La modernità come distruzione progressiva

Aperto da cvc, 06 Dicembre 2016, 12:39:15 PM

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cvc

Lo spirito della modernità, come quello del capitalismo cui la modernità è connessa, è quello di distruggere continuamente i modelli precedenti, per creare l'humus adatto su cui possano attecchire le innovazioni. In un cero senso lo spirito della modernità è il trasformismo, perché nessun modello, nessuna costruzione o ideologia può resistere più a lungo del tempo che intercorre fra una innovazione e l'altra. Perché l'innovazione è un processo continuo che non può avere che obbiettivi intermedi, provvisori e sempre sacrificabili in vista del progresso inarrestabile. Questo stato di cose porta, secondo me, a dividere l'umanità sostanzialmente in due categorie: gli innovatori (sia in quanto creatori di idee sia in quanto semplici seguaci) ed il resto del mondo che si arrabatta per rimanere aggiornato in un mondo che cambia in continuazione. In questa visione c'è un elemento che gioca un ruolo fondamentale, ossia la variabile indipendente costituita dalla velocità dell'innovazione. Se facciamo partire la modernità dal risorgimento, troviamo delle innovazioni sensazionali come la stampa, la diffusione della polvere da sparo, le scoperte geografiche, la diffusione del commercio, ecc. Occorreva distruggere i vecchi schemi per fare spazio a questa ondata di novità. Però in questo caso la velocità di diffusione delle innovazioni è stata abbastanza assimilabile. Così anche , seppur sempre meno, per le varie rivoluzioni industriali. Ma la rivoluzione tecnologica e informatica che stiamo vivendo ci presenta una velocità di cambiamento che diventa oramai insostenibile per la maggior parte dell'umanità, che è poi lo stesso stomaco che deve digerirla. Un imprenditore di medie capacità, non un genio alla Jobs o alla Gates per intenderci, non fa in tempo ad investire i suoi soldi in un'attività che già sono cambiate le esigenze del mercato. Ovviamente, dato che non si vive di solo pane, anche i cambiamenti socioculturali annessi al progresso diventano insostenibili. Che cosa significa vivere al giorno d'oggi? Prepararsi ad una sequela interminabile di lavori temporanei con relativi trasferimenti, far parte di due o tre o più famiglie, assistere ad ondate di profughi di cui nessuno pare sapere cosa farne, osservare l'escalation di casi di soggetti border line sparati senza filtro dalla cronaca, constatare l'incapacità della legge non solo di punire i rei ma persino di trovare le giustificazioni per punire.
Mi accorgo che la sto facendo lunga quindi, in definitiva, bisogna pensare che esista un limite alla possibilità di distruzione da parte dell'innovazione? Distruzione di cui ha bisogno per continuare a crescere. In altre parole mi chiedo se può esistere un limite per la crescita.
Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.

acquario69

#1
io credo che il limite non solo esiste per la crescita (penso dovrebbe ormai essere evidente) ma esiste per tutti i fenomeni e a tutto cio che e' manifesto,insomma e' una intrinseca legge di natura.
ed e' questo il punto.
quindi e' successo che di queste cose (di queste "leggi") si e' ritenuto che se ne poteva farne a meno..come se non ne dovessimo far parte anche noi! :o ..ed e' stata una allucinazione o si può anche dire un vero e proprio oscuramento della ragione.
probabilmente accadrà che sarà' la natura stessa a rammentarcelo di nuovo..e forse e' quello che sta già avvenendo.

inoltre prima della modernità cerano i miti e i simboli che aiutavano a discernere ed ad indirizzare correttamente anche in questo senso..poi si e' pensato "bene" anche su questo di considerarli come banali superstizioni e via di seguito...

"oggi" la nostra esistenza e' rivolta alla circonferenza,ma solo a quella,cioè' priva del suo punto centrale...in definitiva il caos!


una mia personale sensazione (per farti un esempio più spiccio) e' quella di non avere nessuna idea per quanto riguarda semplicemente il giorno seguente ..ok nessuno e' stato mai in grado di sapere del futuro ed e' normale questo..ma questa e' una sensazione che non avevo comunque mai provato prima,magari solo fino a pochi anni fa' ed e' comunque strana,almeno per me..e non penso che sia solo una cosa mia..nei nostri attuali tempi e' come se aleggiasse qualcosa di molto sottile..
mi ricordo pure che quando ero più giovane,i miei genitori o le persone più grandi di me non avvertivano tale strana incertezza..e dai racconti di quelli che all'epoca erano ancora più anziani,i nostri nonni per intenderci,menzionavano persino la guerra che avevano vissuto e che sapevano persino di poter morire da un momento all'altro..ma mai nelle loro parole,anche se a posteriori,avrei avvertito in loro un senso di disorientamento.

