ancora una nozione corretta) attiene all'ordine significa che se lo sciamano aborigeno ha un suo ruolo e suo suo luogo "sacri" lo stesso è per i cacciatori, o le donne che curano i bimbi, o per i costruttori di villaggi, o per gli intagliatori del legno, o per chiunque svolga una particolare attività che sia funzionale all'ordine comunitario. Se lo sciamano è "separato" dal cacciatore allo stesso modo le donne sposate sono "separate" da quelle nubili e via elencando, ma tutto rimanda ad un ordine "sacro" in cui ognuno sta al proprio posto e svolge il proprio ruolo, ed è proprio questo che rende una comunità "sacra" nel suo complesso.
Eppure il sacro dello sciamano non è il sacro del cacciatore; l'ordine complessivo è fondato proprio su quelle divisioni e delimitazioni: di ruoli, di spazi, etc.... e se tutto è considerato sacro, il concetto di sacro si "inflaziona" sino a quasi perdere di senso.

Citazione di: donquixote il 17 Agosto 2018, 09:18:03 AM
Nelle società "profane" invece ognuno, come hai detto tu, definisce "sacro" ciò che ritiene più importante per lui, e dunque non vi è un ordine superiore condiviso a cui fare riferimento ma solo confusione, e solo in tali società "sacro" può significare "separato" perchè ciò che è sacro per qualcuno non è riconosciuto da tutti gli altri ma solo da lui stesso (il denaro, la terra, la salute, la vita umana, la democrazia, i confini eccetera) e oltretutto ognuno può attribuire "sacralità" (quindi importanza) a oggetti o concetti diversi nel corso della propria vita, negando quelli precedenti.
Si, attualmente il sacro è una categoria perlopiù metaforica e narrativa, molto meno metafisica e spirituale che in passato; già considerare questo è un inizio per tentare di decifrare la nostra cultura.


P.s.
Grazie per la segnalazione su Tonnies, cercherò qualche compendio online.

paul11

Citazione di: Phil il 16 Agosto 2018, 12:31:42 PM
Citazione di: paul11 il 15 Agosto 2018, 23:01:17 PM
Agamben ha speso anni a studiare l'homo sacer del diritto latino, questa sacralità della vita appartiene allo Stato o Dio, non all'individuo singolo.Ma il paradosso è che in realtà non appartiene a nessuno per questo rimane "sacro".
Curiosando ho trovato che l'etimologia di "sacro" può essere ricollegata anche all'accadico "sakaru" e alla radice indoeuropea "sak": interdire, sbarrare, recintare, separare ciò che è altro (il sacro dal profano, la spazio sacro del tempio dalla terra volgare della coltivazione, i giusti dai peccatori, etc.).
Proprio il citato Foucault, se non erro, accomunava "sociologicamente" (al netto delle ovvie differenze) istituti detentivi e comunità residenziali di tipo religioso: dove c'è costrizione da parte di un potere "centripeto", dove vige un legame (re-ligio) con regole coercitive o immodificabili "dal basso", dove il bios è recintato da paletti che affondano nella zoè (non puoi uscire, e se esci, oltre ad acquisire uno status iniquo e deprecabile, dovrai occuparti personalmente della tua zoè, mentre "dentro" i bisogni primari sono garantiti dall'Istituzione che governa il tuo bios), tale potere centrale non può che (auto)imporsi come sacro e inviolabile (e i tentativi di violazione saranno perseguiti secondo le norme pertinenti).
La sacralità dell'Istituzione confligge solo apparentemente con la sacralità della vita individuale, poiché è la prima a legittimare (e strumentalizzare) la seconda: ogni sacralità va sancita, e per sancirla è necessaria una sacralità superiore, verticale (sia la verticalità della gerarchia politico-sociale o la verticalità del Cielo). La vita del senza-dio che vivesse lontano dalla società, sarebbe sacra come quella di una zanzara (agli occhi di molti, non di tutti); non a caso la dignità dell'eremita è sempre connotata religiosamente: eremiti sufi, cristiani, buddisti, etc. ad un passo dalla santità, mentre l'eremita che non si richiama a un'Istituzione è ritenuto spesso un selvaggio, un passo indietro rispetto alla civiltà istituzionale.

