L'imposta patrimoniale

Aperto da Eutidemo, 10 Dicembre 2020, 14:51:51 PM

Discussione precedente - Discussione successiva

Eutidemo

Per comprendere la "ratio" (o meglio, la molto controversa "ratio") di tale tipo di imposta, occorre previamente capire bene che cosa sia il "patrimonio", e, soprattutto, quale sia la differenza tra "reddito" e "patrimonio".
Al riguardo, per rifarci alla Treccani, troviamo le due seguenti sintetiche ed "asettiche" definizioni:
1) Il "reddito" è l'utile che viene dall'esercizio di un mestiere, di una professione, di un'industria, da un qualsiasi impiego di capitale.
2) Il "patrimonio"  L'insieme dei beni mobili e/o immobili, ovvero la ricchezza, che un soggetto possiede in un determinato momento.

***
Tali definizioni non sono del tutto errate, ma io, personalmente, le "raffinerei" un po' meglio nel seguente modo:

1) IL REDDITO
Il "reddito" è il "flusso dinamico e costante di ricchezza" proveniente dall'impiego di un determinato "fattore della produzione" senza che esso si consumi nel produrlo; ed infatti è ovvio che se taluno, per sopravvivere, preleva ogni settimana una determinata somma da un forziere in cui ha accumulato una grossa somma (statica) di denaro, quella somma non costituisce un "reddito", perchè, piano piano, il capitale da cui essa è sottratta si consuma.
Il reddito, economicamente, deriva da:
a) immobili (urbani ed agricoli)
b) lavoro (braccia e cervello)
c) capitale (denaro, sotto varie forme)
Il "reddito d'impresa", invece, deriva dall'impiego misto di due o tre di tali fattori, e, a seconda dei casi, può configurare il tipo di impresa di cui all'art.2195 c.c. (industriale, intermediaria ecc.) ovvero quello di cui all'art.2135 c.c. (agricola); ma, ai fini del presente THREAD, non ci interessa approfondire oltre tale punto.
Tale "flusso" di ricchezza, deve essere "dinamico" (cioè, "in fieri"), e, almeno almeno sotto il profilo di "paradigmatico", deve essere "costante"; ed infatti, una vincita in borsa non costituisce "tecnicamente" un "reddito" come non la costituisce una vincita a poker (sebbene possano essere entrambe tassate, sia pure con modalità diverse).
In entrambi i casi, invero, non si è in presenza un flusso "costante" di ricchezza proveniente dallo scambio di beni o servizi con altre persone, bensì di un arricchimento estemporaneo a fronte della perdita di altre persone; nel primo caso, cioè, si ha un fenomeno di carattere "economico", nel secondo caso, invece, si ha un fenomeno di carattere esclusivamente "finanziario",  ma, ai fini del presente THREAD, non ci interessa approfondire oltre neanche tale aspetto, che ho già affrontato in un'altra sede.
L'aspetto che qui ci interessa soprattutto sottolineare, è che il "reddito" è come un "fiume", di cui il suo "fattore produttivo" è la "fonte"!

2) IL PATRIMONIO
Il "patrimonio", invece, per restare alla metafora di cui sopra, potrebbe essere definito come una specie di "lago" in cui il "reddito" affluisce riempiendolo; il quale, "se" viene impiegato produttivamente, può poi, a sua volta, divenire "fonte" di un altro reddito (ma questo è un altro discorso, che affronteremo dopo).
Ed infatti, almeno sotto un profilo di carattere eminentemente "paradigmatico", il "patrimonio" è costituito dalla "ricchezza accumulata" (e già tassata) da parte di chi, invece di "bersela" di volta in volta attingendola dal fiume, accantona parte del "flusso costante di ricchezza" definito reddito, per acquistare immobili ovvero per investirlo in altro modo.
Ho detto che questo è l'aspetto "paradigmatico", o, per meglio dire "fisiologico", del fenomeno.
Ed infatti è ovvio che:
- il patrimonio di un determinato individuo, sotto il profilo "patologico" può anche essere il frutto di corruzione, evasione ed elusione fiscale, furti, rapine e quant'altro;
- allo stesso modo di come il reddito di un "delinquente professionale", è anch'esso di natura criminale.
Fa veramente rivoltare lo stomaco, vedere il patrimonio accumulato, ed "esibito", da soggetti che dichiarano al fisco quattro soldi; o che, addirittura, non dichiarano niente!
Ma confondere i due aspetti, "fisiologico" e "patologico", come meglio vedremo più avanti, conduce sempre a delle conclusioni aberranti; sia sotto il profilo "teorico", sia, soprattutto, sotto l'aspetto "pratico".