non so,e' comunque una cosa su cui ci avrei di seguito riflettuto sopra.

mchicapp

fino agli anni '70 e anche oltre c'era una fiducia nel progresso tecnico. adesso questa fiducia si è persa.  forse abbiamo perso la sfida tecnologica. forse abbiamo capito di stare perdendo la sfida tecnologica.
una società tecnologicamente avanzata è più vulnerabile di una società meno avanzata.
i barbari non avevano acquedotti, gli antichi rimani sì. ai barbari bastò a volta distruggere gli acquedotti per conquistare paesi e città. forse il loro sogno era poter vivere come vivevano i romani con fogne, strade, ponti, acquedotti e terme.  una volta distrutti gli acquedotti e conquistati i territori non furono però in grado di ripristinare il corretto funzionamento di quanto avevano distrutto.

propongo questo spunto di riflessione

https://www.loccidentale.it/articoli/2431/ricordo-di-sergio-cotta

InVerno

Citazione di: cvc il 06 Dicembre 2016, 12:39:15 PM
Prepararsi ad una sequela interminabile di lavori temporanei con relativi trasferimenti, far parte di due o tre o più famiglie, assistere ad ondate di profughi di cui nessuno pare sapere cosa farne, osservare l'escalation di casi di soggetti border line sparati senza filtro dalla cronaca, constatare l'incapacità della legge non solo di punire i rei ma persino di trovare le giustificazioni per punire.
Non ho capito di preciso quale sia il nesso tra progresso e il grassetto, forse sono solo esempi e non è il caso di indagare oltre, ma se ti va puoi argomentare?

Io credo che ci siano due limiti al progresso, uno per eccesso e uno per difetto, ma sono due estremi e si suppone che saremo cosi intelligenti da non toccarli.
a) il limite delle risorse disponibili (energetiche, umane, culturali..) tutti questi "cambiamenti" non avvengono senza un grave dispendio di energia e di risorse, e il nostro "pezzo di terra" non è infinito, per forza di cose arriverà un punto dove mancheranno le risorse per poter attuare nuovo progresso. Già oggi la terra non è sufficiente per sfamare tutti quelli che ci abitano e ci sono interi continenti a cui non è materialmente permesso di progredire perchè non ci sono le risorse per sostenerlo.
b) l'estinzione umana. La cui cause ipotetiche sono molteplici e che ognuno deciderà quale sia la più probabile, dal conflitto termonucleare al cambiamento climatico, ci sono ipotesi per tutti i gusti e alcune diventano sempre più reali ogni giorno che passa (anche se pochi se ne rendono conto e si preoccupano di "salvare il pianeta" sic!).

mchicapp

il nesso tra progresso e ondate di profughi forse te lo posso spiegare io.
in occidente grazie ad enormi progressi tecnologici viviamo in condizioni migliori di altre popolazioni. abbiamo energia elettrica e acqua corrente in tutte le case, possiamo disporre di elettrodomestici che ci eliminano molti lavori faticosi e ci rendono più gradevole la vita quotidiana. 

queste cose che per noi sono normali spingono migliaia e migliaia di persone qui.
come i barbari all'epoca del crollo dell'impero romano sono in milioni e milioni coloro che premono per entrare. i barbari avrebbero voluto acquedotti, strade, ponti, impianti fognari e anche case riscaldate. non erano tecnologicamente in grado di realizzare niente del genere. quando arrivarono distrussero tutto quel che potevano. l'impero romano crollò e loro non furono in grado di ripristinare acquedotti e ponti. a ridosso del crollo dell'impero si assistette ad una grandissima involuzione dal punto di vista tecnologico.
addirittura si persero le nozioni per coltivare i campi.
le abbazie sorsero allora. si erano resi necessari luoghi dove poter riprendere a coltivare i campi e dove non abbandonare l'uso della lingua scritta.

migranti e clandestini di oggi non sono nient'altro che i barbari di ieri.

cvc

@acquario
L'incertezza è, secondo me, perchè guardando sempre al futuro si è perso il senso del presente. Il futuro dovrebbe essere una proiezione del presente, invece il presente è diventato solo una previsione del futuro. Non c'è più il qui e ora. Non mi basta avere il necessario per l'oggi se sono angosciato dalle necessità del domani. "Ogni giorno porta la sua pena" recita un vecchio adagio, ma noi ci portiamo nel presente anche le angosce (che il più delle volte sono solo eventuali o addirittura infondate) del futuro

@mchicapp
Confesso si aver pensato anch'io la stessa cosa, forse il progresso e il benessere ci hanno reso "molli" al confronto di popoli che hanno più motivazioni di noi. Perchè psicologicamente si è più motivati nel ricercare un miglioramento del proprio stato piuttosto che nel cercare un semplice mantenimento dello stesso. I romani pensavano di mantenersi usando i barbari come soldati, fino a che si accorsero di essere, i barbari, i soli armati in mezzo ai cittadini disarmati. Capirono di potersi prendere tutto e così fecero.

