La modernità come distruzione progressiva

Aperto da cvc, 06 Dicembre 2016, 12:39:15 PM

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InVerno

Citazione di: acquario69 il 09 Dicembre 2016, 04:43:50 AM
ma non e' affatto questione di sostituzione ne tantomeno di rigurgiti nostalgici (che proprio non centrano niente) perché al posto di qualche cosa non ne subentra un altra,come si e' portati a pensare..ma la "tal cosa" non viene rinnovata ma definitivamente distrutta per sempre..ed e' questo il processo mortale (e che avanza sempre più veloce) messo in atto a partire dalla modernità.

tutto questo lo si può riscontrare facilmente,l'esempio più lampante può riguardare il pianeta stesso dove si sta esaurendo la biodiversita,l'inquinamento,la desertificazione...
riguarda la società,le istituzioni,la politica,la cultura..le persone!..e' un buco nero dove tutto finisce per essere risucchiato per sempre.

e a proposito di "buco nero" -terminale- ..se ne parla qui in quest'articolo..
http://www.maurizioblondet.it/capitalismo-terminale-lavori-m-basso-alto/

leggetevi sopratutto il finale perché si ricollega perfettamente al modello di distruzione progressiva...e irreversibile!

Un altra buona distinzione: Il progresso dal capitalismo neoclassico. Oggi il progresso è guidato dal capitalismo neoclassico (specifico neoclassico perchè penso ci siano forme di capitalismo "benigne"). Questo significa che le conseguenze sono da attribuire alla barca che avanti (progresso) o al timoniere (capitalismo) ?

cvc

@InVerno
Adesso non mi metterò di certo a fare una statistica dettagliata ma mi sembra si possa notare facilmente l'accelerazione che la tecnologia informatica ha posto all'innovazione. Se vai al supermercato trovi le casse automatiche, aumentano sempre più gli acquisti via web, i processi di automazione e i software sofisticati continuano ad erodere posti di lavori, quelli che una volta erano telefonini sono diventati dei pc, le multinazionali e i merchandising stanno facendo scomparire i piccoli imprenditori, il turbo capitalismo, l'ingegneria finanziaria.
Parli degli ultimi 50 anni... Io ti dico che ne ho quasi 46, e ricordo come mio padre cercò in ogni modo di inculcarmi la necessità dello studio (con non grande successo purtroppo), di come io fossi fortunato ad avere opportunità che lui alla mia età neanche si sognava, che il pezzo di carta era un'assicurazione sul futuro. Ora, saran passati trent'anni da quei tempi, e i giovani non possono certo pensare che basti un diploma per trovare un posto sicuro, e le prospettive parlano di figli che, per la prima volta, saranno più poveri dei padri. Allo stesso tempo i giovani hanno strumenti di cui noi neanche immaginavano la possibilità: gli Smartphone, Internet... Però a che servono se si instilla in loro un sentimento crescente di precarietà? Perché il problema è che al centro dell'umanità, ma anche dell'idea di progresso, non c'è più l'uomo, ma la tecnica. E la tecnica, a differenza dell'uomo, non offre scopi ma soltanto mezzi. E l'umanità si appresta ad essere, o lo è già, una massa di ricercatori di mezzi, ma ciechi, senza scopi al di là di quelli inerenti alla progressiva innovazione.
Per quanto riguarda il capitalismo benigno o maligno, stando al principio delle conseguenze non intenzionali (la principale giustificazione etica all'accumulazione di capitale), il capitalismo fa, non volendo, il bene di tutti (se è vero che malgrado gli sfruttamenti la povertà generale del mondo è in diminuzione). Ma è proprio questo il punto. Se si fa il bene non volendo, ugualmente si può fare anche il male senza desiderarlo. Se si è convinti che la crescita è un bene, per lo stesso principio della non intenzionalità delle cause si possono produrre disastri non desiderati. Sono chiamati tecnicamente esternalità, il che implica che ci siamo creati un mondo (tecnologico, capitalista, incentrato sulla crescita) che considera la distruzione del mondo (e quindi anche del nostro mondo tecnologico, capitalistico, ecc.) come un elemento esterno ad esso.
Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.

