L'escalation della violenza è fallimento della psicologia?

Aperto da cvc, 02 Agosto 2016, 16:12:11 PM

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cvc

L'escalation di violenza cui stiamo assistendo non è riducibile al solo terrorismo o al femminicidio.  C'è un generale imbarbarimento nei rapporti, una progressiva perdita di filtri, di tolleranza, persino di spensieratezza e di umor. Diventa superfluo parlare di pace e guerra, perché la pace è già una guerra, dato che ogni banale discussione rischia di provocare un'efferatezza. Certo ci sono state epoche ben più violente di questa, ma allora non c'era la psicologia, questa scienza che rende chi la studia convinto di saperne più degli altri in quanto a pensieri e comportamento delle persone. Ma se è davvero così, se la scienza psicologica è così efficace, come si spiega questa esplosione di violenza in una società civilizzata come la nostra? Saranno mica, sti psicologi, come i giocatori d'azzardo, che parlano solo dei successi e dei fallimenti mai?
Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.

Jacopus

Buonasera CVC. Noto un tono leggermente polemico contro gli psicologi e direi che fai bene ad essere polemico se ti riferisci a quegli psicologi che pensano di avere la verità in tasca e che pontificano e danno indicazioni ai poveri pazienti facendo invece nascere in loro delle intenzioni omicide.
Effettivamente di tanto in tanto capita anche che uno psicologo o uno psichiatra venga fatto fuori da un suo paziente e quindi c'è del vero in quello che dici.
Però un fenomeno come quello della escalation della violenza ha tante concause e in primo luogo bisognerebbe anche verificare se davvero c'è questa escalation della violenza. Baudelaire più di un secolo fa affermava che i "giornali puzzavano di crimine", perché solo facendoci credere di essere immersi nella violenza riuscivano a vendere qualche copia in più. Nel '500 era molto più facile di ora uscire di casa e non tornare più perché si era incontrato un bravo, un inquisitore, un semplice malfattore. Pensa a Caravaggio. Potresti immaginare un pittore come Andy Warhol che passa la sua vita fra creazioni pittoriche maestose e duelli e omicidi?
Detto questo la psicologia ha molti nemici perché ti mette all'angolo, ti impone di "conoscere te stesso", una frase molto antica, così come molto antiche sono le radici della psicologia. Chi vuole fare bene questo lavoro deve conoscere le basi biologiche del corpo umano, la neurologia ma anche e forse soprattutto la cultura umana, humani nihil a me alienum puto dovrebbe essere il motto degli psicologi.
Quindi a questo punto ho un pò spaiato le carte. Intanto non è detto che vi sia una escalation di violenza e inoltre un pò di psicologia, anche se non si chiamava così, c'è sempre stata.
Continuate voi, se volete....
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

cvc

Citazione di: Jacopus il 02 Agosto 2016, 23:55:42 PMBuonasera CVC. Noto un tono leggermente polemico contro gli psicologi e direi che fai bene ad essere polemico se ti riferisci a quegli psicologi che pensano di avere la verità in tasca e che pontificano e danno indicazioni ai poveri pazienti facendo invece nascere in loro delle intenzioni omicide.
Effettivamente di tanto in tanto capita anche che uno psicologo o uno psichiatra venga fatto fuori da un suo paziente e quindi c'è del vero in quello che dici.
Però un fenomeno come quello della escalation della violenza ha tante concause e in primo luogo bisognerebbe anche verificare se davvero c'è questa escalation della violenza. Baudelaire più di un secolo fa affermava che i "giornali puzzavano di crimine", perché solo facendoci credere di essere immersi nella violenza riuscivano a vendere qualche copia in più. Nel '500 era molto più facile di ora uscire di casa e non tornare più perché si era incontrato un bravo, un inquisitore, un semplice malfattore. Pensa a Caravaggio. Potresti immaginare un pittore come Andy Warhol che passa la sua vita fra creazioni pittoriche maestose e duelli e omicidi?
Detto questo la psicologia ha molti nemici perché ti mette all'angolo, ti impone di "conoscere te stesso", una frase molto antica, così come molto antiche sono le radici della psicologia. Chi vuole fare bene questo lavoro deve conoscere le basi biologiche del corpo umano, la neurologia ma anche e forse soprattutto la cultura umana, humani nihil a me alienum puto dovrebbe essere il motto degli psicologi.
Quindi a questo punto ho un pò spaiato le carte. Intanto non è detto che vi sia una escalation di violenza e inoltre un pò di psicologia, anche se non si chiamava così, c'è sempre stata.
Continuate voi, se volete....
Buongiorno Jacopus. La psicologia non è solo nel rapporto medico-paziente, il quale è per altro facilmente verificabile, nel senso che si può vedere se una certa cura è efficace o meno nel guarire una certa malattia diagnosticata, in modo che il successo o meno di una cura ne decreta la validità. Ma è estremamente riduttivo limitare l'influenza della psicologia al solo ambito medico. La psicologia permea ogni ambito della nostra vita: la formazione nel lavoro, la persuasione nelle nostre scelte economiche, le indagini che riguardano la giustizia, la formazione dei giovani. In particolare, la psicologia con le sue teorie è salita in cattedra quanto al ruolo di educatrice. Fino a poco tempo fa, l'educazione dell'individuo era suddivisa fra il ruolo dei genitori e quello della scuola. I genitori si preoccupavano che i bambini fossero educati nel senso in cui intendeva la tradizione tramandata di generazione in generazione: rispetto dei più grandi, della legge, saper fare di conto, un certo senso del pudore. Alla scuola spettava invece il ruolo di istruire il giovane, educarlo alle lettere e alla scienze, dando per scontato che i valori della tradizione infusi dalle famiglie fossero dei buoni valori. Ora però, se non è una mia impressione, il fatto di conoscere in modo teorico questo o quel meccanismo psicologico autorizza l'educatore istituzionale a dare ai giovani messaggi prevaricanti nei confronti dei genitori. Ad esempio un insegnante potrebbe illustrare agli alunni una tale nuova valida o presunta teoria psicologica di cui gli indaffarati genitori sarebbero ignari, e questo suona come un dire "avete visto? I vostri genitori sbagliano perchè non sanno...". Dopodichè l'alunno solerte se ne va a casa a psicanalizzare il padre o la madre, e la reverenza genitoriale se ne va a farsi benedire. Senza dire che la validità della tale teoria resta tutta da verificare, dato la difficoltà della sperimentazione (a volte ridixola in quanto basata su simulazioni e non sulla realtà, dove l'onestà di chi si offre alla sperimentazione è tutta da vedere) in ambito psicologico. Appunto, chi dice, ad esempio, che la condiscendenza nei confronti dei giovani irrequieti e prepotenti - tesi che mi pare vada per la maggiore in ambito educativo – sia realmente efficace? E che un genitore che da un sano scapaccione sia un criminale?
Sulla maggiore violenza nelle altre epoche ho già detto, basterebbe senza andare troppo lontano, leggere le statistiche sui reati di inizio XX secolo per essere ben contenti dei nostri "pochi" omicidi quotidiani. Ma la differenza e che ora, rispetto ad allora, il tasso di istruzione è molto più alto, come lo sono il reddito pro capite e le condizioni generali di vita. La psicologia dovrebbe fors riflettere anzitutto sull'origine del proprio nome. Psiche significa non solo mente, ma mente in quanto sede dell'anima. Il concetto di anima dovrebbe essere centrale quando si parla di individuo, di personalità, di formazione. E non di una vuota ed astratta giustapposizione di meccanismi psicologici.
Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.

