Kamikaze, chi è costui?

Aperto da cvc, 04 Giugno 2017, 09:50:20 AM

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cvc

No so quanti in questo forum si interessino di criminologia. La mia impressione è che tale scienza abbia un approccio più comportamentista che psicanalitico. La psicanalisi è stata sdoganata, credo, per via della difficoltà a ricondurla ad una teoria generale. Come osserva Galimberti, non può esistere un solo modello di psicanalisi che si adatti all'eterogeneità delle personalità umane. I vari tipi di psicanalisi rispecchiano tale diversità. Ma di fronte alla complicazione di una scienza variegata, per cui in un caso si applica un modello e in un altro caso un altro modello, si preferisce - è la mia impressione - convergere verso un approccio comportamentista che permette di uniformare le diverse personalità riducendole ai loro comportamenti. L'approccio comportamentista d'altro canto non coglie quelle sfumature e quegli intrecci profondi che permettono di entrare nelle pieghe della personalità, di carpirne i segreti e l'intimo sentire.
Detto questo, come affronta la criminologia l'individuo kamikaze? Per quel che mi è capitato di ascoltare, gli esperti di solito tracciano il profilo del kamikaze partendo da contesti sociali come il paese di provenienza, la famiglia, i luoghi dove vive, gli spostamenti, la frequentazione di moschee, le affiliazioni, l'attività su internet, ecc. Ma quello che mi domando è se si è mai provato ad entrare nella testa di un kamikaze, a comprenderne le motivazioni, l'affettività, se agisce veramente per fede o solo per disprezzo, se decide in proprio della sua vita o se vi è costretto, se ha dei ripensamenti, se prova dei sentimenti positivi verso alcune persone, se qualcosa potrebbe distoglierlo dal suo gesto, se è solo un sociopatico, ecc?
Forse è più rassicurante considerarlo un essere alieno, che viene da un altro mondo. Eppure anche nel nostro mondo tanti individui che tutti i vicini considerano brave persone, gente della porta accanto, un bel giorno si alzano e fanno fuori la moglie o i figli o i genitori. Viviamo in un mondo che etichetta tutto secondo una logica discreta per cui in ogni insieme di cose deve esserci un numero finito di combinazioni che si possano ordinare e dare in pasto ai cervelloni (veloci ma stupidi) elettronici. Ma la gente  che compie atti atroci - il kamikaze - rientra nella asettica categoria di "mostro", essere che in quanto tale non merita di essere indagato nella propria anima. Perché si parla di anima solo quando si sottintende di riferirsi esclusivamente alle anime belle. Le anime dei mostri, dove alberga il male, non ci interessano. Sono soltanto dei bug che aspettano una patch per correggere l'errore. Allora pensiamo che i bruti non esistono, che sono solo errori di fabbrica. Via dagli occhi le brutture dell'uomo.
Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.

InVerno

Quello che dici è vero, ma non so quanto sia realistico aspettarsi il contrario. Le comunità vivono di antagonismo ai "mostri" tanto quanto per conservare i propri sistemi valoriali, i "mostri" sono necessari alla narrativa per stare in piedi, per definire i propri limiti. Dal punta di vista criminologico non so, ma l'esempio dei kamikaze poi è specialmente buono per dimostrare il contrario della tua tesi. Il kamikaze mette a disposizione la propria vita, la fa strumento di un messaggio, e lo fa in maniera cosi netta e plateale che costringe ad un analisi del messaggio in se. Non è un caso se ci si è sperticati in "lodi" riguardo alle abilità comunicative dell'ISIS, perchè fondamentalmente il messaggio passa oltre ai gesti dei singoli essendo comunicato in maniera cosi violenta. E sono fiorite decine di narrative occidentali, da quella anti-islamica a quella terzomondista, per cercare di razionalizzare il messaggio contenuto nei corpi dei kamikaze. Quindi mi pare infondato sostenere che l'analisi si sia fermata al "mostro" solo perchè non c'è un forte interesse per la persona, d'altro canto è il kamikaze stesso a imolarsi a favore di un simbolo e a considerare superflua la sua persona. Questo non significa che non dovremmo, ma che servirebbe una società estremamente matura per rifiutare la proposta di un "mostro autoproclamato" quando già è difficile costruire una narrativa coerente intorno al suo messaggio.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

