L'escalation della violenza è fallimento della psicologia?

Aperto da cvc, 02 Agosto 2016, 16:12:11 PM

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Jacopus

#15
Cara Verdeidea, potrei risponderti usando il tuo stesso tono poco cortese, ma credo che diverrebbe quello che in gergo si chiama "flame". In questo forum apprezzo invece i toni pacati (che purtroppo anch'io qualche volta non ho usato) e l'intenzione di ragionare e riflettere insieme senza svilire e umiliare gli antagonisti. Si tratta infatti di riflettere sulle idee che i partecipanti possono avere in quel momento e non di giudicare le persone stesse con giudizi affrettati. Non capisco inoltre come faccio a deluderti. Non ci conosciamo neppure e non ti ho mai illusa.
Buona giornata.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

baylham

La conoscenza delle cause e delle dinamiche della violenza e della guerra non comporta necessariamente la possibilità, capacità di eliminarle, risolverle, come conoscere la forza gravitazionale non implica la possibilità di modificarla. La psicologia, ad iniziare da Freud, ha dato grandi contributi per capire le cause della violenza individuale e collettiva.

I conservatori che lamentano la perdita di identità, di valori, di anima, come spiegazione della violenza farebbero bene a guardare con più attenzione alla storia: la violenza e la guerra erano assai più diffuse e generalizzate nel passato, come giustamente ha rilevato Jacopus, e proprio la difesa di quei valori, di quelle identità, di quelle anime, ha scatenato le violenze e le guerre più crudeli ed assurde, fino allo sterminio totale del nemico. Se si vuole continuare a percorrere strade già battute non c'è alcun motivo per attendere risultati diversi.

La mia personale riflessione è che l'eliminazione del conflitto, della violenza e della guerra sia un obiettivo difficilmente realizzabile, se non impossibile, proprio perché richiede un cambiamento radicale di identità, di valori: si devono toccare e modificare istinti e caratteri biologici profondi, millenari, diffusi in tutte le specie viventi.

Chi attualmente propone ricette morali, educative o simili con l'obiettivo di eliminare a breve termine il conflitto e la violenza, addirittura il male, è un illuso, un apprendista stregone, che prepara conflitti e violenze ancora maggiori. La ricetta autoritaria, la compressione della democrazia e delle minime libertà individuali, è poi la peggiore, oltretutto logicamente ridicola: per eliminare la violenza si ricorre alla violenza, praticamente l'istituzionalizzazione della violenza arbitraria.

Evidenzio inoltre lulteriore contraddizione tra la critica all'individualismo e all'internazionalismo,  come cause della violenza, e il sostegno  al nazionalismo, addirittura autoritario, di alcuni forumisti: si nega all'individuo quello che si riconosce allo stato nazione, uno stato nazione "permissivo", "libertino".

Sul rispetto, qualunque cosa significhi: tutti gli uomini, come anche gli altri animali, meritano rispetto. Un rispetto ancora maggiore spetta ai bambini, che non hanno chiesto di nascere e che sono i più deboli ed indifesi nella società dipendendo dagli adulti. Quindi l'ordine del rispetto va rovesciato: prima gli adulti rispettino i bambini, poi i bambini rispetteranno gli adulti.