paul11

#3
La quantità di consumo  di ansiolitici e farmaci varii, come ho scritto in altra discussione recentemente, indica problemi di stabilità della personalità legata alla propria identità, dove il rapporto uomo/ambiente si sta connotando sempre più privo di riferimenti, altamente aleatorio, competitivo, pieno di aspettative. Siamo proiettati sempre più ad un domani, ma privo di speranze e senza un retroterra culturale, un background che permetta di relazionare persona e cultura.
E' un mondo malato, dove l'uomo non può che raccogliere psicosomaticamente le problematiche ambientali su di sè.

Da quando è finita la psicoanalisi, la psicologia è ridotta  al "confessionale del prete". Si scarica nel transfert psichico su un'altra persona
in ascolto i nostri problemi.La soluzione è ormai il farmaco , il blocco di ricettori; la psiche è ridotto a cervello, la coscienza, o meglio  gli stati di coscienza a stati id'animo più meno compulsivi.
Non c'è nessun medico dell'anima. Nemmeno uno  stregone, uno sciamano che armonizzavano il disordine umano che si manifestava nella malattia.
Persone con problemi mentali spesso sono in cura da parvenze di psicologi....... e hanno pure ucciso.
A cosa è utile  l'attuale psicologia? All'industria del farmaco e all'economia delle teorie delle scelte e del marketing

acquario69

#4
penso che la psicologia ha fallito perché si e' ridotta e chiusa al solo ambito mentale/fisico (strettamente materiale) infatti come dice paul,non poteva poi non sfociare a mero business anche quello),paragonabile da un altro punto di vista e parallelamente ad una discesa nei strati sotterranei della persona. 
(cito di nuovo paul:la psiche è ridotto a cervello, la coscienza, a stati d'animo più meno compulsivi)

mentre io credo che dovrebbe fare da ponte per aprirsi ai livelli superiori "spirituali" a partire da quelli più sottili,dell'anima.

verdeidea

#5
Condivido la tua riflessione CVC.
É  innanzitutto il fallimento non tanto della psicologia in sé quanto di un sistema educativo banale basato sul permissivismo che in realtà non educa al miglioramento e all.equilibrio della persona. Inoltre altri fattori negativi che si sono imposti nella società hanno determinato l'aumento di casi di psicopatologia e violenza. L'educazione in primis le cui cosiddette "agenzie educative"si sono ma mano  arricchite di nuove figure ritenute importanti come psicologi, psicoterapeuti, pedagogisti, ecc., hanno fallito  in pieno perché si sono limitate a cercare di capire le personalità che ponevano attenzione o particolari problemi invece  di orientare, fortificare e correggerne le "anomalie". Ad esempio la scuola non si capisce più cosa sia diventata; a mio parere non è più un luogo educativo valido. Sono in parte d'accordo con Paul, non condivido la sua opinione per cui la psicologia sia diventata un business dei farmaci perché lo psicologo o psicoterapeuta non può prescrivere o consigliare farmaci.

paul11

Citazione di: verdeidea il 03 Agosto 2016, 11:46:28 AM. Sono in parte d'accordo con Paul, non condivido la sua opinione per cui la psicologia sia diventata un business dei farmaci perché lo psicologo o psicoterapeuta non può prescrivere o consigliare farmaci.

Giusta precisazione. Semplicemente perchè non hanno un percorso formativo attinente, e quindi delegano al medico di base la presscizione del farmaco se ritengono che coadiuvi la terapia.
Ma chiediamoci perchè esiste lo psicologo, lo psicoterapeuta, il neurologo .Perchè un cervello/mente/coscienza deve delegare a più ambiti medici la sua malattia, il suo stato di disagio.
C'è chi passa una vita dal psicologo o psicoterapeuta, ben inquadrato da Woody Allen.per risolvere un bel niente e riempire le tasche del professionista.