cvc

Citazione di: InVerno il 04 Giugno 2017, 13:48:07 PM
Quello che dici è vero, ma non so quanto sia realistico aspettarsi il contrario. Le comunità vivono di antagonismo ai "mostri" tanto quanto per conservare i propri sistemi valoriali, i "mostri" sono necessari alla narrativa per stare in piedi, per definire i propri limiti. Dal punta di vista criminologico non so, ma l'esempio dei kamikaze poi è specialmente buono per dimostrare il contrario della tua tesi. Il kamikaze mette a disposizione la propria vita, la fa strumento di un messaggio, e lo fa in maniera cosi netta e plateale che costringe ad un analisi del messaggio in se. Non è un caso se ci si è sperticati in "lodi" riguardo alle abilità comunicative dell'ISIS, perchè fondamentalmente il messaggio passa oltre ai gesti dei singoli essendo comunicato in maniera cosi violenta. E sono fiorite decine di narrative occidentali, da quella anti-islamica a quella terzomondista, per cercare di razionalizzare il messaggio contenuto nei corpi dei kamikaze. Quindi mi pare infondato sostenere che l'analisi si sia fermata al "mostro" solo perchè non c'è un forte interesse per la persona, d'altro canto è il kamikaze stesso a imolarsi a favore di un simbolo e a considerare superflua la sua persona. Questo non significa che non dovremmo, ma che servirebbe una società estremamente matura per rifiutare la proposta di un "mostro autoproclamato" quando già è difficile costruire una narrativa coerente intorno al suo messaggio.
Ma io non ho detto - o comunque non intendevo - che la criminologia si ferma al mostro, questo accade nell'opinione pubblica. È una forma di protezione della coscienza che piuttosto che pensare che il criminale sia un uomo come noi, preferisce chiamarlo mostro. È ciò che metaforicamente succedeva nelle arene dei gladiatori dove c'erano i vari personaggi del reziario, del mirmillone, del trace che erano vestiti da alieni, rappresentavano il barbaro, il diverso che diventa razionale - agli occhi del civilizzato - soltanto sotto le sembianze di mostro.
Quello che intendevo riguardo alla criminologia e che essa - almeno mi pare - si sofferma all'aspetto comportamentale e sociologico. Che m'importa di quanto è bravo a usare internet o a diffondere i messaggi o a impressionare le masse. Non stiamo parlando di un pubblicitario. A me interessa capire come ragiona, cosa li induce a fare quel che fa aldilà delle convenzioni culturali legate all'estremismo islamico. Si può pensare che siano un esercito di automi che obbediscono cecamente al comando della guida spirituale,  ma io voglio pensare che abbiano anch'essi una personalità. Avranno delle motivazioni personali che li conducono, motiveranno in qualche modo a se stessi le loro scelte o sono dei burattini ipnotizzati? Se motivano le loro scelte, quali sono i loro valori e in che rapporto sono con il mondo di oggi?
Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.

InVerno

Citazione di: cvc il 04 Giugno 2017, 14:14:43 PMAvranno delle motivazioni personali che li conducono, motiveranno in qualche modo a se stessi le loro scelte o sono dei burattini ipnotizzati? Se motivano le loro scelte, quali sono i loro valori e in che rapporto sono con il mondo di oggi?
Qui c'è una bella collezione di ipotesi http://www.sourcewatch.org/index.php/Why_do_they_hate_us%3F
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

Jacopus

#4
ciao CVC. Le domande, se ho ben capito, sono due. La criminologia è appiattita sul comportamentismo? Il Kamikaze è un mostro, o cosa. E' possibile spiegarlo solo attraverso il comportamentismo?