***
LE IMPOSTE

Citando quanto scrissi io stesso, in un mio libro, tanti anni fa: "Le supposte non vengono sempre imposte...ma le imposte sono sempre supposte!".
Tuttavia, quelle "giuste", sono anche indubbiamente "necessarie", in quanto, come "sacrosantamente" stabilisce l'art.53 della nostra Costituzione: "Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva."
E poi: "Il sistema tributario è informato a criteri di progressività."
Al riguardo, tralasciando in questo THREAD le "imposte indirette" (quali IVA, Registro ecc.), per non complicare troppo la questione, prendiamo in esame quanto segue:

***
a) Le imposte sul reddito

La "ratio", ovvero la giustificazione giuridica, etica, sociale (ed anche "logica") delle imposte sul reddito, è talmente evidente che potrebbe comprenderla anche un bambino delle scuole elementari; ed è quindi un male che a scuola non costituisca materia di specifico insegnamento.
Ed infatti:
- mentre le "tasse" costituiscono il "corrispettivo" -agevolato- per un servizio reso dalla Pubblica Amministrazione, ma di cui beneficia in particolare il soggetto che ne abbia fatto richiesta, come chi si iscrive ad una Università pubblica;
- le "imposte", invece, sono tributi per mezzo dei quali lo stato finanzia le spese che sostiene per la realizzazione di opere e servizi pubblici,  i quali non sono "divisibili" fra i singoli soggetti, ma di cui beneficia tutta la collettività.
E' quindi assolutamente giusto e necessario devolvere alla collettività un parte di quello che si guadagna, attingendo un po' d'acqua dal flusso costante del fiume del  nostro reddito; il quale, sempre che non si esageri troppo, continua tuttavia a scorrere tranquillamente, lasciando il resto a noi per spenderlo e/o risparmiarlo.


***
b) Le imposte sul patrimonio
Molti "ignorantioti" le auspicano come se fosse una grande novità di là da venire, senza rendersi conto che, invece, le imposte sul patrimonio, in Italia, già ci sono; la più gravosa e iniqua delle quali è costituita dall'IMU, che colpisce gli immobili acquistati con redditi già tassati a suo tempo.
Ed infatti, se, come detto, è "giustissimo" devolvere alla collettività un parte di ciò che si guadagna, attingendo poca o tanta quantità d'acqua dal flusso costante del fiume del  nostro reddito, secondo me, invece, è "ingiustissimo" che lo Stato pretenda di attingere anche l'acqua avanzata dai precedenti prelievi, e che ormai ha formato il lago del reddito risparmiato: vale a dire, il "patrimonio", immobiliare o di altro tipo che esso sia.
Un fiume non si svuota mai, attingendovi acqua; ma un lago, prima o poi, sì!

***
LE "GIUSTIFICAZIONI" DELL'IMPOSIZIONE PATRIMONIALE


A) Premessa

A proposito d'acqua e di fiumi, le giustificazioni addotte dai sostenitori delle imposte patrimoniali, in genere, sono più pretestuose di quelle del lupo della famosa favola di Fedro: "Superior stabat lupus, longeque inferior agnus..."; il lupo, che beveva a monte del fiume, per trovare una scusa per mangiarselo, accusava l'agnello di intorbidargli l'acqua.
E così fa l'Erario italiano, il quale è notoriamente incapace per costitituzionale "debolezza", ad ottenere che tutti i cittadini contribuiscano nella misura dovuta;  ed infatti, dagli ultimi dati rilevati, e riportati di Alberto Brambilla sul Corriere della Sera del 27 ott 2020, la metà degli italiani non dichiara niente, 18 milioni versano solo il 2% di IRPEF, e il resto lo pagano un esiguo numero di poveri fessi (in genere lavoratori dipendenti, pensionati, e proprietari di immobili)
https://www.corriere.it/economia/tasse/20_ottobre_27/fisco-meta-italiani-non-ha-reddito-18-milioni-versano-solo-2percento-irpef-paese-infedelta-fiscale-3138e1ce-1836-11eb-8b6a-8e17b1e81f26.shtml
:mad:
Per cui, essendo lo Stato incapace di tassare "giustamente" la maggior parte della "ricchezza mobile", che sguscia da tutte le parti come un'anguilla insaponata, si rivale tassando "ingiustamente" quella "immobile", perchè è più facile da "acchiappare"; cioè, invece di sparare ai corvi che saccheggiano i campi di grano, i quali sono più difficili da colpire, il Fisco prende di mira lo "spaventapasseri", perchè quello è "fermo ed immobile" e non può scappare da nessuna parte.
E buona parte delle munizioni da cui è preso di mira il povero "spaventapasseri", è costuita dall'IMU, l'attuale infame "imposta patrimoniale"; e lo Stato, per restare alla favola di Fedro, è come la famosa lupa dantesca "...che di tutte brame pareva carca nella sua magrezza, e molte genti fé già viver grame!" (Inferno – Canto I – vv.31-60).