Il sistema educativo è collassato. Il ruolo fondamentale della famiglia è stato abdicato per totale mancanza di ruolo dei padri e delle madri, orientati più a Facbook che educare i figli. Quesi bei esemplari d igenitori se la pigliano con il sitema scuola/insegnanti, come se l'insegnate potesse seguire formazione psichica e formazione culturale di tutti gli studenti.
Poi la scuola ha reso funzionale al lavoro la formazione, compiendo quell oche la società vuole:
 famiglia-scuola- lavoro=sottomesso competitivo, forte con i deboli e debole con i forti, ovvero un signorsì ipocrita che insegue successo e status symbol e si imbottisce di cocaina per desensibilizzare ,per anestetizzare quel poco di anima che rimane. Cadi in depressione, hai una malattia? E' sintomo che ci vuole un fisico bestiale per essere deficienti in mezzo al branco.
La famiglia deve aiutare la maturazione della sfera affettiva del bambino e formarlo moralmente ed eticamente, non può delegare ad altri il suo ruolo....ma la famiglia oggi che cos'è se non il luogo di poco più che conoscenti che casualmente si incontrano?

cvc

Senza occuparsi dell'anima non si va lontano. Come mi pare dice Socrate nell'apologia, non può essere che ci siano cavalli domati senza che ci siano domatori di cavalli. Ugualmente non possono esserci buoni processi psicologici senza un'anima che li istruisce. Il problema è che la psicologia non è una scienza, è un'arte. E lo stesso vale per l'educazione dell'individuo. L'educazione può insegnare la scienza, ma l'educazione non è una scienza. È un'arte, e l'arte è una manifestazione dell'anima. E un'anima violenta è, se non sempre, nella maggior parte dei casi un'anima indifferente. La scienza tende a eliminare i problemi, in un mondo senza problemi, o con qualcuno che li risolve al posto nostro, la vita è indifferente. Non bisogna delegare i propri problemi agli altri, allo specialista di turno. Occorre qualcuno che ci insegni a combattere, perché vivere è combattere, e non il Mr Wolf di turno che risolve i nostri problemi al posto nostro.


Grazie a tutti per le interessanti risposte.
Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.

paul11

#8
Scusa se reintervengo, dovete avere pazienza sto diventando intollerante a certe manifestazioni sociali, forse sto rincoglionendo o forse ho coltivato un anticorpo a questo sistema disumanizzante, di involucri e parvenze umane.

Sì dici bene CVC è un arte educare, non esiste la tecnica per essere genitori o educatori, ci possono aiutare coadiuvare, ma l'empatia, la capacità di ascolto dell'anima o è una vocazione o è rischiare di avere formatori incapaci che fanno danni. Lo vediamo negli asili nido, persone non preposte psicologicamente a vivere in mezzo a bambini piccoli.Invece si fa il concorso pubblico o ci si inventa un mestiere per sbarcare il lunario.
La stessa psicologia ci dice che un bambino che subisce una violenza affettiva se la porta per tutta la vita ma soprattutto la ritrasmette: la degenerazione crescerà così esponenzialmente.
Ma è pericoloso, perchè si spezza il testimone di generazione in generazione , dove un genitore aiuta il figlio a maturare quest'ultimo non imparerà nel suo animo a insegnare a sua volta. Se si toglie passione ed umanità ad un insegnante avremo un computer che ordina compiti e interroga sulla memoria, non un educatore che appassiona sulla sua disciplina che incoraggia e va oltre testo e pone tematiche laterali, domande in sospeso.. Sono sempre meno, perchè la standardizzazione industriale vuole un uomo produttivo, non un uomo civile
e dà fastidio avere a che fare con persone con carattere e proprie idee, meglio i  signorsì che prendono ordini e la pastiglia per digerire. la pastiglia per dormire,la pastiglia per ......

Freud e Jung sono uomini di cultura che hanno fatto cultura, prima ancora di essere ricordati come psicanalisti, e questo aldilà del giudizio che potremmo dare alla psicoanalisi: c'è intuito oltre che tentativo medico di strutturare una disciplina scientifica, c'è interpretazione storica dei simboli.
Oggi ci sono imbonitori e venditori di fumo.

verdeidea

#9
Citazione di: cvc il 03 Agosto 2016, 14:40:02 PMSenza occuparsi dell'anima non si va lontano. Come mi pare dice Socrate nell'apologia, non può essere che ci siano cavalli domati senza che ci siano domatori di cavalli. Ugualmente non possono esserci buoni processi psicologici senza un'anima che li istruisce. Il problema è che la psicologia non è una scienza, è un'arte. E lo stesso vale per l'educazione dell'individuo. L'educazione può insegnare la scienza, ma l'educazione non è una scienza. È un'arte, e l'arte è una manifestazione dell'anima. E un'anima violenta è, se non sempre, nella maggior parte dei casi un'anima indifferente. La scienza tende a eliminare i problemi, in un mondo senza problemi, o con qualcuno che li risolve al posto nostro, la vita è indifferente. Non bisogna delegare i propri problemi agli altri, allo specialista di turno. Occorre qualcuno che ci insegni a combattere, perché vivere è combattere, e non il Mr Wolf di turno che risolve i nostri problemi al posto nostro. Grazie a tutti per le interessanti risposte.

La conclusione mi piace. E meglio di così non potevi concludere, rispondendo, in definitiva, tu stesso alla domanda posta inizialmente:
"Non bisogna delegare i propri problemi agli altri, allo specialista di turno. Occorre qualcuno che ci insegni a combattere, perché vivere è combattere, e non il Mr Wolf di turno che risolve i nostri problemi al posto nostro."