InVerno

Ho specificato neoclassico perchè al contrario altre scuole di pensiero tengono ben conto delle conseguenze non intenzionali perchè sono intrinsecamente collegate ad esse, e variano al variare delle condizioni delle esternalità. Io non sono un economista ma in passato mi è stato spiegato chiaramente un paradosso che ritengo assurdo, le formule che vengono utilizzate oggigiorno dai neoclassici non tengono  per esempio conto del tempo e dello spazio. Come se tutti gli esseri umani risiedessero in un solo punto della terra in un solo unico momento. Teorie economiche diverse (e più antiche, meno "finanziarie") invece sono fortemente collegate al contesto e non sono passibili della tua critica, e non è detto che per necessità un giorno saremo costretti a "riscoprirle" o riadattarle. Poi questo argomento andrebbe  discusso con un economista,  non so se ne sia presente uno sul forum, prendi quello che ti ho detto con le pinze.

Detto questo e tornato in ambiti a me più familiari. Anche se non hai fatto un analisi dettagliata (di cui secondo me ti sei spaventato inutilmente) mi pare di vedere che prendi singole invenzioni come se fossero sufficienti a cambiare da sole i paradigmi (o quasi). Io non ne sono convinto.. Capisco che definire i paradigmi potrebbe diventare un esercizio aleatorio e soggettivo, tuttavia la mia idea è che il cambiamento di esse debba essere confrontato con i cambi generazionali. Una generazione costretta a cambiare paradigma troppe volte nel corso della sua esistenza, potrebbe davvero subire uno stress tale da trovarsi in uno stato confusionale (anche totale). A mio avviso, (ma è una sensazione, anche io non ho fatto un analisi analitica) questo rischio è ancora lontano, e bisogna non confonderlo con la confusione generale dello "zeitgeist" attuale. Siamo alla fine di un ciclo, penso che questo sia indubitabile, e siamo nel periodo di decadenza che suona le trombe della fine. Queste trombe suonano molto forte, non bisogna rimanerne assordati.

Ti lascio con ciò che è scritto nelle prime righe della dichiarazione d'indipendenza Americana, che secondo me depotenzia la tua tesi fino ad annullarla.

All experience has shown that mankind is more disposed to suffer
-while evils are sufferable -
than to right themselves by abolishing the forms to which they are accustomed.

acquario69

Citazione di: InVerno il 09 Dicembre 2016, 09:45:23 AM
Un altra buona distinzione: Il progresso dal capitalismo neoclassico. Oggi il progresso è guidato dal capitalismo neoclassico (specifico neoclassico perchè penso ci siano forme di capitalismo "benigne"). Questo significa che le conseguenze sono da attribuire alla barca che avanti (progresso) o al timoniere (capitalismo) ?

ma io non credo che le cose si possano dissociare o esserci in questo caso una reale distinzione...e' nell'idea stessa di progresso che ne e' sarebbe scaturita una precisa direzione,e ritengo che il timoniere sia sempre stato lo stesso dal momento che ci siamo imbarcati...certo e' sicuramente cambiata la sua forma..un po come quando ci si invecchia..ma non la sua "sostanza" ,o se vuoi la sua convinzione di aver preso la decisione giusta..e misa tanto che ora sia pure affetto da testardaggine senile :)

Apeiron

Aspetti positivi modernità (tra le altre cose):
Assenza schiavitù;
Meno violenza;
Meno volontà di fare guerre;
Condizioni di vita migliori;
Progresso tecnologico-scientifico;
Più istruzione;

Aspetti negativi (anche qui senza volontà di essere completo):
Assenza spirito religioso;
Assenza di spirito filosofico (chi si pone veramente grandi domande e chi ne ha più voglia);
Popolarizzazione (i.e. banalizzazione) di tutto. "All is popular";
Consumismo sfrenato;
Omologazione
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Phil

Citazione di: Apeiron il 09 Dicembre 2016, 16:02:32 PMAspetti negativi (anche qui senza volontà di essere completo):
[...] Omologazione
Non so se sconfino in off topic (e in tal caso me ne scuso), ma credo che il falso mito dell'"omologazione moderna" sia uno dei demoni di cartone, uno degli stereotipi infondati che ormai aleggia ovunque senza essere adeguatamente messo in discussione. Se per modernità intendiamo la contemporaneità, direi che non è certo questa l'epoca in cui si va a scuola vestiti tutti uguali, in cui si recita in coro il credo della cultura dominante, in cui ci sono solo due o tre punti di vista fra cui scegliere, in cui il diverso è in quanto tale inferiore, in cui oltre i confini del proprio stato c'è solo un frivolo fascino esotico... se non erro, la nostra epoca è quella della contaminazione, della interculturalità, del laicismo, del villaggio globale, del "gaypride" e, soprattutto, del fai-da-te (politico, religioso, culturale, etc.). E il fai-da-te è l'antitesi dell'omologazione... 