cvc

Il mio discorso voleva partire da delle premesse prese per vere senza un esame troppo rigoroso ma che, credo, se non altro intuitivamente, abbia ragion d'essere. Tali premesse sono l'aumento di violenza nella nostra società ed una certa influenza della psicologia in tale fenomeno. Ovviamente, se cadono le premesse, cade anche il resto del discorso. Proverò quindi a dire qualcosa in più riguardo a tali premesse, cosicché si possa attaccare o difendere la tesi del fallimento dell'attuale psicologia, agendo su ciò che la sostiene.
Riguardo all'aumento della violenza nella nostra società, piuttosto che tanti esempi, mi limiterò a pochi, per quanto cruenti (e un po' anche per pigrizia). Ritornando indietro a 10/20 anni fa, mi vengono in mente casi di omicidi familiari che travolsero letteralmente la quiete delle nostre coscienze. Parlo dei casi di Erika ed Omar o quello di Pietro Maso, per esempio. Allora si aveva l'impressione di assistere ad una brutalità mai vista, tanto più in quanto rivolta ai componenti stessi della propria famiglia, e per futili motivi oltretutto. Ricordo lo sgomento di quei momenti, gli stati d'animo agghiaccianti, la fatica di psicoterapeuti e uomini di chiesa nel trovare le parole giuste, per mettete insieme un barlume di spiegazione (infatti la mente umana pare temere assai più ciò che non può comprendere rispetto a ciò che, seppur cruento, riesce a motivare). Ora invece, senza fare la storia del crimine, fatti di analoga efferatezza (poco importa se invece dei genitori ora si preferisce ammazzare i partner sentimentali o addirittura i figli) ci lasciano quasi indifferenti.
Per quanto concerne invece l'influenza della psicologia, in quanto scienza applicata, su tale escalation, anche qui preferisco prendere un punto su tutti, per quanto possa anche non essere il più importante. Mi riferisco alla spettacolarizzazione della violenza attraversi i media che rendendoci assuefatti alla vista del sangue (poco importa se vero o finto, la mente in virtù di "fare come se" citato da Jung, ad un certo strato di coscienza non fa differenza), ci rende indifferenti ai crimini. E di fatti nella maggior parte degli omicidi per futili motivi si sente parlare della totale insensibilità dei carnefici. Ora, mi domando, di fronte a questo inquietante spettro della spettacolarizzazione della violenza, forse ancor più vile di quella degli antichi anfiteatri romani, il silenzio degli psicologi al riguardo è assordante. Si è mai sentito uno psicologo affrontare a spada tratta il problema? Forse sono sordo io.
Ma credo anche che se la psicologia studia tutti i fenomeni psichici separatamente, senza trovare quel trade d'union che si chiama anima, può muoversi solo nella limitata coerenza dello spazio offerto dal singolo fenomeno (per quanto analizzato statisticamente), e non in quello assai più vasto e potente del senso.
Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.

verdeidea

Per jacopus


Mi dispiace aver dato l'impressione di un tono poco cortese.
Però anche i tentativi di far passare l'interlocutore come uno da "flam", "per il trol di turno" sperando di eliminare la questione in tal modo mi irritano abbastanza. Ho partecipato fin'ora non so più a quanti Forum, tanti, e non ho mai, mai chiesto direttamente od indirettamente l'aiuto o l'intervento del moderatore, MAI.

Non vedo in cosa avrei direttamente offeso la tua persona nel mio precedente post, ho soltanto evidenziato ed approfondito quelle che a mio avviso sono le incongruenze delle idee da te espresse, mi sono sempre riferita alle idee ed ai ragionamenti. Se ti riferisci a questa frase: "Mi dispiace Jacopus, tu sali in cattedra ma non hai titolo per insegnare, né per poter dimostrare qualcosa di concreto", volevo dire che non so con quale titolo tu possa usare diciamo il tono di colui che sale in cattedra, col tono da insegnante-docente-educatore-psicologo-so-tutto-io. Perché è questo l'impressione, il piglio che intravedo nei tuoi interventi. Cioè se tu fossi uno Psicoterapeuta, un qualsiasi professionista nel campo educativo, potrei capire il tono "professionale"ma non mi sembra che il tuo lavoro rientri in questo ambito. Inoltre non voglio essere ripetitiva, però i tuoi toni nella conversazione con Altamarea forse potevano richiamare l'attenzione di qualche moderatore ma intelligentemente non sono intervenuti anche perché Altamarea ha dimostrato un alto grado di civiltà e di buona educazione.

verdeidea

Per baylham.



Ecco, baylham, tu giungi a fagiolo, come si suol dire. La violenza ha diversi aspetti, tipi, gradi e cause, non farei di tante erbe un fascio.
E ed semplicistico (mi piace questo termine amato da Jacopus) appiopparlo ai conservatori piuttosto che ai progressisti; è banale, ingiusto e... appunto, semplicistico. Esempio? Tra gli eroismi dei beneamati partigiani ci furono non pochi atti di violenza inaudita ed ingiustificata, a volte per gretti motivi personali che furono poi coperti dalla situazione di caos generale. Oppure prendiamo un esempio attualissimo: i violenti no-global, i ragassotti dei centri sociali o "a-sociali" come li definisce qualche esponente politico (a mio parere a ragione), oppure gli esaltati e, oppure i violenti noborders....
La perdita di identità, di valori, di anima sono senz'altro causa di impoverimento, di annientamento prima ancora di poter parlare di violenza; quando quest'ultima arriva, se arriva, ne è solo la naturale e logica conseguenza, mio caro baylham, per il logico e naturale istinto DI VITA, di sopravvivenza.