Diciamo meglio che l'educazione è un'arte! La psicologia a mio avviso rimane nell'ambito delle scienze.
E questo era e rimane il compito dell'educazione! Ed è la famiglia il luogo più adatto per imprimere tutti quei valori che formano una personalità responsabile e gli insegnamenti fondamentali atti ad affrontare con maturità la vita. Naturalmente, raggiunta l'età adatta, la stessa famiglia deve aiutare l'individuo a saper vivere nel mondo, a staccarsi dal caldo e protettivo guscio domestico e rendersi completamente autonomo; ciò non significa però dover abbandonare a tutti i costi la propria famiglia per vivere da soli così come si usa fare ormai anche in Italia, per non sentirsi od essere giudicati "bamboccioni". Si può benissimo raggiungere la piena indipendenza e autonomia restando in famiglia, continuando, e non spezzando, la relazionale parentale che in tal modo prosegue ad arricchire il processo educativo che in realtà non finisce mai.
Infatti è diverso il rapporto (e ciò che si impara) con i genitori quando siamo bambini o adolescenti, da quando siamo adulti e magari anche noi padri o madri; li vediamo sotto una luce differente, si comprendono cose che prima erano incomprensibili.
Certo, il legame con i propri parenti può rimanere anche se si è scelto di vivere lontani, separati, ma qui entra in gioco non tanto "l'essere rimasti in qualche maniera in rapporto", ma la "qualità" del rapporto. Si può benissimo andare a trovare tutte le settimane con mille premure il proprio genitore anziano nella casa di riposo a pochi chilometri da casa nostra, ma non sarà mai come se lo avessimo a casa con noi, presente e partecipe alla nostra vita quotidiana, non sarà mai qualitativamente lo stesso rapporto affettivo, tutt'altro.
E quei rapporti mancati, non realizzati, li avremo persi per sempre. A volte ci rendiamo conto di questo solo quando i genitori o altri parenti muoiono.

Educare significa anche formare ai buoni sentimenti, al rispetto degli altri, dell'anziano, dei bambini, del più debole, saper essere grati e riconoscenti.

Purtroppo queste cose ce le siamo dimenticate e forse molti giovani non le hanno mai imparate.
L'individualismo eccessivo e l'utilitarismo degli ultimi decenni ci hanno disumanizzato non poco.

verdeidea

Citazione di: paul11 il 03 Agosto 2016, 18:01:13 PMScusa se reintervengo, dovete avere pazienza sto diventando intollerante a certe manifestazioni sociali, forse sto rincoglionendo o forse ho coltivato un anticorpo a questo sistema disumanizzante, di involucri e parvenze umane. Sì dici bene CVC è un arte educare, non esiste la tecnica per essere genitori o educatori, ci possono aiutare coadiuvare, ma l'empatia, la capacità di ascolto dell'anima o è una vocazione o è rischiare di avere formatori incapaci che fanno danni. Lo vediamo negli asili nido, persone non preposte psicologicamente a vivere in mezzo a bambini piccoli.Invece si fa il concorso pubblico o ci si inventa un mestiere per sbarcare il lunario. La stessa psicologia ci dice che un bambino che subisce una violenza affettiva se la porta per tutta la vita ma soprattutto la ritrasmette: la degenerazione crescerà così esponenzialmente. Ma è pericoloso, perchè si spezza il testimone di generazione in generazione , dove un genitore aiuta il figlio a maturare quest'ultimo non imparerà nel suo animo a insegnare a sua volta. Se si toglie passione ed umanità ad un insegnante avremo un computer che ordina compiti e interroga sulla memoria, non un educatore che appassiona sulla sua disciplina che incoraggia e va oltre testo e pone tematiche laterali, domande in sospeso.. Sono sempre meno, perchè la standardizzazione industriale vuole un uomo produttivo, non un uomo civile e dà fastidio avere a che fare con persone con carattere e proprie idee, meglio i signorsì che prendono ordini e la pastiglia per digerire. la pastiglia per dormire,la pastiglia per ...... Freud e Jung sono uomini di cultura che hanno fatto cultura, prima ancora di essere ricordati come psicanalisti, e questo aldilà del giudizio che potremmo dare alla psicoanalisi: c'è intuito oltre che tentativo medico di strutturare una disciplina scientifica, c'è interpretazione storica dei simboli. Oggi ci sono imbonitori e venditori di fumo.
Oddio Paul, come sei bravo!  :D
Condivido e sottoscrivo tutto!

Jacopus

CitazioneBuongiorno Jacopus. La psicologia non è solo nel rapporto medico-paziente, il quale è per altro facilmente verificabile, nel senso che si può vedere se una certa cura è efficace o meno nel guarire una certa malattia diagnosticata, in modo che il successo o meno di una cura ne decreta la validità. Ma è estremamente riduttivo limitare l'influenza della psicologia al solo ambito medico. La psicologia permea ogni ambito della nostra vita: la formazione nel lavoro, la persuasione nelle nostre scelte economiche, le indagini che riguardano la giustizia, la formazione dei giovani. In particolare, la psicologia con le sue teorie è salita in cattedra quanto al ruolo di educatrice. Fino a poco tempo fa, l'educazione dell'individuo era suddivisa fra il ruolo dei genitori e quello della scuola. I genitori si preoccupavano che i bambini fossero educati nel senso in cui intendeva la tradizione tramandata di generazione in generazione: rispetto dei più grandi, della legge, saper fare di conto, un certo senso del pudore. Alla scuola spettava invece il ruolo di istruire il giovane, educarlo alle lettere e alla scienze, dando per scontato che i valori della tradizione infusi dalle famiglie fossero dei buoni valori. Ora però, se non è una mia impressione, il fatto di conoscere in modo teorico questo o quel meccanismo psicologico autorizza l'educatore istituzionale a dare ai giovani messaggi prevaricanti nei confronti dei genitori. Ad esempio un insegnante potrebbe illustrare agli alunni una tale nuova valida o presunta teoria psicologica di cui gli indaffarati genitori sarebbero ignari, e questo suona come un dire "avete visto? I vostri genitori sbagliano perchè non sanno...". Dopodichè l'alunno solerte se ne va a casa a psicanalizzare il padre o la madre, e la reverenza genitoriale se ne va a farsi benedire. Senza dire che la validità della tale teoria resta tutta da verificare, dato la difficoltà della sperimentazione (a volte ridixola in quanto basata su simulazioni e non sulla realtà, dove l'onestà di chi si offre alla sperimentazione è tutta da vedere) in ambito psicologico. Appunto, chi dice, ad esempio, che la condiscendenza nei confronti dei giovani irrequieti e prepotenti - tesi che mi pare vada per la maggiore in ambito educativo – sia realmente efficace? E che un genitore che da un sano scapaccione sia un criminale?
Sulla maggiore violenza nelle altre epoche ho già detto, basterebbe senza andare troppo lontano, leggere le statistiche sui reati di inizio XX secolo per essere ben contenti dei nostri "pochi" omicidi quotidiani. Ma la differenza e che ora, rispetto ad allora, il tasso di istruzione è molto più alto, come lo sono il reddito pro capite e le condizioni generali di vita. La psicologia dovrebbe fors riflettere anzitutto sull'origine del proprio nome. Psiche significa non solo mente, ma mente in quanto sede dell'anima. Il concetto di anima dovrebbe essere centrale quando si parla di individuo, di personalità, di formazione. E non di una vuota ed astratta giustapposizione di meccanismi psicologici.