Con ciò non voglio dire che la modernità sia meglio del suo passato (giudizio che sarebbe autoreferenziale e opinabile, come il considerare l'assenza di spirito religioso un difetto ;)), ma soltanto che "omologazione" non è una categoria che mi sembra descrivere adeguatamente le peculiarità della modernità rispetto al recente passato... indubbiamente ci sono gruppi di persone omologate, ma non credo questa sia una "innovazione" introdotta dallo "spirito della modernità" (gruppi di quel tipo ci sono sempre stati), anzi, la nostra è forse l'epoca più "eterologa, eterodossa ed eteronoma" della storia dell'uomo, proprio perchè il numero di gruppi, "tribù urbane", sub-culture, etc. che convivono spalla a spalla è decisamente più elevato che in passato... se ciò sia un bene o un male, è una questione di paradigmi interpretativi e proprio la modernità ci insegna che non è necessario usare quelli più omologanti  :)

Apeiron

Citazione di: Phil il 10 Dicembre 2016, 20:16:13 PM
Citazione di: Apeiron il 09 Dicembre 2016, 16:02:32 PMAspetti negativi (anche qui senza volontà di essere completo): [...] Omologazione
Non so se sconfino in off topic (e in tal caso me ne scuso), ma credo che il falso mito dell'"omologazione moderna" sia uno dei demoni di cartone, uno degli stereotipi infondati che ormai aleggia ovunque senza essere adeguatamente messo in discussione. Se per modernità intendiamo la contemporaneità, direi che non è certo questa l'epoca in cui si va a scuola vestiti tutti uguali, in cui si recita in coro il credo della cultura dominante, in cui ci sono solo due o tre punti di vista fra cui scegliere, in cui il diverso è in quanto tale inferiore, in cui oltre i confini del proprio stato c'è solo un frivolo fascino esotico... se non erro, la nostra epoca è quella della contaminazione, della interculturalità, del laicismo, del villaggio globale, del "gaypride" e, soprattutto, del fai-da-te (politico, religioso, culturale, etc.). E il fai-da-te è l'antitesi dell'omologazione... Con ciò non voglio dire che la modernità sia meglio del suo passato (giudizio che sarebbe autoreferenziale e opinabile, come il considerare l'assenza di spirito religioso un difetto ;)), ma soltanto che "omologazione" non è una categoria che mi sembra descrivere adeguatamente le peculiarità della modernità rispetto al recente passato... indubbiamente ci sono gruppi di persone omologate, ma non credo questa sia una "innovazione" introdotta dallo "spirito della modernità" (gruppi di quel tipo ci sono sempre stati), anzi, la nostra è forse l'epoca più "eterologa, eterodossa ed eteronoma" della storia dell'uomo, proprio perchè il numero di gruppi, "tribù urbane", sub-culture, etc. che convivono spalla a spalla è decisamente più elevato che in passato... se ciò sia un bene o un male, è una questione di paradigmi interpretativi e proprio la modernità ci insegna che non è necessario usare quelli più omologanti :)

Il mio discorso non voleva essere un confronto di quest'età col passato. L'omologazione che vedo io è dovuta al fatto che mi sembra di notare che tantissime cose vengono ridotte alla cosiddetta "cultura popolare" ossia si è persa la convinzione che ci siano cose veramente importanti rispetto ad altre. Più che un'omologazione delle persone pertanto mi pare di vedere un'omologazione delle ideologie, dovuta in parte ad un (a mio giudizio) errato concetto di tolleranza: la tolleranza infatti è il rispetto della persona mentre le sue idee o il suo modo di vivere si possono criticare.

Anzi quasi quasi potrei eliminare quel termine visto che è parte della "popolarizzazione".
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

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