***
B) La principale giustificazione dell'imposizione patrimoniale.

Illustri "professori", molti dei quali con ingenti capitali investiti all'estero, sostengono l'opportunità dell'istituzione di un'imposta patrimoniale in funzione discriminativa e aggiuntiva alle imposte sui redditi, riconoscendo alla stessa una indubbia "utilità", "equità" ed una funzione di "redistribuzione" della ricchezza.
Al riguardo, come già sopra accennato:
a)
Sono senz'altro d'accordo sulla indubbia "utilità", in termini di cassa, delle imposte patrimoniali (soprattutto sugli immobili), perchè è molto più facile centrare un bersaglio "immobile", che non uno in "movimento"; ed infatti, sono soprattutto i contribuenti con fonti di reddito fisse e facilmente individuabili a pagare le imposte, cioè circa il 12%, mentre al restante 80%/90%, è invece molto difficile mettere il sale sulla coda (anche per motivi elettorali). Qualsiasi pescatore vi dirà che è molto più facile pescare i pesci di lago, che non quelli di fiume!
b)
Non sono invece minimamente d'accordo sull'"equità" delle "imposizioni patrimoniali", in quanto, se Tizio e Caio, entrambi "single", guadagnano 50.000 euro l'anno ciascuno, pagandoci sopra ognuno 15.320 di imposta lorda, i restanti 34.680 possono essere da loro impiegati in due modi diversi:
- utilizzati, esemplificativamente 14.680 euro quali spese per una normale e confortevole conduzione di vita, i restanti 20.000 euro possono essere spesi da Tizio in viaggi, donne e champagne;
- utilizzati, esemplificativamente 14.680 euro quali spese per una normale e confortevole conduzione di vita, i restanti 20.000 euro possono essere risparmiati da Caio per acquistarci, dopo dieci anni, le mura di un negozio da affittare, del valore più o meno di 200.000 euro (che divengono il suo patrimonio), sui quali, a suo tempo,ogni anno Caio ha già pagato 15.320 di imposta.
Aritmeticamente premesso questo, ci vuole davvero un "faccia di cuoio" per sostenere che sia "equo" che quei 200.000 euro debbano essere di nuovo tassati, ogni anno, con una "imposta patrimoniale proporzionale" come l'IMU; oltre, ovviamente, ad una "imposta reddituale progressiva" sul reddito derivante dall'affitto del negozio (circa la quale nessuno discute).
c)
Non sono,  infine, minimamente d'accordo sulla "funzione redistribuitiva" delle "imposizioni patrimoniali", in quanto, se Tizio guadagna 20.000 euro l'anno, pagandoci sopra 4.800 euro di imposta lorda con un prelievo pari al 24% del suo reddito, mentre Caio guadagna 80.000 euro l'anno, pagandoci sopra 27.570 euro di imposta lorda con un prelievo pari al 34% del suo reddito, è evidente che la "redistribuzione" della ricchezza c'è già stata "a monte", per il tramite un prelievo fiscale differenziato e progressivo sul loro reddito, senza la benchè minima necessità di effettuare una ulteriore "redistribuzione" della ricchezza patrimoniale "a valle", per il tramite di un'imposta sul patrimonio.
Cioè, si può discutere della necessità di una maggiore o minore incidenza della "redistribuzione" della ricchezza; ma questa deve avvenire in termini di "reddito", senza ulteriori inique duplicazioni d'imposta sul "patrimonio" conseguito risparmiando sul proprio reddito.
Il quale patrimonio, sia ben chiaro, nell'Italia attuale, non è necessariamente un attributo dei "ricchi", bensì della "classe media"; il patrimonio dei cittadini veramente "ricchi", infatti, non teme "imposte patrimoniali" di sorta, perchè si trova quasi sempre in qualche paradiso fiscale estero!
PROSEGUE
***


Eutidemo

#1
SEGUE

C) Altre secondarie giustificazioni dell'imposizione patrimoniale.