1) La criminologia è una scienza molto trasversale. Puoi trovare comportamentisti, psicoanalisti, filosofi, giuristi, fenomenologhi, strutturalisti, marxisti e chi più ne ha, più ne metta. Sintetizzando la criminologia ha due funzioni, una teorica e una pratica. Teoricamente, cerca di capire perchè esistono i delinquenti ed eventualmente come diminuire il loro tasso di presenza, "trattandoli" e "riconvertendoli" (da bug a patch). Una disciplina che implica discorsi sull'uomo geneticamente costituito, sulle società storiche che ha costituito e sul rapporto fra dimensione "interna" ed "esterna" di ognuno di noi (quella che possiamo definire "mente"). La funzione pratica invece consiste nel definire la capacità di intendere e di volere di un soggetto se commette un reato e la sua pericolosità sociale, di solito nell'ambito di un processo penale.
Quindi direi che il comportamentismo è solo un possibile modo di affrontare il problema. Le teorie più recenti tendono a mescolare i diversi saperi, giungendo ad una conclusione abbastanza scontata, cioè all'influenza multifattoriale (ambientale, soggettiva, storica, genetica) per spiegare l'agire deviante. Il trend comunque, dagli anni '90 in poi, è quello di ridare spazio alle teorie genetiche ed organiche, dopo che per circa mezzo secolo, la vulgata più affermata voleva che la devianza nascesse dalle disparità sociali (visione marxista). Ovviamente attraverso le neuroscienze queste conoscenze non sono certo una riproposizione dei metodi lombrosiani, ma hanno una loro validità verificata attraverso metodi scientifici (cfr ad esempio A. Raine, "L'anatomia della violenza").
2) Il tema "kamikaze" nell'ambito di un discorso criminologico invece non l'ho mai approfondito. Ti posso dire le mie impressioni "naive".
Credo che ogni kamikaze abbia una sua storia personale molto differente l'una dall'altra ed è quindi difficile ricondurre il problema ad un'unica causa. D'altra parte occorre anche generalizzare per tentare politiche sociali tese a contenere il problema. Credo che molto sia riconducibile alla mancanza di reali opportunità di successo da offrire alle seconde e terze generazioni di immigrati. La situazione storica è molto diversa da quella che si presentava agli immigrati italiani di un secolo fa. "La natura è satura": non ci sono più vaste praterie da colonizzare e il figlio del "vù cumprà" ad un certo punto realizza che anche lui sarà costretto a fare il "vu cumprà" (magari attualizzato in un call center).
Un altra possibile lettura riguarda il senso di anomia che pervade la società occidentale. Ogni discorso è dotato di senso solo se produce guadagno, al punto che ormai se il politico o il giudice o la ONG è onesta, viene guardata con sospetto. E' molto più coerente essere tutti disonesti ma ricchi. Chi non riesce ad arricchirsi, o anche chi ha visto arricchire i propri genitori in modo illecito, potrebbe avere una crisi da rigetto e cercare un nuovo senso alla vita attraverso il fondamentalismo.
Terza lettura. In medio oriente si susseguono guerre ormai da mezzo secolo, prima circoscritte ad Israele e zone limitrofe e poi espanse in una macroarea che va dall'Algeria all'Afghanistan. Chi ha visto violenze efferate, la morte dei propri genitori o fratelli da bambino, torture, bombardamenti, desidera ripetere il trauma per poterlo gestire, quindi in modo attivo, piuttosto che in quel modo passivo, sperimentato da bambini.
Quarta lettura. In tutto il mondo occidentale tutte le amministrazioni penitenziarie stanno svolgendo studi accurati per capire il nesso fra delinquenza e fondamentalismo islamico. Un arabo che finisce in galera per motivi penali comuni rischia molto più facilmente di entrare in una cerchia integralista. Anche qui potrebbero entrare in gioco motivazioni molto diverse, dal senso di ingiustizia al desiderio di mettere al servizio la propria professionalità violenta per una causa nobile, magari per cercare di attutire i sensi di colpa e riscoprire un senso di comunità andato perso, fino alla possibilità di essere manipolati, allorquando non si hanno strumenti culturali sufficienti.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

paul11

#5
ciao cvc,
sarò provocatore nella risposta:
il kamikaze è un immaturo psichicamente, un ignorante culturalmente,, vive in un ambiente ipocrita.
emi accorgo che tre quarti della popolazione mondiale è potenzialmente un kamikaze.......

La criminologia, o scienza forense è condizionata dalle prove e dalle sentenze, quindi dalla giurisprudenza.
Devono portare fatti e i profiler se studiano i casi ad esempio di serial killer,quindi se il profiler disegna e definisce una possible personalità criminale è altrettanto vero che è il comportamento ad essere prova ai fini dell'incriminazione. Vale a dire ci sono ipotesi, ma quello che conta sono i fatti e quindi le azioni sociali comportamentali.

Questo perchè è facilmente smontabile da perizie psicologiche portate da luminari o dalla difesa o dal pubblico ministero, l'accusa. che tendono a controbilanciarsi. Ricordo ad esempio le perizie in itali ad esempio sull'infanticidio a Cogne,valgono quello che valgono, Omicidi seriali erano addirittura in cura, ad esempio quello di Foligno.

C' una parte di mondo ,il Medio Oriente, secolarmente infido, ipocrita da chiunque vi sia stato protagonista ,dagli occidentali agli arabi stessi.
la più grande università di avanguardia islamica è sempre stato nel suo centro Il Cairo ,in Egitto.I miglior servizio segreto internazionali è il Mossad israeliano.  Quindi, quell'ambiente è frai più ipocriti al mondo.
L'estrazione sociale del kamikaze e il livello culturale, beh.......lascio a voi dedurlo.

Per essere un kamikaze ,bisogna essere maniaci, vale adire la sfera emotiva deve dedicarsi monoliticamente ad un solo punto.
Non può  avere un amore alternativo, potrebbe fregare il kamikaze.Non può distribuire gli affetti, psiche  testa devono essere convogliati in un punto affinchè motivo e fine combacino senza tentennamenti.E' un autodrogato, ma comunque indotto da volponi.