Forse nessuno qui ha studiato bene davvero la psicologia e di quanto sia fondamentale per l'essere umano, sia nella sua dimensione individuale che in quella sociale, il processo di individuazione e identificazione che diventa identità.
Va benissimo guardare alla storia con attenzione, e lo facciamo tutti a quanto pare, ma vi invito a guardare con attenzione anche il presente, l'attualità, e scoprirete che le cose non sono cambiate, nonostante non esistano più né Hitler, né Stalin, nonostante il crollo del Muro di Berlino. La violenza assume connotati e modalità espressive diverse a seconda delle cause che la scatenano.

Dopo il secondo conflitto mondiale si è pensato di poter scongiurare le guerre con la grandiosa idea dell'Unione Europea, che altro non è diventata che l'industria degli errori ed orrori opposti ma altrettanto gravi a quelli che scatenarono la seconda guerra mondiale, compiendo con un'autorità autoreferenziale, ingiustizie ormai poco sanabili. E se qualcuno crede che in questo modo ci preserviamo da guerre, conflitti e miseria, non è un ingenuo, è un perfetto idiota.

Baylhamscrive:
"La mia personale riflessione è che l'eliminazione del conflitto, della violenza e della guerra sia un obiettivo difficilmente realizzabile, se non impossibile, proprio perché richiede un cambiamento radicale di identità, di valori: si devono toccare e modificare istinti e caratteri biologici profondi, millenari, diffusi in tutte le specie viventi."

Ecco, questa è la base su cui poggia il pensiero progressista di sinistra radicale. Cioè il tentativo di sconvolgere e modificare totalmente quelli che sono gli istinti, i caratteri biologi profondi diffusi in tutte le specie viventi. E ti pare poco? A meno che non siate Dio, temo sia un'impresa alquanto difficile! E' da esaltati pensare di sconvolgere o di "educare" in tal senso l'essere umano con le idee e i metodi radical-progressisti.
Occorrerebbe innanzitutto conseguire un equilibrio nelle cose, una buona capacità di praticare la giustizia; buona capacità di governare, con saggia ed oculata politica, e che tutte le "nazioni" raggiungano un buon livello di civiltà (non solo gli Stati occidentali) tale da rendere praticabile la vera democrazia. Direi che già raggiungere questo obiettivo sarebbe difficile ma fattibile. Dopodiché si potrebbe, forse, realizzare la "naturale", spontanea e pacifica convivenza tra i popoli.

La situazione attuale è già assai compromessa proprio dall'ideologia progressista di cui ho parlato poco fa, dal buonismo che sfocia nello sfruttamento, dall'immigrazionismo che promuove nuove ingiustizie, dal multiculturalismo (cioè il melting pot) che partorisce nuove e più gravi mostruosità; su queste premesse si realizzano solo miseria, degrado, alto tasso di invivibilità ed altri conflitti ci saranno, non si illudano i benpensanti con la pancia piena!
Per riequilibrare l'attuale situazione e tentare di evitare l'imbarbarimento della società, occorre un baluardo, un freno per riequilibrare il percorso, per evitare il pericoloso declivio non molto responsabilmente intrapreso. E credo, spero, che le destre siano rimaste l'ultimo baluardo oltre il quale c'è il precipizio definitivo.
Non "compressione" della democrazia, qui si tratta proprio di salvarla la democrazia. Salvare la civiltà, il quieto vivere, la pace e i diritti faticosamente raggiunti; si tratta di preservare, di difendere, di non di regredire spaventosamente. Se si vuole almeno tentare di salvare la democrazia è come minimo necessario il rispetto rigoroso delle leggi (almeno nelle situazioni di emergenza), di introdurre leggi più severe se occorre; l'autorità serve, non è inutile o dannosa, serve per evitare un male maggiore.

Ma io mi chiedo: E' mai possibile che l'essere umano deve, in ogni aspetto della vita sociale, alternare sempre gli estremi? O dittatura, o degrado sociale. In Europa siamo passati negli ultimi 70 anni, dal più feroce nazismo all'attuale sistema di lassismo di tipo anarcoide dove vige la corruzione ed il più forte o il più furbo ha sempre ragione.
Una saggia via di mezzo non è possibile? E' così difficile conseguire un sistema sociale equilibrato, basato sulla giustizia e sul severo rispetto delle regole?
L'attuale politica europea, che sta mostrando tutta la sua incapacità nell'affrontare i nuovi problemi derivanti dai cambiamenti epocali, teme l'avanzata delle destre in tutta Europa. Ma è normale, è la normale e logica conseguenza del disastro sociale perpetrato dalle sinistre egemoniche.
Penso che le destre siano rimaste l'ultimo baluardo oltre il quale il precipizio definitivo è a pochi passi.