@InVerno
Credo anch'io che quelli siano i limiti. Però il progresso è un processo che per natura e definizione non può porsi dei limiti. Quindi, e questo è più difficile ed astratto, i limiti del progresso andrebbero forse cercati all'interno del concetto stesso di progresso. Occorrerebbe cioè riformulare la nostra concezione di progresso, alla luce della consapevolezza che il concetto di progresso come lo intendiamo correntemente può solo portare come fine ultimo alla distruzione

Il nesso cui alludevi è, per come mi sono espresso, piuttosto arbitrario. Ma si può dire che quelli da me elencati sono (alcuni de) i mali della modernità, conseguenze del progresso cui tutti si possono ricondurre
Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.

InVerno

Citazione di: mchicapp il 07 Dicembre 2016, 18:13:46 PM
il nesso tra progresso e ondate di profughi forse te lo posso spiegare io.
in occidente grazie ad enormi progressi tecnologici viviamo in condizioni migliori di altre popolazioni. abbiamo energia elettrica e acqua corrente in tutte le case, possiamo disporre di elettrodomestici che ci eliminano molti lavori faticosi e ci rendono più gradevole la vita quotidiana.

queste cose che per noi sono normali spingono migliaia e migliaia di persone qui.
come i barbari all'epoca del crollo dell'impero romano sono in milioni e milioni coloro che premono per entrare. i barbari avrebbero voluto acquedotti, strade, ponti, impianti fognari e anche case riscaldate. non erano tecnologicamente in grado di realizzare niente del genere. quando arrivarono distrussero tutto quel che potevano. l'impero romano crollò e loro non furono in grado di ripristinare acquedotti e ponti. a ridosso del crollo dell'impero si assistette ad una grandissima involuzione dal punto di vista tecnologico.
addirittura si persero le nozioni per coltivare i campi.
le abbazie sorsero allora. si erano resi necessari luoghi dove poter riprendere a coltivare i campi e dove non abbandonare l'uso della lingua scritta.

migranti e clandestini di oggi non sono nient'altro che i barbari di ieri.


E poi quelli che hanno fondato le mitiche abazie della rinascinata, sono andati in Africa, hanno colonizzato la popolazione locale con il loro credo portandosi al 99%,hanno detto alle donne che si fa sesso solo per procreare, guai a usare i preservativi.. E questi ci hanno creduto, tanto che si sono trovati con 12 figli di cui 6 morti di aids e nemmeno uno stipendio. Che fare si sono chiesti?

Ah...le analisi semplicistiche, nel bar fanno sempre effetto. Peccato che metà della mia famiglia sia di origine Etiope, e non tanto perchè fossero invidiosi del tuo bellissimo (ne sono sicuro) frullatore, quanto per la "gioia" che il Duce portò in terra Africana. E lui si che si sapeva mettere le "cose apposto".

Tralaltro ti assicuro, in Etiopia non si parla d'altro, stanno pianificando l'abbattimento dei satelliti Europei tramite il lancio di verdure a scoppio ritardato.
Ma questo i buonisti non vogliono che si sappia..shhh