Di ulteriori secondarie giustificazioni dell'imposizione patrimoniale, ce ne sono a dozzine, ma sono una più pretestuosa dell'altra, e, per lo più, non valgono un soldo; ed infatti, generalmente, esse scaturiscono da una "crassa" ignoranza (involontaria o simulata) di come funziona il meccanismo tributario .
Vediamone solo qualcuna.

a)
Sento ripetere da più parti che, comunque, il "patrimonio" costituisce un "indice di capacità contributiva", e che, quindi, va in ogni caso tassato ai sensi dell'art.53 della Costituzione.
Il che è assolutamente "falso"!
(NOTA: La sentenza della Corte Costituzionale n.111/1997 sull'ICI, infatti, che comunque personalmente non condivido, considera aspetti differenti da quello qui in esame).
Ed infatti, l'art.53 della Costituzione, sancisce che "tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva", ma non dice affatto che tutti devono contribuire anche "in ragione degli <<indici>> della loro capacità contributiva".
Chi afferma questo, confonde il "diritto sostanziale" con il "diritto procedurale".
Ed infatti, i cosiddetti "indici di capacità contributiva", tra i quali anche il "patrimonio", costituiscono soltanto una delle "modalità di accertamento" del "reddito effettivo" di una persona; ma è quest'ultimo a dover essere tassato, non certo gli "indici" (patrimonio compreso) che servono soltanto ad accertarlo nella sua effettività.
Non a caso, l'art.38 del DPR 600/73, in tutte le sue versioni, compresa quella aggiornata l'ultima volta nel 2018, stabilisce che "La determinazione sintetica (del reddito complessivo di un contribuente) puo' essere altresi' fondata sul contenuto induttivo di <<elementi indicativi di capacita' contributiva>>"
Per cui, se Tizio risulta aver acquisito un ingente "patrimonio", immobiliare o di altro genere, questo è sicuramente un cosiddetto "indice di capacità contributiva"; per cui, salva la prova che il relativo finanziamento sia avvenuto con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o, comunque, legalmente esclusi dalla formazione della base imponibile, se il "reddito" dichiarato dal contribuente (a differenza del nostro precedente esempio "paradigmatico") risulta "inadeguato" all'acquisizione di tale ingente "patrimonio", l'Agenzia delle Entrate potrà e "dovrà" procedere al recupero dell"imposta reddituale" a suo tempo presuntivamente evasa.

b)
Un'altra "pseudo-motivazione" del prelievo patrimoniale, consisterebbe nel fatto: "...che il titolare di un patrimonio, godendo dei servizi pubblici molto di più degli altri, dovrebbe essere assoggettato a maggior imposizione" (MARELLO E ."Contributo alle imposte sul patrimonio", in "Patrimonio" (dir. Civ.)" Encicl. Treccani,Milano, 2006 pag.6).
A tale stregua, si potrebbe allora sostenere che, chi è soggetto ad una aliquota IRPEF più elevata, avendo contribuito molto più degli altri al sostenimento delle spese per i servizi pubblici, dovrebbe poi essere esonerato da qualsiasi altra imposizione patrimoniale, perchè "ha già dato!".
Quanto al fatto che il titolare di un "patrimonio" gode dei servizi pubblici molto di più degli altri, il ragionamento di Marello equivale a dire che, chi possiede un palazzo invece di un tugurio -magari in affitto-, oltre ad aver pagato molta più IRPEF dell'altro (presumendo che guadagni molto di più), oltre all'IRPEF dovrebbe pagare anche un'"imposta patrimoniale" sul suo edificio, perchè, se il quartiere va a fuoco, i pompieri devono utilizzare molte più risorse per spegnere le fiamme del suo palazzo, di quelle che servono per spegnere le fiamme del tugurio.
Ma anche questo ragionamento mi ricorda molto quello del "lupo" di Fedro!