Citazione di: paul11 il 15 Agosto 2018, 23:01:17 PM
Ma il fatto che nonostante tutto lo stesso Stato compianga il morte in quanto il rito prevede una confessione religiosa(se lo desidera il condannato), e la salma non viene "disprezzata", fa capire che quella sacralità è "intoccabile,"rimane inviolabile persino per un condannato a morte.
Più che l'intoccabilità, ci vedrei proprio il toccare, l'"impugnare" il bios (oltre che la zoè) del condannato a morte: prima e dopo la sua esecuzione, egli resta costantemente nella salda presa dell'Istituzione che ha deciso della sua vita; l'Istituzione gli fornisce conforto spirituale e "ultima cena", l'Istituzione lo sopprime e l'Istituzione si occupa del suo cadavere. La sacralità della vita (e della morte) del condannato, è subordinata e inglobata da quella omnipervasiva dell'Istituzione.

Citazione di: paul11 il 16 Agosto 2018, 10:46:23 AM
Il problema è che un ente che non ha nulla  di fisico ed è impersonale per sua natura,quale lo Stato, decide di un essere e della sua "nuda vita".
Eppure senza la zoè dei suoi cittadini, e senza il loro bios culturale, il Leviatano sarebbe solo un fantasma... come quelli che vogliamo tener lontani e che ci spaventano al punto da rispettare anche il cadavere del più deplorevole fra i condannati a morte  ;)

Citazione di: paul11 il 16 Agosto 2018, 10:46:23 AM
Quindi lo Stato compie un atto di violenza sull'individuo violento,non ne è superiore come diritto, ma solo come potenza e monopolio della violenza.Lo Stato può uccidere, l'individuo no.
La sacralità dello Stato, in quanto sublimazione della sacralità di tutti i suoi membri possibili (non solo attuali), per essere davvero sacra deve dominare quella individuale di ogni singolo possibile, almeno dentro il recinto ("sak") dei confini "sacri" dello Stato (a scanso di equivoci: sto solo descrivendo, non valutando né approvando...).
non avevo visto precedentemente questo post.
Il dibattito sembra allargarsi oltre il contenuto di questa discussione e sarei tentato di seguirne i meandri, ma tento
di seguire una disciplina interna al forum.

Il primo aspetto è che pensatori contemporanei, filosofi e non scienziati, vedendo contraddizioni nella forma dello Stato contemporaneo, hanno creduto e anche in maniera originale, di cercare di capire dove potessero esservi delle ambiguità di fondo che poi storicamente si sono rese evidenti.Una fra queste, come dicevo è la biopolitica.

Il concetto stesso di politica emerge assumendo un ruolo fondamentale nella società e nel governo dello Stato, proprio perchè vi sono fondamenti prima di pensiero e poi giuridici ad esso collegato che sostengono l'impalcatura del diritto  che potremmo definire come il rapporto fra individui e fra individuo e sovranità.
Fino al nomos di Pindaro ,il sovrano era ritenuto colui che stava fra cielo e terra e avrebbe dovuto portare l'ordine cosmico e della natura dentro l'organizzazione umana.In realtà e storicamente avviene proprio l'opposto, che sono i fatti umani, indipendentemente se ritenuti etici o morali, attraverso le transazioni economiche, attraverso il concetto di proprietà .

Il sacro che era nell'ordine superiore all'uomo si sposta all'interesse privato storicamente, alla "domus" famigliare.
Quel che rimane di quel sacro è il solo un termine metafisico spoglio del concetto teoretico e della prassi.
Questo non vale solo nei cicli di ascesa e decadenza delle singole potenze, imperi, Stati susseguitesi negli ultimi due millenni, è dentro le fondamenta giuridiche dello Stato, dentro  i codici. Oggi sono in crisi valori ,ma soprattutto termini come Stato, autonomia, volontà, democrazia, e passano le generazioni e non si riesce a mutare ciò che essendo costruito e creato ormai dall'uomo ,soprattutto con l'avvento del pensiero moderno che  si affranca, o  ne desidererebbe, da quel sacro antico, per dare più potenza alla creazione umana ,proprio a iniziare dalle organizzazioni sociali.