verdeidea

Ciao cvc, ho letto adesso il tuo ultimo intervento che mi sembra molto coerente con la linea che hai voluto dare sin dall'inizio al tuo topic, che, chissà perché qualcuno poi dirotta e manovra per esternare la propria ideologia.
hai ripreso bene l'argomento e spero che si continui solo su questo binario anche perchè è piuttosto interessante e andrebbe approfondito.

baylham

Siccome ritengo che la biologia e la psicologia umana non siano cambiate in modo sufficientemente rilevante negli ultimi secoli, forse millenni, a differenza della tecnologia e quindi dell'economia, i problemi della violenza e delle sue cause sono sostanzialmente invariati. Con questo ho risposto sia a cvc che a verdeidea, assicurando quest'ultima che non faccio una distinzione tra conservatori e progressisti in merito alle cause. Proprio per la sua natura infrastrutturale, biologica, ritengo impensabile la fine della violenza in tempi brevi, soprattutto se non si agisce a quel livello. Le conoscenze psicologiche applicate alla politica in senso ampio potrebbero aiutare a ridurre la violenza. Ritengo che la difesa rigida, senza compromessi, dell'identità, dei valori, conservatori o progressisti che siano, sia un buon viatico per la spirale dell'odio e della violenza.

Per inciso sono d'accordo che sia sciocco pensare che l'Unione Europea possa mettere fine ad ogni conflitto e guerra intestina; tuttavia trovo molto più sciocco pensare che ciò sia realizzabile senza l'Unione Europea.

Mi scuso con cvc per avere allargato, divagato, e perciò essere fuoriuscito in parte dal tema proposto, non interverrò ulteriormente. Il nucleo del mio precedente e attuale commento è tuttavia in tema: non condivido la premessa che ci sia un peggioramento dei conflitti e della violenza nella società occidentale contemporanea rispetto al passato, semmai c'è una tendenza contraria. I casi eccezionali escono appunto dalla normalità e non sono un buon metro di misura. Aggiungo che la crisi e rottura di strutture e gerarchie sociali (la questione razziale, femminile, sindacale, per esempio) spiega l'emergere di azioni e reazioni violente.


Phil

Provo ad offrire al discorso un'osservazione: nel topic sull'irrazionalità ("tematiche filosofiche") si parla di come il principio di identità sia intuitivo, inconfutabile in quanto principio fondatore di ogni logica conosciuta; nel topic su spiritualità e definizione del nemico ("tematiche spirituali"), si discute di come l'identità religiosa possa declinarsi (e declinare) in aspetti mondani (economico-socio-politici) oppure in una ricerca pertinentemente spirituale; qui si dibatte sul rapporto storico fra identità culturale-psicologica e violenza... il piano di questa triangolazione interdisciplinare è l'insidioso tema dell'identità, e credo che le tre prospettive (logica, esistenziale e sociologica) dialoghino forzatamente ma proficuamente, richiamandosi l'un l'altra nonostante la diversità d'approccio (e sono così un buon esempio di dialogo "utile" fra posizioni differenti... ;)).

Il nostro modo di ragionare, correggetemi se sbaglio, è basato sull'identificazione (logica, esistenziale e sociologica), ovvero sull'individuazione di differenti identità, che in quanto tali pongono la loro negazione, la differenza, l'alterità... ogni "A" definisce inevitabilmente il "non-A" (o viceversa) e, come nelle logiche più elementari, i due si escludono reciprocamente quando si tratta della verità: o è vero "A" o è vero "non-A" (che talvolta viene chiamato B, se poniamo B=-A). Ma se entrambi (semplifichiamo il discorso con solo due elementi) pretendono di essere veri? 
Ecco allora che può denotarsi il nemico, il conflitto e la violenza... "A" spesso non può accettare di essere vero tanto quanto "non-A" (il "principio di non contraddizione" talvolta vige anche esistenzialmente e sociologicamente), così come una religione non può accettare di essere "vera" come le altre, o una visione politica non può accettare di essere "giusta" come le altre, o la "cultura" di una società non può accettare di essere funzionale per la "sua" popolazione tanto quanto lo sarebbero altre... fermo restando che ci possono essere, come da manuale, le dovute eccezioni.