c)
Ancora più assurda è la teoria per la quale l'imposta sul patrimonio è giustificabile come imposta sul "guadagno dovuto" ovvero, sul reddito presuntivamente derivabile dal patrimonio posseduto (vedi FALSITTA G. "Giustizia tributaria e la tirannia fiscale" Milano, 2008 p.235).
Il che non ha alcun senso, poichè, se nessuno mette in dubbio che il proprietario di un negozio concesso in affitto debba corrispondere l'IRPEF sugli affitti percepiti, è semplicemente ridicolo sostenere che debba essere egualmente tassato anche se l'immobile non è affittato, in quanto, potenzialmente, un giorno o l'altro potrebbe esserlo.
Allo stesso modo, si potrebbe sostenere la legittimità di un'"imposta sul disoccupato", in quanto, potenzialmente, potrebbe lavorare e percepire un reddito!
Da notare che, se un negozio è affittato, il proprietario viene tassato TRE volte:
- sui soldi risparmiati ogni anno per comprare il negozio;
- sul valore del negozio che ha acquistato, ogni anno con l'IMU;
- sul reddito che giene deriva, ogni anno con l'IRPEF

Anzi, QUATTTO volte, considerata l'"IMPOSTA DI REGISTRO" al momento dell'acquisto, e quella da versare successivamente ogni anno!
:mad:
d)
Analoga alla precedente è la teoria per la quale l'"imposta sul patrimonio" sarebbe giustificabile come una sorta di imposta sulla "manomorta", in quanto gli immobili sono improduttivi di reddito; e, se lo producono, lo generano senza la benchè minima fatica del titolare (a differenza dei redditi da lavoro).
Tale teoria non tiene conto di alcuni aspetti, e, cioè:
- a parte gli speculatori, che comprano gli immobili per rivenderli, e le cui plusvalenze speculative sono tassate ai sensi degli   articoli 67 e 68 del DPR n. 917/86, nessuno acquista un immobile per tenerlo inutilizzato ad ammuffire senza cercare di affittarlo;
- un operaio potrebbe faticosamente risparmiare parte dei suoi salari,  per poi investirli nell'acquisto delle mura di un negozio, al fine di integrare in vecchiaia la sua magra pensione con una regolare entrata d'affitto mensile, per cui, in effetti, anche quest'ultimo  sarebbe senz'altro da considerare come il frutto del sudore della sua fronte;
- a parte i redditi di lavoro, quasi tutti gli altri redditi scaturiscono da un "cespite produttivo" senza la "diretta" fatica lavorativa del titolare, ma allora, sotto tale profilo, semmai andrebbero tassati in modo qualitativamente diverso i diversi redditi, non certo i cespiti produttivi da cui essi derivano;
- i redditi derivanti dagli affitti, comportano oneri e attività da parte del proprietario (manutenzione straordinaria ecc.)

e)
Secondo altri, infine, le urgenti esigenze di bilancio pubblico da un lato e l'evasione diffusa dall'altro, possono giustificare il legislatore ad adottare talvolta misure fiscali che di per sé non sono razionali e vanno a ledere l'interesse (legittimo) del singolo contribuente, ma sono giustificabili in nome dell' "interesse pubblico" (MOSCHETTI F. - TOSI L. " La capacità contributiva", Padova, 1993, p. 19); e che "L'Autorità fiscale rimane titolare, in specifici contesti, tra cui quello in esame, di un margine molto ampio di discrezionalità per il soddisfacimento dell'interesse pubblico" (44 MOSCHETTI F- TOSI L. "La capacità contributiva", Padova, 1993, p. 21).
Tesi, questa, che, come sopra accennato in nota, è stata anche "limitatamente" recepita dalla Corte Costituzionale, per ovvie ragioni di sopravvivenza economica dello STato, ma che io non condivido affatto; ed infatti, non dovrebbe "mai" esserci una preminenza dell'interesse fiscale a discapito del diritto di ciascuno ad essere tassato in ragione della sua "effettiva" capacità contributiva.

