Il pacifismo e la non-violenza sono sempre principi efficaci ed utili?

Aperto da Socrate78, 11 Marzo 2018, 12:19:09 PM

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Socrate78

Secondo voi, dal punto di vista dell'efficacia, l'atteggiamento pacifista basato sulla non-violenza a tutti i costi è davvero funzionale ed utile? Io non saprei dirlo con certezza e ritengo che il pacifismo a tutti i costi sia efficace solo in una società utopica. Infatti molte rivoluzioni nella storia hanno avuto efficacia proprio attraverso la violenza contro uno Stato oppressivo e tirannico: la rivoluzione francese o quella bolscevica ne sono un esempio lampante, ma lo stesso può dirsi più recentemente (dopo la seconda guerra mondiale) per le rivolte contro il dominio coloniale britannico o francese. Lo stesso Gandhi ha potuto raggiungere i suoi obiettivi basati sulla non-violenza anche a causa del fatto che ormai l'Inghilterra era già abbastanza intenzionata a cedere progressivamente le sue colonie, altrimenti sarebbe stato per lui più difficile ottenere la libertà se si fosse trovato ad operare in una situazione come quella dell'Algeria.
Se si sposta il discorso su un piano più filosofico, ci si può chiedere che cosa sia in effetti la violenza: essa sostanzialmente corrisponde alla coercizione, a voler ottenere qualcosa da qualcuno con la minaccia di un danno  ed esiste a questa proposito una coercizione socialmente utilissima, quella dello Stato che punisce i colpevoli di reati e tutela in questo modo la collettività. Di conseguenza si può dedurre che l'ideologia pacifista pura porti a conseguenze negative per la società, poiché si creerebbe una situazione in cui pochi prepotenti dominerebbero la massa inerme approfittando della sua mitezza. Che cosa ne pensate?

viator

Salve, Socrate78. Non-violenza sarebbe una cosa, pacifismo un'altra.
Mentre la non-violenza è l'espressione di una etica personale (che, al limite può venir condivisa da miliardi di persone ma riguarda sempre scelte individuali da confermarsi ed attuarsi di volta in volta) il pacifismo è la recente espressione - all'interno della cultura e della civiltà occidentali - del semplice ed egoistico infantilismo di chi vorrebbe veder eliminati certi problemi che lo disturbano o potrebbero disturbarlo (guerre e servizio di leva obbligatorio sono tra questi).

Il pacifismo è uno dei tanti movimenti post-sessantotteschi nati dalla velleità tipicamente giovanile di voler cambiare il mondo senza prima aver avuto il tempo e la voglia di conoscerlo.
Ovvio. I giovani sono il nuovo ed è giusto che trovino superabile ed ingiustificato il vecchio.
Purtroppo i tempi umani sono limitati ed occorre scegliere se utilizzarli per conoscere il mondo oppure per cambiarlo. I meno provveduti scelgono infatti di cambiarlo il più in fretta possibile.
Ma a questo punto non esiste persona più sciocca di quella che creda di poter cambiare il mondo pacificamente ed in gran fretta. Infatti tanto più in fretta si vorrà cambiare il mondo, tanto maggiore sarà la violenza che risulterà necessaria.

Quasi chiunque pensa che violenza e guerre siano manifestazioni che l'uomo dovrebbe essere in grado di gestire. Le tue considerazioni circa l'effetto perverso che uno spirito pacifistico esercitato ad oltranza produrrebbe risultano corrette.
Infatti fenomeni come la violenza, la guerra, la morte, le malattie hanno radice naturale ineliminabile poiché sono manifestazioni di una dinamica del mondo così come stabilita a livello fisico dall'entropia, cioè dalla direzione e dal ritmo dei flussi energetici che animano la materia ed il divenire del mondo.
Noi possiamo certo influire, a livello locale o personale, su questi aspetti, ma nel farlo dovremmo anzitutto conoscere la storia di ciò che ci accingiamo a voler moderare o modificare, diversamente ci comporteremmo in modo inconsapevole e pressoché casuale diventando non più attori ed artefici dei cambiamenti che desideriamo, ma solo ulteriori strumenti dei meccanismi stessi che vorremmo modificare.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