Cosa c'entra questo con l'(eventuale)escalation della violenza e il (eventuale) fallimento della psicologia? La pluralità delle identità è sempre più interconnessa, il mondo è diventato "piccolo" e siamo tutti molto "vicini"; questo pone il problema della relazione fra le identità, che sono molte e dinamiche (da non sottovalutare!), ed una serie di ideali "monistici", secondo cui la verità, il giusto, etc. sono uno solo, e per esso si può anche decidere di combattere con violenza. 
Questa discronia fra un ragionare talvolta "anacronistico" (come fossimo prima del postmoderno) ed una realtà che va velocemente intricandosi (collidendo identità, contaminandole), può portare ad un aumento della violenza e dell'intolleranza come meccanismo psicologico di difesa: spaesato dal frastuono cognitivo, sovraesposto ad input talvolta contraddittori e incapace di afferrare con fede un'identità assoluta, immutabile e inopinabile, l'uomo di oggi (e le differenti "strutturazioni" in cui si differenzia) può "spaventarsi" e, istintivamente, reagire attaccando.
Inevitabilmente, un maggior incontro di identità comporta, potenzialmente, un maggior conflitto di identità (se è vero che l'uomo, per natura, non è incline al pluralismo, inteso come coesistenza... o anche come condivisione della verità, della giustizia, della terra, dei partner e delle patatine fritte ;D).

La psicologia potrebbe aiutare l'uomo ad orientarsi in quest'epoca di complessità crescente, senza però diventare essa stessa quel feticcio da venerare quando ci si sente insicuri? Forse... ma resta pur sempre anche lei una "produzione" della mente umana, una scienza(?) figlia dei suoi tempi e dallo statuto epistemologico problematico... di sicuro, non è come la luce del sole che arriva in tutte le case ed è uguale per tutti, quindi, per quel poco che può "funzionare", presuppone che qualcuno si rivolga a lei (altrimenti non ha senso imputarle fallimenti per tentativi non compiuti). 
La psicologia "seria" non credo sia quella fatta dall'opinionista-psicologo che commenta e interpreta il fatto di cronaca, bensì, se non sbaglio, quella che si attua lontano dalle telecamere e faccia a faccia con l'interessato (o gli interessati). Come dire, "se mi sono storto una caviglia è un fallimento per la medicina?". Direi di no, ma la medicina può forse aiutarmi proprio perché mi sono storto una caviglia (non prima), se le do almeno l'opportunità di provarci... poi, magari, mi operano e sbagliano caviglia, ma la fallibilità fa parte dell'essere umani, no? :)

P.s. Scritto da uno a cui la psicologia sta decisamente antipatica, ma tenta comunque di dare a Cesare quel che è di Cesare...

verdeidea

#23
Al di là delle utopie di qualcuno che preferisce sognare anziché guardare con coraggio la realtà, di fatti vi è un aumento della violenza rispetto agli anni '40, '50 ma anche fino agli anni '80 '90. Cambia il tipo di violenza ed è andata man mano aumentata in questi ultimi anni perché sono cambiate in peggio in generale le condizioni socio-economiche del paese, aggravate dalla presenza sempre più massiccia di stranieri, non perché "sono stranieri" ma perché col dictat di trasformare la società nel melting pot è ovvio che una consistente parte di immigrati si trova fisiologicamente senza un'adeguata sistemazione con la conseguenza che va a nutrire le schiere della delinquenza e dintorni. Ora, di fronte a queste cause cosa vuoi che faccia la psicologia? Le decisioni politiche ed economiche della classe dirigente non credo  vengano prese consultando prima specialisti e luminari della psicologia. Inoltre credo che anche la psicologia si sia basata (per non dire accasciata) sulla filosofia dominante: il relativismo. Di fatti a me pare che anche gli psicologi si barcamenano a seconda di come va il vento.  Prendiamo  l'argomento sulla liceità o meno che una coppia gay abbia il diritto di avere ed educare dei figli in un matrimonio omosessuale,  tralasciando ogni giudizio od opinione personale in merito, gli psicologi fino a qualche decennio fa si prodigavano di discorsi per dimostrare quanto fossero fondamentali per il normale sviluppo del bambino (maschio o femmina) l'esempio del padre (uomo) e della madre (donna), oggi non sanno bene cosa rispondere oppure dicono che il ruolo del padre e della madre possono essere interscambiabili.
Fino a qualche decennio fa c'era una commissione che cercava di mettere un freno alle dilaganti trasmissioni  a contenuto violento, non ne sento più parlare. Si discusse anche sulla opportunità di  vietare trasmissioni televisive che  speculano sulle tragedie, vicende di omicidi vari, non si fece più nulla.  Ciò che conta è vendere, è il profitto, la convenienza. Certo, neppure io ricordo di psicologi e psicoterapeuti che abbiano mai preso posizioni per qualcosa. Morale della favola? Che è diventato un modo come un altro per cercare di guadagnarsi la pagnotta.
 Le università sfornano ogni anno non so quanti laureati in psicologia ed il solo percorso quinquennale non basta per esercitare psicoanalisi o psicoterapia, quindi cosa dovrebbero fare gli eserciti di laureati in questa disciplina se non inventarsi sempre qualcosa di nuovo che li faccia apparire indispensabili?