RIparto da qui perchè poi il discorso ha preso le vie più disparate. E' vero, la psicologia si è frammentata: esiste lo psicologo del lavoro, lo psicologo di comunità, lo psicologo applicato alla pubblicità e all'industria, lo psicologo sportivo, lo psicologo sociale o socio-psicologo il criminologo e così via. Le specializzazioni così settarie sono un aspetto della rivoluzione industriale e non riguardano solo la psicologia. Forse solo la filosofia più astratta, l'arte e la religione riescono ancora ad avere uno sguardo "olistico".
Poi, CVC, ti concentri sul ruolo educativo della psicologia. Ovviamente esiste anche una psicologia declinata alla pedagogia, ma il campo del sapere umano che si dovrebbe interpellare è appunto la pedagogia e non la psicologia. Semplicisticamente la psicologia ha come oggetto la dialettica continua fra interno/esterno: quelli che tu chiami anima, si può chiamare coscienza, Io, identità. E' quell'insieme di sensazioni e di percezioni che ci fa dire io esisto, che ci mette in contatto con la parte più oscura della nostra esistenza, con il "Perturbante", con il significato della vita, con la morte, con il futuro, con la speranza, con i sogni. E' il nostro interno. Una parte che esisterebbe anche se fossimo soli su un'isola deserta. Quell'interno però dialoga continuamente con una comunità di soggetti, anche nell'isola deserta. Quando uno dice "cosa farebbe mio padre al mio posto", mette in atto questo dialogo continuo fra interno ed esterno.
La pedagogia è più rivolta all'esterno, al comportamento a come rendere funzionali le persone e farle vivere serenamente in società. Ed è una certa pedagogia degli anni '60 quella che ha fatto sì che si creasse questa "leggenda" del permissivismo. Esistono studi anche sulla cosiddetta pedagogia "nera", ovvero quella pedagogia fondata sulla sottomissione al pater familias, tipica del mondo occidentale fino a due generazioni fa.
Quella pedagogia è stata considerata anche una facilitatrice dello scoppio delle guerre mondiali. Guarda in proposito il film "il nastro bianco" di Michail Haneke premiato a Cannes se non ricordo male qualche anno fa.
Sono però d'accordo con te quando dici che questo mondo è "permissivo", ma non sono gli psicologi o i pedagogisti a volerlo. Tutt'altro: se leggi Freud ti rendi conto ad esempio che per lui l'abnegazione e il senso del dovere che potevano portare al miglioramento della società sono esattamente il contrario del permissivismo. La tanto nota teoria del Super-Io, una sorta di vigile urbano interno che ci dice continuamente "ti arresto se non fai come dico io" (sto semplificando) mi sembra esplicativa. Il permissivismo nasce da una esigenza economica: se ascolto il senso del dovere magari penso a risparmiare per i miei figli o per me stesso. Posso iniziare a pensare che consumare troppo inquina il mondo. La società è invece permeata di valori no-limits, dove occorre raggiungere la performance, consumare, sfogarsi, sfrenarsi, drogarsi di sostanze, di automobili, di soldi, di nasi rifatti, di tatuaggi. Tutto va permesso perché tutto va consumato.
Secondo punto. Occorre però anche superare, a mio avviso, una pedagogia del "rispetto dei grandi" come scrivi. Il rispetto, anche i grandi, se lo devono conquistare sul campo. Altrimenti cosa cambia fra il rispetto dovuto e la raccomandazione o il sistema feudale? Una pedagogia moderna insegna anche ad avere una visione critica delle cose, a capire "cosa significano le posizioni dei soggetti, delle classi, quali sono i nostri diritti e quelli degli altri ed anche i nostri doveri e quelli degli altri".
Tutto questo, nello stesso tempo, non significa neppure che un insegnante si deve far bello e dire agli studenti "fatevi beffe dei vostri ignoranti genitori". Avrebbe molto più senso allora fare degli incontri con i genitori per informarli a seguire delle linee, tipo "Sos Tata". Ad ogni modo dalle cronache si legge di solito esattamente il contrario: sono i genitori che si fanno beffe o sono aggressivi nei confronti di quegli insegnanti che magari vorrebbero sequestrare i telefonini, o non vedere le studentesse in classe con pantaloncini-mutanda o vogliono impartire qualche simulacro di regola.
Gli insegnanti spesso sono stanchi di predicare nel deserto, di fronte ad una società che si fa beffe della cultura e che valuta le persone da quando guadagnano e non da quanto sanno e allora si ritirano, diventano indifferenti. Evitare di dover far rispettare le regole è più semplice per tutti, del resto, ma scaricare la croce sulla psicologia o sulla pedagogia o sugli insegnanti mi sembra davvero simile alla ricerca di un capro espiatorio ideale per problemi strutturali che permeano la nostra società da  almeno 70/80 anni.
L'ultimo mio pensiero è rivolto allo scapaccione. Se penso a me stesso posso dire di aver ricevuto tante sane botte da mia madre con il battipanni, con le mani, con gli zoccoli e sono cresciuto anch'io più o meno normale ma ai miei figli ho dato qualche scapaccione solo fino a tre/quattro anni, perchè a quella età i discorsi talvolta non servono. Poi ho adottato le punizioni che continuo ad adottare tuttora: telefonino requisito, non si esce il sabato, paghetta dimezzata, e così via, spiegando anche il senso di quello che si fa e concordando con mia moglie la strategia prima. Insomma non credo che le botte siano necessarie, mentre le punizioni sì e proprio le punizioni sono avversate da questo sistema, perché significa che magari non faccio il regalino, non compro il motorino, non prendo il pantaloncino....
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