InVerno

Penso che sdoganando forme di violenza si perde il primato politico e la dialettica intracomunitaria, e storicamente la violenza non va mai a favore dei deboli, considerando poi l'abissale baratro moderno tra gli equipaggiamenti militari e quelli "civili", esempi come quelli della rivoluzione francese contano poco o niente. Il "diritto alla resistenza" si può esercitare attraverso la non violenza come scelta pragmaticamente preferibile quasi sempre, non è detto se sempre. Anche nella teoria di Gandhi esiste una violenza "permessa", a patto che sia una scelta di resistenza (e non di offesa) e che abbia come alternative la codardia o la debolezza.  L'america ha il famoso secondo emendamento proprio per mantenere il popolo armato di fronte ad una possibile dittatura, e sono ad oggi capaci di comprare fucili automatici da ogni barbiere. Hanno anche  hanno un parlamento lobbyficato che non riesce nemmeno più a esprimersi per "buon senso", culto del leader e della patria, forbice ricchi\poveri al massimo storico, militarizzazione dei luoghi pubblici, forti tensioni razziste, politiche militari espansioniste-terroristiche. Il risultato è che 10 giorni fa è avvenuta la 18esima (diciottesima!) sparatoria in una scuola dall'inizio dell'anno (!), ma di "rivoluzione" nemmeno l'ombra, anzi, l'esatto contrario.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

iano

L'uso della non violenza è una chance potenzialmente efficace , e andrebbe sempre presa in considerazione , specie nei rapporti interpersonali .
Non sempre si fa' una bella figura pubblica , ma se funziona , quando funziona.....e la figura che ci si fa' spesso è la causa vera di certi conflitti.
È' quantomeno un potenziale modo economico di gestire i conflitti.
Se la guerra è inevitabile, non vuol dire che qualche guerra non si possa evitare.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Angelo Cannata

Pacifismo e non-violenza possono essere apprezzati solo ponendosi in un modo di pensare differente, cioè attento alla soggettività, in contrapposizione al pensare oggettivo. È questa la sola vera alternativa che oggi va esplorata, indagata, e che merita che lo si faccia.

In un modo di pensare che considera le cose come oggetti, non si può sfuggire all'inevitabile ammissione che la violenza sia necessaria. Se chiediamo alle scienze, ci dicono che la natura si fonda sulla legge del più forte. Ogni nostra cellula è frutto di un continuo guerreggiare e non esiste ragione per cui il nemico cattivo debba essere considerato il virus del raffreddore che c'invade e non invece la nostra cellula che organizza le sue difese. Da qui non sarebbe difficile dedurre che una società, che si dedicasse eccessivamente a difendere e proteggere i soggetti più deboli, sarebbe inevitabilmente destinata a diventare interamente sempre più debole. Il fatto stesso che oggi i disabili vengano detti "diversamente abili" non fa che confermare l'esigenza di attribuire loro un valore per ciò che sanno fare, quindi per le loro capacità di forza, e non per ciò che sono. La logica sottostante continua a rimanere una logica fondata sulla forza e quindi sulla violenza.

L'alternativa è pensare facendo attenzione alla soggettività. Pensare in questo modo significa prendere atto che qualsiasi analisi oggettiva di qualsiasi fatto oggettivo è pur sempre soggetta al nostro modo di interpretare le cose. Ciò porta alla demolizione di qualsiasi analisi, qualsiasi concetto di verità, una demolizione a cui non è possibile contrapporre alcunché di positivo che risulti dimostrato, poiché il concetto stesso di dimostrazione si basa su rapporti di forza e quindi di violenza.

Pensare soggettivamente significa quindi, una volta preso atto dell'infondatezza di ogni fondamento, procedere per attenzioni alle nostre sensibilità umane.

Pace e non-violenza non trovano fondamento su alcunché di oggettivo, ma piuttosto su nostre sensibilità umane. È su quelle che bisogna lavorare, sostenendone l'esplorazione con i vecchi strumenti dell'oggettività, ma utilizzati, stavolta, al servizio di una critica costruttiva a favore di quanto oggi troviamo di positivo nelle nostre soggettività.

I linguaggi della soggettività sono le arti, le religioni, le filosofie; in una parola, tutto ciò oggi può essere sintetizzato nella parola spiritualità. È questa la sola via oggi possibile per perseguire pace e non violenza che non si riducano a rapporti di forza mascherati, come l'esempio che ho fatto sui "diversamente abili".