Citazione di: baylham il 10 Agosto 2016, 18:12:56 PMCon questo ho risposto sia a cvc che a verdeidea, assicurando quest'ultima che non faccio una distinzione tra conservatori e progressisti in merito alle cause. Proprio per la sua natura infrastrutturale, biologica, ritengo impensabile la fine della violenza in tempi brevi, soprattutto se non si agisce a quel livello.

Io ritengo sia impoensabile soprattutto in quel modo, come lo intendete voi e che ho già spiegato nel precedente intervento.


Citazione di: baylham il 10 Agosto 2016, 18:12:56 PMRitengo che la difesa rigida, senza compromessi, dell'identità, dei valori, conservatori o progressisti che siano, sia un buon viatico per la spirale dell'odio e della violenza.

Innanzitutto non si capisce cosa sia "la difesa rigida" "senza compromessi"....  "Conservatori o progressisti"???  ;D  . No, dai, sembra un prendere per i fondelli.  Noi stiamo precipitando perché non abbiamo proprio più difese in tutti i sensi, neppure militarmente. Dove la vedi la rigidezza? Piuttosto vedo, adesso, un tentativo di ribellione per autodifesa da parte della gente portata all'esasperazione, altro che rigidezza!

Citazione di: baylham il 10 Agosto 2016, 18:12:56 PMPer inciso sono d'accordo che sia sciocco pensare che l'Unione Europea possa mettere fine ad ogni conflitto e guerra intestina; tuttavia trovo molto più sciocco pensare che ciò sia realizzabile senza l'Unione Europea.
L'Ue è una farsa, è stata creata affinché diventi la copia degli USA per fare un unico multicolore e multiculturale gregge di pecoroni sotto un unico pastore, e poterlo plasmare con molta più facilità, esattamente come in USA, d esattamente come in USA a tutto vantaggio delle classi dominanti; il popolo sarà esattamente quello che è il melting pot made in USA: squallore, desolazione, violenza, città invivibili, sporcizia, degrado, razzismo, mancanza di welfare... devo continuare? Mi pare che basti così per farsi venire la nausea.
Non so se questo progetto si realizzerà senza spargimento di sangue (o non troppo); la vedo dura; le nostre origini e la nostra millenaria storia è completamente diversa da quella degli USA, inoltre saremo sempre sotto la direzione USA e questo complicherà ulteriormente le cose. Personalmente spero che non si realizzi proprio.



Phil, calma, troppa carne al fuoco; posso rispondere benissimo anche a te ma tutto ha un limite; non si può saltare di palo in frasca da un argomento all'altro, poi non si capisce più niente e le risposte diventano troppo lunghe e articolate. Apri un altro topic!

Phil

Citazione di: verdeidea il 11 Agosto 2016, 01:16:08 AMPhil, calma, troppa carne al fuoco; posso rispondere benissimo anche a te ma tutto ha un limite; non si può saltare di palo in frasca da un argomento all'altro [...] Apri un altro topic!

Rileggendo il titolo del topic, il primo messaggio "inaugurale" di Cvc e la seconda parte del mio post (la prima funge comunque da premessa) non sono sicuro di essere drasticamente saltato di palo in frasca... se così fosse, mi scuso per l'off topic.

P.s Ringrazio per l'invito, ma non intendo aprirne un altro... anche perché, parlando di violenza sociale e ruolo della psicologia, rischierei di chiamarlo "L'escalation della violenza è fallimento della psicologia?" 