Ma veniamo al dunque: se il bios fu definito dalla cultura greca, la zoè (e lo dimostra la disputa sulle teorie dell'evoluzione naturale umana, a iniziare dal darwinismo) non è mai stata definita: è nel mistero.
L'"homo sacer" è un colpevole che la comunità mette al bando.Non è sacrificabile, in quanto era l'innocenza pura( e non la "nuda vita") che gli dei anelavano. Ma perchè allora è "sacer"? perchè mai ad un colpevole bandito dalla comunità diventa sacro?
Perchè era in mano al destino degli dei, gli uomini della comunità potevano ucciderlo, senza avere ritorsioni legali, o farne schiavo.
Il concetto è che l'homo sacer dimostra il complementare negativo della legge che per definizione diventa "positiva" come viene ritenuta giuridicamente anche oggi.
L'eccezionalità lo diventa anche per la sovranità; il condannato a morte, o se vogliamo l'homo sacer antico, poteva essere graziato solo dal sovrano(il governatore dello stato in USA); da noi in italia solo il Presidente della Repubblica può graziare un ergastolano.

Quì riappare la grazia divina e quindi il sacro originario, come elemento di eccezionalità, ma dentro un contesto che di sacro non ha più nulla. Significa allora che è l'elemento propriamente politico e niente affatto sacro, che emerge nel rapporto fra zoè e sovranità.Intendo dire che la decisione segue una regola di opportunità non più di sacralità, ma proprio a seguito del mutamento culturale in cui le utilità ,gli interessi umani, diventano superiori e spodestano  l'ordine sacro.

Phil

Con questo tipo di temi, l'off topic è dietro l'angolo, eppure, secondo me, il discorso sul sacro (e quindi sulla eventuale sacralità della vita) è logicamente un punto di partenza prioritario rispetto alla tematizzazione diretta della pena di morte.
Se il sacro è un "espediente narrativo" della (post)modernità (ovvero una metafora sull'importanza di qualcosa, una copertura di alcuni dispositivi non-sacri) che nondimeno convive con le differenti tradizioni religiose e se la pena di morte è contemplata dal diritto di paesi in cui il sacro non è solo metaforico, è lecito chiedersi perché lo stato non debba decidere anche della vita di cittadini che hanno a loro volta deciso della vita di altri cittadini...
Se non c'è una sacralità della vita che prescinde dalla colpa e dai reati, se non c'è un'ordalia che rende superfluo il giudizio della legge umana (e nemmeno un capro espiatorio ad interrompere il ciclo della violenza, come ben osserva Kobayashi altrove), se l'essenza dello stato è essere approvato dai cittadini per poi poter disporre dei cittadini (secondo ciò che dovrebbe essere giusto e saggio) come conclude il condannato a morte la frase "no, non dovete uccidermi perché..."?
Se scardiniamo i concetti religiosi di "sacro", "colpa" e "perdono", il discorso sulla pena di morte diventa una questione fra giurisprudenza (pena proporzionale al reato) e sociologia (rieducazione sempre possibile?)... e non è detto sia un male  ;)