*** 
CONCLUSIONE (
aspetti "metagiuridici").
Per concludere, ribadendo che, secondo me, l'"imposizione diretta" dovrebbe colpire esclusivamente i "redditi effettivi" dei contribuenti, e MAI quelli "figurativi" (come le "rendite catastali"), per quanto riguarda l'"imposta patrimoniale" di cui oggi si parla tanto, giova tornare alla suddivisione da me fatta in premessa circa i "fattori della produzione" (o "cespiti produttivi" che dir si voglia), in quanto essa può cadere solo su due di essi, non certo sul "lavoro",:
- immobili
- capitali liquidi

E, questo, a prescindere dai "redditi" che da essi fluiscono, quali gli "affitti" e le "rendite finanziarie".
C'è da notare che, non solo oggi e non solo in Italia, ad essere tartassati sono soltanto i primi (immobili) e quasi mai i secondi (capitali liquidi), per due ragioni, delle quali una evidente e difficilmente controvertibile, ed una seconda, che, per me, è parimenti evidente, ma che, invece, è in genere molto controversa.
a)
La prima ragione è che, salvo qualche eccezione, il patrimonio immobiliare di una persona è facilmente individuabile e identificabile, per cui è molto facile tartassarlo, mentre ciò è molto più difficile per quanto concerne i suoi capitali liquidi.
b)
La seconda ragione è che, sin dal tempo dei Medici, dei Pitti e degli Strozzi (se non da prima), il potere politico è condizionato da quello dei Banchieri; i quali, ovviamente, hanno tutto l'interesse a che gli Stati tassino il più possibile gli immobili, per spingere i contribuenti a non investire in immobili, bensì nelle Banche e nei loro fondi.
Ad esempio, invece di consegnare i soldi ad un "fondo pensione", un individuo potrebbe metterli da parte ed investirli nell'acquisto delle mura di un negozio, in modo, in vecchiaia, da integrare la sua pensione con una regolare entrata d'affitto mensile; però, se lo Stato, oltre a tassargli (giustamente) quest'ultimo, pretende pure di tartassarlo ogni anno  (ingiustamente) con l'IMU sulla mera "proprietà" delle mura, è abbastanza logico che, "obtorto collo", l'individuo in questione sia rassegni ad affidare i suoi soldi ad una banca.
Ed è per questo che, secondo me, mentre l'"imposta patrimoniale sugli immobili", già esiste ed è cosi ingiusta e feroce da meritarsi a pieno titolo la denominazione di "angheria" (dal greco  "aggaria" sinonimo dell'ingiustificato sopruso tributario preteso, con la forza, dall'imperatore persiano), invece un'"imposta patrimoniale generale"che colpisca anche i depositi bancari, sotto qualsiasi forma, dei contribuenti italiani, non ci sarà mai; ed infatti sono sicuro che i "banchieri" non  lo consentiranno, se non in forma molto blanda e "di facciata" (come già accade) mentre, invece, faranno ulteriore pressione per un ulteriore aumento delle "rendite catastali figurative", al fine da scoraggiare ancora di più i contribuenti dagli investimenti immobiliari produttivi.
Per cui, premesso che, secondo me, un'"imposta patrimoniale" è comunque da considerarsi iniqua e sbagliata, semmai essa dovrebbe essere "generale", e non limitata, come ora, ai soli "immobili"; magari con una riduzione di quest'ultima.
***
Qui non si tratta tanto di "preconcetti" pro o contro tale tipo di imposizione, i quali, spesso, corrono sul " "fil rouge"," di una determinata ideologia ovvero di un'altra; ne parla Goethe nel suo libro, "Le affinità elettive", riferendosi ad una pratica diffusa nella marina inglese, per la quale tutto il sartiame della flotta reale era fabbricato in modo che un "filo rosso" vi fosse costantemente intrecciato, e che fosse impossibile tirarlo fuori, al fine poter dimostrare che anche il pezzo più piccolo apparteneva alla corona inglese.
Se qualcuno invece di ragionare secondo la logica, l'equità ed il buon senso, segue il "fil rouge" dei propri pregiudizi politici e ideologici, in materia tributaria si perverrà sempre a soluzioni aberranti ed inique.
***


sapa

Concordo, Eutidemo e ti ringrazio di questo articolato e molto ben scritto excursus su questo tema, attualissimo. La tassazione sugli  immobili ( le 4 iene) è a livelli insostenibili e bene fai a indicarne anche le quasi ovvie ragioni: chi ha in mano le redini del movimento dei capitali liquidi vede di mal occhio gli investimenti "immobili". D'altra parte, lo Stato li vede benissimo, perchè non riesce a controllare il fiume, almeno da noi e quindi gli occhi li tiene sui proprietari di immobili. Ci sarebbe, eventualmente, da discutere sui patrimoni fondiari, la cui tassazione a mio avviso resta bassa, ma che, d'altronde, se fossero maggiormente tassati probabilmente cesserebbero di produrre reddito, da noi come in altri parti del mondo, sicuramente d'Europa. Si potrebbe anche dare una guardata agli immobili ecclesiastici, ma ci si caccerebbe in un vespaio. Per il resto, il tuo discorso non fa una grinza, a mio avviso.