P.p.s.  ;D

paul11

#25
Phil ha dato un ulteriore importante contributo per capire come mai cresce, vi è un escalation della violenza soprattutto negli Stati più civili, più culturalmente all'avanguardia che dovrebbero capire i fenomeni e arginarli.
Questa discussione http://www.riflessioni.it/logos/attualita/una-visione-pessimistica-ma-realistica-degli-omicidisuicidi-di-massa-di-questi/ include infatti l'analisi di Phil.
E'verissimo e assodato che la dematerializzazione della postmodernità, che decanta il mondo del desiderio consumistico del comandamento "desiderate che intanto potete..." ,la velocità dei mutamenti pone enormi
problemi identificativi, perchè l'uomo ha necessità nel suo intimo profondo ad ancorarsi a qualcosa, per
cui venendo meno i paradigmi generazionali già nel passaggio fra la cultura agricola e quella industriale e infine nel terziario avanzato ,ovvero nel mondo in cui non si vede, ma ci si parla come quì nel forum, come nelle transazioni finanziarie, oltre a non sapere più cosa sia quella A originaria che sarebbe il nostro Essere, là fuori nel mondo, tutto corre e scorre sempre più velocemente per cui non riesco a relazionare la mia intimità di essere e i fattori ambientali delle organizzazioni sociali.Un tempo si moriva di fatica ,oggi di stress che si ripercuote organicamente sul corpo con le malattie.
Non penso affatto che gli psicologi siano così fessi da non sapere tutto questo,anzi....il problema è che non sanno e non possono risolverlo.Se una persona è esaurita o depressa causa l'ambiente familiare o il lavoro, cosa possono suggerire? Cambia famiglia o cambia lavoro?Un bambino gli puoi far cambiare scuola perchè ha un insegnante che lo ha preso di mira, ma cambiano anche gli amici e nuovi stress di adattamento.

Il primo problema è educativo familiare .Jacopus, che a mio parere hai scritto un bel post, il super-io è il senso del limite ai desideri, e solo i genitori possono insegnarlo,ma adatto che i bambini non sono fessi, guardano i genitori prima imitandoli appassionandosi alle loro stesse passioni, poi cominceranno a contestarli fino a sentirsi dire "....non hai ragione, io la penso diversamente..." ,perchè il conflitto è parte della vita è il bisogno di indipendenza, è il distacco.Troppi genitori non dialogano con i loro figli, o li viziano nevroticamente, riempiendoli di doni che soddisfano i loro desideri, allontanando quindi l'importante concetto del limite ,senza cui non esiste nè libertà e neppure responsabilità e quindi il rispetto.La libertà si pone concettualmente come relazione al limite, senza un limite non ha senso quindi la libertà

E una volta adulti, passata la fase adolescente della prima maturità ora il rapporto è fra quell'ex bambino che si accinge al mondo del lavoro, al sociale, all'economico e quindi alle organizzazioni umane basate sullo scambio :denaro in cambio di prestazioni lavorative.

Due quindi sono soprattutto i sistemi che collidono e confliggono e gli psicologi lo sanno benissimo: la famiglia, come luogo di evoluzione del carattere e della personalità e poi il sociale quel mondo là fuori dove ognuno deve nello stesso tempo sbarcare il lunario, quindi avere denaro per vivere e costruire una propria famiglia e quindi di nuovo incontri con il partner, amici ,ma al di sopra di tutto la regola del gioco dettata dal sistema dentro cui siamo immessi per forza di cose.

Il mio personale timore è che i genitori non sono più all'altezza anche per mancanza di quel paradigma identificativo  che viene spiazzato continuamente dal mutare della struttura sociale, oggi è in crisi tutto:
famiglia, democrazia, libertà, giustizia, nel senso che sono difficili da relazionare e coniugare in una struttura e sovrastrutture economico sociali che addirittura ti dicono cose contraddittorie rispetto ai principi morali che insegnavano le vecchie generazioni. Perchè c'era un limite interno, riconosciuto da tutti e in quanto tale rispettato.
Persino la malavita aveva un codice  che oggi non ha più.
Quello era il paradigma dove le nuove generazioni contestavano, ma c'era il punto originario di riferimento.
Oggi nel tempo della dematerializzazione, dove persino gli abomini politici vengono giustificati spudoratamente, le prevaricazioni, le arroganze, allora : dov'è il rispetto? Dov'è "la giustizia è uguale per tutti"? Cos'è la libertà?
Siamo tutti più "stretti" nel tempo della rete, dei network......ma così soli.