mchicapp

'ìoccidente è tecnologicamente più progredito di quanto non siano i paesi del terzo mondo e questo progresso attrae. il nostro modo di vivere risulta seducente. alcuni vengono qui perché scappano da guerre, ma la maggior parte scappa solo dalla povertà e dalla arretratezza. più dalla arretratezza che dalla povertà. vengono qui da clandestini anche dalla nigeria. ma che bisogno avrebbero di venire su barconi pericolosissimi? con la nigeria ci sono collegamenti aerei regolari. basta andare al consolato e chiedere un regolare visto di ingresso. se vengono su barconi è perché il nostro consolato negherebbe il visto. c'è un solo motivo per il quale il nostro consolato nega un visto di ingresso: avere subito condanne penali. sono convinta che la maggior parte delle persone di colore che sono arrivate clandestinamente in italia siano ex-galeotti. non nego che il colonialismo sia stata una bruttissima cosa, credo però che come colonialisti gli italiani siano stati abbastanza incapaci e sfigati. non hanno sfruttato proprio niente. l'unica colonia dove ci sarebbe stato qualcosa da sfruttare era la libia, ma gli italiani non si erano accorti del petrolio.  non hanno sfruttato neanche il petrolio libico. se l'etiopia, l'eritrea e la libia fossero rimaste sotto l'italia sarebbero diventate probabilmente delle rinomate località balneari o qualcosa del genere. siamo bravissimi a costruire località balneari attraenti anche dove il mare è orrendo. la riviera romagnola ne è un ottimo esempio. meglio così. ci hanno tolto le colonie e non si è dovuta versare una sola goccia di sangue in inutili guerre di liberazione. bene. sono settanta anni che gli italiani non hanno più colonie. vorrei capire cosa  eritrei, libici ed etiopi abbiano ancora da recriminare. c'è rimasto ancora qualche vecchietto che ancora si ricorsa che quando era bimbo c'erano gli italiani, ma la maggior parte degli abitanti è nata e cresciuta in un paese libero. non è colpa degli italiani se la arretratezza culturale ha impedito di raggiungere  progresso e benessere. 
quanto all'occidente esso è vulnerabile proprio a causa del suo progresso tecnologico.
basterebbe un guasto su internet e nessuno riuscirebbe più a espletare alcune normali attività.
senza collegamenti non funzionerebbe il bancomat. non riuscirei a fare la spesa. 
se poi ci dovesse essere un black out elettrico si rischierebbe veramente la catastrofe. 
in molti villaggi africani non hanno l'energia elettrica e vivono sempre in uno stato che qui causerebbe svariati milioni di morti.
capisco che vogliano venire qui. chi vuol venire qui secondo me non si rende conto di quanto possa essere pesante la vita in un paese tecnologicamente progredito.
non si farà tanta fatica fisica, ma in compenso si vive sempre di corsa. da noi è tutto complicato e la complicazione nasce dall'essere tecnologicamente progrediti. l'interrelazione è più forte e si è in correlazione anche con chi non si conosce affatto. la mia sicurezza per esempio dipende anche dall'autista del bus o della metropolitana senza che io abbia la più pallida idea di come si chiami o che faccia abbia.
la vita nel villaggetto agricolo sarà sicuramente fisicamente più dura, ci sono però molte meno interrelazioni e quelle che ci sono sono più dirette e più forti.
la nostra tecnologia ci rende più vulnerabili. basterà un black out protratto per un po' di tempo e la nostra nazione crollerebbe. non si riuscirebbe ad organizzare l'esercito. basterebbero poche migliaia di barbari armati rozzamente ed essi avrebbero la meglio sul nostro esercito.
l'esercito romano era efficiente, ma la sua efficienza era anche garantita dai loro impianti tecnologici.  ai barbari è bastato demolire qualche pezzo di acquedotto per scatenare a roma epidemie e pestilenze come da secoli non se ne vedevano.
il nostro progresso tecnologico ci ha reso vulnerabili e questa vulnerabilità sarà per un motivo o per un altro la nostra fine.
chi ci sconfiggerà non avrà né le conoscenze né le competenze per adottare il nostro stile di vita e proprio per questo riuscirà ad annientarci.
ci stermineranno con la arroganza e la presunzione di essere in grado di possedere tecnologie sofisticate e poi non sapranno costruire neanche un normalissimo schiaccianoci o una normalissima bottiglia di vetro.
quante fabbriche di bottiglie di vetro o di posate esistono ad addis abeba? provo ad indovinare. neanche una. chissà... magari... se ci fossero stati gli italiani forse le cose sarebbero andate meglio.
i barbari poi non potranno più avere nemmeno il desiderio di recarsi in un posto dove basta toccare un interruttore con un dito per avere luce anche di notte oppure aprire un rubinetto per avere acqua a volontà. non ci sarà più nessun posto del genere, avranno ammazzato tutti quelli che sapevano come si faceva ad avere energia elettrica e acqua - è così che fecero in buona approssimazione i barbari con i romani -. il nostro occidente amato e vituperato verrà ridotto a cumuli di macerie, devastato da questi nuovi barbari, che noi con una buona dose di imbecillità continuiamo a chiamare immigrati e clandestini. chiamiamoli con il loro nome: barbari, barbari che ci stanno invadendo. barbari che ci ammazzeranno. barbari che vorranno il nostro mondo e che lo distruggeranno.
i barbari in fondo volevano solo vivere come vivevano i romani, non avevano chiaro che quello stile di vita era stato possibile grazie a intensi studi e ferrea organizzazione. 
i barbari di allora e gli immigrati di adesso non hanno né una cosa né l'altra.