Socrate78

Sei la persona più relativista che abbia mai ascoltato in vita mia, Cannata. Secondo te quindi anche non esiste un concetto obiettivo di bene e male che possa guidare le nostre azioni e anzi le varie leggi e norme sarebbero solo violenza? Tornando all'esempio sui "diversamente abili", io trovo giusto che si attribuisca valore e si vedano le abilità di una persona, e ci si concentri su quelle per stabilire un valore e apprezzarle. La mancanza non può essere un valore, semmai è appunto male: mettiamo il caso di una persona che non riesce a provare sentimenti di compassione, di affetto ed è quindi totalmente incapace in senso ampio di "amare": ecco, quale valore assegneresti ad una soggettività di questo tipo?

Angelo Cannata

Fammene un esempio qualsiasi e ti faccio vedere come si possa demolire con una critica qualsiasi.

Socrate78

Un esempio di bene potrebbe essere quello di una persona che impiega il suo tempo e le sue competenze per fare del volontariato e prestare il suo soccorso in situazioni di emergenza, come ad esempio fanno i medici di Emergency, come fai a "demolire" questo bene oggettivo e trasformarlo in un male?

Angelo Cannata

Basta tener presente che l'intera umanità può essere considerata un virus che non ha fatto altro che danneggiare l'intero pianeta e riempirlo di violenze e spietatezze mai viste nel regno animale ed ecco che qualsiasi tipo di bene a favore dell'umanità viene a risultare un bene a favore di un virus.

Socrate78

Prospettiva pessimistica estrema, per cui allora sarebbe consigliabile il suicidio di ogni persona, visto che la specie sarebbe malata alla radice. In realtà nonostante prevalga purtroppo il male esistono anche persone non violente e spietate, in grado di sacrificarsi per gli altri in maniera spontanea e non per calcoli o secondi fini. Inoltre il fatto che l'uomo abbia danneggiato l'ambiente non è tipico di alcune società primitive che hanno vissuto in grande armonia con la natura stessa, e la violenza esiste anche nel mondo animale: ad esempio ultimamente si è notato che i delfini, animali ritenuti per tanto tempo pacifici e intelligenti, possono arrivare a livelli di crudeltà quasi simili a quelli dell'uomo, con stupri, guerre tra branchi per il possesso del territorio, né più né meno che come le peggiori persone.

Angelo Cannata

Ciò che hai scritto significa semplicemente che qualsiasi critica è a sua volta criticabile, il che significa che anch'io avrei di che ribattere alla tua obiezione e così all'infinito, il che non fa che confermare l'impossibilità di individuare un bene qualsiasi che si possa intendere come oggettivo; in realtà non solo un bene, ma alcunché di oggettivo.

Socrate78

A questo punto mi sembra lecita una domanda: il tuo relativismo ti fa vivere meglio, più in pace con te stesso e gli altri, oppure al contrario ti peggiora e ti rende più infelice e vuoto? O ritieni che bisogna ciò che ci appare vero anche se poi ci rende più vuoti e tormentati?

Angelo Cannata

Non ho un principio prestabilito riguardo al seguire verità o benessere, anche perché sono contrario a qualsiasi principio prestabilito.
Piuttosto, procedo ascoltando la storia, quella mia personale e quella mondiale. Essa mi porta a volte a preferire ciò che definiremmo più che altro come verità, altre volte ciò che definiremmo come benessere. Ciò non mi sembra importante, visto che sia verità che benessere sono cose contraddittorie, criticabili all'infinito, indefinibili, insomma prive di alcun valore.
La storia mi conduce piuttosto ad apprezzare due altre cose: equilibrio dinamico e arricchimento continuo, anch'essi riassumibili nella parola "spiritualità", oppure nella parola "camminare".
Alla fine, quindi, non mi curo di seguire verità, né benessere: trovo più interessante seguire ciò che mi fa scoprire nuovi equilibri e ciò che mi fa sperimentare un crescere, un camminare.
Un crescere che sa di essere umano mi risulta essere oggi la sola base sensata, possibile, per un pacifismo e una non-violenza che tengano conto della storia dei singoli, la storia mondiale e la storia naturale.

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