cvc

Citazione di: Jacopus il 03 Agosto 2016, 23:50:43 PM
CitazioneBuongiorno Jacopus. La psicologia non è solo nel rapporto medico-paziente, il quale è per altro facilmente verificabile, nel senso che si può vedere se una certa cura è efficace o meno nel guarire una certa malattia diagnosticata, in modo che il successo o meno di una cura ne decreta la validità. Ma è estremamente riduttivo limitare l'influenza della psicologia al solo ambito medico. La psicologia permea ogni ambito della nostra vita: la formazione nel lavoro, la persuasione nelle nostre scelte economiche, le indagini che riguardano la giustizia, la formazione dei giovani. In particolare, la psicologia con le sue teorie è salita in cattedra quanto al ruolo di educatrice. Fino a poco tempo fa, l'educazione dell'individuo era suddivisa fra il ruolo dei genitori e quello della scuola. I genitori si preoccupavano che i bambini fossero educati nel senso in cui intendeva la tradizione tramandata di generazione in generazione: rispetto dei più grandi, della legge, saper fare di conto, un certo senso del pudore. Alla scuola spettava invece il ruolo di istruire il giovane, educarlo alle lettere e alla scienze, dando per scontato che i valori della tradizione infusi dalle famiglie fossero dei buoni valori. Ora però, se non è una mia impressione, il fatto di conoscere in modo teorico questo o quel meccanismo psicologico autorizza l'educatore istituzionale a dare ai giovani messaggi prevaricanti nei confronti dei genitori. Ad esempio un insegnante potrebbe illustrare agli alunni una tale nuova valida o presunta teoria psicologica di cui gli indaffarati genitori sarebbero ignari, e questo suona come un dire "avete visto? I vostri genitori sbagliano perchè non sanno...". Dopodichè l'alunno solerte se ne va a casa a psicanalizzare il padre o la madre, e la reverenza genitoriale se ne va a farsi benedire. Senza dire che la validità della tale teoria resta tutta da verificare, dato la difficoltà della sperimentazione (a volte ridixola in quanto basata su simulazioni e non sulla realtà, dove l'onestà di chi si offre alla sperimentazione è tutta da vedere) in ambito psicologico. Appunto, chi dice, ad esempio, che la condiscendenza nei confronti dei giovani irrequieti e prepotenti - tesi che mi pare vada per la maggiore in ambito educativo – sia realmente efficace? E che un genitore che da un sano scapaccione sia un criminale?
Sulla maggiore violenza nelle altre epoche ho già detto, basterebbe senza andare troppo lontano, leggere le statistiche sui reati di inizio XX secolo per essere ben contenti dei nostri "pochi" omicidi quotidiani. Ma la differenza e che ora, rispetto ad allora, il tasso di istruzione è molto più alto, come lo sono il reddito pro capite e le condizioni generali di vita. La psicologia dovrebbe fors riflettere anzitutto sull'origine del proprio nome. Psiche significa non solo mente, ma mente in quanto sede dell'anima. Il concetto di anima dovrebbe essere centrale quando si parla di individuo, di personalità, di formazione. E non di una vuota ed astratta giustapposizione di meccanismi psicologici.