acquario69

Citazione di: cvc il 07 Dicembre 2016, 19:09:47 PM
L'incertezza è, secondo me, perchè guardando sempre al futuro si è perso il senso del presente. Il futuro dovrebbe essere una proiezione del presente, invece il presente è diventato solo una previsione del futuro. Non c'è più il qui e ora. Non mi basta avere il necessario per l'oggi se sono angosciato dalle necessità del domani. "Ogni giorno porta la sua pena" recita un vecchio adagio, ma noi ci portiamo nel presente anche le angosce (che il più delle volte sono solo eventuali o addirittura infondate) del futuro

si hai ragione..
forse pero (traducendolo da un altro punto vista) il qui ed ora si e' anch'esso rovesciato perché si e' trasformato e credo venga oggi vissuto come qualcosa che per l'appunto non proietta più nulla,se non il vuoto..sarebbe quindi un "qui ed ora" sterile,fine a se stesso,mentre il qui ed ora dovrebbe viversi nella sua pienezza effettiva..in altre parole il pieno (pero solo presunto) e' diventato vuoto (cioè il nulla) mentre e' dal "vuoto" che può sgorgare il pieno.

comunque e' vero anche di un angoscia presente basata su un futuro di pseudo-necessita...appunto moderne.

InVerno

Questo non è un topic sull'immigrazione, e tu non fai altro che reiterare falsi concetti a cui posso dare solo veloci risposte tanto non cambierai idea:
- non sono uno storico ma per quello che ho letto a riguardo, "l'impero romano è caduto per i barbari" è una short answer per bambini delle elementari, le cose furono un tantino più complesse.
- la tua teoria manca della pistola fumante. Dove sono i famosi attacchi dei "barbari" alle infrastrutture? se ne è visto uno? si è trovato un piano d'azione a riguardo?
- a me pare che i "barbari" lavorino per l'impero romano. Non solo, mi pare che regioni come il Veneto prima che arrivassero i barbari, non erano cosi distanti dall'Etiopia. Poi però hanno cominciato a sfruttare lavoro sottopagato e ora si possono anche permettere di blaterare a pancia piena, con le fabbriche piene di barbari.
- strano che non ci sia stata risposta riguardo al tema del controllo delle nascite. Strano, perchè dare potere decisionale alle donne sul proprio corpo e una formula
che ha funzionato ovunque sia stata applicata. E non lo dico io, lo dice la Fao, l'Onu, l'Ifad, qualsiasi associazione che abbia interesse nel raggiungere lo scopo
della riduzione della povertà nel terzo mondo. Come mai i tuoi amici "civilizzatori" continuano a predicare l'esatto contrario impunemente? Come mai queste persone non vengono viste per quello che sono, criminali?
- lascio perdere la stucchevole analisi "psicologica" sui motivi di partenza dei migranti. Suppongo tu non abbia avuto parenti che sono emigrati in America per scappare dall'arretratezza Italiana. Il mio bisnonno si, e non solo non affondarono il barcone, ma lo arruolarono anche nell'esercito e partecipò allo sbarco in Normandia aiutando la sconfitta dell'amico tedesco del "costruttore di siti balneari&resort"(col gas nervino)

Purtroppo rispondere ai tuoi post mi "imbarbarisce" (mi sono riletto) e siccome non voglio darla vinta ai marocchini cattivi, eviterò di farlo in futuro.

mchicapp

se un paese è arretrato non ci sarà possibilità di controllo delle nascite.
è possibile controllare le nascite con prodotti tecnologici, siano essi la pillola, il diaframma o un semplice preservativo.
non ho voluto figli e non ne ho avuti grazie a dispositivi tecnologici.
gli stati uniti erano un grande paese, grande perché era in piena crescita, grande anche in senso fisico. c'era lavoro per tutti ed erano in grado di accogliere migliaia e migliaia di persone. l'italia no.

non ti preoccupare, gli attacchi arriveranno. per il momento i barbari sono stati capaci di abbattere due grattacieli a new york. sono stati in grado di provocare attentati a parigi. la metropolitana di milano si blocca almeno una volta al giorno per paura di attentati. in stazione si trovano militari in assetto di guerra.  quando i barbari arriveranno a capire che ci creerebbero moltissimi danni a far saltare una centralina telefonica o un pilastro dell'energia elettrica non ti preoccupare che lo faranno. per il momento non lo hanno ancora capito, ma è solo questione di tempo. 
dalla nostra parte c'è da dire che siamo un paese corrotto e marcio. per quel che ho visto il marciume e la corruzione nei paesi del terzo mondo è decisamente superiore ai nostri, ma loro sono meno progrediti. 

la guerra contro i barbari c'è già e se non la stai vedendo è solo un problema tuo . svegliati. svegliamoci.  prima o poi i barbari arriveranno a colpirci nel nostro cuore e motore, ovvero nelle nostre infrastrutture tecnologiche. 
l'impero romano è crollato perché i barbari lo hanno fatto crollare. 30 anni di guerre gotiche hanno disintegrato l'impero.

il nord est era una florida realtà anche prima dell'immigrazione. si è trovato ad espandersi proprio quando era iniziata l'immigrazione, ma era solido anche prima. 
i contratti di lavoro erano quelli che erano. lo sfruttamento è più nei campi di pomodori che non in fabbrica, dove ci sono i sindacati.