paul11

Citazione di: Phil il 17 Agosto 2018, 14:30:36 PM
Con questo tipo di temi, l'off topic è dietro l'angolo, eppure, secondo me, il discorso sul sacro (e quindi sulla eventuale sacralità della vita) è logicamente un punto di partenza prioritario rispetto alla tematizzazione diretta della pena di morte.
Se il sacro è un "espediente narrativo" della (post)modernità (ovvero una metafora sull'importanza di qualcosa, una copertura di alcuni dispositivi non-sacri) che nondimeno convive con le differenti tradizioni religiose e se la pena di morte è contemplata dal diritto di paesi in cui il sacro non è solo metaforico, è lecito chiedersi perché lo stato non debba decidere anche della vita di cittadini che hanno a loro volta deciso della vita di altri cittadini...
Se non c'è una sacralità della vita che prescinde dalla colpa e dai reati, se non c'è un'ordalia che rende superfluo il giudizio della legge umana (e nemmeno un capro espiatorio ad interrompere il ciclo della violenza, come ben osserva Kobayashi altrove), se l'essenza dello stato è essere approvato dai cittadini per poi poter disporre dei cittadini (secondo ciò che dovrebbe essere giusto e saggio) come conclude il condannato a morte la frase "no, non dovete uccidermi perché..."?
Se scardiniamo i concetti religiosi di "sacro", "colpa" e "perdono", il discorso sulla pena di morte diventa una questione fra giurisprudenza (pena proporzionale al reato) e sociologia (rieducazione sempre possibile?)... e non è detto sia un male  ;)
Se il sacro fosse un espediente narrativo, ma io direi più propriamente una metamorfosi, dove la sovranità ha mantenuto la forma del sacro per essere "al di sopra delle parti" come giustizia  ,ma svuotandola di significato in quanto non riflette assolutamente più il nomos i Pindaro ovvero l'ordine sacro fra cielo terra, fra natura e umanità.
Ora è davvero il capro espiatorio chi subisce la pena di morte, per semplice esempio, indipendentemente che meriti la morte.Quindi la sovranità commina la pena per opportunità di "ordine pubblico" non certo per sacralità o meno della vita.
Già S.Paolo diceva che la pena esiste perchè esiste la legge.Ma la legge in quale ordine , in quale contesto è riferita?
Daccapo, al nomos ,all'armonizzazione fra cosmo e homo, oppure all'interesse del sovrano  e lle transazioni economiche e interessi pubblici e privati? Se è quest'ultima, come storicamente è avvenuto, tutto diventa politica, in quanto è tutto interesse e utilità personale o di gruppi sociali.

Quindi se scardiniamo il concetto di sacro il "re è nudo",perchè la sovranità come è costantemente e storicamente data proprio nella modernità e soprattutto ai nostri tempi attuali, vive di "eccezionalità", perchè ormai tutto è emergenza.
L'eccezionalità della sovranità è porsi "in sospensione", " fuori" dalla legge.
Lo stato di eccezione è simile guridicamente all'homo sacer, nessuno dei due dipende più dalla legge, uno è bandito e l'altro si pone fuori dalla legge "ordinaria" , per costruire atti di emergenza richiamando l'eccezionalità degli eventi che possono essere
 di guerra , economici , cataclismi.

A me quindi sta bene Phil la tua ultima argomentazione, ma allora coerentemente discorsi di legalità e legittimità sarebbero a loro volta semplici ritualità laiche  perchè è un eccezione qualunque forma di privilegio, di inviolabilità verso la sovranità.Quindi lo Stato coerentemente si spogli della vestigia del  sacro, di aleggiare fingendo di essere al di sopra delle parti, e finalmente vedremo chiaramente che lo stato è solo un punto di equilibrio fra poteri economici, sociali, interessi privati e pubblici, dove persino la pena di morte sarebbe solo una deterrenza esemplificativa del potere monopolistico armato dello stato contro il singolo, ma soprattutto dove la vita è "nulla", un semplice dato anagrafico, non ha più assolutamente nulla di sacro.

Jean

Pena proporzionale al reato, scrive Phil... e che dire dei mezzi per "prevenirlo"? 
Mi par siano questioni collegate, la parte mancante di questa discussione (... dimmi come previeni e ti dirò come punisci e viceversa).

http://www.repubblica.it/esteri/2018/08/17/news/taser-204283525/?ref=RHPPBT-BH-I0-C4-P2-S1.4-F4

Qual crudeltà, poi, assassinare i pacifici denti di leone... o davvero la squadra di ben 3 agenti temeva per la propria incolumità nell'incrociar la vecchietta armata di pericolosissimo coltello, magari da cucina?

Attenti a voi ch'andate per erbe, funghi e more... farlo rigorosamente a mani nude... (ma in Italia per i funghi vien prescritto il coltello, per pulirli prima di metterli nel cesto).
 

Un cordiale saluto
Jean

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