RIparto da qui perchè poi il discorso ha preso le vie più disparate. E' vero, la psicologia si è frammentata: esiste lo psicologo del lavoro, lo psicologo di comunità, lo psicologo applicato alla pubblicità e all'industria, lo psicologo sportivo, lo psicologo sociale o socio-psicologo il criminologo e così via. Le specializzazioni così settarie sono un aspetto della rivoluzione industriale e non riguardano solo la psicologia. Forse solo la filosofia più astratta, l'arte e la religione riescono ancora ad avere uno sguardo "olistico".
Poi, CVC, ti concentri sul ruolo educativo della psicologia. Ovviamente esiste anche una psicologia declinata alla pedagogia, ma il campo del sapere umano che si dovrebbe interpellare è appunto la pedagogia e non la psicologia. Semplicisticamente la psicologia ha come oggetto la dialettica continua fra interno/esterno: quelli che tu chiami anima, si può chiamare coscienza, Io, identità. E' quell'insieme di sensazioni e di percezioni che ci fa dire io esisto, che ci mette in contatto con la parte più oscura della nostra esistenza, con il "Perturbante", con il significato della vita, con la morte, con il futuro, con la speranza, con i sogni. E' il nostro interno. Una parte che esisterebbe anche se fossimo soli su un'isola deserta. Quell'interno però dialoga continuamente con una comunità di soggetti, anche nell'isola deserta. Quando uno dice "cosa farebbe mio padre al mio posto", mette in atto questo dialogo continuo fra interno ed esterno.
La pedagogia è più rivolta all'esterno, al comportamento a come rendere funzionali le persone e farle vivere serenamente in società. Ed è una certa pedagogia degli anni '60 quella che ha fatto sì che si creasse questa "leggenda" del permissivismo. Esistono studi anche sulla cosiddetta pedagogia "nera", ovvero quella pedagogia fondata sulla sottomissione al pater familias, tipica del mondo occidentale fino a due generazioni fa.
Quella pedagogia è stata considerata anche una facilitatrice dello scoppio delle guerre mondiali. Guarda in proposito il film "il nastro bianco" di Michail Haneke premiato a Cannes se non ricordo male qualche anno fa.
Sono però d'accordo con te quando dici che questo mondo è "permissivo", ma non sono gli psicologi o i pedagogisti a volerlo. Tutt'altro: se leggi Freud ti rendi conto ad esempio che per lui l'abnegazione e il senso del dovere che potevano portare al miglioramento della società sono esattamente il contrario del permissivismo. La tanto nota teoria del Super-Io, una sorta di vigile urbano interno che ci dice continuamente "ti arresto se non fai come dico io" (sto semplificando) mi sembra esplicativa. Il permissivismo nasce da una esigenza economica: se ascolto il senso del dovere magari penso a risparmiare per i miei figli o per me stesso. Posso iniziare a pensare che consumare troppo inquina il mondo. La società è invece permeata di valori no-limits, dove occorre raggiungere la performance, consumare, sfogarsi, sfrenarsi, drogarsi di sostanze, di automobili, di soldi, di nasi rifatti, di tatuaggi. Tutto va permesso perché tutto va consumato.
Secondo punto. Occorre però anche superare, a mio avviso, una pedagogia del "rispetto dei grandi" come scrivi. Il rispetto, anche i grandi, se lo devono conquistare sul campo. Altrimenti cosa cambia fra il rispetto dovuto e la raccomandazione o il sistema feudale? Una pedagogia moderna insegna anche ad avere una visione critica delle cose, a capire "cosa significano le posizioni dei soggetti, delle classi, quali sono i nostri diritti e quelli degli altri ed anche i nostri doveri e quelli degli altri".
Tutto questo, nello stesso tempo, non significa neppure che un insegnante si deve far bello e dire agli studenti "fatevi beffe dei vostri ignoranti genitori". Avrebbe molto più senso allora fare degli incontri con i genitori per informarli a seguire delle linee, tipo "Sos Tata". Ad ogni modo dalle cronache si legge di solito esattamente il contrario: sono i genitori che si fanno beffe o sono aggressivi nei confronti di quegli insegnanti che magari vorrebbero sequestrare i telefonini, o non vedere le studentesse in classe con pantaloncini-mutanda o vogliono impartire qualche simulacro di regola.
Gli insegnanti spesso sono stanchi di predicare nel deserto, di fronte ad una società che si fa beffe della cultura e che valuta le persone da quando guadagnano e non da quanto sanno e allora si ritirano, diventano indifferenti. Evitare di dover far rispettare le regole è più semplice per tutti, del resto, ma scaricare la croce sulla psicologia o sulla pedagogia o sugli insegnanti mi sembra davvero simile alla ricerca di un capro espiatorio ideale per problemi strutturali che permeano la nostra società da  almeno 70/80 anni.
L'ultimo mio pensiero è rivolto allo scapaccione. Se penso a me stesso posso dire di aver ricevuto tante sane botte da mia madre con il battipanni, con le mani, con gli zoccoli e sono cresciuto anch'io più o meno normale ma ai miei figli ho dato qualche scapaccione solo fino a tre/quattro anni, perchè a quella età i discorsi talvolta non servono. Poi ho adottato le punizioni che continuo ad adottare tuttora: telefonino requisito, non si esce il sabato, paghetta dimezzata, e così via, spiegando anche il senso di quello che si fa e concordando con mia moglie la strategia prima. Insomma non credo che le botte siano necessarie, mentre le punizioni sì e proprio le punizioni sono avversate da questo sistema, perché significa che magari non faccio il regalino, non compro il motorino, non prendo il pantaloncino....
(Scusa per il ritardo, anche se può sembrare strano essere indaffarati in questo periodo)

Certo, si può parlare solo di coscienza e seppellire il problematico concetto di anima, come in effetti si sta facendo, ma questo significa anche buttare alle ortiche oltre 2000 anni di tradizione culturale occidentale. Nessuno dice che non ci si debba evolvere e staccarsi dalle tradizioni quando risultano antiquate. Però, se più di 2 millenni della nostra cultura si reggono sul concetto di anima, togliendo ora questa pietra angolare, si sprofonda nel vuoto. Tanto più che non si parla di elaborare, modificare o sostituire questo concetto, ma di asportarlo e mascherarne l'assenza allargando quello di coscienza. Se togli il concetto di anima, crollano 2000 anni di cultura. Se si trattava di un castello di carte, poco importa. Ma se, al contrario, il nostro retroterra culturale è qualcosa di solido, allora stiamo precipitando nel vuoto. E credo tu indovinerai per quale delle due tesi io propendo.
Certo, la psicologia  ha detto molte cose interessanti. Ma a che mi servono se non ho un'anima da salvare? A che mi servono se ho solo una coscienza che mi spiega che i demoni che ho in me sono solo fantasie più o meno spiegabili, ma che la vita sembra avere molto più senso se li considero reali, se penso cioè che ci sia un demone benigno da guadagnare e uno maligno da evitare?
E come mai, tornando al tema, ci si ammazza per cose da due soldi? Dov'è la nostra anima? Abbiamo fatto come i soldati che per fuggire meglio gettano armi e armature, e poi si ritrovano impossibilitati a difendersi da qualsiasi nemico. E nemmeno hanno più qualcosa da vendere per un pezzo di pane. Io non baratto l'anima per una coscienza allargata.
Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.