anthonyi

Saluti a tutti. Sento spesso parlare di escalation della violenza, la mia impressione è però che questa non ci sia, solo che noi osserviamo la violenza con una sempre maggiore sensibilità e quindi ci sembra maggiore. Qualche tempo fa la maestra di mio nipote è stata messa in discussione perché troppo aggressiva con i bambini che avevano paura di lei, solo che si trattava di una donna vicina alla pensione che aveva probabilmente insegnato sempre con lo stesso metodo, oggi considerato illegale.
Certamente oggi abbiamo il terrorismo islamico, ma sappiamo che nei paesi dai quali questo proviene le carneficine non sono mai stati eventi eccezionali, in Italia mi risulta che i reati violenti sono in costante diminuizione, con l'unica eccezione delle violenze in famiglia sulle donne.
Per cui parlare di fallimento degli psicologi non mi sembra fondato. :-\  :-*

Riccardo

Se ti riferisci nello specifico ai guerrafondai, non credo che abbiano nè voglia nè tempo di andare dallo psicologo per farsi analizzare. Semmai quello che gli interessa è come usare la psicologia per colpire emotivamente l'avversario.

L'imbarbarimento dei rapporti è da dividere in istintivo e morale, a mio avviso. Gli uomini preistorici erano cannibali, più barbari di così si muore e sul piano istintivo non credo siamo tanto più barbari oggi di quanto non lo fossimo prima, vedi le svariate guerre per il possesso di terre e risorse.
Per quanto riguarda l'imbarbarimento morale addosserei la colpa a chi sta ai cosidetti vertici, a chi potrebbe inviare messaggi più positivi attraverso i canali di comunicazione di massa. Questo eleverebbe la morale di tutta la società. Se ci fai caso oggi diventa più famosa una velina che mostra il seno piuttosto di un filosofo che scopre il senso della vita. Se si elevano i soggetti più beceri ad esempio per la collettività e si oscurano le menti che potrebbero inviare messaggi di evoluzione all'umanità, certamente l'imbarbarimento morale, e quindi sociale, non potrà mai svanire.

cvc

Citazione di: Riccardo il 14 Settembre 2016, 00:49:23 AM
Se ti riferisci nello specifico ai guerrafondai, non credo che abbiano nè voglia nè tempo di andare dallo psicologo per farsi analizzare. Semmai quello che gli interessa è come usare la psicologia per colpire emotivamente l'avversario.

L'imbarbarimento dei rapporti è da dividere in istintivo e morale, a mio avviso. Gli uomini preistorici erano cannibali, più barbari di così si muore e sul piano istintivo non credo siamo tanto più barbari oggi di quanto non lo fossimo prima, vedi le svariate guerre per il possesso di terre e risorse.
Per quanto riguarda l'imbarbarimento morale addosserei la colpa a chi sta ai cosidetti vertici, a chi potrebbe inviare messaggi più positivi attraverso i canali di comunicazione di massa. Questo eleverebbe la morale di tutta la società. Se ci fai caso oggi diventa più famosa una velina che mostra il seno piuttosto di un filosofo che scopre il senso della vita. Se si elevano i soggetti più beceri ad esempio per la collettività e si oscurano le menti che potrebbero inviare messaggi di evoluzione all'umanità, certamente l'imbarbarimento morale, e quindi sociale, non potrà mai svanire.
Proprio stamattina ho letto sul sito Ansa che una donna di 31 anni si è suicidata dopo che un suo video a luci rosse è finito in rete. Credo che in questo ci sia un eccezione a quella che sembrerebbe la regola resa imperante da una certa psicologia: non vergognarsi di niente, non provare rimorso di niente. Ho detto che questo caso è l'eccezione, avrei dovuto dire un'esagerazione in senso opposto. Secondo me la donna ha commesso prima una leggerezza, mancando un po' di rispetto verso sé e fidandosi di altri quando ciò comportava un grave pericolo. Però la scelta di suicidarsi è stata eccessiva, anche se ha dimostrato il  forte riscatto del suo senso dell'onore. Ma, come dicevo, la psicologia freudiana, di cui non sono certo un esperto e tuttavia mi sento di dirne qualcosa, tutta incentrata sulla libido, sulla liberazione dai freni inibitori, sulla liberazione degli istinti, come se la coscienza non fosse altro che un tetro carceriere, questa psicologia che ci ha resi più libidinosi e sprezzanti di ogni inibizione e scarsamente riflessivi (parlo in generale, come società), non se lo fa mai un vecchio e sano esame di coscienza.
Secondo Freud l'uomo avrebbe barattato la felicità per un po' di sicurezza. Il che equivarrebbe a dire che gli uomini primitivi, le belve feroci e i criminali dovrebbero essere felici.
Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.

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