La certezza del diritto

Aperto da Eutidemo, 11 Novembre 2022, 06:42:50 AM

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Eutidemo

Ciao Daniele22. :)
Condivido molte delle tue considerazioni, con qualche precisazione.
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1)
La distinzione non va fatta tanto tra "cristianesimo" e "legge giudaica", bensì tra:
- "cristianesimo" (nuovo testamento + vecchio testamento) e "giudaismo" ( solo vecchio testamento)
- "legge cristiana" (il "diritto canonico", e, semmai, il "catechismo", che, però, sono solo "cattolici" ) e "legge giudaica" (la Torah).
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Quest'ultima, la Torah,  è poco nota a noi cristiani, e comprende:
a)
I trentanove libri del Tanakh, che includono l'insieme degli insegnamenti e precetti riconosciuti dagli ebrei come rivelati da Dio tramite Mosè.
b)
Le interpretazioni e gli ampliamenti che, secondo la tradizione rabbinica, sono stati trasmessi di generazione in generazione e sono ora codificati e inclusi nel Talmud e nel Midrash (che costituiscono una sorta di "legge scritta giudaica").
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2)
Non c'è nulla di male o di biasimevole se "il linguaggio della giurisprudenza ti è assai ostico"; ed infatti, ad esempio, per me è assai ostico il linguaggio della medicina e quello dell'ingegneria, perchè non sono state mai mia materia di studio.
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Ad ogni modo, tieni presente che, tecnicamente, ci sono due tipi di esegesi del "diritto":
- la "dottrina" (cioè l'interpretazione della legge da parte degli studiosi del diritto, che, però, non sono giudici);
- la "giurisprudenza" (cioè l'interpretazione del diritto che risulta dalle sentenze dei giudici).
Quindi, non essendo tu laureato in legge, è naturale e giustificato che tu trovi difficoltà di comprensione in entrambe; e non solo nella seconda, cioè nel "linguaggio della giurisprudenza".
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Però mi hai dato modo di riflettere su una circostanza sulla quale non avevo mai riflettuto prima: e, cioè, che, invece di chiamarla "laurea in giurisprudenza", forse sarebbe più corretto chiamarla "laurea in diritto".
Ma ormai questo è l'uso tradizionale.
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3)
Quanto alle "interferenze che possano esservi tra la tradizione e la legge scritta", occorre non confondere il principio di "equità" (come identificato dalle sentenze della Cassazione da me riportate), con la "tradizione", intesa come "usi correntemente accettati da una determinata popolazione".
Ed infatti, così come previsto dall'art.1 delle Preleggi, anche gli "usi" costituiscono fonte del diritto (benchè ultimi "in scala gerarchica")
L'art.1 delle Preleggi recita:
"Sono fonti del diritto:
1) le leggi;
2) i regolamenti
3) gli usi "
L'art. 8 delle Preleggi, però, precisa che:
"Nelle materie regolate dalle leggi e dai regolamenti gli usi hanno efficacia solo in quanto sono da essi richiamati."
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Questi ultimi, definiti anche come "consuetudine" o "tradizione", possono essere individuarsi in regole di comportamento osservate dai consociati per un periodo di tempo in modo costante uniforme con la convinzione che si tratti di un comportamento giuridico doveroso.
Pertanto, per aversi un uso, o consuetudine, come fonte del diritto, sono necessari i seguenti requisiti:
- ripetizione generalizzata di un comportamento nell'ambito di una categoria sociale protrattosi per un determinato lasso di tempo;
- convinzione generalizzata che tale comportamento sia sentito dalla comunità come giuridicamente vincolante.
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4)
Il divieto dell'analogia in campo penale, occorre tener presente che essa è quel procedimento attraverso il quale vengono disciplinati i casi non espressamente previsti dalla legge mediante l'applicazione agli stessi:
- della disciplina prevista per i casi simili (cd. "analogia legis");
- desunta dai principi generali dell'ordinamento giuridico (cd. "analogia iuris").
Nel nostro ordinamento vige il divieto di entrambe in campo penale; ciò in base all'art. 14 delle preleggi che stabilisce che le leggi penali e quelle che fanno eccezione ai principi generali non si applicano oltre i casi e i tempi in esse considerati.
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Inoltre tale divieto si desume anche dagli artt. 1 e 199 c.p., in base ai quali reati, pene e misure di sicurezza sono solo quelli espressamente previsti dalla legge; e deve infine ritenersi recepito anche dall'art. 25 Cost. sostanziandosi in un ordinario corollario del principio di legalità.
In forza di tale divieto, il giudice non può applicare analogicamente le norme che sanciscono la comminazione di pene o irrogare pene al di fuori dei casi espressamente previsti dal legislatore.
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5)
Quanto all'applicazione di "attenuanti" e/o "aggravanti" ad una pena che si vada ad infliggere, esse sono regolamentate dalla legge.
Ed infatti:
- l'articolo 61 c.p. elenca le "circostanze aggravanti comuni", prevedendone, attualmente, ben diciotto;
- il successivo articolo 62 c.p. si occupa, invece, delle "circostanze attenuanti comuni", prevedendone sei;
- il successivo articolo 62 bis c.p., si occupa, infine, delle "circostanze attenuanti generiche".
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Un saluto! :)
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daniele22