Phil

Parto dal titolo del topic (sorvolando sul tema immigrazione, non perchè non sia interessante, ma perchè ha un apposito topic); forse è possibile leggere la questione in modo più descrittivamente neutro se parliamo di "sostituzione", e non di "distruzione", del vecchio con il nuovo, o meglio, dell'antiquato con l'innovativo. E non si tratta solo di un cavillo linguistico: l'antiquato in fondo non viene sempre distrutto, eliminato, ma "superato", ovvero lasciato indietro, in seconda pagina e non più in copertina, quindi lasciato comunque esistere ancora per un po', seppure in una dimensione "inattuale" (quella del "vintage", dell'"inefficiente", dell'"obsoleto", etc.). L'affare migliore è spesso puntare al "penultimo modello" di un bene, solitamente deprezzato appena esce l'"ultimo modello".
Se l'innovazione, non solo tecnologica, è una costante (inevitabile?) dello sviluppo storico-sociologico, per cui non è una peculiarità solo della famigerata modernità, è anche vero che il suo "bioritmo" è molto più rapido che in passato: il ritmo dell'economia, dell'informazione, dell'elaborazione dei vissuti, in breve "il ritmo della vita" nel suo complesso (e nella sua crescente complessità, e nei suoi crescenti complessi da psichiatra) hanno subito un'accellerazione centrifuga rispetto al passato, e tutto viene spinto via, sostituito, sempre più rapidamente. 
Un esempio banale: per quanto tempo è stato un pregio la dimensione ridotta del cellulare? Solo per pochi anni, prima che diventassero multimediali (per foto, video e affini), poi smartphone... la categoria di "novità" è sempre più (s)fuggente e l'innovazione è sempre più pervasiva (quello della tecnologia è solo il settore in cui questa rapidità di avvicendamento del "nuovo" è più palese e tangibile).

La sensazione che si tratti di "distruzione" (nostalgia?) piuttosto che di mera "sostituzione" (processo) forse è data proprio dall'aumento del ritmo che contrae i tempi: "pianificare a lungo termine" vent'anni fa significava pensare al futuro proiettandosi decenni dopo, ora "a lungo termine" significa al massimo fra 7-8 anni, e il contraccolpo socio-psicologico di cui parlava acquario69 mi sembra dovuto proprio ad una temporalità satura di cambiamenti, talvolta imprevedibili, di un dinamismo incompatibile (se non traumatizzante) con la solida, ineluttabile, millenaria, ciclicità stabile della natura su cui si basava la cultura perlopiù contadina dei nostri nonni (o dei vostri padri, se avete una certa età  ;D ).

cvc

Citazione di: Phil il 08 Dicembre 2016, 11:43:14 AM
Parto dal titolo del topic (sorvolando sul tema immigrazione, non perchè non sia interessante, ma perchè ha un apposito topic); forse è possibile leggere la questione in modo più descrittivamente neutro se parliamo di "sostituzione", e non di "distruzione", del vecchio con il nuovo, o meglio, dell'antiquato con l'innovativo. E non si tratta solo di un cavillo linguistico: l'antiquato in fondo non viene sempre distrutto, eliminato, ma "superato", ovvero lasciato indietro, in seconda pagina e non più in copertina, quindi lasciato comunque esistere ancora per un po', seppure in una dimensione "inattuale" (quella del "vintage", dell'"inefficiente", dell'"obsoleto", etc.). L'affare migliore è spesso puntare al "penultimo modello" di un bene, solitamente deprezzato appena esce l'"ultimo modello".
Se l'innovazione, non solo tecnologica, è una costante (inevitabile?) dello sviluppo storico-sociologico, per cui non è una peculiarità solo della famigerata modernità, è anche vero che il suo "bioritmo" è molto più rapido che in passato: il ritmo dell'economia, dell'informazione, dell'elaborazione dei vissuti, in breve "il ritmo della vita" nel suo complesso (e nella sua crescente complessità, e nei suoi crescenti complessi da psichiatra) hanno subito un'accellerazione centrifuga rispetto al passato, e tutto viene spinto via, sostituito, sempre più rapidamente.
Un esempio banale: per quanto tempo è stato un pregio la dimensione ridotta del cellulare? Solo per pochi anni, prima che diventassero multimediali (per foto, video e affini), poi smartphone... la categoria di "novità" è sempre più (s)fuggente e l'innovazione è sempre più pervasiva (quello della tecnologia è solo il settore in cui questa rapidità di avvicendamento del "nuovo" è più palese e tangibile).