verdeidea

Bravo, CVC, sono d'accordo con quanto scrivi. Per colpa di una certa cultura sinistroide liberal-democratica ed eccessivamente progressista, che si è imposta dal dopoguerra ad oggi, stiamo rinnegando tutto ciò che ci ha reso "Civiltà Occidentale" , in tutti i sensi più evoluta rispetto al resto del mondo. Stiamo rinnegando le nostre radici, la nostra storia, trascurando il fatto che senza l'individuazione, senza identità, senza la consapevolezza del proprio valore, un popolo non diventa meno aggressivo, né più emancipato, ma lo si indebolisce, lo si annienta completamente cancellando tutto ciò che di bello e di buono ha saputo costruire per sé e per gli altri popoli.
Le idee della liberal-democrazia ci stanno distruggendo, a mio parere perché sono inadeguate ad affrontare giudiziosamente i cambiamenti in atto nel mondo.

verdeidea

Mentre Jacopus è una continua delusione... ::)

 


No ma è inaudito quello che scrive, davvero semplicistico ed anche contraddittorio. Contraddittorio perché parla di merito anche per il dovuto rispetto verso  gli adulti, gli anziani e quant'altro. Penso che lui abbia le idee confuse. Da un lato dice che il "permissivismo" (e nell'educazione permissiva non si ha di fatti molto rispetto degli adulti, della persona in quanto tale) nasce dall'esigenza consumistica (perciò ad essa funzionale) e poi riconosce il rispetto per gli adulti solo se lo "meritano"? Ma cosa dici?
Il rispetto deve essere riconosciuto innanzitutto per il valore intrinseco della persona umana in quanto tale! Il Rispetto insegnato dalla sana educazione come quella di un tempo: il rispetto degli altri, dei bambini ( e tra bambini), del più grande, il rispetto verso i nonni, verso i genitori, con un maggior timore verso il padre che assumeva un ruolo diverso dal quello materno (non da despota violento), ma importante per la formazione della mente del bambino, della sua personalità, del futuro uomo. Il rispetto degli altri membri della famiglia, degli zii, dei cugini e nipoti e, se ci sono, anche di chi vive in situazione di handicap. Il rispetto del vicino di casa, del fruttivendolo e del panettiere sotto casa, il rispetto dell'operaio e del manovale. Questo porterà poi istintivamente a curarsi degli altri nel momento del bisogno. Invece oggi ci siamo abituati a non avere più rispetto di nessuno, in nome della libertà, dell' egoismo, del divertimento, quando non ci convenga addirittura sfruttare gli altri, per necessità o peggio, per un senso di superbia o di onnipotenza nato dall'individualismo efficientistico.

Il "valore del merito" appartiene ad un'altra sfera, coinvolge un altro aspetto che si aggiunge semmai all'essere della persona, non la sostituisce. Il merito aggiunge "stima", "ammirazione", "gratitudine", "attaccamento", "impegno" o altro, ma non si può dare rispetto ad una persona basandosi solo sul "merito".
Questa teoria è stato "il peccato originale" della moderna società dissoluta e corrotta!

Un esempio banale: io stimo mio padre perché mi ha messo al mondo, perché mi ha accolto, cresciuto, educato, perché ha compiuto piccoli sacrifici per me, pur nelle sue lacune e debolezze, nella sua miseria e nel suo egoismo. E' un adulto con le sue colpe, i suoi dolori, le sue sofferenze, ma devo portargli rispetto. Quand'anche fosse stato un cattivo padre, un padre padrone, troppo autoritario e per niente affettuoso, anche se il rapporto fosse stato anaffettivo, il rispetto deve esserci e mantenersi fino in fondo.
A meno che un padre o un qualsiasi adulto non si sia macchiato di gravi colpe, allora sì, si potrebbe giustificare la mancanza di rispetto!
Anche l'esempio che fai della "raccomandazione" o del "sistema feudale", come puoi metterli sullo stesso piano del "rispetto dovuto"?  ???

Hai una visione della vita completamente diversa dalla mia; sei tragicamente attuale.
Quelle idee sono alla base del: "Devi farti strada a gomitate, senza guardere in faccia nessuno, per farti valere, e devi essere furbo e ottenere favori, solo così varrai, solo così sarai un uomo di successo". Questa "filosofia di vita" è talmente radicata, che alla base fu proprio questo il movente interiore del delitto di Cogne, a mio parere.

E questa è la dimostrazione di quale educazione viene oggi impartita ai giovani. Ecco perché nessun ragazzo sull'autobus si alza più per cedere il posto ad una donna incinta, ad una qualsiasi persona di una certa età, o con le borse pesanti della spesa, o per far accomodare l'anziano debole e stanco, ecc.
E NON E' una leggenda "Il permissivismo", tutt'altro!
Personalmente l'ho studiata sia la psicologia che la pedagogia e come insegnanti avevo fior di psicologi e psicoterapeuti.
Mi dispiace Jacopus, tu sali in cattedra ma non hai titolo per insegnare, né per poter dimostrare qualcosa di concreto, a parte le belle parole ma inconsistenti.

E mi sento di poter dire che questo è il modo di fare, di pensare, di affrontare e credere di risolvere i problemi della gran parte delle persone di oggi, ma specialmente di gente con convinzioni ideologiche di sinistra.

Questo nuovo termine "pedagogia nera" che rispecchierebbe il pater familias... bah, posso indovinare facilmente chi l'ha inventato. Ci sarebbe una discussione molto lunga anche su quest'altro argomento!!!! Mi fermo qui, almeno per ora.

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