Ciao Eutidemo, sono veramente orgoglioso e onorato che le mie riflessioni ti abbiano fornito uno spunto per considerare un cambio di nome ad un corso di laurea. Accadranno certamente grandi cose nel caso dovesse succedere. E' pur certo Eutidemo che sono ignorante ed è per questo che cerco di tenermi in superfice senza addentrarmi nell'estensione della materia di cui si tratta. Ed è per questo che lascio a professionisti come te il compito di trarre spunti da riflessioni superficiali.
Direi quindi che così come l'intelligenza si portò appresso la forza bruta, pure il cristianesimo si portò appresso il giudaismo. La ricapitolazione dovrebbe essere un fenomeno pregnante che si estende in varie forme a materie soggette ad evoluzione. Per cristianesimo intendevo però quello primitivo, non quello strumentalizzato dalla chiesa, quindi una pratica di vita in cui l'obbedienza alla legge era ovvia, subordinando quest'ultima all'etica cristiana, e infatti Gesù era in aperta polemica con il potere, pur non negando la legge.
Non mi intendo molto di giudaismo, ma vi sarebbe una lettura che tale religione sia nata nella forma di un patto con Dio di cui Dio si rende garante a fronte delle leggi consegnate a Mosè. Dio concede dunque un diritto al suo popolo. Se la tradizione era già consolidata in cattività, la legge scritta vi si appoggiò sopra. Esprimo quindi una riflessione circa le interferenze tra tradizione e legge scritta. Premesso che gli organismi di vigilanza che si occupano di garantire il rispetto delle leggi dovrebbero agire affidandosi in prima istanza all'articolo di legge scritta, mi sembrerebbe più corretto che, in linea di principio, ai fini di dare un giudizio su una determinata questione, ci si dovesse affidare in primo luogo alla tradizione, dimensionando cioè l'ipotetica infrazione al codice scritto in relazione alla tradizione.
Naturalmente questo corrisponde al punto di vista di un anarchico in chiave democratica. Le implicazioni di questa visione potrebbero essere scioccanti, ma esprimo il mio pensiero solo perché sarebbe, a mio modestissimo parere, più che opportuno considerare che la certezza del diritto intesa nel suo senso più autentico come effettiva garanzia di legalità possa essere solo fumo negli occhi all'interno di un sistema ridotto a catafascio che denuncia tutta la sua fragilità esprimendo leggi come quella relativa al traffico di influenze. Un cordiale saluto