Eutidemo

Ciao Sapa. :)
Grazie dei complimenti, ma mi sono accorto di una mia "imprecisione", dovuta forse al mio desiderio inconscio di ridurre un po' il numero dei balzelli immobiliari.
Ed infatti avevo scritto che erano QUATTRO, considerata anche "l'"IMPOSTA DI REGISTRO" al momento dell'acquisto, e quella da versare successivamente ogni anno"; il che non è molto preciso, perchè tale imposta si paga "una tantum" (in modo molto pesante) al momento dell'acquisto delle mura del negozio, e poi, eventualmente (in modo più lieve) per i contratti di locazione dell'immobile stesso (di anno in anno, fino alla scadenza, oppure in un'unica soluzione, per l'intera durata).
Quindi, in fondo, i balzelli immobiliari sono CINQUE; anche se non escludo di essermene dimenticato qualcun altro!
***
Quanto ai "patrimoni fondiari", per quel che riguarda l'IMU, cioè l'"imposta patrimoniale" sui terreni agricoli, oltre ad essere di importi "minimi", anche per il 2020 sono state previste al riguardo numerose agevolazioni ed esenzioni.
Quanto, invece, ai "redditi fondiari" (agricoli e dominicali), l'IRPEF relativa, più che essere di importi "minimi", direi che è di importi assolutamente "ridicoli"; "come era in principio, ed è ora e per sempre, nei secoli dei secoli, amen!"
Ovviamente non parlo delle '"imprese agricole", che -credo- sono quelle che producono la maggior parte del reddito di natura agraria, e che vengono tassate in modo molto diverso, a seconda che si trovino in "regime speciale" o in "regime ordinario"; ma questo è un argomento O.T.
***
Quanto alla Chiesa, pare che essa possieda nel mondo circa UN MILIONE di immobili per un valore di circa DUEMILA MILIARDI; non solo edifici di culto,  ma anche alberghi per turisti e pellegrini, terreni e abitazioni date in locazione.
Di questi beni immobili, circa il 70 per cento si trovano all'estero e il 30 per cento in Italia; soprattutto a Roma (che, ormai da quasi 2000 anni, è una sorta di  "dépendance" del Vaticano, e, un tempo, del Laterano), e poi in Lombardia e in Veneto.
Secondo il "Gruppo Re", che da sempre fornisce consulenze al Vaticano sul tema, il 20% del patrimonio immobiliare italiano sarebbe di  proprietà della chiesa: si tratta di un "patrimonio" di circa 115 mila fabbricati, che viene continuamente alimentato da investimenti e donazioni di privati cittadini.
Solo qui a Roma si calcola che "ogni anno vengono registrati dagli 8 ai 10mila testamenti a favore del clero".
In confronto, le "proprietà" dello Stato Italiano, quasi 10 miliardi di euro di terreni e 340 miliardi di euro di immobili, fanno davvero ridere!
Circa l'effettiva tassazione di tale "smisurato" patrimonio immobiliare, come è noto, ci sono valutazioni molto controverse; ed invero, sembra che molte strutture ricettive di proprietà della Chiesa che, in sostanza, funzionano come alberghi non paghino quanto dovuto, con un'evasione fiscale di circa 5 miliardi di euro.
https://www.ilmessaggero.it/vaticano/chiesa_ici_vaticano_patrimonio_immobiliare-4090167.html
Però, ovviamente, gli organi di stampa del Vaticano replicano che tutto questo non è vero.
https://www.vaticannews.va/it/vaticano/news/2020-03/il-mito-della-chiesa-che-non-paga-le-tasse-sugli-immobili.html
Io non intendo esaminare qui tale questione, perchè sarebbe decisamente O.T.; ricordo solo che Papa Francesco nel 2015 suscitando enorme clamore e aprendo uno squarcio sulla reticenza di alcune strutture, dichiarò: "Se un convento religioso lavora come un albergo, paghi l'IMU!"
E, se non ricordo male, Quello che a suo tempo diede la delega a lui e al resto del clero, si raccomandò: "Date a Dio quello che è di Dio...però date a Cesare quello che è di Cesare!".
Un saluto! :)