La sensazione che si tratti di "distruzione" (nostalgia?) piuttosto che di mera "sostituzione" (processo) forse è data proprio dall'aumento del ritmo che contrae i tempi: "pianificare a lungo termine" vent'anni fa significava pensare al futuro proiettandosi decenni dopo, ora "a lungo termine" significa al massimo fra 7-8 anni, e il contraccolpo socio-psicologico di cui parlava acquario69 mi sembra dovuto proprio ad una temporalità satura di cambiamenti, talvolta imprevedibili, di un dinamismo incompatibile (se non traumatizzante) con la solida, ineluttabile, millenaria, ciclicità stabile della natura su cui si basava la cultura perlopiù contadina dei nostri nonni (o dei vostri padri, se avete una certa età  ;D ).
Secondo me il termine più adatto è distruzione, perché non si possono introdurre nuovi schemi senza prima demolire i vecchi. Così tutti i paradigmi della vita contadina - la solidarietà, le tradizioni, lo spirito d'appartenenza, l'amore dei propri luoghi, la saggezza tramandata - vanno a farsi via via sempre più obsoleti nella vita cittadina dell'era industriale. Ed a loro volta i paradigmi della società operaia - la giustizia sociale, i diritti dei lavoratori  - diventano superati nell'era della globalizzazione che delocalizza tutto il possibile e taglia teste al ritmo dell'innovazione tecnologica-informatica (che va a sostituire l'uomo non solo nel lavoro meccanico ma anche di concetto).
I paladini del progresso, i positivisti dell'ottocento, riconoscevano lo stato di disordine temporaneo che produce il progresso, da cui il motto: "ordine e progresso". Ma, sempre per l'aumento (che in termini matematici sarebbe riduzione) di quella costante che è la velocità di innovazione, l'ordine diventa sempre più precario. Perché, infatti, fare ordine se fra poco arriverà un'altra innovazione a sconvolgere tale ordine? Se tu inviti lo stesso giorno persone a pranzo e a cena, ti conviene fare ordine fra il pranzo e la cena oppure passare direttamente dall'allestimento per il pranzo a quello per la cena? Forse è un esempio mediocre, ma l'intento è di far capire la confusione che regna quando l'intervallo fra una rivoluzione e l'altra si assottiglia sempre più. E provare a immaginare come sarà quando scomparirà del tutto.
Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.

InVerno

Citazione di: cvc il 08 Dicembre 2016, 15:35:26 PM
Citazione di: Phil il 08 Dicembre 2016, 11:43:14 AM
Parto dal titolo del topic (sorvolando sul tema immigrazione, non perchè non sia interessante, ma perchè ha un apposito topic); forse è possibile leggere la questione in modo più descrittivamente neutro se parliamo di "sostituzione", e non di "distruzione", del vecchio con il nuovo, o meglio, dell'antiquato con l'innovativo. E non si tratta solo di un cavillo linguistico: l'antiquato in fondo non viene sempre distrutto, eliminato, ma "superato", ovvero lasciato indietro, in seconda pagina e non più in copertina, quindi lasciato comunque esistere ancora per un po', seppure in una dimensione "inattuale" (quella del "vintage", dell'"inefficiente", dell'"obsoleto", etc.). L'affare migliore è spesso puntare al "penultimo modello" di un bene, solitamente deprezzato appena esce l'"ultimo modello".
Se l'innovazione, non solo tecnologica, è una costante (inevitabile?) dello sviluppo storico-sociologico, per cui non è una peculiarità solo della famigerata modernità, è anche vero che il suo "bioritmo" è molto più rapido che in passato: il ritmo dell'economia, dell'informazione, dell'elaborazione dei vissuti, in breve "il ritmo della vita" nel suo complesso (e nella sua crescente complessità, e nei suoi crescenti complessi da psichiatra) hanno subito un'accellerazione centrifuga rispetto al passato, e tutto viene spinto via, sostituito, sempre più rapidamente.
Un esempio banale: per quanto tempo è stato un pregio la dimensione ridotta del cellulare? Solo per pochi anni, prima che diventassero multimediali (per foto, video e affini), poi smartphone... la categoria di "novità" è sempre più (s)fuggente e l'innovazione è sempre più pervasiva (quello della tecnologia è solo il settore in cui questa rapidità di avvicendamento del "nuovo" è più palese e tangibile).