Eutidemo

Ciao Daniele22. :)
Sempre per la precisione, secondo me, tu non dovresti considerarti affatto "ignorante" nell'esegesi giuridica, bensì semplicemente "nesciente" in tale materia; ed infatti, come diceva Giordano Bruno: "C'è differenza tra nescienza, e ignoranza, perchè ignoranza comporta vizio, mentre nescienza è senza vizio; ed infatti nescienza è quando l'uomo non sa quello, che non è tenuto di sapere (Fr. Giord. Pred. V. 23).
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Per il resto, io mi riferivo al "cristianesimo" ed al "giudaismo" attuali, non a quelli primitivi.
Ed infatti, il "cristianesimo" primitivo, come tu giustamente osservi, era ben diverso da quello attuale; questo per vari motivi, non ultimo a causa della consistente presenza di  "cristiani ebioniti" di orientamento "giudaizzante", i quali rifiutavano la predicazione dell'apostolato di Paolo di Tarso (l'apostolo dei Gentili, cioè, dei pagani).
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Quanto alla "legge scritta", io sono di tendenze "giusnaturalistiche", nel senso che mi rifiuterei di obbedire ad una legge scritta che contrastasse con la mia coscienza; come, ad esempio, nel caso delle "leggi razziali".
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Anzi, in certo senso sono sono rimasto anche un po' "anarchico", e neanche in chiave tanto "democratica" come te; ed infatti, se una legge votata a maggioranza dal parlamento contrastasse con la mia coscienza, io mi rifiuterei egualmente di prestarle obbedienza (il che, in effetti, è molto poco "democratico").
Ad esempio, io sono favorevole all'"eutanasia", per cui non me ne importa assolutamente niente della circostanza che essa sia attualmente vietata dalla nostra "democratica" legge; ed infatti, all'occorrenza, in gravissime circostanze, io cercherei lo stesso di praticarla a chi me la chiedesse.
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E se non ho alcun rispetto di una "legge scritta" che contrasti con i miei principi etici, figuriamoci quanto me ne possa fregare della "tradizione"; ed infatti, come diceva Voltaire "Una antica tradizione è rispettabilissima, ma la ragione è più antica di qualsiasi tradizione!".
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Ciò premesso, tuttavia, per fortuna, nella stragrande maggioranza dei casi io condivido in pieno il contenuto del nostro diritto positivo (non frodare, non rubare ecc.), per cui la mia visione "giusnaturalistica", o "anarchica" che dir si voglia, non mi ha mai creato particolari problemi.
Salvo in alcuni casi, specie sotto le armi, che non è questo il luogo di raccontare.
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In genere, invece, osservo, rispetto ed applico la legge scritta, cercando di conoscerla, interpretarla ed approfondirla nel miglior modo possibile; perchè, senza leggi scritte, ben fatte, ben interpretate e ben applicate, cadremmo nel caos.
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Un cordiale saluto! :)
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daniele22

Libera nos a malo, o a Malo. Bene, almeno sono mondato. Eutidemo, io intendevo ignorante e basta. Rispetto a te in modi quasi incommensurabili, ma anche rispetto a moltissimi altri che gravitano in questo suolo. Casualmente la cosa potesse interessarti, la concezione che ho io dell'ignoranza la trovi nel mio topic: Tematiche filosofiche/Esistenza e Conoscenza aperto il 10 giugno. Siccome è lungo digiti col cercaparole il termine "Marziani", o anche "primeva". Cosa vuoi che ti dica se non il dichiarare da parte mia la conclusione del dialogo sul tema? a meno che tu non abbia altro da dire, o che altri si esprimano. Un saluto

Eutidemo

Citazione di: daniele22 il 16 Novembre 2022, 18:08:54 PM
Libera nos a malo, o a Malo. Bene, almeno sono mondato. Eutidemo, io intendevo ignorante e basta. Rispetto a te in modi quasi incommensurabili, ma anche rispetto a moltissimi altri che gravitano in questo suolo. Casualmente la cosa potesse interessarti, la concezione che ho io dell'ignoranza la trovi nel mio topic: Tematiche filosofiche/Esistenza e Conoscenza aperto il 10 giugno. Siccome è lungo digiti col cercaparole il termine "Marziani", o anche "primeva". Cosa vuoi che ti dica se non il dichiarare da parte mia la conclusione del dialogo sul tema? a meno che tu non abbia altro da dire, o che altri si esprimano. Un saluto

Personalmente non ho altro da dire; salvo che riconoscere la propria ignoranza, è il più grande segno di saggezza che un essere umano possa dare di se stesso.
Ed infatti Socrate soleva dire: "So di non sapere!" ;)

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