Più che il kamikaze , mi interessano i "volponi", coloro che sanno come manipolare e cercare i potenziali kamikaze, assecondandoli, istruendoli, ricostruendo identità che prima non c'erano. Il tipo di campagna che utilizzano i volponi è la solita: costruire un nemico da odiare e uccidere, se costruisco un nemico vuol dire che per controbilancia ho costruito anche un amico,; continuare ad insistere monotematicamente, come una pubblicità rutilante, costruire una verità da una falsità, facendo studiare le parti del Corano e le interpretazioni faziose.

I mostri quindi li stiamo allevando anche noi consapevolmente o inconsapevolmente. Per noi sono mostri per loro martiri. 
Noi abbiamo martiri che per loro sono mostri..Noi abbiamo pedine sacrificabili, anche loro...........
Il grande game.............

Fharenight

#6
Comunque questo è puro odio, pura misoginia infusa nelle menti credo già difettose e devastate poi da una sottocultura alimentata da altrettanti pazzi criminali. L'essere umano è fatto di natura e cultura, quest'ultima dovrebbe servire a migliorarlo ed elevarlo, a renderlo piú sociale e socievole. La nostra cultura occidentale ha alimentato proprio l'aspetto migliorativo e ne godiamo ampiamente da diversi secoli ma specialmente nell'ultimo secolo, ed è stato
frutto di un lungo cammino storico, di un grande processo di civilizzazione. La cultura mediorientale invece è rimasta rudimentale, aggrappata ad un'ideologia religiosa che l'ha inchiodata nella rozzezza, nella brutalità, nello schiavismo, nella menzogna, nel disprezzo, nell'odio piú puro e nella piú grande e vergognosa misoginia. Tre uomini, giovani, che si accaniscono contro una ragazza uccidendola, la cui colpa era di camminare in città con i pantaloncini. Qualcosa che oltre all'efferatezza del crimine è un'offesa alla natura stessa dell'uomo che, per sua natura, appunto, è portato ad essere piacevolmente attratto dalla donna, ad ammirarla, coccolarla, amarla, proteggerla, a renderle onore quasi come una dea perché sarà la madre dei suoi figli, sangue del suo stesso sangue.Tre uomini giovani che non hanno mai conosciuto la realtà dell'amore, né mai piú capiranno cos'è.
Certo, noi occidentali non è che siamo diventati tutti angeli e santi, ma almeno abbiamo imboccato la strada giusta su cui   conviene procedere senza  indietreggiare, perché il rischio di scivolare indietro c'è se accogliamo senza cervello qualsiasi altra cultura.

cvc

Ringrazio per gli interventi che dicono cose vere dei vari aspetti della questione, la quale è talmente grave e drammatica da prestarsi certamente a tutte le tematiche evidenziate. Di tutte, quelle che mi impressionano maggiormente sono quelle legate alla matrice di disperazione, di spleen (noia, depressione) e di "banalità" del male che implementa il fenomeno. Giustamente sottolineano Jacopus,  Paul e Fharenight che il terribile kamikaze è in fondo un derelitto, un disperato, una persona anaffettiva che probabilmente sarebbe comunque destinata al suicidio. Poi ci sono i manipolatori, i gestori della morte altrui che preparano,al reietto, la messinscena per una dipartita in grande stile, un gesto eroico, un martirio (facile notare l'abisso che passa fra questi e i martiri cristiani), un coup de theatre che dia un senso ad un'esistenza meschina. Spettacolo pagato col sangue degli innocenti (in ottica cristiana sarebbero questi ultimi i veri martiri). E quindi anche il concetto della banalità del male. Colui che si presenta come angelo della morte è in realtà un essere messo ai margini da quella società che odia forse proprio perché ne è invidioso. Come giustamente detto il mondo è un bacino pressoché inesauribile di derelitti disposti a farsi saltare le cervella per dare uno scopo ad un'esistenza buia, insignificante, angosciante. Ed i manipolatori diventano sempre più scaltri, imparano le tecniche di messinscena e di persuasione dall'occidente, si servono di internet (forse la loro arma più micidiale), infondono il terrore fino ad arrivare alla paranoia collettiva come a Torino. Ha ragione anche Inverno a dire che questa è una guerra di comunicazione e propaganda. Ma  l'occidente, con la sua cultura superiore, non riesce con la comunicazione e la propaganda a dissuadere i kamikaze infervorati da farneticazioni religiose. Queste ultime, almeno per quelle menti, sono più forti di qualsiasi discorso razionale. Per una beffa del destino la modernità che pare affossare tutti i suoi vecchi valori, deve adesso fare i conti con il persistere di questa arretratezza musulmana che alle problematiche presenti aggiunge quelle medievali della follia collettiva che spinge gli uomini a trucidarsi per motivi religiosi.
Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.

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