La sensazione che si tratti di "distruzione" (nostalgia?) piuttosto che di mera "sostituzione" (processo) forse è data proprio dall'aumento del ritmo che contrae i tempi: "pianificare a lungo termine" vent'anni fa significava pensare al futuro proiettandosi decenni dopo, ora "a lungo termine" significa al massimo fra 7-8 anni, e il contraccolpo socio-psicologico di cui parlava acquario69 mi sembra dovuto proprio ad una temporalità satura di cambiamenti, talvolta imprevedibili, di un dinamismo incompatibile (se non traumatizzante) con la solida, ineluttabile, millenaria, ciclicità stabile della natura su cui si basava la cultura perlopiù contadina dei nostri nonni (o dei vostri padri, se avete una certa età  ;D ).
Secondo me il termine più adatto è distruzione, perché non si possono introdurre nuovi schemi senza prima demolire i vecchi. Così tutti i paradigmi della vita contadina - la solidarietà, le tradizioni, lo spirito d'appartenenza, l'amore dei propri luoghi, la saggezza tramandata - vanno a farsi via via sempre più obsoleti nella vita cittadina dell'era industriale. Ed a loro volta i paradigmi della società operaia - la giustizia sociale, i diritti dei lavoratori  - diventano superati nell'era della globalizzazione che delocalizza tutto il possibile e taglia teste al ritmo dell'innovazione tecnologica-informatica (che va a sostituire l'uomo non solo nel lavoro meccanico ma anche di concetto).
I paladini del progresso, i positivisti dell'ottocento, riconoscevano lo stato di disordine temporaneo che produce il progresso, da cui il motto: "ordine e progresso". Ma, sempre per l'aumento (che in termini matematici sarebbe riduzione) di quella costante che è la velocità di innovazione, l'ordine diventa sempre più precario. Perché, infatti, fare ordine se fra poco arriverà un'altra innovazione a sconvolgere tale ordine? Se tu inviti lo stesso giorno persone a pranzo e a cena, ti conviene fare ordine fra il pranzo e la cena oppure passare direttamente dall'allestimento per il pranzo a quello per la cena? Forse è un esempio mediocre, ma l'intento è di far capire la confusione che regna quando l'intervallo fra una rivoluzione e l'altra si assottiglia sempre più. E provare a immaginare come sarà quando scomparirà del tutto.
Mi sbaglierò ma oltre alla questione terminologica (e non solo) che secondo me giustamente cita Phil, c'è anche il problema di realmente indentificare questi paradigmi e quindi le rivoluzioni che intercorrono effettivamente tra uno e l'altro. Parliamo concretamente. Per esempio, prendendo in analisi gli ultimi 50 anni, secondo te quanti di questi paradigmi sono cambiati, attraverso quale progresso.. Perchè la tua analisi è interessante, è indubbio che ci sia un accelerazione.. ma bisogna anche quantificarla prima di suonare l'allarme giusto? Ho come l'impressione che quando si fa riferimento al passato sia umano utilizzare una lente di ingrandimento sempre più scadente e vederlo più "lineare" di quanto in realtà esso sia stato.. A questo punto sarebbe necessaria un analisi non dico analitica, ma per lo meno argomentata della questione.. E' come andare in auto, più si diventa vecchi più si va lenti perchè le cose "sembrano andare più velocemente", in realtà la velocità è la stessa ma il punto di prospettiva è sfocato (a scanso di equivoci, non sto dando del vecchio a nessuno)

acquario69

ma non e' affatto questione di sostituzione ne tantomeno di rigurgiti nostalgici (che proprio non centrano niente) perché al posto di qualche cosa non ne subentra un altra,come si e' portati a pensare..ma la "tal cosa" non viene rinnovata ma definitivamente distrutta per sempre..ed e' questo il processo mortale (e che avanza sempre più veloce) messo in atto a partire dalla modernità.

tutto questo lo si può riscontrare facilmente,l'esempio più lampante può riguardare il pianeta stesso dove si sta esaurendo la biodiversita,l'inquinamento,la desertificazione...
riguarda la società,le istituzioni,la politica,la cultura..le persone!..e' un buco nero dove tutto finisce per essere risucchiato per sempre.

e a proposito di "buco nero" -terminale- ..se ne parla qui in quest'articolo..
http://www.maurizioblondet.it/capitalismo-terminale-lavori-m-basso-alto/

leggetevi sopratutto il finale perché si ricollega perfettamente al modello di distruzione progressiva...e irreversibile!

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